Sintomi 19 - N. Copernico

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Sintomi 19 - N. Copernico
Sintomi
numero 19 - Gennaio inoltrato 2012
Attualità:
- Video Shock
- Cacia ai killer di padre e
figlia cinesi
- Una vera e propria
emergenza sociale
- Un italiano alla casa bianca
Le Rubriche:
- Macchie d'inchiostro
- Ipse quod dicit
- Nel mezzo del cammin di
V liceo
- Libro del mese
E ancora...:
- Mamma mia la mummia!
- Tratto da una storia mera
- Conoscere il gruppo ambiente
... e molto altro ancora.
Indice:
L'EDITORIALE
Pag.3 Il bisogno di ricordare
di Silvia Squarciotta
CRONACA E ATTUALITA'
Pag.4 Video shock
di Immacolata Ranucci
Pag.5 Caccia ai killer di padre e
figlia cinesi
di Ilaria Martini
Pag.6 Una vera e propria
emergenza sociale
di Silvia Mazzei
Pag.7 Un italiano alla casa bianca
di Eleonora Collini
Pag.8 Animali e pellicce
di Silvia Lepore
Pag.8 Perdente non è chi arriva
ultimo a una gara, ma chi si siede
e sta a guardare
di Sofia Pecchioli
CURIOSITA'
Pag.9 I riti propiziatori per il 2012
di Silvia Mazzei
RUBRICHE
-FILOSOFIA
Pag.10 Macchie d'inchiostro
di Cosimo Carmagnini
Pag.11 Ipse quod dicit
di Angelo Mei
-LIBRO DEL MESE
Pag.11 I racconti del terrore
di Valentina Saccomando
-SPORT
Pag.12 Sfide europee
di Fabrizio Taricone
LE ULTIME
Pag.12 Una sfida persa
di Martina Zini
Pag.13 Nel mezzo del cammino di
V liceo
di Chiara Cipriani
Pag.14 Mamma mia la mummia!
di Federica Brunelli
Pag.14 The Titanic Titan
di Elena Santoni
BACHECA
Pag.15 Conoscere il gruppo
ambiente - puntata III
di Francesca Grazian e Camilla
Traversari
(Vignetta di Andrea Capecchi)
SATIRA
Pag.16 Tratto da una storia mera
di Andrea Capecchi
Pag.16 La striscia
di Stefano Ciapini
L'ULTIMA
Pag.17 Cruciverba
di Benedetta Benigni e Linda
Fabbri
Pag.17 Sudoku
di Matteo Sabato
Il bisogno di ricordare
Gennaio inoltrato. Così ho intitolato questo numero di
mai
stampato in ritardo queste copie che avremmo dovuto
italiano non basta. Studiare a casa quelle dieci pagine sul
Sintomi perché, causa neve e causa sindaco, abbiamo
distribuirvi
la
settimana
scorsa.
Avevo
già
preparato
l’editoriale. Ho pensato però di riscriverlo, perché qualcosa
intanto è cambiato. Potrei raccomandarvi la partecipazione
all’agorà, organizzata da noi del Comitato studentesco, ma
ormai siamo in anticipo, essendo stata rimandata. Potrei
scrivere dei danni enormi provocati dall’inadeguatezza e
dall’insufficienza di risorse per fronteggiare la neve, ma i
giornali ormai non parlano d’altro. Potrei raccontarvi la vita
di Scalfaro, ma gli renderemo giustizia con un ampio
articolo il mese prossimo. D’altra parte pare troppo
scontato
discutere
sulle
colpe
saputa
evitare,
di
Schettino,
troppo
prevedibile dire bene o male del Governo, della crisi e di chi
non
l’ha
impossibile
raccontarvi
la
premiazione di Sintomi, uno dei giornali vincitori del
concorso nazionale di giornalismo di Modena, perché, di
nuovo causa neve, hanno rimandato anche questa. Non
resta che lasciare intatto il resto dell’editoriale già redatto,
avendo deciso di scrivere su ciò che, ognuno di noi, ha il
compito di ricordare degnamente, per tutta la vita: la
shoah. Ogni anno, verso la fine di Gennaio, in televisione
propongono i film più significativi a riguardo, vengono
mandati
in
onda
documentari
e
programmi
d’approfondimento sull’intero periodo storico, analizzato
sia dalla parte dei vincitori, che da quella dei perdenti, sia
dal punto di vista dei potenti di turno, che dalla parte di chi
ha sofferto e subìto inaudite crudeltà e ingiustizie, inflitte
da persone a cui è impossibile attribuire aggettivi-ne sto
cercando ma non li trovo- senza privarle di dignità; una
dignità perduta per sempre al momento della loro prima
offesa corporale o verbale, fatta a chi consideravano “altro”
da
loro.
