La Rassegna d`Ischia 3/2014
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La Rassegna d`Ischia 3/2014
Anno XXXV N. 3 Giugno - Luglio 2014 Euro 2,00 Sculture trecentesche nel Museo Diocesano Monumenti dei Taliercio Ragguaglio istorico ecclesiastico (VI) Lacco Ameno - Villa Arbusto - M. Bakunin Fonti archivistiche Chiesa e Convento di S. Domenico Premio Ischia di Giornalismo Ischia Film Festival La conoscenza ai tempi della "rete" L'immagine del Sud nelle vedute dei Pittori Russi a Capri Rassegna Libri Periodico di ricerche e di temi turistici, culturali, politici e sportivi Dir. responsabile Raffaele Castagna Si afferma lo sport isolano, non più limitato al calcio Il Forio Basket - l'Ischia Isolaverde - la Futura Volley di Lacco Ameno promossi nelle rispettive serie C Forio Basket Ischia Isolaverde Volley Lacco La Rassegna d’Ischia Periodico bimestrale di ricerche e di temi turistici, culturali, politici e sportivi Anno XXXV- n. 3 Giugno/Luglio 2014 Euro 2,00 Editore e Direttore responsabile Raffaele Castagna La Rassegna d’Ischia Via IV novembre 19 80076 Lacco Ameno (NA) Registrazione Tribunale di Napoli n. 2907 del 16.02.1980 Registro degli Operatori di Comunicazione n. 8661. Stampa : Press Up - Ladispoli (Roma) Le opinioni espresse dagli autori non impegnano la rivista - La collaborazione ospitata s’intende offerta gratuitamente - Manoscritti, fotografie ed altro (anche se non pubblicati), libri e giornali non si restituiscono - La Direzione ha facoltà di condensare, secondo le esigenze di impaginazione e di spazio e senza alterarne la sostanza, gli scritti a disposizione. Non si pubblicano pubblicità a pagamento. Nomi, ditte, citazioni sono riferiti a puro titolo informativo, ad orientamento del lettore. conto corr. postale n. 29034808 intestato a Raffaele Castagna - Via IV novembre 19 80076 Lacco Ameno (NA) www.larassegnadischia.it www.ischiainsula.eu [email protected] [email protected] Chiuso in redazione il 4 giugno 2014 In questo numero 4 Targa a Luigi Patalano 5 Motivi 6 Sport Ischia Isolaverde - Forio Basket - Futura Volley Lacco Ameno nelle rispettive Serie C 8 Ex libris L'isola d'Ischia nel 1834 12 Eventi Ischia Fim Festival 14 Ischia - Torre di Guevara Altre ipotesi relative ad un Disegno murale 17 Lacco Ameno Villa Arbusto - Michele Bakunin 19 Cinema "Il capitale umano" di Paolo Virzì 21 Sculture trecentesche nel M. Diocesano Monumenti dei Taliercio 25 Ragguaglio istorico ecclesiastico dell'isola d'Ischia (VI - fine) 31 Tempo di compilazione e autenticità del Ragguaglio 33 La conoscenza ai tempi della "rete" (II) 36 Rassegna Libri 39 "La mia realtà" (poesia) 40 Ischia / Lacco Ameno Premio Ischia di Giornalismo 41 Pida 2014 Premio Internazionale di Architettura 42 Fonti archivistiche Convento e Chiesa di S. Domenico 46 Località isolane 49 "Ischia ad ottobre" (poesia) 50 L'immagine del Sud nelle vedute dei Pittori russi a Capri La Rassegna d’Ischia n. 3/2014 3 Forio - Una targa commemorativa per Luigi Patalano dalla sua scomparsa, è stata scoperta mercoledì 23 aprile 2014 presso “La Colombaia” in località Zaro a Forio, a cura del Comune di Forio e del Centro di Ricerche Storiche d’Ambra. L’evento ha voluto principalmente restituire all’Autore (il Patalano) la paternità dell’opera (La Colombaia), in questi ultimi decenni appannata dalla notorietà internazionale del regista Luchino Visconti. Il testo dell’epigrafe: A LUIGI PATALANO (1869-1954) Una targa commemorativa in ricordo dell’intellettuale foriano Luigi Patalano, in occasione dei 60 anni La nuova Amministrazione comunale di Casamicciola Terme (25 maggio 2014) Il 25 maggio 2014 si è votato a Casamicciola Terme per il rinnovo dell'ammnistrazione comunale per il quinquennio 2014/19 (sempre che tutto proceda normalmente). Presenti alla competizione quattro liste. Ne è risutata una amministrazione nuova rispetto alla precedente, così composta: Sindaco Giovan Battista Castagna Consiglieri di maggioranza Peppe Silvitelli Loredana Cimmino Anna Miragliuolo Ignazio Barbieri Angela Di Iorio Vincenzo D’Ambrosio Stani Senese Nunzia Piro Consiglieri di minoranza Arnaldo Ferrandino Ciro Frallicciardi Caterina Buono Luigi Mennella 4 La Rassegna d’Ischia n. 3/2014 Giornalista, letterato, politico della Scuola di Giovanni Bovio Nella prima metà del Novecento realizzò il complesso de “La Colombaia” suo rifugio spirituale e faro di democrazia Il Comune di Forio ed il Centro di Ricerche Storiche d’Ambra ne ricordano gli insegnamenti ed il suo alto senso del vivere Il 30 e 31 maggio / 1giugno 2014 il Circolo Georges Sadoul, in collaborazione con l'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, il Comune d'Ischia e la Bibloteca Antoniana, ha organizzato un incontro su "Scuola di storia e critica cinematografica Luchino Visconti" in omaggio alla memoria di Tonino Della Vecchia. Ha partecipato Leonardo Di Costanzo, che ha presentato un percorso cinematografico, colloquiando con gli intervenuti. MOTIVI “Amministrare il paese” appare a volte ed in certe contingenze come un’espressione insolita e non perfettamente aderente a quello che dovrebbe essere, in definitiva, il compito e la funzione di un sindaco, di un amministratore, di un consigliere comunale di maggioranza o di minoranza. Espressione per lo più sostituita nella fase comunicativa, forse ritenuta maggiormente ridondante di significato e di valore, da quella di un impegno per lavorare “per il benessere del paese”. Improprie sembrano sia le voci “amministrare”, “benessere”, sia la voce “paese”. Per “paese” si dovrebbe intendere tutto il territorio dal centro agli estremi (se ad Ischia si può usare un tale riferimento) confini, in fatto di valutarne le varie esigenze e di curarne i servizi di qualsiasi genere: controllo costante, manutenzione, trasporti, strade, nettezza urbana, assistenza ai cittadini… Interventi che dovrebbero ritenersi facilmente attuabili, viste le estensioni non vaste dei Comuni isolani. Circolare per le strade non dovrebbe essere solo compito dei vigili urbani, alla attenta ricerca di macchine da multare (unico motivo di movimento e di circolazione costante, considerato che la frequenza non si palesa in periodo invernale). Non sarebbe fuori luogo che per tutto il territorio si vedessero, almeno di tanto in tanto, le autorità amministrative e gli addetti ai servizi specifici, per rendersi conto di quanto si fa e non si fa (bene o male). Pensiamo che in massima parte i cittadini non sappiano neppure i nomi dei responsabili o assessori addetti ai rifiuti, al traffico, al cimitero, etc. Ma pensiamo che vedere a volte per le proprie zone il sindaco, un assessore, un responsabile di settore darebbe fiducia al cittadino e magari anche soddisfazione al personaggio cui sono state affidate le sorti del paese. Anche per tener fede alle promesse elettorali, un amministratore dovrebbe essere costantemente a contatto con la popolazione, e non chiudersi nelle stanze comunali. La stessa “trasparenza”, Raffaele Castagna sbandierata in fase elettorale come prerogativa di successivi atteggiamenti, è difficile trovarla in atto e non si sa niente di come venga amministrato il paese. Ischia, turismo, servizi, grandi eventi, sovvenzioni… Ci si chiede in quale settore occorra costantemente l’intervento istituzionale per dare forza e consistenza a manifestazioni di un certo rilievo ai fini pubblicitari e turistici dei vari centri urbani. Spesso si tende a privilegiare l’uno o l’altro evento che si avvale di una continuità nel tempo, di una tradizione che si richiama ad antiche voci; a volte si cerca di accontentare un po’ tutti con piccoli contributi, a volte si privilegia coloro che hanno maggiori conoscenze politiche, a volte ancora è da apprezzare coloro che sanno ben rispondere ai quesiti di graduatoria; non di rado ci sono scarso interesse e impreparazione a prevalere nei comportamenti. Se le varie elargizioni di contributi e riconoscimenti hanno esclusivi motivi di scopo e di interesse turistico, bisogna dire che ci troviamo su una strada sbagliata, in quanto la prima esigenza da rispettare dovrebbe essere quella di contribuire ad offrire servizi (trasporti, strade, mare, spiagge…) del tutto efficienti e ben organizzati, come si vede chiaramente quando si prevedono visite di personaggi importanti. Una manifestazione, pur bella e caratteristica, ha tempi e spazi limitati, e quindi non riesce a creare qualcosa di costante circa determinati vantaggi a pro di una località ed è d’altra parte, in un certo senso, anche privatistica. Si rende invece necessario (ed anche doveroso) presentare un territorio con tutte le migliori espressioni di accoglienza e di ospitalità per fare in modo che ognuno si affezioni al luogo e (parlando di fortune turistiche) sia portato a ritornarci con frequenza. L’isola che tende a ridurre il traffico veicolare e pone il divieto per le macchine della Campania, non può presentarsi con un servizio pubblico scadente e insufficiente in tutti i sen- si; le sue prerogative (mare, spiagge, strade…), piuttosto che essere valorizzate, si riducono sempre più come consistenza e bontà di utilizzo; l’unico servizio efficiente sembra essere la ricerca costante (la caccia) delle macchine da multare con limitazione delle zone di sosta e prevalenti soste a pagamento. Sulle circostanze del traffico, domina sempre il personalismo; troppe le macchine (quelle degli altri, non le proprie) e, se ne facessero minor uso anche soltanto quanti sono abituati a lamentarsi, già ci si troverebbe con il problema mezzo risolto. Nessuno vuole mettersi in coda e procedere con pazienza; si ha fretta, tutto dà fastidio e ne derivano gli incidenti. In tempi passati, si auspicavano due possibilità di intervento per l’isola d’Ischia: lavorare per l’affermazione di un turismo invernale e per dare senso e valore al turismo culturale, considerato che non mancano i presupposti per queste finalità. La realtà ci ha proposto una diversa realtà per quanto riguarda il primo punto, in quanto la stagione turistica, invece di essere allungata, si è ristretta sempre più ed accorciata nei tempi. Il movimento, che si pensava dovesse diventare una esigenza primaria, non ha potuto avere seguito per la crisi generale delle economie degli ultimi tempi e per una politica che non ha facilitato i consumi, obbligando tutti a restringere le proprie esigenze. In quanto al turismo culturale le amministrazioni nulla hanno fatto per incrementare tale settore, anzi ne hanno quasi eliminato la voce dai bilanci; le strutture sono lasciate nell’indifferenza generale e inoltre nulla si fa per cercare di far affluire per tale scopo contributi europei o regionali. La cultura, le sue espressioni e i suoi simboli, che ne testimoniano la valenza, non trovano alcuna presenza nelle programmazioni da portare avanti e realizzare: per tale obiettivo (non per altro) si dice che mancano i soldi in bilancio per eventuali interventi: e tutto ciò passa come cosa del tutto normale. * La Rassegna d’Ischia n. 3/2014 5 SPORT L’Ischia in Lega Pro “unica” nel 2014/15 I giocatori della promozione 2013/14 Alfano Gerardo - Arcamone Angelo - Armeno Gennaro - Austoni Gianluca - Cascone Pietro - Catinali Edoardo - Conte Gianni - Grimaldi Daniele - Cucinotta Salvatore - Cunzi Evangelista - De Francesco Alberto - De Giorgi Francesco - Di Maio Mario - Di Nardo Antonio - Falagario Roberto Finizio Mario - Florio Filippo - Impagliazzo Andrea - Liccardo Crescenzo - Longo Lorenzo - Maione Vincenzo - Marinaro Carmine - Masini Gerardo - Mattera Giuseppe - Mennella Luigi - Mora Nicola - Muro Carmine - Nigro Elio - Pane Pasquale - Pedrelli Ivan - Rainone Pasquale - Scalzone Angelo Schetter Antonio - Spadafora Manuel - Taglialatela Luca - Tito Fabio - Tricoli Paolo - Trofa Davide. Ogni promozione sembra avere un profumo diverso. Ischia ne ha vissute tante di promozioni. Ma questa è una promozione diversa che ci libera da tutte le angosce e le ansie che ci hanno invaso per lunghi anni. Dopo sedici anni siamo ritornati nel grande giro. In serie C1 l’Ischia era approdata nella stagione 1986/87 per la prima volta dopo uno splendido ed entusiasmante campionato. Presidente Roberto Fiore, allenatore Rosario Rivellino. Dieci anni intensi con due retrocessioni, una promozione (90/91) e un ripescaggio (93/94). Cucchi, Balugani, Verduci, Borgobello, Canè, Musella, Muro, Guida, Franchini, Buoncammino tanto per citare qualche nome. Poi il 1998. Un anno drammatico per lo sport a Ischia. Anni di storia cancellati in un colpo solo. Pesantemente punita la società con l’esclusione dalla C1 per inadempienze economiche. Cancellata senza piètà dalla geografia del calcio nazionale. Si riparte dal Campionato di Eccellenza: il titolo sportivo del Forio, per volontà del presidente Vito Iacono, passa da Forio a Ischia. Tale avvicendamento fa scattare polemiche e proteste tra i tifosi del Forio i quali non accettano la decisione presa da Vito Iacono. Una dura battaglia che Vito Iacono porterà avanti con Ischia Il Presidente Carlino e l'allenatore Porta (Foto di Francesco Di Noto Morgera) 6 La Rassegna d’Ischia n. 3/2014 successo: nasce il Comprensorio Isola d’Ischia. Parte dunque l’operazione-rilancio, ma saranno anni duri e difficili. Fallisce anche Roberto Goveani, ex presidente del Torino, che lascia dopo un anno. Nella stagione 2005/06, trascinata dal fantasista Enrico Buonocore, l’Ischia torna alla ribalta conquistando la promozione in serie D. Il resto è storia recente. Un campionato brillante (2012/13). Una promozione in seconda divisione venuta con grandi meriti e numerosi record. Con Raffaele Carlino, presidente, e Salvatore Campilongo, allenatore, l’Ischia conquista anche il titolo di Campione d’Italia Dilettanti. Poi il programma della Federazione con la ristrutturazione dei campionati: ammesse alla terza serie otto squadre. Per l’Ischia un’occasione da prendere al volo. A metà stagione si teme il peggio. Porta, che sostituisce Campilongo, prende in mano le redini della squadra in un momento delicato e conquista una splendida promozione. Adesso si guarda al futuro. I tifosi vorrebbero una squadra da alta classifica per tentare la scalata alla serie B. Quella serie B che tutta l’isola sogna da tanto tempo (Luigi Cioffi). Il Forio Basket ritorna in serie C Dopo tre anni il Forio Basket fa il suo ritorno in serie C in modo trionfale dopo una stagione sportiva che va definita semplicemente fantastica. Nella finale dei play off contro la compagine del Cercola Vesuvius Project due prestazioni eccezionali sotto il profilo tecnico. Tantissime le emozioni vissute con momenti di grandissima tensione agonistica. Sette i punti di distacco nella gara 1 disputata a Forio (66-59). Una partita tiratissima con un Jovic in vena di prodezze. Anche la gara 2, disputata a Cercola, garantisce spettacolo ed emozioni dove i biancorossi emergono di soli tre punti (75-72). Quindi una gioia immensa che ha consegnato alla squadra di Forio l’attesissima promozione in serie C. I giocatori della promozione: Aiello Luigi, Barbieri Luca, Barbieri Salvatore, Buono Eduardo, De Vivo Gaetano, Iacono Aniello, Iacono Francesco, Lodato Francesco, Nastri Giuliano, Nefati Neji, Regine Aniello, Russelli Giovanni, Tufano Antonio, Jovic Aleksandar – Coach: Alfredo Lamberti, presidente: Vito Iacono. La Futura Volley di Lacco Ameno conquista la promozione in C In alto (da sinistra): Manuela De Siano (allenatrice), Piro Barbara, Simona Monti, Iolanda Sarracino, Mariamichela De Siano, Concetta D’Agostino, Martina Capasso, Marianna De Siano, Giovanna Cannovo, Giovanni De Siano (direttore sportivo). In basso (da sinistra): Rosaria Gialvini, Annalisa Sarno, Aristidea Franzese, Emanuela Iacono, Mariapia Romano, Tonia Tedesco. La Rassegna d’Ischia n. 3/2014 7 Ex libris The Penny Magazine of the Society for the Diffusion of Useful Knowledge - Giugno 28, 1834 L’Isola d’Ischia Il Golfo di Napoli, considerato in senso largo, si estende dal promontorio che ha come terminale Capo Miseno alla penisola di Sorrento che finisce a Capo Minerva, ora chiamato della Campanella. Al largo di Capo Minerva si trova l’aspra isola rocciosa di Capri, ad un lato dell’entrata in questo magnifico cratere, e al lato opposto al largo di Capo Miseno c’è la più grande, la più alta, e vulcanica isola di Ischia. La distanza di Ischia dalla città di Napoli non è superiore a 20 miglia, ed essendo a solo tre o quattro miglia dalle delizie di Baia, di Cuma, del lago Fusaro, &c., viene spesso visitata dai viaggiatori. La salubrità dell’aria, la bellezza del paese, l’eccellenza delle acque minerali, le terme, il vino, frutta e altri prodotti, spesso attirano anche i nobili napoletani, che non sono molto propensi a viaggiare o indagare le meraviglie di cui la natura li circonda. Tra Ischia e Capo Miseno si trovano un piccolo scoglio disabitato, chiamato Vivara, e la densamente popolata e bella isola di Procida. Dal punto più meridionale di Procida fino al punto più vicino di Ischia c’è una distanza un po’ meno di due miglia. Da molti punti di vista le due isole sembrano una sola; lo sguardo va dalle alte montagne e dal grande cono di Ischia passando alle relativamente basse terre di Procida. È curioso osservare che Virgilio, che deve aver ben conosciuto entrambe le isole, chiama Procida “alta”, mentre, in realtà, Ischia è alta, e Procida (come abbiamo appena detto) relativamente bassa. Pochi luoghi mostrano più chiaramente, o con maggior bellezza ed effetto dell’isola d’Ischia la loro origine The Penny Magazine of the So-ciety for the Diffusion of Useful Knowledge - Giugno 28, 1834 L’isola d’Ischia The beautiful Gulf of Naples, taken in its enlarged sense, extends from the promontory terminated by Cape Misenum to the Sorrento peninsula, ending in Cape Minerva, now called Della Campanella. The rugged, rocky island of Capri stands off Cape Minerva, at one tide of the entrance into this magnificent basin; and the larger, loftier, and volcanic island of Ischia stands at the other side, off Cape Misenum. The distance of Ischia from the city of Naples is not above twenty miles, and being only three or four miles from the attractions of Baia, Cuma, the Fusaro lake, &c., it is frequently visited by travellers. The salubrity of the air, the beauty of the country, the excellence of its mineral waters, its baths, its wine, fruit, and other produce, also frequently attract the Neapolitan gentry, who are not much given to travelling or investigating the wonders with which nature surrounds them. A small uninhabited rock, called Vivara, and the denselypeopled and pretty island of Procida, intervene between Ischia and Cape Misenum. From the southernmost point of Procida to the nearest point of Ischia is a distance somewhat less than two miles. From many points of view the two is8 La Rassegna d’Ischia n. 3/2014 vulcanica. La forma delle sue montagne, le forre e voragini dei lati montagnosi, le gole profonde della pianura, la lava riversatasi sulla lava, i tratti coperti di tufo e lapille, le ceneri grigie, e lo zolfo, il fumo, il vapore pungente - l’acque minerali calde che sgorgano in quasi tutte le direzioni - tutte queste ed altre cose denotano l’azione vulcanica, e offrono un magnifico scenario di studio per il geologo. Ma in queste regioni è tutto vulcanico. Oltre il Vesuvio, una dozzina di crateri - alcuni riposano da molti secoli, e altri erano paurosamente in attività non molte generazioni addietro - si potrebbero facilmente. Vi si trovano, in splendida contiguità, le conche di Agnano, l’Astroni, la Solfatara, l’Averno, e altri siti, ognuno dei quali a suo tempo ha riversato fumo e fiamme, cenere e fuoco liquido. Un po’più distante, il mare è costellato con le isole di Vendotena, lands seem as one; the lofty mountains and the great cone of Ischia rising to the eye from the comparatively low lands of Procida as if from a base. It is curious to observe that Virgil, who must have known both islands well, calls Procida “high,” whereas, in fact, Ischia is lofty, and Procida (as we have just said) comparatively low. It would be as reasonable to call the Jura ridge, in the immediate neighbourhood of the towering Alps, lofty, or (to take a more familiar illustration) to speak of the height of the houses in St. Paul’s Churchyard while the imposing elevation of the cathedral is before our eyes. Few places show more plainly, or with more beauty and effect, their volcanic origin than the Island of Ischia. The shape of its mountains, the fissures and chasms in the mountains sides, the deep ravines across the plains, the lava heaped upon lava, the tracts covered with tufo and lapille, grey ashes, and sulphur; the smoke, the pungent steam - the hot mineral waters that gush out in almost every direction all these and other things denote volcanic action, and offer a magnificent scene of study to the geologist. But in these regions everything is volcanic. Besides Vesuvius, a dozen craters - some in repose for many centuries, and some that were in fearful activity not many generations back, - might be counted close at hand. There lie, in wonderful contiguity, the hollows of Agnano, Astroni, the Solfatara, the Avernus, Fig. 1 - Veduta dell'isola d'Ischia Ponza, Palmerola, e per metà da una ventina di isolotti, che sono stati tutti sollevati sopra le onde dall’azione del fuoco interno. Ancora più oltre, ed al sud, il Monte Stromboli sorge dal seno del Mediterraneo, ed è in attività quasi costante. Se allarghiamo il raggio di osservazione, prendendo Ischia come centro, dovremmo aggiungere un imponente elenco. Le isole di Lipari, l’Etna, il Monte Vulture, e molti altri vulcani estinti, o occasionalmente in azione, dovrebbero essere inclusi all’interno di un relativamente piccolo circuito. Le forme pittoresche e belle, il rigoglio della terra, risultanti da tali agenti terrificanti e dalle convulsioni della natura, sono stupefacenti al massimo. La caratteristica più sorprendente di Ischia è la montagna rappresentata nella nostra incisione (fig. 1), che si può dire incorona l’intera isola. Questa montagna era anticamente chiamata Epopeus; il suo nome moderno tra gli isolani è Monte San Nicolo (Monte San Nicola), ma a volte lo chiamano Epomeo. Una ripida strada sterrata, in parte su campi di nera lava, e in parte lungo pericolosi precipizi, porta alla vetta, che è tra i tre e i quattro mila piedi sopra il livello del mare, e gode di una delle viste più belle del Mediterraneo. Quasi la metà della costa meridionale d’Italia si distende davanti allo spettatore; - dietro questa linea mirabilmente varia di coste e di promontori si vede, come nelle immagini di Claudio - la lunga, grigia catena degli Appennini. In nessuna parte and others, each of which in its day has poured forth smoke and flames, ashes, and liquid fire. A little farther off, the sea is dotted with the islands of Vendotena, Ponza, Palmerola, and half a score of islets, which have all been raised above the waves by the action of internal fire. Still farther off, and to the south, Mount Stromboli rises from the bosom of the Mediterranean, and is in almost constant activity. If we extend the radii, taking Ischia as the centre, we should add an imposing list. The Lipari islands, Mount Etna, Mount Vultur, and many other volcanos, extinct or occasionally in action, would be included within a comparatively small circumference. The picturesque forms and beauty, the luxuriance of soil, resulting from these terrific agents and the convulsions of nature, are most astonishing. The most striking feature of Ischia is the mountain represented in our engraving, which may be said to crown the whole island. This mountain was anciently called Epopeus; its modern name among the islanders is Monte San Nicolo (St. Nicholas’ Mount), but they sometimes call it Epomeo. A steep, rough road, in part over fields of black lava, and in del mondo si ha un sì nobile scenario arricchito con così tanti riferimenti classici. Questo è un punto di concentrazione per la poesia antica e la storia. Seduto sull’alto cono dell’Epopeo, e sentendo i nomi di tutti i luoghi visibili da quel punto, il viaggiatore cólto è portato, quasi inconsciamente, a ripercorrere tutto il corso dei suoi studi classici. Non solo non c’è roccia senza un nome, ma nessun nome è senza un riferimento preciso - antico o moderno, consacrato dal genio greco, romano o italiano. Qui si trova lo scenario di gran parte dell’Odissea di Omero, di gran parte dell’Eneide di Virgilio. Nelle vicinanze il luogo di nascita di Torquaro Tasso. Il promontorio di Circe, gli scogli delle Sirene, il promontorio dove Enea seppellì il trombetti- part running along dangerous precipices, leads to the summit, which is between three and four thousand feet above the level of the sea, and commands one of the finest views to be met with in the Mediterranean. Nearly one-half of the southern coast of Italy is spread before the spectator; - in the rear of this admirably-varied line of coast and of promontories,—such as one sees in Claude’s pictures, - the long, grey chain of the Apennines shows itself. In no part of the world is noble scenery enriched with such classic or with so many associations. This is a concentrating point for ancient poetry and history. Sitting on the lofty cone of Epopeus, and hearing the names of all the places visible from that spot mentioned, the informed traveller is made to go, almost unconsciously, through the whole course of his classical studies. Not only is there no rock without a name, but no name without a fame of some sort or other - ancient or modern, consecrated by Grecian, Roman, or Italian genius. The scenery of half of Homer’s Odyssey - of half of Virgil’s Aeneid, - is here. The birth-place of Tasso is close at hand. The Circean promontory, the Syren rocks, the cape where Aeneas buried his La Rassegna d’Ischia n. 3/2014 9 sta, il cui nome è stato conferito per sempre a quel promontorio (ora ancora chiamato Capo Miseno), sembrano quasi a distanza di un braccio dal viaggiatore. Si richiederebbero pagine e pagine solo per citare i punti così famosi che sono visibili. Nel cammino della storia citeremo quelli connessi con la vista della solitaria spiaggia di Patria, dove morì il grande Scipione, lamentando l’ingratitudine del suo paese, la palude di Minturno, dove si nascose Mario, ma da dove fuggì per completare lo strano dramma della sua vita, la malinconica collina vicina a Gaeta, dove fu raggiunto e ucciso il fuggitivo Cicerone, la piccola isola di Nisida, dove Bruto fu separato dalla moglie, e (per ometterne molti altri) il Capo Miseno, già accennato, che, dopo aver assistito a molti cambiamenti, divenne la scena della prigionia e della morte di Augustolo, l’ultimo imperatore romano d’Occidente. Ma dobbiamo scendere da queste nobili contemplazioni, e dalla vetta del monte Epopeo. Non lontano da questa vetta, che è formata di lava grigiastra, un cratere è ancora molto ben definito, anche se si riscontra che le eruzioni non procedevano da quella bocca, ma da varie aperture molto più basse giù per la montagna. L’ultima grande eruzione è avvenuta nel lontano anno 1302. Fu una cosa terrificante! La scossa e lo sgretolamento della montagna seppellirono alcune città e villaggi, coperti dai torrenti di lava che si riversavano lungo i fianchi della montagna, e, in alcuni casi, formando, appena raffreddati, lunghe creste nere come il carbone, rupi, che, per 500 anni, hanno resistito alla violenza delle onde. L’estremità nord dell’isola presenta un quadro triste ma sublime. Per un tratto lungo e largo la terra è coperta di lava, mentre in mare, con il minimo soffio di vento, l’acqua ruggisce e schiuma tra le creste nere di lava, gli isolotti e le rocce formate da molte esplosioni successive. Non lontano da queste enormi letti di lava si trova Foria, la più grande e popolosa città dell’isola, anche se non è il capoluogo. Questa città è ben costruita, e le bianche pareti delle sue trumpeter, whose name was conferred for ever on that cape Now always called Capo Miseno), seem almost within arm’s length of the traveller. It would require pages merely to name the spots thus illustrated that are within sight. Among the associations in the more sober walk of history we will mention those connected with a sight of the solitary shore at Patria, where the great Scipio died, complaining of his country’s ingratitude - of the marsh of Minturnum, where Marius was found hidden, but whence he escaped to complete the strange drama of his life - of the melancholy hill-side near Gaeta, where the fugitive Cicero was overtaken and slain, of the small island of Nisida, where Brutus parted from his noble wife; and (to omit many others) of Cape Misenum, already alluded to, which, after witnessing many changes, became the scene of the captivity and death of Augustulus, the last Roman Emperor of the West. But we must descend from these lofty contemplations, and from the summit of Mount Epopeus. Not far from this summit, which is formed of greyish lava, a crater is still very well defined, though it should appear that the eruptions on record did not proceed from that mouth, but from various openings much lower down the mountain. The last great eruption occurred as far back as the year 1302. It was terrific! The shaking and crumbling away of the mountain overthrew or buried some of the towns and villages, and others of