M Wallace intervista FL Wright

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M Wallace intervista FL Wright
M.G. Ciarma - M. Wallace intervista F.L. Wright
MIKE WALLACE INTERVISTA FRANK LLOYD WRIGHT
Questa sera parleremo di uno tra gli uomini più straordinari del nostro tempo.
E’ F.L.Wright, 90 anni, forse il più grande architetto del XX secolo e, secondo alcuni, il più audace
ribelle sociale d’America.
A quanto riporta un servizio della rivista LIFE di non molti anni fa, gli Accademici dell’architettura
lo hanno definito da grande poeta a insopportabile pallone gonfiato, la Chiesa ha disapprovato la
sua morale, i creditori hanno deplorato la sua condotta finanziaria e i politici le sue idee.
Wallace – Gli estimatori di FLW ne parlano come di un uomo che precorre di un secolo il suo
tempo.
A 90 anni, ancora progetta case e palazzi rivoluzionari, compreso un grattacielo alto un miglio, per
il quale non c’è ancora acquirente. Ma FLW architetto non è meno radicale di FLW critico sociale.
Signor Wright, innanzitutto vorrei definire i suoi atteggiamenti, le sue idee chiave, come architetto
e come critico sociale, su alcune questioni, cominciando dalla cristianità organizzata.
Wright – Perché organizzarla? Secondo il suo Maestro e Poeta, mi pare, la cristianità non occorre
organizzarla. Gesù non ha forse detto che “ dove alcuni si riuniscono in mio nome, là è la mia
chiesa”?
Wallace – Quindi, lei preferirebbe che la religione non fosse organizzata?
Wright – Esatto. Infatti sto costruendo una sinagoga a Filadelfia, una chiesa unitariana a
Madison, una chiesa greco-ortodossa nel Milwaukee e una chiesa cristiana scientista in
California.
Wallace – Lei è religioso?
Wright – Mi sono sempre considerato profondamente religioso.
Wallace – Frequenta una qualche chiesa particolare?
Wright – Si, occasionalmente vado in una, poi a volte vado nell’altra, ma la mia chiesa… metto la
N maiuscola sulla natura e vado lì. Lei pronuncia Dio con la D maiuscola, vero?
Wallace – Io pronuncio Dio con la D maiuscola, lei vuole pronunciarla…
Wright – Io pronuncio Natura con N maiuscola!
Wallace – Che cosa pensa dell’esercito americano, signor Wright?
Wright – Sono contro la guerra, sempre lo sono stato e sempre lo sarò. Qualsiasi cosa legata alla
guerra per me vale una scomunica. Non ho mai considerato la guerra una cosa necessaria e
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penso che una guerra ne alimenta un’altra. Penso di essermene distaccato leggendo la storia.
Una guerra porta sempre dietro di sé un’altra guerra e un’altra ne porta ancora un’altra...
Perché essere a favore della guerra? E, se non si è a favore della guerra, perché essere a favore
degli eserciti?
Wallace – La terza opinione chiave che vorrei avere da lei è sui casi di eutanasia, che cosa ne
pensa?
Wright – Penso, se è veramente eutanasia, di approvarla. Penso che, se uno fosse
irrimediabilmente malato e soffrisse pene insopportabili senza possibili speranze per alleviarle,
allora l’eutanasia sarebbe davvero una pietosa uccisione.
Eticamente parlando, direi che si ha il diritto di porre fine ad una insopportabile sofferenza nel
caso che non ci sia speranza. Non è una questione di morale, la morale cambia come la moda.
Wallace – Lei, sig. Wright, sostiene idee proprio anticonformiste e persino impopolari.
Wright – Non ne sono consapevole, se è proprio così.
Wallace – Che cosa pensa dell’uomo medio degli Stai Uniti, che ha scarsa dimestichezza con le sue
idee in architettura, in politica, in tema di religione?
Wright – Si riferisce all’uomo comune?
Wallace – L’uomo medio, l’uomo comune. Mi pare che lei, qualche volta, lo abbia chiamato “parte
della massocrazia”, “del governo di piazza”, “marmaglia”.
