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Analisi dei Promessi Sposi
Analisi dei trentotto capitoli de I promessi Sposi
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Analisi Cap. 1 Analisi Cap. 2
Analisi Cap. 3
Analisi Cap. 4
Analisi Cap. 5
Analisi Cap. 6
Analisi Cap. 7
Analisi Cap. 8
Analisi Cap. 9
Analisi Cap. 10
Analisi Cap. 11
Analisi Cap. 12
Analisi Cap. 13
Analisi Cap. 14
Analisi Cap. 15
Analisi Cap. 16
Analisi Cap. 17
Analisi Cap. 18
Analisi Cap. 19
Analisi Cap. 20 Analisi Cap. 21 Analisi Cap. 22
Analisi Cap. 23
Analisi Cap. 24
Analisi Cap. 25 Analisi Cap. 26
Analisi Cap. 27
Analisi Cap. 28
Analisi Cap. 29
Analisi Cap. 30
Analisi Cap. 31
Analisi Cap. 32
Analisi Cap. 33
Analisi Cap. 34
Analisi Cap. 35
Analisi Cap. 36
Analisi Cap. 37
Analisi Cap. 38
Analisi Cap. 1
Il primo capitolo de “I Promessi Sposi” è come la rappresentazione generale di tutto il romanzo. È ricco di
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sequenze riflessive e dialogate. Questo capitolo può essere visto anche come l’inizio di una composizione,
che ne contiene tutti i temi sviluppati in tutti i restanti capitoli; in quanto contiene i temi principali che saranno
protagonisti dell’opera. La prima sequenza è molto lunga e lenta, in questa viene presentata la situazione e il luogo in cui si
svolgerà la vicenda, cioè <<Quel ramo del lago di Como…>>. La descrizione è lenta ed approfondita,
l’autore utilizza la tecnica dello zoom, prima dall’alto verso il basso e poi dalla descrizione degli elementi da
sinistra verso destra, andando sempre dal generale al particolare. La visione, il paesaggio che rappresenta il Manzoni sembra essere la stessa che vedeva dalla casa in cui
egli passava le vacanze durante la sua infanzia. Da qui cambia sia l’ambientazione sia il metodo di
narrazione. Si passa ad una sequenza narrativa, Il ritmo aumenta e, sulle strade del paesino di Acquate, ci
si imbatte nel primo vero personaggio e cioè don Abbondio. L’autore ne fa una rapida descrizione attraverso
il nome, lo stato sociale, i movimenti, i gesti e gli atteggiamenti, delineandone così la figura; e dalla sua
presentazione si evince già che egli non è certo una persona coraggiosa. In seguito, descrive il suo incontro due losche figure, i bravi, o almeno così si può intendere dal loro
atteggiamento.Di questi personaggi il Manzoni fa una descrizione dettagliata utilizzando la tecnica
narrativa dall’alto verso il basso. Finito il suddetto dialogo, inizia la quinta sequenza, una sequenza
riflessiva, infatti è la digressione sui pensieri di don Abbondio dopo il fatidico incontro. In questo caso il prete
deve far fronte a due prospettive diverse; quella più ampia che include il sistema sociale in cui vive e quella
profonda che racchiude il suo mondo interiore.
L’ultima sequenza è nuovamente un dialogo, questa volta il curato non parla con i bravi ma con la
persona di cui si fida di più, Perpetua la sua domestica. Ella, al contrario di don Abbondio, ha un carattere
forte e in breve tempo, riesce a farsi raccontare il fatto. Il ritmo, da come si può notare dall’alternarsi delle
sequenze narrative e riflessive è mutevole. Nella prima sequenza, come anche nella
terza e nella quinta, il ritmo è pacato e
lento ed è solo il narratore a parlare.
Mentre nelle altre tre il ritmo aumenta ed
è molto più veloce, egli parla in terza
persona non partecipando alla vicenda,
però è onnisciente, infatti conosce ogni
cosa che riguarda i personaggi, persino
i loro pensieri, come ad esempio quelli di
don Abbondio dopo il dialogo con i bravi.
Il personaggio principale di questo
capitolo è sicuramente don Abbondio,
egli entra in scena al tramonto mentre sta
facendo le sue orazioni; dai suoi
movimenti il Manzoni ci fa capire che don
Abbondio era un uomo abitudinario e che
non si aspettava nessuna novità. Era un
uomo disposto a cedere alla violenza;
infatti risponde ai bravi dicendo che per
lui celebrare il matrimonio è una pura
incombenza. Non dimostra di nutrire
nessun affetto nei confronti dei due
giovani promessi sposi, che sono da anni
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suoi parrocchiani. Egli si sente sempre
una vittima proprio per questa sua paura.