them were consumed and their sites covered by the torrents of lava that poured down the mountain’s sides, and, in some instances, flowed far out to sea, forming, as they cooled, long ridges of coal-black, ragged rocks, which, for five hundred years, 10 La Rassegna d’Ischia n. 3/2014 case contrastano singolarmente con i neri cumuli di materia vulcanica sparsi ovunque. Come ciascuna delle città, e anzi quasi ogni villaggio dell’isola, Foria contiene luoghi di culto costruiti in uno stile architettonico capriccioso, ma non sgradevole. Esso è principalmente occupato da quella parte degli isolani che vivono con la pesca e le occupazioni marittime. Il capoluogo, che è chiamato anche Ischia, si erge quasi all’altro capo dell’isola, in una graziosa baia di fronte all’isolotto di Vivara. La baia e la città sono, o potrebbero essere, difese da un antico castello, il quale, nella zona più pittoresca che si possa immaginare, è arroccato sulla cima di un’alta roccia indipendente, che è unita all’isola d’Ischia da un breve e stretto istmo di sabbia. È qui che i viaggiatori, che in genere vengono per la via di Procida, approdano. Casamiccio, un’altra città, è ora il luogo più frequentato dagli stranieri, per le acque minerali e i bagni di fango, e si erge su uno sperone del Monte San Michele, ed è piacevolmente ventilato have resisted all the violence of the waves. The north end of the island presents a sad but sublime picture. For a great length and breadth the land is covered with the roughest and darkest lava, while out at sea, with the least breath of wind, the water roars and foams among the black lava ridges and islets and rocks formed by many successive explosions. Not far from these enormous lava beds stands Foria, the largest and most populous town in the island, though not the capital. This town is neatly built, and the clean, white walls of its houses contrast singularly with the black heaps of volcanic matter scattered all about it. Like each of the towns, and indeed nearly every village on the island, Foria contains places of worship built in a capricious but not disagreeable style of architecture. It is principally occupied by that portion of the islanders that get their living by fishing and maritime pursuits. The capital, which is also called Ischia, stands nearly at the other end of the island, in a pretty little bay opposite to the islet of Vivara. The bay and town are, or might be, defended by an old castle, which, in the most picturesque manner imaginable, is perched on the top of a high, detached rock, which is joined to the island of Ischia by a short, narrow isthmus of sand. It is at this point that travellers, who generally come by way of Procida, approach and land; and a striking point it is. Casamiccio, another town, and now the most frequented by strangers, as conveniences for taking mineral and volcanic mud-baths have been amply provided, stands on a spur of Mount St. Michael, and is pleasantly ventilated and shaded by trees of fine growth. Detached casini, or vil- e ombreggiato da piante di rigogliosa crescita. Casini, o ville, con magnifiche vedute, possono essere acquistati a prezzi economici in varie parti dell’isola, che presenta ancora un altro paese chiamato Panza, e un certo numero di villaggi ben popolati. La circonferenza di Ischia è di circa 20 miglia inglesi, e tutta la popolazione conta circa 25.000 abitanti. Anche se gran parte di questa curiosa isola è occupata da rocce, lava, e tufo, ed è sparsa di voragini, e lunghe, profonde forre, ancora molto resta ai fini della coltivazione, e, quando si verificano questi tratti, nulla può ben essere immaginato più produttivo o più piacevole per gli occhi. Estesi vigneti che producono un ottimo vino bianco (un articolo molto importante di esportazione), frutteti e giardini abbondano di aranci, cedri, meloni, e di quasi tutte le varietà europee di frutta e verdura, campi di mais, o di altri cereali, e di cotone, boschi di castagni e di lecci, siepi formate di aloe, mirto e altri arbusti profumati, deliziosamente rendono variegata la superficie dell’isola, e ora tendono a nasconde- re, e ora improvvisamente a rivelare bianchi villaggi e sparse casette di campagna. Vi è un’altra caratteristica di Ischia che non può essere passata sotto silenzio: le voragini e le ripide strette vallette che si verificano così frequentemente sono, per la maggior parte, all’ombra di una crescita compatta e vigorosa di alberi; lo straniero, che non può soffrire il caldo intenso dell’estate (la stagione in cui i bagni sono più efficaci), può sempre ritirarsi in una di queste, e trovare, in qualsiasi ora del giorno più calda, e quando il bagliore di luce è spiacevole nel resto dell’isola, ombra e una bella frescura. Infine la pace, Ischia è stata sempre reputata come un luogo di ristoro per i malati. Le malattie in cui l’uso delle acque, come bevanda o per fare i bagni, e i fanghi, si rivela più utile, sono i reumatismi nella maggior parte delle loro varietà, i disturbi cutanei, &c. Il governo napoletano ha una sua sede sull’isola, per cui un numero considerevole di soldati e marinai in servizio reale vengono inviati qui ogni anno per il recupero della loro salute. Molti napoletani poveri sono las, commanding the most beautiful views, can be procured at a cheap rate in various parts of the island, which contains still another town called Panza, and a number of well-peopled villages. The circumference of Ischia is about twenty English miles; and the whole population is about 25.000. Though much of this curious island is occupied by rocks, lava, and uncovered tufo, or rent into chasms, and long, deep fissures, still much remains for the purposes of cultivation; and, where these tracts occur, nothing can well be fancied more productive or more pleasing to the eye. Extensive vineyards that produce an excellent white wine (a very important article of export), orchards and gardens furnishing abundance of oranges, citrons, melons, and almost every European variety of fruit and vegetables, fields of Indian corn, or other grain, and of cotton, groves of chestnut-trees and ilices, hedge-rows formed of aloes, myrtle, and other sweet-smelling shrubs, delightfully variegate the surface of the island, and now tend to hide, and now suddenly reveal, white villages and scattered cottages. There is another feature too characteristic of Ischia to be passed over in silence: - the chasms, and steep, narrow dells that occur so frequently are, for the most part, shaded by a compact and vigorous growth of trees; - the stranger, who may not suffer from the intense heat of summer (the season when the baths are most efficacious), may always retreat to one of these, and find, at any hour of the hottest day, and when the glare of light is painful in the rest of the island, shade and a refreshing coolness. Since the peace, Ischia has been gradually rising anche inviati annualmente, e sostenuti durante il loro soggiorno da parte di associazioni di persone caritatevoli. Otto anni fa, quando lo scrittore di questa breve nota era a Ischia, quasi tutti i confortevoli appartamenti e le graziose ville furono lasciati agli stranieri, e se ne stavano costruendo dei nuovi. Come alcuni dei bagni che esistono sul Reno, anche se non in tal numero, le terme di Ischia possono gareggiare con la maggior parte delle grandi nazioni, e vantano ospiti francesi, tedeschi, russi, polacchi, ungheresi, inglesi, americani, ecc. Gli abitanti dell’isola, e in particolare i marinai ed i vignaioli, che costituiscono le due classi più numerose, sono giulivi, di buon carattere, persone inoffensive, di buona educazione e quindi amabili. Le donne dei contadini sono attraenti per la bellezza della loro persona e la grazia del loro costume, che non è mai vario, ma lo stesso per tutti. Sia il loro volto, sia i loro vestiti hanno un’affinità sorprendente con le sembianze e i costumi dei Greci. Ma questa somiglianza è ancora più sorprendente nella vicina isola di Proci- in reputation as a place of resort for the sick. The diseases in which the use of the waters in drinking or bathing, and of the mud-baths, prove most beneficial, are rheumatism under most of its varieties, cutaneous disorders, &c. The Neapolitan government have an establishment on the island, to which considerable numbers of soldiers and sailors in the royal service are sent every year for the recovery of their health. Many poor Neapolitans are also sent annually, and supported during their stay by associations of charitable individuals. Eight years ago, when the writer of this short notice was at Ischia, nearly all the comfortable apartments and neat villas were let to foreigners, and some new ones were building. Like some of the baths on the Rhine, though not in such numbers, the baths of Ischia could then boast specimens of most of the great nations, - there were French, Germans, Russians, Poles, Hungarians, Englishmen, Americans, &c. The inhabitants of the island, and particularly the mariners and the vine-dressers, who form the two more numerous classes, are a gay, good-natured, inoffensive people, requiring nothing but an improved education to make them very estimable. The women of the peasantry are remarkable for the beauty of their persons and the grace of their costume, which is neyer varied, but is the same for all of them. Both their countenance and their dress have a striking affinity to the features and costume of the Greeks. But this resemblance is still more remarkable in the neighbouring island of Procida, where it is rare to meet with a young woman that is La Rassegna d’Ischia n. 3/2014 11 da, dove è raro incontrare una giovane donna che non sia bella, e abbigliata con grazia o pittorescamente. Le belle lave verdi e verde-screziate che sono così ampiamente trasformate e rese in tabacchiere, ornamenti, pressacarte &c., a Napoli, e da lì esportate in Inghilterra e in altri paesi, non vengono dal Vesuvio, ma dall’isola di Ischia. Le lave del Vesuvio, che sono in grado di essere lavorate, sono nerastre, rossastre macchiate di grigio, e grigio mai verde. Ischia dà i colori verdi e, inoltre, alcune altre tonalità, come pure tutti i colori prodotti dal Vesuvio. Alcune delle lave verdi di Ischia sono trasparenti e graziosamente variegate. La bella e nobile Vittoria Colonna trascorse diversi anni in solitudine su not handsome, and gracefully or picturesquely attired. The beautiful green and mottled-green lavas that are so extensively turned and made into snuff-boxes, ornaments, paperpressers, &c. at Naples, and thence exported to England and other countries, do not come from Mount Vesuvius, but from the island of Ischia. The lavas of Vesuvius that are capable of being manufactured are blackish, reddish spotted with grey, and grey, but never green. Ischia gives the greens and, in addition, some other hues, as well as all the colours questa isola dopo la morte del marito, il marchese di Pescara. Il luogo, dove risiedette e scrisse molte delle sue migliori poesie, si è ancora conservato. Il disegno originale, da cui è tratta la nostra incisione, è stato fatto da un artista napoletano sul posto. * produced by Vesuvius. Some of the green lavas of Ischia are transparent and prettily variegated. The beautiful and accomplished Victoria Colonna spent several years in solitude on this island after the death of her husband, the Marquis of Pescara. The villa where she resided and wrote several of her best poems is still preserved. The original drawing, tram which our engraving is taken, was made by a Neapolitan artist on the spot. Ischia Film Festival * Castello Aragonese 28 giugno – 5 luglio 2014 Si svolgerà dal 28 giugno al 5 luglio 2014 la XII edizione dell’Ischia Film Festival, che «è diventato un appuntamento internazionale dove ogni anno illustri ospiti e giovani autori promuovono attraverso l’audiovisivo il territorio e la sua diversificazione culturale» (Michelangelo Messina, fondatore e direttore artistico IFF); incontri e proiezioni avranno luogo nei suggestivi spazi del Castello Aragonese d’Ischia. Quest’anno l’evento ha avuto il riconoscimento del Parlamento europeo, comunicato con lettera personale dal Presidente dell’Unione Europea Martin Schultz: «L’obbiettivo dell’iniziativa, ossia promuovere una cinematografia europea indipendente, trova grande apprezzamento da parte del Parlamento europeo. L’utilizzo di questa potente piattaforma culturale per sensibilizzare alla diversità culturale e all’importanza di preservare la cultura e le 12 La Rassegna d’Ischia n. 3/2014 tradizioni locali, focalizzando l’atten- via degli angeli” (2000), “I cavalieri che zione sulle location cinematografiche fecero l’impresa” (2000), “Ma quando prescelte, rappresenta un approccio arrivano le ragazze?” (2005), “La semolto originale e interessante che con- conda notte di nozze” (2006) e “Il papà sentirà al festival di porre in evidenza di Giovanna” (2008). Tra i suoi ultimi l’importanza del patrimonio cultura- lavori “Il ragazzo d’oro” che ha visto le e degli scambi artistici quali valori come protagonisti la diva americana fondamentali dell’Unione Europea. Sharon Stone e l’italiano Riccardo ScaData la chiara dimensione europea che marcio. caratterizza l’Ischia Film Festival è con L’Ischia Film Festival renderà anche grande piacere che accordo alla maniomaggio a Nelson Mandela, il grande festazione l’alto patrocinio del parlaleader sudafricano scomparso lo scorso mento Europeo». dicembre; la serata omaggio alla straordinaria personalità e storia di Nelson Sarà Pupi Avati il chairman del festiMandela sarà introdotta da Bille Auval 2014 dedicato alle location. Premiagust, con una proiezione speciale del to proprio ad Ischia nel 2011 con il Ciak film “Goodbye Befana – Il colore della di corallo alla carriera, il regista bololibertà”. Il film racconta la vera storia gnese farà ritorno nell’isola verde con dell’incontro tra Mandela e James Gray, suo fratello, il produttore Antonio Avati, l’addetto alla censura del carcere speper presiedere la dodicesima edizione ciale di Robben Island, dove il leader del festival del cinema che si presenta dell’African National Congress e delle ricca di opere in concorso e ospiti interlotte anti-apartheid in Sudafrica scontanazionali. va dal 1964 la pena all’ergastolo. Impegnato sul set del suo ultimo film, Avati si concederà una breve pausa per L’Ischia Film Festival da sempre imprendere parte all’evento campano. Pupi pegnato nel raccontare i luoghi, la loro Avati, autore di più di quaranta film, è diversificazione culturale e la loro idenuno dei maggiori cineasti italiani. Regitità storica e paesaggistica, con l’omagsta, sceneggiatore e produttore cinemagio a Mandela inizia una serie di serate tografico, è anche scrittore di romanzi speciali che ricorderanno straordinari che sono spesso ispiratori delle scenegpersonaggi del ventunesimo secolo che giature dei film o viceversa come “La hanno rappresentato, attraverso la loro vita, il tessuto sociale in cui hanno vissuto. Bille August, due volte palma d’oro a Cannes nel 1992 per il film “Con le migliori intenzioni” e nel 1988 per “Pelle alla conquista del mondo” (che gli fruttò anche l’Oscar al miglior film straniero) incontrerà il pubblico del festival in uno dei consueti incontri che precedono le proiezioni. A 20 anni dalla sua scomparsa per ricordare il grande attore napoletano Massimo Troisi, l’Ischia Film Festival, promotore del Cineturismo in Europa, propone i luoghi del film “Il Postino” con un'applicazione per smartphone e tablet. L’applicazione, per ora disponibile su google market, verrà presentata Programma ISCHIA FILM FESTIVAL Sabato 28 Giugno Ore 19.00 Brindisi di apertura per la dodicesima edizione alla Terrazza del Castello Aragonese Ore 21.00 Proiezione di un cortometraggio in presenza dell’autore alla Cattedrale dell’Assunta Ore 21.00 Proiezione delle Opere in Concorso e delle opere delle sezioni speciali nelle seguenti aree del Castello Aragonese di Ischia: - Terrazza del Sole - Terrazza del Convento Ore 21.15 Proiezione di un lungometraggio in prima serata al Piazzale delle Armi Ore 21.30 “Parliamo di Cinema” Gli autori delle opere in selezione incontrano il pubblico presso la Cattedrale dell’Assunta Ore 22.00 Proiezione di un lungometraggio alla Cattedrale dell’Assunta Ore 23.00 Proiezione di un lungometraggio in seconda serata al Piazzale delle Armi Domenica 29 Giugno Ore 19.30 Film Cocktail incontro riservato agli accreditati professionali presso il Castello Aragonese Ore 21.00 Proiezione di un cortometraggio in presenza dell’autore alla Cattedrale dell’Assunta Ore 21.00 Proiezione delle Opere in Concorso e delle opere delle sezioni speciali nelle seguenti aree del Castello Aragonese di Ischia: Terrazza del Sole - Terrazza del Convento Ore 21.15 Proiezione di un lungometraggio in prima serata al Piazzale delle Armi Ore 21.30 “Parliamo di Cinema” Gli autori delle opere in selezione incontrano il pubblico presso la Cattedrale dell’Assunta ufficialmente martedì 1 luglio durante il XII Convegno Internazionale sul Cineturismo che avrà luogo all’interno del festiva delle location di Ischia. Attraverso l’app i cine-viaggiatori potranno immergersi in un percorso sui set di Procida e Salina: le due località scelte dall’attore e regista napoletano per ambientare il suo ultimo film. “Un doveroso omaggio ad uno straordinario personaggio del cinema Italiano che ha promosso attraverso questo film due località del sud Italia che sono diventate mete di cineturisti provenienti da tutto il mondo” ha dichiarato Michelangelo Messina il direttore del festival. L’app “Il postino” si integra nel progetto “Cinema & Territorio“ del Festival di Ischia che ha già realizzato la prima app campana su luoghi del cinema. Ore 22.00 Proiezione di un lungometraggio alla Cattedrale dell’Assunta Ore 23.00 Proiezione di un lungometraggio in seconda serata al Piazzale delle Armi Lunedì 30 Giugno Ore 19.30 Film Cocktail incontro riservato agli accreditati professionali presso il Castello Aragonese Ore 21.00 Proiezione di un cortometraggio in presenza dell’autore alla Cattedrale dell’Assunta Ore 21.00 Proiezione delle Opere in Concorso e delle opere delle sezioni speciali nelle seguenti areedel Castello Aragonese di Ischia: - Terrazza del Sole - Terrazza del Convento Ore 21.15 Proiezione di un lungometraggio in prima serata al Piazzale delle Armi Ore 21.30 “Parliamo di Cinema” Gli autori delle opere in selezione incontrano il pubblico presso la Cattedrale dell’Assunta Ore 22.00 Proiezione di un lungometraggio alla Cattedrale dell’Assunta Ore 23.00 Proiezione di un lungometraggio in seconda serata al Piazzale delle Armi Martedì 1 Luglio Ore 10.00 Apertura della BILC Borsa Internazionale delle Location e del Cineturismo ed a seguire XII Convegno Nazionale sul Cineturismo, riservato agli accreditati professionali. Ore 15.00 XII Convegno Nazionale sul Cineturismoriservato agli accreditati professionali Ore 19.30 Film Cocktail incontro riservato agli accreditati professionali presso il Castello Aragonese Ore 21.00 Proiezione di un cortometraggio in presenza dell’autore alla Cattedrale dell’Assunta Ore 21.00 Proiezione delle Opere in Concorso e delle opere delle sezioni speciali nelle seguenti areedel Castello Aragonese di Ischia: - Terrazza del Sole - Terrazza del Convento Ore 21.15 Proiezione di un lungometraggio in prima serata al Piazzale delle Armi Ore 21.30 “Parliamo di Cinema” Gli autori delle opere in selezione incontrano il pubblico presso la Cattedrale dell’Assunta Ore 22.00 Proiezione di un lungometraggio alla Cattedrale dell’Assunta Ore 23.00 Proiezione di un lungometraggio in seconda serata al Piazzale delle Armi Mercoledì 2 Luglio Ore 10.00 Seconda giornata di lavori del XII Convegno Nazionale sul Cineturismoriservato agli accreditati professionali Ore 15.00 Workshop riservato agli accreditati professionali Ore 19.30 Film Cocktail incontro riservato agli accreditati professionali presso il Castello Aragonese Ore 21.00 Proiezione di un cortometraggio in presenza dell’autore alla Cattedrale dell’Assunta Ore 21.00 Proiezione delle Opere in Concorso e delle opere delle sezioni speciali nelle seguenti areedel Castello Aragonese di Ischia: - Terrazza del Sole - Terrazza del Convento Ore 21.15 Proiezione di un lungometraggio in prima serata al Piazzale delle Armi Ore 21.30 “Parliamo di Cinema” Gli autori delle opere in selezione incontrano il pubblico presso la Cattedrale dell’Assunta Ore 22.00 Proiezione di un lungometraggio alla Cattedrale dell’Assunta Ore 23.00 Proiezione di un lungometraggio in seconda serata al Piazzale delle Armi Giovedì 3 Luglio Ore 19.30 Film Cocktail incontro riservato agli accreditati professionali presso il Castello Aragonese Ore 21.00 Proiezione di un cortometraggio in presenza dell’autore alla Cattedrale dell’Assunta Ore 21.00 Proiezione delle Opere in Concorso e delle opere delle sezioni speciali nelle seguenti areedel Castello Aragonese di Ischia: - Terrazza del Sole - Terrazza del Convento Ore 21.15 Proiezione di un lungometraggio in prima serata al Piazzale delle Armi Ore 21.30 “Parliamo di Cinema” Gli autori delle opere in selezione incontrano il pubblico presso la Cattedrale dell’Assunta Ore 22.00 Proiezione di un lungometraggio alla Cattedrale dell’Assunta Ore 23.00 Proiezione di un lungometraggio in seconda serata al Piazzale delle Armi Venerdì 4 Luglio Ore 19.30 Film Cocktail incontro riservato La Rassegna d’Ischia n. 3/2014 13 agli accreditati professionali presso il Castello Aragonese Ore 21.00 Proiezione di un cortometraggio in presenza dell’autore alla Cattedrale dell’Assunta Ore 21.00 Proiezione delle Opere in Concorso e delle opere delle sezioni speciali nelle seguenti areedel Castello Aragonese di Ischia: Terrazza del Sole - Terrazza del Convento Ore 21.15 Proiezione di un lungometraggio in prima serata al Piazzale delle Armi Ore 21.30 “Parliamo di Cinema” Gli autori delle opere in selezione incontrano il pubblico presso la Cattedrale dell’Assunta Ore 22.00 Proiezione di un lungometraggio alla Cattedrale dell’Assunta Ore 23.00 Proiezione di un lungometraggio in seconda serata al Piazzale delle Armi Sabato 5 Luglio Ore 21.00 al Piazzale delle Armi Proiezione delle opere vincitrici del festival. Ingresso libero. Ore 20.30 alla Cattedrale dell’Assunta Chiusura della XII edizione dell’Ischia Film Festival - Serata di Gala con concerto per la premiazione delle opere in concorso della XII edizione del premio Internazionale IFF. Eventuali modifiche e integrazioni saranno comunicati attraverso l’ufficio stampa del Festival e la pubblicazione sul sito www. ischiafilmfestival.it Altre potesi relative ad un Disegno Murale della Torre di Guevara di Rosario de Laurentiis In un articolo recentemente pubblicato sulla “Rassegna d’Ischia”, avevo svolto alcune riflessioni - non definitive - su uno dei disegni che ornano la sala della Torre di Guevara, dove sono rappresentati episodi ritenuti importanti per rappresentare la nobiltà di quella famiglia. Vorrei proporre adesso nuove riflessioni scaturenti dalle ricerche che ho continuato a svolgere su quel tema. Mi riferisco ad una scena in cui si vede una figura coronata seduta in trono, indicata come Dux Britanniae, che abbraccia una figura più giovane inginocchiata ai suoi piedi. Il giovane viene definito “Guido, ducis filius” e di lato un gruppo di armati a cavallo sono raggruppati sotto uno stendardo che sembra essere lo stemma dei Guevara. Tutti i personaggi sono vestiti con abiti tardo-medioevali, ma tale caratteristica non sembra essere determinante ai fini della datazione dell’evento, in quanto nel nostro rinascimento non sono rare raffigurazioni di episodi di storia antica (ad esempio scene della vita di Gesù) in cui personaggi dell’antichità vengono rappresentati con armature ed abiti “moderni”. Avevamo già acclarato che nella genealogia dei Guevara non esiste alcun personaggio di nome Guido e che non emergevano altri collegamenti con la Bretagna se non un proverbio medioevale spagnolo che diceva “Bretagna los envia, Navarra los cria, Castilla los declara, por segnores de Guebara”. La famiglia -secondo i cronisti dell’epoca dell’imperatore Carlo V- proveniva dunque dalla Bretagna. Ma chi era quel “Guido” che, secondo le iscrizioni trovate nella torre, era venuto in Spagna ed era stato accolto con molti onori e gli era stato concesso un feudo nella regione di Alava? E perché solo quel personaggio è chiamato per nome e non con il titolo, come gli altri? Cosa voleva dirci la famiglia indicando ripetutamente quel nome, che però non risulta da nessuna altra fonte relativa alla casa Guevara? 14 La Rassegna d’Ischia n. 3/2014 Uno storico spagnolo del 1541 (Pedro Barrantes Maldonado), in un memoriale pubblicato nel 1857 dalla reale accademia di storia spagnola, aveva tracciato la genealogia dei duchi di Bretagna. In quest’opera si ricorda che un cavaliere bretone figlio di Heruspogio re di Bretagna venne in Spagna e si sposò con la figlia del re di Leon. La datazione è quella del IX secolo, all’epoca del re Ramiro di Asturia e di Leon (morto nell'850). I Normanni stavano facendo incursioni nel nord della Spagna, è dunque probabile che nobili bretoni, nemici dei normanni, si alleassero con gli spagnoli. La cronaca spagnola dice che re Ramiro dovette combattere - con alterne fortune - anche contro i mori (ed in una battaglia l’apostolo San Giacomo - quello di Santiago di Compostella - comparve fra i cavalieri cristiani per aiutarli a sconfiggere gli infedeli). Queste continue battaglie, dice il cronista, avevano molto impressionato i cristiani di tutt’Europa (Bretagna inclusa). Chi non poteva combattere mandava denaro ed aiuti, mentre i cavalieri venivano per conquistarsi indulgenze ed - eventualmente - essere ricompensati con feudi. L’arrivo di nobili cristiani era abbastanza frequente e l’autore cita l’esempio di un cavaliere di Lotaringia che si conquistò il trono di Portogallo. Vengono citati anche altri nomi di famiglie venute dalla Germania e da altri paesi. In particolare venne, con molti armati, il fratello del duca Heruspogio (in bretone Erispoe) di Bretagna, ma il nome di questo cavaliere non risulta dalle cronache dell’epoca. Pochi giorni dopo il re moro pretese da quello di Leon un tributo annuo ed immediatamente i cavalieri bretoni si unirono alla battaglia ingaggiata dagli spagnoli. In soccorso dei cristiani riapparve San Giacomo e così 70.000 mori rimasero sul terreno. Il capo dei bretoni fu chiamato, con espressione tedesca, Gut Man (il cronista ricorda che i Bretoni, venuti dall’Inghilterra, erano di origine germanica e quindi la loro lingua era simile al tedesco). Forse il nostro Guido era lo sconosciuto cavaliere? Purtroppo no, perchè proprio l’espressione Gut Man determinò la denomina- zione della famiglia dei suoi discendenti: i Guzman. La famiglia Guzman era potentissima ai tempi di Filippo II (suoi membri erano il famoso conte duca di Olivares, il duca di Medina, il vicerè di Napoli etc). È dunque impensabile che i Guevara, che in quel periodo facevano decorare la Torre, volessero contendere loro la discendenza dal cavaliere bretone venuto in Spagna. E allora? Le due famiglie risultano imperentate, ma non prima del milleduecento, con un matrimonio di un Guevara con una Guzman; non sembra probabile tuttavia che i signori della torre ischitana possano aver inserito nel loro “album di famiglia” un antenato di parte materna... Forse le famiglie avevano un'origine comune (ma non si trova) o ci sono stati due parenti del duca di Bretagna che vennero in Spagna in epoca altomedioevale. Comunque questa storia ci conferma che molte famiglie cristiane mandavano i loro figli (cadetti) a combattere contro gli infedeli con lo scopo dichiarato di meritarsi la vita eterna, ma con l’intento più immediato di guadagnarsi titoli e terre. I Guevara erano infatti conosciuti come “cavalieri erranti”. Ce lo dice Cervantes nel suo Don Chisciotte e ce lo ricorda un altro grandissimo scrittore spagnolo, Francisco de Quevedo (1586-1645) che scrisse : “Quien quisiera ser caballero/ y vender su vida cara/ no sea ladròn de dinero/ si no Ladròn de Guevara” (chi volesse essere cavaliere, e vendere cara la sua vita, non sia ladro di denaro, ma Ladron de Guevara); il nome deriva dal fatto che il re Sancio di Pamplona, nell’anno 870, fu “rubato” appena dopo il parto da un Guevara, che lo nascose e lo protesse fino al momento in cui poteva senza rischi salire sul trono del padre caduto in battaglia. Quindi possiamo ipotizzare che il capostipite della famiglia fu un nobile venuto dalla Bretagna per cercar fortuna in terra di Spagna. Per i Guzman ho parlato di “cavaliere bretone” (ed infatti il loro stemma è simile a quello della città di Nantes), per i Guevara dico invece “venuto dalla Bretagna” e spiegherò dopo il perché. Vediamo innanzi tutto quali carte abbiamo in mano per collegarci alla Bretagna, a parte il menzionato proverbio medioevale. Prove indiscutibili non ci sono; stiamo parlando infatti di un periodo oscuro, di cui sono rimasti rarissimi documenti e le genalogie sono rese difficili dal fatto che non esistevano i cognomi e che i copisti non erano esenti da errori di trascrizione o di traduzione. Si consideri inoltre che molti documenti sono andati perduti nel corso dei secoli e che le famiglie nobili potrebbero