Wright – Ne è la base, credo. L’uomo comune è responsabile della tendenza al conformismo che
oggi insidia la nostra democrazia e non è coerente con la nostra fede democratica. Credo che la
nostra democrazia risieda nell’idea di Thomas Jefferson. Voglio dire che credo che la sua idea
fosse quella giusta, ovvero, che noi dovremmo essere guidati da una aristocrazia che sia innata
nell’uomo, non sull’uomo. Una aristocrazia che gli sia propria non per privilegio, ma in forza
delle sue stesse virtù, della sua coscienza, delle sue qualità e che, per tale ragione, noi
dovremmo adoperarci per un governo del più grande e del migliore. Oggi l’uomo comune sta
diventando alquanto geloso dell’uomo non comune e, come ha scritto l’altro giorno H. I. Phillips,
“Si sta arrivando a un punto…” ha detto “… che cosa ha il punk che non avessimo già? Solo
degenerazione. Questo è tutto!”
Questo porta alla rovina dell’uomo comune, mentre l’uomo non comune ha la sua visione del
mondo. E, credo, che quello che lei chiama uomo comune, sia quello che io chiamo uomo
comune: uno che non crede in niente che non possa vedere e che non può vedere niente che
non possa toccare. E’ un ostacolo al progresso.
Wallace – Converrà con me che molti tra il nostro pubblico non possono, o non vogliono capire,
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l’arte moderna, come i quadri di Picasso, la musica moderna, per esempio Strawinsky, che
probabilmente non conoscono o non se ne curano?
Wright – Penso che non contano. Per quanto mi riguarda, non credo che essi stiano dalla mia
parte; e perché dovrei essere io dalla loro?
Wallace – Che cosa pensa di Picasso? No, non diciamo di Picasso, ma della pittura moderna?
Wright – Perché non Picasso? Mi sembra un buon esempio.
Wallace – E’ un ottimo esempio. Ma piuttosto che andare nello specifico, mi piacerebbe parlare
dei pittori moderni. Per alcuni i quadri moderni somigliano alle uova strapazzate e la musica
moderna risuona come una brutta notte passata nel frastuono di una fabbrica. Vorrei la sua
opinione sulla pittura moderna in generale.
Wright – Ne ho sentite di queste reazioni. Tutti noi vediamo secondo quello che siamo e le
nostre reazioni saranno conformi a noi stessi, non le pare? Perciò, ogni volta che manifestiamo
una reazione riveliamo noi stessi. Qualcuno ha detto che il museo d’arte, qui nella Quinta
Strada, sembra una lavatrice.
Wallace – Quello che sta costruendo?
Wright – E’ uno dei miei musei. Ne ho sentite tante di reazioni di questo genere e le ho sempre
ritenute come cose di nessun conto, quali credo che siano.
Wallace – Come giudica Salvator Dalì?
Wright – Lo reputo un individuo estremamente intelligente. Ha un che di artistico, è un po’
artista , non un grande artista. Credo che Picasso sia un grande artista.
Wallace – Salvator Dalì è un grande specialista delle pubbliche relazioni. Lei lo è?
Wright – Non credo. Non mi sono mai preoccupato molto di come la pensasse il pubblico e di
quale orientamento avesse.
Wallace – Anni addietro lei affermò che sarebbe diventato il più grande architetto del XX secolo.
Ha raggiunto l’obiettivo?
Wright – Ecco, credo di non averlo mai detto.
Wallace – Questa settimana ho letto molto su di lei e non mi pare ci sia da dubitare che, negli anni,
lo abbia detto, non una ma più volte. Magari non in questa forma.
Wright – Non so. Posso non averlo detto, ma posso averlo intimamente sentito.
Wallace – Lei lo sente?
W – Ma è talmente sconveniente dirlo, che me ne sarei ben guardato dal farlo!
Non credo di essere così grossolano come dicono. Come per la storia dell’arroganza.
E cos’è, poi, l’arroganza?