Nel capitolo si possono anche
comprendere le cause per cui egli sia
diventato sacerdote che di sicuro non fu
per vocazione. Sono stati i suoi genitori
ad indirizzarlo alla vita sacerdotale per
appartenere ad una classe ricca e poter
“essere tranquillo”.
E don Abbondio ha fatto di questa tranquillità la sua filosofia di vita; mentre il suo “sistema di vita” è la
neutralità; egli infatti stava sempre con il più forte, ma cercava anche di non mettersi contro l’altra parte. Altri
personaggi importanti di questo capitolo sono i bravi, dei quali il narratore fa una descrizione nella seconda
sequenza. Questi sono i servitori di don Rodrigo, un signorotto spagnolo innamorato di Lucia, che cercava di
impedirne il matrimonio con Renzo. Avevano entrambi i baffi arricciati in punta, una cintura lucida di cuoio, e
a questa attaccate due pistole; come collana un corno polveroso e, da un taschino dei pantaloni fuoriusciva
un coltellaccio; avevano anche una lunga spada.
Al tempo di Manzoni, prima metà dell‘ 800, questi erano ormai scomparsi ma nel periodo di ambientazione
della vicenda erano presenti, e l’autore, per verificarne la veridicità, trascrive nel testo alcune grida contro
questi uomini redatte negli anni precedenti la vicenda, ad eccezione di una, del 1632. Questa prolessi
evidenza ancora di più la presenza di questi personaggi. Un altro personaggio di questo capitolo è Perpetua,
la serva di don Abbondio. Era una serva affezionata e fedele, che sapeva ubbidire e comandare, in base
all’occasione, tollerava il brontolio del padrone, e faceva tollerare le proprie. È chiaramente più forte
caratterialmente di don Abbondio e, per questa sua forza riesce a farsi spiegare dal curato in quale guaio si
è cacciato. Un suo difetto però è quello di essere pettegola, infatti è per questo motivo che il suo padrone,
all’inizio, è un po’ restio a raccontarle la verità.
I temi di questo capitolo saranno poi ripresi in tutto il romanzo essendo questi l’ingiustizia e l’indegnità
morale. Con la prima, in questo capitolo, ci si rivolge ai bravi e a don Rodrigo, i quali con la forza riescono ad
avere la meglio sul povero ed umile curato. Il tema dell’ingiustizia è presente anche nella prima sequenza del
capitolo, quella della descrizione del luogo, dove Manzoni fa riferimento, con la sua solita ironia, ai soldati
spagnoli molestavano le fanciulle e le donne. Con l’indegnità morale ci si rivolge invece a don Abbondio, il
quale non varierà il suo carattere durante tutto il romanzo. Il suo sistema consisteva principalmente
nell’evitare tutti i contrasti, e nel cedere se non poteva evitarli. Anche con i bravi, temendoli, non riesce a
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ricoprire il suo ruolo, cioè quello di curato, infatti non li affronta decidendo di accettare la proposta dei
malintenzionati, non sposando i due giovani protagonisti.
Analisi Cap. 2
Se nel primo capitolo del romanzo il Manzoni muoveva da precisi intenti polemici, ed iniziava subito ad
affermare i nuclei incandescenti della propria ideologia; qui, invece, egli si sofferma sui personaggi da lui
creati.
Ad esempio questo è il capitolo dedicato a Renzo, il protagonista maschile del romanzo, che viene
presentato per la prima volta. L’approccio dell’autore nei confronti di questo personaggio è di tipo
folcloristico.
Si possono distinguere, qui tre momenti fondamentali, per riuscire ad individualizzare il personaggio; e
cioè la gioia del giovane ventenne montanaro che corona il suo sogno d'amore; la cautela di chi si sente
ingannato e vuole scoprire il perché e infine l'ira furibonda e la cocente disperazione dell'impotenza di fronte
ad un torto subito. Parallelamente, abbiamo tre importanti dialoghi, attraverso cui Renzo ci viene
presentato nelle fasi successive, tramite i quali ne emergono i tratti principali.