Quanti film, quanti gli spettacoli teatrali, i libri, gli articoli di
giornale sul dovere di ricordare. Persino su Sintomi non è la
prima volta che compare un articolo su questo tema: l’anno
scorso, al ritorno dalla visita ad Auschwitz, due studenti
hanno raccontato la loro esperienza, condiviso le emozioni
e le sensazioni provate a percorrere quei luoghi, in cui
“gelidi e silenziosi fiocchi di neve scendevano sulle nostre
teste, quasi per conservare intatti quei luoghi e i nostri
pensieri e per stampare nella nostra memoria quelle
immagini, testimoni dell’immane strage”, con parole come
queste, tanto forti da far rabbrividire. Perché, quindi,
parlarne ancora? Perché dire sempre le stesse cose ogni
anno, ripetere gli stessi discorsi ogni volta che finisce il
capitolo sull’ascesa di Mussolini e inizia quello su Hitler e il
nazismo? Lo abbiamo studiato due, tre volte questo pezzo
di storia, sappiamo come è andata e speriamo non accada
più.
No, non è abbastanza. Parlarne durante l’ora di storia o
libro non vuol dire capire e imprimere nella nostra
coscienza il giusto atteggiamento da adottare ogni giorno,
nei confronti degli altri. Non è sufficiente osservare il
classico minuto di silenzio a scuola, se c’è chi spera capiti
durante un’ora insopportabile, solo per avere un minuto di
tregua. Non è questo il senso di quel silenzio. Durante quel
minuto sono miliardi le immagini che devono scorrere
davanti agli occhi chiusi, dal marocchino sbarcato a
Lampedusa
al bambino africano malnutrito, dalla donna
cinese incinta al pakistano che vende kebab, dal rumeno
vicino di casa al senegalese con le buste piene di fazzoletti,
sperando che ognuno di loro non subisca le stesse
ingiustizie, le stesse discriminazioni e violenze a cui sono
stati sottoposti gli ebrei meno di un secolo fa. Quel minuto
vale quanto un film come “Il pigiama a righe” se osservato
con
attenzione.
No,
non
è
sufficiente
guardare
un
documentario, leggere un libro, magari commuovendosi, se
non facciamo nostro ciò che la storia e il passato insegnano,
per migliorare non il futuro, ma il presente, la realtà in cui
siamo
immersi.
L’errore di chi sta zitto, a testa bassa, in quei sessanta
secondi di silenzio e poi grida insulti a chi ritiene inferiore
perché diverso, sta tutto nel separare la strage dei campi di
sterminio dalle violenze, come minimo verbali, a cui donne
e uomini troppo spesso sono costretti, se dei perfetti
sconosciuti si ritengono superiori a loro, solo perché
“italiani”. L’enorme, imperdonabile, sbaglio sta nel non
capire che l’ebreo di meno di un secolo fa, oggi è il
marocchino, il cinese, il senegalese, l’albanese, il rumeno, il
pakistano, l’indiano che troviamo vicino a noi sull’autobus,
alle poste, in farmacia, al supermercato, per strada. Non è
così
che
funziona,
questa
è
ipocrisia,
ignoranza,
superficialità, chiusura mentale semplicemente inaccettabili
nel 2012. Possibile che tante, troppe, persone non abbiano
ancora compreso che la strada migliore per ricordare
degnamente la shoah e fare in modo che davvero, in
nessuna parte del mondo, accada più una simile strage, sia
sentire l’altro uguale a noi, apprezzando e condividendo ciò
che lo rende diverso da noi: la cultura, il paese da cui
proviene,
la
vita
vissuta.
