IL BATTESIMO, FIGURA E PEGNO DELLA NOSTRA

Transcript

IL BATTESIMO, FIGURA E PEGNO DELLA NOSTRA
IL BATTESIMO, FIGURA E PEGNO DELLA NOSTRA RISURREZIONE
Teodoro di Mopsuestia *
Teodoro di Mopsuestia (f 428) nacque ad Antiochia e vi fu ordinato sacerdote nel 384.
Contemporaneo di san Giovanni Crisostomo, compì i suoi studi con lui, e più tardi ne
prese le difese quando questi fu condannato all'esilio. Nel 393, divenne vescovo di
Mopsuestia in Cilicia. E' il più grande esegeta della scuola di Antiochia: ha commentato
quasi tutta la Bibbia, dando prova di un notevole senso critico. Della sua immensa
opera ci rimane ben poco: questa perdita deve essere attribuita alla condanna che
Teodoro subì nel 553 da parte del quinto Concilio di Costantinopoli. Maestro di
Nestorio, il vescovo di Mopsuestia fu infatti, dopo la sua morte, denunciato come
eretico. E' certo comunque che, la sua dottrina cristologica, se non può esprimersi nella
terminologia precisa che solo in seguito venne elaborata, è però ortodossa quanto
all'essenziale.
Il fondamento della condizione in cui ci troviamo nella vita presente è Adamo; quello
della nostra vita futura è Cristo, nostro Signore. Come infatti Adamo fu il primo uomo
mortale - e in seguito tutti lo furono a causa di lui - così Cristo fu il primo a risorgere
dopo la morte, comunicando il principio della risurrezione a quelli che sarebbero venuti
dopo di lui. Noi entriamo in questa vita visibile con una nascita corporale, e per questo
siamo tutti corruttibili. Ma per giungere alla vita futura, saremo trasformati mediante la
potenza dello Spirito, e perciò risorgeremo incorruttibili. E siccome questo si realizzerà
soltanto allora, Cristo nostro Signore ha voluto fin da adesso farci entrare nella vita
eterna in maniera simbolica, donandoci col battesimo la possibilità di rinascere in lui.
Questa nascita secondo lo spirito è la figura attuale della risurrezione, o rigenerazione,
che si compirà in noi nel futuro, quando cioè passeremo nell'altra vita: per questo anche
il battesimo si chiama rigenerazione.
L'apostolo lo spiega benissimo: Quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati
battezzati nella sua morte. Siamo stati sepolti insieme con lui col battesimo nella morte,
affinché come Cristo fu risuscitato dal morti dalla gloria del Padre, così anche noi
conducessimo una vita nuova. Se infatti con una morte simile alla sua siamo divenuti un
solo essere con lui, dovremo anche esserlo con una risurrezione simile alla sua (Rom. 6,
3-5).
San Paolo ci mostra così chiaramente che la nascita mediante il battesimo è figura della
risurrezione dopo la morte. Questa infatti avverrà per la potenza dello Spirito, come dice
la Scrittura: Si semina nella corruzione, si risorge nell'incorruttibilità; si semina nel
disprezzo, si risorge nella gloria; si semina nella debolezza, si risorge nella potenza; si
semina un corpo naturale, risorge un corpo spirituale (1 Cor. 15,42-44).
E questo significa: come quaggiù il nostro corpo, mentre l'anima è presente, gode della
vita visibile, così allora riceverà la vita eterna incorruttibile per la potenza dello Spirito.
Allo stesso modo, nella nascita che ci è data col battesimo e che è figura della
risurrezione, noi riceviamo la grazia in virtù del medesimo Spirito, una grazia però
limitata e concessa come pegno. La riceveremo in pienezza solo quando risorgeremo
realmente, quando l'incorruttibilità ci sarà comunicata di fatto. Perciò l'apostolo, quando
parla della vi,ta futura, ,intende rassicurare i suoi ascoltatori con queste parole: Non
soltanto la creazione, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, noi pure
interiormente gemiamo nell'attesa della redenzione del nostro corpo (Rom. 8,23).
Perché, se fin d'ora abbiamo ricevuto le primizie della grazia, possiamo sperare di
ottenerla in pienezza quando ci sarà data la felicità della risurrezione.
* Commentarius in Evangelium Johannis Apostoli, II - CSCO 116 - pp. 55-56.
