cap. 13 – la religiosita` della medicina

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cap. 13 – la religiosita` della medicina
Parte sesta
RELIGIONE, SPIRITUALITÀ E MEDICINA
CAP. 13- LA RELIGIOSITÀ DELLA MEDICINA, OGGI
SCHEMA DEL CAPITOLO
Introduzione
1.Il valore sacrale della professione medica
2.Giuramenti e preghiere
2.1.Il giuramento di Ippocrate
2.1.1.La vita
2.1.2.La medicina di Ippocrate
2.1.3.La concezione valoriale di Ippocrate
2.1.4.Il Giuramento
2.2.Il giuramento di Asaph
2.3.”Preghiera quotidiana del medico” di Maimonide
3.I codici di deontologia
3.1.1.Alcuni aspetti comuni tra il codice italiano di deontologia medica (2006) e il codice
deontologico dell’infermiere professionale (2009)
3.1.1.Codice italiano di deontologia medica del 18 maggio 2014
4.L’infermiere professionale
Introduzione
La figura del medico nella storia ha subito una forte alternanza di
concezioni, passando da una “prospettiva sacrale” che mostrava che la “autentica
medicina” non può prescinde dall’attenzione globale all’uomo che porta in sé la
viva impronta di Dio e la somiglianza a Lui, a un’ottica che ha privilegiato
I'aspetto clinico quindi l’attenzione si è spostata prevalentemente sul corpo.
La prospettiva sacrale è giustificata dalle varie scuole dell'antichità dove il
medico, in vari contesti, fu anche divinizzato.
Nell'antica Grecia, ad esempio, erano presenti alcune professioni, tra cui quella
medica, che s’ispiravano a un “modello sacerdotale”, sviluppando una
responsabilità professionale più religiosa che giuridica, e invocavano le divinità
come testimoni e garanti della rettitudine delle loro azioni mediante un
giuramento.
In seguito, la natura sacrale di questa professione, ben si evidenziò quando
furono distinte le "professioni forti" (sacerdozio, monarchia, magistratura,
medicina), dalle cosiddette "occupazioni". E così, mentre le prime erano
caratterizzate da una responsabilità morale, le seconde facevano riferimento alle
norme giuridiche.
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Questa distinzione, per molto tempo, ha comportato I'impunibilità del medico.
Al di là delle attuali opinioni favorevoli o contrarie questa visione evidenziava
come alcune professioni, tra cui quella sanitaria, dovevano essere suggellate da
un pubblico giuramento alle divinità.
Rispetto al passato, oggi, la figura del medico e il suo rapporto con il
paziente hanno subito ampie trasformazioni, mettendo in crisi gli stessi punti
di riferimento del medico. Infatti, questa professione, oltre che alla normativa
etico-morale, deve rispondere a doveri giuridici ben precisi regolati, in Italia, dal
Codice Civile negli articoli 2229-2238.
Ma noi siamo convinti, ed è la tesi che si svilupperà in questo capitolo,
che chi opera in sanità, anche oggi non esercitano un mestiere qualunque, ma
una professione con una forte valenza religiosa, etica e caritativa.
1.Il valore sacrale della professione medica
Oggi, da più parti, si parla di crisi della professione medica e sanitaria in
generale. Fatto senz'altro vero, ma tutto ciò rientra in un contesto più ampio
di crisi delle varie professioni.
Il concetto di professione, termine di origine religiosa1, trova la sua
origine nella civiltà cristiana medioevale, e racchiude la fusione di due visioni: una
“storico-sociologica” e una “religiosa-teologica” che vede nell'ordine naturale il
completamento della creazione voluta da Dio. Di conseguenza, in questa
prospettiva, la professione era esercitata non unicamente come il compimento
dei doveri conseguenti a una determinata attività nella ricerca del bene
comune, ma anche come obbedienza alla volontà di Dio e quindi come
realizzazione di una vocazione.
L'illuminismo sposta la visuale professionale prevalentemente verso
l'aspetto antropologico, eliminando il concetto di vocazione e puntando
sull'autorealizzazione dell'uomo come essere libero e razionale.
Il fenomeno dell'industrializzazione, che capovolse le strutture economiche
e sociali provocando nell'assetto societario complessità, pluralità e mobilità,
completò il processo avviato dall’illuminismo togliendo ai due filoni tradizionali in
precedenza citati ogni fondamento valoriale, esaltando all'estremo, il concetto di
lavoro staccato però dalla dignità dell’uomo.
Anche le due ideologie dominanti per vari decenni, quella liberistacapitalista che prefigurava il libero mercato, la concorrenza, la massificazione del
profitto..., e quella marxista basata sui principi della lotta di classe e
sull’egualitarismo sociale ed economico, affievolirono fino a farlo scomparire
l’autentico significato di professione.
Solo alla fine degli anni '80 del ventesimo secolo il concetto di professione
1
“Il verbo latino profiteor, professare, come quello di confiteor, confessare, avevano in latino, e per
estensione nelle linguq romanze, un senso religioso, quello della confessione pubblica della fede o della
consacrazione religiosa. Una persona professa è quella consacrata ad un ministero e lo confessa
pubblicamente” D. G. GUILLEN, Il giuiramento di Ippocrate nello sviluppo della medicina, in “Dolentium
hominum” n. 31, 1996, pg. 22.
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riguadagnerà interesse sia per il fallimento dell’ideologia marxista nei Paesi dove
vigeva il comunismo come forma di governo e di gestione economica, che del
liberalismo che ha prodotto una crisi economica senza precedenti distanziano
sempre di più i Paesi occidentali da quelli del Terzo Mondo, oltre che l'espandersi
di un soggettivismo esasperato.
Di fronte alla perdita di valori nelle società occidentali, casi emblematici
per l’Italia sono il ripetersi di fenomeni di corruzione, è fondamentale
comprendere che unicamente un fondamento antropologico-etico può offrire
significato e dignità ai lavori e alle varie professioni2.
Lo stesso percorso è riscontrabile anche nel settore sanitario, dove, come
accennato in precedenza, nell'antichità, la professione medica e, più in
generale, quelle sanitarie avevano assunto un valore etico e sacrale, infatti il
medico era anche definito “uomo del sacro”, poichè sacerdote della salute. E ciò,
non perché il medico fosse un sacerdote nel senso stretto del termine, ma perché
avevano le divinità come testimoni e garanti della rettitudine della sua attività
professionale. Molte culture e ideologie del passato, mediante giuramenti e
preghiere lo testimoniano, e questo concetto, tra alti e bassi, accompagnò la
professione sanitaria fino al positivismo.