Silvia Squarciotta
Video Shock
di Immacolata Ranucci
Tre corpi, tre uomini stesi, morti. Portano abiti
sporchi e sgualciti, vissuti. L’uomo al centro ha il
petto macchiato da molto sangue. La tristezza
diventa disgusto. Quattro uomini si dispongono
intorno ai cadaveri. Sono alti, muscolosi,
portano occhiali scuri e tute mimetiche, due di
loro indossano anche gli elmetti. Guardo la
scena attraverso la telecamera di una quinta
presenza. Gli altri quattro iniziano a pisciare,
dritto sopra le teste dei tre uomini morti.
Pisciano il contenuto della loro vescica e quel
poco di dignità che resta nelle loro squallide
membra. Ridono, sembrano divertiti. Uno di
loro augura colui cui ha appena urinato in faccia
una buona giornata, lo chiama amico.
Trentanove secondi di indefinibile vergogna, di
qualcosa tra l’incredulo e il rivoltante, tra il
disgusto e lo sconforto. C’è chi dice che in
guerra e in amore tutto è lecito, ma questo va
oltre. Al di là della guerra e dei conflitti, dietro
le armi e gli scontri, sotto le armature siamo
esseri umani. Eppure non scorgo nulla di umano
in
quel
gesto.
Qualcuno già teme un nuovo scandalo, altri si
preoccupano per in rapporti futuri con
l’Afghanistan, tutti accusano e minacciano
mentre l’NCIS (Naval Criminal Investigative
Service) indaga sul video comparso su YouTube il
12 gennaio. Non è ancora chiaro chi sia quella
presenza che muoveva la telecamera per meglio
inquadrare il volto dei mediorientali, né chi
abbia pubblicato le immagini, ma sembra
autentico. La sera stessa erano già stati
identificati due dei responsabili. Appartengono
al terzo battaglione della seconda divisione di
stanza a Camp Lejeune, tornato in Nord Carolina
dall’Afghanistan
lo
scorso
autunno.
John Kirby, portavoce del Pentagono, dichiara
di essere rimasto sconvolto: “Di chiunque si
tratti e qualunque siano le circostanze è un
comportamento inaccettabile da parte di un
membro militare”. In una lettera inviata a Leon
Panetta, ministro della Difesa, dal concilio per le
relazioni islamico-americane (Cair) si legge:
“Condanniamo questa apparente profanazione
dei morti. È una violazione del regolamento
militare della nostra nazione e delle leggi
internazionali di guerra che vietano tali azioni
disgustose e immorali”. Dall’altra parte il
commento del presidente afghano Hamid
Karzai: “Il governo dell’Afghanistan è scioccato
dal filmato in cui i soldati americani dissacrano i
corpi dei nostri connazionali. Si tratta di un atto
disumano e condannabile nel modo più grave
possibile. Chiediamo agli Stati Uniti di procedere
con le indagini e di applicare una pena
severissima ai responsabili di questo crimine”.
Inquietante la rivelazione di Zabihullah Mujahed,
uno dei portavoce dei talebani: “Negli ultimi
dieci anni ci sono stati centinaia di casi simili,
che però non sono stati rivelati” e continua,
quasi rassicurante: “il video non comprometterà
i colloqui e lo scambio dei prigionieri in quanto
siamo
ancora
alla
fase
preliminare”.
Ed infine il tenente colonnello Stewart Upton,
portavoce del corpo dei marines, che annuncia:
“Le accuse lanciate ai marines circa un
comportamento scorretto nei riguardi di insorti
talebani morti sono molto gravi e, se saranno
dimostrate, rappresentano un fallimento nel
rispetto degli alti standard richiesti al personale
militare americano”. Parole cariche di una certa
aria di difesa: le accuse lanciate come se non vi
fosse
nessun
video
a
dimostrarle,
il
comportamento
definito
semplicemente
scorretto al pari di quello di un bambino che
ruba le caramelle al compagno, le vittime
catalogate, senza prove certe, come insorti
talebani. Ciò che preoccupa il colonnello è il
fallimento, non cosa lo ha provocato. Velate
giustificazioni dell’ingiustificabile. Erano uomini,
forse colpevoli forse no. Ora sono cadaveri
profanati.