Quelli di un giovane di buoni sentimenti,
anche profondi, accomodante quando è
possibile, ma anche pronto all'ira e alla
malizia, quando gli vengano negati i
valori fondamentali a cui ha giustamente
diritto. I tre dialoghi hanno caratteristiche
stilistiche diverse, secondo le situazioni
che si verificano: il primo è rotto e
discontinuo, il secondo più cauto ed
accorto, il terzo, decisamente
drammatico, con la involontaria minaccia
a don Abbondio. Lucia, la protagonista
femminile dell’opera, prima del rapido
scambio di parole con cui Renzo le da
notizia del necessario rinvio delle nozze,
viene presentata dal narratore.La
presentazione risponde senza dubbio allo
stesso gusto folclorico che si nota per
Renzo, folclorico nel senso che attinge al
gusto e al colore locali. In realtà sono due
gli elementi che si evidenziano in questa
seconda macrosequenza del capitolo e
cioè il breve dialogo fra i promessi sposi,
e la reazione di Lucia all'annuncio del
rinvio delle nozze.
Lucia è qui già presentata come una figura femminile caratterizzata da un grandissimo pudore e da una
grandissima riservatezza; tuttavia risulta chiaro che il Manzoni ci presenta fin dall'inizio la protagonista come
una figura dalla grande forza interiore, che le consente, di assumersi le sue responsabilità di donna
nell’affrontare questa prova inaspettata, annunciando alle amiche e conoscenti del paese, la notizia del rinvio
del matrimonio.
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Una situazione in cui una ragazza sentimentale di un certo romanticismo non avrebbe saputo affrontare.
D'altronde, è già contenuto in questo capitolo, sebbene velato, il tema fondamentale che più avanti
ritroveremo e cioè Lucia dispensatrice di grazia; è proprio il suo intervento che distoglie Renzo, in preda alla
disperazione impotente, dal pensiero innominabile dell'omicidio e della vendetta sanguinaria. Ella non ha
bisogno di affidare ad un compiuto discorso i motivi del suo silenzio sul torto subito da don Rodrigo;
basta:<<Ah, Renzo! >>, per esprimere tutto il suo senso di convenienza, di serietà e riflessività che la
animano; una straordinaria ricchezza d'animo, insomma.
Don Abbondio cerca qui di giocare tutte le carte in suo possesso per imbrogliare la situazione il più possibile
allo scopo di mantenere nascosta la vera ragione del rinvio. Si può dunque dedurne che egli, già
ampiamente dimostratosi vile nel capitolo precedente, ora appare anche ipocrita, perfetto figlio del suo
secolo e non della vocazione sacra cui è chiamato dal suo ministero. Tuttavia il Manzoni evita di giocare la
carte della condanna totale del vile curato, infatti alla fine del capitolo, egli è ridotto ad una macchietta
meccanica; in questo modo la sua figura scivola nel comico, cosa che consente all’autore in questa come in
numerose altre situazioni del romanzo, a sfumare nel sorriso e nel distacco comprensivo fatti e parole che
comporterebbero una condanna morale inesorabile, e la definitiva antipatia del lettore per questo
personaggio.
Perpetua, la domestica di don Abbondio dal canto suo, come si è già visto, appare come una serva padrona
animata dalla volontà di intervenire in modo attivo sulle faccende del mondo, animata da una certa
saccenteria popolana e da un certo orgoglio. Tutto ciò è visibile nel colloquio con Renzo, dove ella lascia
intendere di sapere qualcosa, ed esalta a dismisura il suo ruolo di onnipotenza in relazione alla disperazione
di Renzo.
Abbiamo qui un forte interesse narrativo, si alterna l'intreccio delle sequenze con l'approfondimento secondo
la variazione della psicologia dei personaggi. Inoltre si evidenziano i caratteri della formazione manzoniana e
cioè il risultato della fusione e della coesistenza di due complesse vene e cioè quella romantica e quella
illuministica. La prima comporta il suo severo senso etico, una forte aspirazione alla libertà nazionale, il
profondo senso religioso della vita, e quello della fede. La seconda, invece, presuppone la sua intelligenza
aristocratica, capace di guardare dall'alto e in modo astratto alle cose della realtà, con un istintivo senso di
superiorità, procurato da una ricca formazione classica e da contesto culturale delle due famiglie di
appartenenza. Questo è un altro assunto fondamentale per comprendere appieno la grande complessità
della sua arte con la quale riesce a legare i valori nazionali e la religione.