F6 IL BATTESIMO È LUCE
Clemente Alessandrino *
Grande è stata l'influenza di Clemente d'Alessandria, che potrebbe essere definito il
primo teologo cristiano. Nacque verso il 150 e morì prima del 215; non sappiamo se sia
stato sacerdote. Fu maestro di una di quelle scuole private tipiche dell'epoca, dove
affluivano pagani e cristiani desiderosi di acquistare una cultura religiosa. Clemente
presenta la rivelazione nel suo stretto rapporto con tutte le scienze umane e in
particolare con la filosofia. Il Pedagogo è la parte centrale di un trittico (Protrettico
Pedagogo - Stromata), che descrive l'opera del Verbo nella vita del cristiano: è il Logos
che porta dalla conversione alla conoscenza perfetta. L'attività intellettuale di questo
studioso e l'ambiente in cui vive spiegano una certa sua tendenza all'esoterismo. La
pagina che stiamo per leggere è rivolta ai «fanciulli» che, convertiti di recente alla fede
cristiana, hanno ancora bisogno di un Pedagogo, Cristo, che si farà adulto con loro e in
loro.
Quando riceviamo il battesimo, riceviamo la luce. In questa luce diventiamo figli, e,
come figli, siamo resi perfetti; giunti -così al nostro compimento, otteniamo
l'immortalità. Io ho detto: - parola del Signore - voi siete dei figli e tutti dell' Altissimo
(Sal. 81, 6).
Perciò il battesimo viene chiamato in diversi modi: grazia, illuminazione, compimento e
bagno di purificazione. Bagno perché ci lava dai nostri peccati, grazia perché ci libera
dalla pena che le nostre colpe hanno meritato, illuminazione perché ci fa contemplare ,la
luce santa che ci salva, portandoci a fissare lo sguardo nelle cose divine. E' chiamato
infine anche compimento, perché nulla più vi si aggiunge.
Che cosa manca infatti a colui 'Che ha conosciuto Dio? Sarebbe assurdo 'chiamare
«grazia di Dio» qualcosa di incompleto. Dio, che è perfetto, può donare soltanto cose
perfette. Come a Dio basta un comando perché tutto cominci ad esistere,così è
sufficiente che voglia concedere una grazia, perché essa si compia in tutta la sua
pienezza. Per la potenza della sua volontà, quello che rispetto al tempo è futuro, viene
dato come attuale...
Quando un uomo nasce a nuova vita, egli - come indica lo stesso nome di «illuminato»,
cioè battezzato - viene immediatamente liberato dalle tenebre e, da quel momento riceve
la luce. Avviene come quando, scuotendoci dal sonno, subito ci troviamo svegli; o
meglio, è come succede a chi vuole togliersi la cateratta dagli occhi: non è dal di fuori
che cerca di procurarsi la luce che non ha; rende invece libera la pupilla, allontanando
ciò che ostacolava la vista. Allo stesso modo anche noi con il battesimo siamo purificati
dai peccati che, come una nube, facevano velo allo spirito divino, e così l'occhio dello
spirito diventa libero, trasparente e luminoso e .ci fa contemplare le cose divine: lo
Spirito Santo discende allora in noi dall'alto. E' come una partecipazione allo splendore
eterno, che ci rende capaci di sostenere la vista dell'eterna luce...
Come l'inesperienza sparisce con l'esperienza e le difficoltà si dissolvono con la scoperta
di una soluzione, così, necessariamente, l'oscurità svanisce con la luce. Tenebra è la
nostra ignoranza, e per causa sua noi cadiamo nel peccato, incapaci come siamo di
scorgere la verità. Ma la conoscenza è luce che dissipa l'ignoranza e mette dentro di noi
la facoltà di vedere chiaramente...
Convertiti dai nostri peccati e non volendo subirne la pena, siamo purificati dal
battesimo e .corriamo verso la luce eterna come figli verso il padre.
Gesù trasalì di gioia nello Spirito e disse: Padre, Signore del cielo e della terra, io ti
ringrazio di aver nascosto queste cose agli scaltri e ai sapienti, e di averle rivelate ai
piccoli (Lc. 10,21). Il nostro pedagogo e maestro chiama «piccoli» noi che siamo
disposti alla salvezza più dei sapienti di questo mondo: essi infatti, proprio ritenendosi
sapenti, cadono nella cecità.
