Innovazione finanziaria e instabilità: il trasferimento del rischio di

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Innovazione finanziaria e instabilità: il trasferimento del rischio di
Studi e Note di Economia, Anno XVI, n. 3-2011, pagg. 339-382
GruppoMontepaschi
Innovazione finanziaria e instabilità:
il trasferimento del rischio di credito*
Enzo ScAnnEllA**
This paper aims to point out the role of credit risk transfer market in the financial system. The advent of a credit risk market has profoundly altered the role
of banking firms into one of asset originator and asset distributor rather than
the asset holder. The traditional economics of banking has changed in an
important way and the new business model has evolved as a result of financial innovation. The main results of the paper are that the lending process
disintegration and the development of the credit risk transfer market represent
a key element in the recent financial crisis. Incentive structures faced by
various agents in the financial intermediation chain also became dysfunctional. Banks became more focused on shareholder value strategies. It has created incentives to excess risk-taking behaviour with adverse selection and
moral hazard problems. All of these aspects of financial innovation have contributed negatively to efficiency and stability in the financial system.
(J.E.L.: G01, G21, G24, G32)
1. Note introduttive
I sistemi finanziari di tutti i Paesi occidentali, e non solo, sono stati contrassegnati negli ultimi decenni da un’intensa attività di innovazione di natura finanziaria e non finanziaria. l’evoluzione normativa, i mutamenti degli
assetti operativi e organizzativi degli intermediari finanziari, i progressi nelle
tecniche di gestione dei rischi, gli sviluppi tecnologici dei sistemi di comunicazione e di elaborazione delle informazioni, la progressiva integrazione dei
sistemi finanziari, alimentano un costante e pervasivo processo di innovazione che si configura sempre più sia come un fenomeno strutturale dei sistemi
finanziari, sia come la principale forza di cambiamento degli stessi. la nascita e lo sviluppo del mercato del trasferimento del rischio di credito rappresenta una di esse. Tale mercato, i cui protagonisti sono le operazioni di cartolarizzazione e i derivati creditizi, consente al mutuante (intermediario
* Articolo approvato nel mese di marzo 2011.
** Università degli Studi di Palermo; Harvard Business School, Harvard University, Boston.
E-mail: [email protected].
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finanziario) di trasferire ad altri soggetti il rischio di credito sottostante i crediti erogati. Tuttavia, lo sviluppo di un siffatto mercato ha contribuito a mutare i caratteri distintivi della tradizionale attività di intermediazione finanziaria, fino ad alimentare forme di instabilità finanziaria sistemica e globale. la
crisi finanziaria, scoppiata nel corso del 2007, rappresenta una manifestazione di fragilità del sistema finanziario. Una fragilità che non rimane circoscritta ad un ambito nazionale o ad un’area economica, ma che si propaga ad
intere economie e mercati finanziari mondiali, in relazione al grado di integrazione dei sistemi finanziari nazionali. Il collocamento di titoli obbligazionari derivanti direttamente dalle operazioni di cartolarizzazione, nonché la
negoziazione di strumenti finanziari complessi (come i derivati creditizi),
rappresentano i veicoli del contagio finanziario che ha investito l’economia
finanziaria e reale di tutti i Paesi del mondo. le insolvenze dei mutuatari si
diffondono all’intero sistema finanziario mondiale attraverso i canali di trasmissione della crisi, rappresentati dai mercati obbligazionari e dai mercati
dei derivati creditizi. Di conseguenza, le insolvenze si trasmettono nei portafogli degli intermediari finanziari, investitori istituzionali e risparmiatori.
Tale contagio è avvenuto con differente intensità nei vari Paesi in relazione
al grado di integrazione finanziaria dei singoli sistemi finanziari nazionali, e
dunque del grado di esposizione dei sistemi finanziari nazionali alla finanza
mobiliare di origine statunitense. nel presente lavoro si intendono prendere
in esame, innanzitutto, gli strumenti e il mercato del trasferimento del rischio
di credito, nonché le ragioni che inducono gli intermediari finanziari, e in
particolare quelli bancari, a trasferire il rischio di credito del portafoglio creditizio. Successivamente si procederà ad un’analisi dei rischi sistemici insiti
nello sviluppo qualitativo e quantitativo del mercato del trasferimento del
rischio di credito.
2. Il mercato e gli strumenti del trasferimento del rischio di credito
Il trasferimento del rischio di credito, sia all’interno del sistema bancario
sia tra settori e mercati diversi, è una delle più importanti conseguenze dell’innovazione finanziaria nell’attività creditizia delle banche. Il mercato del
trasferimento del rischio di credito è essenzialmente riconducibile alla securitization e ai derivati creditizi.
la securitization degli assets creditizi bancari ha contribuito a ridefinire il
processo di intermediazione finanziaria delle imprese bancarie negli ultimi
decenni, distinguendo nettamente il mercato creditizio primario (origination)
dal mercato creditizio secondario. Si tratta di una forma di conversione e trasformazione delle posizioni creditizie, tradizionalmente prive del requisito
della negoziabilità, in attività finanziarie negoziabili nei mercati mobiliari
mediante un’attività di pooling e vendita degli assets creditizi. Il prestito bancario, tipico strumento finanziario illiquido, viene trasformato in un’obbliga-
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zione, ovvero in uno strumento finanziario facilmente negoziabile1. la securitization scompone i processi integrati di intermediazione creditizia in differenti steps, ovvero separa la funzione di making loans dalla funzione di holding loans. Essa abilita le imprese bancarie ad erogare prestiti ed a cederli sul
mercato dei capitali piuttosto che detenerli sino a scadenza. Gli strumenti per
il trasferimento del rischio di credito nelle operazioni di securitization sono
stati, tradizionalmente, le obbligazioni mortgage-backed securities (MBS),
mediante le quali flussi di cassa prevedibili e quantificabili, generati da un
pool di mortgage loans detenuto da un’impresa bancaria, vengono trasformati in strumenti finanziari mobiliari collocati sui mercati finanziari2.
Tradizionalmente, gli assets creditizi oggetto di cartolarizzazione sono stati i
mutui (mortgage) residenziali e commerciali. A fronte di questi, sono stati
emessi, rispettivamente, i residential mortgage backed securities (RMBS) e
i commercial mortgage backed securities (cMBS). lo sviluppo della securitization ha reso possibile l’estensione della tecnica finanziaria a qualunque
tipologia di credito che generasse flussi di cassa prevedibili e quantificabili.
I crediti così individuati, raggruppati e adeguatamente valutati, possono essere ceduti ad un’impresa finanziaria creata ad hoc o già operante sul mercato
(special purpose vehicle – SPV). Quest’ultima emette sul mercato dei capitali i titoli rappresentativi dei crediti ceduti (asset backed securities - ABS),
direttamente garantiti dai flussi di cassa derivanti dagli impieghi creditizi in
portafoglio. le operazioni di asset securitization si sono sviluppate nel corso
degli anni fino ad assumere vere e proprie forme di finanza strutturata, sia per
la complessità degli strumenti finanziari sia per la varietà delle strutture contrattuali impiegate. Una forma evolutiva è rappresentata dai titoli cDo (collateralized debt obligations), emessi da veicoli societari SPV, che acquistano
crediti da diversi originators in modo da realizzare un portafoglio diversificato che contribuisce a determinare un differenziale tra il rendimento degli
assets acquisiti e l’onerosità dei titoli di debito emessi3.
Di converso, i derivati creditizi sono particolari strumenti finanziari
mediante i quali i rischi di credito impliciti nel portafoglio dei prestiti bancari possono essere trasferiti ad altri investitori nel mercato dei capitali, senza
1
2
3
Si rinvia: Fabozzi e Kothari (2008); Kendall e Fishman (1996); Kothari (2006).
Si rinvia a: Fabozzi e Modigliani (1992).
la principale differenza tra i titoli ABS e cDo è da rinvenire nel fatto che il collateral della prima tipologia di strumenti finanziari spesso è formato da un pool di assets fortemente polverizzato ma altrettanto
omogeneo per classi di appartenenza. Il collateral degli strumenti finanziari cDo è invece caratterizzato
da un pool formato da assets abbastanza eterogeneo (crediti bancari, obbligazioni societarie, titoli di Stato,
titoli ABS). Inoltre, nel caso di securitization con emissione di titoli ABS il portafoglio del veicolo societario è di tipo statico, in quanto non subisce variazioni di composizione per tutta la durata del veicolo.
Viceversa, nelle operazioni di securitization con emissione di titoli cDo il portafoglio del veicolo societario può essere di tipo dinamico, in quanto la composizione può cambiare in relazione alle scelte di investimento del management della società veicolo. Per approfondimenti si rinvia a: Drago (2007).
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che questo comporti la cessione dei relativi assets creditizi, i quali permangono nella struttura patrimoniale dell’intermediario bancario originator. Gli
sviluppi dell’ingegneria finanziaria hanno reso possibile la scomposizione
dei rischi associati ad esposizioni creditizie (nella forma tecnica di prestito
bancario o valori mobiliari) e la ricomposizione, in vario modo, di questi
rischi in seno a nuovi strumenti finanziari4. con il ricorso agli strumenti
finanziari derivati (credit derivatives) diviene possibile il trasferimento del
rischio di credito, isolandolo dalle altre forme di rischio finanziario. Il rischio
di credito di un determinato debitore (reference entity) viene scisso dagli altri
rischi finanziari, per essere oggetto di autonoma negoziazione rispetto alla
titolarità giuridica del credito. I derivati creditizi consentono di separare il
rischio di credito dal rapporto sottostante che lo ha generato, e di trattare tale
rischio come una commodity facilmente trasferibile. A differenza degli strumenti tradizionali di trasferimento del rischio, i credit derivatives sono strumenti finanziari di natura mobiliare e, dunque, negoziabili su mercati secondari, utilizzabili sia per finalità di copertura sia per finalità di arbitraggio e
speculazione. I derivati creditizi riducono significativamente i costi di transazione connessi al trasferimento del rischio di credito e ampliano notevolmente le effettive possibilità di negoziazione del medesimo rischio. Tali
caratteristiche distintive li rendono particolarmente idonei per impieghi alternativi (hedging, asset diversification, arbitrage, speculation) nell’economia
degli intermediari finanziari (Fabbri 2007; Fabozzi, Davis e choudhry 2006;
Sironi 1999).
I dati riportati di seguito (figg. 1, 2, 3, 4, 5) sull’andamento del mercato
della securitization e dei derivati creditizi testimoniano in modo inequivocabile la crescita qualitativa e quantitativa del trasferimento del rischio di credito nell’economia dei sistemi finanziari. la securitization dei crediti bancari prende avvio negli anni Settanta negli Stati Uniti (e negli anni ottanta in
Europa) ed in particolare nel mercato dei crediti ipotecari, per poi svilupparsi negli altri segmenti del mercato creditizio, tra i quali i prestiti al consumo,
i mutui commerciali, i finanziamenti derivanti dall’utilizzo di carte di credito, il leasing. Sebbene siano stati necessari diversi anni per assicurare lo sviluppo di efficienti strutture e processi di securitization, gli intermediari finanziari presto si resero conto delle potenzialità dell’innovazione finanziaria e
dell’applicabilità ad altre tipologie di prestiti. A livello mondiale le emissioni si strumenti finanziari strutturati (structured finance) ha registrato una
forte crescita. Ferma restando l’utilità degli strumenti derivati per il settore
bancario (in particolare, l’importanza di strumenti quali gli interest rate
swaps (IRS) e simili nella copertura del rischio di fluttuazioni dei tassi di
4 Per approfondimenti si rinvia a: Das (2000, 2005), Fabbri (2007), Fabozzi, Davis e choudhry (2006),
Sironi (1999), Tavakoli (2003).
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interesse collegato alla trasformazione delle scadenze), la vera rilevanza per
la funzione di intermediazione creditizia della banca è quella della creazione
di strumenti che proteggono non dai rischi di mercato ma dai rischi di singole controparti, ossia i credit derivatives e principalmente i credit default swap
(cDS), il cui mercato è cresciuto in modo significativo soprattutto dal 2004
al 2008.
Fig. 1 - Mercato mondiale degli strumenti derivati (valore nominale in miliardi di dollari).
Fonte: Bank for International Settlement, Annual Reports.
Fig. 2 - Mercato mondiale dei credit derivatives (valori nozionali in miliardi di dollari).
Fonte: Bank for International Settlement, Annual Reports.