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Wallace – Già, cos’è l’arroganza?
Wright – L’arroganza è qualcosa che manifesta un uomo quando difende ciò che finge di avere.
In altri termini, un bluff.
Wallace – A volte l’arroganza può anche essere una corazza a protezione della propria interiorità.
Wright – Esatto, una delicata fragile corazza.
Wallace - In questo senso ci fa pensare al Maestro che lei ha amato più di tutti, Louis Sullivan. Non
disse di lui che aveva una corazza di notevole sostanza, che diventava una arrogante corazza... di
difesa?
Wright - No, questa è un'altra di quelle cose che non ho mai detto. E non credo che fosse così.
Penso che, semplicemente, abbia avuto tale fiducia in se stesso che passasse per arroganza. E
penso che ogni uomo, che davvero abbia fiducia in se stesso, sarà giudicato arrogante dai suoi
simili. Penso che sia quello che è successo a me.
Wallace - Questo articolo, per esempio, del Philadelphia Enquirer Magazine del 18 ott 1953,
riporta che "In alcuni ambienti Wright è accusato di essere un visionario intrattabile e un borioso
pallone gonfiato.”
Come la fa sentire questa critica? L’Amareggia?
Wright – Non mi tange né punto né poco. Bisogna sempre considerare da dove vengono certe
affermazioni. Mi preoccuperei, e ne sarei offeso, se mi venissero da qualcuno che stimo
profondamente. Ma l’articolo di un giornale che, il giorno dopo, il vento trascina per i vicoli, non
credo conti molto.
Wallace – Lei dice: “Se mi venissero da qualcuno che io stimo profondamente”. Posso chiederle chi
lei stima profondamente? Ci faccia qualche nome.
Wright –Stimo ogni uomo o donna che rispetti abbastanza se stesso per dire la verità, senza
riguardi per chi o cosa possa ledere. Tra tanti il mio maestro Louis Sullivan, nonostante i suoi
difetti. Se decidi di ammirare e rispettare qualcuno devi sopportarne qualche difetto. Non esiste
perenne e totale sacralizzazione di un individuo, tutti abbiamo qualcosa da farci perdonare. Non
crede?
Wallace – Sì, è vero, tutti noi.
La scorsa settimana lei ha affermato in tutta serietà: “ Se avessi ancora 15 anni, potrei ricostruire
daccapo questo paese. Potrei cambiare la nazione.”
Wright – E’ vero, l’ho detto ed è così. Con l’esperienza che ho, dopo aver costruito 769 edifici, è
facile per me, come avere l’asso nella manica. E’ sorprendente quello che potrei fare per questo
paese.
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Una rivista ha messo a disposizione un intero numero se progetto una nuova capitale per
l’America. Bisognerebbe farlo.
Wallace – Naturalmente, lei non crede di poter riuscire a imporre le sue idee a quelli che chiama
marmaglia, o invece ci crede?
Wright – No. Penso che la plebaglia non sappia niente di architettura e se ne occupi ancora
meno. Credo che debbano passare molti, molti anni prima che la plebaglia si occupi di
architettura. Non penso che l’architettura sia cosa per la massa; essa non appartiene al campo
dell’istruzione. L’istruzione non ne sa niente e pochissimi architetti al mondo ne sanno qualcosa.
Mi hanno accusato di aver affermato di essere il più grande architetto del mondo, se così fosse
non sarebbe arroganza, perché non penso che ci siano molti architetti o, addirittura, che ce ne
siano. Per 500 anni, quella che consideriamo architettura, è stata una menzogna.
Wallace – In che senso menzogna?
Wright – Nel senso che non era innata, non era organica. Non possedeva carattere di natura.
Wallace - Ebbene, se posso permettermi, che cosa c’è di naturale, o di proprio, all’indole
americana in un grattacielo alto un miglio?
Mi dicono che sul suo tavolo da disegno c’è il progetto per un grattacielo alto un miglio, ma per il
quale non c’è compratore. Perché vorrebbe costruirlo? Una prodezza?