* paidagogos, I, 6: P.G. 8, 281 A - B; 281 C - 284 A; 285 B; 288 B - C.
F7 LA NOSTRA PASQUA È CRISTO
Melitone di Sardi *
Melitone (morto prima del 190) fu vescovo di Sardi in Asia Minore. Poco tempo dopo la
sua morte, il vescovo di Efeso parla di lui come di una «grande luce». Della sua
importante opera, ci rimangono solo alcuni frammenti. Recentemente è stata ritrovata la
sua omelia sulla Pasqua, dalla quale abbiamo tratto queste pagine. Si tratta di una bella
parafrasi dell'Esodo, di stile ricercato, che contiene un'eccellente dottrina cristologica
in cui è affermata con forza la divinità di Cristo.
Il mistero della Pasqua è nuovo e antico, senza tempo e nel tempo, corruttibile e
incorruttibile, mortale e immortale. Antico secondo la legge, ma nuovo secondo la
Parola; nel tempo secondo la figura, eterno secondo la grazia. Corruttibile per l'uccisione
dell'agnello, incorruttibile per la vita del Signore; mortale per la sepoltura nella terra,
immortale per 'la risurrezione dai morti. Antica è la legge, ma nuova è la Parola; nel
tempo è la figura, eterna è la grazia. Corruttibile è l'agnello, incorruttibile èil Signore:
immolato come agnello, risorto come Dio. Perché come una pecora è stato condotto al
macello (Is. 53, 7; Atti 8,32), ma non era una pecora; come un agnello senza voce (ibid.),
ma non era un agnello. Il simbolo è passato e la realtà si è svelata. AI posto di un
agnello, è venuto Dio, al posto di una pecora un uomo: e in quest'uomo, Cristo, che
contiene tutto in sé. E dunque, il sacrificio dell'agnello e la celebrazione della Pasqua e la
lettera della Legge sono contenute nel Cristo Gesù, attraverso il quale sono accadute
tutte le cose, nella Legge antica e più ancora nella Parola nuova...
Infatti la salvezza del Signore e la verità sono state prefigurate nel popolo di Israele e le
affermazioni del Vangelo preannunciate dalla Legge. Il popolo di Israele era dunque
l'abbozzo di un disegno e la Legge la lettera di una parabola. Il Vangelo invece è
spiegazione e pienezza della Legge, e la Chiesa il luogo che contiene la verità.
L'immagine era dunque preziosa prima della realizzazione, e la parabola mirabile prima
dell'interpretazione. In altre parole: il popolo d'Israele aveva un valore prima che la
Chiesa sorgesse, e la Legge era mirabile prima che il Vangelo diffondesse la sua luce.
Ma quando sorse la Chiesa e fu annunziato il Vangelo, l'immagine divenne vana, perché
trasmise la sua forza alla realtà; la Legge ebbe compimento, perché trasmise la sua forza
al Vangelo...
Il Signore si era rivestito dell'uomo. Aveva sofferto per chi soffriva, era stato legato per
chi era tenuto prigioniero, condannato per chi era colpevole, sepolto per chi era nella
tomba. E ora è risorto dai morti e ha gridato a gran voce: «Chi potrà citarmi in giudizio?
Si faccia pure avanti! Sono io che ho scelto il condannato, io che ho ridato al morto la
vita, io che ho risuscitato il sepolto. Chi mi può contraddire? Io - dice - sono il Cristo; io
sono colui che ha distrutto la morte, trionfato sul nemico, calpestato l'inferno; io ho
incatenato il potente e sollevato l'uomo verso l'alto dei cieli. lo - dice - sono il Cristo.
Venite dunque voi tutte, famiglie degli uomini impastate di peccato, e ricevete il perdono
dei peccati. Perché sono io il vostro perdono, io la Pasqua della salvezza, io l'agnello
immolato per voi. Sono io il vostro riscatto, la vostra vita, la vostra risurrezione. lo la
vostra luce, la vostra salvezza, il vostro re. lo vi conduco nell'alto dei cieli, io vi mostrerò
il Padre immortale, io vi farò risorgere con la mia destra».
* peri pascha, 2-6, 39-40, 100-103. Sources Chrétiennes 123, Le Cerf, Parigi 1966 - pp.
60-64, 80-82, 120-122.
