15 Settembre 2008 Allan, vuoi raccontarci quando e

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15 Settembre 2008 Allan, vuoi raccontarci quando e
15 Settembre 2008
Ecco come ho scoperto la medicina del sonno.
L’intervista al Professor Allan Hobson, della Harvard Medical School,
è stata condotta dalla moglie, Professoressa Rosalia Silvestri, Responsabile del Centro di medicina
del sonno dell’Università degli Studi di Messina.
Allan, vuoi raccontarci quando e da cosa è nato il tuo interesse allo studio del sonno?
“Dalla noia e dalla delusione vissuta durante il mio training psicoanalitico. Mi andavo sempre più convincendo,
convinzione oggi del tutto in me radicata, che Freud non aveva “scoperto” bensì “inventato” l’inconscio ed avevo
voglia di scoperte e di ricerca vere. Fu così che riuscii ad andare all’NIH da Frederich Snyder dal 1961 al 1963, uno
psichiatra atipico per quei tempi, che subiva la psicoanalisi addormentandosi alle sedute, sia allorquando avrebbe
dovuto ascoltare i pazienti, sia quando egli stesso era sul lettino. In compenso, allo studio del sonno egli era molto
interessato ed aveva formulato interessanti teorie quali quella etologica del REM come stato “sentinella” deputato a
interrompere periodicamente il periodo di sonno per consentire una vigilanza sull’ambiente, importante all’uomo ma
soprattutto ad alcune specie di animali predati”.
Cosa ricordi con interesse di quel periodo?
“La responsabilità del laboratorio di registrazione: ore e ore trascorse a registrare il sonno di pazienti psichiatrici con
disturbi dell’umore alla ricerca del fantomatico marker dello switch dalla mania alla depressione, che non ho
ovviamente mai registrato.
In compenso, ho visto tante apnee che allora nessuno aveva ancora scoperto o pensato di descrivere”.
E poi?
“Poi, ho trascorso nove mesi nel 1963 a Lione da Michael Jouvet, un neurochirurgo che operava i gatti creando i
cervelli isolati pontini con le sue sezioni transcollicolari e registrava così l’atonia periodica delle fasi REM, che cercava
di correggere senza comprenderne il profondo significato fisiologico. Fu lì che per la prima volta pensai all’esistenza
di neuroni pace-maker che potessero innescare periodicamente questa condizione fisiologica, ma fui tacciato di
eresia, l’eresia inglese”.
Tornato a casa, però, potesti prenderti la rivincita?
“Sì certo, cominciai subito ad impiantare le tecniche di registrazione da singola cellula nel tronco encefalo che per
vari problemi di ordine pratico, si protrassero fino al ‘75 prima di permettermi insieme a Mc Carley di formulare la
ben nota teoria dell’interazione L’intervista al Professor Allan Hobson, della Harvard Medical School, è stata condotta
dalla moglie, Professoressa Rosalia Silvestri, Responsabile del Centro di medicina del sonno dell’Università degli Studi
di Messina. Associazione Italiana Medicina del Sonno SonnoMed n.2 2008 reciproca dei neuroni Rem-on colinergici
del tegmento laterale pontino e glutaminergici, colinocettivi della formazione reticolare mediana ed i neuroni Rem-off
del locus coeruleus, che per Jouvet avrebbero invece dovuto mediare il sonno Rem.
Seguì nel ‘77 l’elaborazione della teoria di “attivazione/ sintesi”: i sogni non erano un elaborato mascherato
dell’inconscio bensì nella loro indifesa trasparenza si costruivano a casaccio come epifenomeno per la stimolazione
colinergica delle strutture corticali ed alle aree visive (le onde PGO)”.
È vero che hai fatto anche il direttore del circo?
“Ma certo; se intendi parlare di Dream Stage, quel carrozzone da teatro che ha tenuto banco a fine anni ’70 nei più
grossi musei degli Stati Uniti ed in Francia con un allestimento naturalistico che mostrava il dormiente nella sua
realtà, registrato in vivo mentre riposava, nonché la sua controparte animale ed istologica a meglio svelare i misteri
del sonno.
Pensa che quando ho vinto finalmente la cattedra ad Harvard, mi è stato detto che mi si conferiva l’incarico
nonostante la poco ortodossa carriera non priva di poco accademiche esibizioni che mi ero costruita”.
Dagli anni ’80 in poi, sempre più mi pare che tu abbia vissuto però un ritorno alla psicologia se non alla
clinica, attraverso un rinnovato interesse per la patologia psichiatrica e lo studio della coscienza.
“Sì, è così! L’analisi formale piuttosto che del contenuto del sogno, mi ha portato a considerare la struttura onirica
come una finestra sulla coscienza ed il sonno come uno stato di coscienza privilegiato per indagare il funzionamento
di meccanismi complessi di controllo della psiche così come del soma. Oltre alla regolazione della temperatura
corporea il sonno rappresenta certo un utile sistema di bilancio recettoriale e downscaling delle sinapsi, che si riflette
sull’apprendimento ed il processa mento delle emozioni e del vissuto”.
Cosa consiglieresti, oggi, ad un giovane ricercatore che voglia intraprendere la carriera di ipnologo?
“C’è ancora tanto da scoprire nella biochimica molecolare e nella farmacologia per restare alle scienze di base. Io mi
divertirei ad esempio a studiare il metabolismo cellulare in fettine corticali perfuse alternativamente con i mezzi
neurotrasmettitoriali di supporto ai diversi stati della vigilanza e a vedere cosa succede lassù, laddove la coscienza si
registra e si forma. Ma anche per i clinici c’è ancora parecchio da fare. Il sonno ha fatto passi da gigante ma lo studio
della sua patologia non è ancora “main stream” come merita. Dopotutto, un terzo della nostra vita lo passiamo
dormendo”.
Rosalia Silvestri
Responsabile del Centro di medicina del sonno dell’Università degli Studi di Messina.