essersi “inventati” delle discendenze illustri per rafforzare il prestigio della casata. Però il “Libro del Becerro” (una pergamena del XIV secolo in cui erano trascritti i privilegi dei vari monasteri) parla dei Guevara come una delle più antiche famiglie della Viscaglia, discendenti di Re; una cronaca del genealo- Ischia - Torre di Guevara, anche detta Torre di Michelangelo gista Antonio de Barahona li indica come imparentati con i duchi di Bretagna, mentre un manoscritto della casa Guevara indica come capostipite un membro della famiglia dei duchi di Bretagna, imparentata con la casa reale di Francia, che nel 716 avrebbe fondato il castello di Alava. Il nome di questo antenato è riportato in tale documento come Sancho Guillermo ed è evidentemente derivante dalla sostituzione del nome originario (probabilmente Guiomarch) con uno che fa riferimento alla parentela con il Re Sancho di Navarra. In una iscrizione trovata nella torre, la data di insediamento del nostro “Guido” viene indicata come ..60. Si legge l’anno ma non il secolo. Quale può essere la data esatta? Se fosse corretta la data del 716 risultante dagli annali della famiglia, si dovrebbe pensare all’anno 660. Ma i mori hanno iniziato la loro invasione nel 711 e la prima rivolta contro di loro è del 722. Dobbiamo dunque andare all’anno 760, quando la Spagna era quasi completamente sotto il dominio mussulmano. Sappiamo che in quell’epoca in Francia i “maggiordomi” avevano appena tolto il trono ai “re fannulloni” e regnava Pipino il Breve, padre di Carlo Magno. La Bretagna era stata conquistata dai Franchi ed era retta dal paladino Rolando (Hruodlandus Britannici limitis praefectus) che sarebbe poi morto a Roncisvalle. Se accettiamo questa datazione, allora - pur provenendo dalla Bretagna - il nostro Guido (ed il nome è ripetuto in più punti della torre, quasi a sottolineare l’importanza di quella indicazione) doveva essere un cavaliere franco che, come riportano le carte di famiglia, era imparentato con la casa reale di Francia e con la famiglia del famoso paladino, marchese di Bretagna. Quindi il “Dux La Rassegna d’Ischia n. 3/2014 15 Britanniae” non va tradotto con Duca di Bretagna, ma nel significato originario della parola Dux, cioè capo, condottiero. Un’altra osservazione riguarda la Bretagna, che potrebbe non essere la regione francese che ha questo nome. Infatti quando iniziarono le invasioni dei sassoni nell’attuale Inghilterra, la popolazione indigena (mescolata alle famiglie dei legionari dell’impero romano che dominava la Britannia) scappò verso altri territori, in particolare in Scozia, Galles e Cornovaglia, ma anche in Francia (la Bretagna) o in Spagna (la Bretogna, in Galizia). Ma torniamo all’epoca di Carlo Magno e dei suoi paladini. A metà dell’VIII secolo, i franchi non avevano ancora il pacifico governo del nord ovest della Francia, ed i bretoni si erano più volte ribellati ai re carolingi. La conquista della “marca di Bretagna” si avrà con un successore di Rolando, che ha un nome che ci risulterà familiare: nella lingua dei franchi è Wido, in francese Guy (de Nantes), in latino Guido, ed è il capostipite di una famiglia, quella dei Guidonidi, dove il nome di Guy - tipicamente franco - si alterna a quello di Lambert. Membri di questa famiglia erano i Vescovi Conti di Treviri e tra i loro antenati ci sono vari santi (Warino, Liutwino, Sigrada e Leodegario). Quando era apparso per la prima volta quell’indicazione: “Guido, ducis filius” avevamo capito che si trattava di un nominativo e non di un dativo, quindi non si doveva tradurre Guido (avrebbe dovuto essere scritto Guidus) ma “Guidone”. La famiglia è quella dei Guidoni, in francese Widonides (o anche Vitton). Ma era così prestigiosa questa parentela? Valutate voi: i discendenti di Wido di Nantes passarono in Italia. Guido - figlio di Lamberto di Nantes, della famiglia dei Guidoni - divenne Duca di Spoleto, ma suo figlio Guido II fece davvero carriera: divenne marchese di Camerino, poi nell’889 Re d’Italia ed infine - nell’891 - Imperatore del Sacro Romano Impero! Le due scene, riemerse nel corso dell’ultima campagna di restauri che l’Accademia di Dresda sta svolgendo per conto del circolo Sadoul, rappresentano dunque due momenti che la famiglia voleva ricordare per testimoniare la sua antica nobiltà. La prima rappresenta - secondo la nostra interpretazione - la battaglia di Las Navas di Tolosa del 1212, una delle più importanti battaglie della “reconquista” spagnola, che aveva visto la partecipazione di Sancho VII (della famiglia Jimenez, quindi dello stesso ceppo dei Guevara) e di Ignigo Vela (antenato dei signori della Torre di Ischia). La seconda scena potrebbe rappresentare l’addio tra un “Dux Britanniae” ed un suo figlio che parte per conquistarsi un feudo in un paese lontano. Il fatto che si sottolinei il nome Guido (ed è l’unico personaggio indi16 La Rassegna d’Ischia n. 3/2014 cato per nome e non per titolo) sembra volerne indicare l’apparenenza alla famiglia dei Guidoni. Non abbiamo trovato nessuna prova storica che dimostri un collegamento con la famiglia dei Guevara, ma probabilmente qualche documento o tradizione orale poi dimenticata forniva una qualche giustificazione per far ritenere che tale legame fosse esistito. Certo vantare una parentela con una famiglia appartenente all’alta nobiltà dell’impero carolingio, collegata ad una figura mitica, celebrata ne “La Chanson de Roland”, e quindi conosciutissima da ogni famiglia nobile europea, era un’opportunità che non poteva non essere considerata utile in una società -quale era quella della Spagna del cinquecento - così puntigliosamente attaccata ai “quarti di nobiltà”. Se si pensa che Rolando con il suo corno, Gano il traditore ed i paladini di Francia sono ancora ricordati sui carretti dei “pupi” siciliani, si può capire l’enfasi che i padroni della torre hanno voluto dare a questi ricordi. Del resto l’attribuirsi genealogie risalenti a tempi remotissimi era un’abitudine di cui non mancano esempi illustri, a cominciare dall’Eneide. Un ulteriore esempio ce lo propone Ludovico Ariosto, che fa discendere la famiglia d’Este da Ruggero e Bradamante, l’uno nobile arabo, l’altra guerriera cristiana della corte di Carlo Magno. Nell’Orlando furioso (a proposito, questo Orlando è lo stesso paladino Rolando di cui dicevamo prima) l’Ariosto parla ripetutamente di Ischia e della famiglia d’Avalos, di cui descrive i fasti ed i meriti; come già ricordato in altre occasioni, i d’Avalos possono essere considerati come un ramo dei Guevara, derivando dallo stesso ceppo ed avendone rafforzato i legami con continui matrimoni... Per restare nel campo letterario - e concludere il discorso sui Guevara - vorrei ricordare che un Sancho Guevara, vicerè di Navarra, è protagonista di una commedia di uno dei più grandi autori spagnoli: Lope de Vega. Ne “La hermusura aborrecida” (la bellezza aborrita) Sancho detesta la moglie Juana, detta “la hermosura” di cui è invaghito il Re Ferdinando il Cattolico e riceve pertanto l’ordine dalla gelosa regina Isabella di Castiglia di riappacificarsi con la consorte. L’opera fu oggetto di un rifacimento da parte di un avvocato napoletano (Carlo Celano) che però - avendo già avuto guai per aver appoggiato Masaniello e non volendo avere altri problemi con il Vicerè di Napoli (che era un Guevara) - ne fece un rifacimento con il titolo “Nelle cautele, i danni”. Per prudenza usò uno pseudonimo (Ettore Calcolona) ed ebbe cura di cambiar nome al personaggio di Sancho, che chiamò “Capitan Fracasso”. Poichè sia i restauri che le ricerche storiche continuano, torneremo sull’argomento quando ci saranno nuove notizie da sottoporre al vaglio dei nostri concittadini. Rosario De Laurentiis Lacco Ameno – Villa Arbusto – Michele Bakunin «La villa del duca d’Atri è situata sulla collina dell’Arbusto e la natura e l’arte sembrano essersi riunite per far di questo luogo il punto più delizioso di tutta l’isola. L’edificio corona un’altura di lava: densi boschetti di castagni, di mandorli e d’altri alberi fruttiferi s'alternano con viti e aiuole di fiori». Con questi termini la contessa Elisa von der Recke, che nel 1805 la visitò in compagnia del poeta inglese Tiedge Cristoph August, descrive la villa costruita, tra il 1750 e il 1780, dal nobile abruzzese Carlo Acquaviva, duca d’Atri, ristrutturando un’antica masseria del 1600, nota come la «la masseria dell’Arbosto». L’incantevole posizione naturale aveva sicuramente spinto il duca ad acquistarla e a farvi costruire due palazzi: la propria dimora, composta di un pianterreno, una scalinata coperta per ascendere al primo piano, composto di dieci vani, con accanto l’oratorio privato; la villetta per gli ospiti, verso est, con otto piccole stanze. Lungo il viale principale che congiungeva e ancora congiunge i due fabbricati, una chiesetta con sacrestia dedicata alla Madonna delle Grazie e, a poca distanza, «una fu- marola accomodata per uso di stufa», ma, secondo la contessa der Recke, nessun estraneo poteva farne uso. Il giardino, secondo la descrizione del 1798 di Francesco De Siano, sacerdote e medico di Lacco, «artefatto nel masso della lava», era dotato d’una grande cisterna sopraelevata per permettere una facile distribuzione dell’acqua. Inoltre colonne ad intonaco bianco, coronate da «carusielli», cioè, pinnacoli maiolicati verde bottiglia dalla caratteristica forma di salvadanai. Friederike Brun, che visitò la villa nel 1796, rimase incantata dal panorama e dalla frutta squisita, soprattutto dalle pesche che prosperavano nel giardino. Nello stesso periodo era ospite del duca Antonio Acquaviva, il geologo Scipione Breislac, professore di mineralogia del Corpo Reale d’Artiglieria a Napoli, che gli abitanti di Lacco soprannominarono «’u rompaprète». Visitò la villa, nel 1798, anche la contessa Anna Amalia di Sassonia Weimar e dalle terrazze dell’Arbusto rimase impressionata dalla vicinanza delle rocce della lava di Zaro e di Monte di Vico con rigogliosi giardini (Giovanni Castagna). Michele Bakunin * Ma la presenza che consegnerà alla Storia “Villa Arbusto” dell’Ottocento, fu quella di Michele Bakunin, che durante i cinque mesi circa (maggio-settembre 1867) di permanenza, maturò in via definitiva la sua vocazione sociale verso l’anarchismo, depurandola dai residui di nazionalismo e troncando per sempre con il marxismo. Fuggito nel 1864 dalla Siberia dove era stato deportato per le sue attività rivoluzionarie, si recò prima a Firenze poi a Napoli, dove diceva di aver trovato l’ambiente politico a lui più consono a contatto con il gruppo locale del Partito d’Azione. Dopo una lunga villeggiatura a Sorrento con la poetessa tedesca Ludmilla Assing - anche lei fuoriuscita per ragioni politiche - nel maggio del 1867 Bakunin si trasferì a Villa Arbusto. Già nel luglio dell’anno precedente era stato diversi giorni nell’Isola d’Ischia, ma non si hanno prove che avesse soggiornato a Villa Arbusto, piuttosto, molto probabilmente, a Villa Pannella (Palazzo De Siano) a Lacco Ameno. Lo si rileva da una lunghissima letterasaggio, datata Ischia, 19 luglio 1866 e indirizzata agli amici Herzen e Ogarjow. Oltre a disquisizioni di ca* Testo di Nino d’Ambra pubblicato in Villa Arbusto – Lacco Ameno, Istituto Grafico Editoriale Italiano, Napoli 1989, volume edito dal Comune di Lacco Ameno, in occasione della mostra di Antonio Manfredi Working “in”… blue. rattere strettamente politico, in essa si accenna anche alla principessa Z. S. Obolenskaja, moglie dell’allora Governatore Civile di Mosca e figlia del conte Ssumarokow, vecchio militare di carriera. Parla di lei con grande rispetto e simpatia, esaltandone le doti di fermezza e le sue potenzialità rivoluzionarie. Dalle sue espressioni già si intravedono i prodromi dell’idillio La Rassegna d’Ischia n. 3/2014 17 che sboccerà tra i due l’anno successivo fra i roseti e i lunghi viali ombreggiati dai gelsomini di Villa Arbusto. Michele l’aveva incontrata per la prima volta a Napoli e subito aveva contratto con lei una profonda amicizia. La comune fede, la lontananza dalla terra d’origine, il rifiuto di vivere nella società zarista che entrambi disprezzavano, li aveva subito spiritualmente avvicinati. Ma non dovette essere una componente secondaria l’indubbio fascino che la imponente figura di Bakunin emanava sia come uomo che come agitatore sociale. Sta di fatto che la Obolenskaja, l’anno successivo, dopo aver lasciato il principe consorte e i figli, raggiunse Michele a Villa Arbusto dove rimase con lui fino a settembre. E se è vero che il credo sociale di Bakunin arrivò a piena maturazione proprio durante il suo soggiorno a Villa Arbusto, la presenza della principessa non dovette essere né superficiale né fuorviarne, ma di vivificazione spirituale intensa, che solo la dedizione autentica può generare. E la cornice romantico-bucolica della Villa, tramandataci anche dai dipinti dell’epoca, dovette avere un suo ruolo di amalgama nella vicenda. Ai primi di settembre del 1867, Bakunin lasciò Villa Arbusto per Ginevra dove il giorno 10, con un gruppo di democratici napoletani, partecipò al congresso della “Lega della Pace e della Libertà”. Quando entrò nella sala, il mitico abbraccio con Garibaldi che presiedeva l’assemblea, mandò in visibilio il gran numero dei congressisti, fra cui tanti italiani. E il discorso che pronunziò al Congresso era stato preparato e approfondito nella dimora di Villa Arbusto, con la sua celebre espressione: «Guai alle Nazioni, i cui condottieri ritornano vittoriosi dalle battaglie. I lauri e le corone dei vincitori si trasformeranno in strumenti di sofferenza per i popoli!... Noi dobbiamo innalzare la Giustizia umana al di sopra di ogni interesse nazionale». Concludeva: «Finché esistono gli attuali Stati centrali, la pace generale è impos- Bakunin, Michail Alexsandrovitc. Uomo politico russo (30 maggio 1814-Berna 1 luglio 1876). Trasferitosi in Italia vi fondò l’Alleanza internazionale della democrazia socialista. Nel 1866-67 soggiornò a Lacco Ameno, ospite della principessa russa Olga Obolenskaïa, che aveva fittato parte di Villa Arbusto. Michail organizzava escursioni, concerti e rappresentazioni teatrali, svolgendo il ruolo di colui che negli alberghi svizzeri è detto “maître des plaisirs” e in Francia più prosaicamente “animateur de collectivité”, come si legge in una sua biografia, in cui tale periodo è esposto in un capitolo intitolato “Les délices d’Ischia” (18661867), pur aggiungendo che “la dolce vita” d’Ischia non gli impediva di ricevere misteriosi emissari e di continuare a spedire una intensa corrispondenza in tutta l’Europa (Madeleine Grawitz, Bakounine, France, 2000); «… La princesse (Obolenskaïa) avait loué pour l’été la moitié d’un hotel à Ischia, afin de loger sa famille et ses amis. Les Bakounine en faisaient partie et Michel organisait pique-niques, promenades en bateau, concerts et pièces de théâtre. Il dirigeait, commandait, jouant le rôle de celui que dans les hôtels suisses on nomme si joliment “maitre des plaisirs” et en France, plus prosaïquement, “animateur de collectivité. Ischia représente une halte dans la vie difficile des Bakounine». 18 La Rassegna d’Ischia n. 3/2014 sibile. Noi ci dobbiamo augurare la loro distruzione, affinché sulle rovine di queste unità di strapotere, che furono organizzate dall’alto in basso col dispotismo e le conquiste, possano organizzarsi unità più libere, organizzate dal basso in alto, come libere federazioni da comuni a province, da province a nazioni, e da nazioni a Stati Uniti d’Europa». Impegnato com’era Bakunin ad approfondire temi politici, nelle tre lettere-saggio da lui scritte durante il suo soggiorno a Villa Arbusto (7 e 23 maggio, e 22 giugno 1867) accenni all’Isola d’Ischia non ce ne sono, né al paesaggio né alla vita quotidiana. Solo nella prima, fra l’altro, scriveva: «Ora siamo venuti a Ischia, dove forse trascorreremo un mese o due o anche tre e aspetteremo il denaro dalla Russia». Denaro che probabilmente non arrivò mai, ma che poi per Michail Aleksandrovic non dovette più rappresentare un problema con la presenza della sua ricca compagna principessa Obolenskaja. Da Villa Arbusto inviò anche delle corrispondenze politiche che furono pubblicate sul giornale napoletano Libertà e Giustizia. Dopo e prima di Bakunin, altri personaggi soggiornarono a Villa Arbusto, ma lasciarono solo un nome, non un’impronta! * Il film liberamente ispirato dal romanzo di Stephen Amidon diretto da Paolo Virzì Il capitale umano di Carmine Negro È notte fonda, vigilia di Natale, un cameriere da catering, neanche più giovane, percorre la provinciale di una città brianzola per tornare a casa. La sua bicicletta fa fatica a squarciare il gelido freddo della strada. In una curva cieca un SUV che sopravanza spavaldo e sparato lo schiaccia lasciandolo agonizzante, vittima predestinata di un pirata anonimo. Questo incidente diviene l’espediente grazie al quale narrare la vita di diversi personaggi appartenenti a due famiglie: quella Bernaschi composta da Giovanni (Fabrizio Gifuni), sua moglie Carla Bernaschi (Valeria Bruni Tedeschi) e il loro figlio Massimiliano (Guglielmo Pinelli), appartenenti all’opulenza di un mondo legato alla speculazione finanziaria, e quella Ossola, in cui Dino (Fabrizio Bentivoglio), compagno di Roberta (Valeria Golino), psicologa, rappresenta un ambizioso e spregiudicato immobiliarista sull’orlo del fallimento. La famiglia Ossola è completata da Serena (Matilde Gioli), una ragazza legata sentimentalmente al figlio dei Bernaschi. L’incidente entra nella vita di queste due famiglie con un lento affiorare di indizi e dettagli che sembrano coinvolgere Massimiliano, il figlio di quella più ricca, che abita nella villa che sovrasta il paese, e Serena, la figlia dell’altra, piccolo borghese con aspirazioni di ribalta. “an engrossing if anxiety-provking tale about two families whose destinies are tied together by a road accident” (“… un avvincente e ansiogeno racconto di due famiglie i cui destini sono legati insieme da un incidente stradale”1) Deborah Young, Hollywood Reporter2 it dice di aver visto il film e di averlo molto amato. “La cosa che più mi ha colpito è l’abilità con cui Paolo ha saputo trasportare la storia dal Connecticut alla Brianza. Ci è riuscito perché credo si sia concentrato sulle relazioni umane e sui temi più profondi del romanzo. Invece di girare un film sulle caratteristiche peculiari di una certa regione, ha riflettuto su argomenti fondamentali come la famiglia e l’avidità.” “Capital” confirms Paolo Virzi as one of the more dynamic directors on the peninsula, blending biting commentary with expert narrational skills. (“Capital”, conferma Paolo Virzì come uno dei registi più dinamici della penisola, mescolando il commento pungente con esperte capacità di narrazione5) Jay Weissberg Variety6 “All’origine di questo progetto c’è innanzitutto un vero colpo di fulmine per lo splendido romanzo di Stephen Amidon, Human capital, ambientato nel decennio scorso in un sobborgo residenziale del Connecticut. Quei personaggi, quella vicenda, ci sono apparsi subito come emblematici di questo nostro momento, anche in Italia: la ricchezza che non trae origine dal lavoro, ma dalle più spregiudicate speculazioni finanziarie, le speranze mal riposte di elevazione sociale, l’ansia procurata dal denaro, una generazione di figli costretti a pagare il prezzo più alto in termini di felicità, a causa della spasmodica ambizione dei loro genitori, o della loro frustrazione”.3 Così parla del suo film Paolo Virzì nel giorno in cui viene presentato nelle sale italiane. Ed il primo fans del film è proprio l’autore4 che in una intervista per la rivista cineforum. In quella notte l’auto non si è fermata a soccorrere il ferito e il giorno dopo la polizia ha cominciato a indagare. Mentre la vita pian piano abbandona il corpo di quell’uomo in ospedale, scopriamo, attraverso i classici canoni del thriller, cosa sia la vita per le persone i cui destini si sono incrociati quella notte, su quella strada. Lo sconcerto che si prova andando a guardare da vicino i protagonisti di un banale fatto di cronaca, che sul giornale locale avrebbe meritato poco più di un trafiletto, consente di sviluppare il racconto dell’incidente da angolazioni diverse. Il dispositivo di filmare la stessa scena da diversi punti di vista è gestito con grande raffinatezza dal regista. Il ripassare ogni volta per certi snodi narrativi arricchisce la storia di particolari, consente allo spettatore di sentirsi coinvolto nella ricerca del colpevole. Dopo un prologo sull’incidente del ciclista il film si articola in quattro “capitoli”, con i primi tre a caratterizzare i personaggi. Per prima osserviamo la realtà sotto lo sguardo di Dino Ossola, immobiliarista che la crisi ha messo in difficoltà. Chiacchie- 1 Deborah Young Human Capital (Il Capitale Umano): Film Review Hollywood Reporter 14.01.2014 2 http://www.hollywoodreporter.com/review/human-capitalfilm-review-671023 3 Paolo Virzì Il Capitale Umano http://www.primissima.it/film/ scheda/il_capitale_umano/ 4 Roberto Manassero “Una comunità unita dal denaro” Intervista a Stephen Amidon, autore del romanzo “Il capitale umano” 22 gennaio 2014 http://www.cineforum.it/Interviews/ view/Una_comunita_unita_dal_denaro 5 Jay Weissberg Tribeca Film Review: ‘Human Capital’ Variety 14 aprile 2014 6http://variety.com/2014/film/reviews/tribeca-film-reviewhuman-capital-1201157301/ La Rassegna d’Ischia n. 3/2014 19 a lei è richiesta solo accondiscendenza. Per far rivivere un teatro fatiscente chiede aiuto senza successo al marito. Carla ha un breve flirt con il direttore artistico Donato (Luigi Lo Cascio); Virzì include una scena esilarante dei due nella sua home cinema a guardare “Nostra Signora dei Turchi” di Carmelo Bene. Le pretese di Donato tratteggiano la supponenza e l’egocentrismo di certi intellettuali cosiddetti illuminati. Il terzo punto di vista è di Serena Ossola, la figlia di Dino, la voce più autentica tra le tante pressate da apparenze e ambizioni asfissianti. Vuole per sé l’amore vero che ricerca in Luca (Giovanni Anzaldo) artista inquieto. Un quarto capitolo, a epilogo, chiuderà il tutto, svelando il mistero del guidatore-investitore. Paolo Virzì’s Human Capital borrows some elements from American Beauty — unscrupulous or unloving fathers, philandering mothers, and somber daughters lusting after unstable boys — but is overall a far more searing, scathing story of greed and familial self-destruction, told from multiple viewpoints.”7 (Il capitale umano di Paolo Virzì prende in prestito alcuni elementi da American Beauty - padri senza scrupoli o senza amore, madri insoddisfatte, figlie tristi alla ricerca di un’atmosfera ragazzi instabili - ma nel complesso è una graffiante e incandescente storia di avidità e autodistruzione familiare, raccontata da più punti di vista). Sam Weisberg, Village Voice8 rone, accento lombardo, sorrisetto spesso inopportuno, inconsapevole delle barriere sociali Dino ha un bisogno patologico di essere considerato un pezzo grosso. Approfittando della relazione della figlia Serena con il rampollo della ricca e potente famiglia Bernaschi, aspira ingenuamente all’ascesa sociale e all’arricchimento facile. Gli apre la porta dello scintillante mondo della finanza lo speculatore senza troppi scrupoli Giovanni Bernaschi. Il secondo capitolo è dedicato a Carla, ex attrice dilettante, moglie di Giovanni e poco più che un complemento nevrotico nella famiglia Bernaschi; 20 La Rassegna d’Ischia n. 3/2014 Il termine “capitale umano”, termine legale che designa il patrimonio netto della vittima di un incidente in una richiesta di risarcimento ci impone una domanda: ma qual è il valore economico della vita di una persona? Il capitale umano può rappresentare alternativamente il prezzo di una vita, la somma di un’ora di lavoro dopo l’altra, oppure il valore, unico e irripetibile, che possiede l’intensità dell’esistenza. Paolo Virzì nel suo film ha il merito di tematizzare il doppio significato di questa espressione: di confonderla e poi di scioglierla amaramente. E nei rapporti tra genitori e figli sottolinea un mancato passaggio fra le generazioni, una abdicazione di ruolo da parte dei genitori, incapaci o troppo “indaffarati” per educare i propri figli. Boris Sollazzo sul giornale “Il sole 24 ore” sintetizza bene il messaggio del film “Un thriller in cui una morte diventa il prisma attraverso cui guardare una società senza pudori di sorta, un luogo in cui tutto è monetizzabile: un amore, una figlia, un teatro, una vita”9. Con un avvincente costruzione e un perfetto gioco di squadra, il Capitale umano, sa raccontare con sapienza e capacità affabulatoria una faccia dell’Italia contemporanea, ma soprattutto narrare “… di come il denaro, l’ansia di moltiplicarlo, l’angoscia di perderlo, determini la vita affettiva, il destino, il valore delle persone10. Carmine Negro 7 http://www.villagevoice.com/2014-04-16/film/tribeca-filmfestival-2014/ 8 Sam Weisberg Tribeca Film Festival Offers Almost 100 Tough-Minded Flicks 16 aprile 2014 9 Boris Sollazzo Con «Il capitale umano» Virzì firma il suo film più bello. - Il Sole 24 Ore -Giovedì 9 gennaio 2014 10 Paolo Virzì Il capitale umano op. citata Sculture trecentesche nel Museo Diocesano di Ischia I PARTE Monumenti dei Taliercio di Ernesta Mazzella Nella preziosa collezione lapidea del Museo Diocesano di Ischia è custodita un’inedita e sconosciuta scultura trecentesca il monumento sepolcrale di Bornese Taliercio. La storia, ovvero la “fortuna o la sfortuna”, di questo monumento è molto interessante. Dell’intero monumento è stato ritrovato solo una parte, esso fu tagliato verticalmente e reimpiegato nella Cattedrale d’Ischia come soglia del gradino dell’altare maggiore. Il frammento venne alla luce durante i lavori fatti eseguire nella Cattedrale nel 1968-69 da Mons. Dino Tommasini. L’opera è stata catalogata dalla Soprintendenza nel 1985. L’autore della scheda afferma che la scultura “apparteneva alla famiglia, Bornese”1. Bornese in verità è il nome del defunto, mentre il cognome è Taliercio. Di Bornese Taliercio abbiamo poche notizie, che si ricavano dall’iscrizione frammentaria; dall’armatura indossata pensiamo che doveva essere un “miles”. L’iscrizione è in rilievo con caratteri gotici a destra del defunto: […] EDIFICATA DOTATA P(er) NOBILEM VIRU(m) (quon) DAM BORNESE TALERCI […] - ([…] Edificata e dotata dal nobiluomo Bornese Taliercio […]) L’Ughelli scrive che nel 1392 Bornese Taliercio fece costruire 1 Catalogo della Soprintendenza di Napoli, scheda della Cattedrale di Santa Maria Assunta d’Ischia n° 33. Sepolcro di Bornese Taliercio Museo Diocesano di Ischia il sacello di Santa Caterina nella Cattedrale, quando era vescovo di Ischia mons. Paolo Strina2. Lo storico Camillo d’Ambra, riprendendo una notizia data dall’Onorato nel suo Ragguaglio istorico topografico dell’isola d’Ischia3, ci 2 F. Ughelli, Italia Sacra sive de episcopis Italiae, voll. 10, cura et studio di N. Coleti, Venezia 1720, VI, p. 234. 