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Fig. 3 - Andamento del mercato europeo dei derivati oTc (valori nozionali in triliardi
di dollari) Fonte: Bank for International Settlement, Annual Reports.
Fig. 4 - Andamento del mercato globale della securitization distinto per tipologia di titoli5
(valori nozionali in miliardi di dollari). Fonte: International Monetary Fund (2009: 84).
5 nota 1: ABcP = Asset-backed commercial paper; ABS = Asset-backed securities; MBS = Mortgagebacked securities; cDo = Collateralized debt obligation; cDo2 = cDo backed by cDo, ABS e MBS.
nota 2: Sono escluse le emissioni di securities da parte delle government-sponsored enterprices (GSE:
Fannie Mae, Freddie Mac, Ginnie Mae).
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Fig. 5 - Emissioni di titoli ABS distinte per tipologia di assets sottostanti nel mercato USA.
Fonte: Adrian e Shin (2010).
l’estensione e la rilevanza quantitativa della securitization degli attivi
degli intermediari finanziari può essere agevolmente evidenziata sia con il
tasso di crescita della quota di prestiti bancari cartolarizzati nel mercato statunitense (fig. 6), sia comparando i volumi del mercato globale delle securitization con i volumi del mercato obbligazionario corporate (statunitense ed
europeo) e il mercato delle obbligazioni bancarie (tavv. 7, 8, 9). Dal con-
Fig. 6 - Quota di prestiti bancari cartolarizzati nel mercato USA.
Fonte: Gorton e Metrick (2010: 49).
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fronto dei volumi delle emissioni obbligazionarie (al valore nominale) si
evince la netta prevalenza del mercato della securitization rispetto al mercato dei corporate bond. Inoltre, limitatamente al mercato statunitense, la fig.
10 evidenzia la netta prevalenza dell’emissione di securities di tipo mortga-
Fig. 7 - Andamento del mercato europeo dei corporate bond (valori in miliardi di dollari).
Fonte: International Monetary Fund (2009: 177).
Fig. 8 - Andamento del mercato USA dei corporate bond.
Fonte: International Monetary Fund (2009: 176).
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ge-related rispetto a quelli di corporate debt. Inoltre, negli ultimi anni, l’emissione di titoli ABS ha superato il volume di securities relative al corporate debt, nel sistema finanziario degli Stati Uniti. Si tratta, inequivocabilmente, di un mutamento strutturale del sistema finanziario e del modello di
business degli intermediari finanziari.
Fig. 9 - Emissioni di obbligazioni bancarie (valori in miliardi di dollari).
Fonte: International Monetary Fund (2010: 76).
Fig. 10 - Emissione di securities nel mercato finanziario USA (dati in miliardi di dollari).
Fonte: Gorton (2010: 137).
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3. Le determinanti del trasferimento del rischio di credito
nell’economia degli intermediari finanziari
non possiamo comprenderne pienamente i tratti evolutivi se non procediamo ad un’analisi delle determinanti, ovvero delle ragioni che hanno indotto gli intermediari bancari a trasferire il rischio di credito a terze economie.
le determinanti, per un fenomeno così complesso, non possono che essere
molteplici e multiformi, contrassegnate da diversa intensità nei singoli sistemi finanziari nazionali. la complessità e multidimensionalità del fenomeno
oggetto di indagine ha portato a valorizzare diversi contributi teorici ed empirici dell’Economia degli Intermediari Finanziari e dell’Economia Aziendale.
Una delle principali determinanti è da ricercare nell’implementazione, in
seno all’economia degli intermediari bancari, di modelli manageriali volti al
conseguimento di crescenti livelli di RoE (return on equity). Il RoE6 si afferma quale funzione obiettivo dell’intero sistema aziendale, su cui convergono
primariamente gli interessi di due classi di stakeholders: management e proprietà. Si tratta di modelli di business bancario focalizzati sulla prospettiva
shareholder view, ovvero sulla generazione di valore per gli azionisti e sulla
ricerca di crescenti livelli di return on equity. le pressioni competitive sulla
redditività hanno comportato trasformazioni radicali, sia di natura organizzativa e manageriale sia di natura culturale, del modello di intermediazione
finanziaria e, dunque, dell’attività di produzione e distribuzione di prodotti e
servizi finanziari. l’eccessiva focalizzazione alla massimizzazione del valore per gli azionisti ha, di fatto, legittimato scelte manageriali ed organizzative volte alla massimizzazione dei risultati aziendali di breve periodo.
l’orientamento strategico di fondo di tipo shareholder value, tipico del sistema anglosassone, piuttosto che di tipo stakeholder value, implica una focalizzazione della funzione obiettivo sul rendimento del capitale di rischio
impiegato nell’impresa bancaria. ciò si è rivelato non sostenibile nel mediolungo periodo, oltre che non in grado di perseguire dinamicamente un armonico equilibrio tra i diversi interessi degli stakeholders coinvolti nell’economia bancaria. In tale contesto, lo sviluppo di strategie aziendali volte a trasferire a terzi le tradizionali funzioni bancarie di asset holding e risk holding,
mediante le tecniche di securitization e l’utilizzo dei derivati creditizi, sottende un orientamento strategico di fondo volto ad ottimizzare la remunerazione del capitale di rischio. Tale orientamento strategico di fondo di breve
periodo, è stato reso possibile anche dalla piena consapevolezza del management aziendale di un principio implicito nel settore finanziario noto come
“too big to fail”, derivante dalla specificità degli intermediari bancari di grandi dimensioni e con un’operatività internazionale, il cui dissesto può provo-
6 Rappresenta il tasso di rendimento del capitale di rischio, dato dal rapporto tra utile netto di esercizio e
mezzi propri.
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care un contagio sistemico7. Anche i sistemi di remunerazione e incentivazione del management bancario hanno favorito un orientamento strategico al
conseguimento di risultati aziendali di breve termine. Sistemi di incentivazione perversi hanno favorito il sorgere di comportamenti opportunistici del
management bancario (soprattutto delle grandi banche di investimento), e il
risultato è stato una forte crescita dei volumi dell’attività creditizia e della
redditività aziendale, una maggiore dipendenza dai mercati monetari all’ingrosso per l’acquisizione di risorse finanziarie, un deterioramento della qualità del portafoglio crediti, un aumento della leva finanziaria, un aumento dei
rischi finanziari e delle interconnessioni sistemiche tra i vari intermediari.
opportunamente osservano Acharya e Richardson (2009: 203-204):
(...) “during the past quarter century, financial sector profits grew from 10%
to 40% of U.S. corporate profits, and the market capitalization of financial
firms increased from 6% to 22% of U.S. listed corporation. This remarkable
ascendancy of finance was amply reflected in compensation levels, notably in
trading and investment banking and other risk-taking functions. Between
2002 and 2007 compensation expense of U.S. investment banks and investment banking divisions of financial conglomerates arose about 31% to about
60% of gross revenues”.
Tuttavia, la prevalenza di una prospettiva shareholder value rispetto ad
una stakeholder value è espressione di un profondo cambiamento epistemologico che investe la concezione dell’impresa bancaria, la sua funzione nel
tessuto sociale ed economico di riferimento, la responsabilità dell’azione
manageriale, la concezione del management. opportunamente osserva Vitale
(2010: 103-105) che il principio della massimizzazione del valore dell’impresa, che ha dominato negli ultimi venti anni, è estraneo o marginale a tutta
la migliore teoria manageriale. l’impresa moderna non è solo un centro di
produzione e di accumulazione del profitto. l’impresa è un’equazione complessa dove non c’è solo la proprietà. Eppure, la massimizzazione del valore
dell’impresa quale paradigma manageriale dominante, portata avanti dalle
grandi investment banks e dalle grandi società di consulenza, è diventata una
formula che giustifica qualunque cosa e che altera la corretta concezione e
gestione delle imprese bancarie e del management aziendale.
le strategie di business che si sono ispirate al riconoscimento del fatto che
la banca, prima che essere un’istituzione è un’impresa, hanno perseguito ed
7 Il principio del “too big to fail” fa riferimento al fatto che il superamento di determinate soglie dimensionali da parte degli intermediari finanziari alimenta fenomeni di moral hazard, in quanto gli intermediari
finanziari, avendo assunto dimensioni troppo grandi, non possono essere lasciati fallire, al pari di qualsiasi altra impresa, proprio per la loro rilevanza sistemica.
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alimentato attese di remunerazione in termini di RoE via via crescenti nel
tempo, raggiunto attraverso articolati processi di business riengineering delle
strutture e dei processi organizzativi, ristrutturazioni aziendali, acquisizioni e
concentrazioni. In tale contesto evolutivo l’intermediario bancario consolida
i caratteri e i connotati tipici dell’impresa e dell’organizzazione, prima ancora di quelli tipici dell’istituzione, riconducibili all’offerta di credito ai soggetti meritevoli, alla produzione di passività liquide e non rischiose, all’assorbimento del rischio di credito. Tali processi si inquadrano in un contesto
più ampio di progressiva adozione, da parte delle banche, di schemi imprenditoriali per i quali la banca, similmente a qualsiasi altra impresa, è tenuta a
raggiungere obiettivi di redditività del capitale investito e di rendimento del
capitale proprio. Inoltre, in un contesto di internazionalizzazione del mercato dei capitali, la capacità della banca di creare valore per gli azionisti riveste un’importanza crescente (onado 1996). Questo fa sì che le banche siano
sempre più impegnate a identificare strategie, metodologie e strumenti adeguati per indirizzare e misurare le performance del management nell’ottica
del valore economico creato per l’azionista. l’obiettivo di migliorare la redditività ha portato, inoltre, le banche ad estendere l’operatività oltre i confini
dell’attività di intermediazione tradizionale. llewellyn (2008: 25) riconosce
che l’emergere del nuovo modello di attività bancaria ha rappresentato il
principale fattore di instabilità nell’attuale crisi finanziaria. Puntualizza
l’Autore:
(...) “the new models had two particular dimensions: an increased emphasis
given to rates of return on equity (RoE) as the bottom-line objective, and particular business models that followed from this. It can be argued that the drive
by banks towards securitization and the use of credit derivatives was as much
a product of a desire to raise revenue and the RoE as to shift credit risk”.
l’intenso ricorso alle operazioni di cartolarizzazione e al mercato dei derivati creditizi è, dunque, da ricondurre a strategie aziendali eccessivamente
focalizzate su una prospettiva di tipo shareholder value, in cui la funzione
obiettivo della gestione bancaria è segnatamente condizionata dal perseguimento di sempre più elevati valori di return on equity, soprattutto con il significato di remunerazione risk-adjusted del capitale azionario, in presenza di un
vincolo di adeguatezza patrimoniale (Mottura 2008a, 2008b; Tasca 2009).
ciò induce il management bancario a privilegiare forme di intermediazione
mobiliare rispetto a quelle di intermediazione creditizia, comparativamente
più convenienti dal punto di vista della remunerazione degli azionisti e della
capital allocation nell’economia della banca (Mottura 2008a, 2008b), ad
accelerare la crescita dimensionale, ad incrementare la quota di mercato.
nell’ambito di tale innovativo modello di business, proteso alla ricerca di
livelli crescenti di return on equity, il volume dell’intermediazione finanzia-
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ria e la velocità di circolazione delle risorse finanziarie si impongono quali
condizioni essenziali per il successo del modello di business. la cartolarizzazione dei crediti rappresenta una scelta strategica di sviluppo dei processi
di intermediazione finanziaria che consente alla banca di acquisire velocemente risorse liquide e aumentare i volumi di intermediazione. Pertanto, i
volumi e velocità si impongono quali vincoli in un contesto macroeconomico contrassegnato da bassi tassi di interesse8 e, dunque, bassi margini di interesse.
la cartolarizzazione, aumentando il grado di trasferibilità o negoziabilità
delle posizioni creditizie bancarie, accresce la liquidità disponibile nell’economia bancaria. l’asset securitization si configura pertanto quale forma di
liquidity-enhancing innovation, in grado di aumentare la liquidità bancaria
nonché il tasso di rotazione del portafoglio prestiti. la securitization, rendendo più liquido il bilancio bancario, ha notevolmente ampliato le fonti di
liquidità disponibili nell’economia dell’impresa bancaria, superando i limiti
di un’espansione lenta della raccolta bancaria tradizionale. la securitization
abilita un’impresa bancaria a generare un più elevato volume di credito, riducendo contestualmente l’esposizione al rischio di credito, al rischio di liquidità e al rischio di mercato; diversificando le fonti di finanziamento e favorendo al tempo stesso lo sviluppo e il mantenimento di consolidate relazioni
di clientela. la rimozione dei crediti dallo stato patrimoniale ha consentito
alle imprese bancarie di migliorare i ratios patrimoniali (return-on-asset e
return-on-equity), di migliorare il profilo di liquidità e di beneficiare dei flussi reddituali generati da commissioni e da trading sui mercati mobiliari, incidendo pertanto sulla crescita del margine di intermediazione a scapito del
margine di interesse. A tal fine, significativi sono i risultati dello studio condotto sui bilanci bancari da Pierobon della Banca d’Italia e pubblicati su
Barucci e Messori (2009: 77-97), nei quali si evince che le banche (in Europa
e negli Stati Uniti) hanno mantenuto la redditività del proprio capitale su
livelli storicamente elevati, resa possibile attraverso un massiccio ricorso alla
leva finanziaria (è stata riscontrata una correlazione positiva tra le dinamiche
del RoE e della leva finanziaria). Si riscontra un’assenza di correlazione tra
l’andamento del RoE e l’incidenza del margine di interesse, a conferma della
natura non prettamente creditizia degli utili bancari degli ultimi anni.