Ho sempre creduto che nella morte ci sia una
sorta di dignità inviolabile, una compostezza
solenne e infrangibile… quella saggezza
imprigionata negli occhi vuoti. In meno di un
minuto hanno distrutto completamente tutto
questo. Sono rimasti tre corpi dissacrati.
Rispettare il tuo nemico ti renderà un uomo
migliore. Molte volte ho sentito frasi simili.
Dov’è finito il codice cavalleresco? Dove sono i
vincitori che porgono la mano agli sconfitti per
aiutarli
a
rialzarsi?
Dov’è l’uomo che non attacca il nemico
disarmato? Dov’è l’uomo?
Caccia ai killer di padre e figlia cinesi: una
faccenda sempre più ingarbugliata
di Ilaria Martini
Direi un inizio assai poco promettente del
2012: inauguriamo l’anno con l’immagine di
una Roma sotto shock per via del terribile
atto di delinquenza che ha stravolto una
tranquilla famiglia cinese e causatone la
morte di due componenti. Ciò accade il 4
gennaio, quando la famiglia, composta da
due coniugi e una bambina, rientra a casa a
piedi, poco prima delle 22, dopo aver
chiuso il locale. Mentre la donna, Zheng
Liyan, sta per aprire il portone del palazzo
in via Giovannoli, si presentano i rapinatori,
dai quali sono stati precedentemente
pedinati. "T'ammazziamo come un cane",
dicono i malviventi alla donna, nel
tentativo
di
scipparle
la
borsa,
pretendendo da lei i soldi dell'incasso
dell'attività commerciale. Lei tenta di
resistere e il marito, Zhou Zheng, prova a
difenderla. I tentativi di difesa del padre,
che ha in braccio la piccola di nove mesi, si
mostrano vani
e, prima, i delinquenti
feriscono lievemente la donna al braccio
con un taglierino, poi, sparano due o tre
colpi, che raggiungono l’uomo all’addome
e la piccola alla fronte. Il padre muore sul
colpo e la piccola poco dopo, durante il
trasporto in ospedale. Liyan, invece, viene
ricoverata all’ospedale di San Giovanni e,
fortunatamente, non è in pericolo di vita. I
delinquenti, una volta sparato, prendono la
borsa che teneva la donna e fuggono a
bordo di un motorino. Presi, poi, dal
panico, abbandonano il motorino, i caschi e
le due borse, di cui una vuota e l’altra
contenente sedicimila euro, in un casolare
a due chilometri dal luogo del delitto. E’
possibile che sia stata la presenza di
macchie di sangue su alcune banconote ad
aver indotto i rapinatori a rinunciare al
bottino oppure la paura di ritorsioni della
mafia cinese. Gli investigatori non hanno
dubbi sul fatto che l’attività di Money
Transfer sia il nodo principale su cui punta
la criminalità organizzata cinese. Per
questo ci saranno varie indagini sul passato
della vittima e sulle macchine di grossa
cilindrata che aveva. I killer pare che siano
due maghrebini: il primo, Mohammed
Nasiri, è un trentenne con precedenti per
rapina, furto e ricettazione, mentre il
secondo ha venti anni ed è incensurato.
Costoro sono stati traditi dalla fretta e
dalla paura, infatti, hanno lasciato tracce
ovunque: il dna isolato dalla borsa della
rapina, le impronte lasciate sui caschi e il
video di una banca che li ha ripresi durante
la loro fuga in motorino. Queste tracce
hanno
permesso
ai
carabinieri
di
ricostruire il loro identikit. Per ora sugli
assassini sappiamo che uno probabilmente
è fuggito all’estero, mentre l’altro è stato
ritrovato impiccato nella zona di Boccea,
alla periferia di Roma. Quel telefono
cellulare, ritrovato vicino al cadavere,
potrebbe offrire agli inquirenti una pista
da seguire e, forse, potremmo finalmente
arrivare a una svolta decisiva. La trama,
però, non è ancora del tutto chiara. Pare
che prima l'uomo abbia ingerito il veleno
per topi e che, in seguito, si sia impiccato,
ma ne sapremo di più dopo l’autopsia.