Wright - No! Qualcuno voleva costruire l’antenna televisiva più alta del mondo sorretta da cavi e
venne da me. Pensai che, potendo costruire un edificio alto un miglio, perché non realizzarlo? In
cima ci sarebbe l’antenna, ma l’edificio sarebbe una grande struttura utilizzabile, che
renderebbe insulse queste scatole che vogliono far sembrare alte.
Due di questi grattacieli in Central Park conterrebbero tutta New York. Si potrebbe distruggere
tutto il resto e piantarvi il verde, seminarvi il prato.
Pensi al risultato: forse finirebbe questo tormento?
Wallace – E in caso di attacco atomico?
Wright – Niente. Un attacco atomico farebbe minor danno ad una struttura alta un miglio che a
tutte le case sparse per la città, come è ora.
Wallace – Ma, lei parla scientificamente o è pura intuizione?
Wright – Nossignore, scientificamente. Non ho mai parlato diversamente.
Wallace – Come concilia un simile grattacielo alto un miglio con le sue teorie sul decentramento?
Lei sostiene la fine delle città o la fine della congestione?
Wright – Non la fine delle città, ma la fine della congestione. E il grattacielo contribuirebbe
sostanzialmente alla fine della congestione. A questo pensavo quando l’ho progettato, assieme
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ad una grande cintura per gli scambi commerciali. Nel raggio di un miglio ogni uomo avrebbe
spazio, tranquillità, comodità ed ogni attività a lui consona. Questo è un ideale che si intona alla
democrazia. Non le pare?
Wallace – Signor Wright, lei non ha molta fiducia nella massa, ma ha grande fiducia nella gioventù
del paese. Come concilia le due cose?
Wright – Perché, forse la gioventù del paese è massa?
Wallace – Non lo è?
Wright – No. Un giovane è un giovane, in lui è risposta la speranza del futuro. L'architettura per
noi è una faccenda che appartiene al futuro. Non l’abbiamo ora. Non l’abbiamo ancora avuta in
nessuna misura. Ma abbiamo ricevuto lettere da giovani di tutta la nazione, per cinque, sei,
sette anni, dal Maine a Seattle, da ogni dove. Dicono che hanno scelto l’architettura che
rappresento per la loro tesi di laurea e noi risponderemo e invieremo a tutti un piccolo
pamphlet. Certo, vogliono il nostro aiuto per le loro tesi, ma perché hanno scelto questa
architettura?
Ora, fra 15 anni, chi costruirà gli edifici di questo paese?
Wallace – La massa.
Wright – I giovani, che non sono la massa!
Wallace – Che effetto le fa, se le dico che i giovani hanno comprato lo scorso anno 11 milioni di
dischi di E. Presley? Quale specie di giovani erediterà, secondo lei , fra 15 anni questo paese, gli
ammiratori di Wright o di Presley?
Wright – Gli ammiratori di Wright, non c’è dubbio. Perché? Ma perché sono dalla parte della
natura, mentre gli altri stanno dalla parte della superficialità, che conduce alla rovina.
Non le pare? Io penso di sì.
Wallace – Cosa pensa dell’americanismo e del maccartismo?
Wright – Poco, forse, e vagamente. Cosa intende per antiamericanismo?
C’è qualcosa di più antiamericano del maccartismo?
Wallace – Mi permetta ora di chiederle, da intellettuale quale lei è, cosa pensa….
Wright – Respingo l’affermazione, non la sposo. Non amo gli intellettuali.
Wallace - Non ama gli intellettuali? Perché?
Wright – Perché sono superficiali, si sentono superiori. Guardano dall’alto in basso e non
viceversa. Io mi sono sempre sentito lusingato di rappresentare quello che va dal basso verso
l’alto. Le dice qualcosa ciò?
Wallace – Ci devo pensare.
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Signor Wright, lei ha affermato: “ Se potessi lavorare ancora 15 anni, ricostruirei questo paese,
cambierei la nazione.” Vuole spiegarci perché lei, un uomo solo, vuole modificare il sistema di vita
di 170 milioni di individui?