Tuttavia, a condizionare lo sviluppo dimensionale dell’impresa bancaria
non è soltanto la disponibilità di liquidità ma anche la dotazione di capitale
proprio regolamentare. Il ricorso alle operazioni di cartolarizzazione dei cre-
8 la politica dei bassi tassi di interesse della Federal Reserve, condotta a partire dallo scoppio della bolla
di internet nel 2000, ha portato all’1% i tassi di interesse. Il denaro a basso costo, soprattutto nel sistema
finanziario statunitense, ha consentito l’erogazione di prestiti al sistema economico a costi apparentemente ridotti, abbassando la consapevolezza del rischio.
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diti bancari e agli strumenti finanziari derivati creditizi consente di aumentare la produttività di questi due fattori che condizionano lo sviluppo aziendale: liquidità e capitale proprio.
l’adeguatezza patrimoniale viene determinata dalle autorità di vigilanza
attraverso un complesso sistema di regole che, dalla valutazione dei rischi,
conduce all’individuazione di un livello di capitale ritenuto appropriato per il
mantenimento delle condizioni di equilibrio aziendale degli intermediari bancari. Il livello minimo di capitale (regulatory capital) rappresenta l’ammontare minimo di equity che un intermediario bancario deve detenere quale vincolo imposto dalla regolamentazione. l’aver spostato il baricentro della regolamentazione sull’adeguatezza patrimoniale ha contributo a valorizzare il
contenuto imprenditoriale dell’attività bancaria, in cui il capitale di rischio
acquista una valenza strategica nella gestione della banca. Un livello insufficiente del capitale può vincolare l’impresa bancaria nella scelta di un livello
inferiore di attività. Questo evidenzia lo stretto legame esistente tra il grado
di rischiosità assunto e la consistenza delle risorse patrimoniali, che vincola
l’intermediario bancario ad operare scelte di composizione degli investimenti coerenti con il livello di esposizione ai rischi. la dotazione patrimoniale
assume un’importanza cruciale nell’economia delle imprese bancarie, in
quanto ad essa è vincolato lo sviluppo dimensionale e competitivo e, in particolare, la capacità di erogare finanziamenti. Il capitale di rischio ha, quindi,
una complessa valenza economico-finanziaria, che impatta sulla definizione
delle strategie aziendali, sugli obiettivi di crescita, sulle scelte di posizionamento strategico, sulla composizione e qualità degli investimenti e sulla redditività prospettica dell’intera gestione.
con la cartolarizzazione si esternalizzano gli attivi creditizi, che assorbono liquidità, nonché i rischi sottesi alle singole esposizioni creditizie bancarie, che assorbono capitale regolamentare. la cartolarizzazione consente di
trasferire fuori dai confini aziendali sia i rischi di credito sia i rischi di mercato impliciti nelle esposizioni creditizie. la securitization ha quindi fornito,
all’economia delle imprese bancarie, un ulteriore strumento per il governo
dei rischi di credito e finanziari e, di riflesso, per l’assorbimento del capitale
regolamentare nell’esercizio della funzione creditizia. Il risultato complessivamente conseguito dall’intermediario bancario è quello di aumentare i volumi delle risorse mobilizzate, reperire risorse finanziarie per rigenerare nuovi
attivi creditizi, aumentare la velocità di tali processi di mobilizzazione e
ridurre il fabbisogno di capitale proprio. l’imposizione di livelli minimi di
patrimonializzazione, in relazione al grado di rischiosità degli impieghi bancari, oltre ad aver indotto le banche ad affinare la valutazione del merito di
credito e la determinazione dei prezzi relativi, ha valorizzato compiutamente
gli strumenti finanziari di mitigazione del rischio (securitization e derivati
creditizi) e, dunque, di attenuazione dei vincoli di capitalizzazione.
le considerazioni svolte sopra in merito al ruolo del capitale proprio nello
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sviluppo dimensionale degli intermediari bancari e i riflessi sulla redditività
aziendale, ci porta ad individuare un ulteriore fattore determinante del ricorso al mercato del trasferimento del rischio di credito: la regolamentazione
finanziaria. la cartolarizzazione e il mercato dei credit derivatives hanno rappresentato, per molte imprese bancarie, una soluzione volta ad attenuare i
costi impliciti ed espliciti della regolamentazione in termini di adeguatezza
patrimoniale e detenzione di riserve di liquidità. la cartolarizzazione e i credit derivatives hanno rappresentato un incentivo per porre in essere operazioni di arbitraggio regolamentare volte a sfruttare le differenze esistenti tra
il livello di rischio effettivo del portafoglio crediti della banca e le misurazioni standard di rischio definite dalle norme di vigilanza prudenziale9. In tale
prospettiva di analisi, il mercato del trasferimento del rischio di credito emergerebbe in relazione al superamento dei vincoli di adeguatezza patrimoniale
imposti alle imprese bancarie. Possiamo qualificarle come innovazioni di
tipo constraint-induced, attraverso le quali le imprese bancarie, in qualità di
imprese profit-oriented, perseguono un obiettivo di ottimizzazione del risultato economico e di allocazione ottimale del capitale, all’interno di un sistema di vincoli e regole imposte sia dall’intermediario bancario (internal constraints) sia dalle autorità di vigilanza e dall’ordinamento (external constraints). l’imposizione di un articolato sistema di capital adequacy nell’economia degli intermediari finanziari fondato su schemi di capital ratios,
incide sulla profittabilità degli intermediari finanziari in quanto rappresenta
un onere da “fiscalità occulta” che incrementa i costi di funding del portafoglio crediti. Inoltre, il rafforzamento dei requisiti di patrimonializzazione ha
reso progressivamente più costoso per le imprese bancarie (in termini di adeguatezza patrimoniale) la detenzione dei prestiti nel bilancio aziendale, rendendo economicamente conveniente la cessione del relativo rischio di credito (Basel commitee on Banking Supervision 2008; European central Bank
2008; Financial Stability Forum 2008). Questo ha stimolato le imprese bancarie a ricercare nuove forme di acquisizione di risorse finanziarie ed a svi-
9 occorre precisare che la crisi finanziaria, originatasi nel sistema bancario e finanziario degli Stati Uniti
e diffusasi in tutto il mondo, si è sviluppata nel contesto regolamentare del vecchio accordo sul capitale
(Basilea 1) e non del nuovo accordo (Basilea 2). la ridotta sensibilità ai rischi dei coefficienti patrimoniali, l’incapacità di cogliere le varie forme di innovazione finanziaria e gli incentivi di arbitraggio regolamentare a sviluppare operazioni fuori bilancio hanno rappresentato i principali limiti e aree di criticità
dell’accordo di Basilea 1. Tuttavia, la crisi finanziaria ha messo in rilievo talune criticità del nuovo accordo (Basilea 2) che sono oggetto di analisi e riflessioni da parte delle autorità di vigilanza e dei vari organismi di coordinamento e cooperazione internazionale. A tal fine, il Financial Stability Forum propone
azioni concrete per il rafforzamento della vigilanza prudenziale sul patrimonio mediante l’aumento dei
requisiti patrimoniali di Basilea 2 per alcuni strumenti di credito strutturati particolarmente complessi;
l’introduzione di requisiti addizionali di capitale per i rischi di default e di event nel portafoglio di negoziazione delle banche e delle imprese di investimento; il rafforzamento del trattamento prudenziale delle
linee di liquidità verso conduit fuori bilancio.
354
Studi e Note di Economia, Anno XVI, n. 3-2011
luppare operazioni finanziarie fuori bilancio per il trasferimento del rischio di
credito10. Tale arbitraggio regolamentare si è manifestato con due principali
forme: (1) il massiccio ricorso agli structured investment vehicles (SIV), ai
quali trasferire gli assets più rischiosi, su cui grava una più elevata ponderazione; (2) la significativa detenzione, da parte delle banche, di securities
(ABS, tranches di cDo, cDo2, cDo3, ect.) con rating AAA, per i quali più
contenuta risulta la ponderazione di rischio. la regolamentazione e, in particolare, le norme inerenti i capital requirements delle imprese bancarie, rappresenta un significativo driver che impatta sul ricorso alle operazioni di cessione dei crediti e dei rischi di credito. Un arbitraggio regolamentare reso
possibile dal fatto che l’attuale regolamentazione finanziaria è focalizzata
non sul rischio sistemico ma piuttosto sul rischio di singole istituzioni finanziarie (Acharya e Richardson 2009).
Gli obiettivi di redditività ed efficienza, nonché di crescita dimensionale,
perseguiti dagli intermediari bancari negli ultimi decenni si sono coniugati
perfettamente con lo sviluppo di più efficienti tecniche finanziarie per la
negoziabilità di attivi tipicamente poco liquidi. le operazioni di cartolarizzazione e l’impiego di derivati creditizi hanno avuto un’ampia diffusione in
quanto rappresentano tecniche più efficienti per il trasferimento del rischio di
credito, a differenza degli strumenti tradizionali di credit risk transfer
(fideiussione, varie forme di garanzie personali, polizze di assicurazioni sui
crediti). Di converso, gli strumenti innovativi (derivati di credito e cartolarizzazione) hanno ridotto significativamente i costi di transazione connessi al
trasferimento del rischio di credito e ampliato notevolmente le effettive possibilità di negoziazione del medesimo rischio. Anche gli apprezzabili miglioramenti del risk management bancario, delle metodologie statistico-matematiche di misurazione e valutazione dei rischi, nonché l’avvento e diffusione
delle nuove tecnologie della comunicazione e informazione, congiuntamente
intesi, hanno progressivamente ridotto i costi di transazione relativi allo
scambio dei rischi finanziari nel mercato dei capitali. l’innovazione tecnologica ha indubbiamente facilitato il processo di quantificazione dei rischi,
requisito necessario sia per formulare accuratamente la struttura dei prezzi
delle diverse tipologie di rischio (risk pricing) sia per gestirli efficacemente
(risk managing), a livello aziendale e sistemico. Il pervasivo ricorso agli strumenti di misurazione del rischio di credito ha contribuito ad accrescere il
grado di finanziarizzazione dell’attività di lending nell’economia delle
imprese bancarie. Questo crescente grado di finanziarizzazione trova un fon-
10 Jones (2000) mostra come le banche, attraverso l’innovazione finanziaria, possono incrementare i capital ratios senza tuttavia incrementare la solvibilità e solidità patrimoniale. l’autore individua le principali tecniche di capital arbitrage utilizzate dalle banche, tra cui il ricorso a varie forme di securitization e
agli strumenti derivati creditizi, per le loro proprietà di risk unbundling.