Con I'impostazione positivistica, il medico e il sanitario, divennero
prevalentemente scienziati, sperimentatori e ricercatori, perdendo di vista il bene
trascendente, limitandosi a quello quantisticamente relativo al soggetto da
curare reputato un organismo biologico inserito in una biochimica prevedibile o
per lo meno scientificamente dimostrabile. Ma ogni trattamento terapeutico o
ricerca privi di riferimenti al trascendente assomigliano a meteore sganciate dalla
loro orbita e vaganti senza meta in uno spazio di cui si sono smarrite le
coordinate fondamentali; è il perdersi della "ratio" nel vortice del “non senso”.
Il vocabolo “professione in sanità”, più che in altri settori dell'agire umano,
necessita di una nuova integrazione tra la componente tecnico-scientifica ed
etico-religiosa, avendo come soggetto l'uomo e, come conseguenza, il servizio
alla persona. In quest’ ottica la professione sanitaria può assumere anche i
connotati della vocazione ricordando che "certe attività sono imprese morali che
richiedono un servizio altruistico e un certo annullamento dell'interesse
personale; se queste aspirazioni morali sono sviluppate, la professione diventa
vocazione, diversamente diventa carriera"3.
Da quanto precede si desume che la professione sanitaria può essere
accostata da vari punti di vista: puramente scientifico e tecnico e quindi
totalmente laicista, oppure etico-religioso.
Giustificheremo questa seconda prospettiva presentando alcuni giuramenti e
codici deontologici.
2
Cfr. M. UNNIA, Lo specifico italiano dell’etica professionale, “Etica e affari” 3 (1990), pp. 91-101; G. DE
RITA, Etica delle professioni, società civile e istituzioni, “Etica e affari” 3 (1990), PP. 103-114.
3
E. PELLEGRINO – D. THOMASMA, Medicina per vocazione. L’impegno religioso in medicina, EDB, Bologna
1990, pg. 108.
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2.Giuramenti4 e preghiere
2.1.IL GIURAMENTO DI IPPOCRATE
Quello più noto, al quale da sempre e ancora oggi, fa riferimento il
medico è il Giuramento di Ippocrate al quale anche la Chiesa cattolica ha
riconosciuto un alto livello valoriale e contenutistico.
Lo affermò papa Pio XII nel 1954: “Le opere di Ippocrate sono senza dubbio
l’espressione più nobile di una coscienza professionale che imponga innanzitutto
di rispettare la vita e di sacrificarsi per gli ammalati e prenda in considerazione
anche fattori personali: padronanza di sé, dignità, riservatezza. Sapeva
presentare le norme morali e inserirle in un vasto e armonioso piano di studi,
per cui faceva un regalo alla civiltà più magnifico di coloro che conquistarono gli
imperi”5.
Fu elogiato anche dal beato papa Paolo VI: “E’ ovvio che queste nuove
questioni non debbano pregiudicare in nessun modo l’ideale medico che fa la
medicina in una lunga tradizione di alcuni millenni tramite il giuramento di
Ippocrate, un difensore della vita. Una contaminazione di questo principio
cardine significherebbe un fatale passo indietro che avrebbe delle
conseguenze disastrose. Questo voi lo potete valutare meglio di qualsiasi
altro”6.
Papa Giovanni Paolo I non trattò questo tema da pontefice ma nel libro
“Illustrissimi” che raccoglie delle lettere immaginarie a personaggi storici.
Trattando di Ippocrate, lo chiama “l’autore del famoso giuramento, di un codice
morale di un valore imperituro”7.
Anche san Giovanni Paolo II lo ricorda nell'enciclica "Evangelium vitae"; "L'antico
e sempre attuale giuramento d'Ippocrate, secondo il quale ad ogni medico è
chiesto di impegnarsi per il rispetto assoluto della vita e della sua sacralità"8.
2.1.1.LA VITA
Per comprendere maggiormente il giuramento è opportuno anteporre una
breve descrizione della filosofia che ha guidato questo medico nativo di Kos,
allora appartenente alla Confederazione ateniese.
Ippocrate9 visse nell’epoca in cui la figura dominante, a livello politico, era
Pericle10 e gli Ateniesi avevano sconfitto i Persiani a Maratona (490) e a Salamina
4
Il giuramento è “ ‘l’invocazione del nome divino come testimone della verità’ (Codice di Diritto Canonico,
can. 1199 & 1) con cui nelle relazioni interpersonali e anche in certi atti importanti della vita sociale si
intende sottolineare con particolare energie una osservazione o una promessa” (L. PADOVESE, Promessa e
giuramento, in F. COMPAGNONI –G. PIANA – S. PRIVITTERA(ed), Nuovo Dizionario di Teologia Morale,
Paoline, Cinisello Balsamo 1990, pg. 1027).
5
PIO XII, Discorso ai medici, 19 settembre 1954.
6
PAOLO VI, Discorso ai medici, 19 gennaio 1973.
7
A. LUCIANI, Illustrissimi. Lettere ai grandi del passato, Messaggero, Padova 1986, pg. 42.
8
GIOVANNI PAOLO II, Evangelium vitae, n. 91.
9
Per un orientamento biografico cfr: J. JOUANNA, Ippocrate, SEI, Torino 1992; V. DI BENEDETTO, Il medico
e la malattia. La scienza di Ippocrate, SEI, Torino 1986; M. D. GRMEK (ed), Storia del pensiero medico
occidentale, vol. 1, Laterza, Roma-Bari 1993.
10
Pericle (495 a C. – 429 a C.) fu un politico, un oratore e un militare ateniese che visse nel “periodo d'oro”
della città di Atene.
158
(480). I suoi più celebri contemporanei furono Platone e Socrate.
Di Ippocrate, figlio di Eraclide e Fenarete, rampollo di una famiglia
aristocratica, gli “Asclepiadi”, secondo una ricerca dell’erudito locale Sorano di
Kos negli archivi dell’epoca, si conosce la data di nascita, il 27 del mese dorico
“Agrianos” (secondo il calendario di Kos è l’ottavo mese), nell’anno 84° dalle
olimpiadi che corrisponde al 460 a.C. La denominazione “Asclepiade” deriva da
Asclepio, ritenuto il fondatore dell’arte medica.
In “Repubblica III”, Platone contrappone la medicina moderna di Asclepio a quella
antica e definisce “Ippocrate discendente di Asclepio”11.