Wright – Ma, ho detto “modificare il sistema di vita”?
Wallace – Sì, quando dice “Ricostruirei l’intero paese, cambierei la nazione”.
Wright – Ritengo che il modo di vivere nel paese richiede questo cambiamento.
Il cambiamento sta prendendo corpo, allora non vedo perché non dovremmo pianificarlo con
intelligenza.
Wallace – Lei, in sostanza, ritiene che negli stati Uniti stanno andando tutti nella direzione
sbagliata tranne F.L.W.
Wright – Niente Affatto! Non ho detto nulla del genere. Costruire è il mio lavoro, non quello
degli altri. Gli altri hanno il diritto di prestare attenzione ai loro architetti, seguire quello che
dovrebbero costruire e come lo costruirebbero.
Wallace - In quanto architetto, come vorrebbe cambiare il nostro sistema di vita?
Wright – Non cambierei tanto il nostro sistema di vita, quanto ciò in cui viviamo e come viviamo
in esso.
Wallace – Sì, ma io non saprei distinguere tra “ciò” in cui viviamo e il “modo” in cui viviamo. Noi
siamo l’una e l’altra cosa.
Wright – Stiamo trasformando ciò in cui viviamo ora, in cui, in realtà, noi non viviamo. Non
sappiamo che cosa significhi vivere in un edificio organico, con carattere organico.
Wallace - Edificio organico, carattere organico, queste sono parole che il volgo... la “plebaglia”
forse avrebbe difficoltà a capire.
Wright - Diciamo, allora, naturale, le sembra vada meglio?
Wallace – Ancora non capisco. Cosa vuol dire e come vorrebbe cambiare il modo in cui viviamo?
Wright – Vorrei adeguarlo alla Dichiarazione di Indipendenza, all’indirizzo fondamentale della
nostra libertà. Mi piacerebbe avere un'architettura libera, mi piacerebbe che un'architettura
appartenesse al luogo in cui si eleva e fosse una grazia per il paesaggio, invece che una disgrazia.
E le lettere che riceviamo dai nostri clienti ci dicono come quegli edifici che abbiamo costruito
per loro hanno cambiato completamente il loro modo di vivere e la loro intera esistenza.
Ebbene, mi piacerebbe fare questo per il paese.
Wallace – Quando, arrivando in aereo, vede lo skyline di New York, si emoziona? L’esalta in
qualche modo?
Wright - No! Perché New York non è mai stata progettata, rappresenta la corsa all’affittare ed è
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un grande monumento, credo, al potere, al denaro e all'avidità, che sostituisce il denaro alle
idee. Non vedo un'idea in tutto ciò, da nessuna parte. Lei sì? Dov’è l'idea in tutto questo? Qual è
l'idea?
Wallace - L'idea è ovviamente, pare a me, che un sacco di gente vuole vivere per guadagnarsi da
vivere, per fare soldi, per godere di ciò che questa grande città offre. E che, da sempre, la gente si
raggruppa in uno stesso luogo per scambiarsi idee e merci.
Wright – Caro Mike, c’era una motivazione a questo quando non c’era altro mezzo di
comunicazione che il contatto personale, quando, cioè, nacque l’assetto della città in cui lei vive
ora. L’origine risale al Medioevo, quando l’unica possibilità di scambio culturale, l’unico modo di
distinzione sociale, o di acquisire una qualche forma di istruzione, era raggrupparsi. Ma se i
nostri moderni progressi, o come dobbiamo chiamarli,
vantaggi
sono vantaggiosi, non
possiamo più averli nella città.
Wallace – Lei ha detto del suo Maestro Sullivan che “Come tutti i geni era un egocentrico, aveva
una sensibilità esagerata, una infinita vitalità, questo egotismo però, era più corazza che carattere,
più guscio che sostanza."
E’ quello che ci sta mostrando stasera, signor Wright? Ci sta mostrando più corazza che carattere,
più guscio che sostanza?
Wright - Beh, non potrei giudicare da me. Giudichi lei. Lei che ne dice?