E. Scannella - Innovazione finanziaria e instabilità: il trasferimento del rischio di credito
355
damento normativo nella regolamentazione finanziaria dettata da Basilea 2 e
un fondamento metodologico nel processo che possiamo qualificare di “contaminazione” del financial risk management, ovvero nell’acquisizione e successiva implementazione di strumenti, metodologie, modelli operativi e competenze che sono proprie del risk management finanziario. I criteri imposti da
Basilea 2 costituiscono uno strumento di promozione della cultura di mercato e anche di sviluppo della gestione del rischio secondo approcci di mercato, in un contesto di progressiva convergenza tra mercato del credito e mercato dei capitali (Forestieri 2009). la regolamentazione di vigilanza prudenziale, attraverso la fissazione ex-ante di coefficienti patrimoniali e lo sviluppo di sistemi di controllo aziendale dei rischi bancari, ha contribuito ad innovare le strutture ed i processi aziendali preposti all’intermediazione creditizia
e finanziaria, con evidenti conseguenze sull’integrazione degli intermediari
bancari con i mercati finanziari. l’introduzione dei sistemi di rating per la
valutazione del merito creditizio ha accresciuto il grado di automazione delle
metodologie e dei processi di analisi del rischio di credito, nonché il grado di
standardizzazione del processo di affidamento. le imprese bancarie fanno
affidamento sempre più su complessi modelli di credit risk per valutare, controllare e ridurre i rischi di credito, cercando al contempo di orientare coerentemente le scelte di composizione del portafoglio crediti (in termini di rendimento/rischio) con le linee strategiche aziendali di risk management (Sironi
e Resti 2008). Tuttavia, l’attuale crisi finanziaria ha messo in risalto non solo
l’inefficacia di taluni modelli di risk management aziendali e le loro fragilità
sistemiche ma anche l’eccessiva opacità e l’uso tendenzialmente opportunistico che può essere fatto, dal management aziendale, delle opportunità di trasferimento del rischio all’interno dei sistemi finanziari nazionali e internazionali, con il risultato di ampliare i connotati sistemici del rischio stesso.
Anche la struttura di corporate governance delle imprese bancarie contribuisce a dare una risposta al perché le banche trasferiscono il rischio di credito. A livello di corporate governance è possibile individuare i cosiddetti
“costi di agenzia”, da ricercare nel rapporto che si viene ad instaurare tra i
differenti stakeholders e, in particolare, tra gli azionisti, il management e i
creditori. Tali costi di agenzia si palesano nel disallineamento delle funzioni
obiettivo di tali stakeholders, fino a configurare complesse situazioni di conflitto di interessi. In particolare, laddove la banca è caratterizzata da una struttura proprietaria altamente polverizzata, si determina una separazione tra proprietà (in capo a tanti piccoli azionisti) e controllo (in capo al management).
In questa situazione, il management è il vero detentore del potere decisionale nelle scelte operative e strategiche aziendali; un potere che può essere esercitato anche contro gli interessi degli stessi azionisti, i quali possono avere
ridotti strumenti di controllo e supervisione dell’operato del management. In
tale contesto, le attese degli azionisti si riversano sulle dinamiche del RoE,
il quale diviene il principale, e spesso decisivo, parametro di misurazione del-
356
Studi e Note di Economia, Anno XVI, n. 2-2011
l’attività del management (Bébéar e Manière 2004; Vitale 2010). Questa
struttura di corporate governance, soprattutto per le imprese quotate in borsa,
porta ad enfatizzare i risultati di bilancio di breve periodo a scapito di quelli
di medio-lungo periodo. Questo modello di corporate governance ha caratterizzato soprattutto le imprese americane, tra cui anche quelle bancarie e
finanziarie. la continua ricerca, da parte del management, di crescenti tassi
di RoE ha portato ad enfatizzare eccessivamente un modello di attività bancaria di tipo “originate and distribute” con il quale si alimentavano crescenti
volumi di impieghi creditizi, che venivano successivamente cartolarizzati e
ceduti sul mercato dei capitali o i cui rischi di credito venivano trasferiti (con
strumenti finanziari derivati) in capo ad investitori operanti nel sistema finanziario nazionale e internazionale (Mottura 2008a, 2008b, 2008c; Tasca 2009).
Un ulteriore fattore determinante è da ricercare nel complesso processo di
integrazione tra intermediazione creditizia e mobiliare. la pressione competitiva sui margini di interesse (e dunque sugli spreads tra tassi attivi e passivi) ha contribuito a ridurre la redditività della tradizionale attività di intermediazione creditizia, conducendo ad un processo di sviluppo dell’attività di
intermediazione mobiliare, agevolato dall’eliminazione dei vincoli normativi
di specializzazione dell’intermediazione finanziaria e, dunque, di netta separazione tra l’attività di commercial banking e investment banking, in Europa
e negli Stati Uniti. Il ricorso crescente alla cartolarizzazione dei crediti bancari e ai derivati creditizi consente di sviluppare, in capo all’intermediario
bancario, quelle competenze e conoscenze dei mercati e degli strumenti
mobiliari essenziali per correlare le due principali aree di business bancario:
l’intermediazione creditizia e mobiliare. competenze e conoscenze di natura
mobiliare sono essenziali per la progettazione e realizzazione della cartolarizzazione dei prestiti e per la negoziazione di derivati creditizi. Tuttavia,
l’acquisizione di tali conoscenze e competenze può avvenire per vie esterne
e non interne alla banca, ricorrendo, ad esempio, alle investment banks che,
in qualità di arranger, supportano le banche originator dei prestiti nella strutturazione delle operazioni. lo sviluppo della cartolarizzazione e del mercato
dei credit derivatives, rafforza la complementarità tra banca e mercati finanziari, ben visibile nelle attività di origination, placement, trading, asset holding, pricing, etc. lo sviluppo di strumenti di credit risk transfer ha contribuito a ridurre le differenze tra i sistemi finanziari orientati al mercato
(market-oriented) e quelli orientati alla banca (bank-oriented), favorendo
processi di integrazione fra banche e mercati (Boot e Thakor 2008). Il perfezionamento dei mercati finanziari erode, in molti aspetti, la tradizionale
distinzione tra attività bancaria (banking) e attività mobiliare dei mercati dei
capitali (capital markets).
In breve, con lo sviluppo del mercato del credit risk transfer, la tradizionale funzione delle banche di trasformazione del rischio viene condivisa dal
mercato finanziario. Infatti, con la cartolarizzazione, soprattutto con quella a
E. Scannella - Innovazione finanziaria e instabilità: il trasferimento del rischio di credito
357
più livelli, vengono trasformati i rischi sottesi nei diversi pool di attività e
ridistribuiti tra soggetti diversi. Inoltre, osserviamo come oggetto di tale trasformazione non sono solo i rischi di credito insiti nei crediti originati dalle
banche (circuito diretto di intermediazione finanziaria) ma anche i rischi di
credito insiti nei titoli obbligazionari (circuito indiretto di intermediazione
finanziaria). oggetto di cartolarizzazione, lungo l’intera filiera, possono essere pool di assets eterogenei, rappresentati da assets di natura creditizia e
assets di natura mobiliare.
4. Fragilità e rischi sistemici del trasferimento del rischio di credito
I modelli innovativi di business adottati dalle banche, soprattutto anglosassoni, hanno radicalmente mutato le funzioni dell’intermediazione finanziaria. Al tradizionale modello di banca che valuta le richieste di affidamento, seleziona, concede il credito e ne monitora l’andamento sino all’estinzione, si affianca un modello nel quale la banca trasferisce ad altri la tradizionale funzione di asset and risk holding. Tale modello innovativo, con il quale
l’impresa bancaria decide di trasferire a terzi la prestazione di funzioni tradizionali dell’intermediazione creditizia, si è rivelato, nelle sue forme estreme,
instabile e destabilizzante.
la securitization dei crediti bancari e il mercato dei derivati creditizi ha
avviato un complesso processo di de-integrazione della catena del valore dell’intermediazione creditizia, tradizionalmente contrassegnata da una catena
del valore integrata verticalmente. In un modello di integrazione verticale la
banca origina il prestito, lo finanzia con la raccolta del risparmio (ovvero lo
sottoscrive in proprio), ne gestisce i relativi flussi di pagamento e lo detiene
in portafoglio sino alla naturale scadenza o al default. Tutti questi stadi della
catena del valore, strettamente collegati tra loro, sono contemporaneamente
presenti nell’impresa bancaria. l’intermediario bancario svolge contestualmente tutte le fasi in cui si articolava la concessione del prestito: raccolta ed
elaborazione delle informazioni sul richiedente fido, erogazione del finanziamento (ruolo di datore dei fondi), svolgimento dell’attività di monitoraggio
delle esposizioni creditizie, raccolta e gestione dei flussi di cassa (attività di
servicing), revisione delle linee di affidamento e gestione del contenzioso.
Il un modello di de-integrazione verticale dell’intermediazione finanziaria
(cosiddetto originate and distribute) diviene possibile separare talune attività
della catena del valore, ovvero ripartire i processi produttivi e distributivi dell’attività creditizia fra diverse unità organizzative, appartenenti anche a sistemi aziendali differenti. la singola impresa bancaria sarebbe, dunque, in
grado di presidiare una più o meno ampia porzione delle combinazioni produttive e distributive dell’attività creditizia. Si tratta di un vero e proprio processo di esternalizzazione o outsourcing di singole fasi della produzione e/o
distribuzione dei servizi di finanziamento, che oltre a mutare i contenuti del-
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Studi e Note di Economia, Anno XVI, n. 3-2011
l’intermediazione creditizia e alimentare la scomposizione della catena del
valore, cambia i caratteri distintivi degli strumenti creditizi e il ruolo degli
intermediari creditizi operanti nel sistema finanziario. Si passa, dunque, da
una intermediazione creditizia effettuata tramite l’interposizione permanente
dello stato patrimoniale da parte degli intermediari bancari, ad una intermediazione inizialmente di natura creditizia e, successivamente, di natura mobiliare, realizzata fuori bilancio. opportunamente osserva Forestieri (2009:
309-310) che la securitization può essere vista come una modalità di ri-posizionamento strategico nella catena del valore del credito, ovvero una modalità con cui una banca esternalizza una o più fasi del processo del credito.
la securitization, convertendo i crediti bancari in securities, separa l’origination dei crediti dall’investitore finale, rendendo pertanto difficile tracciare una netta linea di demarcazione tra l’intermediazione bancaria e l’intermediazione mobiliare dei mercati finanziari. Pertanto, anche per il mercato
creditizio è opportuno distinguere tra mercato primario e secondario: nel
mercato creditizio primario (origination), il prestito bancario viene originato
dal rapporto tra mutuatario e impresa bancaria mutuante, mentre nel mercato
creditizio secondario (secondary loan market) vengono negoziati i prestiti
bancari in essere, attraverso le operazioni di cartolarizzazione che rendono
possibile il trasferimento degli assets creditizi dall’impresa bancaria originator al mercato dei capitali, nonché vengono negoziati i rischi di credito associati alle esposizioni creditizie.
Al rapporto bilaterale tra mutuante e mutuatario si affiancano e sovrappongono differenti soggetti, protagonisti del mercato creditizio (originator
del credito, mortgage brokers, mutuatario, servicer, banca arranger, veicoli
societari variamente specializzati e diversificati, agenzie di rating, acquirenti
e fornitori di strumenti finanziari derivati per la copertura del rischio di credito, investitori intermedi e finali negli strumenti finanziari creati lungo la
filiera, etc.) che si interconnettono lungo una più lunga filiera dell’attività di
intermediazione creditizia. Tale rinnovata filiera dell’intermediazione finanziaria può essere creata ed organizzata dalle stesse banche originator oppure
dalle investment banks. nel caso siano queste ultime a predisporre articolate
filiere di cartolarizzazione, il ruolo della banca originator è quello, in qualche modo, di una secondary bank, variamente specializzata nell’attività di
origination, che accede a filiere di cartolarizzazione predisposte da altri intermediari (fig. 11).
Tuttavia, l’intenso ricorso alle operazioni di cartolarizzazione e al mercato dei derivati creditizi pone in rilievo taluni elementi di criticità sistemica, in
termini di configurazioni e sostenibilità del business model dell’intermediazione creditizia, riconducibili essenzialmente a:
a) sviluppo di modelli di transaction banking e ridimensionamento di
quelli di relationship banking, sia da un punto di vista strategico e organizzativo sia operativo. Il ricorso a forme di de-integrazione verticale potrebbe
E. Scannella - Innovazione finanziaria e instabilità: il trasferimento del rischio di credito
359
Fig. 11 - Securitization: schema di sintesi e ruolo dei diversi partecipanti.