Ippocrate fu educato nella propria famiglia e istruito nell’arte medica, non solo
tramite la tradizione orale, come era frequente in quel tempo, ma anche mediante
gli scritti del nonno che gli aveva imposto il nome. Viaggiò molto per la Grecia ed
esercitò la professione medica in Tracia e a Taso. Fondò una scuola medica e
scrisse varie opere raccolte nel “Corpus Hippocraticum”. Nella seconda parte
della sua vita fu chiamato a curare il re macedone Perdicca II, figlio di Alessandro
I, affetto da tisi.
Si rifiutò di curare gli Illiri e i Pedrei colpiti dalla peste, ma si preoccupò di
studiare come assistere le popolazioni greche e divenne famoso per il contributo
che offrì nel debellare la peste di Atene (429 a. C.).
Morì nel 370 a C. a Tessaglia in Larissa, dopo aver operato per la
pacificazione della controversia insorta tra Kos e Atene.
2.1.2.LA MEDICINA DI IPPOCRATE
Il “Corpus Hippocraticum” è una vasta raccolta di oltre cento volumi che
trattano vari argomenti medici. Ma la totale e autentica paternità di Ippocrate è in
dubbio; è evidente dai contenuti e dallo stile che non tutti i trattati furono scritti da
lui anche se un certo numero di essi sono generalmente accettati come suoi.
Secondo la mentalità antica la malattia era attribuita alla forza demoniaca
che penetrava nella persona e se ne impossessava, per cui la terapia era
I'eliminazione di questa.
Ippocrate rifiutò questa impostazione; non accettò la definizione di "morbo sacro"
e polemizzò con coloro che sacralizzava la malattia. Non ammise né la
concezione teurgica della scuola di Asclepio né quella teocratico-ebraica che ha
come fondatore I'egizio Osiri. Al loro sofismo e all'empirismo contrappone la
medicina tradizionale, ispirandosi al concetto greco di “causa ed effetto”.
2.1.3.LA CONCEZIONE VALORIALE DI IPPOCRATE
Essendo, oltre che medico anche un metafisico, Ippocrate pose al centro
dell'esercizio della sua professione il “valore della persona”.
L’importanza di questo concetto si può dedurre dai brevi accenni presenti
nel “Fedro” e nel “Protagora” di Platone (428 a. C. - 348 a. C.).
Nel “Fedro”, Ippocrate, inneggia le considerazioni di Socrate sui rapporti tra
comportamenti e natura dell’anima e tra natura dell’anima e natura del tutto.
Scrive Platone che per Ippocrate non si può comprendere il corpo senza
riferirlo alla totalità12.
11
PLATONE, Repubblica 406 a.
Cfr.: PLATONE, Fedro 270 c.
12
159
Mentre nel “Protagora”, Socrate, chiede a Ippocrate che cosa si aspetterebbe di
ricevere dall’Asclepiade in cambio di denaro. Ed egli rispose: la conoscenza della
medicina13.
Possediamo, inoltre, una griglia concettuale della sua diagnosi. “Questi i
fenomeni relativi alla malattia, dai quali traevo le mie conclusioni, fondandole
su quanto v’è di comune e quanto di individuale nella natura umana; sulla
malattia, sul malato, sulla dieta e su chi la prescriveva; sulla costituzione
generale e specifica dei fenomeni celesti e di ciascuna regione; sui costumi, il
regime e il modo di vita e l’età di ciascuno; sui discorsi, i modi, i silenzi, i
pensieri; sul sonno e sull’insonnia; sui sogni - come e quando - sui gesti
involontari, strapparsi i cappelli, grattarsi, piangere; sui parossismi, le feci, le
urine, gli sputi, il vomito; e sulla concatenazione delle malattie - quali derivano
dalle passate e quali generino in futuro -; e sugli ascessi, se son segno di morte o
di crisi; sul sudore, i brividi, il freddo, la tosse, gli sternuti, il singhiozzo, il
respiro, i rutti, le flatulenze (silenziose o rumorose), le emorragie, le emorroidi.
Sulla base di tutto ciò, si estenda l’indagine e anche quanto ne consegue”14.
2.1.4.IL GIURAMENTO
“Giuro per Apollo Medico, per Esculapio, Igea e Panacea giuro, e tutti gli Dei e le
Dee chiamo a testimoni che questo mio giuramento e questa scritta
attestazione osserverò integralmente con ogni vigoria e intelligenza.
Terrò chi mi ha insegnato quest' arte in conto di genitore e dividerò con Lui i
miei beni, e se avrà bisogno lo metterò a parte dei miei averi in cambio del debito
contratto con Lui, e considerò i suoi figli come fratelli, e insegnerò loro
quest'arte se vorranno apprenderla, senza richiedere compensi né patti scritti.
Metterò a parte dei precetti e degli insegnamenti orali e di tutto ciò che ho
appreso i figli del mio maestro e i discepoli che avranno sottoscritto il patto e
prestato il giuramento medico e nessun altro.
Per quanto riguarda la cura dei malati prescriverò la dieta più opportuna
secondo il mio giuramento e la mia scienza, e i malati difenderò da ogni
danno e inconveniente. Né presso di me alcuna richiesta sarà valida per indurmi
a somministrare veleno a qualcuno, né darò mai consigli di tal genere. Similmente
non opererò sulle donne allo scopo d'impedire il concepimento e di procurare
I'aborto. Né eseguirò operazioni per togliere la pietra ai sofferenti di calcoli, ma
ciò lascerò fare ai chirurghi esperti in quest'arte.
In qualunque casa entrerò solamente per recare aiuto ai malati, e mi asterrò
da ogni ingiusta azione e immoralità, come da ogni contatto impuro. E tutto ciò
che nell'esercizio della mia professione vedrò e udrò nella vita comune degli
uomini, anche se indipendente dall'arte medica, in assenza di permesso, tacerò e
terrò quale segreto.
Rifugerò ogni sospetto d’ingiustizia e corruzione.
Se adempirò a questo giuramento e non lo tradirò, possa io godere dei frutti
della vita e dell' arte, stimato in perpetuo da tutti gli uomini; se lo trasgredirò e
13
14
Cfr.: PLATONE, Protagora 311 b-c.
Le regole della salute, in Ippocrate, op. cit., pg. 408.
160
spergiurerò, possa toccarmi tutto il contrario”15.
Il giuramento di Ippocrate "è un documento religioso, composto
probabilmente all'interno di quell'ampio quadro delle religioni dogmatiche che
sigillano la fase d’iniziazione del neofita con una formula di giuramento nella
quale lui s’impegna a rispettare un insieme di norme e di regole, come quelle
di non nuocere, di apportare il massimo beneficio al paziente, di esercitare la
professione in forma santa e pura, di tenere i segreti, di non praticare I'aborto...