Molti residenti di Torpignattara sono sicuri
che sia stata la mafia cinese a uccidere il
marocchino, però la comunità cinese
ritratta: «Siamo sgomenti. Non abbiamo
mai desiderato la sua morte, noi non siamo
animali». Chissà come andrà a finire e se
sapremo mai tutti i segreti che nasconde
questa storia a dir poco ingarbugliata.
Una vera e propria emergenza sociale
di Silvia mazzei
Volevo scrivere un articolo che portasse un po'
di allegria, ma cercando tra le notizie mi è
saltata agli occhi solo una lista troppo lunga di
nomi, di persone che a causa della crisi, questa
crisi ormai troppo famosa e sempre più
presente, hanno deciso di darci un taglio.
Ormai di tagli si sente parlare fin troppo spesso,
ma stavolta non si tratta di tagli agli stipendi o
alle spese, ma di vite recise. Non c'entrano
nemmeno le Parche e il Fato, ma solo
l'impotenza di fronte ad un "futuro senza
futuro".
La cronaca riporta altre due morti silenziose,
segno di quella povertà che toglie tutto, anche
la
vita.
La disperazione ha avuto la meglio anche sulla
speranza e Salvatore e Antonia, due coniugi di
Bari, hanno deciso di farla finita. Salvatore,
denunciando pubblicamente la sua situazione,
scriveva qualche anno fa "...Vivere senza un
lavoro, specie se si è in età avanzata ma ancora
produttiva è peggio di una diagnosi di cancro:
mentre questa ti conserva la dignità e gli affetti,
la condizione di disoccupato, oltre a spingerti a
rinunciare alla vita, ti fa perdere la dignità, gli
affetti e gli amici. Da malato ti sono tutti
attorno, premurosi e generosi, da disoccupato
tutti ti evitano, giudicandoti un incapace degno
soltanto del minimo vitale”. Una specie di
testamento spirituale che fa riflettere su quanto
la crisi economica può influire sulla vita delle
persone.
All'inizio del nuovo anno un agricoltore
marchigiano, un imprenditore siciliano e un
pensionato pugliese si sono suicidati. I primi
due erano terrorizzati dalla recessione e dai
debiti mentre il terzo era in debito con l'INPS di
circa cinquemila euro e viveva con una pensione
mensile di settecento. Storie diverse, ma con lo
stesso
drammatico
epilogo.
La causa è identica: la disperazione per un
futuro incerto, l'impossibilità di garantire il
mantenimento della propria famiglia, la perdita
di identità dovuta alla mancanza di lavoro,
pensionati che non riescono ad arrivare a fine
mese.
Ci sono stati diversi casi di imprenditori che si
sono tolti la vita perché i debitori, compresi lo
Stato e gli enti locali, non pagano, perché le
banche non fanno più credito e chiedono di
rientrare degli scoperti, o peggio ancora perché
arrivano ingiunzioni di pagamento da Equitalia,
l’agenzia di riscossione delle tasse. Una ricerca
dell'Eures, istituto di ricerche economiche e
sociali, relativa al 2009, delinea un aumento dei
suicidi legati alla crisi economica. Si tratta di un
fenomeno aumentato a dismisura nel corso
degli ultimi 30 anni e che, nel 2009, ha raggiunto
il record: 357 morti, uno al giorno. Il dato più
allarmante è che lo studio riguarda il 2009,
quando la crisi economica non aveva ancora
raggiunto
i
livelli
attuali.
Nel Veneto è stato appena aperto il primo
"centro di ascolto" per aiutare psicologicamente
gli artigiani ed i piccoli industriali strangolati
dalla recessione, ma è ancora troppo poco.
La mancanza del lavoro è un problema che lede
la dignità dell'uomo e, vista la macabra
cronologia di morti che sta segnando
esponenzialmente anche il 2012, rappresenta
una vera e propria emergenza sociale.