Fonte: Fender e Mitchell (2009: 31).
attenuare la dimensione relazionale del rapporto creditizio con i mutuatari,
soprattutto per il segmento di clientela delle imprese e per i prodotti/servizi
creditizi di medio/lungo periodo. la relazione finanziaria di lungo periodo tra
intermediario finanziario e prenditore di fondi è funzionale alla creazione di
condizioni di reciproca fiducia, credibilità, reputazione e vantaggiosità reciproca, elementi su cui si costruisce e sviluppa nel tempo il mutual commitment (Mayer 1988), in grado di attenuare i problemi di risk sharing, time
inconsistency e contract incompleteness, che rappresentano le principali
componenti del rischio di moral hazard. l’affermarsi di modelli di transaction banking rispetto a quelli di relationship banking riduce la capacità di
acquisizione ed elaborazione della soft information nel vario articolarsi delle
relazioni creditizie, con il rischio di compromettere la corretta valutazione
delle piccole e medie imprese, la cui relazione creditizia è contraddistinta da
conoscenza reciproca e soft information (Berger e Udell 2002), ovvero di
informazioni non codificate ed oggettive, di informazioni riservate (non pubbliche), che richiedono lo sviluppo di spiccate competenze valutative, interpretative e previsionali in capo all’intermediario bancario affidante. la capacità di acquisizione ed elaborazione della soft information è tipica di un
orientamento alle “relazioni” degli intermediari bancari, a differenza di un
orientamento alle “transazioni” nel quale si accentuano i connotati di standardizzazione o commoditization del credito bancario. Recenti studi (Berger
e Udell 2002; Stein 2002; Strahan 2008) dimostrano che gli intermediari bancari che dispongono di una minore capacità di valorizzazione della soft information nei processi decisionali di affidamento sono caratterizzati da: rigidità
degli assetti organizzativi ed elevate dimensioni aziendali; standardizzazione
dei processi aziendali, degli input informativi e delle strutture organizzative;
360
Studi e Note di Economia, Anno XVI, n. 3-2011
attenuata prossimità geografica e accentramento delle fasi di valutazione del
merito creditizio.
b) diffusione di fenomeni di adverse selection e moral hazard lungo tutta
la filiera dell’intermediazione finanziaria, a causa della significativa crescita
del mercato secondario dei crediti bancari e del mercato dei derivati creditizi (Berndt e Gupta 2009). I fenomeni di adverse selection e moral hazard
sono da tempo noti in letteratura a partire dai lavori pionieristici di Akerlof
(1970) secondo il quale, la presenza di asimmetrie informative, ovvero una
distribuzione non omogenea di informazioni tra gli operatori, può inficiare il
buon funzionamento del mercato. Akerlof descrive come l’eterogeneità della
qualità dei prodotti offerti e la presenza delle asimmetrie informative tra gli
attori coinvolti conduca alla scomparsa di un mercato: dal momento che la
qualità dei prodotti non può essere adeguatamente valutata dall’acquirente (a
causa dell’asimmetria informativa), il venditore è incentivato a proporre beni
di bassa qualità piuttosto che di qualità elevata. nel caso del mercato dei
mutui subprime è accaduto qualcosa di simile. I titoli (securities) emessi in
seguito alla cartolarizzazione dei mutui e gli strumenti derivati creditizi sono
financial assets molto complessi, il cui processo di valutazione è ostacolato
dalle asimmetrie informative esistenti tra la banca che ha erogato i mutui e
gli investitori finali che hanno sottoscritto le securities. Infatti, l’impresa bancaria cedente i crediti e/o i rischi di credito dispone di un vantaggio informativo rispetto agli investitori finali, sottoscrittori delle securities o acquirenti
del rischio di credito. Il vantaggio informativo dell’impresa bancaria, in merito alla qualità del portafoglio crediti, può tradursi anche in un comportamento opportunistico teso a non rappresentare adeguatamente e correttamente la
composizione e i profili di rischio/rendimento del portafoglio crediti. Si tratta, più compiutamente, di un comportamento opportunistico cosiddetto “precontrattuale”, che emerge quando, nell’ambito di una transazione economica,
una parte possiede informazioni rilevanti per la transazione stessa ma non
conosciute dalla controparte (hidden information). Il rischio di credito, oggetto di cessione nel mercato del credit risk transfer, è dunque implicito nel portafoglio crediti e rappresenta l’elemento che più di ogni altro risulta difficile
da negoziare, in quanto gli investitori finali non hanno accesso alle informazioni sul mutuatario, a differenza invece dell’impresa bancaria che è l’originator dei prestiti. Si viene pertanto a configurare una vera e propria opacità
che alimenta una significativa disparità informativa tra acquirente e venditore, ovvero tra i mutuatari, l’impresa bancaria e gli investitori finali nel mercato mobiliare. l’impresa bancaria dispone di informazioni e conoscenze
sulla clientela affidata, sui profili andamentali dei rapporti creditizi e sulle
dinamiche del mercato creditizio, che sono preclusi ad altri intermediari e, in
generale, agli altri agenti economici. le informazioni e conoscenze acquisite
hanno, sì, una natura pubblica ma soprattutto una natura privata e riservata,
che contraddistingue la specificità dei crediti bancari (Fama 1980).
E. Scannella - Innovazione finanziaria e instabilità: il trasferimento del rischio di credito
361
c) potenziali comportamenti opportunistici delle imprese bancarie, che
possono compromettere la qualità del processo di screening e selection dei
mutuatari. Il ricorso al mercato del trasferimento del rischio di credito attenua gli incentivi ad una corretta valutazione del merito creditizio dei prenditori di fondi, con il risultato di diminuire la qualità del portafoglio prestiti
(Duffie 2008). la cartolarizzazione e il ricorso ai derivati creditizi può attenuare il rigore dell’istruttoria fido. Si creano incentivi a generare crediti di
bassa qualità (es. mutui sub-prime) che vengono successivamente cartolarizzati (o il cui rischio di credito viene trasferito) e collocati presso il pubblico
degli investitori. la consapevolezza del ricorso al mercato secondario dei
prestiti e, quindi, alla funzione di risk transfer sottesa alle operazioni di securitization e al mercato dei credit derivatives, ha incentivato gli intermediari
bancari a porre in essere comportamenti opportunistici tesi a mitigare i processi di valutazione del merito di credito e di affidamento (mediante la contrazione degli underwriting standards nei processi di selezione del potenziale prenditore di fondi), con il risultato di compromettere l’efficienza allocativa del mercato creditizio e del mercato mobiliare. Il moral hazard ha incentivato, dunque, le banche ad attenuare i criteri di selezione dei mutuatari,
ovvero ad abbassare le soglie di accettabilità delle richieste di affidamento,
con il risultato di concedere prestiti anche a soggetti privi delle capacità economiche e finanziarie, attuali e prospettiche, di estinzione dei mutui nel corso
del tempo (Dell’Ariccia, Igan e laeven 2008; Demyanyk e Van Hemert
2009). le informazioni asimmetriche rappresentano un limite per tutta l’attività finanziaria, soprattutto nell’ambito del rapporto di scambio finanziario
tra mutuatario, banca e investitore finale. Potenzialmente, la pluralità dei soggetti coinvolti nelle operazioni di securitization (originator del credito, mortgage brokers11, arranger delle operazioni, credit enhancer, agenzie di rating,
investitore finale) avrebbe dovuto condurre ad una più corretta valutazione
del merito di credito dei prestiti erogati. Questo non sempre è accaduto a
causa di problemi di moral hazard, adverse selection ed incentivi a comportamenti opportunistici: l’aumento dei soggetti coinvolti nella filiera della
securitization non ha comportato una corretta valutazione del merito creditizio in ogni singolo stadio della filiera stessa (Ashcraft e Schuermann 2008).
d) attenuazione degli incentivi alla produzione di un efficace livello di
attività di monitoring delle esposizioni creditizie, con notevoli riflessi sull’efficienza informativa e allocativa del mercato creditizio e, in generale,
finanziario (Hellwig 2008). le conseguenze economiche di tali ridotti incen-
11 la presenza dei mortage brokers nella filiera dell’intermediazione finanziaria pone in rilievo taluni elementi di criticità sistemica, riconducibili ai potenziali comportamenti opportunistici che possono compromettere l’efficienza allocativa del mercato creditizio. Per approfondimenti sul ruolo dei mortgage brokers
nell’economia dell’intermediazione finanziaria si rinvia a: Scannella (2010).
362
Studi e Note di Economia, Anno XVI, n. 3-2011
tivi alle attività di monitoring sono che l’impresa bancaria offrirà un livello
più basso di monitoring sulle esposizioni creditizie, trasferendo sugli investitori finali tale funzione (Duffie 2008). In realtà, non tutti gli investitori finali, sia per dimensioni sia per competenze, conoscenze, esperienze ed informazioni, dispongono delle stesse attitudini e capacità allo sviluppo di un’appropriata funzione di delegated monitoring dei portafogli creditizi sottostanti sia gli investimenti mobiliari (titoli ABS e cDo nelle operazioni di cartolarizzazione) sia i derivati creditizi (credit default swap, total rate of return
swap, credit spread option etc.). Pertanto, la riduzione degli incentivi alle
attività di monitoring da parte dell’impresa bancaria può tradursi in un livello inefficiente di monitoring delle complessive esposizioni creditizie in seno
al sistema finanziario. Ruolo strategico sarà ricoperto dalle agenzie di rating
a cui, di fatto, viene delegata la funzione di monitoring. la funzione di delegated monitoring (Diamond 1984), tradizionalmente assegnata alle imprese
bancarie, viene esercitata dalle agenzie di rating attraverso l’assegnazione
del giudizio di rating alle securities emesse in relazione alle operazioni di
cartolarizzazione e al continuo monitoraggio nel tempo del valore delle stesse e delle sottostanti attività creditizie (in questo caso è più opportuno utilizzare l’espressione disintermediated delegated monitoring) e del giudizio di
rating sul mutuatario nella negoziazione del rischio di credito attraverso i
derivati creditizi.
e) attenuazione delle caratteristiche distintive dei prestiti bancari quali
“private debt”. le imprese bancarie producono informazioni private sul merito creditizio dei mutuatari attraverso le attività di screening, selection e monitoring. Tali attività, sistematicamente presenti nei processi di intermediazione creditizia, contribuiscono a rendere private debt la natura dei prestiti bancari, attestandosi quale caratteristica distintiva nell’economia dei sistemi
finanziari. Il prestito bancario assume delle connotazioni che lo distinguono
dalle altre forme di debito, sia di natura pubblica che privata, sino a renderlo
un “inside debt” (Fama 1985), poiché le imprese bancarie acquisiscono e
detengono informazioni che non sono pubblicamente disponibili ad altri
investitori. Tuttavia, con il ricorso ai derivati creditizi e alla securitization, il
credito bancario perde progressivamente questi caratteri tipici delle forme di
private debt che hanno tradizionalmente caratterizzato l’intermediazione creditizia bancaria, per assumere caratteri più simili al “public debt”. Tale trasformazione attenua i vantaggi competitivi degli intermediari bancari, riconducibili alla produzione di “informazione privata”, che scaturiscono dalla
formazione di una relazione creditizia di lungo periodo con il mutuatario.
f) attenuazione delle caratteristiche di “servizio” del prestito bancario per
assumere quelle più squisitamente di “prodotto”. Sebbene il termine “prodotto” si sia da tempo affermato anche nella letteratura, in analogia all’economia d’impresa, questo non valorizza appieno la complessità sottesa alla
funzione di intermediazione creditizia, per la quale il termine “servizio” sem-
E. Scannella - Innovazione finanziaria e instabilità: il trasferimento del rischio di credito
363
bra essere più appropriato, in grado di dare evidenza e rilevanza strategica
oltre che organizzativa e operativa a quella interazione tra intermediari e
clientela che si sviluppa nel corso del tempo e che rappresenta l’elemento
distintivo della funzione creditizia. Il prestito bancario, qualificandosi quale
servizio creditizio, viene erogato e proposto alla clientela non in una dimensione di “puro scambio” bensì in una di “relazione”, che implica una continuità e interazione dei comportamenti. Tuttavia, i processi di de-integrazione
della catena del valore hanno condotto ad attribuire ai servizi creditizi una
connotazione più di “prodotto” che di “servizio”. Questo non ha una valenza
solo su un piano più squisitamente epistemologico ma soprattutto su un piano
strategico e organizzativo dell’intermediario bancario, con significativi
riflessi sull’articolazione del processo di affidamento, sulla strutturazione del
flusso informativo e dei procedimenti di analisi ed elaborazione delle informazioni per la valutazione del rischio di credito, sulla standardizzazione delle
tipologie contrattuali dei prestiti bancari e tendenziale spersonalizzazione dei
rapporti diretti tra clienti e intermediari, sull’attenuazione della prossimità
geografica e accentramento delle fasi di valutazione del merito creditizio,
sullo sviluppo di una modalità di offerta focalizzata non tanto al servizio
della relazione di clientela quanto all’efficienza delle transazioni, accentuata
automazione dei processi e delle strutture produttive e distributive bancarie
(quale fattore, principalmente, di efficienza).