Con il giuramento il neofita entra a far parte della categoria dei professi, cioè
dei professionali. (...) L'impegno a cui si riferisce il testo del giuramento non è
immediatamente giuridico, ma morale e religioso"16.
Tradizionalmente l'ethos medico, espresso dal giuramento, è individuato
nella difesa della vita e della salute: "Come lo sportivo di Maratona aveva il
dovere di portare e difendere la fiamma olimpica, così il medico ippocratico ha il
dovere di difendere la fiamma della vita. Se anche nella casistica terapeutica
Ippocrate non è aggiornato, sui principi fondamentali, oggi come allora, egli è di
un'attualità morale sorprendente e imprescindibile: medico vuol dire sacerdote
della vita; ad esso il compito di difenderla e di salvarla"17.
Nel giuramento di lppocrate emergono:
- Una visione religiosa della professione; infatti si invocano le divinità del
pantheon greco oltre che affermare la responsabilità professionale intesa in senso
morale e religioso e non direttamente giuridico: "Giuro per Apollo Medico, per
Esculapio, Igea e Panacea giuro, e tutti gli Dei e le Dee chiamo a testimoni
che questo mio giuramento e questa scritta attestazione osserverò integralmente
15
Una versione moderna di Giuramento.
“Consapevole dell' importanza e della solennità dell' atto che compio e dell' impegno che assumo, giuro: di
esercitare la medicina in libertà e indipendenza di giudizio e di comportamento; di perseguire come scopi
esclusivi la difesa della vita, la tutela della salute fisica e psichica dell' uomo e il sollievo della sofferenza,
cui ispirerò con responsabilità e costante impegno scientifico, culturale e sociale, ogni mio atto
professionale.
Di non compiere mai atti idonei a provocare deliberatamente la morte di un paziente; di attenermi alla mia
attività ai principi etici della solidarietà umana, contro i quali, nel rispetto della vita e della persona, non
utilizzerò mai le mie conoscenze; di prestare la mia opera con diligenza, perizia, e prudenza secondo scienza
e coscienza ed osservando le norme deontologiche che regolano l'esercizio della medicina e quelle giuridiche
che non risultino in contrasto con gli scopi della mia professione; di affidare la mia reputazione
esclusivamente alla mia capacità professionale ed alle mie doti morali; di evitare, anche al di fuori dell'
esercizio professionale, ogni atto e comportamento che possano ledere il prestigio e la dignità della
professione.
Di rispettare i colleghi anche in caso di contrasto di opinioni; di curare tutti i miei pazienti con eguale
scrupolo e impegno indipendentemente dai sentimenti che essi mi ispirano e prescindendo da ogni differenza
di razza, religione, nazionalità condizione sociale e ideologia politica.
Di prestare assistenza d' urgenza a qualsiasi infermo che ne abbisogni e di mettermi, in caso di pubblica
calamità a disposizione dell'Autorità competente.
Di rispettare e facilitare in ogni caso il diritto del malato alla libera scelta del suo medico, tenuto conto che il
rapporto tra medico e paziente è fondato sulla fiducia e in ogni caso sul reciproco rispetto; di osservare il
segreto su tutto ciò che mi è confidato, che vedo o che ho veduto, inteso o intuito nell' esercizio della mia
professione o in ragione del mio stato.
Di astenermi dall' ‘accanimento’ diagnostico e terapeutico”.
16
D. GARCIA GUILLE, Il giuramento di Ippocrate nello sviluppo della medicina, “Dolentium hominum” 11
(1996), pg. 23.
17
L. GEDDA, Il giuramento di Ippocrate, oggi, Roma 1954, pg. 19.
161
con ogni vigoria e intelligenza".
- Un profondo rispetto della natura e della concezione unitaria e integrale
dell'essere umano evidenziata mediante una chiara obbligazione terapeutica. "Per
quanto riguarda la cura dei malati prescriverò la dieta più opportuna secondo il
mio giuramento e la mia scienza, e i malati difenderò da ogni danno e
inconveniente. Né presso di me alcuna richiesta sarà valida per indurmi a
somministrare veleno a qualcuno, né darò mai consigli di tal genere. Similmente
non opererò sulle donne allo scopo d'impedire il concepimento e di procurare
I'aborto. Né eseguirò operazioni per togliere la pietra ai sofferenti di calcoli, ma
ciò lascerò fare ai chirurghi esperti in quest'arte".
- Il rigoroso rapporto tra etica personale ed etica professionale. "In qualunque
casa entrerò solamente per recare aiuto ai malati, e mi asterrò da ogni ingiusta
azione e immoralità, come da ogni contatto impuro. E tutto ciò che nell'esercizio
della mia professione vedrò e udrò nella vita comune degli uomini, anche se
indipendente dall'arte medica, in assenza di permesso, tacerò e terrò quale
segreto".
- Il disinteresse economico, per cui il medico è a servizio dell'uomo e non del
mercato della salute. "Rifugerò ogni sospetto d’ingiustizia e di corruzione".
Possiamo perciò concordare con Gracia Guillen circa "il carattere
marcatamente 'sacerdotale' del medico, il suo ruolo sociologico, il contenuto etico
e religioso della formula del suo impegno. Il medico ippocratico non è un
sacerdote, come nelle vecchie culture dell'Egitto o della Mesopotamia, ma una
persona che osserva un ruolo tipicamente sacerdotale"1818.
La storia ci ha consegnato altri testi che elencano i doveri del
medico. In tutti notiamo:
-la massima convergenza attorno alla visione religiosa della professione;
-il profondo rispetto per I'uomo;
-il rigoroso rapporto da instaurare tra etica personale ed etica professionale.
2.2.IL GIURAMENTO DI ASAPH
Il giuramento definito di Asaph, concludeva il II° libro di questo medico ebreo
originario della Siria, scritto attorno al VI secolo dopo Cristo.
A riguardo di Dio affermava:
"Riponete la vostra fede nel Signore vostro Dio, il Dio della verità, il Dio vivente
giacché Egli da la morte e da la vita (...). Egli ha instillato nei cuori dei saggi
l'abilità di guarire per mezzo dei suoi innumerevoli benefici e di render note alle
moltitudini le sue meraviglie, così che coloro che vivono sappiano che Lui li ha
creati e che al di fuori di Lui non c'è nessuno che dia salvezza(...). Fate
attenzione: il Signore Dio, i suoi santi e la sua Torah vi siano testimoni che
avete timore di Lui, non deviando dai suoi comandi ma amando onestamente
le sue leggi. Tutto ciò che ci hai prescritto e ordinato noi lo eseguiremo,
poiché è un comandamento della Torah e dobbiamo adempierlo con tutto il
cuore, tutta I'anima e tutte le nostre forze".