3 V. Onorato, Ragguaglio istorico topografico dell’isola d’Ischia, Napoli, Biblioteca Naz. Vitt. E. III, Fondo San Martino Ms. 439. documenta che nel 1725 il vescovo Giovanni Maria Capecelatro trasformò l’antica Cattedrale in stile barocco: “si applicò ai restauri della Cattedrale per i quali, però, essa perdette l’architettura originaria. Forse l’intenzione era buona, ma in effetti con l’esecuzione di quei lavori si provocarono irreparabili guasti. Volendo barocchizzare la precedente struttura, le colonne di marmo che reggevano gli archi furono inglobate in tozze colonne di fabbrica, fu svelto l’antico pavimento maiolicato e fu distrutto l’ambone in mosaico facendo scempio di alcune fronti di sarcofagi i cui marmi, segati longitudinalmente, furono riutilizzati per soglie e per gradini”4. Il giudizio espresso dall’Onorato in merito ai restauri è stato più severo del d’Ambra infatti scrisse: “L’innovazione fattasi dall’anzidetto prelato recò del pregiudizio notabile, mentre si levarono delle urne, de’ lavori musaici e de’ mausolei, che delle lapidi ed iscrizioni, e si andiedero gettando per luoghi ignobili e per campagne, dove si osservano sin agli penultimi tempi, oltre di quelli che furono secati ed impiegati per incrocicchiare il pavimento. Quindi, esso prelato già che volle fare la navata dovea tenere cura ed attenzione di far conservare e nelle navate e nelle officine della Cattedrale e dell’episcopio tutte l’opere, e tutti li pezzi d’opera onde s’avesse in ogni tempo potuto guardare l’occorrente della chiesa cattedrale, e la dimostranza de’ segni e documenti della sua antichità”5. A causa di quest’operazione poco 4 C. d’Ambra, Ischia tra fede e cultura, Edizione Rotary Club isola d’Ischia, A. C. M. stampa Torre del Greco 1998, pp. 92-9 5 V. Onorato, Ragguaglio istorico topografico cit., f 142v. La Rassegna d’Ischia n. 3/2014 21 accorta furono scompaginati i sarcofagi che si trovavano lungo le pareti, le lastre terragne nel pavimento della chiesa e i marmi furono riutilizzati per uso di soglie o di gradini. Quando, nel primo decennio dell’800, fu abbandonata la Cattedrale antica, i canonici fecero trasferire nella chiesa di Santa Maria della Scala, nel borgo di Celsa, tutti quei marmi che poterono svellere e li riutilizzarono per ricostruire nella nuova cattedrale l’altare maggiore, il battistero e il trono vescovile. La scultura del Taliercio, dunque proviene dalla Cattedrale del Castello. Essa per molti anni è stata collocata in un deposito annesso alla sagrestia dell’attuale Cattedrale, in seguito trasferita nel Museo Diocesano. La provenienza la si può ricostruire grazie alla breve iscrizione superstite ove si legge il nome di Bornese Taliercio. L’Ughelli, come già detto, documentò il sepolcro e l’iscrizione. Nel Ragguaglio l’Onorato trascrisse in diversi fogli l’iscrizione di Bornese Taliercio: “Esisteva ancora nel medesimo Castello la nobile famiglia Talercia, oggi detta Talercio e Taliercio, della quale la seguente iscrizione si leggeva nella Cattedrale: Haec Capella edificata et dotata fuit per nobilem virum quondam Bornese Talaricium ubi jacet” e vi aggiunge “si leggeva” 6. È chiaro, quindi, che la tomba non era più in loco già nella prima metà dell’800. Aggiunge nel foglio 151v: “Aedificatum fuit sacellum divae Catharinae in cattedrali a Bernese Taliercio nobili viro. In lapide vero: Haec capella edificata, et dotata fuit per nobilem virum quondam Bernese Taliaricium ubi jacet. … Cotesta cappella è sita nel fondo della terza navata, a destra, ma nel quadro ci era ben vero la figura di san Lorenzo. In essa li signori Cossa ci vantavano iusso e 6 V. Onorato, Ragguaglio istorico topografico, ff. 122v-123 r. 22 La Rassegna d’Ischia n. 3/2014 l’arcivescovo di Brindisi, forsi ultimo di tale famiglia, ne fece cessione a beneficio de’signori De Manso, di cui feci parola.” La scultura è la parte residua del monumento sepolcrale della tipologia terragna7 di Bornese Taliercio, opera di uno scultore della seconda metà del XIV secolo. Questo genere di tomba è più importante della semplice lapide epigrafica, grazie al suo carattere personalistico, ma minore rispetto al sepolcro parietale. In genere, ma non sempre, questo tipo di tomba è riservato alla nobiltà “minore”, in quanto era una tomba economica. Il defunto è rappresentato giacente supino con le mani incrociate sull’addome. Scolpito all’interno di un edicola poggiante su colonna con capitello fogliaceo. Indossa un’armatura formata da una maglia metallica a metà coscia e un surcotto e porta una cintura bassa da cui pende la misericordia con semplice impugnatura. Alla gamba ha cosciale e ginocchiera, al braccio bracciale e gomitiera8. L’abbigliamento del milite è caratteristico degli anni settantaottanta del Trecento; tra i possibili riscontri si ricordano le effigi di Roberto d’Artois (†1383) in San Lorenzo Maggiore, del milite Tommaso (†1380) nell’Incoronata a Napoli e quello dell’Abbate nel Museo della Casa del Sole del castello Aragonese ad Ischia9. I ritratti dei gisant distesi sulle arche o nel pavimento e le immagini raffigurate sulle fronti delle arche ci 7 Cfr. E. Mazzella, Sculture trecentesche nel Castello di Ischia, in “La Rassegna d’Ischia”, 1, 2011, pp. 6-10; Tipi e forme della scultura funeraria a Ischia in età angioina, in “Ricerche Contributi e Memorie”, Centro Studi d’Ischia, vol. IV, in c.d.s.. 8 L. G. Boccia, L’armanento difensivo, in Enciclopedia dell’Arte Medievale, Istituto dell’Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani, Roma 2000, II, p. 465. 9 E. Mazzella, Sculture trecentesche nel Castello cit., pp. 6-ss. Sepolcro di Tommaso Abbate Ischia - Castello aragon., Museo del Sole offrono un campionario della moda del’300, che è parte viva e integrante dell’espressione artistica. Le modificazioni del costume maschile forniscono inoltre allo studioso preziose indicazioni anche ai fini della datazione del monumento. Sul piano stilistico per quello che si scorge si tratterebbe di un’opera di qualità corrente. Nella stessa cappella vi era il monumento sepolcrale di Antonio Taliercio del 1400, attualmente conservato anch’esso nel Museo Diocesano10. Del monumento sepolcrale di Antonio Taliercio11 si conserva la fron10 Guida al museo diocesano di Ischia, Grafiche Somma Industria Poligrafica, Castellammare di Stabia 2002, pp. 18-19. 11 Cfr. G. Alparone, Sculture del Medio Evo ad Ischia, in “Ricerche Contributi Sarcofago della famiglia Taliercio - Museo Diocesano d'Ischia te del sarcofago. Questa tipologia sepolcrale è costituita dal sarcofago pensile su colonne con la fronte e le testate scandite da sculture. Essa è d’origine toscana ed è trasmessa alla corte angioina dal grande Tino di Camaino. Sul coperchio leggermente spiovente porta raffigurata l’immagine del gisant a bassorilievo. Quest’ultima variante del gisant è molto interessante, perché è il risultato di una contaminazione di tipologie: la struttura duecentesca, probabilmente creata da Nicola Pisano, in seguito adottata da Giraldo da Como, diffusa poi nel Meridione da Tino, si coniuga poi con l’effigie del defunto, che è un retaggio d’Oltralpe, già adottato per gli alti ecclesiastici a Roma dagli scultori Pietro d’Oderisio e Arnolfo di Cambio12. Esempi di questa tipologia sono le tombe di Dialta Firrao e Letizia Caracciolo in San Domenico Maggiore in Napoli. Il Taliercio13 era sostenitore degli Angioini contro gli Aragonesi e dovette vedere decadere ben presto il suo prestigio; infatti fu costretto all’esilio e ne fa testimonianza lo spazio vuoto sulla tomba, difatti aveva fatto scolpire il suo nome e i e Memorie”, atti relativi agli anni 19441970, Centro di Studi d’Ischia, I ed. 1971, ed. cons. Tipografia A. Cortese, Napoli 1984, pp. 391-397. 12 S. Colucci, Sepolcri a Siena tra Medioevo e Rinascimento, Edizioni del Galluzzo, Firenze 2003, p. 129. 13 Biblioteca Antoniana Ischia, Ms., Al Signor Tenente Colonnello N. N. in nome de’ Patrizi della città d’Ischia. suoi titoli nobiliari, lasciando lo spazio per aggiungere la data di morte. Quello spazio è rimasto vuoto, prova che il Taliercio non ha compiuto i suoi giorni nell’isola d’Ischia. Nel 1423 Ischia era divisa in due fazioni: l’una faceva capo a Michele Cossa, l’altra a Cristofaro Manocio, con il quale si schierò la famiglia Taliercio e la Monti. Poiché la regina aveva concesso in pegno l’isola a Sergianni Caracciolo, a copertura di un prestito ricevuto di 2000 ducati, il Cossa si schierò a favore di Alfonso d’Aragona. I Taliercio al tempo degli angioini furono tra le famiglie più illustri. Avevano vasti possedimenti sul Castello, nell’isola in un territorio chiamato Cufa14. Un Bartolomeo Taliercio aveva lo ius patronato di una cappella nella chiesa degli agostiniani di Santa Maria della Scala15, nel borgo di Celsa ai piedi del Castello, oggi attuale cattedrale16. La più antica attestazione relativa alla tomba di Antonio Taliercio è anch’essa nell’opera dell’Ughelli. Lo storico documentò il sepolcro nella cappella di Santa Caterina nel14 Archivio della diocesi d’Ischia, Platea corrente dei beni del convento agostiniano di Santa Maria della Scala d’Ischia, XVIII secolo, f. 359 r. 15 Cfr. A. Lauro, La chiesa e il convento degli Agostiniani nel borgo di Celsa vicino al Castello d’Ischia, in “Ricerche Contributi e Memorie”, cit., pp. 651 – 67. 16 A. Di Lustro, Ecclesia maior insulana. La Cattedrale d’Ischia dalle origini ai nostri giorni, Punto Stampa, Forio 2010. la Cattedrale sita sul Castello Aragonese, e trascrisse l’iscrizione. Ed aggiunse che nella stessa cappella vi fu sepolto Bornese Taliercio, come già detto17. L’Onorato nell’800 confermò la stessa ubicazione del sepolcro ed aggiunse: “Nella Cattedrale, e nella navata a mano dritta, esisteva tale cappella, e propriamente nel fondo e con pittura continente l’Annunciata e Santa Caterina. Gli ultimi Cossa vantavano tale diritto su la detta Cappella di Santa Caterina”18. L’Algranati nel 1930 colloca la lastra murata “a sinistra dell’altare nella cappella del seminario d’Ischia”19 successivamente la cappella è stata trasformata ad ingresso per il Palazzo del Seminario. Oggi conserva ancora la medesima ubicazione e fa parte della collezione lapidea del Museo Diocesano. La lastra costituiva la parte frontale di un sarcofago con gisant ad altorilievo. La tipologia dell’arca con medaglioni figurati fu documentata per la prima volta a Napoli nel monumento di Caterina d’Austria in San Lorenzo Maggiore (circa 1324)20. Il monumento di Antonio 17 F. Ughelli, Italia Sacra sive de episcopis Italiae, voll. 10, cura et studio di N. Coleti, Venezia 1720, VI, p. 234. 18 V. Onorato, Ragguaglio istorico cit., f. 123 r. 19 G. Algranati, Ischia, I ed., Istituto italiano d’arti grafiche, Bergamo 1930, ed. cons. a cura di Ilia Delizia, Editore Tommaso Marotta, Napoli 1994, p. 79. 20 F. Aceto, Tino di Camaino a Napoli. Una proposta per il sepolcro di Caterina La Rassegna d’Ischia n. 3/2014 23 Ragguaglio istorico topografico dell'isola d'Ischia Paliotto dell'altare maggiore Arciconfraternita di S. Maria di Costantinopoli Taliercio non è un capolavoro, ma una stanca ripetizione di modelli noti e comuni della ricca produzione funeraria napoletana. La condotta del rilievo è alquanto dura, la stilizzazione delle figure raggiunge esiti quasi grotteschi nelle posture e nelle fisionomie. Probabilmente l’artista si è ispirato al sarcofago della famiglia Assante, in origine sul Castello Aragonese, oggi smembrato, i cui medaglioni sono stati divisi, alcuni adornano l’altare del Crocifisso nel Santuario di Santa Maria del Soccorso in Forio e il medaglione centrale del sarcofago è nel paliotto dell’altare dell’Arciconfraternita di Santa Maria di Costantinopoli in Ischia. La fronte del sarcofago è scandita da tre clipei modanati, contenenti al centro la Madonna Regina col Bambino, a mezza figura fiancheggiata alla sua destra da santa Caterina d’Alessandria, e a sinistra da sant’Antonio Abate. Negli spazi di risulta ai lati della Madonna in alto sono rappresentati due angeli, in basso due oranti raffigurati in ginocchio. Gli angoli sono occupati dagli stemmi della famiglia Taliercio, formati da uno scudo appuntato interzato in banda21. Sulla fronte è vergata in rilievo l’epigrafe continua in caratteri gotici, nell’incipit del margine superiore è scritto: † [HIC IACET] CORPUS NOBILIS VIRI ANTONII TALERCII DICTI INBRICII ET FILIO(rum) SUO(rum) QUI OBIIT nel margine inferiore: ANNO D(omi)NI M CCCC … DIE … M(en) SIS … QUO(rum) ANIME REQUIESCANT IN [PACE] AMEN (†Qui giace il corpo del nobiluomo Antonio Taliercio, detto Inbricio, e dei suoi figli, il quale morì nell’anno del Signore 14…, nel giorno…, del mese …, le loro anime riposino in pace amen). Ernesta Mazzella d’Austria e altri fatti angioini, in “Dialoghi di Storia dell’Arte”, 1, 1995, p. 10. 21 Cfr. G. C. Bascapè – M. Del Piazzo, Insegne e simboli. Araldica pubblica e privata medioevale e moderna, Editrice Felice Le Monnier, Roma, 1983. 24 La Rassegna d’Ischia n. 3/2014 Si pubblica, su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, il testo del manoscritto adespoto identificato come "Ragguaglio istorico topografico dell'isola d'Ischia", conservato presso la Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele di Napoli, Fondo S. Martino, ms 439, ritenuto, secondo quanto scrive A. Lauro (1970), «degno di attenzione da parte di chi si è interessato alla storia d'Ischia negli ultimi trenta anni». Ma «le conclusioni alle quali sono pervenuti i diversi studiosi, dopo esame più o meno diligente di esso, non sono concordi sul valore, sul tempo della compilazione, sull'autenticità dell'opera» (A. Lauro1). Rimandando ad altra occasione il riferimento specifico a coloro che hanno voluto ricercarne e valutarne gli aspetti controversi sopra indicati, diciamo che il manoscritto è diviso in tre parti con i seguenti titoli: 1) Ragguaglio istorico topografico dell'isola d'Ischia (fogli1-101). 2) Ragguaglio istorico topografico del castello d'Ischia (fogli 102-129). 3) Ragguaglio istorico ecclesiastico d'Ischia (fogli 130-174). Trascrizione del testo di Giovanni Castagna Parte VI Ragguaglio Istorico Ecclesiastico d'Ischia Precedenti inserti n. 3 giugno/luglio 2013 n. 4 agosto/settembre 2013 n. 5 ottobre/novembre 2013 n. 6 dicembre 2013 n. 2 aprile/maggio 2014 1) Lauro Agostino, A proposito di un manoscritto della Biblioteca Nazionale di Napoli, in Archivio storico per le Province napoletante, terza serie, anni VII-VIII - LXXXV-LXXXVI dell'intera collezione, Napoli, Società Napoletana di Storia Patria, 1970. Ragguaglio istorico ecclesiastico dell'isola d'Ischia VI Nel comune di Casamicciola, in dove ci fu sempre il lavorio della creta, che pure dell’Alume, oltre le tante acque minerali, prima del 13 secolo aveva de’ molti abitanti, e del clero; In fatti all’orché avvenne l’eruzione vulcanica delle cremate, o sia dell’arso, il popolo col clero formalmente nel tempiuccio di Santa Restituta si condusse, affine d’implorare grazie, onde si venisse esentatto dal flagello, e dalla calamità, e tale processione in memoria del funesto avvenimento, e delle grazie ricevute il popolo col clero prosiegue costantemente a fare celebrare nel 2° giorno di Pasqua; e contro l’opposizione si have sostenuta la costumanza. Se ci era parrocchia effettiva, o chiesa parrocchiale in esso comune, non ci è veruno lume, se non che si sa di certo, che nello spirituale, nello giudicare, e nell’amministrare si stava soggetto alli rispettivi governi, che esistevano nel Castello; Quello, che con raggionevole congettura si rileva, che coll’andare del tempo moltiplicandosi la gente ne’ comuni di Casamicciola, e del Lacco, si fu nella condizione di costruirsi una chiesa parrocchiale, la quale si denominò l’Annunciata, e si situò in un confine de’ sudetti due comuni, che avesse potuto somministrare li sacramenti e le occorrenze spirituali a tutti due li popoli ad eguaglianza. Per tanto Casamicciola essendosi in maggior modo moltiplicata, e la gente via più dispersa per il suo ben lungo, e disteso territorio, si dovè venire a formare una parrocchia, ed una chiesa parrocchiale, siccome fu costruita sotto il titolo della Maddalena, la di cui erezione conta molto poco: Anzichè nella stessa non essendoci notizia, e comparenza di chiesa antica, e diruta, si rileva in essa comune non esserci stata, né antica parrocchia, né antica chiesa; e forsi gli antichi per le cose sacre facevano uso di qualche Cappella; e ciò prima della detta chiesa parrocchiale, che fu costruita tra gli additati due confini. Li libri parrocchiali di Casamicciola benvero fanno evidentemente conoscere l’erezione della parrocchia essere di ben poche centinaia di anni. La parrocchia è della comune, ed il Parroco è di nomina degli Amministratori. Nella chiesa parrocchiale della Maddalena ci è un distinto quadro di essa Santa: Opera insigne del Cavaliere Farelli, ammirabile per il disegno, per il bel colorito, per il risalto, e per la bellezza: come della stessa mano è il quadro del Rosario. L’anzidetta chiesa è ben grande, e di buon’architettata costruzione. La congregazione di San Francesco Saverio, eretta dal Padre Francesco di Gironimo, contiene una pittura di esso Santo della mano, e del pennello del celebre Muto. La Cappella di San Rocco have il quadro della Vergine del gran pennello di Giordano. La congregazione detta Oratorio della Pietà, in cui sono ascritti moltissimi fratelli di quella popolazione, tiene una segnalata, e cospicua opera del Vaccaro, divisante il Divin Redentore deposto dalla Croce. Ci è di più la Cappella dell’Anime purganti. Esiste ancora un bel tempiuccio dedicato a Santo Antonio, bentenuto, e ben servito da un Cappellano salariato. Nel distretto d’essa comune ci è benvero un bel tempio della Casa Corbera dedicato a San Pasquale; in cui si fanno delle funzioni compite ecclesiastiche, ed in dove s’incontrano l’occorrenze spirituali della gran gente dispersa nel luogo denominato li Cittadini. Per la via della stessa comune si osservano ancora più cappelle con altari, che anticamente prestavano l’occorrenza della messa a vicini, ed a viandanti. Quanto sin ora si è descritto, fa rilevare, che tutte le opere di tale comune sono da poco tempo costruite; ed in essa, all’infuori di alcune buone pitture di tempo fresco, non ci è stato, e non ci è qualsiasi menomo monumento, che avesse fatto ravvisare idea di antichità, o di cosa memorabile: solo in certi luoghi si sono scoverti de’ gran ziri dinotanti antichità. Nella mentovata comune esiste benvero la grande pia publica opera del Monte della Misericordia di cui si è scritto distintamente nel ragguaglio dell’Isola, e sotto il titolo, ed epigrafe di Casamicciola. La chiesa parrocchiale del Lacco posta tra confini delli due accennati comuni, a quali ne’ primi tempi soleva prestare lo spirituale servizio, rimase solo per uso degli abitanti del Lacco. La stessa dappoi venne ridotta ad essere di molto distante dal corpo dell’abitazione, e nello stato di diruta, e di quasi cadente per un so chè di antichità veramente della sua costruzione di fabrica. La Rassegna d’Ischia n. 3/2014 25 Causa per cui pochi anni sono a ragione ben calcolata l’intendenza, e la sottointendenza particolarmente presero gli alti, e risoluti espedienti di far passare il parroco co’ sacramenti, e co’ sacramentali nella bella e benfatta chiesa del Rosario sistente nel mezzo, e nel vicino della popolazione di esso comune, in dove il parrocco fa le sue funzioni parrocchiali spirituali. Nella stessa il governo amministrativo per effetto di particolare dritto del comune, e del popolo ci aveva, e ci ha della giurisdizione; per cui il publico erario somministra l’occorrente e per il mantenimento, e per il sostegno. Il Parroco è di nomina di tutta la famiglia Monti; ed è il più proprio, ed aggiato per la rendita tra tutti li parrochi dell’Isola: Have belli territori vignati la parrocchia. In mezzo alla spiaggia, e seno di esso comune, ed in dove al presente ci è del molto abitato, esiste un bel tempiuccio, attualmente non ben tenuto in vero, di speciale spettanza della famiglia Monti. Opera costruita dal Signor Sebastiano Monti nel secolo 17, il quale in tale utile, e vantaggiosa costruzione da vicini, e congrui soffrì delle grandi, e forti opposizioni; e forsi all’effetto non ci sarebbe arrivato, se non fusse stato per il gran mezzo, per la massima autorità, e per l’eloquenza, e cristiana persuasiva dell’immortale Monsignor Rocca, che mettendo pace, e seminando le massime di Dio; fece venire al desiato fine l’enunciata opera; la quale sta sotto il titolo di…. Tra la campagna di tale comune ci è ancora alcuna cappella, che dà, ed apporta utile, e comodo alla gente per essa dispersa. Ne’ succennati luoghi più niun monumento si è rinvenuto, o pure, che ci fusse stato, e ci fusse, il quale avesse potuto far rilevare dell’antichità, o taluno confacente lume; Anzichè nè meno si è potuta tenere notizia di qualche illustre pittura: Solo nel tempiuccio de' Monti si osserva una statuetta di marmo bipalmare ritrovata a caso tra scavi, che si fece riputare per un’ercole. Ciò che fa distinguere cotal comune, onde può andare trionfante, e altero, è il tempiuccio dedicato a Santa Restituta, edificato ne’ troppo rimoti, ed antichi tempi: costruzione che in se stessa, e per se stessa, come in vigore di una costante tradizione porta, e dimostra tutti li veri caratteri dell’antichità, è formata in quel luogo allora si chiamava Eraclio. In questo luogo appunto la buona donna Lucina seppellì, ed ascose, la vergine, e martire Santa Restituta, siccome uniformemente colla fedele tradizione lo contestano li diversi antichi codici describenti gli atti della Santa: È vero che molte memorie, e leggende della chiesa fanno intendere, che Lucina nell’additato luogo vi fece erger una memoria in forma di tempiuccio, ma quello si osserva attualmente dà a divisare essere opera costruita verso la fine del quinto, o principio del sesto secolo; il quale in sé racchiude il caro pegno, e tesoro della Santa. 26 La Rassegna d’Ischia n. 3/2014 Gli antichi divisavano il sito a mano sinistra, in dove verso l’altare, e sopra la piccola paraustrata si volta l’arco, ivi, e dove si osservava una rozza lapide con alcune parole, e lettere fratte, che non danno a dinotare verun significato, o intelligenza, dicevano essere recondito il sacro Tesoro. Le favolette inventate della venuta di Costantino il Grande Imperatore in Napoli, della cura, e della pena si prese per fare trasportare le sacre reliquie nella basilica da esso a tale uopo costruita, che la gloria fama de’ gran prodigi, e miracoli da Dio operati nel sepolcro della Santa, danno evidentemente a significare, che li cittadini di Napoli con ansia somma le desideravano; Pertanto ad oggetto di evitarsi ogni attentato, ed aggressione gli abitanti del Lacco con savio consiglio trattarono di levare ogni indizio, e notizia, che poteva individuare l’esistenza del corpo della Santa in uno speciale luogo, e sito; e così la lunga tradizione fece poi cancellare la prima effettiva memoria; onde al presente se ne congettura il particolare punto dell’accennato sito, e luogo nel dato spazio del tempiuccio, salvo sempre però l’intiero spazio, ove è di somma certezza esistere il sacro Corpo. La gran divozione di tali abitanti, e di tutti gli isolani, che ancora delle città vicine, il gran concorso degli stessi nel riferito santuario per venerarsi il corpo della Santa, le antiche processioni per implorare le grazie in tempo di publiche calamità, gli antichi nomi apposti sempre alle donne isolane nel battesimo, il publico attestato degli antichissimi, e odierni governi dell’Isola per unica Padrona, e protettrice di tutta l’isola, e de’ particolari comuni dell’isola, ed infine la ferma credenza, la costante tradizione, gli atti della Santa, taluni scrittori, che di proposito si sono impegnati su l’assunto, e l’antichissima lodevole canonica prattica, e consuetudine di non farsi sotterrare, e di non sotterrarsi, e seppellire giamai nel sudivisato, ed enunciato tempiuccio cadaveri de’ cristiani, e di qualunque grado, e condizione essi fussero, e sarebbero stati, patentemente fanno conoscere, e rilevare esistere con effetto il sacro pegno, e il sacro corpo della Santa Restituta vergine, e martire nell’additato tempiuccio, luogo unicamente inteso, e nomato Eraclio, indi, e da rimoto tempo Santa Restituta. A cotale antichità, e verità ci si unisce un’iscrizione incisa in una tavola di marmo situata, ed apposta al muro destro di esso tempiuccio, che attacca all’arco, ed all’entrata dell’altare, della quale situazione non ci è affatto memoria, né notizia di tempo; Però tale iscrizione essendo composta in lingua veramente latina, ed in tempo, che correva ancora la purità delle iscrizioni, e degli adattati vocaboli latini, fa divedere, e conoscere di essere composizione o della fine del terzo secolo, o del principio del quarto: Anziché lo stesso nome proprio non usato, né inteso nel propagamento della cristianità fa confermare l’intelligen- za, e la verità del tempo rimoto, ed antico dedotto. L’iscrizione è la seguente. M E M O R IAE SALLVVIAE N E V I L LAE F I LIAE PIENTISSIMI PAR E N T E S Si nota, che se nel tempiuccio della Santa si permetteva l’apposizione di un marmo, tutta volta era con fermezza negato il seppellimento di qualunque sia soggetto, per dimostrarsi una perfettissima venerazione verso l’insigni reliquie della Santa; e se taluni per la cordiale divozione verso la stessa si volevano accostare verso il tempiuccio, venivano seppelliti in un cimitero costruito all’aria aperta avanti la porta del medesimo. Pertanto avanzando sempre la divozione de’ fedeli, e con essa il concorso degli stessi da per ogni dove, affine di visitare la Santa, siccome avanzarono le solenni funzioni, e con tale pompa, onde l’Imperatore Carlo V fu mosso per il maggiore splendore ad accordare la fiera, e le nundine, o sia l’immissione de’ generi da vendersi coll’esenzione de’ pesi nel giorno della festività del 17 di maggio, che prima, e dopo ancora; e la gran moltitudine, e la gran concorrenza non potendo tenere comodo nel tempiuccio gli accennati divoti, e fedeli s’impegnarono, e si cooperarono a far costruire immediatamente attaccata al tempiuccio una piccola bella basilica, di modo, che un di lui lato forma buona parte della stessa, per cui si entra ancora nel medesimo tempiuccio, e con disegno, che siccome la porta dell’entrata dell’istesso corrisponde all’Est, e l’altare maggiore al Vest, nella medesima forma corrisponde la nuova basilica. In essa ci venne situata l’immagine della Santa assai bene scolpita, e colorita in legno; ed acciò il culto fusse mantenuto con ogni attenzione, de’ predetti due tempii se ne incaricò la cura alli frati del Monte Carmelo, o sia ordine Carmelitano, che dimesso, venne costituito un Rettore. Cotale opera esiste al piano di sotto al monte di Vico, che riguarda l’Est, e il Sud; è poco distante dal luogo detto alle rive, e proprio da quella parte dello stesso monte, che mira il vest. Sì nel conventino, e sì nell’anzidetta basilica non si osserva il menomo monumento, che recasse distinzione, o curiosità, o ammirazione. Il Baronio nelle note al martirologio romano assenta, che in Napoli, ed in Cartagine vennero eretti dei tempii in onore della Santa: Ma quanto avrebbe l’uomo dotto scritto assai meglio, se avesse notato, che un tempio fu eretto nell’isola d’Ischia, e propriamente nel Lacco, dove arrivò per divina provida disposizione il Sacro pegno, ed ove si conserva: Mentre per Napoli si disdice lo scrittore, e fa intendere di avere abbagliato: Per Cartagine poi è certo, che né monumento, né scrittore lo fa rilevare, come non lo dice, e non fa intendere. Solo in Sicilia ci è pittura antica, e ci è speciale memoria in quel martirologio. Dal descritto luogo, e confine per una tirata di via carozzabile costruita su l’altura di una lunga, larga, antichissima, terribile, e spaventevole vulcanica eruzione si và ad uscire, e calare ne’ tenimenti, e nella giurisdizione del comune di Forio, il quale siccome contiene una lunghissima, larga, distesa, e ferace pianura tendente sin al confine di Serano, e Fontana nomato il Ciglio, così contiene un maggior numero d’industriosi abitanti al disopra di ogni altro comune dell’isola, abbenchè fusse stato l’ultimo ad abitarsi. Sicchè calatosi ne’ tenimenti di Forio s’incontra una chiesa molto bella dedicata alle Anime del Purgatorio di totale padronato della famiglia Ascia; come verso il mare, ed in totale vicinanza della cennata eruzione, un’altra bella chiesa amministrata da un Romito; e sì l’una, che l’altra somministrano tutto il comodo, e servizio spirituale agli abitanti dispersi per quelle campagne. La seconda chiesetta è dedicata alla Madonna di Monte Vergine, il di cui quadro originale sistente nel dimesso monastero di Montevergine ne’ tenimenti di Avellino si vuole traslato da Costantinopoli. Immessesi nell’abitato di Forio, si trovano due chiese parrocchiali: una sotto il titolo di San Sebastiano, e l’altra sotto il titolo di San Vito: le quali sono di attinenza del comune; e li Parrochi sono di nomina degli Amministratori. In esse, e fin dal tempo delle di loro istituzioni ci erano due rispettivi parrochi, che rispettivamente tenevano, ed usavano la cura sopra quelli naturali parrocchiali a medesimi tra confini assegnati. Da pochi anni a questa parte per effetto di nuova disposizione spirituale li due parrochi si sono ridotti ad uno solo; e colla condizione, che nelle due chiese parrocchiali standosi destinati due sacerdoti economi per la rispettiva amministrazione de’ Sacramenti, e cura, dipendenti però essi sempre dal Parroco, il medesimo è passato a fare le funzioni parrocchiali, e ad amministrare la cura, e le cose spirituali della comoda, atta, e bella chiesa, che esiste al centro dell’abitato, nominata Santa Maria di Loreto. Si nota, che in appresso il tutto venne cambiato, e ridotto all’antico primiero stato; onde nelle due parrocchie sistono due Parrochi, ed in esse antiche chiese parrocchiali li due Parrochi esercitano distintamente le di loro funzioni, e spirituali amministrazioni. Cotale chiesa è laicale, è ricca, e viene amministrata puntualmente da quattro economi amministratori del comune, i quali hanno ancora la cura, e l’amministrazione delle rendite di un luogo che pota il nome di ospedale. La Rassegna d’Ischia n. 3/2014 27 L’istituzione delle parrocchie di Forio è l’ultima de’ comuni dell’isola. Al lato di Santa Maria di Loreto ci è una gran cappella d’istituzione laicale per uso di confraternita. Nel medesimo abitato s’incontrano due altre chiese sotto li titoli di San Gaetano, e di Sant’Antonio Abate, che per le cose sacre, e per la celebrazione delle messe danno ancora comodo a quelli naturali. Un poco fuori l’abitato ci è la chiesa di San Francesco di Assisi, amministrata, e servita da Frati di tale ordine con ogni possibile cura, attenzione, e pulizia; e che presta del gran comodo, e dell’opportunità spirituale ad essi naturali. In tutte le divisate chiese, forsi nulla ci è di raro, di distinzione, e di ammirazione, e come nulla ci è di particolare, e di considerazione nelle stesse, così niuna notizia si è tenuta, e si è potuta tenere. Una cappella sembra avere qualche lume di antichità, la quale sotto il titolo di S. M. del Soccorso esiste su certo masso di pietra, o di scoglio, ed è di gran divozione di quelli naturali: Ci era un conventino, il quale dimesso, le rendite furono destinate per incorporarsi ad un seminario, come avvenne. Quella Cappella sistente in Forio è veramente cospicua, fatta all’ultimo buon gusto, e dispendiosissima: Un sacerdote di cognome Regine ben comodo