Solo per riflettere, cito tre articoli della nostra
Costituzione:
Art. 1 L'Italia è una Repubblica democratica,
fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al
popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti
della
Costituzione.
Art. 3 Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale
e sono eguali davanti alla legge, senza
distinzione di sesso, di razza, di lingua, di
religione, di opinioni politiche, di condizioni
personali e sociali. È compito della Repubblica
rimuovere gli ostacoli di ordine economico e
sociale, che, limitando di fatto la libertà e
l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno
sviluppo della persona umana e l'effettiva
partecipazione
di
tutti
i
lavoratori
all'organizzazione politica, economica e sociale
del
Paese.
Art. 4 La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il
diritto al lavoro e promuove le condizioni che
rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino
ha il dovere di svolgere, secondo le proprie
possibilità e la propria scelta, un'attività o una
funzione che concorra al progresso materiale o
spirituale
della
società.
Un italiano alla casa bianca
di Eleonoro Collini
Per quelli di voi che non lo sapessero il prossimo
novembre negli USA si terranno le elezioni
presidenziali che vedranno il presidente Obama
(per la seconda volta candidato per il partito
democratico) scontrarsi con il candidato del
partito repubblicano. Ma chi sarà questo
avversario? Per scoprirlo dovremo aspettare il,
giorno in cui si concluderanno le primarie di
partito e in cui verrà rivelato il nome del
candidato
scelto.
A
questo punto molti di
voi
si
staranno
chiedendo perché vi
stia parlando di tutto
questo e in un’altra
situazione anche io mi
sarei stupita di trovare
un articolo del genere
su
un
giornalino
scolastico, ma c’è un
motivo se ho scelto
questo
argomento.
Negli
ultimi
giorni,
guardando la TV e
leggendo i giornali ho notato qualcosa che mi
ha davvero lasciata senza parole. Rick Santorum,
questo è il nome che mi ha tanto colpito.
Santorum è uno dei candidati del partito
repubblicano ed è di origini italiane. Fino a qui
niente di particolare; è solo un cattolico italoamericano come ce ne sono tanti negli USA, che
però ha avuto l’ardire di citare Mussolini
durante un suo discorso in Iowa. Molti di voi
potrebbero non trovarci niente di strano, ma i
più informati sapranno che non è poi così
usuale parlare di un personaggio del genere
durante un dibattito come quello in questione,
soprattutto se si arriva a paragonare Mussolini
ad Obama. Proprio così, Santorum ha detto “Mio
nonno lasciò l’Italia per sfuggire al regime di
Mussolini. Aveva capito che il fascismo gli
avrebbe schiacciato lo spirito e la libertà e gli
avrebbe dato meno di quello che voleva per i
suoi figli. Negli ultimi due anni il nostro paese si
è trasformato nel tipo di Paese che mio padre
lasciò negli anni ’20. Io non voglio che questo
accada”. Obama come Mussolini. Personalmente
non riesco a pensare a due persone più diverse
e nemmeno sforzandomi riesco a trovare
qualcosa in comune tra di loro. Le sue parole mi
fanno pensare che Santorum non conosca
davvero la storia del nostro paese, quel paese
che dice di amare tanto. Egli ha infatti ribadito
più volte di essere molto orgoglioso delle sue
origini e ha sottolineato più volte il suo legame
con l’Italia. Come cittadina italiana preferirei
che non insistesse così tanto su questo aspetto;
attualmente il nostro
paese non è proprio
ben visto dal resto del
mondo e non abbiamo
bisogno
di
una
persona
come
Santorum
che
peggiori
ulteriormente
la
nostra
immagine.