A proposito dell'uomo scriveva:
"Non ucciderò nessun uomo con il succo di una radice, né somministrerò alcuna
18
Il giuramento di Ippocrate nello sviluppo della medicina, op. cit., pg, 24
162
porzione ad una donna in attesa di un figlio (...), non indurirete il vostro cuore
verso il povero e il bisognoso, ma li curerete (...); avrete cura di non causare
danno a chicchessia e di non provocare una lesione ad alcuno per la fretta di
tagliare le membra con uno strumento di ferro o mediante la cauterizzazione,
ma dovrete osservare più e più volte, e solo dopo emettere la vostra diagnosi".
A riguardo dell'aspetto etico prescriveva:
"Non lasciate che l'arroganza vi innalzi al di sopra dei vostri occhi e del vostro
cuore a causa dell'orgoglio"19.
2.3.”PREGHIERA QUOTIDIANA DEL MEDICO” DI MAIMONIDE
Concetti analoghi sono presenti anche nella "Preghiera quotidiana del medico"
scritta da Mosè Maimonide (1135- 1204), filosofo, rabbino e medico spagnolo.
Affermava a riguardo di Dio:
"Dio Onnipotente, Tu hai creato il corpo umano con infinita sapienza. Diecimila
organi per diecimila volte hai combinato in esso, perché agendo incessantemente
e con armonia ne preservino I'insieme in tutta la sua bellezza e agiscano sempre
con un ordine perfetto e in un armonioso accordo (...). Tu hai scelto me nella Tua
misericordia per vigilare sulla vita e sulla morte delle Tue creature. Adesso io mi
dedicherò all'esercizio della mia professione. Sostienimi in questo grande
compito, affinché I'umanità possa beneficiare, poiché senza il Tuo aiuto neppure
la più piccola cosa potrà aver buon esito".
A riguardo dell'uomo:
"Ma quando la fragilità della materia o l'impeto delle passioni ne sconvolgono
l'ordine o ne interrompono I'accordo, le forze si scontrano e il corpo crolla per
tornare nella polvere dalla quale è venuto. Tu mandi all'uomo le malattie quali
benefici messaggeri per avvertirlo del pericolo che lo minaccia e perché lo
sollecitino ad evitarlo".
A riguardo del rapporto tra etica personale ed etica professionale:
"Tu hai dotato I'uomo di saggezza, perché possa lenire il dolore del fratello,
individuarne i disturbi, estrarre dalla natura le sostanze medicamentose, scoprirne
il potere, prepararle e somministrarle a secondo della malattia"20.
Questa concezione religiosa della medicina ha trovato spazio, come abbiamo
potuto notare, nel giuramento di Ippocrate, in molte scuole di pensiero e istituzioni
scolastiche21, come pure nelle tre grandi religioni monoteistiche: cristianesimo,
19
AA. VV., Encyclopédie of Bioethics, S. Gazzard, New York 2003, pg. 173.
F. ROSNER, The psisician prayer attributed to Moses Maimonides, in C.R. BURNS, Legacies in ethics and
medicine, Neyw York 1977, pg. 158.
21
Alcuni esempi nel corso della storia:
- Scuola medica universitaria di Montpellier (XII sec.): "In presenza dei maestri di questa scuola (...),
prometto e giuro, in nome dell'Essere Supremo, di essere fedele alle leggi dell'onore e della probità
nell'esercizio della medicina" (The physician's creed, op. cit., pg. 12 ss).
- Giuramento di Amatus Lusitanus (1550): "Giuro per Dio immortale e per i Suoi santissimi Dieci
comandamenti, dati sul monte Sinai da Mosè legislatore dopo che il popolo era stato liberato dalla schiavitù
in Egitto, che nella mia pratica medica non mi sono mai scostato da ciò che fu tramandato come fede
inviolata alla posterità (...). Sempre eguali furono per me uomini di qualunque religione, fossero ebrei, o
cristiani o seguaci della fede di Maometto (...). Se dico il falso, possa la collera di Dio e del Suo Angelo
Raffaele colpirmi e nessuno possa da allora avere fiducia in me" (The physician's creed, op. cit., pg..72 ss).
-Schema di condotta professionale del dott. Thomas Percival (1790): "Medici e chirurghi dell'ospedale
devono trattare I'ammalato tenendo nel debito conto l’ importanza del loro ufficio; riflettendo che l'agio, la
20
163
ebraismo, islamismo22.
La continuità di questi concetti è presente anche nei recenti codici di
deontologia a livello mondiale23 che, pur avendo una visione più laicista della
salute e la vita di coloro che sono affidati dipendono dalla loro abilità, attenzione e lealtà (fidelity). Essi
devono quindi studiarsi nel comportamento di unire dolcezza e fermezza, condiscendenza e autorità, così da
ispirare nell'animo dei loro pazienti gratitudine, rispetto e fiducia" (J.L. BERLANT, Profession and monopoly:
A study of the medicine in the Unites States and Great Britain, California 1797, pg. 35 ss).
-Università di Berlino (1810): "Solennemente prometto e giuro che non sto per intraprendere l’arte del
guarire solamente per il mio vantaggio, ma che intendo anteporre la gloria di Dio, e promuovere la salute dei
miei simili, e che, per quanto sta in me, cercherò di aggiungere qualcosa alla mia arte. (...) Adempirò
fedelmente e religiosamente, con ogni abilità e premura, ai compiti della mia vocazione e mi adoprerò per
ogni sofferente, ricco o povero, senza distinzione di persone, con la medesima vigile sollecitudine. (...) Così
mi aiutino Iddio e i Suoi santissimi Vangeli" (The physician's creed, op-cit., pg. 7I).
-Codice etico dell'American Medical Association (1874), con aggiornamenti negli anni 1903, 1912, 1949,
1957, 1970 (Cfr. S.J. REISER, A. J. DYCK, W.J. CURRAN – a cura di, Ethics in medicine, Historical
perspectíve and contemporary concerns, Cambridge 1977).
22
Per quanto riguarda il Corano.
CFR.: F. BEN HAMIDA, Probleme de bioethique et morale musulmane, Atti Conferenza svolta nel Kuwait il
12 marzo 1995; J. SEROUR, Biothics in biomedical research in the muslim world, Paper presented at the
workshop in Reproductive Health Research Methodology, Dubai,25-29 Maggio 1995.