g) sviluppo di forme di intermediazione creditizia fuori bilancio. con riferimento alle strutture finanziarie delle operazioni di cartolarizzazione possiamo evidenziare che, spesso, le SPV sono costituite e gestite dalle banche che
hanno originato i prestiti. l’impresa bancaria si ritrova a ricoprire un doppio
ruolo nella filiera della cartolarizzazione: originator dei crediti bancari e
gestore dei veicoli societari. Si tratta di un’articolata combinazione tra soggetto originator e veicolo societario, la cui netta distinzione è solo sul piano
giuridico e non economico. Analizzando unitariamente il fenomeno scorgiamo che l’impresa bancaria perde le caratteristiche tradizionali che la contraddistinguevano rispetto agli altri intermediari finanziari, in quanto assume
caratteri propri delle società di gestione del risparmio (Sgr), con la peculiarità che gli assets oggetto di investimento sono creati dalla stessa Sgr e le
securities emesse dal veicolo societario sono passività a valore nominale e
non passività a valore di mercato, come avviene nei tradizionali fondi comuni di investimento. I veicoli societari sono, infatti, assimilabili a dei fondi di
investimento, nei quali gli investimenti sono rappresentati da portafogli di
attività (non solo di natura creditizia) non liquide e gli investitori sono gli
acquirenti delle securities. Si tratta, dunque, di un ulteriore aspetto di instabilità e fragilità connesso alla nuova modalità di intermediazione creditizia
“fuori bilancio”. Tale nuova modalità di intermediazione creditizia “fuori
bilancio” – variamente definita off-balance-sheet banking, shadow banking,
vehicular banking, invisible banking, assetless banking – è implicitamente
364
Studi e Note di Economia, Anno XVI, n. 3-2011
connaturata da talune criticità connesse alla trasformazione degli assets lungo
la filiera dei veicoli finanziari variamente collegati, con conseguente aumento del grado di opacità degli strumenti finanziari, della complessità delle
valutazioni e del relativo pricing sui mercati finanziari. Si è venuto a creare
un’operatività “fuori bilancio” (formalmente separata dagli intermediari bancari), in cui erano occultati gran parte dei rischi. l’ingegneria finanziaria ha
reso possibile la creazione di diversi veicoli societari esterni alla banca e
variamente denominati (special purpose vehicle, structured investment vehicle, conduits, etc) che consentono di porre in essere una nuova modalità di
intermediazione creditizia e bancaria, attraverso la quale si viene a configurare una forma di disintermediazione finanziaria (Gorton 2008, 2010; Gorton
e Metrick 2010; llewellyn 2008). Il termine si giustifica per il fatto che, in
realtà, le securities sono emesse dai veicoli societari e non rappresentano
obbligazioni giuridicamente emesse dalla banca originator. Tuttavia, seppure l’emissione delle securities è in capo ai veicoli societari esterni all’intermediario bancario, quest’ultimo molto spesso eroga delle linee di credito al
veicolo. Pertanto, in caso di default degli attivi cartolarizzati i sottoscrittori
dei titoli e le banche originator sopportano perdite variamente ripartite. Di
conseguenza, il ricorso alla securitization quale forma di credit risk transfer
perde di sostanza e si configura come un’operazione di tipo contabile, volta
ad occultare e rendere di difficile quantificazione l’effettiva esposizione al
rischio di credito delle banche (Acharya, Schnabl e Suarez 2010; colombini
e calabrò 2009; onado 2009a). Spesso la banca originator dei crediti assume anche il ruolo di debitore di ultima istanza in quanto offre al veicolo
societario una garanzia di liquidità e solvibilità. le interconnessioni a livello
societario, contrattuale, finanziario e reputazionale tra gli intermediari bancari (originator dei crediti) e i veicoli societari creati per strutturare le operazioni di cartolarizzazione (special purpose vehicles e special investment vehicles), hanno condotto in molti casi ad una concentrazione dei rischi nell’ambito del sistema finanziario, piuttosto che ad un loro frazionamento e distribuzione al mercato dei capitali (Acharya e Richardson 2009; Forestieri 2009;
Gorton 2008, 2010; Morris 2008). I dati riportati di seguito nella fig. 12 mettono in rilievo il peso dello shadow banking system, mediante un confronto
tra il valore delle passività in bilancio degli intermediari bancari statunitensi
(traditional bank liabilities) e il valore della passività ricomprese nell’intermediazione creditizia fuori bilancio (shadow bank liabilities). la rilevanza
del fenomeno dello shadow banking system finisce, tuttavia, per inficiare il
calcolo del leverage effettivo degli intermediari finanziari, se tale calcolo si
limita a rapportare i valori di bilancio delle attività e del patrimonio netto.
nella fig. 13 si confrontano i leverage (determinati sulla base dei dati di
bilancio) tra differenti sistemi bancari: questi risultati, però, non evidenziano
la misura effettiva del leverage in quanto sono esclusi i volumi dell’operatività delle SPV costituite e gestite dagli intermediari bancari.
E. Scannella - Innovazione finanziaria e instabilità: il trasferimento del rischio di credito
365
Fig. 12 - Shadow banking vs. traditional banking (dati in trilioni di dollari).
Fonte: Federal Reserve Bank of new York (2010: 5).
Fig. 13 - Bank Balance Sheet Leverage: un confronto tra differenti sistemi bancari.
Fonte: committee on the Global Financial System (2009).
h) crescente opacità e complessità degli strumenti di credit risk transfer.
Abbiamo visto sopra come gli scambi finanziari sono connaturati da un’asimmetrica distribuzione delle informazioni tra gli agenti economici. Se una
porzione del portafoglio creditizio bancario viene ceduto sul mercato secondario dei prestiti attraverso la securitization, i detentori dei corrispondenti
financial claims (investitori finali) risulteranno privi della natura privata delle
informazioni sottostanti le esposizioni creditizie e delle capacità aziendali di
366
Studi e Note di Economia, Anno XVI, n. 3-2011
screening, selection e monitoring proprie delle imprese bancarie originator.
Tale fattore di imperfezione degli scambi finanziari può anche essere ampliato dagli stessi intermediari finanziari grazie agli sviluppi dell’ingegneria
finanziaria. l’asimmetria informativa, e il connesso grado di opacità degli
scambi finanziari, si accresce in modo quasi esponenziale con le strutture
finanziarie innovative delle operazioni di securitization, quali: (1) le emissioni di titoli cosiddetti cDo (collateralized debt obligations); (2) la securitization di tipo “multilevel”; (3) il ricorso agli structured investment vehicles;
(4) le emissione di titoli credit linked notes (cln).
I titoli cDo sono emessi da veicoli multi-sellers, che acquistano crediti da
diversi originators (ed eventualmente anche assets di diversa natura). Il collateral di tali strumenti finanziari è caratterizzato da un pool formato da
assets abbastanza eterogeneo (per natura dei mutuatari, forme tecniche, natura dei soggetti emittenti i titoli, settore e area geografica di riferimento, valute, etc.) e spesso di rilevanti dimensioni quantitative12. Inoltre il collateral dei
titoli cDo può essere dinamico e cambiare nel corso del tempo, in relazione
alle scelte di investimento del management della società veicolo (cDo asset
manager). In questo contesto un ruolo decisivo è ricoperto dalle metodologie
e modelli di valutazione dei rischi, in relazione ai quali determinare il valore
di mercato e dunque le possibilità di collocamento dei titoli sul mercato. Si
tratta di competenze e conoscenze altamente specializzate e presenti nelle
strutture organizzative degli intermediari finanziari e agenzie di rating.
Inoltre, i titoli cDo sono emessi in differenti tranches, caratterizzate da
diversi livelli di rischio, rendimento e rating. Rappresentano un’evoluzione
dei tradizionali strumenti cDo, attraverso i quali si realizza una sequenza di
classi di titoli obbligazionari, cui corrisponde una differente partizione (partitioning) del portafoglio assets detenuto dallo SPV e una differente partizione dei relativi rischi. In generale, le senior tranches ricevono un rating elevato da parte delle agenzie di rating (in quanto subiscono perdite al verificarsi di eventi particolarmente sfavorevoli) mentre le junior tranches, che
possono rappresentare delle tranche residuali anche prive di rating, generalmente vengono sottoscritte dalle banche originator13.
con la securitization di tipo “multilevel” le securities emesse in una operazione di cartolarizzazione vengono impiegate quali assets per la costituzione di un pool di attività oggetto di una nuova operazione di cartolarizzazio12 In relazione alla natura degli assets sottostanti i titoli cDo possono essere suddivisi in tre categorie:
clo (collateralized loan obbligations), la garanzia è costituita da un portafoglio di prestiti concessi alle
imprese; cMo (collateralized mortgage obbligations), la garanzia è costituita da un portafoglio di mutui;
cBo (collateralized bond obbligations), la garanzia è costituita da un portafoglio di obbligazioni emesse
dalle imprese.
13 Tuttavia, l’elevato rating non si traduce in un’assenza di rischi. la crisi finanziaria ha messo in evidenza
i limiti strutturali del giudizio i rating per le tranche senior, le quali, in presenza di rischi sistemici, possono trasformarsi in “catastrophe bond”. Si rinvia a: coval, Jurek e Stafford (2007).
E. Scannella - Innovazione finanziaria e instabilità: il trasferimento del rischio di credito
367
ne, che prevede l’emissione di passività finanziarie di secondo livello. la
struttura delle operazioni “multilevel” prevede dunque diversi livelli di securitization. Tutto ciò incrementa sia la complessità delle valutazioni dei portafogli finanziari e dei sottostanti rischi, sia l’opacità dell’intera struttura contrattuale dell’operazione di asset securitization di secondo livello. I titoli
cDo, cDo2, cDo3, etc. non sono pertanto agevolmente valutabili dagli
investitori, non essendo a loro noto il livello di rischio implicito nel sottostante pool di assets. Il valore di mercato dei titoli risulta dunque fortemente
influenzato dal giudizio delle agenzie di rating. I diversi livelli di cartolarizzazione contribuiscono a trasformare gli assets lungo la filiera dei veicoli
variamente collegati, con la conseguenza di aumentare l’opacità degli strumenti finanziari creati e l’artificiosità del relativo pricing. la creazione di un
volume rilevate di strumenti finanziari intermedi (quali i cDo2, cDo3, etc)
evidenzia l’eccesso del processo di trasformazione realizzato lungo la filiera
della cartolarizzazione. la recente crisi finanziaria ha mostrato i limiti delle
cartolarizzazioni costruite su più livelli a causa, appunto, della mancanza di
corrette informazioni sulle attività sottostanti e sul rischio ad esse connesse
(Ashcraft e Schuermann 2008; Gorton 2008, 2010). ciò ha alimentato distorte scelte di investimento sia degli operatori economici sia delle banche, le
quali hanno aumentato il loro grado di esposizione ad assets ad alto rischio,
per i quali il sottostante valore, qualità e liquidità risultavano quasi ignoti
(Borio 2008; Gorton e Metrick 2009).
Per quanto riguarda il ricorso a particolari veicoli societari noti come
structured investment vehicles, costituiti da intermediari bancari o da altri
special purpose vehicles, possiamo evidenziare che i veicoli strutturati hanno
assunto, nel corso del tempo, forme particolarmente complesse, prevedendo
innumerevoli varianti. Un elemento che contraddistingue i SIV è la struttura
finanziaria, caratterizzata da un elevato leverage e da investimenti in attività
finanziarie a medio-lungo termine. I titoli emessi dai SIV, sia a breve scadenza (asset-backed commercial papers - ABcP) sia a medio termine
(medium-term notes - MTn), finanziano investimenti in portafogli più o
meno diversificati di titoli asset-backed securities e altri strumenti finanziari. Anche in questo caso, l’elevata opacità degli strumenti finanziari emessi
dai veicoli societari ha comportato difficoltà nella valutazione dei rischi.