Questo però non è
tutto:
secondo
il
candidato
repubblicano “i gay
sono come i pedofili”,
“i
programmi
scolastici
prediligono
l’Evoluzionismo al Creazionismo”, “è necessario
bombardare i siti nucleari iraniani”, “il
riscaldamento globale è una bufala”, “l’America
è un paese che tende a dare troppo spazio alle
libertà individuali”, “gli omosessuali, insieme ai
peccatori e a coloro che non seguono la Bibbia,
sono il male da estirpare dal cuore
dell’America”. Santorum ha inoltre affermato di
voler essere favorevole a introdurre nella
Costituzione un emendamento che impedisca i
matrimoni omosessuali e di essere contrario
all’interruzione di una gravidanza anche in caso
di stupro o incesto. Queste sono affermazioni
che fanno accapponare la pelle. Santorum potrà
anche accusare l’attuale presidente di una
recessione del paese, ma i suoi discorsi sono gli
stessi
che
si
facevano
50
anni
fa.
Animali e pellicce
di Silvia Lepore
Una notizia che mi ha fatto riflettere e che
è stata trasmessa al telegiornale qualche
tempo fa, metteva in evidenza l’uccisione
da parte dei bracconieri di molti animali
ricercati per le loro pellicce pregiate e
tanto richieste dal mondo della moda.
La loro è una morte, tra le più brutali ed
atroci: bastonati, presi con delle tagliole,
strangolati, annegati; e tutto solo perché la
loro pelliccia non deve avere difetti o
macchie.
Poveri animali, che soffrono, solo per poi
essere sfoggiati come cappotti, accessori,
quali
borse
e
portachiavi!
La loro morte, dovrebbe far riflettere, su
quanto a volte, l’uomo può essere
spregevole contro la natura; è vero che i
bracconieri vengono pagati, ma veder
uccidere con ferocia solo per produrre poi
un oggetto effimero e di poca importanza,
mette in evidenza la superbia del genere
umano che pensa di essere il “padrone
indiscusso” del mondo, quando, invece, ne
è solo una minuscola parte, che dovrebbe
collaborare con le altre, non distruggendo,
ma promuovendo idee che salvaguardino
tutto ciò che vive nel suo stesso pianeta.
Perdente non è chi arriva ultimo a una gara, ma
chi si siede e sta a guardare.
di Sofia Pecchioli
Oscar Pistorius, di lui sapevo solo che è un
campione di corsa, non conoscevo tutta la
sua storia, ma l’ho visto diventare per una
notte ballerino, nello show “ballando con le
stelle”, prima di ballare ha raccontato senza
troppi giri di parole ciò che gli era accaduto
in passato. Nato a Pretoria nel 1986, ad
undici mesi a causa di una grave
malformazione gli hanno amputato gli arti
inferiori, negli anni del liceo praticò la
pallanuoto e il rugby, poi un nuovo
infortunio lo portò all’atletica leggera,
all’inizio per la riabilitazione e poi per scelta.
Nel 2004 diventò campione olimpico sui 200
metri piani, questa fu la sua prima vittoria,
l’anno successivo il suo desiderio era di
partecipare alle olimpiadi dei normodotati
ma la IAAF gli si oppose dicendo che le sue
protesi
lo
facevano
correre
più
velocemente degli altri atleti, più tardi nel
2008 fu riabilitato a gareggiare e vinse i 100,
i 200 e i 400 metri piani. Venne così
soprannominato “the fastest thing on no
legs”. Riuscì a correre grazie a particolari
protesi in fibra di carbonio. È stato il primo
atleta amputato a vincere una medaglia in
una competizione, ottenendo l’argento nei
mondiali di Daegu ( città della Corea del sud
). Nella prima puntata di “ballando con le
stelle” ha ottenuto il massimo punteggio,
ma cosa più importante si è aggiudicato
l’ammirazione dei giudici. Lui è riuscito ad
affrontare tutto questo, grazie alla sua
volontà e alla sua determinazione ma anche
grazie
all’aiuto
della
sua
famiglia,
soprattutto di sua madre, che lo ha sempre
incoraggiato e non gli ha mai fatto pesare il
suo problema. Infatti gli diceva: “Se tuo
fratello la mattina si mette le scarpe, tu
dovrai metterti le gambe”. Oscar poteva
fare il musicista, il pittore o l’architetto,
poteva considerarsi fortunato a camminare
con delle avanzatissime protesi, ma a lui
non bastava. Voleva correre. Correndo non
a livello amatoriale, ma agonistico. Così
corre, si allena, soffre e infine diventa
campione. Il suo sorriso è un sorriso che
colpisce tutti, un sorriso di chi apprezza le
cose della vita, di chi ha colto l’importanza
della vita, di chi ha saputo affrontare un
ostacolo. La frase che da il titolo al mio
articolo è stata detta da sua madre e ci fa
capire quanto questa donna ha sostenuto
suo figlio, lo ha incoraggiato, lo ha amato,
gli è stata vicina e lo ha confortato nel
momento del bisogno. Lui, un grande atleta
con una grandissima forza di volontà, ma
anche con una grandissima famiglia
I riti propiziatori... per il 2012
di Silvia Mazzei
Ebbene sì, ancora nel ventunesimo secolo
esistono i cosiddetti riti propiziatori. Non
dobbiamo cercarli lontano, basta pensare al 31
dicembre
di
ogni
anno.