Analisi Cap. 3 La struttura di questo capitolo è costituita da tre scene differenti, la prima scena è costituita dalla riunione in
casa di Lucia; la seconda descrive Il colloquio tra Renzo e il dottor Azzecca-garbugli, e infine la terza che
narra la visita di fra Galdino ad Agnese e Lucia. Oltre a questa caratteristica nel capitolo si nota una struttura
ad anello per quanto riguarda i personaggi e i rapporti che intercorrono tra di essi, questo può essere notato
in ogni sequenza e nei personaggi presenti in esse.
La struttura è ad anello in quanto prima ed ultima sequenza coincidono. La prima sequenza riguarda
Renzo-Lucia-Agnese; la seconda Renzo-Serva-dottor Azzecca-garbugli; la terza coinvolge Lucia-Angesefra Galdino e infine la quarta che riguarda Renzo-Lucia-Agnese. Come si può notare in ogni sequenza vi
sono sempre tre personaggi.
Per quanto riguarda il tempo anche se al
lettore può sembrare che sia già
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trascorso molto tempo dall’incontro tra
don Abbondio e i bravi, in realtà sono
appena passate dodici ore da questo,
avvenuto il 7 novembre; si è dunque alla
mattina dell’8 novembre. Questa
sensazione è data dal fatto che l’8
novembre si sviluppa in due capitoli, II e
III; ovviamente questa sensazione viene
alimentata delle frequenti digressioni di
vario genere e da alcune descrizioni. Per
quanto riguarda lo spazio possiamo
notare una dualità tra spazi interni, chiusi
ed esterni, aperti. Alla prima categoria
rientra la stanza a pianterreno della casa
di Lucia; è il rifugio, il luogo tranquillo in
cui regna la sicurezza. Nella seconda
invece rientra la strada per Lecco; qui
Renzo è in preda alla rabbia ed alla
disperazione. Un sentimento che cesserà
di in lui soltanto dopo la notte passata
sull'Arno. Per questa ragione lo spazio
non è soltanto una scenografia delle
azioni del romanzo, bensì un importante
ritratto di una precisa situazione
psicologica, tranquillità vs rabbia e
sensazioni, come ad esempio nel
IVcapitoloin cui domina la malinconia.
Sempre alla seconda categoria appartiene anche lo studio del dottor Azzeca-garbugli, un ambiente in cui
domina l'ingiustizia. Quindi nel romanzo lo spazio non è ridotto a semplice cosa, ma ha un ruolo
fondamentale per capire i personaggi, il loro stato d’animo e così tutta la vicenda. Il Manzoni è un maestro
nell'utilizzare diverse tecniche narrative all’interno di un solo capitolo. In questo, infatti si notano la
compresenza del discorso indiretto:<<E con voce rotta dal pianto raccontò come, pochi giorni prima, mentre
tornava alla filanda..., le era passato innanzi don Rodrigo>> e il discorso raccontato:<<Giunto al borgo,
domandò dell'abitazione del dottore; gli fu indicata, e v'andò>>.
Da non sottovalutare è l'utilizzo del flash-back; ad esempio quando Lucia racconta a Renzo e alla madre
dell'incontro e delle molestie di don Rodrigo, quindi un racconto che riguarda fatti avvenuti in passato.
Tecnica utilizzata con il duplice scopo di informare gli altri personaggi, e il lettore, di un avvenimento utile per
capire la causa del rinvio delle nozze e per permettere al lettore di farsi un'idea più precisa del personaggio
di don Rodrigo.
La tematica dominante di questo III capitolo non è solo del capitolo, ma dell'intero romanzo ed è la giustizia
che si materializza nella figura del dottor Azzecca-garbugli. L'avvocato, introdotto da Agnese, che
rappresenta l'ancora di salvezza per i popolani. In teoria Azzeca-garbugli avrebbe dovuto garantire il trionfo
della giustizia sull'illegalità esercitata da don Rodrigo nelle ripetute molestie alla giovane Lucia.
Al contrario, come accade nella vita reale, e di questo ne è consapevole anche l’autore, il dottore si interessa
alla legge solo perché gli suggerisce le trappole più efficaci per sottrarre i delinquenti alla giustizia. Come
don Abbondio, Azzeca-garbugli ha il terrore di inimicarsi i potenti, non a caso, non appena sente la parole di
don Rodrigo, abbandona Renzo al suo destino, cacciandolo dal suo studio. Questo comportamento viene
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