23
Qui di seguito sono evidenziati alcuni tra i documenti più significativi degli ultimi decenni:
-Dichiarazione approvata dall'Assemblea Generale dell'Associazione Medica Mondiale a Ginevra nel 1948
e rivista dalla XXII Assemblea Medica Mondiale a Sydney nel 1968: “Al momento di essere ammesso quale
membro della professione medica, io mi impegno solennemente a consacrare la mia vita al servizio
dell'umanità. (...) Manterrò il massimo rispetto per la vita umana dal momento del concepimento: nemmeno
sotto costrizione farò delle mie conoscenze mediche un uso contrario alle leggi dell'umanità".
(S. SPINSANTI – a cura di, Documenti di deontologia e di etica medica, Paoline, CiniselÌo Balsamo (Mi)
1985, pg 33.).
-Codice Internazionale approvato dalla III Assemblea Generale dell'Associazione Medica Mondiale a
Londra nel 1949: "Il medico deve sempre mantenersi ai più alti livelli di condotta professionale. Il medico
non deve praticare la professione a scopo di lucro...” (Cfr., Documenti di deontologia e di etica medica, op.
cit., pp.34-35).
-La "dichiarazione sulle ricerche biomediche" redatta dall'Associazione Medica Mondiale che evidenzia le
norme per la conduzione di esperimenti sui soggetti umani; fu approvata definitivamente a Tokyo nel 1975:
"La missione del medico è di salvaguardare la salute del1'uomo. Egli esercita questa missione nella pienezza
del suo sapere e della sua coscienza. (...) L'oggetto della ricerca biomedica deve essere il miglioramento dei
metodi diagnostici, terapeutici e profilattici, e la comprensione della patogenesi delle malattie” (n. 5). “Prima
di intraprendere un esperimento, bisogna valutare accuratamente i rischi e i vantaggi prevedibili per il
soggetto o per gli altri. Gli interessi del soggetto debbono sempre prevalere su quelli della scienza o della
società" (Cfr. Documenti di deontologia e di etica medica, op. cit., pp.39-42).
-Dichiarazione sulla fase finale della malattia, approvata dalla Assemblea Medica Mondiale a Venezia nel
1983: "1. La missione del medico è di guarire e, nei limiti del possibile, di alleviare la sofferenza, avendo
sempre come fine l’ interesse fondamentale del paziente. 2. Questo principio non ammette eccezioni neppure
in caso di malattia inguaribile o di malformazione. 3. Il medico si asterrà da ogni accanimento terapeutico,
cioè da ogni trattamento di carattere eccezionale da cui non si possa comunque sperare alcun beneficio per i1
paziente" ( Documenti di deontologia e di etica medica, op. cit., pp. 51-52).
-Guida europea di etica e di comportamento professionale dei medici, approvata nel dicembre 1982 dalla
maggior parte dei partecipanti alla Conferenza Internazionale degli Ordini dei Medici e degli organismi di
Attribuzione simili della C.E.E. con la finalità di fornire linee comuni di comportamento ai sanitari dei vari
Paesi della comunità stessa.
In essa tra l'altro si afferma: "Consultare un medico, un chirurgo, uno specialista, sottomettersi alla loro
terapia, comporta da parte di un individuo inquieto o malato un atto di fiducia Il medico deve dunque
esercitare la sua arte con condizioni che gli permettono di non ingannare questa fiducia. Come è stato detto,
I'atto medico è una fiducia che raggiunge una coscienza (...). Il rispetto della vita e della persona umana
riassume l’essenziale ,essenziale dell'etica medica. Questa procede dalla tradizione ippocratica, rafforzata
dalle regole morali delle religioni giudaico-cristiane. Le filosofie laiche hanno raccolto questi principi, sui
quali è fondata ora la Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo. Il medico, mediante l'esercizio della sua arte, si
trova ad essere in prima fila tra coloro che intervengono in questa opera di protezione della vita, sia per le
sue azioni terapeutiche, sia per le sue azioni di prevenzione" (Cfr.: Documenti di deontologia e di etica
medica, op. cit., pp.62-72).
164
professione, ed evidenziando la complessità oggi presente nella medicina,
riservano un forte risalto alla responsabilità dell'operatore sanitario nei riguardi
della vite e del malato.
3.I Codici di Deontologia
Il vocabolo deontologia ha origine dalla parola greca deon-logos, e significa
studio o teoria del dovere.
La deontologia, è l’esposizione sistematica delle regole comportamentali e
degli obblighi che l’individuo si assume nell’esercizio di una determinata
professione per raggiungere gli obiettivi della stessa, salvaguardando l’onestà e il
prestigio sociale.
E’ definita dai componenti della categoria professionale, crea obbligazioni a livello
lavorativo e legale, testimonia l’accettazione della responsabilità e della fiducia
accordata dalla società.
E’ riportata, in modo sistematico, nei Codici deontologici che prevedono diritti
e doveri, offrendo anche soluzioni pratiche con valore vincolante24.
Per quanto riguarda i medici, dal Giuramento di Ippocrate fino ai nostri
giorni, i codici di deontologia hanno mostrato alcuni principi fondamentali,
espressione del loro ethos, ai quali devono riferirsi nell’esercizio della
professione e nel rapporto con il paziente. S. Spinanti nota che la “deontologia
corregge l’intrinseca asimmetria del rapporto medico-paziente, esplicitando le
norme comportamentali cui i sanitari, in quanto professionisti, si impegnano ad
attenersi”25.
Anche per l’infermiere professionale, il Codice deontologico, è la base del gesto
sanitario, della professionalità e del rispetto della persona.
E’ importante ricordare che “la preoccupazione della deontologia non è
la qualità morale dell’azione, ma la sua ‘correttezza’, tenendo presente
soprattutto il punto di vista del rapporto tra la professione e la società”26.
Di conseguenza, nel settore sanitario, “la prospettiva dei doveri deontologici è
valida, ma va integrata con quella etica”27.
E’ questo un invito presente anche nel Documento di Erice28 (1991) che
sottolineava come la deontologia medica e infermieristica debbano considerare
anche le “norme morali”.
“Questa disciplina (la medicina) include tre ordini di norme:
a)le norme morali, oggetto dell’etica medica tradizionale, e oggi considerate
24
Ad esempio, l’ Accanimento diagnostico-terapeutico è vietato: “ Il medico, anche tenendo conto della
volontà del paziente, deve astenersi dall’ostinazione in trattamenti da cui non si possono fondatamente
attendere un beneficio per la salute del malato e/o un miglioramento della qualità di vita” (Codice di
deontologia medica – 29 maggio 2009, art. 16).