Wallace - Non saprei, non la conosco abbastanza, né ho parlato con lei abbastanza a lungo.
Wright - Proprio quello che pensavo. Non posso essere il mio giudice, o posso?
Wallace - Certo. Ognuno di noi a suo modo può essere giudice di se stesso.
Ma lei ogni parola che dice la dice perché ci crede o la dice, a volte almeno, per effetto calcolato?
Wright - Penso che tutti parlino a volte per effetto calcolato e non negherei di parlare così ora.
Ma non ho mai mistificato me stesso, per nessuna cosa mi riguardi, consapevolmente o
deliberatamente.
Wallace - In uno dei suoi libri, "Frank Lloyd Wright in Architettura", lei ha scritto che "Non
possiamo sfuggire in nessun modo alla letteratura, tutta la sua produzione è intrisa di sesso. I
giornali, senza misura, esibiscono sesso dappertutto. Ogni rivista ha il suo rituale disgustoso della
ragazza in copertina. La storia di lui e di lei è onnipresente.”
Cos’è che non va nel sesso, signor Wright?
Wright - Niente.
Wallace - Allora, perché scrive così?
Wright – Penso che sia vero. E penso che sia così perché non abbiamo una religione, non
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abbiamo un’architettura, non abbiamo una nostra arte, non abbiamo una nostra cultura; che la
società, così com'è, è intrisa di quello che sta sotto la cintola, invece di tendere a ciò che va dalla
cintola in su.
Wallace – Perché ci si preoccupa non del sopra, come lei ha sottolineato, ma di quello che sta
sotto la cintola?
Wright – Ah, non glielo so dire.
Wallace - Non ci ha mai pensato?
Wright – No!
Wallace – Lei sta solo denunciando il fatto, ma non lo spiega.
Wright – Questo aspetto del carattere o della natura umana non mi interessa molto. Bisognerà
lasciare la parte inferiore dei pantaloni alla gente. E’ una cosa che non mi è mai interessata.
Wallace - Passiamo alle sue idee politiche. Dopo un viaggio nella Russia sovietica, nel 1936-37, lei
pubblicò "Soviet Russia Today", dove si legge : "Nella vaga idea che ne ho avuto, ho visto qualcosa
nei Russi stessi che mi rende ben predisposto in anticipo. “ E descriveva lo spirito russo ”come una
specie di aura intorno alla viva mascolinità degli uomini e alla florida femminilità delle donne.”
E, ancora, rilevava che “La libertà fa già effetto su questo popolo, inconsciamente, una specie di
nuovo eroismo sta nascendo nel mondo della Unione Sovietica.”
Pensa così ancora oggi, dopo 20 anni?
Wright – Lo penso ancora. E quando ritornai a casa e lo scrissi nella mia autobiografia, Alexander
Woollcott, (se lo ricorda? grande amico del nostro Presidente Roosevelt) mi disse che il
Presidente lesse ciò che avevo scritto e commentò: “ La penso esattamente allo stesso modo”.
Wallace – Bene. Lei è un individualista, certamente crede nella libertà. Allora, come spiega questo
entusiasmo per un paese che, da allora in poi e tuttora, ha istituito il controllo del pensiero col
terrore e le purghe politiche col sangue e la repressione?
Wright – Lei non distingue un governo dal popolo?
Wallace – Francamente, ho qualche difficoltà a separare un governo dal popolo.
Wright – Io non lo trovo difficile. Trovo che un governo possa essere una specie di gangsterismo.
E così è in Russia. E, probabilmente, sarà così anche qui, se non ce ne curiamo con la dovuta
attenzione:. Una sorta di gangsterismo. E, invece di essere qualcosa che va dal basso verso
l'alto, è ancora qualcosa che va dall'alto verso il basso.
Wallace - Ma il popolo ancora sostiene quel governo.
Wright - No, non lo credo. Penso che il popolo non sia consapevole di quanto gli accade. Non
credo che valuti opportunamente.
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Wallace - Ma i governi non nascono dal popolo, signor Wright?