a suo carico, e dispendioso fece costruire in un luogo alquanto ignobile vicino alla propria abitazione, e di sopra al mare l’accennata cappella, e con altare di finissimo, e ben lavorato marmo la guarnì intieramente dello stesso, siccome dappoi ci aggiunse una sacristia, la quale benanco guarnì di marmi fini ed è tale, bella, e sì ben costruita la sacristia, che la bella, ed adornata cappella pare servirla, che essere servita. per le popolazioni sono utili; siccome tiene una villa denominata Panza, in dove ci è una parrocchia, sotto il titolo di San Gennaro: per essere povera non si è più provvista di parroco, ma viene amministrata, ed è in cura di un sacerdote curato. Il comune di Fontana tiene una chiesa parrocchiale: essa è la più antica di tutta l’isola, all’infuori dell’antica chiesa parrocchiale, ed indi cattedrale sistente nel Castello; e dell’antica chiesa parrocchiale sita nella falda di Campagnano sotto il titolo di San Vito: la detta chiesa parrocchiale essendo divenuta diruta, e sotto il titolo dell’Assunta, il parroco è stato costretto ricercare un’asilo dentro una chiesa di padronato della famiglia Mattera sotto il titolo di Sant’Antonio; ma senza dritto. L’antichissima parrocchia sotto il titolo di Santo Andrea, che si rese diruta, e profanata ne’ rimoti tempi ha perduta la memoria del proprio sito, mentre li vicini si usurparono tutto lo spazio, e lo fecero divenire territorio; se non chè facendosi de scavi, sempre s’incontrano pezzi di fabriche, e ruderi. Cotale parrocchia è stata sempre riputata per una cattedrale, essendo sicura notizia, che la casa, ed abitazione vescovile era congrua, ed attaccata alla stessa, siccome la tradizione è stata sempre fedele, e costante. Li Vescovi pro tempore o perché tenevano in Serano Inoltre trattò comprare quanti piccoli quadri li riuscì di ottenere, de primi pittori di Europa, e li situò nell’enunciata cappella, e sacristia: Bastando dire, che l’anzidetta opera è di tale perfezione, e splendore, che spinge la curiosità, e la ricerca de forestieri per vederla, osservarla, e notarla. L’arricchì di argenterie, di mobili, e di suppellettili preziose: Del pari che l’adornò di quattro grosse statue d’argento fatte, e lavorate a posta: ma queste con sommo giudizio degli eredi non comparvero più, quando principiò sentirsi, che gli argenti superflui delle chiese si dovevano impiegare per le necessità, ed occorrenze dello stato. Il mentovato sacerdote si chiamava D. Pietro Regine. Si nota, che anco il Rè Ferdinando Borbone s’indusse a vedere, e visitare la prefata opera. Forio tiene per le campagne delle Cappelle, che anco 28 La Rassegna d’Ischia n. 3/2014 Pagina originale del Ragguaglio una Baronia, o perché un tale luogo era sicurissimo, ed al coverto di ogni aggressione, o perché si trovavano alle volte inviluppati nelle fazzioni delle quali il Castello era solito soffrire, spesso erano soliti condursi in Fontana, ed ivi dimorare, che solennizzare le funzioni vescovili in essa chiesa di Sant’Andrea. Il possesso in cui si trova costantemente, e pacificamente la chiesa parrocchiale di Fontana, che nel canto della Gloria il Sabato Santo sonando le campane, all’ora possono sonare, e sonano le campane delle parrocchie di Serano, di Testaccio, di Barano, e di Monopane; altrimenti non possono sonarsi, se quella non suona; ha fatto in ogni tempo rilevare che un tale possessorio, e giurisdizione è derivata dal dominio de’ Vescovi, e dal rispetto che si portava a Santo Andrea, quando nella gloria sonavano le campane della stessa, all’ora potevano sonare le campane delle divisate parrocchie. Lo stesso lodevole uso si osservava, e si osserva in ordine alla Cattedrale vescovile, che all’ora possono sonare le campane delle chiese del Castello, e di tutte le chiese dell’attuale città, e ville, quando nella gloria del Sabato Santo si sono sonate nella Cattedrale. La prefata chiesa di Sant’Andrea ne’ tempi antichi veniva chiamata col sopranome di Sacra, perché il Vescovo dimorando in Fontana, e trovandosi presso di lui altri Vescovi rifuggiati, si determinò a consacrarla. Quando la medesima divenne diruta, e profanata tutti li pezzi, e li ruderi della consacrazione passarono nella nuova chiesa parrocchiale dell’Assunta, causa per cui venne benvero denominata, e chiamata la Sacra. Colli ruderi della dimessa chiesa di Sant’Andrea si trasportò ancora una tavola marmorea, in dove stava incisa una iscrizione, e stava sita su la porta maggiore, siccome poi si situò su la porta della parrocchia dell’Assunta, in dove al presente esiste. Questo desiderabile documento e per la cancellatura, e per la lingua quelli preti non furono mai capaci intendere, e copiare; Anzichè si sono scusati, dicendo, che taluni viaggiatori passando per Fontana, impegnati ad esaminare, leggere, e capire l’iscrizione non poterono divenire all’intento, ed all’effetto. Tutta volta però si è osservata da buon’occhio la sopramentovata lapide, e si è rilevato che le arma, e le insegne siano vescovili: donde sempre viene confermata la notizia di aver tenuto li vescovi antichi speciale assistenza spirituale e giurisdizione in Fontana, e nella chiesa di Sant’Andrea. Ciò invero fa distinguere, fa risplendere, e fa rilevare l’antichità della predetta chiesa, e quella colonna trovata tra li ruderi di Sant’Andrea: colonna di marmo apprezzabile, della quale ci è stata occasione farne replicata menzione; e fa meraviglia come ne’ tempi antichi, e rimoti si potè trasportare sopra Fontana tale colonna, quando nè per mare, nè per terra all’ora ci era via per potersi trasportare. Essa è di colore, che batte al verde, lunga palmi sei, e mezzo, e del diametro di un palmo, e mezzo, e più. Ci è in Fontana la confraternita sotto il titolo della Vergine delle Grazie, come ci è una Cappella di Sant’Antonio padronata delli Mattera. Il Parroco di Fontana have una buona rendita; e ciò non ostante se ne fa cadere la chiesa parrocchiale senza riattarsi. In Serano ci è un’altra parrocchia sotto il titolo della Madonna del Carmelo: essa è povera, e viene amministrata da un sacerdote curato. Nella medesima nulla ci è da osservarsi, e da notarsi.In tale territorio ci è una confraternita sotto il titolo del Rosario. Perchè il territorio è disteso assai, disperse tra luoghi si sogliono incontrare delle cappelle, le quali danno agli abitanti di campagna il comodo della messa ne’ giorni festivi. Ne’ tenimenti del comune di Fontana, e Serano esiste il monte Epomeo, nella di cui cima sta costruita una cappella sotto il titolo di San Nicola di Mira, e Bari. Nella stessa cima ci stanno incavate delle celle, e delle officine. Negli troppo antichi tempi, come al presente veniva tale luogo servito da un Romito, che soleva nelle feste far celebrare la messa da un sacerdote; ma attualmente un sacerdote si è ritirato in esso romitaggio; e pure l’have abbandonato. Costì appunto D.na Beatrice de la Quadra colle di lei compagne voleva fondare un monastero di perfetta clausura, ma fu costretta a levarsi da tale dimora verso la fine del 14 (sic) secolo per l’intemperie dell’aria, e ritirarsi nel Castello, dove eresse un monastero di gentildonne sotto la regola di San Francesco d’Assisi con titolo della Madonna della Consolazione. In esso romitaggio alcun’anno prima della mettà del secolo 18 si ritirò il Capitan tedesco Monsieur D’Argout, essendo al comando del Castello in qualità di castellano. Egli aiutato da Dio si determinò ad abbandonare il mondo all’insaputa di ognuno: Rannicchiato in una di quelle celle, esercitato da malori di podacra, e chiragra, confinato in un letto, appena due, o tre volte uscì dal suo ritiro per vantaggi del suo romitaggio. Sempre ilare, sempre costante, sempre uniforme al divino volere, ed in alto grado sereno nell’anno 1748 passò all’altra vita. Ridusse il romitaggio ad un reale, e sacro santuario, lo pose sotto la regola, e si recitavano nella cappella l’ore canoniche, e si celebrava giornalmente la santa messa al suo tempo, e nella forma rigorosa, che lo più stretto ritiro La Rassegna d’Ischia n. 3/2014 29 camaldolese celebrare poteva, e doveva. curato ha dovuto ricercare un’asilo precario per l’amministrazione de’ sacramenti, e delle funzioni in un tempiuccio di famiglia… sotto il titolo….. sistente in mezzo all’abitato. Tirando il mezzo soldo, lo erogava per il bene de romiti, e per la decorosa, e splendida tenuta, e comparenza del romitaggo, e della Cappella. L’attuale curato ave rimessa in decoroso, e risplendente aspetto la Parrocchia, e ci ave fatto della buona spesa; ed in dove si fanno già le funzioni parrocchiali. La stessa adornò di tante diverse reliquie, e sacre ceneri, che si fece venire da Roma; e tale cappella la portò a tale lodevole condizione, che avrebbe potuta fare la sua luminosa figura in mezzo di città religiosa, e civilizata. In essa all’infuori di riputarsi di essere un’opera costruita da molti, e molti secoli, nulla ci era, e ci fu da osservarsi, e da notarsi. Colla morte del sudetto fra Giuseppe Monsieur D’Argout finirono lo splendore, l’ordine, e la buona tenuta, e le sacre funzioni nell’enunciato romitaggio, e cappella, dove attualmente esiste un solo romito, ed un sacerdote ivi ritiratosi. Nell’intelligenza di essere stato impossibile a poter stare uniti, e dimorare due romiti nello istesso luogo; siccome l’accennato sacerdote ancora se n’è dimesso, ed è passato ad abitare altrove. L’altra chiesa parrocchiale è di Barano sotto il titolo di… ed in essa nè meno ci è cosa rimarchevole da segnarsi. Nel di lei distretto ci è la Cappella di San Sebastiano, ed una numerosa confraternita. Nella di lei villa di Pieo ci è la bella, e ben tenuta cappella dell’Immacolata Concezione di padronato di Meglio, che dà il comodo a grande popolazione. San Nicola comparisce in una statuetta di marmo, che dà a divisare un’antichità. Nello stesso eremo nel principio del secolo 18 morì con fama di santa vita un tale fra Giorgio di Baviera. La chiesa parrocchiale di Monopane sotto il titolo di…. È di padronato di talune famiglie cittadine della Città, la quale non contiene, nè indica cosa distinta da notarsi, e da segnarsi. Tre contrade che formano tre parrocchie, e due comuni, uno di Testaccio, l’altro di Barano, hanno tre parrocchie, di Testaccio, di Barano, di Monopane. Ciò che ha di particolare l’è quello di essere una parrocchia di buona rendita, e che somministra al parroco il mezzo da sostenersi, onoratamente, e di poter portare li pesi della parrocchia; ed è una delle tre parrocchie comode delle diocesi; una del Lacco, la seconda di Monopane, la terza di Fontana: essendo tutte le altre prive di rendite, e di comodità. La parrocchia di Testaccio sotto il titolo di San Giorgio è la chiesa più antica degli additati luoghi, che ne’ rimoti tempi somministravano li sacramenti, e la cura alli di loro rispettivi abitanti: Essa per la lunghezza del tempo, e per la mancanza delle rendite, e del soccorso caritativo si è resa in tal modo diruta, e cadente, che quello economo Fine 30 La Rassegna d’Ischia n. 3/2014 Tempo di compilazione e autenticità del Ragguaglio Il Padiglione1, che pubblicò il catalogo del fondo di S. Martino della Biblioteca Nazionale di Napoli, fa risalire il manoscritto al secolo XVIII. Secondo uno studio di Mons. Agostino Lauro, si deve concludere che «la sua stesura deve essere avvenuta in un arco di nove anni circa tra il 1816 e il 1824». Il “terminus a quo” viene fissato dall’espressione «… nel castello (d’Ischia), all’infuori di pochissimi militari, appena, nel 1816, esistono tre o quattro paesani» La compilazione certamente perdurava negli anni posteriori al 1818, come si ricava dal tono della periodazione e dai tempi usati nel descrivere quale avvenimento lontano negli anni il solenne ingresso in diocesi dell’ultimo vescovo conosciuto dall’autore, mons. Giuseppe Scotto d’Amante (1818-1843). Inoltre, mentre il testo si dilunga sulla sicurezza di ancoraggio della rada di sant’Anna, presso il castello, in una nota marginale, evidentemente molto posteriore al 1819, riferisce il fatto inaudito di un bastimento spagnolo carico di mercanzie, che per errata manovra del capitano «… nella notte de 17 a 18 gennaio 1819... trascinandosi le ancore andiede ad imbattersi in una scogliera… dove naufragò». Questa come altre note a margine, che si richiamano al 1818 furono apposte in anni lontani da quello precisato, giacché vi si riferiscono in forma retrospettiva, come ad un passato molto remoto. Il 1824 si deduce quale termine massimo «ad quem» da altra espressione del testo: «… nell’anno 1759 (Carlo III)... rinunziò li suddetti due regni al figlio il re Ferdinando, che li sita oggi possedendo pacificamente». Poiché Ferdinando IV morì il 2 gennaio 1825, la stesura del manoscritto dev’essere anteriore a quell’anno. Maggiormente controversa è l’autenticità dell’opera. Dal contesto si desume inequivocabilmente che l’autore ne sia un sacerdote. Gina Algranati, che utilizza abbondantemente dati, notizie ed affermazioni del manoscritto, ritenne che l’anonimo debba identificarsi con il sacerdote di Forio, don Domenico Verde2. II Verde però non può essere chiamato in causa a nessun titolo. L’opinione dell’Algranati viene scalzata da ragioni perentorie e definitive. 1 C. Padiglione, La biblioteca del Museo Nazionale nella Certosa di S. Martino in Napoli ed i suoi manoscritti, Napoli 1876. 2 Gina Algranati, Ischia, Bergamo 1930, pp. 62-64. Al foglio 86 l’autore divaga su un particolare di cronaca e scrive, tra l’altro: «… nella divisata spiaggia (di Cetara, a Forio) a 23 aprile 1770 un pesce di gran mole morto… si fermò… In quel tempo mio padre si trovò eletto ed amministratore ed in tale occorrenza mi presi la cura di farne da un pittore dilettante di Forio tirarne e formarne un ritratto…». L’Algranati ne argomenta che, siccome un sacerdote di nome Domenico era figlio di un tal Francesco Verde in carica di sindaco di Forio in quell’anno 1770, a lui deve attribuirsi la paternità del manoscritto. Si deve escludere per le medesime ragioni, come autore del manoscritto, anche il sacerdote Raffaele Onorato, canonico arciprete della cattedrale, proposto anch’egli, in modo risolutivo, sia da Maria Algranati3, sia da mons. Onofrio Buonocore4. Bisogna convergere e concordare a favore di un terzo personaggio, per il quale si aggiunge una prova che sembra definitiva. L’autore del ms. è la stessa persona che ha steso di suo pugno alcune deliberazioni capitolari, diversi testi di corrispondenza ufficiale ed altri documenti contenuti nel registro 1803-1814 delle sedute del Capitolo cattedrale d’Ischia5. Anche ad un esame comparativo sommario tra questi atti e il ms, non può sfuggire che in ambedue i testi ha operato la stessa mano; vi si nota uguale stile e la medesima forma; ma, ciò che è più evidente e che più conta, vi si ravvisa identica grafia. C’è una sola differenza: mentre nel «Ragguaglio» l’estensore non ha apposto la firma, tutte le carte capitolari sono autografate dal nome dell’arcidiacono Vincenzo Onorato, zio paterno di Raffaele6. Egli nacque in Ischia il 25 aprile 1739 da Ignazio e da Isabella Conti; studiò nel seminario diocesano e fu pro3 Maria Algranati, Storia dello Scuopolo, Milano 1957, pp. 2426. 4 Onofrio Buonocore, Ischia, piccola Atene del golfo partenpeo, Napoli 1958, pp. 60-64. 5 Archivio del capitolo della cattedrale d’Ischia, Registro delle sedute capitolari dal 1803 al 1814, v. verbali e fogli inseriti tra l’anno 1809 e l’anno 1813. 6 Ibidem, a f. 27, per due volte vi è affermato che don Raffaele Onorato sia nipote dell’arcidiacono Vincenzo Onorato. Questi, a causa di tale parentela, viene inabilitato nell’esercizio delle sue funzioni di giudice prosinodale durante il concorso bandito per la provvista della parrocchia dello Sp. Santo, al quale partecipava don Raffaele nel 1804. La Rassegna d’Ischia n. 3/2014 31 mosso alla prima tonsura ed ai primi due ordini minori il 25 giugno 1758. Venne ordinato sacerdote il 28 marzo 1763. Gli fu conferita la seconda dignità capitolare, l’arcidiaconato, nel luglio del 1789. Vincenzo Onorato dunque, nel 1757, contando diciotto anni, aveva già concluso il ciclo degli studi classici, per i quali dimostrò intelligente predilezione durante il corso della sua vita; si giustifica, in tal modo la sua iniziativa di voler trascrivere il testo delle iscrizioni incise sulle «bentirate tavole di marmo». Nel 1770 poi, quando il mare rigettò il cetaceo morto sulla spiaggia di Forio, suo padre Ignazio era effettivamente «eletto» dell’università d’Ischia in coppia con Gennaro Cardilli. Dal registro delle sedute capitolari l’Onorato risulta assente dal 1828 fino a quando non compare come suo successore nella carica di arcidiacono don Giovanni Garofalo. Egli morì il 20 agosto 1829 all’età di novant’un anno «nella casa di sua abitazione … a Ischia contrada Stradone7; perciò era domiciliato senza dubbio nel palazzo sito allo Stradone che fu già del protomedico Buonocore, e costruito su degli scogli a picco sul mare. Questo particolare ci conferma essere lui e non altri l’autore del ms. Difatti quando si sofferma nella descrizione delle acque termali che sgorgano sulla costa settentrionale dell’isola, accennando alla sorgente cosiddetta «dei sassi», già fin d’allora sommersa dalle onde a causa del bradisismo negativo cui va soggetta l’isola intera, scrive: «Questi bagni esistevano sotto la casa di mia abitazione, la quale sta edificata sugli accennati sassi ed immediatamente sul sito laterale alle dette acque». Chi si affacci dal loggiato, al primo piano di quel palazzo in via Stradone, guarda precisamente sul sito dove una volta sgorgavano le acque. Che l’autore del manoscritto sia l’Onorato e non il Verde ci viene connfermato, infine, dal dott. Chevalley de Rivaz nella sua opera sulle acque termo-minerali 7 Comune d’Ischia, Archivio di stato civile, Registro degli atti di morte dell’anno 1829, f. 21, n. 41. 32 La Rassegna d’Ischia n. 3/2014 d’Ischia8. A p. 50 in nota, il De Rivaz lo cita in maniera così esplicita da non lasciar dubbio alcuno: «Onorato, Saggio istorico ecclesiastico sull’isola d’Ischia, manuscript inédit qui se trouve entre les mains d’un neveu de cet auter». Illustrando la figura del vescovo Michele Cossal (1453-1464) il De Rivaz traduce quasi letteralmente il giudizio che l’autore del ms. esprime su quel prelato. È certo che il De Rivaz voglia riferirsi a questo e non ad altro ms., giacché lo ebbe presso di sé nel 1840; ne numerò i fogli di suo pugno, annotò sull’ultima facciata: «sono fogli 174. Ch. De Rivaz… MDCCCXL» e vi impresse, al di sotto (oltre che sul margine sinistro, in alto, della prima facciata) il timbro del «Vice Consolato Pontificio in Ischia», che egli stesso reggeva, come già rilevò il Padiglione. Il D’Ascia9 poi, a proposito del vescovo Cossal, scriveva: «In un’opera ecclesiastica, manoscritto inedito, il fu canonico Onorato del Comune d’Ischia, lasciò notato che questi fu modello de’ vescovi ed il re Alfonso ne fece la più grande stima». Nel periodo in cui fu composto il manoscritto adespoto ed inedito vivevano nel Comune d’Ischia altri sacerdoti dal cognome Onorato, ma oltre a Raffaele già menzionato, nessun canonico della cattedrale porta quel cognome se non Vincenzo. Queste riflessioni critiche dimostrano con sufficiente chiarezza che l’opera manoscritta non è stata composta né dall’arciprete Raffaele Onorato, né dal sacerdote Domenico Verde, bensì dal canonico arcidiacono Vincenzo Onorato. Note tratte dallo studio proposto da Agostino Lauro, pubblicato nell’Archivio Storico per le Province Napoletane (a cura della Società Napoletana di Storia Patria) - Terza serie anni VI-VIII, LXXXV-LXXXVI dell’intera collezione. Napoli 1970. 8 J. E. Chevalley De Rivaz, Description des eaux minérothermales et des étuves de l’île d’Ischia, Napoli 1859. 9 G. d’Ascia, Storia dell’isola d’Ischia, Napoli 1867, p. 140. La conoscenza ai tempi della "rete" di Carmine Negro II * I risultati di una ricerca pubblicata nel 2011, dal titolo: “Il digital divide nel mondo giovanile”, svolta dall’Area “Risorse Strutturali ed Umane dei Sistemi Formativi” dell’Isfol, indicano che le nuove tecnologie rivestono un ruolo importante nella vita dei giovani italiani1. Il 94% di essi possiede un personal computer che, nell’80,8% dei casi, viene utilizzato quotidianamente o quasi. Relativamente all’utilizzo della rete il 77,5% degli intervistati dichiara di utilizzare Internet molto frequentemente, ovvero tutti i giorni o quasi. Altri dati evidenziano che, nel nostro paese, l’utilizzo di Internet tra i giovani è soprattutto una pratica che attiene alla sfera privata e che riguarda poco il luogo di lavoro e ancor meno altre postazioni o altri strumenti di collegamento. Conoscendo l’estensione del fenomeno torniamo alla domanda che ci siamo posti precedentemente. Qual è l’impatto che le nuove tecnologie di acquisizione dell’informazione e della conoscenza hanno sulla formazione e sull’identità giovanile? Per avere una conoscenza è ovviamente necessario avere una o più informazioni. Le informazioni non costituiscono di per sé la conoscenza e non l’agevolano se non subiscono una elaborazione che le inserisca in modo organico nel bagaglio cognitivo di ciascuno di noi. Le facoltà intellettive razionali e critiche della persona sono indispensabili per tale lavoro. Senza la capacità di distinguerle, discriminarle selezionando quelle importanti da quelle che in un determinato momento non sono necessarie in altre parole senza un lavoro cognitivo non è possibile trasformare le informazioni in conoscenza. Vincenzo Policreti, psicologo e psicoterapeuta chiama questo lavoro “di* La prima parte è stata pubblicata nel n. 2/2014. 1 ISFOL “Il divario digitale nel mondo giovanile” Il rapporto dei giovani italiani con le ICT (a cura di Paolo Botta) Agosto 2011 gestione mentale”2. Internet può fornire validi elementi informativi per tale trasformazione ma senza una buona critica dipendente da una personalità ben strutturata l’eccesso di informazione non giova alla conoscenza. Di fronte a tali massicci attacchi mediatici un giovane in formazione si trova indifeso o peggio convinto in buona fede di avere acquisito un solido bagaglio culturale attraverso la televisione, il cinema, la radio e internet, mentre vaga in una massa di informazioni slegate che non riescono ad essere cultura. La perdita dell’abitudine alla lettura, della parola scritta e l’acquisizione delle conoscenze verso il canale visivo rendono più difficile il conseguimento delle facoltà critico-razionali, più facilmente esposti al pericolo di conoscere tutto senza sapere niente. La lettura nella pratica risulta costituita da due componenti distinte e parzialmente sovrapponentisi. Ci riferiamo alla lettura intesa come decodifica e alla lettura intesa come comprensione3. Una particolare attenzione va riservata ad un ulteriore livello della lettura-comprensione che è la trasformazione dei significati desunti dal testo in dati interiori: informazioni, conoscenze, emozioni, mutamenti dei propri repertori mentali. Qui siamo di fronte a qualcosa che attiene di più alla memorizzazione, alla elaborazione di conoscenze, al riuso del “prodotto” della lettura: aspetti che sembrano trascendere il duplice livello lettura-comprensione, ma che sono ovviamente decisivi per quell’ulteriore aspetto che ad essi è strettamente connesso che è l’elaborazione della conoscenza. La connessione è stretta perché spesso le modalità con cui si elabora (individualmente o collettivamente) la conoscenza sono legate a quelle con cui si estrapolano dati e significati dai testi o dall’osservazione del reale, che non a caso si chiama anche “lettura” della re2 Vincenzo Policreti “Diacronico o Sincronico? Conoscenza, Dipendenza, Personalità”. http://www.agorascuola.it/ 3 Silvia Bonino (diretto da) (1994), Voce lettura e scrittura, pag. 407 La Rassegna d’Ischia n. 3/2014 33 altà. Ciò che sappiamo alla fine di una lettura e di un processo di comprensione dipende da che cosa abbiamo ricavato dal testo e anche (soprattutto?) da come l’abbiamo fatto4. Naturalmente nulla vieta l’utilizzo di strumenti moderni come possono essere i libri elettronici, ostinatamente chiamati e-book. George Steiner nel volume “I libri hanno bisogno di noi” così definisce la lettura: “Il concetto di lettura, considerato un processo che fondamentalmente appartiene alla collaborazione, è intuitivamente convincente. Il lettore impegnato collabora con l’autore. Comprendere un testo, «illustrarlo» nel quadro della nostra immaginazione, della nostra memoria e della nostra rappresentazione combinatoria, equivale, seppur nei limiti delle nostre capacità, a ricrearlo. I più grandi lettori di Sofocle e di Shakespeare sono gli attori e gli sceneggiatori che animano le parole. Imparare una poesia a memoria è come incontrare il testo a metà strada nel viaggio ogni volta sorprendente della sua venuta al mondo. In una «lettura ben fatta» (Péguy), il lettore lo rende qualcosa di paradossale: un’eco che riflette il testo e contemporaneamente entra in sintonia con esso attraverso le percezioni, i bisogni e le sfide che lo caratterizzano. I nostri momenti d’intimità insieme con un libro, dunque, sono a tutti gli effetti dialettici e reciproci: leggiamo il libro, ma, più profondamente forse, è il libro a leggere noi»5. Nella ricerca dell’Isfol precedentemente richiamata la maggioranza dei ragazzi (70,8%) dichiara di aver imparato da solo ad utilizzare il computer, ma rilevante è anche la presenza di una consistente minoranza (16,1%) che afferma di aver imparato a utilizzare le nuove tecnologie a scuola. Questo dato dimostra che le istituzioni scolastiche del nostro paese hanno iniziato ad attrez- zarsi e a modernizzarsi dal punto di vista tecnologico. È curioso che il processo di modernizzazione che sembra aver investito le scuole non trova un corrispondente analogo nel mondo dell’occupazione. Computer e nuove tecnologie risultano, infatti, ancora poco utilizzati sul posto di lavoro: solo il 47,5% dei giovani lavoratori ne fa uso. L’utilizzo delle tecnologie informatiche, espandendo la scuola e le classi fuori dalle proprie mura, rischia di cancellare il concetto stesso di scuola, almeno nell’accezione conosciuta oggi. Con i tempi velocissimi in cui operano tali strumenti la scuola non può competere: essa è strutturalmente lenta sia sotto l’aspetto cognitivo che sotto l’aspetto metodologico. Sul piano della trasmissione delle conoscenze il confronto è insostenibile. Come può allora la scuola conservare il suo primato e le sue peculiarità preservando dall’estinzione le abilità intellettive, razionali e critiche? Probabilmente proprio la lentezza della scuola può essere una delle caratteristiche su cui far leva per accreditarsi come agenzia culturale formativa. Nell’epoca del tempo senza attesa, non sappiamo partecipare ad un incontro senza essere disturbati dal cellulare, vogliamo “tutto e subito”, in tempo reale, c’è una riflessione di quanti ruotano attorno al mondo della scuola sul senso del tempo educativo e sulla necessità di adottare strategie didattiche di rallentamento per una scuola lenta e riflessiva6. In una intervista George Steiner alla domanda: Crede che le nuove tecnologie minaccino il silenzio e l’intimità necessarie a comprendere le grandi opere? risponde Sì. La qualità del silenzio è legata intrinsecamente a quella del linguaggio. … Il silenzio è diventato un lusso. La gente vive nel fracasso. Nelle città non esiste più la notte. I giovani hanno paura del silenzio. Come si fa ad affrontare letture difficili? Si può leggere una pagina di Platone mentre si ascolta la musica con un walkman? Tutto questo mi spaventa. Le nuove tecnologie trasformano il dialogo con un libro. Abbreviano, semplificano, collegano. Lo spirito è “cablato”. Non leggiamo più nello stesso modo di prima. Una scuola lenta e riflessiva, ma anche capace di valorizzare il silenzio, può continuare a costruire il futuro delle nuove generazioni, cercare di trasformare trasformandosi, puntare su quelle che sono le sue due più importanti specificità. La prima trattare l’informazione, che è pur sempre la base della conoscenza, per attivare un discorso cogniti- 4 La distinzione fra lettura-decodifica e comprensione http:// puntoeduri.indire.it/poseidon/lo/102/390.htm 5 George Steiner “I libri hanno bisogno di noi” Garzanti Editore Milano 2003 pag.17 6 Zavalloni Gianfranco “La pedagogia della lumaca. Per una scuola lenta e nonviolenta” Edizioni EMI 2012 (collana Educare 21) I più grandi lettori di Sofocle e di Shakespeare sono gli attori e gli sceneggiatori che animano le parole. Imparare una poesia a memoria è come incontrare il testo a metà strada nel viaggio ogni volta sorprendente della sua venuta al mondo. 