Infine, il ricorso alle forme di cartolarizzazione sintetica (synthetic securitization) prevede l’impiego di derivati creditizi, segnatamente contratti di
credit default swap, attraverso i quali i rischi di credito impliciti nel portafoglio dei prestiti bancari possono essere trasferiti ad altri investitori nel mercato dei capitali, senza che questo comporti la cessione dei relativi assets creditizi, i quali permangono nella struttura patrimoniale dell’intermediario bancario originator. I derivati creditizi sono negoziati tra l’impresa bancaria originator dei crediti (protection buyer) e un veicolo societario creato ad hoc o
già esistente sul mercato (protecion seller). Il veicolo societario, a fronte del-
368
Studi e Note di Economia, Anno XVI, n. 3-2011
l’acquisto del rischio di credito, emette dei titoli di debito denominati credit
linked notes, collocati sul mercato dei capitali in più tranche. Gli investitori
in titoli cln acquistano una compartecipazione in contratti derivati, con i
quali viene trasferito il rischio di credito su un portafoglio di riferimento. In
breve, con tale tecnica finanziaria si allunga la filiera dell’intermediazione
finanziaria: il veicolo societario svolge un ruolo di intermediario del rischio,
mentre l’investitore finale in titoli cln si espone al rischio di credito dei sottostanti portafogli creditizi bancari.
5. Il rating nel trasferimento del rischio di credito e il ruolo
delle agenzie Fannie Mae, Freddie Mac e Ginnie Mae
Gli elementi di instabilità e fragilità connessi allo sviluppo del mercato del
trasferimento del rischio di credito non si comprenderebbero pienamente se
non considerassimo il ruolo via via crescente assunto dal rating nell’economia dei sistemi finanziari. Il rating ha rappresentato il fattore propulsivo per
lo sviluppo del mercato del credit risk transfer. Tuttavia, la recente crisi
finanziaria ha evidenziato in modo eloquente non solo il ruolo che i giudizi
di rating hanno nella formulazione dei processi decisionali di investimento,
e dunque di allocazione delle risorse finanziarie in seno al sistema finanziario nazionale e internazionale, ma soprattutto i limiti dei processi di valutazione delle agenzie di rating e del relativo business model. Un elemento di
fragilità sistemica è dunque da mettere in relazione con il ruolo strategico
assunto dalle agenzie di rating nella formazione del prezzo degli strumenti
finanziari e i relativi comportamenti opportunistici che hanno compromesso,
in modo significativo, la funzione di delegated monitoring svolta sul mercato mobiliare. la crisi finanziaria ha mostrato tutti i limiti insiti in un modello di business fondato su una struttura di mercato tendenzialmente oligopolistica, priva di forme di concorrenza e del tutto non regolamentata, con un
sistema di remunerazione proteso ad incentivare comportamenti opportunistici, in quanto le commissioni vengono corrisposte alle agenzie di rating
direttamente dai soggetti sottoposti a valutazione, ovvero dai soggetti emittenti le securities nei processi di cartolarizzazione e, in generale, dai soggetti debitori-emittenti i titoli obbligazionari (Dacrema 2008; White 2009). le
agenzie di rating hanno rivestito differenti ruoli nell’industria finanziaria, in
pieno conflitto di interessi14: da un lato si ponevano quali consulenti degli
14 Anche la struttura proprietaria delle agenzie di rating non è esente da conflitti di interesse. Fitch ha due
azionisti di riferimento: il gruppo francese Fimalac e il gruppo editoriale Hearst. Sia Moody’s che
Standard & Poor’s sono delle public company. Tuttavia, in Standard & Poor’s l’azionista forte di riferimento è il gruppo editoriale McGraw-Hill (che comprende anche un divisione di servizi finanziari); a sua
volta tra gli azionisti di McGraw-Hill compaiono grandi gestori di fondi comuni di investimento, come
Blackrock, Fidelity, Vanguard. In Moody’s il primo azionista è Warren Buffett, attraverso il fondo
E. Scannella - Innovazione finanziaria e instabilità: il trasferimento del rischio di credito
369
intermediari finanziari coinvolti nel processo di cartolarizzazione, e dall’altro lato si ponevano quali valutatori degli stessi strumenti finanziari15. Un
ruolo, quello di valutatori, svolto in totale assenza di confronto competitivo
e di opacità dei criteri e metodologie di analisi, in un regime riconducibile
sostanzialmente alla autoregolamentazione, che fa unicamente leva sul meccanismo incentivante della reputazione. Un meccanismo non pienamente
efficace, non in grado di assicurare l’integrità, la veridicità, la neutralità delle
valutazioni poste in essere, di offrire una piena tutela degli investitori sulla
qualità delle informazioni finanziarie prodotte, nonché di sviluppare comportamenti aziendali improntati a principi di trasparenza, responsabilità, indipendenza, correttezza (Benmelech e Dlugosz 2009a; Bolton, Freixas e
Shapiro 2009).
Il rating si è imposto, dunque, come condizione necessaria per l’accesso
al mercato dei capitali e le agenzie di rating hanno assunto una posizione
centrale nel mercato dell’informazione, anche con riferimento al crescente
rilievo attribuito al rating dalla regolamentazione. Inoltre, il rating si è rivelato essenziale per rendere negoziabili ed appetibili, agli investitori individuali ed istituzionali, strumenti finanziari particolarmente opachi: gli elevati
rating associati a tali strumenti li hanno resi appetibili per gestori di fondi
comuni e società assicurative, vincolati dalla regolamentazione ad investimenti a basso rischio. In modo eloquente, i risultati dello studio di
Benmelech e Dlugosz (2009b), due economisti di Harvard, condotto su circa
4.000 titoli cDo esistenti sul mercato, hanno evidenziato che il 70% dei
cDo aveva un rating AAA, sebbene il rating medio dei titoli ABS utilizzati
per formare i titoli cDo fosse pari a B+ (un dato che avrebbe reso unmarketable i titoli cDo stessi). Gli autori chiamano tutto ciò “alchemy” nel titolo
del loro lavoro (fig. 14).
Tuttavia, in un mercato finanziario contraddistinto da asimmetria informativa e da elevata opacità degli strumenti finanziari mobiliari impiegati
nella cartolarizzazione, il giudizio di rating si attesta quale unico parametro
di valutazione della qualità degli strumenti finanziari, influenzando decisamente la formazione dei prezzi nel mercato mobiliare secondario. Tali giudizi di rating non sempre sono stati rappresentativi del livello di rischio implicito negli strumenti finanziari e questo ha condotto ad un mispricing del
rischio, ovvero che il prezzo (sia in termini di tassi di interesse sia in termini
di valore delle attività finanziarie) non riflette adeguatamente il profilo di
Berkshire Hathaway (gli altri azionisti sono grandi gestori di fondi comuni di investimento, come
Blackrock, Fidelity, Vanguard, capital Research Global Investors, Davis Selected Advisers, State Street,
ect.).
15 A partire dalla fine degli anni novanta i ricavi da finanza strutturata per le agenzie di rating (derivanti
dall’attività di consulenza ed assegnazione dei rating nei titoli di finanza strutturata) sono cresciuti in
modo significativo.
370
Studi e Note di Economia, Anno XVI, n. 3-2011
Fig. 14 - confronto tra rating dei titoli cDo e rating dei relativi collateral16.
Fonte: Benmelech e Dlugosz (2009b: 629).
rischio associato allo strumento finanziario e all’emittente. E poiché in un’economia di mercato, il sistema dei prezzi guida le scelte degli agenti economici, la non corretta valutazione del rischi ha alimentato scelte di investimento non efficienti e potenzialmente non coerenti con i profili di
rischio/rendimento degli investitori. Viene, pertanto, rimessa in discussione,
sia a livello teorico che operativo, la diversa capacità ed efficienza degli
intermediari bancari e dei mercati mobiliari nella valutazione e gestione del
rischio di credito, nonché l’impostazione di fondo della regolamentazione
prudenziale di vigilanza che conduce a processi di outsourcing (trasferimento alle agenzie di rating) di un’altra tradizionale funzione dell’attività di
intermediazione creditizia, la funzione di risk assessment.
la complementarità tra intermediari bancari e mercati mobiliari, associata ad un modello di banca universale, fa emergere in tutta evidenza i potenziali conflitti di interesse tra le attività di investment banking e le attività di
commercial banking. Il successo delle operazioni di cartolarizzazione è principalmente riconducibile al collocamento e pricing delle securities emesse e
questo aumenta le probabilità di conflitti di interesse con le altre attività bancarie di private & corporate banking, asset management e risparmio gestito,
retail banking, etc. nel corso degli anni novanta, negli Stati Uniti e, succes-
16 l’altezza degli istogrammi rappresenta il totale valore nominale dei titoli cDo emessi (scala sull’asse
delle ordinate in dollari).
E. Scannella - Innovazione finanziaria e instabilità: il trasferimento del rischio di credito
371
sivamente, in Europa, vengono abrogate, su forti pressioni delle investment
banks, quelle norme che separavano le due aree di attività. la letteratura economico-finanziaria (levich, Majnoni e Reinhart 2002) ha messo in rilievo i
potenziali conflitti di interesse che scaturiscono dall’esercizio congiunto, in
capo al medesimo soggetto, delle due tipologie di attività bancaria. Tale esercizio congiunto fa sì che la medesima realtà bancaria ricopra differenti ruoli,
in situazione di conflitto di interessi, nell’industria finanziaria. Ad esempio,
la medesima realtà bancaria da un lato crea strumenti finanziari strutturati,
procede alla cartolarizzazione dei prestiti e dall’altro colloca tali strumenti
presso i portafogli dei risparmiatori (servizi di gestione individuale dei patrimoni) e presso i portafogli dei fondi comuni e fondi pensione (servizi di
gestione collettiva del risparmio). Tutto ciò rende poco trasparente e soprattutto compromette l’indipendenza e la correttezza delle valutazioni e delle
scelte di allocazione delle risorse finanziarie tra analisti e gestori.
limitatamente al sistema finanziario statunitense, un ulteriore elemento di
fragilità sistemica è rappresentato dalle garanzie di natura pubblica offerte
dalle agenzie governative (government-sponsored enterprices - GSE): Fannie
Mae, Freddie Mac, Ginnie Mae17. Tali agenzie nascono con l’intento di favorire il flusso di capitali verso il mercato immobiliare residenziale degli Stati
Uniti. Questo intervento è stato motivato da una precisa scelta politica volta
ad estendere la proprietà immobiliare delle famiglie americane. I mutui erogati dalle agenzie governative direttamente o per il tramite di loan brokers
venivano impacchettati in obbligazioni mortage-backed securities e collocati sul mercato dei capitali. Il contributo di tali agenzie allo sviluppo della
securitization nel mercato dei mutui ipotecari è stato determinante. I dati
riportati nelle figg. 15 e 16 evidenziano il ruolo centrale delle agenzie GSE
nel mercato USA dei titoli mortgage-backed securities.
l’adozione di elevati standard di sottoscrizione dei mutui assicurava la
formazione di mutui c.d. conforming e quindi di alta qualità. Tuttavia, il ruolo
di tali agenzie inizia a mutare a partire dall’inizio degli anni novanta, quando gli standard di sottoscrizione dei mutui ipotecari vengono progressivamente indeboliti dal governo federale degli Stati Uniti. l’abbassamento della
qualità dei processi di selezione dei mutuatari ha avuto, come risultato, non
solo quello di estendere la proprietà privata delle abitazioni (in particolare per
le famiglie a basso reddito e le minoranze) ma anche quello di imprimere una
forte accelerazione ai tassi di crescita dei volumi dell’attività creditizia
(Gorton 2008, 2010; Shiller 2008; Taylor 2009). Infatti, le agenzie GSE, per
convogliare più capitale nel settore immobiliare residenziale, oltre ad eroga-
17 Federal national Mortgage Association (FnMA o Fannie Mae); Government national Mortgage
Association (GnMA o Ginnie-Mae); Federal Home loan Mortgage Association (FHlMA o Freddie
Mac).
372
Studi e Note di Economia, Anno XVI, n. 3-2011
Fig. 15 - Mercato USA dei titoli mortgage-backed securities distinto per soggetti emittenti
(valori nozionali in miliardi di dollari). Fonte: International Monetary Fund (2009: 88).
Fig. 16 - Detenzione di US home mortgages da parte di differenti istituzioni finanziarie.
Fonte: Adrian e Shin (2010: 619).
re direttamente prestiti ipotecari acquistavano (per detenerli in proprio o cartolarizzarli), da intermediari bancari e altri intermediari finanziari, pacchetti
di prestiti ipotecari aventi certi requisiti di qualità (merito di credito, rapporto loan-to-value, documentazione, etc.) e dimensione. Questo consentiva di
liberare risorse finanziarie nel bilancio delle banche originator, per renderle
E. Scannella - Innovazione finanziaria e instabilità: il trasferimento del rischio di credito
373
disponibili nell’erogazione di nuovi prestiti ipotecari. nel corso degli anni le
GSE hanno iniziato ad acquistare anche titoli garantiti da mutui subprime,
sulla base delle valutazioni delle agenzie di rating, ed a mantenere livelli di
capitale insufficienti in relazione al rischio di credito.