25
S. SPINSANTI, Bioetica in sanità, Carocci, Firenze 1995, pg. 31.
26
S. SPINSANTI, Etica bio-medica, Paoline, Cinisello Balsamo (Mi) 1987, pg. 12.
27
Etica bio-medica, op. cit., pg. 14.
28
Il “Documento di Erice” fu presentato ad Erice (TP) nel febbraio 1991, nel Convegno Internazionale: New
trends in forensic haematology and genetics. Bioethical problems, sul tema del rapporto fra bioetica,
deontologia medica e medicina legale.
165
all’interno della bioetica alla cui ‘costruzione l’etica medica ha preparato il terreno’;
b)le norme deontologiche propriamente dette, raccolte nei codici, e in tutta la
tradizione orale e scritta della professione medica;
c)le norme giuridiche proprie di ciascun Paese”29.
Pur essendo un valido strumento, il Codice deontologico risulta spesso
inadeguato, ad esempio, nella sanità contemporanea e nella ricerca in
evoluzione, con possibilità sempre nuove d’intervento.
3.1.
ALCUNI ASPETTI COMUNI TRA IL CODICE ITALIANO DI
DEONTOLOGIA
MEDICA (2006) E IL CODICE DEONTOLOGICO
DELL’INFERMIERE PROFESSIONALE (2009)
Il Codice Italiano di Deontologia Medica nella versione del 2006 e il Codice
Deontologico dell’Infermiere Professionale nella versione del 2009, pur non
richiamando esplicitamente il diretto rapporto tra Medicina e Trascendente,
rilevano tre importanti proposizioni comuni.
-Sia il medico che I'infermiere svolgono un'attività a servizio della vita.
Per quanto riguarda il medico si ricorda: "Compito del medico è la difesa della
vita, della salute fisica e psichica dell'uomo e il sollievo dalla sofferenza nel
rispetto della dignità umana senza discriminazione di età, di razza, di
religione, di nazionalità, di condizione sociale, d’ideologia politica..."30.
Il codice deontologico dell'infermiere professionale concretizza ulteriormente
questo concetto: "L infermiere è al servizio della vita dell'uomo; lo aiuta ad
amare la vita, a superare la malattia; a sopportare la sofferenza, ad affrontare
l'idea della morte"31.
- L'ammalato merita il massimo rispetto da parte del medico e dell'infermiere; di
conseguenza, nessuna di queste figure, deve abusare del proprio potere.
Per quanto riguarda i doveri del medico, si afferma: "Nell'esecuzione di
qualunque atto medico egli deve costantemente ispirarsi alle conoscenze
scientifiche ed alla propria coscienza nel rispetto della persona umana e dei diritti
della collettività"32. Da qui derivano alcuni doveri di comportamenti: segreto
professionale33, consenso informato34, la comunicazione della verità diagnostica35
strettamente collegata con il discorso della relazione e della comunicazione.
Lo stesso vale anche per l'infermiere professionale36.
- La professione sanitaria, sia in generale che in particolare, è fortemente
intersecata da varie coordinate etiche riportate nei codici deontologici.
Quello riguardante il medico ricorda, oltre tutti gli articoli inerenti al rapporto con il
paziente37, le prestazioni d'urgenza38, le sperimentazioni cliniche39, gli onorari
29
Documento di Erice.
Cfr.: Codice di deontologia medica, art. n. 4.
31
Cfr.: Codice deontologico dell’infermiere professionale, art. n. 1.
32
Cfr.: Codice di deontologia medica, art. n. 7.
33
Cfr.: Codice di deontologia medica, artt. nn. 13-17.
34
Cfr.: Codice di deontologia medica, artt. nn. 39-42.
35
Cfr.: Codice di deontologia medica, artt. nn. 30-31.
36
Cfr.: Codice deontologico dell’infermiere professionale, artt. nn. 2-3.
37
Cfr.: Codice di deontologia medica, art. n. 4.
38
Cfr.: Codice di deontologia medica, artt. nn. 25-33.
39
Cfr.: Codice di deontologia medica, artt. nn. 11-12.
30
166
professionali40…
Per quanto concerne il codice infermieristico: "l'infermiere non abbandona mai il
suo posto di lavoro senza avere la certezza della sostituzione"41; "l'infermiere
contribuisce, con un comportamento corretto a tutelare la dignità e il prestigio
della professione"42.
Da quanto precede, ma soprattutto osservando l'opera di chi lavora in
ospedale, possiamo ritenere che la loro è, senz'altro, un'azione sacrale e
religiosa, perché "dentro I'ospedale Dio c'è, e chi vi opera è sicuramente, in
modo implicito o esplicito, a contatto con il Trascendente. Non si può vedere
sbocciare o spegnersi una vita e dire sono una cosa normale; non si possono
contare i battiti dei muscoli di una donna che partorisce, e i battiti delle
sopracciglia di una persona che muore senza sentire la vicinanza di Dio"43.
3.2.IL CODICE DI DEONTOLOGIA MEDICA DEL 18 MAGGIO 2014
Il Codice di Deontologia Medica in vigore dal 18 maggio 2014 è stato quasi
totalmente riscritto rispetto al testo del 2006 provocando ampie proteste, infatti,
per la prima volta, non è stato approvato all’unanimità dal Consiglio Nazionale
della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri
(Fnomceo). In molti hanno annunciato ricorsi. Dieci Ordini Provinciali su
novantanove hanno votato contro e questo è un fatto gravissimo dato che, come
accennato in precedenza, il codice deontologico è la bandiera di un ordine
professionale sotto la quale si devono riconoscere tutti coloro che esercitano una
determinata professione.
Per quanto riguarda il testo generale, entrano a far parte del Codice
quattro nuovi articoli, dedicati alla medicina potenziativa, alla medicina militare,
all’innovazione tecnologica in sanità e all’organizzazione sanitaria.
Quali sono i nodi problematici? Lasciamo la parola ai diretti interessati.
Il primo e più discusso è l’articolo tre del documento, quello che parla dei
doveri del medico, mutato radicalmente rispetto al precedente. “Il nuovo testo
recita in sintesi che il medico esercita le attività rivolte alla tutela della salute
basata sulle innovazioni organizzative e gestionali della sanità – afferma
Giancarlo Pizza presidente dell’Ordine di Bologna –. Ora, chi determina queste
innovazioni? Il sistema sanitario nazionale e quello delle singole Regioni.
Secondo il nuovo codice, il medico si condanna a un pedissequo rispetto delle
innovazioni organizzative dettate dalla Regione e, qualora non si accettassero le
imposizioni, si corre il rischio di sanzioni disciplinari da parte del proprio Ordine.