Wright – Sì, dovrebbe essere così, ma non è così. Non in Russia, e non qui, soprattutto
ultimamente. Non scaturisce dalla consapevolezza delle persone di ciò che è buono per loro, e
dalla natura del loro pensiero. Sono privi dell'intelligenza che Thomas Jefferson pensava ci
appartenesse. E di una vera democrazia non abbiamo dato prova. Possiamo vedere ora i
mediocri assurgere al rango più alto e si capisce la riluttanza di Jefferson per ... per l’accesso al
voto, che ha portato a questo incremento di mediocrità in posizioni elevate.
Wallace - Ma noi siamo responsabili, credo.
Wright – Noi stessi siamo responsabili, ma non ne siamo consapevoli, e, quindi, non ci
assumiamo questa responsabilità. Dove mai?... dove?… sa lei, di un gruppo di uomini o donne,
che siano consapevoli politicamente dei principi fondanti della Dichiarazione d'Indipendenza,
della responsabilità in loro riposta per lo sviluppo di una coscienza? Non si trova da nessuna
parte, non si incontra per la strada, ma non si vede nei film, non si manifesta ... a volte in teatro
se ne vede una traccia…
Wallace - Beh, dal giorno della Dichiarazione d’Indipendenza in poi siamo andati a rotoli alla
grande, ma è evidente che il popolo è responsabile. Quando dico il popolo, la folla, chiunque. La
gente non arriva a essere Presidente, o Senatore, o Sindaco senza essere eletta.
Wright – E’ perfettamente vero che le cose non miglioreranno finché le persone non
prenderanno coscienza della natura di ciò che le tiene in schiavitù. Ma questo è un tema che non
si può raffazzonare, si deve coltivare, sviluppare. E io non vedo l’evoluzione che Thomas
Jefferson pensava che avrebbe prodotto l’istruzione. Credo che l'istruzione sia stata lassista in
tutto ciò, che non abbiamo educazione alla conoscenza di noi stessi e che non siamo andati a
scuola per imparare la natura delle cose; e fin quando lo studio della natura non sarà alla base
della nostra educazione, saremo nel pericolo del comunismo e di tutti gli -ismi che possiamo
nominare.
Wallace - Beh, cos’ha contro il comunismo?
Wright- Il comunismo è del tutto sbagliato, ne sono fermamente convinto. Io sono un
individualista.
Wallace - Lei ama il popolo della Russia ...
Wright - Lo sanno tutti.
Wallace - Ama il popolo russo, ma non ama il governo russo.
Wright- Giusto. Disprezzo il governo russo, e l’ho detto. Non ho scambiato una sola parola con la
Russia in tutti questi anni. E riderebbero in Russia, se mai sentissero queste cose. Non credo che
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sappiano che nel mio paese sono stato accusato di simpatie comuniste.
Wallace – Signor Wright, se uno dei suoi allievi si rivolgesse a lei, perché si sente pessimista per il
futuro a causa della bomba all’idrogeno, della minaccia della guerra, della generale insicurezza del
mondo, e le chiedesse: "Signor Wright, mi aiuti a capire, mi dia una ragione di vita.“, cosa gli
direbbe?
Wright – E’ questo quello che mi chiedono tutti. E di questo parlo ogni domenica mattina e per
tutto il tempo che lavorano con me. Non traccio una linea sul tavolo da disegno, se la risposta
non c'è. E loro sono lì per il tipo di vita che conduciamo, che è anche la risposta a questa sua
domanda. Ecco perché questi ragazzi vengono da me da ogni parte del mondo.
Wallace - E la risposta è?
Wright - La risposta è : “In voi stessi. Nell’ essenza del pensiero di cui voi stessi siete portatori. E
Gesù intendeva questo, credo, quando disse: “Il regno di Dio è dentro di voi."
Ecco dove l'architettura si trova, dove è riposto il senso dell’umanità.
Wallace - Nel suo ultimo libro, “Un testamento” pubblicato da Horizon Press, lei scrive circa le sue
idee religiose. Si capisce che non frequenta nessuna Chiesa.