Inoltre, per comprendere pienamente il ruolo delle agenzie e il loro coinvolgimento nella bolla speculativa e nella crisi finanziaria scoppiata nel corso
del 2007, occorre tener presente che le agenzie GSE operavano come gli special purpose vehicles utilizzati dalle banche nelle cartolarizzazioni: erogavano i mutui ipotecari ed emettevano obbligazioni mortage-backed securities.
Su questi titoli messi in circolazione a fronte dei mutui ipotecari l’emittente
forniva, implicitamente, una garanzia quasi “pubblica” (derivante dalla natura parastatale delle agenzie stesse). Tale garanzia si riteneva credibile perché
non si credeva possibile un fallimento delle agenzie. In tal modo gli investitori in securities emesse dalle GSE presumono di essere posti al riparo dal
rischio di insolvenza dei mutuatari. la garanzia implicita del Tesoro americano consentiva alle agenzie di finanziarsi a basso costo, guadagnando uno
spread tra rendimento del portafoglio crediti e rendimento offerto per le
obbligazioni mortage-backed securities (Barucci e Messori 2009; Rajan
2010). Il mercato della securitization dei mutui negli Stati Uniti è piuttosto
sviluppato, grazie anche al fatto che era previsto un sistema di garanzie da
parte delle agenzie. ciò ha contribuito a determinare una consistente espansione dell’offerta creditizia. Tuttavia, la struttura delle GSE e le scelte di
investimento alimentano i classici problemi di moral hazard perché, in presenza di una garanzia, i detentori dei titoli emessi (debtholders) hanno ridotti incentivi ad esercitare una disciplina di mercato sulle politiche di investimento delle GSE (Acharya e Richardson, 2009). l’attuale crisi finanziaria ha
destabilizzato l’attività di queste agenzie, mettendone in rilievo gli elementi
di fragilità sistemica associati al loro operato nell’ambito del sistema finanziario. nel corso dell’anno 2008 si è reso necessario il loro salvataggio da
parte del governo americano.
6. Le prospettive della regolamentazione e cooperazione internazionale
Un ulteriore elemento di fragilità sistemica messo in luce dalla crisi finanziaria è il sostanziale fallimento delle regole e dei controlli, soprattutto nel
sistema finanziario statunitense. Il fallimento dei meccanismi di sorveglianza sui sistemi finanziari e il fenomeno della cattura del regolatore sono ormai,
da più parti, riconosciute come una delle principali cause dell’attuale crisi
finanziaria. la frammentazione dei controlli fra una molteplicità di agenzie,
lo scarso coordinamento e scambio di informazioni tra le stesse, il ricorso a
varie forme di autoregolamentazione e l’incapacità di contenere le molteplici situazioni di conflitto di interessi all’interno delle banche d’affari, hanno
di fatto ridotto l’efficacia dei controlli sia ex-ante sia ex-post, attenuando
374
Studi e Note di Economia, Anno XVI, n. 3-2011
anche la funzione di deterrente degli stessi. la regolamentazione e il sistema
dei controlli perseguono un fine ultimo che è assicurare la stabilità del sistema finanziario, a condizioni di efficienza e competitività. la stabilità del
sistema si qualifica come bene pubblico, produttore di esternalità positive per
la totalità dei partecipanti e per tutti i cittadini. l’inefficacia della regolamentazione e dei controlli e, soprattutto, le connivenze politiche, il sistema di
lobbing che ha caratterizzato la produzione delle norme di natura finanziaria
negli Stati Uniti e la complessiva politicizzazione del governo dell’industria
finanziaria, hanno di fatto generato delle esternalità negative, ovvero hanno
provocato dei danni inestimabili (in termini di instabilità finanziaria e perdita di fiducia nel sistema finanziario), aggravati dal fatto che gli effetti negativi non sono circoscritti ai confini nazionali ma, in relazione al crescente
grado di integrazione finanziaria, si diffondono su tutti i sistemi finanziari
nazionali, provocando una crisi sistemica senza precedenti. l’efficacia e l’efficienza delle regolamentazioni e dei meccanismi di controllo e vigilanza
strutturati a livello nazionale, non sono più compatibili con una dimensione
globale dei mercati e dei sistemi finanziari (Financial Stability Forum 2008;
Gualandri 2008; onado 2009a, 2009b; Sironi 2008). Il processo di integrazione finanziaria globale alimenta un accresciuto fabbisogno di integrazione
e coordinamento dei sistemi normativi, regolamentari e di sorveglianza a
livello internazionale. Diviene essenziale accrescere la collaborazione tra
organismi internazionali di supervisione e regolamentazione (Basel
commitee on Banking Supervision, International organization of Securities
commision, International Association of Insurance) e le autorità di vigilanza
nazionali. la cooperazione, incluso lo scambio di informazioni, deve essere
migliorata a livello nazionale e internazionale. le autorità di vigilanza nazionale dovrebbero rafforzare gli incentivi per gli intermediari a migliorare la
gestione del rischio, nonché la loro adeguatezza patrimoniale e di liquidità.
ciò va fatto in modo da incoraggiare gli intermediari a dotarsi di: assetti di
governance adeguati, che portano all’assunzione consapevole dei rischi
finanziari; migliori metodologie di valutazione del rischi finanziari e prassi
aziendali di gestione dei rischi; più elevati standard informativi e di trasparenza, sia verso le autorità di vigilanza sia verso il mercato. la nuova regolamentazione finanziaria dovrebbe prendere in esame i conflitti di interesse e
l’opacità dell’operatività delle agenzie di rating, le quali si ritrovano ad esercitare un ruolo strategico per l’efficienza informativa e allocativa dei mercati finanziari. le nuove norme dovrebbero accrescere le informazioni da fornire agli investitori, aumentare la trasparenza circa i modelli e le metodologie di assegnazione dei rating, prevenire i comportamenti che causano potenziali conflitti di interesse, individuare forme di responsabilità sia a livello
individuale sia a livello societario e, infine, rivedere il sistema di remunerazione, in quanto ad oggi le commissioni alle agenzie di rating sono corrisposte direttamente dal soggetto sottoposto a valutazione.
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375
In conclusione, possiamo sinteticamente elencare tutti quegli elementi di
fragilità e rischi sistemici del trasferimento del rischio di credito che sono
stati presi in esame nel presente lavoro:
- affermazione di un modello di attività bancaria cosiddetto “originate and
distribute”;
- comportamenti opportunistici degli intermediari bancari e delle agenzie di
rating;
- comportamenti opportunistici del management bancario e sistema degli
incentivi distorto;
- difficoltà nella valutazione dei rischi impliciti nelle securities emesse nel
processo di cartolarizzazione;
- elevata opacità degli strumenti finanziari emessi dai veicoli societari e complessità delle forme innovative di cartolarizzazione;
- attenuazione del rigore dell’istruttoria fido e incentivi a generare crediti di
bassa qualità;
- ruolo strategico delle agenzie di rating nella formazione dei prezzi degli
strumenti finanziari;
- detenzione di portafogli di attività in società veicolo fuori bilancio ed elevata leva finanziaria;
garanzie di natura pubblica offerte dalle agenzie governative statunitensi;
- conflitti di interesse nel modello di banca universale;
- fallimento delle regole e dei controlli.
7. Note conclusive
Innovazioni di natura finanziaria, tecnologica ed organizzativa hanno
inciso in modo sostanziale sulle modalità attraverso le quali le istituzioni
finanziarie governano ed organizzano le attività di intermediazione finanziaria. nell’ambito del modello di business bancario definito “originate and
distribute”, ha preso forma l’attuale crisi finanziaria, che ha mostrato i complessi meccanismi che connettono un segmento dell’economia reale (il mercato immobiliare) con l’economia finanziaria nazionale e internazionale, in
virtù del grado di integrazione finanziaria che caratterizza i moderni sistemi
finanziari nazionali.
la distorta valutazione dei rischi nella complessiva attività di intermediazione finanziaria, i conflitti di interesse tra i diversi attori finanziari operanti
lungo tutta la catena del valore dell’intermediazione creditizia, l’ascesa del
sistema bancario “ombra” e l’elevata leva finanziaria implicita nel sistema
bancario “ombra”, nonché l’enfasi posta dal management bancario sulla speculazione e sulla raccolta di fondi per il trading sui mercati mobiliari, hanno
rappresentato gli elementi di fragilità dell’intero mercato del trasferimento
del rischio di credito e, dunque, dei nuovi modelli di intermediazione finanziaria.
376
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lo sviluppo di queste forme innovative di trasferimento del rischio di credito ha alimentato una crisi finanziaria che ha minato alle fondamenta l’architettura dei sistemi finanziari nazionali e internazionali, innescando una
perdita sistemica di fiducia e di reputazione degli intermediari finanziari. Si
impone dunque una profonda riflessione, sia a livello accademico sia a livello professionale, non solo sull’evoluzione del modello di banca da “istituzione” a “impresa” e sul suo ruolo nel sistema socio-economico ma anche sul
prevalere di una prospettiva di shareholder value rispetto ad una di stakeholder value, quale paradigma manageriale dominante degli ultimi decenni. È
necessario, dunque, un profondo mutamento di pensiero che sappia riscoprire la corretta concezione d’impresa e del management, nonché valorizzare la
tradizionale funzione di soggetto di sviluppo del sistema socio-economico,
che la migliore dottrina economico-aziendale italiana ha da sempre assegnato all’impresa bancaria. Il sistema finanziario, infatti, non è un fine di per sé
bensì un mezzo per raggiungere un fine e la lusinga dei guadagni facili ha
distratto i principali intermediari finanziari dalle loro funzioni tradizionali, a
scapito della prosperità ed efficienza del resto dell’economia.
occorre dunque un ri-orientamento strategico di fondo degli intermediari
bancari, non più volto all’ottimizzazione del rapporto rischio/rendimento del
capitale investito e alla generazione valore per gli azionisti e il management.
Riforme essenziali del sistema finanziario si impongono, pertanto, a vari
livelli per ricondurre le strutture e i processi di intermediazione finanziaria
alle funzioni che gli sono proprie. la nuova regolamentazione finanziaria e
la funzione di supervisione delle autorità di vigilanza dovrebbe evitare che gli
strumenti finanziari derivati e il sistema della cartolarizzazione mettano in
pericolo l’intero sistema finanziario, costringendo i diversi attori protagonisti del mercato del trasferimento del rischio di credito a valutare più attentamente i rischi. Questo implica una profonda ristrutturazione dei meccanismi
di retribuzione dei banchieri, al fine di prevenire strutture retributive distorte
che hanno contribuito allo sviluppo di modelli innovativi di business nei
quali l’innovazione finanziaria si è affermata quale forma per aggirare la
regolamentazione (finanziaria, contabile, fiscale, governance), innalzare il
livello di leva finanziaria e di indebitamento degli intermediari, aumentare la
complessità degli strumenti finanziari e ridurre la trasparenza degli scambi
finanziari. Il nuovo assetto organizzativo e regolamentare che si richiede al
sistema finanziario dovrà ridurre sia il moral hazard diffuso su tutta la filiera dell’intermediazione finanziaria sia gli incentivi distorti e falsati dai conflitti di interessi. Questi ultimi sono presenti non solo tra i diversi protagonisti del mercato del trasferimento del rischio di credito (originator del credito, mortgage brokers, arranger delle operazioni, credit enhancer, insurer,
agenzie di rating, protection buyer/seller) ma anche tra le diverse attività
svolte dagli intermediari finanziari, in assenza di barriere tra banche commerciali e banche di investimento.
E. Scannella - Innovazione finanziaria e instabilità: il trasferimento del rischio di credito
377
Il contagio finanziario e l’instabilità sistemica, scaturiti dalle degenerazioni dei comportamenti aziendali degli intermediari finanziari e dalle distorsioni del mercato del trasferimento del rischio di credito, rappresentano
forme di esternalità negative, i cui elevatissimi costi che i sistemi sociali ed
economici di tutto il mondo si trovano a sostenere si palesano in termini di
moral hazard diffuso su tutto il sistema finanziario, aumento vertiginoso del
debito pubblico, salvataggi bancari indiscriminati, enorme ridistribuzione di
ricchezza e stravolgimento della disciplina di mercato.
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Studi e Note di Economia, Anno XVI, n. 3-2011
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