F8 CRISTO È RISORTO PER LIBERARCI DALLA MORTE
Sant'Ambrogio *
Ambrogio nacque a Treviri verso il 330 e morì nel 397. Dopo aver studiato a Roma, fu
promosso governatore della Liguria, con residenza a Milano. Era ancora catecumeno,
quando il popolo all'unanimità - lo elesse vescovo di questa città. Da questo momento si
fece tutto a tutti, secondo la testimonianza di Sant'Agostino. La sua predicazione,
ispirata ai Padri greci e in particolare ad Origene, è caratterizzata da un orientamento
pratico e pastorale. In ogni circostanza, si sforza di mettere la Parola di Dio alla
portata dei suoi fedeli.
Perché Cristo sarebbe morto, se non avesse avuto un motivo per risorgere? Dio infatti
non poteva morire, la sapienza non poteva morire. E poiché ciò che non era morto non
poteva risuscitare, egli ha assunto una carne, capace secondo la sua natura - di subire la
morte. E allora veramente quello che era morto poté risorgere. La risurrezione dunque
non poteva avvenire se non attraverso un uomo, perché se per un uomo venne la morte,
per un uomo c'è anche la risurrezione dei morti (I Cor. 15,21).
L'uomo è risuscitato perché è l'uomo che è morto. E' risuscitato, ma chi lo fa risorgere è
Dio. Prima era uomo secondo la carne, ora è Dio in tutto: adesso infatti non conosciamo
più Cristo secondo la carne (cfr. 2 Cor. 5,16), ma siamo in possesso della grazia della
sua incarnazione, e lo riconosciamo come primizia di quelli che si sono addormentati (I
Cor. 15,20) e come primogenito dei morti (Col. 1,18). Le primizie sono esattamente
della stessa specie e della stessa natura dei frutti che verranno: sono i primi doni
presentati a Dio in vista di un raccolto più abbondante, sono un'offerta sacra che contiene
in sé tutto il resto, sono una sorta di sacrificio della natura rinnovata. Cristo è dunque la
primizia di quelli che si sono addormentati. Ma lo è soltanto di quelli che si sono
addormentati in lui, di quelli cioè che, quasi esenti dalla morte, sono immersi in un
sonno tranquillo, o anche di tutti i morti? La Scrittura ci risponde: Come tutti muoiono in
Adamo, così tutti vivranno di nuovo in Cristo (I Cor. 15,22). Mentre in Adamo sono le
primizie della morte, le primizie della risurrezione sono in Cristo...
Se noi non risorgiamo, Cristo è morto invano (Gal. 2, 21), e Cristo non è risuscitato (I
Cor. 15,13). E se non è risuscitato per noi, non è risorto affatto, dal momento che non
aveva nessun motivo di risorgere per se stesso. In lui è risuscitato il mondo, in lui è
risuscitato il cielo, in lui la terra è risuscitata: ci sarà infatti un cielo nuovo e una nuova
terra (Ap. 21,1). Ma per lui, per lui che non poteva essere trattenuto dai legami della
morte, che bisogno c'era della risurrezione? E infatti, benché morto in quanto uomo, egli
si è dimostrato libero perfino nell'inferno. Volete comprendere quanto fosse libero? Sono
diventato come un uomo senza più soccorso, libero tra i morti (Sal. 87,5-6 Vulg.). Tanto
libero da poter risuscitare se stesso, come dice la Scrittura: Distruggete questo tempio, e
in tre giorni lo ricostruirò (Gv. 2,19). Tanto libero, che è disceso tra i morti per redimere
gli altri.
E' divenuto uomo, non però in apparenza, ma secondo una forma reale: Egli è uomo, e
chi lo conoscerà? (Ger. 17, 9; LXX). Infatti è divenuto simile agli uomini ed essendosi
comportato come un uomo, si è umiliato ancora di più, facendosi obbediente fino alla
morte (Fil. 2,7-8), perché, grazie alla sua obbedienza, noi potessimo contemplare la sua
gloria, gloria come di unigenito del Padre, come dice san Giovanni (Gv. 1, 14). La
Scrittura ci presenta dunque questa costante testimonianza: in Cristo coesistono
veramente la gloria dell'unigenito ed una natura di uomo perfetto.
* De excessu Fratris, II, 90-91, 102-103: CSEL 73, pp. 298-299, 305-306.