34 La Rassegna d’Ischia n. 3/2014 «Più che mai abbiamo bisogno dei libri, ma anche i libri hanno bisogno di noi. Quale privilegio più grande se non quello di essere al loro servizio?» (George Steiner) vo che prediliga l’incremento delle attitudini critiche mediante un impiego massivo e massiccio della lettura basata su una visione alfabetica e sequenziale. La seconda, anche questa molto importante, puntare su un discorso affettivo sapendo che lo sviluppo armonico della personalità esige un’adeguata formazione sia a livello intellettivo quanto a livello emotivo. Un bambino prima e un ragazzo dopo hanno bisogno del sapere ma anche dell’amare, necessario presupposto di ogni sviluppo e indispensabile premessa per un uso equilibrato del sapere. Per Steiner, scrittore e saggista francese, il computer non ama7 ed il vero limite della cibernetica è affettivo. In internet si può cercare di tutto ma per trovare affetto o amore si può solo fare riferimento ad un rapporto interpersonale. L’insegnante dovrà fornire prima di tutto affetto che non vuol dire solo comprensione ma anche conflittualità; un rapporto aperto alle proprie emozioni capace di creare una relazione produttiva e feconda, un rapporto capace di motivare ad apprendere. Stabilire una tale relazione pone la scuola senza concorrenti nel mondo mediatico o informatico. Senza questo tipo di completamento affettivo le emozioni possono prorompere in modo incontrollato e poiché in questo caso sono generate da una carenza sarà l’aggressività, sua fedele compagna, a esplodere travalicando ogni altra emozione. Ci si troverà davanti a giovani e spesso giovanissimi incapaci a gestire l’affetto e ad invocarlo in modo sbagliato. Giovani che finiscono per procurarsi l’ostilità al posto dell’amore, che si arrabbiano con se stessi e con gli altri e che divengono sempre di più sgradevoli e violenti. Bonino e altri nel volume Empatia. I processi di condivisione delle emozioni8 tratteggiano bene l’importante relazione di empatia che si stabilisce tra alunno e docente e quali siano i processi cognitivi ed emotivi che mediano la condivisione delle emozioni degli altri. Attraverso un’analisi della letteratura sull’argomento, propongono un modello 7 George Steiner “L'Amore farà vivere” L’Espresso N. 44 del 10/11/2005 8 Silvia Bonino, Alida Lo Coco, Franca Tani Empatia. I processi di condivisione delle emozioni Giunti editore 1998 complesso e multidimensionale dell’empatia e del suo sviluppo, sostenuto e discusso alla luce di ricerche originali realizzate dalle stesse autrici. Il testo si rivolge agli studenti per ripensare alla loro esperienza di vita e agli educatori e a quanti si occupano di relazioni umane come invito a riflettere sulla propria esperienza professionale per meglio comprenderla ed indirizzarla. In conclusione per gestire la velocità e gli eccessi del mondo contemporaneo sarà importante fornire dalle famiglie e dalla scuola ai più giovani un bagaglio strutturale composto di emozioni e raziocinio. Deprivati di un proprio sviluppo, saranno tanti soggetti arrabbiati, aggressivi e violenti, alla continua ricerca di un punto di riferimento, facile preda di agenzie economiche e politiche. La ricerca di una guida li renderà facilmente manipolabili. Scopriranno sulla loro pelle che la ricerca di una guida risulterà effimera perché nessuna reale sicurezza può essere trovata dall’uomo all’esterno del proprio sé. In queste condizioni, non ci sarà competizione per diventare migliori ma per compensare sul piano del confronto la mancanza di dimensioni reali. In mancanza di una dimensione spirituale ed affettiva ci potrà essere solo un confronto materiale, ci si potrà consolare con il consumismo anche di informazione che come tutti i consumismi generano dipendenza, si avrà la sensazione di controllare il mondo con la propria virtualità fantastica e onnipotente in realtà solamente fittizia. Ci si sentirà illusoriamente liberi mentre si resta incoscientemente, tragicamente e irreversibilmente schiavi9. In questa ricerca eravamo partiti narrando del nostro quotidiano, spesso concitato e tumultuoso, e della nostra epoca che una tecnologia, in veloce trasformazione, rende esaltante ed eccitante ma anche convulsa e frenetica. Di fronte al nuovo che avanza una riflessione personale e collettiva è necessaria e doverosa, per gli operatori dell’educazione obbligatoria e indispensabile. C’è chi insegue un orologiaio che sappia riparare l’orologio del nostro tempo. Tale ricerca è vana. L’unica indagine valida è quella che cerca di analizzare e di rispettare la persona che è in noi sospesa tra un prima e un dopo. Carmine Negro 9 Vincenzo Policreti op. citata La Rassegna d’Ischia n. 3/2014 35 Rassegna LIBRI Terrae Motus Animi - A 130 anni dal sisma del 28 luglio 1883 A cura di Agostino Di Lustro e di Lucia Annicelli Biblioteca diocesana di Ischia - Nota introduttiva di Aniello Pascale - In copertina: Matania, Panorama di Casamicciola visto dalle macerie dell’Hotel Piccola Sentinella, 1883 - Alla memoria di Mons. Carlo Mennella, del Venerabile Giuseppe Morgera, e di tutte le vittime dell’evento tellurico del 1883. Edizione 2014. Il libro raccoglie ed illustra il fondo librario dovuto soprattutto al “certosino lavoro dei documenti del prof. Nunzio Albanelli” relarivo ai terremoti del 1881 e del 1883, custodito nella moderna Biblioteca diocesana, che sembra quasi presentarsi in territorio isolano/isclano come (o in) competizione (alter ego) di quella che avviò un tempo Onofrio Buonocore e successivamente per anni curò, in un modo o nell’altro, la stessa diocesi, fino a quando subentrò anche il Comune d’Ischia. Come si sa, il materiale sull’argomento è molto vasto e non si finisce mai di apprezzare una sempre dinamica ricerca di acquisizione, di valutazione e di valorizzazione che oggi si auspicherebbe maggiormente e continuamente estesa ad altri settori come i vari archivi, comunali soprattutto; cosa che i comuni non hanno mai pensato di inserire nelle principali attività programmatiche. Ha curato e illustrato il lavoro di amalgama del materiale la dott.ssa Lucia Annicelli, che nella Introduzione metodologica così si esprime: «La prima sezione della monografia è costituita da una bibliografia descrittiva di una parte del Fondo Terremoti della Biblioteca Diocesana di Ischia che si è sviluppato a partire da un nucleo originario raccolto sapientemente da Prof. Nunzio Albanelli, illustre ricercatore e cultore di storia locale. Oggi questo patrimonio, relativo ai terremoti del 4 marzo 1881 e del 28 luglio 1883, data la rarità dei “pezzi”, conferisce valore ad una raccolta libraria che, a partire dal già notevole fondo originario, continua ad implementarsi attraverso donativi di illustri bibliofili e ricercatori e si pone all’attenzione del mondo culturale mediante il proprio catalogo on-line, sia attraverso il Sistema Bibliotecario Nazionale (SBN) che il Polo delle Biblioteche Ecclesiastiche della CEI (www.polopbe.it). L’eterogeneità del materiale proposto è stata volutamente indotta da un criterio selettivo che ha tenuto conto del primo obiettivo di questo lavoro: la valorizzazione. Era opportuno che emergesse la poliedricità bibliografica della raccolta nella quale confluiscono tanto la stampa d’occasione, quanto le fonti del dibattito scientifico (estratti, rendiconti...) nonché la stampa periodica e con essa l’approccio che ebbe all’immane catastrofe. Il rapporto genetico che collega tutto questo materiale 36 La Rassegna d’Ischia n. 3/2014 è tuttavia rintracciabile proprio nel sisma e allo stesso tempo prodromicamente nella sua percezione. Attraverso un imponente apparato iconografico, è stato possibile dissotterrare dalle macerie della memoria l’immagine che emerse di Casamicciola e misurare l’onda d’urto che generò nell’animo di tutti coloro che con il proprio contributo concorsero alla sua ricostruzione. Ogni singola scheda, corredata della rappresentazione grafica del frontespizio o della coperta dell’esemplare, è stata valutata a partire da tre livelli di indagine: quello bibliografico, quello critico-descrittivo e quello contenutistico. Quest’ultimo seppur apparentemente «soporifero» sotto il profilo della discorsività rappresenta uno strumento utile alla preservazione degli esemplari e dei loro fruitori. La descrizione carta per carta del contenuto di ogni singola pubblicazione salva il documento dall’afflizione della manipolazione dovuta nella maggior parte dei casi ad inutili consultazioni che, tra l’altro, abitualmente sottraggono allo studioso tempo ed entusiasmo. Il primo contenuto informativo indica la paternità autorale ed editoriale del volume e di seguito alla prima pone il titolo della pubblicazione mentre alla seconda succedono le note tipografiche che, infine, introducono alla descrizione delle peculiarità fisiche. Il secondo livello, quello critico-descrittivo, mira ad introdurre il lettore nella dimensione interna del volu- me e talvolta anche dell’esemplare; lì nasce l’interesse per la consultazione ed emerge il concreto messaggio che questo lavoro intende trasmettere. La bibliografia presenta un corredo iconografico modulato su due precisi piani: uno teso alla valorizzazione del prodotto editoriale, l’altro alla rappresentazione dell’isola alla luce della percezione che ne ebbero gli specialisti dell’informazione. Coesistono, infatti, immagini indicative della testata giornalistica dei frontespizi delle monografie nonché delle rappresenta- zioni descrittive dello stato dei luoghi e della drammaticità delle operazioni di soccorso. A partire dall’approccio iconografico per poi incedere in quello panofskyanamente iconologico sono state poi passate in rassegna le incisioni che compongono il catalogo artistico della pubblicazione. A quest’ultimo segue la sezione musicale e quella poetica. La schedatura dei “documenti” selezionati, proposta secondo un criterio alfabetico, ha permesso la numerazione di ogni singolo pezzo dal quale sono state selezionate incisioni, partiture e poesie indicizzate attraverso il richiamo numerico della scheda corrispondente. In calce al lavoro un indice dei pezzi e dei relativi elementi estrapolati. Il fondo Terremoti si compone anche di altre pubblicazioni, catalograficamente descritte sull’opac della Biblioteca diocesana di Ischia, che non hanno subito ancora questo trattamento bibliografico ma il cui valore rimane indubbio. * L’Arciconfraternita Santa Maria Visitapoveri a Forio Quattro secoli di storia di Agostino Di Lustro Seconda edizione , Forio 2014 Seconda edizione dell’opera che il prof. Agostino Di Lustro presentò nella prima edizione nel maggio 1983. Da allora la ricerca documentaria sull’arciconfraternita Visitapoveri di Forio, come su ulteriori fonti della storia dell’isola d’Ischia, non si mai è fermata. Anzi si è ulteriormente allargata con l’acquisizione di nuovi documenti ed elementi. Per questo, quando l’assessore Luciano Castaldi «mi ha proprosto – scrive il prof. Di Lustro -, di ristampare il testo del 1983, ho subito rifiutato, e solo dopo varie insistenze, ho promesso di ampliare il testo, anche in rapporto ai tempi di lavoro concessi». Ai vari capitoli è stato conservato lo stesso titolo della precedente edizione, anche se si è cercato di allargare un poco la conoscenza dei vari argomenti. In realtà la ricerca, secondo quanto dice l’autore, non è, comunque, terminata, perché si aprono sempre nuove piste che debbono essere percorse. L’iniziativa dell’assessore Luciano Castaldi, forse anche senza volerlo, è venuta a innestarsi nella celebrazione del quarto centenario della nascita della confraternita di Visitapoveri che ricorre in questo anno. Ischia patrimonio dell’umanità. Natura e cultura A cura di Ugo Leone e Pietro Greco Editore Doppiavoce, Napoli 2014 In questo volume sono individuati alcuni caratteri che fanno di Ischia un patrimonio naturale dell’umanità: la sua geologia, la sua morfologia, la sua ecologia, terrestre e marina. Ischia continua a essere bella e interessante, malgrado le ferite recentissime inferte, anche da parte di coloro continuano a predicare, al suo ambiente naturale. Candidare l’isola a patrimonio naturale dell’umanità significa non dimen- ticare, ma assumere consapevolezza di queste ferite, cercando di risanarle ed evitando di infliggerne di nuove, a tutto vantaggio di chi si trova ad essere, consapevolmente o inconsapevolmene, favorito da quelle vecchie. Tra i caratteri che fanno di Ischia un patrimonio culturale dell’umanità, non va dimenticata la sua storia antica. Specialmente quella di Pithekoussai, la prima colonia greca del Mediter- raneo occidentale. «Ma anche Ischia come avamposto di quella grande potenza navale che è stata Siracusa. Ischia al tempo dei Romani. Ischia che svolge un ruolo non marginale nella storia – anche nella storia della scienza – fino ai nostri tempi. E poi, ancora, l’isola che ospita la “conoscenza oggettificata”. Nelle sue case, nei suoi paesini, nelle sue stazioni termali. L’isola raccontata dagli storici: La Rassegna d’Ischia n. 3/2014 37 da Strabone a Buchner. L’isola rappresentata dai pittori e dagli scrittori. L’isola visitata da grandi scienziati». Sono davvero pochi i luoghi al mondo con uno scrigno culturale così ricco e variegato; e del tutto fondate sono le ragioni per proporre Ischia come patrimonio naturale e patrimonio culturale dell’umanità. Il volume contiene i seguenti scritti: Ischia Mondo di Ugo Leone, Origine della radioattività sull’isola d’Ischia di Paolo Gasparini, Ischia, isola radon-attiva di Agostino Mazzella, Elementi salienti su sismicità, storia vulcanica e alluvioni dell’isola d’Ischia per un modello concettuale di rischio geologico di Giuseppe Luongo, Il Monte Epomeo e la sua ‘preziosa pietra’: il tufo verde di Maria Rosaria Mazzacane, Ischia, isola verde anche sotto il mare di Maria Cristina Buia, L’isola d’Ischia: un osservatorio speciale per lo studio del cambiamento climatico globale a mare di Maria Cristina Gambi, Ischia: fauna, gestione e conservazione di un patrimonio naturale di Domenico Fulgione, La sorgente di Nitroli, dal rito al mito di Giuseppe Sollino, La storia di Ischia, storia di innovazione di Pietro Greco, Pithekoussai: le ultime novità degli scavi degli abitati di Costanza Gialanella, L’antico mito di Ischia ed i suoi (nuovi) percorsi di Rossana Valenti, Ischia luogo di mito e di bellezza nella Letteratura Latina Umanistica di area meridionale di Antonietta Iacono, Il futuro del passato di Francesco Rispoli, Riflessioni in tema di patrimonio e di umanità di Rosario de Laurentiis, Ischia tra continuità e cambiamento di Guido D’Agostino, Ischia, patrimonio “naturale e culturale” dell’umanità di Pietro Greco Disturbare il manovratore. Politica e chiesa in Tonino Bello di Magarelli Sergio EMI (Editrice Missionaria Italiana), Collana Pietre angolari, gennaio 2013 Tonino Bello non fu un teorico dei rapporti chiesa-stato, ma la sua parola e la sua azione incrociarono spesso le vie della politica e dell’economia. Il libro, dopo un profilo biografico, attento soprattutto agli anni della formazione del futuro vescovo di Molfetta e presidente di Pax Christi, presenta la sua filosofia politica e fino a quale punto il Vangelo ispirò il suo ministero episcopale, sempre esercitato in modalità profetica. *** 38 La Rassegna d’Ischia n. 3/2014 * «Don Tonino Bello ha sempre discusso sui rapporti tra Chiesa e politica e il suo merito consiste nell’ aver aperto un dialogo con le istituzioni. Ha organizzato incontri di spiritualità per coloro che ha sempre definito “ operatori della politica”. Nel primo incontro con i politici don Tonino ha definito la politica “ arte nobile e difficile”. È arte perché non deve essere lasciata nelle mani di uomini che non conoscono le leggi ed è nobile perché ha come fine il riconoscimento della dignità della persona umana, nella sua dimensione individuale e comunitaria e deve rispondere alle esigenze di pace, di giustizia, di libertà e di progresso». * Poesia di Gaetano Ponzano La mia realtà (16-05-2014) All'alba sulla spiaggia che si desta giunge dal largo il pescator errante con la copiosa pesca ancora avvolta nell'umida rete. Adagio, piano piano mentre il bel sole all'orizzonte sorge, con la barchetta salpo, un po' remando mentre sicuro ora m'allontano. Dondola cullata, ora la barchetta da quell'onde lievi che donano la pace. L'azzurro ed il turchese, il cobalto ed il verde chiaro del mio, grande mare abbracciano estasiando l'intera mia barchetta. Ora, non remo più e sostando nel bel mezzo di questa meraviglia, osservo in alto a destra un'altra meraviglia: la candida maestosa, mia piccola chiesetta del Santuario della Madonna del Soccorso, di tutti i naviganti che con fede e devozione La vanno a supplicare. Coi remi tra le mani e una lacrima sul volto osservo quel Divino e assai mitico Santuario, che in tempi assai remoti fu meta e fede intensa di tutti i naviganti e meta, sosta, e punto di ristoro per un cuore che come il mio viveva e si temprava al cospetto di quel mitico luogo così ancestrale della mia mitica Forio. Sostando in mezzo al mare intenso blu cobalto... ora non remo più, e mi lascio dondolare... mi lascio accarezzare dal mio amato Eolo che con la sua soave brezza leggero, mi sospinge con la mia piccola barchetta incontro alla scogliera del bastione del Santuario della Madonna del Soccorso, dove mi è dolce naufragare. Ora piano mi dibatto mentre il mare, mio amato, azzurro e blu cobalto dolcemente ora m'avvolge ed io, ora annaspando, inerme e ormai esausto mi lascio inabissare in quel mitico mio mare che ora mi accarezza e dolcemente pare dirmi: non temere mio Gaetano, ora giaci nel mio seno e nella tua mitica Forio. * Mostra di Giovanni De Angelis al Castello Aragonese di Ischia La Rassegna d’Ischia n. 3/2014 39 Premio Ischia Internazionale di Giornalismo 2014 – XXXV edizione Lacco Ameno 27 e 28 giugno 2014 Il 27 e 28 giugno 2014 si svolgerà il Premio Ischia Internazionale di Giornalismo, giunto alla XXXV edizione, promosso dalla Fondazione Valentino: tradizionale appuntamento annuale che premia i migliori giornalisti della stampa italiana e internazionale che si sono distinti per la loro professionalità e deontologia. Tema centrale sarà Il ruolo della cultura e dell’informazione nell’Europa dei nazionalismi. Quest’anno la Fondazione, diventata partner istituzionale della Presidenza del Consiglio dei Ministri, assegna anche la Penna d’oro, istituita nel 1957 alla memoria di Giovanni Papini come riconoscimento ai grandi della cultura italiana, in sostituzione del premio alla carriera. In passato hanno ottenuto tale riconoscimento, tra gli altri, Salva- tore Quasimodo, Eugenio Montale, Emilio Gadda, Giuseppe Prezzolini, Alberto Moravia, Mario Soldati. La cerimonia della Penna d’oro, nel corso della sua storia, si è sempre tenuta a Roma al Campidoglio o al Quirinale e per la prima volta si terrà a Ischia. Per la Fondazione e per l’isola rappresenta un punto di svolta che “istituzionalizza” sempre più il premio e che rappresenta un riconoscimento al lavoro svolto in questi anni. Il vincitore di quest’anno è il giornalista e saggista italiano Paolo Mieli, attuale presidente di RCS libri; lo ha deciso, all’unanimità, la giuria presieduta da Luca Lotti, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, e composta da Luigi Contu, Andrea Vianello, Fabiano Fabiani, Antonio Macaluso e Luigi Vicinanza. La scelta della giuria ha voluto sottolineare il ruolo svolto da Paolo Mieli non solo come giornalista e direttore de “La Stampa” e del Premio Ischia Internazionale di Giornalismo - Riunione della Giuria 40 La Rassegna d’Ischia n. 3/2014 “Corriere della sera” ma soprattutto come autore di libri di storia e come scrittore. La giuria del Premio, composta da Giulio Anselmi presidente “Fieg”, Alessandro Barbano, direttore de “Il Mattino”, Luigi Contu, direttore de “L’Ansa”, Virman Cusenza, direttore del “Messaggero”, Massimo Franco, editorialista del “Corriere della Sera”, Raffaele Genah, vice direttore “Tg1”, Clemente Mimun direttore “Tg5”, Antonio Polito, direttore de “Il Corriere del Mezzogiorno”, Maarten Van Aalderen, presidente della Stampa estera in Italia, Sarah Varetto, direttore “SkyTg24” Giovanni Maria Vian, direttore de “L’Osservatore romano”, Luigi Vicinanza, direttore editoriale del gruppo “Espresso-Repubblica”, dal presidente della giuria Paolo Graldi e dal Segretario Generale, Carlo Gambalonga, ha deliberato le seguenti decisioni: Lina Ben Mehnni, la blogger tunisina, che ha avuto un ruolo di rilievo nella informazione durante la Primavera araba, è la vincitrice del Premio Ischia Internazionale di giornalismo. A Mario Orfeo, direttore del “TG1”, e a Fiorenza Sarzanini del “Corriere della Sera”, sono stati assegnati i premi “giornalisti dell’anno”, per la TV e per la carta stampata. Per la sezione del giornalismo “on line” il riconoscimento è andato al rinnovato sito Ansa.it. Il Premio Mediterraneo è assegnato a Lucetta Scaraffia per l’inserto mensile “Donne Chiesa Mondo” sull’Osservatore Romano”. Un riconoscimento speciale della Fondazione “Giuseppe Valentino” è andato ad Antonio Manzo del quotidiano “Il Mattino” per le interviste realizzate nel corso dell’anno. La giuria ha ritenuto altresì di segnalare con una menzione particolare la redazione del quotidiano ’L’Ora della Calabria” che recentemente è stato chiuso dopo essere stato pesantemente censurato. si svolge sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica, con il Patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri ed è promossa dalla Fondazione “Giuseppe Valentino” con il sostegno della Regione Campania, Assessorato alla Cultura, della Camera di Commercio di Napoli e dell’Istituto per il Credito Sportivo. La cerimonia di consegna del Premio Ischia sarà interamente trasmessa da SkyTg24. La manifestazione La “due giorni” del Premio 2014 che si terrà a Lacco Ameno nella tradizionale cornice dell’hotel della Nella Torre di Michelangelo ad Ischia, in concomitanza con il vernissage “Idee per Ischia”, l’Associazione Pida, il Comune di Ischia e l’Ordine degli Architetti di Napoli hanno presentato il VII Premio Internazionale Ischia di Architettura_“Alberghi nutrono il pianeta”, che si svolgerà dal 21 al 26 luglio 2014: un grande festival dell’architettura e dell’ospitalità. Alla presentazione sono intervenuti, tra gli altri: Giovannangelo De Angelis, presidente Associazione PIDA che ha illustrato la settimana del festival dell’architettura e dell’ospitalità tra seminari, mostre, escursioni guidate ai luoghi più suggestivi dell’isola grazie al partner Imperatore Travel; Silvano Arcamone, organizzatore della mostra “Idee per Ischia”, promossa dal Comune di Ischia, il quale ha raccontato la mostra dei progetti partecipanti al concorso sulla riqualificazione, valorizzazione e riuso dell’ex mercato comunale sito nella traversa Buonocore; Toti Semerano membro della giuria del concorso sulla riqualificazione, valorizzazione e riuso dell’ex mercato comunale; Carmine Barile vicesindaco di Ischia che ha sottolineato l’importanza dell’investimento dell’amministrazione pubblica nell’architettura. tità dei luoghi e degli spazi. Il premio PIDA quest’anno vuole dunque accogliere la sfida lanciata dall’EXPO 2015, instaurando un dibattito sul ruolo del turismo ed implementando una nuova sezione del premio che contenga il DNA dei principi “Nutrire il pianeta, energia per la vita”. Il premio si articola in varie sezioni: le opere possono essere nuova architettura oppure recupero, riqualificazione, ampliamento di edifici esistenti, purché sia leggibile un dialogo con la contemporaneità. - Alla sezione premio PIDA (Alberghi e SPA) potranno partecipare architetti e ingegneri di qualsiasi nazionalità che abbiano realizzato opere sul territorio nazionale e internazionale coerenti con il tema. - Alla sezione premio PIDA Concept (Alberghi e SPA) potranno concorrere progettisti, designer e studenti di qualsiasi nazionalità che abbiano realizzato progetti coerenti con il tema del concorso. - La sezione premio PIDA Ottagono, in collaborazione con il magazine Ottagono, affronterà il tema dell’EXPO 2015: alimentazione, sostenibililtà, ricerca e sviluppo nel concept di una struttura per l’ospitalità che possa divenire realtà nel 2030. - La sezione premio PIDA CasaClima, in collaborazione con l’Agenzia per l’Energia Alto Adige – CasaClima premierà l’opera di architettura che meglio avrà interpretato i temi dell’efficienza Regina Isabella il 27 e 28 giugno sarà ricca di eventi collaterali: dibattiti e focus sui temi di maggiore attualità con ospiti di altissimo livello. Oltre a giornalisti parteciperanno economisti, politici e rappresentanti della cultura italiana. Venerdì 27 giugno si parte con il dibattito su “L’Italia, un paese con il freno a mano tirato” per concludere con il dibattito finale che vedrà coinvolti i direttori dei principali quotidiani europei. * PIDA 2014 - Premio Internazionale Ischia di Architettura: “Alberghi nutrono il pianeta” Il tema del Concorso Internazionale PIDA 2014 è la qualità dell’ospitare: ospitare, accogliere, ricevere sono vocazioni ataviche dell’architettura che ha da sempre il compito di definire l’iden- energetica e sostenibilità legati all’uso e riuso dei materiali, coniugando l’aspetto estetico con quello energetico. - Il premio Pida Analist, in collaborazione con Analist Group, è un premio speciale attribuito da una giuria popolare composta dagli utilizzatori di Facebook: la selezione avverrà tra i progetti candidati a tutte le sezioni del Premio. La partecipazione al concorso è gratuita: tutti gli elaborati dovranno pervenire entro il giorno 22 giugno 2014. La giuria delle sezioni Premio PIDA e PIDA Concept è composta da: Luigi Prestinenza Puglisi (presidente), Monica Maggioni, Paola Pierotti, Luca Gibello, Francesco Pagliari, Francesco Scardaccione e Antonio Coppola dell’Ordine degli Architetti di Napoli, il vincitore del PIDA alla carriera, Ermando Mennella referente nominato da Feredalberghi, un referente nominato da Ottagono e un referente nominato dall’Agenzia per l’Energia Alto Adige – CasaClima. La giuria della sezione Ottagono è costituita da: Valentina Auricchio, coordinatrice di Ottagono, Aldo Colonneti art director Ottagono, Gian Luigi Colin art director Corriere della Sera, Paolo Baldessari architetto. Le giurie pubblicheranno la graduatoria per tutte le varie sezioni il giorno 4 luglio 2014; i primi tre classificati verranno invece resi noti durante la serata di premiazione del 25 luglio. Info e bando su: www.pida.it La Rassegna d’Ischia n. 3/2014 41 Colligite fragmenta, ne pereant Fonti archivistiche per la storia dell’isola d’Ischia A cura di Agostino Di Lustro Il Convento e la Chiesa di San Domenico d'Ischia I Continuando la presentazione dei luoghi sacri del territorio della città d’Ischia, e avvicinandoci sempre più alla città, vogliamo ora presentare quelli ubicati nella parte montana del territorio, cioè nella zona del Calosirto, di Salito e di Campagnano, e cominciamo dal convento domenicano di San Domenico. Ma nelle scorse settimane ci è giunta la notizia che il Capitolo Provinciale dei Padri Predicatori avrebbe deliberato la chiusura e l’abbandono del convento napoletano di S. Domenico Maggiore, privando così la città della presenza dei figli di San Domenico non solo, ma abbandonando un complesso monumentale di grande portata storico-culturale e artistica nonché religiosa non solo nella storia dei Frati Predicatori, ma della cultura e dell’arte. Basti citare S. Tommaso d’Aquino e Giordano Bruno che sono vissuti e hanno operato per qualche tempo proprio nel convento di San Domenico Maggiore di Napoli. Anche per questo desidero soffermarmi sulla presenza domenicale ad Ischia resa ancora più incisiva dalla presenza di un convento di frati e, forse, anche di monache, che sarebbe da ubicare sul castello. Il culto a S. Domenico sull’isola d’Ischia affonda le sue radici nei secoli del medioevo. Lo troviamo presente anche nei secoli successivi non solo nel territorio della città d’Ischia, ma anche fuori di essa. Infatti nella chiesa parrocchiale del Lacco, alla Fundera, troviamo una statuetta lignea del secolo XVIII; nella Basilica di Santa Restituta si venera un’altra statua lignea del secolo XVIII. A Forio troviamo alla contrada Bocca una chiesetta dedicata al Santo che risale al secolo XVIII. Fino agli anni Settanta del secolo scorso era una cappella rurale immersa nei vigneti; oggi è al centro di una zona diventata residenziale. Un altare dedicato al Santo si trovava anche nell’antica chiesa parrocchiale di S. Sebastiano a Forio, come ci fa sapere il parroco Francesco Pezzillo in un documento del 30 nov.16991. 1) Archivio Diocesano di Ischia (ADI), Fondo Parrocchie, S. Sebastiano di Forio. 42 La Rassegna d’Ischia n. 3/2014 Questo altare scomparve a metà secolo XVIII quando la chiesa fu abbattuta per essere ricostruita su progetto di Ferdinando Fuga2 ma che non fu mai completata e definitivamente abbattuta all’inizio del secolo scorso3. Quando sia stato introdotto a Ischia il culto a questo Santo, non lo sappiamo. La notizia più antica risale agli anni 1308-1310 e riguarda un «monasterium Sancti Dominici Ordinis Sancte Clare qui valet uncias duas solvit tarenos duos». Questo però non è il convento di S. Domenico che noi conosciamo, che forse all’epoca non ancora esisteva, bensì un monastero 2) G. d’Ascia, Storia dell’isola d’Ischia, Napoli Stabilimento tipografico Gabriele Argenio, 1867 p. 371; A. Di Lustro, A Forio un’insigne opera di Ferdinando Fuga, in La Rassegna storica dei Comuni, anno III nn. 5-6, 1971. 