Per una professione come quella del medico, dove l’autonomia è parte integrante
della qualità della prestazione e della cura del paziente, questo è inaccettabile”44
“Altro punto controverso è quello dell’articolo 77, sulla medicina militare,
che fino a oggi non rientrava nel codice deontologico – osserva ancora Pizza
–. Sembra che il medico militare faccia il proprio dovere ubbidendo al superiore,
40
Cfr.: Codice di deontologia medica, artt. nn. 24; 57-60.
Cfr.: Codice deontologico dell’infermiere professionale, art. n. 10.
42
Cfr.: Codice deontologico dell’infermiere professionale, art. n. 8.
43
P.L. MARCHESI, Testimoniare di fronte al bisognoso, Fatebenefratelli, Cernusco S/N 1994, pg. 15.
44
Intervista rilasciata a SIR 20 maggio 2014.
41
167
invece che al proprio codice deontologico…”45.
Ma di criticità ne troviamo altre.
In più punti si afferma che il medico non potrà più rifiutarsi di compiere una
prestazione che violi i suoi convincimenti morali o scientifici. Si ha così un
cambiamento rivoluzionario dell’atto medico: non più “in scienza e coscienza”, ma
unicamente “in scienza”; “la coscienza” sembra essere divenuta un optional.
Nell’articolo 4 sono stati eliminati i riferimenti ai “valori etici della
professione”, cioè rispetto della vita e della salute fisica e psichica, optando
per una formula sintetica che accanto a “libertà e indipendenza della
professione” inserisce i concetti di “autonomia e responsabilità”.
Dal testo scompare infine il termine “Eutanasia” sostituito dall’ambigua
affermazione: “azioni atte a provocare la morte”.
Un’ultima riflessione è proposta sulla figura dell’infermiere professionale
anch’esso protagonista dell'azione sanitaria.
4.L’infermiere professionale
Una importante figura impegnata accanto al medico nell'assistenza diretta
al sofferente è quella dell'infermiere professionale. Verificando l'origine e le
mansioni che esercita a favore del malato possiamo affermare che anche
questa professione possiede un’indubbia connotazione religiosa, infatti l’arte
infermieristica, fin dalle sue origini ebbe come finalità quella di assistere l'individuo
rispondendo ai suoi bisogni immediati.
"Il ruolo dell'infermiere integra due opzioni: I'una tecnico-scientifica,
percepita sia all'interno che all'esterno della professione come molto forte, e
diffusamente praticata, premiata, gratificante in quanto consente di raggiungere
risultati concreti; I'altra relazionale avvertita come più propria di quella tecnica,
ma meno forte, trova le sue espressioni nell'advocacy, nell'ascolto, nella
comunicazione, nella relazione terapeutica. Il valore fondante che accomuna
le due opzioni è quello della presa in carico della persona con problemi reali o
potenziali per tutto I'arco della vita"46.
Tutto questo è vissuto nel quotidiano: "L'infermiere non è soltanto incaricato di
eseguire le terapie prescritte dal medico responsabile, ma è anche colui che,
stando accanto al malato o al morente, durante l'orario di servizio, ne rileva i
bisogni, sia in ambito fisico sia in ambito psicologico e spirituale, e deve esserne
I'interprete responsabile di fronte all'équipe sanitaria. È inoltre sempre più
evidenziato il ruolo di contatto e di mediazione che esplica nei confronti dei
parenti"47.
La professione infermieristica, come altre realtà assistenziali, come
45
Idem nota 44.
E. CARLI, L’infermiere, in AA.VV., Dizionario di Teologia Pastorale Sanitaria, Camilliane, Torino 1990,
pg. 570.
47
G. SPAGNOLO, Etica sanitaria: insegnamento nella formazione infermieristica, in Dizionario di Teologia
Pastorale Sanitaria, op. cit., pg. 406.
46
168
ricordato ha un'origine antichissima anche se per molti secoli, fu esercitata
prevalentemente da Congregazioni religiose prevalentemente femminili e da
persone, spesso, con scarsa qualificazione.
Alla fine dell'Ottocento F. Nightingale diede nuova dignità all’ infermiere
costituendo una scuola e proponendo un modello assistenziale che rapidamente
si diffuse in Europa e in America. Da allora incomincia la vera storia
dell'infermiere, nell'accezione moderna del termine; una figura professionale che
è andata acquistando, progressivamente, un ruolo sempre più significativo nella
cura, anche se, neppure oggi, nella realtà italiana, è accettata nella sua totale
pienezza e autonomia48.
In alcuni Paesi europei troviamo, oltre che i corsi di laurea per infermieri,
anche dottorati di ricerca, sperimentazioni sulla diagnosi infermieristica e sulla
valutazione della qualità dell'assistenza, mentre in Italia unicamente dagli anni '90
del XX secolo, la formazione dell’ infermiere ha subito delle trasformazionie il
titolo infermieristico ha assunto le caratteristiche di "diploma universitario"49.
Anche il profilo professionale si è trasformato50 offrendo all’infermiere
una maggiore autonomia nell'assistenza e prevedendo un’ attività professionale
ben distinta da quella medica, con un ruolo di responsabilità e un campo
d'azione specifico, anche se ancora persiste un diffuso pregiudizio che vede
nell'infermiere un "paramedico", cioè una figura professionale che svolge attività
incluse in quelle più generali del medico, ma che non vengono da questi portate
avanti poichè il loro contenuto materiale lo distoglierebbe da quella piena
disponibilità intellettiva indispensabile nell’assumere decisioni cliniche.
Ai nostri giorni, per motivi organizzativi e sociali sembra che I'infermiere,
in alcuni ambiti, stia perdendo la caratteristica fondamentale che è quella
dell'assistenza, o meglio passi in secondo piano. Infatti, l’infermiere sta
trasformandosi nel professionista impegnato accanto al malato unicamente per
determinate mansioni o servizi, mentre il compito dell'assistenza diretta e
continua è affidato ad altre figure con una preparazione professionale minore.
48
In Italia nel 1925 vennero istituite le prime scuole per infermieri e assistenti sanitari e nel 1973 dopo vari
aggiornamenti della normativa si giunse ad un aumento della scolarità di base e specifica per il
conseguimento del diploma di Infermiere Professionale.
49
Cfr.: Legge n. 421 del 23 ottobre 1992 e Decreto Legge n. 502 del 30 dicembre 1992, art. 1.
50
Cfr.: Decreto Ministeriale n. 739 del 14 settembre 1994.
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