Wright - Frequento la più grande di tutte le Chiese.
Wallace - Che è?
Wright - Ho messo la maiuscola N su Natura e la chiamo Chiesa. Questa è la mia Chiesa.
Ciò mi mette in grado di costruire le chiese per gli altri.
Wallace - Beh, io vorrei capire proprio questo.
Wright - Se io appartengo a una determinata Confessione non possono chiedermi di costruire
una chiesa per un’altra confessione. E poiché la mia Chiesa è elementare, fondamentale, posso
costruire una chiesa per chiunque.
Wallace – Come giudica l’architettura religiosa degli Stati Uniti?
Wright - Penso che sia una grande vergogna.
Wallace – Perché riflette in modo improprio l'idea della religione?
Wright - Perché ne è solo il riflesso pappagallesco e scimmiesco, non è il riflesso di una religione.
E’ un po' troppo bizzarro?
Wallace - No, no, in realtà, nessuno me lo ha mai chiesto, ma concordo.
Wright – Vale anche per le Università e vale per gli spazi destinati all'istruzione dei giovani. Vi
troviamo esattamente lo stesso disastro.
Wallace – Un attimo. Ho detto di concordare, ma intanto mi viene in mente che, quando entro
nella cattedrale di St. Patrick, qui a New York, pur non essendo cattolico, mi sento prendere da un
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sentimento di riverenza.
Wright – E’ certo che non si tratti di un senso di inferiorità?
Wallace – Forse perché l'edificio è grande e io sono piccolo, questo intende?
Wright - Sì.
Wallace – E cosa prova, lei, quando va in San Patrizio?
Wright - Rammarico.
Wallace - Rammarico? Per cosa?
Wright - Perché non rappresenta davvero lo spirito di indipendenza e la sovranità dell'individuo
come dovrebbe essere per i nostri edifici dedicati alla cultura.
Wallace - Quando lei va in un grande bosco con pini torreggianti, con quella sensazione di stupore
che spesso si prova in presenza della natura, allora lei si sente insignificante e piccolo nello stesso
modo in cui io mi sento piccolo e insignificante?
Wright - Al contrario. Mi sento immenso. Mi sento grande, confortato, fortificato, più potente…E
per quale motivo? Perché nel bosco ispira la natura e in San Patrizio ispira un’artificiosità contro
natura. E’ chiaro?
Wallace – Sì, è chiaro, anche se devo dire che non sono d'accordo, perché qualunque cosa ispiri
una sensazione di venerazione… un sentimento di bontà, una sensazione di …. conoscenza, questo
non è ...?
Wright - No, no, ora lei si sta avventurando su un terreno scivoloso.
Wallace – Non è un bene per l’interiorità, qualcosa che giova all’anima?
Wright – Può essere dannoso, molto dannoso… La nostra natura è ormai così deformata in tante
direzioni, siamo così condizionati dall’educazione, che non abbiamo più alcuna retta, vera,
chiara reazione su cui fidare e dobbiamo essere molto saggi e accorti. Che cosa respingiamo?
Che cosa ammiriamo? Cosa è che ci ispira? Potrei dire che lo scaricatore è ispirato dalla
prostituta di cui va in cerca. Potrei dire che tante cose possono essere buone nella misura in cui
sono necessarie. Ma non direi che sono quello che dovrebbe essere, non direi che sono l'ideale.
Wallace – Ritiene di essere meno ribelle, meno radicale, nella vita e in campo artistico, di quanto
lo fu più di un quarto di secolo fa?
Wright - Alquanto di più ora. Solo più sereno.
INTERVISTA CONCESSA DA F.L.W. NEL PROGRAMMA “THE MIKE WALLACE INTERVIEW” TRASMESSO DALLA ABC, NEW
YORK CITY, NEI GIORNI 1 E 28 SETTEMBRE DEL 1957
TRADUZIONE E ADATTAMENTO DI MARIA GIUSEPPINA CIARMA. AVERSA, 27 MAGGIO 2016.
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