3) G. Castagna-A. Di Lustro, La diocesi d’Ischia e le sue chiese, Forio 2000. Napoli - Chiesa di San Domenico Maggiore Facciata vista dall'omonima piazza femminile abitato da Clarisse. Da ciò dovremmo dedurre che Ischia abbia avuto nel corso della sua storia due monasteri di Clarisse: questo documentato nel 1308-1310, scomparso non sappiamo quando, e quello fondato nel secolo XVI da Beatrice della Quadra. Questa notizia, però, sarebbe in contrasto con l’Onorato il quale, parlando del periodo in cui il Card. diacono di S. Eustachio, Baldassarre Cossa, fu amministratore della chiesa «Insulana », scrive che intorno al 1415 «occorrendo di provedersi di un vicario un monastero di monache sotto la regola di San Domenico, il Capitolo d’Ischia capitolarmente, si radunò, ed elesse e destinò per vicario delle cennate monache il Rev.do Salvatore Amalfitano, e si disse, e si enunciò, che la sede vescovile d'Ischia era vacante; cotale notizia si rilevò da una legale pergamena sistente in uno stipo dell’antica cattedrale d’Ischia notata colla lettera C, e dove si conservano altre pergamene»4. Risulta piuttosto difficile mettere insieme queste due notizie, anche perché tra loro intercorre oltre un secolo. Penso che possano riferirsi a monasteri diversi dei quali non sappiamo altro. Sembra, comunque, che sarebbe da escludere che si riferiscano ad una stessa realtà monastica e che nessuna delle due possa riferirsi al convento di S. Domenico di cui ci stiamo occupando. L’esistenza di questo convento nella seconda metà del secolo XIV è comunque documentata dall’Ughelli il quale ci ha trasmesso notizie su alcuni monumenti funebri esistenti nella chiesa di questo convento che si riferiscono ai due fratelli Bussolaro: Bartolomeo, agostiniano, vescovo d’Ischia tra il 13595 e il 13846, e il fratello Jacopo, domenicano, rifugiatosi qui dalla nativa Pavia perché perseguitato da Giovan Galeazzo Visconti. Il vescovo Bartolomeo nel 1384 fu processato e privato della diocesi alla cui guida fu posto Paolo Strina, di obbedienza avignonese, che resterà alla guida della chiesa di Ischia per pochi anni perché presto cambiò il clima politico a Napoli che divenne avverso all’antipapa avignonese. Sulla lastra tombale di fra Jacopo che si trovava nella chiesa di S. Domenico, la figura del frate agostiniano recava nelle mani un libro aperto sul quale si leggeva: «Liber excusatorius de gestis per eum de tota vita sua». L ’epigrafe a sua volta diceva:« Beatus frater Jacobus Busularius nuncupatus sub isto altari MCCCCLXXX die XVJ Augusti fuit traslatus. Per annos XIIII a Joanne Galeacio Mediolanense, martirium carceris pro 4) V. Onorato, Ragguaglio istorico-topografico dell’isola d’Ischia, in Biblioteca Nazionale di Napoli manoscritto fondo S. Martino n. 439, f. 135 v. 5) C. d’Ambra, Ischia tra cultura e fede, Torre del Greco 1998 p. 35. 6) Hierarchia Catholica Medii et Recentioris Aevi …per Curradum Eubel, vol. I Patavii MCMLX, p. 286. veritate suscepit Papiam, Alexandriam de omni malo ad omne bonum reduci, omnes dignitates abborruit, et numquam propriam habuit. Deo Gratias. Amen. Ad dexteram tumuli insigna sculpta sunt Busulariae gentis, Leo nempe, sub quo tria lilia. Ad sinistram Crux magna, civitatis Papiensis, symbolum, in media haec verba: C. Communitatis Papiae. Bartholomeus vero cum bene per annos omnino triginta hanc rexit Ecclesiam7 ex hoc mortali ergastulo ereptus anno 1389 sepeliri voluit juxta Beati tumulum, quod nunc eidem superpositum ….., cum hoc epitaphio; in hoc coemeterio reconditus fuit Batholomeus Lombardus de Papia de Busulariis, Episcopus Isclanus MCCCLXXXIX die IIII mensis dicembris»8. C’è da osservare ancora che possediamo notizia di un «monastero di S. Domenico d’Ischia» senza alcun’altra indicazione, nella cronistoria della fondazione del convento francescano di S. Maria delle Grazie o «all’Arena», in riferimento al territorio ubicato attorno alla cappella di S. Maria della Misericordia che il 7 gennaio 1489, con atto rogato dal notar Gaspare Mellusi, il vescovo d’Ischia con i canonici della cattedrale, il governo della città d’Ischia e i cittadini concessero ai Padri Francescani perché fondassero un convento. Questi beni consistevano, oltre ad una «cappella sotto il titolo di S. Maria della Misericordia, seu dell’Arena», un «certo poco edificio contiguo, et suo poco di orticello, sito nel territorio di detta città d’Isca nel luogo lo pantano, iusta li beni del monastero di San Domenico d’Isca, e la via publica, ed altri confini»9. C’è da pensare che questo «monastero di S. Domenico» possa essere quello dei Domenicani di cui ci occupiamo. Testimonianza inequivocalibe della sua esistenza ci viene fornita dal vescovo Innico d’Avalos il quale nella sua «Platea» del 159810 scrive: «Nella pertinentia di detta Città vi è il convento di santo Domenico, vi stanno da tre frati dell’istesso ordine, rende ducati 40»11. Nelle successive relazioni ad limina, quando il vescovo parla dei vari conventi esistenti nella sua Chiesa, usa quasi sempre solo poche scarne parole per ricor7) In effetti Bartolomeo Bussolaro è stato vescovo legittimo di Ischia fino alla morte perché allontanato dalla sua chiesa da un papa illegittimo quale era Clemente VII. 8) F. Ughelli, Italia Sacra sive de Episcopis Italiae, Venetiis MDCCXVII, vol. VI coll. 233-34. 9) Archivio di Stato di Napoli ( ASN ), Corporazioni Religiose Soppresse (CRS) vol. 5226, Platea piccola di Santa Maria delle Grazie di Ischia, f. 1 r. 10) Si tratta della prima relazione ad limina presentata nel 1598 e pubblicata integralmente da P. Lopez, Ischia e Pozzuoli due diocesi nell’età della controriforma, Napoli Adriano Gallina Editore 1991, pp. 209-219. 11) P. Lopez, op. cit. p. 219. 12) Questo vescovo ha presentato regolarmente le relazione ad li- La Rassegna d’Ischia n. 3/2014 43 darne solo l’esistenza12. Allo stesso modo si comporta anche il successore Francesco Tontoli ( 1637-1662 ) per cui del convento di S. Domenico riusciamo a sapere molto poco. Ed è molto scarsa di notizie anche la relazione che i frati presentarono nel 1649 in seguito alla pubblicazione il 17 dicembre della bolla «inter coetera» da parte di papa Innocenzo X13 che portò alla soppressione delle piccole comunità religiose. Sulla nostra Isola, oltre al convento di S Domenico dei Padri Predicatori, furono soppressi anche i conventi agostiniani di Santa Maria del Soccorso di Forio, di S. Gennaro di Panza14 e di S. Sebastiano di Barano. Questi piccoli conventi vennero soppressi per decreti della Sacra Congregazione del Concilio il 18 aprile e 11 novembre 1653 i quali stabilirono anche come utilizzare le rispettive rendite. Le vicende successive dei conventi di San Domenico e di Santa Maria del Soccorso le conosciamo grazie ad una pagina delle costituzioni sinodali del vescovo Luca Trapani che desidero qui riportare perché mi sembra molto puntuale ed eloquente. È in latino, purtroppo, e so molto bene che non tutti i miei venticinque lettori lo conoscono. Ma i documenti debbono essere riportati nella loro lingua. Per questo me ne scuso con loro. pag. 213 Synodo provide excogitatorum pro constituendis cer- tis redditibus ad Collegii fabricam construendam, praeceptorum, ac ministrorum mercedem solvendam, ac juventutem alenda, necessariis; et cum aliunde annui redditus parvulorum Conventuum sub titulo Santi Dominici Villae Campagnani, et Sanctae Mariae Succursus Terrae Forigii, a sanctae memoriae Innocentio X suppressorum, ab eodem Pontifice applicati fuerint Seminario erigendo, assignata certa portione cappellanis respective ab Episcopo eligendis, pro decore Ecclesiae conservando, ac supportandis oneribus, ut plenius in ejusdem Pontificis Bullis, ac Sacra Congregationis Concilii decretis continetur; quae tamen applicatio, ac dispositio Apostolica, temporis iniuria e Praedecessorum nostrorum memoria delapsa, non solum executioni non fuit demandata, sed dicta Sancti Dominici Ecclesia in Parochialem erecta postmodum fuit, assignatis Rectori redditibus ejusdem, et item Sanctae Mariae Succursus annui redditus, nullo Exactore costituto, pro majori parte perditi sunt, ut ad praesens vix Cappellani congrua habeatur: Hinc salvis juribus actu possidentis dictam Parocchialem ( si, et quatenus ei competunt) mandamus , quod contingente vacatione dictae Parrochialis, Ecclesia, domus, possessiones, fructus, et redditus omnes ad praedictam Ecclesiam, et Conventum olim suppressum quomodolibet spectantes, applicentur, et incorporentur, seu applicata, et incorporata declarantur juxta Apostolicam designationem, praedicto Seminario erigendo; et Parocchialis transferatur ad Ecclesiam Sanctissimae Annunciationis dictae Villae Campagnani, providendo Rectori de congrua ex fructibus dictae Ecclesiae Annunciationis, aliisque remediis, prout de jure. Item mandamus duobus Canonicis a Nobis deputatus ad mentem Tridentini, quod omni diligentia curent, ut redditus Sanctae Mariae Succursus deperditi, recuperentur, et proinde lites instruant contra injustos detentores, et super observantia hujus Decreti invigilent. Recuperatis autem praedictis, aliisque redditibus ad Seminarium erigendum quomodolibet spectantibus, praecipimus. Quod donec Seminarium erigatur, iidem applicentur pro substentatione tot puerorum a Nobis eligendorum ex Civitate, vel Dioecesi, qui in Seminario Metropolitanae Ecclesiae Napolitanae convivere, ac alii possint, cum conditionibus, aliisque praescriptis in Synodo Provinciali Neapolitana anno 1699 sub titulo de Seminario15. mina allo scadere dei vari trienni del suo lungo episcopato protrattosi dal 1590 al 1637. La prima relazione fu presentata nel 1598. 13) Bullarium Romanorum Pontificum, Romae MDCCLV, tomo VI, pars III, p. 201. 14) Sui conventi di Forio e Barano cfr. P. Monti, Ischia archeologia e storia, Napoli 1980, p. 640-646 e 750-752; A. Di Lustro, I conventi agostiniani di Forio, in Ischia oggi, anno V nn. 8…..13 (1974); e: Il convento agostiniano di Barano, in ibidem nn. 14-15 (novembre-dicembre 1974). 15) Il Concilium Provinciale Neapolitanum ab Eminentissimo et Reverendissimo Domino D. Jacobo Cardinali Cantelmo, Romae, ex Typographia Reverendae Camerae Apostolicae MDCC a p. 117, infatti, così recita: «In Civitate, aut Dioecesi Isclana pro Seminario ibi erigendo curet loci Episcopus omni conatu, et diligentia, ut erectio praedicta per opportuna remedia a Sacro Tridentino Concilio praescripta perficiatur, et interim eadem erectione pendente, curet educari in aliquo Seminario intra Provinciam tot pueros, quot vires patiuntur, etiam ad formam Tridentini». SYNODUS DIOECESANA ISCLANA ab Illustrissimo et Reverendissimo D. Luca Trapani Utriusque Juris et Sacrae Theologiae Doctore et Magistro Episcopo Isclano celebrata Romae, ex Typographia Reverendae Camerae Apostolicae 1716- Pars Secunda : De Ecclesiastica Disciplina, Caput XV De Capitulo, caeterisque Ministris nostrae Sanctae Cathedralis Ecclesie. pag. 212 XXVII= Cum Seminarii erectio magnopere a Tridentino commendata, stricteque Episcopis injuncta, ac a Nobis omni solertia conquista, usque adhuc in hac Cathedrali effectum suum sortiri non potuerit, nec sit proxima spes sortiendi, ob Mensae Episcopalis, ac Capitularis inopiam, Beneficiorum tenuitatem, Scholasteriarum deficinentiam, ac inefficaciam omnium, et singulorum mediorum a Tridentina 44 La Rassegna d’Ischia n. 3/2014 Al margine delle pagine, vi sono due note esplicative al paragrafo XXVII. Quella alla pagina 212 dice: «Tridentinus, sessio 23. Synodus Provincialis Neapolitanus titulus 10 capitulum unicum. Bulla Innocentii X suppresssionis parvorum Conventuum, et Sacrae Congregationis Concilii in una Isclana applicationis Conventuum Suppressorum 18 aprilis et 11 Novembris 1653 cujus authographum conservatur in Archivio Episcopali». Al margine di pagina 213, la nota dice: «contra hoc decretum (cioè il decreto del sinodo di Trapani che ordina il trasferimento della sede della parrocchia di San Dominico nella chiesa dell’Annunziata di Campagnano), reclamantibus aliquibus parochianis dictae Paroeciae, fuit partibus auditis causa remissa Illustrissimo er Reverendissimo Domino, ab Eminentissimo et Reverendissimo Domino Cardinali Spinola Camerae Apostolicae Generali Proauditore, sub die 11 Decembnris 1716 cujus authographum conservatur in Archivio Episcopali»16. La parrocchia, in effetti, era stata fondata dal vescovo Girolamo Rocca che non aveva tenuto conto dei decreti della Sacra Congregazione del Concilio per cui nella relazione ad limina del 1678 così scrive: «Extabat non longe ab eadem Civitate Monasterium olim Patrum Sancti Dominici per Sanctae Memoriae Innocentii X suppressum, quod in Visitatione habita, anno praeterito in Ecclesiam Parochialem erigi omnino debere exisistimavi certis finibus assignatis, et a Parochia existente in Suburbio eiusdem Civitatis dismembratis, accedente Parochi consensu, cum ab eadem, ob locorum distantia, viarumque asperitates, hyemali potissimum tempore, non sine maximo incommodo sacramenta administrari potuerint»17. Così i decreti di papa Innocenzo X rimasero lettera morta e l’idea di costruire il seminario rimase solo un auspicio. La parrocchia continuò a restare nella chiesa di S. Domenico, anche perchè il sinodo di Trapani qualche anno dopo la sua pubblicazione fu ritirato e Luca Trapani trasferito ad Avellino18. Le motivazioni che hanno indotto il vescovo Rocca a non tener conto dei decreti della Congregazione del Concilio e procedere alla fondazione della parrocchia, sembra che siano conseguenza della mutata situazione che si era evoluta in modo tale da creare nuovi problemi di carattere sociale e demografico che richiedevano adeguate soluzioni. Dopo la sospensione del sinodo del vescovo Trapani, 16) Synodus di Luca Trapani cit. pp. 212-214. 17) Cfr. in ACC (Archivio Congregazione del Concilio), relazione ad limina del vescovo Girolamo Rocca del 1678. 18) Su questo aspetto della vicenda del sinodo del vescovo Luca Trapani, cfr. A. Lauro, Collaterale e Curia Romana per la sospensione del sinodo d’Ischia nel 1717, in Archivio Storico per le Province Napoletane, vol. CXI ( 1993 ) pp. 213-253. per alcuni anni non si parlò più di sospensione o di trasferimento della sede parrocchiale di S. Domenico, neppure nelle relazioni ad limina del vescovo Giovanni Maria Capecelatro, che era succeduto al Trapani nel 1717, effettuate negli anni 1718, 1721, 1731, 1735. Il successore Nicola Antonio Schiaffinati, agostiniano, nella sua unica relazione ad limina presentata nel 1739, ci informa che il suo predecessore Capecelatro al momento in cui si rese vacante la parrocchia di S. Domenico, tentò di attuare il trasferimento della sede parrocchiale per devolverne le rendite a beneficio dell’erigendo seminario, ma da parte dei filiani della parrocchia ci fu nuovamente un movimento di protesta contro la decisione del vescovo. Essi si rivolsero immediatamente alla Sacra Congregazione del Concilio e al cardinale Protodatario per cui fu costretto a indire il concorso per la nomina del nuovo parroco che sarebbe rimasto nella sua sede storica e naturale. Il vescovo Schiaffinati nella sua relazione presenta lo stato della parrocchia in questi termini. Egli afferma che la popolazione della parrocchia è costituita da 722 anime, tra cui ci sono sette sacerdoti e due chierici. Aggiunge però che la maggior parte della popolazione di essa vive lontana dalla chiesa parrocchiale, in modo particolare intorno alla chiesa della SS.ma Annunziata a Campagnano. La parrocchia ha circa ottanta ducati di reddito; la chiesa è di struttura mediocre ed è fornita di buone suppellettili sacre. La chiesa dell’Annunziata, invece, è governata da laici con circa cinquanta ducati annui di rendita e fornita anch’essa di buone suppellettili, ma ha bisogno di urgenti lavori di restauro come è già stato ordinato nel corso della precedente visita pastorale. Nell’ambito della parrocchia vi sono ancora la cappella di S. Michele Arcangelo, di patronato della famiglia Canetti, molto piccola però e priva di adeguate suppellettili sacre. Vi si celebra a stento il giorno della festa del titolare ad anni alterni da parte del Capitolo della cattedrale o dagli Agostiniani. La seconda cappella, di patronato della famiglia Cervera, presenta lo stesso Santo titolare, ma è priva di redditi e vi si celebra nei giorni festivi per devozione e comodità di quelli che abitano nei pressi che provvedono in proprio anche all’elemosina da dare al sacerdote che va a celebrare. Vi è ancora la chiesa di S. Antonio Abate, di patronato della famiglia Garrica, con il relativo beneficio e 35 ducati di rendita con l’obbligo della celebrazione di alcune messe19. Agostino Di Lustro 19) Vedi la relazione ad limina del vescovo Schiaffinati. La Rassegna d’Ischia n. 3/2014 45 Note Località isolane San Montano - Spiaggia incantevole di Lacco Ameno. Non saprei perché gli antichi dedicarono tale località a questo santo, il quale fu arrestato perché cristiano e a Terracina fu torturato e condannato a morire annegato nel mare, dove fu buttato con una pietra al collo. Non essendo affondato, la tradizione vuole che abbia raggiunto a nuoto l’isola di Ponza dove visse ancora un anno e operò prodigi, risuscitando anche un morto. Morì in quell’isola ma il suo corpo fu poi portato a Gaeta, ove è venerato. La sua memoria ricorre il 17 giugno1. Borgo di Celsa - Borgo corrispondente all’attuale Ischia Ponte, così detto, secondo alcune interpretazioni, perché vi erano piantagioni di gelsi. Le foglie del gelso servivano per nutrire i bachi da seta. C’era anche a Ischia questa industria. I fili di seta prodotti dai bachi 1 “Né tacerò del bagno locato ai piedi del Monte Vico, sacro al patrio eroe Montano…” (de Quintiis, Inarime, lib. I, 1726). 46 La Rassegna d’Ischia n. 3/2014 di don Camillo D'Ambra venivano rivenduti agli opifici che da quella materia prima formavano gli abiti e le stoffe di seta. In Campania era fiorente quest’industria durante il regno borbonico. Nel 1853 in tutto il regno delle Due Sicilie furono prodotte un milione e quattrocentomila libbre di seta. ‘A lumera – Luoghi di Porto d’Ischia e di Casamicciola, ove c’è l’industria delle mattonelle e dei vasi di terracotta. Si chiamava “Lumera” (allumiera), perché un tempo lì, ma anche in molte altre località dell’isola vi erano miniere da cui si estraeva l’allume da un’industria molto fiorente. L’Onorato, nel suo Ragguaglio, a proposito di queste miniere, scrive: «.. fin dal tempo, che Bartolomeo Pernice Genovese ne fece conoscere il vantaggio, e il profitto, si pose in opera, ed in lavoro l’arte di cacciare, e di formare l’allume; ed un tale lavoro fu esercitato nel 14, nel 15, e nel 16 secolo; e si arrivò a tirarne in un anno lavorato, formato, e purificato sin a mille, e cinquecento cantaia. Dappoi una tale miniera, ed un tale genere mancò, o perché si estinse, e terminò, o perché poté ricevere modificazione, e così venne a mancarne il lavoro, e la fattoria. Quindi ne derivò, che le fornaci, e le costruzioni, che servono per la cottura de vasi, e del lavoro di creta, si seguitarono a chiamare, come si chiamano, lumiere. Il prodotto dell’allume era di ricchezza, e di vantaggio grande per Casamicciola, e per la città d’Ischia. Bartolomeo Pernice imparò, ed apprese l’arte dell’allume in Rocca della Siria, e nel conoscerne il genere nell’isola, tenne tutta la cura d’insegnarla all’isolani». Il vescovo di Ischia godeva del diritto della decima sulla produzione dell’allume dell’isola d’Ischia e sulla bagliva. Tale diritto fu concesso dal re di Napoli con un suo decreto datato da Capua il 4 marzo 1273. E il 23 marzo dello stesso anno dette mandato al suo Procuratore di vigilare sull’osservanza di tale diritto, perché nessuno osasse contestare al Vescovo il diritto della decima sull’allume, e vi aggiunse anche quello sullo zolfo. Nei primi anni del 700 Agostino Santamaria e figli fabbricarono e fecero una piazza seu Lumera da realizzare mattoni ed altro di creta, una bottega seu basso o camera con loggetta sopra di esso. Il Gurgitello – Sorgente termale esistente a Casamicciola. Lungo i secoli, tali terme ebbero fortune e sfortune. Si sa che la duchessa Geronima Colonna (1534-1587), moglie di un Pignatelli e sorella di Marcantonio, il vincitore della battaglia di Lepanto, prese a cuore queste terme nei lunghi soggiorni che fece nell’isola, e pose a disposizione una generosa somma per il ripristino della sorgente2. De Rivaz (1836): “È la principale e la più celebre delle acque minerali d’Ischia, e di conseguenza la più frequentata di quest’isola, come anche di tutte le altre terme che si trovano nei dintorni di Napoli”. Il Castiglione – Sorgente termale di Casamicciola famosa perché le sue acque guarirono il principe di Bisignano Pompeo Tuttavilla e la contessa di Briatico Delia Sanseverino. Castiglione si nomina anche la collina, sulla quale fu portato alla luce un villaggio di capanne con un abbondante materiale archeologico. Frammenti di ceramica micenea, databili tra la fine del XV e l’inizo del XIV secolo a. C., testimoniano precoci fenomeni di contatto con il mondo egeo e le coste tirreniche. Nell’età del ferro il villaggio fu abitato da gente appartenente al popolo italico degli Opici o Oschi. Il nome deriverebbe dalla presenza di un castello e di una antica città3. Punta Mulino – Ad Ischia è chiamata così una loca2 “Di tutti i bagni d’Ischia questo (preziosissimo bagno, volgarmente detto Gurgitello) noi prima abbiamo provato e felicissimamente esperimentato”; “Eccellente bagno” (G. Iasolino, De’ rimedi naturali che sono nell’isola d’Ischia, 1588). 3 De Quintiis, Inarime: “…nome assunto per quei ruderi di un vecchio castello e per le vestigia di antico borgo”. lità sul mare, ove recentemente è stato anche costruito un albergo; qui esisteva uno dei mulini, probabilmente “a vento”, per la macinazione del grano. In tempi successivi quei locali furono adibiti a carcere; ora sono in parte demoliti, in parte usati a sede per mostre. Anche a Casamicciola fu costruito un mulino nella seconda metà del ‘700, come si rileva dalla Platea degli Agostiniani di S. Maria della Scala d’Ischia, ove si dice che il 20 giugno 1765 fu redatto dal Notar Filippo Di Costanzo di Casamicciola un atto con il quale il Convento di S. Maria della Scala vendeva due misurelle e mezzo di terreno sito in Casamicciola in località “la pezza” e propriamente “dalla parte della lava dell’acqua corrente4 tenuto in fitto da Alessio Monte e suoi nipoti Pasquale e Bartolomeo, al Sig. Enrico Doblet della Repubblica di Liegi e per ordine del suo delegato, per poter ivi fabbricare un molino per uso pubblico dell’Università di Casamicciola, con l’obbligo al Sig. Doblet di costruire da capo a capo un muro di cinta di nove palmi d’altezza e di due palmi di larghezza. Nella stessa Platea degli Agostiniani, al foglio 893, si fa cenno al mulino già esistente in località “la pezza” nel secolo XVI e funzionante sino alla fine del 1513: «1564 . a dì 13 gennaio il magnifico Marcantonio Rabicano in enfiteusi perpetua si censua dal Convento di S. Maria della Scala un mulino diruto con corso d’acqua, case e corticelle, siti nelle pertinenze di Casamicciola, dove volgarmente si dice “alla Pezza”, giusta li beni del medesimo convento, della cappella di S. Caterina dei Baldaia tenuta a censo da Silvestro Barbiero, la cava dove corre la lava e che da anni cinquanta non macina per essere stata rivolta altrove l’acqua dal Marchese di Pescara. La lava dirupò mesi scorsi il predetto molino, per l’annuo censo di ducati otto pagabili il 15 agosto con l’obbligo di ridurre il predetto mulino in buono stato fra anni sei». Buceto – Sorgente potabile presso Fiaiano. Abocoetus, dice il Pontano; così detta perché ivi si raccoglievano gli uccelli per dissetarsi alla sorgente. Francesco De Siano5: «... Buceto, o sia docceto, perché vi doccia da una ripa argillosa l'acqua di questo nome, la quale con acquedotti è stata trasportata sino alla città situata a levante circa due miglia e mezzo distante. (...) Altri vogliono il nome da buceto dal greco che dinota pascolo di bovi; forse una volta vi pascolavano i bovi quando il luogo era demaniale». 4 “La lava dell’acqua corrente” non è altro che il piccolo ruscello formato dall’acque di fonti perenni” indicato dal D’Aloisio “picciol rio che in altri tempi forniva il bisognevole ad un molino ed ora con tortuosi giri placido per la valle scendendo in mare si vede dove s’incontra con la Marina che dicese l’Alumiere”. 5 Francesco De Siano, Brevi e succinte notizie di storia naturale e civile dell'isola d'Ischia, 1801. La Rassegna d’Ischia n. 3/2014 47 Ischia Ponte - Castello e Scogli di Sant'Anna Ischia, Via S. Anna - In Ischia, dalla via G. Battista Vico, e precisamente a ridosso della cappella della Madonna del Carmine, s’apre una stradetta denominata “Via S. Anna” che conduce alla zona del cosiddetto “cimitero vecchio” ai margini del quale c’è la chiesetta di S. Anna, il cui atrio si affaccia sul mare ove vi sono degli scogli che sono anch’essi chiamati "di S. Anna”. La zona, prima di essere adibita a cimitero temporaneo durante l’epidemia colerica del 1836, era chiamata “Giardino delle Ninfe” o “Ninfario”6 e serviva anche come raduno dei cacciatori, per cui prendeva anche il nome di “Parata delle quaglie”. Lo specchio di mare antistante la località è conosciuto col nome di “Scogli di S. Anna”, dove fin dagli anni trenta del secolo XX viene fatta la festa detta di S. Anna (26 luglio) in quell’incantevole specchio d’acqua che va dal Castello a Cartaromana. Quei pezzi di terra isolati gli uni dagli altri che chiamiamo “scogli di S. Anna”, originariamente, non erano scogli, come lo sono i Faraglioni di Capri, ma sono diventati tali per il bradisismo di cui soffrì tutta quella zona orientale d’Ischia. Il mare lì tendeva sempre 6 “In questo luogo si vede il piacevole e deliziosissimo giardino dell’illustre Signor Don Giovanni di Guevara. Il quale luogo per la sua amenità ed eccellente copia di frutti chiamarono il Ninfeo o Ninfario” (G. Iasolino, De’ rimedi naturali che sono nell’isola d’Ischia, 1588). 48 La Rassegna d’Ischia n. 3/2014 ad entrare nelle terre, per questo c’è quel muraglione, anch’esso rimontante al 1400 che serve ad arginare l’onda che continuamente il mare reca alla terra, strappandole dei pezzi. Un tempo tutta l’area, ora occupata dal mare, a comnciare dalla “Corteglia” fino alla spiaggia di Cartaromana, era terra. V’erano le attrezzature portuali che servivano il porto duecentesco, fiorente in quella zona. Sul primo scoglio si notano ancora dei residui di costruzione; altrove vi è un cunicolo che porta in un vano invaso dal mare. Sugli scogli si notano strati di lapillo. Sono resti dell’eruzione di cui parla Paolo Buchner in “Formazione e sviluppo dell’isola d’Ischia”, il quale scrive. «Finora l’eruzione dell’Arso, della quale parlano diverse cronache e i registri angioni, pareva l’unica medievale. Perciò fu una grande sorpresa, quando ci accorgemmo che ne avvenne anche un’altra, quasi contemporanea, ma molto meno importante, al margine del cratere di S. Michele, che seppellì ruderi di case coloniche e moltissimi cocci smaltati insieme con qualche moneta dello stesso Carlo II». Camillo D'Ambra Iosif Brodskij Ischia ad ottobre A Fausto Malcovati Una volta qui ribolliva un vulcano. Poi fu un pellicano a bucarsi il petto. Non lontano viveva Virgilio, Auden ci beveva vino a fiumi. Когда-то здесь клокотал вулкан. Потом – грудь клевал себе пеликан. Неподалеку Вергилий жил, и У.Х. Оден вино глушил. Oggi lo stucco si scrosta dai palazzi, prezzi e conti non son più quelli di una volta. Ma io faccio quadrare in qualche modo i miei versi svolgendo un’appannata “r”. Теперь штукатурка дворцов не та, цены не те и не те счета. Но я кое-как свожу концы строк, развернув потускневший рцы. Il pescatore s’inoltra nell’oltremarino via dalle coperte stese sul balcone, l’autunno sferza i colli con un mare diverso da quello che la deserta spiaggia frusta. Dalla balaustra mia moglie e la mia bambina guardano lontano, adocchiando il pianoforte di una vela o un pallone aerostatico – colpo smorzato di campana. All’isola come variante del fato, impensabile come bilancio del cammino, si addice soltanto lo scirocco. Ma neppure a noi è vietato sbattere le imposte. E la corrente che sparpaglia le carte è il segno - sbrigati a voltarti! che qui non siamo soli. Il guscio tenuto insieme con la calce, che salva dall’impeto della fronte, del sale, del vetusto martelletto, rivela tre tuorli all’imbrunire. Attorcendo i monogrammi delle buganvillee, con il loro alfabeto mascherando la sua vergogna, l’esigua terra si vendica dello spazio con il verde. Persone - poche, e sentendo “tu” si induriscono i tratti, quasi il linguaggio, a guisa di lente, separasse il paesaggio dai volti. E più volentieri che verso il continente, nel sentire “a casa” la mano tende il dito in direzione della montagna dove crollano e crescono mondi. Siamo qui in tre, e scommetto che quanto vediamo insieme è tre volte più senza fissa dimora e più azzurro di ciò a cui Enea guardava. Isosif Brodskij, Poesie italiane. Milano, Adelphi, 1996. Traduzione di Serena Vitale. Рыбак уплывает в ультрамарин от вывешенных на балкон перин, и осень захлестывает горный кряж морем другим, чем безлюдный пляж. Дочка с женой с балюстрады вдаль глядят, высматривая рояль паруса или воздушный шар – затихший колокола удар. Немыслимый как итог ходьбы, остров как вариант судьбы устраивает лишь сирокко. Но и нам не запрещено хлопать ставнями. И сквозняк, бумаги раскидывая, суть знак – быстро голову поверни! – что мы здесь не одни. Известкой скрепленная скорлупа, спасающая от напора лба, соли, рыхлого молотка в сумерках три желтка. Крутя бугенвиллей вензеля, ограниченная земля, их письменностью прикрывая стыд, растительностью пространству мстит. Мало людей; и, заслышав "ты", здесь резче делаются черты, точно речь, наподобье линз, отделяет пейзаж от лиц. И пальцем при слове "домой" рука охотней, чем в сторону материка, ткнет в сторону кучевой горы, где рушатся и растут миры. Мы здесь втроем и, держу пари, то, что вместе мы видим, в три раза безадресней и синей, чем то, на что смотрел Эней. La Rassegna d’Ischia n. 3/2014 49 L’immagine del Sud nelle vedute dei Pittori Russi a Capri * Lucia Tonini La storia della fortuna di Capri nella pittura russa è un argomento composito che partecipa contemporaneamente ad altri percorsi tematici in stretta simbiosi. Da una parte, è ovvio, alla storia della fortuna dell’Italia nella cultura russa, un rapporto che ha radici antiche e implicazioni di grande interesse per la storia del ruolo dell’Italia nella cultura europea dell’Ottocento. Dall’altra la ‘scoperta’ dell’isola di Capri da parte dei pittori russi si intreccia e entra a far parte della storia dello sviluppo della pittura in Russia come anche della fortuna pittorica dell’isola1. Anche per la Russia sono state le motivazioni e le modalità legate al Grand Tour a costituire l’inizio e la spinta per un rilancio del viaggio in Italia, concepito nel secondo Settecento principalmente come itinerario nella classicità, per mutare nel tempo, in contatto con la realtà italiana, nelle sue caratteristiche e nelle sue finalità. Sul viaggio in Italia, sul suo influsso e sul suo significato nell’ambito della pittura russa sono apparsi anche in Italia a partire dagli ultimi dieci anni del secolo scorso alcuni studi specifici pubblicati in occasione di mostre, fra cui ricordiamo in particolare i saggi di Nicoletta Misler, Claudio Poppi, Evgenija Petrova, Grigorij Goldovskij2. La grande quantità di * Dal sito www. russinitalia.it/risorse/pubblicazioni - autorizzazione dell'autrice. Alla fortuna pittorica dell’isola di Capri sono state dedicate svariate pubblicazioni fra le quali ricordiamo: Il Mito e l’Immagine: Capri Ischia e Procida nella pittura dal ‘600 ai primi del ‘900, Torino, Nuova ERI, 1988; A. Basilico Pisaturo, Pittori a Capri 1850-1950. Immagini, personaggi, documenti, Capri, La Conchiglia, 1997; in particolare notizie sui pittori russi a Capri si possono trovare in P. Cazzola, Artisti e scrittori russi a Capri dall’Ottocento a oggi, in “Le pagine dell’Isola”, Quaderni del Centro Caprense “Ignazio Cerio” I (1992), n. 33; Capri 1905-1940. Frammenti postumi, a cura di Lea Vergine, ricerche e testi di E. Fermani e S. Lambiase, Capri, La Conchiglia, 1993. 2 Si ricordano ad esempio i saggi contenuti nel catalogo della mostra La pittura russa nell’età romantica, a cura di G. Goldovskij, E. Petrova, C. Poppi, Bologna, Nuova Alfa Editoriale, 1990: G. Goldovskij, Russia e Italia: rapporti artistici, pp. XXIII- XXXI; N. Misler, La luna italiana e il sole del Nord, pp. XXXIII-XLII; C. Poppi, Idea, Sentimento, Natura e Storia, pp. XLIII- LX. I cataloghi delle mostre Nostalgia d’Italia, a cura di E. Petrova, C. Poppi, Firenze, Ponte alle Grazie, 1991. Viaggio in Italia, la veduta italiana nella pittura russa dell’800, a cura di G. Goldovskij, E. Petrova, C. Poppi, Milano, Electa, 1993. Il catalogo 1 50 La Rassegna d’Ischia n. 3/2014 materiale inesplorato che essi rivelano rende il tema tanto più affascinante e mette in evidenza la necessità di collegare la storia del rapporto con la Russia a quello più noto con le altre culture europee in Italia. L’occasione di fare un’indagine specifica su Capri, se pur da un lato ha la difficoltà di ritagliarsi da un imprescindibile contesto più vasto, quello napoletano con cui è in relazione, dall’altro mette in luce un ruolo peculiare dell’isola, documentato, pur limitatamente alla pittura, da un materiale talmente vasto che può essere qui solo sfiorato. La fortuna dell’Isola per eccellenza si gioca prima di tutto in termini visivi, sebbene spesso nella loro trasposizione letteraria, ed è possibile quindi parlare di una ‘immagine’ di Capri ancor prima della valenza simbolica che essa esprime e incarna di volta in volta nella storia della cultura internazionale3. La descrizione verbale appare precedere la sua rappresentazione pittorica, ma condivide con essa i termini figurativi di riferimento. Indubbiamente la silhouette di Capri rimane sullo sfondo di tante vedute nella pittura di paesaggio del Settecento e del primo Ottocento: raffigurazioni della costa, della città di Napoli, della sua baia, del suo mare, del Vesuvio. Se fino alla fine del Settecento il Grand Tour aveva avuto Napoli come estremo confine Proizvedenija russkich chudožnikov iz muzeev častnych kollekcij Italii (Opere di artisti russi da musei e collezioni private italiane), Venezia, Marsilio, 1991. G. Goldovskij, Grigorij e Nikanor Černecov, due artisti russi nell’Italia di metà Ottocento, in “800 italiano” I (1991), n. 4, pp. 28-37. Fra i saggi del volume I russi e l’Italia, a cura di V. Strada, Milano, Scheiwiller, 1995, in particolare D. Sarab’janov, Artisti russi in Italia nel XIX secolo, e I. Revjakina, I russi a Capri, 1906-1913: un caleidoscopio di personaggi e situazioni. R. Giuliani, Vittoria Caldoni Lapčenko: la fanciulla di Albano nell’arte, nell’estetica e nella letteratura russa, Roma, La Fenice, 1995. S. Khachaturyan, Ajvazovsky e l’Italia, in Roma - Armenia, a cura di C. Mutafian, Roma, Carte segrete, 1999. Il catalogo della mostra Kandinskij, Vrubel’, Javlensky e gli artisti russi a Genova e nelle Riviere. Passaggio in Liguria, a cura di F. Ragazzi, Milano, Mazzotta, 2001. R. Giuliani, La meravigliosa Roma di Gogol’: la città, gli artisti, la vita culturale nella prima metà dell’Ottocento, Roma, Studium, 2002. F. Mazzocca, Da Oriente a Occidente: nuovi protagonisti sulla scena romana, in Maestà di Roma. Da Napoleone all’Unità d’Italia, Catalogo della mostra, Milano, Electa, 2003 3 Alla rappresentazione di Capri è stato dedicato un convegno e una mostra alla Certosa di san Giacomo, di cui è testimonianza in L’immagine di Capri, Napoli 1981 meridionale della penisola4, Capri vi si inseriva partecipando da lontano all’incanto dell’immagine classica della baia, come ad esempio la descrive Goethe nella sua ‘veduta’ dalla finestra del palazzo di Lady Hamilton nel 1787: La vista che si gode [...] è forse unica. Ai piedi il mare, in faccia Capri, a destra Posillipo, a fianco la passeggiata della Villa Reale e a sinistra un vecchio palazzo di Gesuiti e, più lontano, la costa di Sorrento fino a capo Minerva. Difficilmente si troverebbe qualcosa di somigliante in Europa5. Alla descrizione di Goethe corrisponde la pittura di paesaggio di tanti artisti stranieri arrivati in Italia sulla scia del Grand Tour, quali Philipp Hackert, Robert Cozens, Abraham Louis Ducros, Anton Sminck van Pitloo e altri, fra cui ricordiamo anche il russo Fedor Matveev che nel 1806 esegue Vid Neapolja (Veduta di Napoli - Pietroburgo, Museo Russo), ricomponendo gli schizzi presi dal vero secondo quinte prospettiche nel chiuso del suo studio romano6. Silhouette familiare ma lontana, quella di Capri nel vedutismo neoclassico, semplice ‘segno’ riconoscibile in un paesaggio rappresentato attraverso le convenzioni accademiche e ancora a quel tempo in via di esplorazione. È solo negli ultimi anni del Settecento e nei primi decenni dell’Ottocento che avviene la scoperta più ravvicinata di quella silhouette, una sorta di ‘avvicinamento a cannocchiale’ che si può dire inizia con alcune opere di pittori stranieri, come le tempere eseguite da Hackert nel 1792 per la regina Maria Carolina e gli schizzi e i bozzetti di Karl Friedrich Schinkel del 1804, artisti fra i primi a raggiungere l’isola. Per quanto riguarda i pittori russi, l’inizio della fortuna di Capri risale a qualche anno più tardi e può esser messo in relazione con la fortuna della veduta italiana legata a Sil’vestr Ščedrin. Trasferitosi da Roma a Napoli negli anni ‘20, Ščedrin si sposta sulla costa fra Pozzuoli, Sorrento e Amalfi in cerca di punti di vista stimolanti per le sue indagini pittoriche e per soddisfare le innumerevoli richieste dei suoi committenti7. L’avvicinamento alla realtà paesaggistica locale, la ricerca di nuovi spunti che stimolino la sua attività, Cf. ad esempio il capitolo “Napoli e la scoperta del Sud”, in C. de Seta, L’Italia del Grand Tour. Da Montaigne a Goethe, Napoli, Electa, 1992; D. Richter, in Alla ricerca del Sud, tre secoli di viaggi ad Amalfi nell’immaginario europeo, Firenze, La Nuova Italia, 1989; i saggi contenuti nei due volumi Viaggio nel Sud, a cura di E. Kanceff e R. Rampone, Genève, Slatkine, 1993. 5 J. W. Goethe, Viaggio in Italia, trad. E. Castellani, Milano, Garzanti, 1997, p. 241 6 L’opera valse a F. M. Matveev (Pietroburgo 1758 - Roma 1826) la nomina a membro dell’Accademia di Belle Arti di Pietroburgo per la classe di Paesaggio 7 Cf. il saggio di P. Cazzola, Il colore del Sud, in Viaggio nel Sud, cit., vol. II, Dalla Campania alla Calabria. 4 nella quale la luce è componente essenziale, lo portano a esplorare le coste capresi scoprendo qui, forse più forte che sulla riviera napoletana, il fascino della natura ancora incontaminata e l’aura classica del paesaggio meridionale. Fra il 1826 e il 1828 Ščedrin soggiorna a Capri a più riprese, riportandone una serie di vedute che segnano quelli che saranno i topoi della rappresentazione dell’isola: marine, baie, grotte8, in un itinerario parallelo a quello percorso in quegli stessi anni da Giacinto Gigante e dagli altri pittori della scuola di Posillipo. Lo studio degli effetti di luce che ritroviamo in tante vedute, soprattutto nella serie delle grotte capresi di Ščedrin, la rappresentazione di una natura inviolata ma non nemica e le scene intime di vita popolare, in cui l’idillio è cercato in scorci di primo piano, o per mezzo di quinte create da grotte o da terrazze e pergole (si veda ad esempio Na verande – na ostrove Iskii – Sulla veranda. Ischia, 1829, Pietroburgo, Museo Russo), producono una sensazione di armonia in una mediterraneità carica di suggestioni classiche mai direttamente richiamate, ma evocate dall’equilibrio tonale della rappresentazione della realtà. Capri, come punto di vista allontanato dalla costa brulicante di vita e di richiami colti, si presta in particolar modo ad immergersi in uno stato di soffusa ebbrezza e di dionisiaco abbandono avvertibile anche nella morbidezza della pennellata. Di questo stato d’animo testimoniano anche le lettere. In una di queste, ad esempio, l’evocazione delle rovine della villa di Tiberio è l’occasione per una visione di sogno, in un clima solare di abbandono al dolce far niente: La mia fervida immaginazione vi porterà a Capri e vi farà ricordare il Palazzo di Tiberio su uno scoglio inaccessibile dal mare, da terra piano piano, come dice Pulcinella, voi arriverete alle recenti scoperte di scale, corridoi, stanze e persino di una chiesa, come dice il custode, perché, secondo lui, gli antichi erano ‘Cristiani turchi’. [...] È così caldo che non si può far niente e sono concorde col grasso cappuccino che nei giorni di calura non fa altro che stare a sedere immobile a sventolarsi9. Le suggestioni della solarità meridionale intervengono fortemente anche sul più noto dei pittori russi in Italia: Karl Brjullov, indubbiamente colui che ha creato Si ricordano ad esempio le diverse versioni di Bol 'šaja gavan’ na ostrove Kapri (Marina Grande nell’isola di Capri) del 1827 e del 1828 conservate alla Galleria Tret’jakov di Mosca, Grot Matromania na ostrove Kapri (La Grotta di Matromania nell’isola di Capri, 1827, Galleria Tret’jakov), le due versioni di Skaly maloj gavani na Kapri (Scogli di Marina Piccola a Capri) del 1827, conservata al Museo Russo di Pietroburgo, e del 1828, conservata alla Galleria Tret’jakov 9 Lettera del 27 luglio 1828 da Capri allo scultore russo Samuil Ivanovič Gal’berg, in Sil’vestr Ščedrin, Pis’ma, Moskva, Iskusstvo, 1978, pp. 177-178 8 La Rassegna d’Ischia n. 3/2014 51 l’immagine di un’Italia primigenia e solare secondo un genere ‘all’italiana’ che avrà larga diffusione nella pittura russa. Il rinnovamento della pittura di paesaggio e di genere, che procedeva parallelamente a quanto avveniva in patria con Aleksej Venecianov e la sua scuola, in Italia si nutriva anche di un mito della felicità delle terre del sud che ha in Ital’janskij polden’ (Mezzogiorno italiano, 1827) di Brjullov l’icona che a lungo è stata sinonimo di Italia in Russia. Fra le sue numerose opere ambientate a Napoli e nell’Italia meridionale, pur mancando vedute specificamente capresi, l’evocazione più diretta della Classicità di Poslednij den’ Pompei (L’ultimo giorno di Pompei, 1830-1833) si alterna ai bozzetti di vita quotidiana come Devuška, sobirajuščaja vinograd v okresnostjach Neapolja (Foto 5, pag. 55 Fanciulla che coglie l’uva nei dintorni di Napoli, 1827, Pietroburgo, Museo Russo), che nella ricchezza tonale e nella freschezza della pennellata rendono l’armonia di una rappresentazione ‘naturale’. Questo profondo rinnovamento di un sentimento della classicità mediterranea al di fuori di riferimenti diretti e concreti, la partecipa- zione emotiva e quasi fisica alla natura ritratta en plein air che riflette un nuovo rapporto con la realtà rappresentata è quanto vediamo anche nella pittura di Aleksandr Ivanov. Di lui, vissuto lungamente in Italia e presente a più riprese anche sulla costa napoletana che ha ritratto in opere di fresca e quasi fisica immedesimazione10, tuttavia non siamo a conoscenza di soggiorni o soggetti specificamente capresi. Sull’esempio di Ščedrin Capri diventa soggetto cercato da una serie di pittori russi dell’età romantica, come ad esempio Ivan Ajvazovskij, emozionali dovuti agli effetti luministici11. Negli stessi anni ‘40 Grigorij Černecov ritrae la Grotta Azzurra12 (Foto3 pag. 55) e le marine capresi in acquerelli che hanno luce e natura come protagonisti e conservano l’impostazione documentaria degli album di viaggio dei pittori settecenteschi. È di qualche anno più tardi la veduta di Bol’šaja gavan’ v Kapri (Marina Grande a Capri) di Aleksej Bogoljubov13 , pittore dell’Accademia di Pietroburgo giunto anch’egli in Italia nella seconda metà degli anni ‘50 con una borsa di studio, così come Lev Lagorio che nel 1859 ritrae scorci capresi dal taglio Aleksandr Ivanov soggiornò a Napoli nel 1843 e fra il 1846 e il 1848. Tra le opere dedicate a Napoli ricordiamo, ad esempio, Vid Neapolja iz Posillipo (Veduta di Napoli da Posillipo, 1840 circa), Pietroburgo, Museo Russo. 11 Lunnaja noč’. Kapri (Al chiar di luna. Capri, 1841), Rostov, Museo di Arti figurative, Vid Kapri (Veduta di Capri), Kiev, Museo dell’arte russa. 12 Kapri, grot (La Grotta Azzurra a Capri, 1842), Pietroburgo, Museo Russo 13 Bol’šaja gavan’ v Kapri (Marina Grande a Capri, 1855), Pietroburgo, Museo Russo 10 52 La Rassegna d’Ischia n. 3/2014 inedito e dai raffinati effetti di luce14. Anche i pittori russi partecipano così alla celebrazione dei luoghi emblematici della topografia caprese che nel 1827 aveva ufficialmente inaugurato la fama della Grotta Azzurra. Baie, grotte, pergolati, marine inseriscono Capri nella storia della pittura romantica anche russa e il repertorio caprese si consegna al secondo Ottocento, entrando a far parte anche del bagaglio di immagini del turista europeo e russo che raggiunge il sud d’Italia, fino a fissarsi nell’iconografia riprodotta e moltiplicata della cartolina novecentesca. La potenzialità suggestiva del paesaggio mediterraneo di Capri non si limita tuttavia ad ispirare la pittura russa di paesaggio, ma diventa elemento determinante anche di figurazioni allegoriche, la cui più chiara realizzazione si trova forse nell’opera di Genrich Semiradskij (1843-1902): Orgija vremen Tiberija na ostrove Kapri (Orgia sull’isola di Capri ai tempi di Tiberio, 1881, Galleria Tret’jakov), cupa evocazione dionisiaca di gusto tardoromantico, e la veduta solare Capri, Villa Jovis (1881, collezione privata) ricreano l’epopea classica in visioni costruite con l’attenzione ai particolari e ai modi della pittura di genere. La luce del plein air e il paesaggio mediterraneo rimangono anche in questo caso i moventi di allucinate trasposizioni nel tempo che esaltano i valori di un’idealizzata classicità secondo il gusto simbolista per l’Antico. Il grande successo che Semiradskij ebbe sia in Russia che in Italia conferma la stretta corrispondenza fra il mondo fantastico rappresentato nelle sue tele e l’immaginario collettivo della civiltà classica, che aveva la sua ambientazione ideale a Capri. A proposito del quadro Frina na prazdnike Posejdona v Elevzine (Foto 4 pag. 55 - Frina alla festa di Poseidone a Eleusi), il cui sfondo paesaggistico può far pensare al mare di Capri, Semiradskij scrive: “Il sole, il mare, l’architettura, la bellezza femminile e la muta ammirazione dei greci alla vista della più bella donna del loro tempo - l’ammirazione del popolo artista non somigliano per niente al cinismo contemporaneo degli ammiratori di cocottes”15. In Russia i pittori, tornati nella seconda metà dell’Ottocento su temi nazionali, hanno comunque acquisito la consuetudine del viaggio italiano, diventato ormai quasi di routine anche al di fuori delle missioni dell’Accademia. Alla fine del XIX secolo l’Italia viene percepita nella cultura russa non più soltanto come portatrice Na ostrove Kapri. Rybackij domik (Sull’isola di Capri. Casetta di pescatori, 1859), Na ostrove Kapri. Beregovye utesy (Sull’isola di Capri. Scogli in riva al mare, 1859), Na ostrove Kapri. Bereg v nenast’e (Sull’isola di Capri. Riva in tempesta, 1859), Mosca, Galleria Tret’jakov 15 Lettera a P. F. Iseev del 1/13 dicembre 1886, in OR RGB, Fond 498, Kart. 1, Ed. chr. 18, l. 17 14 di un’idea del mondo classico o di una visione solare della natura del sud. Altre componenti intervengono a determinarne la valenza storica. Il Medioevo e il Rinascimento italiano, ad esempio, entrano come elementi estetici e morali determinanti e l’arte russa fra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento ne avverte il fascino. In questo ambito sono le città d’arte italiane ad attrarre l’attenzione, non più solo Roma, Napoli e Venezia, ma anche Firenze, Pisa, Siena, le città del Veneto e dell’Umbria. Su un percorso di questo genere, celebrato all’inizio del Novecento dal diario-guida del viaggio in Italia per antonomasia di Pavel Muratov, Obrazy Italii (Immagini d’Italia), si trovano fin dalla fine dell’Ottocento tanti nomi dell’arte russa. Capri ne è considerata una tappa canonica. Immagine diventata ormai abituale anche per la cultura russa, mantiene fino al debutto del nuovo secolo le sue caratteristiche suggestive di paradiso naturale e di antiche civiltà e la descrizione fissata da Muratov rievoca quella di Goethe: Chi viene [a Napoli] può arrivare qui con qualsivoglia prevenzione contro la ‘banale’ bellezza del paesaggio napoletano. [...] La linea della costa che sfuma nella macchia scura di Sorrento, i tenui contorni di Capri e di Ischia risvegliano nell’animo memorie di un paradiso terrestre antiche come il mondo. Quale fedele compagno della vita a Napoli diventa la lontana sagoma di Capri! Svegliandoti al mattino e andando alla finestra, la vedi come una sfumata nuvola azzurra all’orizzonte. A metà giornata scompare nell’aria accecante di luce e la sera nuovamente compare per ardere purpurea al tramonto e, fattasi viola intenso, unirsi con la notte. Al napoletano è cara questa silhouette che conosce dall’infanzia [...]16. Anche artisti come Vasilij Surikov, campione dell’epopea nazionale, ha nel suo bagaglio formativo una visita in Italia della quale si conserva, fra l’altro, un acquerello di estrema delicatezza che ritrae l’isola di Capri in una lontananza di sogno: Neapol’, Morskaja naberežnaja (Napoli. Lungomare, 1884, Mosca, Galleria Tret’jakov). Fra i pittori impegnati in un recupero della tradizione figurativa nazionale e della sua ispirazione religiosa Michail Nesterov compie il suo viaggio in Italia e soggiorna a Capri nel 1889, ritornandovi nel marzo del 1908 con la sorella e la figlia Ol’ga. Scrive allora: Sin dai primi giorni del mio arrivo qui ho cominciato a lavorare intensamente. Ho dipinto il mare e una deliziosa chiesetta - resti di un lontano passato. La chiesetta mi serviva per lo sfondo di uno dei quadri del monastero17. P. Muratov, Obrazy Italii, a cura di V. M. Tolmacˇ ëv, Moskva, Respublika, 1994, p. 319 17 M. Nesterov, Davnie dni, Moskva 1959, p. 218 16 È per il monastero di Marta e Maria a Mosca che ritrae la chiesetta caprese18, le cui forme immerse nella luce vivace del mezzogiorno evocano genericamente un paesaggio meridionale dagli echi lontani, funzionale alla sua ricerca per una rappresentazione quanto più possibile realistica della Palestina. Anche gli altri bozzetti prodotti in questo mese di intenso lavoro, fra cui Kapri. More (Capri. Mare, 1908), Kapri. Etjud (Capri. Studio, 1889), Kapri. Cvetuščij mindal’ (Capri. Il mandorlo fiorito, 1908) ritratto nel giardino dell’albergo Pagano dove il pittore soggiornava, conservano la forte luminosità mediterranea nella quale sono immersi e che si trasmette all’insolita vivacità di colori delle pitture del monastero moscovita alle quali lavora al suo ritorno in Russia. Ma se Nesterov nel 1908 a Capri cerca spunti per i suoi paesaggi mistici isolandosi dalla vita mondana locale ed evitando di frequentare il “noto compatriota”19, indubbiamente all’inizio del Novecento Capri per la cultura russa non è più solo un’isola lontana, illuminata da sole e benedetta dalla grazia di Dio: dopo il 1908 Capri è l’isola di Gor’kij che vi si era stabilito a partire dal 1906 e intorno al quale si stringono anche le vicende dei pittori che vi soggiornano. L’episodio dell’arrivo festante di un gruppo di pittori russi sull’isola, venuti per ritrarre lo scrittore quasi come nuova divinità, genio del luogo, è noto anche se non sufficientemente indagato. Lo testimonia una fotografia del 1910 che ritrae Gor’kij circondato da alcuni di essi, fra cui Semen Prochorov, Jakov Pavlov, Michail Pečatkin e Isaak Brodskij, fra questi la personalità forse di maggior rilievo sia per il talento artistico, sia per l’importanza che ha nella sua opera il soggiorno nell’isola di Capri20. Brodskij arriva a Capri una prima volta nel 1910 grazie al finanziamento dell’Accademia di Belle Arti di Pietroburgo. Vi arriva durante un viaggio in Italia nel quale si è fermato a Roma, Venezia, Firenze, ma anche a Padova, Orvieto, Siena, secondo un percorso per l’Italia medievale che proprio il libro di Muratov celebrava in quegli stessi anni. A Capri il richiamo Si tratta probabilmente della Chiesa della Croce raffigurata nel bozzetto Kapri. Vchod v monastyr’ (Capri. Ingresso al monastero, 1908), Mosca, collezione privata. 19 Nesterov intende naturalmente Maksim Gor’kij, col quale, dopo un periodo di intensa amicizia, i rapporti si erano raffreddati. “Il noto compatriota l’ho visto e sentito di sfuggita, come ‘bestemmiava’. La villa dove abita è grande e si affaccia con le finestre e le terrazze sul mare, sui Faraglioni. [...] Da Gor’kij non sono andato; non avevo voglia di andare incontro a una sicura discussione” (Lettera di M. Nesterov a L. V. Sredin del 20 aprile 1908 da Kiev, in M. Nesterov, Iz pisem, Leningrad 1968, pp.186187). 20 M. Gor’kij con un gruppo di pittori russi a Capri, Mosca, Museo Gor’kij 18 La Rassegna d’Ischia n. 3/2014 53 principale era proprio Gor’kij. Di lui, Brodskij, come gli altri compagni citati, esegue un ritratto dal vero21, confrontabile tuttavia con una foto che ne ripete la posa e testimonia, nella dedica, il rapporto di simpatia instauratosi fra i due22. Ma l’incontro del pittore con l’isola risulta essere anche estremamente ricco per il determinarsi di una immagine del mito italiano legato al genius loci. Il grande quadro intitolato Skazka (Favola, 1911)23, che aveva già iniziato a Roma, ma che porta a termine in seguito al soggiorno a Capri, vuole essere una metafora dell’Italia, terra solare e mediterranea. Il carattere decorativo e simbolico dell’opera non impedisce una rappresentazione quasi grafica e fortemente realistica dei vari elementi. Il quadro era stato concepito come immagine della inesauribile ricchezza della natura meridionale italiana con il richiamo sullo sfondo a un’antichità senza tempo, rinnovata da una fertilità primigenia rappresentata dal bambino in fasce. La tessitura simbolica dell’opera recupera anche elementi di un immaginario meridionale di ispirazione orientaleggiante, come ad esempio i pavoni. In una lettera Brodskij così descrive l’opera: Ho raffigurato una città italiana strana, inesistente. Quando la guardi, nella mente ti si delinea una lunga catena di secoli che arrivano all’eternità. E accanto un bambino appena nato. Sullo sfondo della vecchia città appare una nuova vita. L’antichità trae nuove forze dalla giovinezza. La giovinezza, viva, pura, continuamente rinnovantesi, confluisce nell’eternità: nasce così la ‘favola eterna’24. Questo quadro, per il quale ebbe il premio al concorso del 1911 della Società promotrice delle Belle Arti, non è l’unico ispirato al genius loci italiano evocato dall’isola di Capri, dove Brodskij ritorna l’anno seguente, 1911, per soggiornarvi tutta l’estate. Frequenta assiduamente il circolo di Gor’kij eseguendo anche alcuni ritratti, come quelli di Šaljapin e della moglie dello scrittore Marija Andreeva (Pietroburgo, CasaMuseo I. I. Brodskij). Anche l’autoritratto con la figlia, eseguito durante il soggiorno caprese, condivide l’amMaksim Gor’kij, Capri 1910, Mosca, Museo Gor’kij “Vi auguro felicità con tutto il cuore Isaak Izrail’evič! M. Gor’kij, Capri 1910”, Mosca, Museo Gor’kij. Il rapporto di amicizia fra i due è documentato da numerose testimonianze, fra cui una lettera dello scrittore del 25 maggio 1910 a Ljubov’ Markovna Brodskij: “Adesso ho accompagnato per Capri Isaak, a cui in questo periodo ho voluto bene come a uno di famiglia. Ha un’anima stupenda, un talento luminoso, sono molto contento di averne fatto la conoscenza”. 23 Dell’opera esistono bozzetti conservati al Museo Russo di Pietroburgo, e una variante nella Raccolta del fondo regionale Chanto-Mansijskij, mentre dell’originale cui ci si riferisce nel testo non è nota la collocazione 24 I. A. Brodskij, I. A. Brodskij, Moskva 1973, p. 106 21 22 54 La Rassegna d’Ischia n. 3/2014 bientazione paesaggistica delle opere di quel periodo: lo sfondo architettonico allude ad antichi villaggi e il primo piano è affollato di frutti, stoffe, oggetti variopinti in un fitto tessuto decorativo. Ma l’opera che raggiunge l’apice della sua esperienza italiana e che trova compimento durante il soggiorno nell’isola di Capri nel 1911 è l’allegoria Italija (Italia, 1911, Galleria Tret’jakov), icona in chiave modernista del rigoglio e della sensualità meridionale, dove elementi dell’ambiente circostante reale vengono esaltati e interpretati in chiave simbolica: la cornucopia di frutti, vegetazione, conchiglie, perle compone uno scenario teatralizzato nel quale si dispongono personaggi rappresentati secondo il gusto locale e espressione di una piena gioia di vivere25. Sullo sfondo nuovamente una fantasia architettonica, summa di vedute italiane. Il quadro, che aveva suscitato l’ammirazione di Gor’kij durante la sua complessa esecuzione26, verrà presentato nel 1912 alla mostra primaverile dell’Accademia di Belle Arti a Pietroburgo e, come gli altri di tema italiano esposti a mostre in Russia e in Europa in quel periodo, riscosse notevole successo27. Le grandi tele capresi di Brodskij, Italia, come anche Fiaba e Autoritratto con la figlia, riassumono in nuove forme valenze che abbiamo visto avere radici antiche e che compongono l’immagine di una Italia mediterranea persistente nella cultura russa e nella quale Capri ha un ruolo privilegiato facendosi talvolta, come in questo caso, essa stessa in primo luogo specchio e simbolo dell’idea stessa di Italia. Lucia Tonini I personaggi rappresentati nel quadro appartengono in realtà alla famiglia stessa del pittore, secondo quanto testimonia la moglie Ljubov’ Markovna: “A Capri Isaak dipinse tutta l’estate ‘Italia’. Nel quadro rappresentò sotto forma di italiani me, Lidočka, le sorelle Raja e Paša e se stesso”; cit. da V. Bjalik, Isaak Brodskij, Moskva, Belyj Gorod, 2002, p. 20. 26 Brodskij stesso ricorda: “Aleksej Maksimovič spesso veniva da me nello studio, mi tranquillizzava in modo commovente e gli piaceva molto guardare il mio lavoro. Più volte disse che imparare a dipingere era il suo sogno. Con grande interesse studiava la tecnica dei miei lavori e cercava di seguire con attenzione tutto il processo di costruzione dell’opera”; cit. da I. I. Brodskij, Moj tvorčeskij put’, Moskva-Leningrad 1940, p. 53. 27 Le opere di tema italiano vennero esposte nel 1911 alla mostra di “Mir Iskusstva” e a quelle dell’Accademia di Belle Arti di Pietroburgo e dell’Unione degli Artisti russi, dove furono presenti anche nel 1912. 25 1 - Ščedrin - Notturno con Vesuvio 2 - Černecov - Veduta del Vesuvio da Capri 3 - Černecov - Grotta azzurra 4 - Semiradskij - Frina alla festa di Poseidone a Eleusi 5 - Brjullov - Fanciulla che coglie l'uva nei dintorni di Napoli Il romanzo di Sergio Schiazzano Melchi vi racconto una storia Raffaele Castagna La Flora dell'isola d'Ischia