Anche i più scettici e razionali si lasciano sedurre
da credenze e tradizioni per salutare l’anno
vecchio che se ne va e per festeggiare i dodici
nuovi mesi che arrivano; tanti piccoli gesti e riti
scaramantici per "attirare" speranza, fortuna,
abbondanza,
amore,
serenità…
Anno nuovo, vita nuova. La mezzanotte segna
un momento di passaggio, la fine di qualcosa e
l’inizio di un nuovo percorso da fare.
Tutti i simboli e le usanze di Capodanno hanno
radici storiche molto antiche e radicate.
E’ risaputo che mangiare le lenticchie al cenone
del 31 dicembre "porta soldi" perché in epoca
romana
la
lenticchia
simboleggiava
l'abbondanza
e
la
ricchezza.
Per eliminare il male accumulato nel corso
dell’anno, sia fisico sia morale, vi è un’altra
usanza molto caratteristica: lanciare i cocci a
mezzanotte, diffusa ancora a Roma e a Napoli.
Gettare le cose vecchie è invece un segno di
cambiamento e un augurio per il nuovo anno.
Uva e melograni fanno poi da padroni nei
cenoni. Il melograno simboleggia la fedeltà
coniugale e mangiarne è di buon auspicio. La
leggenda narra che Proserpina, dopo aver
mangiato il frutto abbia passato il resto della
vita nell'Ade, insieme a Plutone suo sposo.
Vuole la tradizione che scambiarsi un bacio
sotto un ramoscello di vischio porti fortuna e
amore. Il vischio era sacro per i popoli antichi in
quanto pianta che dona prolificità materiale e
spirituale.
Diffusissima è l'abitudine di indossare qualcosa
di rosso a Capodanno: l’usanza arriva dagli
antichi romani, che lo indossavano come
simbolo di sangue e guerra per allontanare la
paura.
Si usa inoltre fare attenzione alla prima persona
che si incontra per strada allo scoccare della
mezzanotte. È di buon augurio incontrare un
vecchio o un gobbo, mentre se si incontrerà un
bambino o un prete si avrà disgrazia.
Un'altra diffusa credenza è quella delle
"calende", per la quale si ritiene che dal tempo
che farà nei primi dodici giorni dell’anno si
possa prevedere quello che farà nei successivi
12
mesi.
E i botti? Esprimono la volontà di allontanare gli
spiriti maligni che nel momento di passaggio dal
vecchio al nuovo anno si scatenano.
Oggi sono un momento di entusiasmo ed
allegria per rendere speciale la notte del 31
dicembre. Nel tempo però si sono trasformati
spesso in momenti di pericolo al punto tale da
essere vietati. Proprio per la fine del 2011, molti
sindaci di alcune grandi città italiane hanno
vietato fuochi d’artificio e ogni altro strumento
utile a provocare eccessivo rumore, dannoso
per uomini e animali. Tuttavia, nonostante i
divieti e le multe salatissime, è stato pesante il
bilancio della notte di Capodanno in Italia. Il
resoconto finale della Polizia parla di due morti
e
561
feriti.
Durante quei dieci secondi che precedono il
brindisi di mezzanotte, speriamo tutti in
qualcosa di nuovo e migliore e ogni piccolo
gesto, anche banale, può essere utile per
alimentare
le
speranze.
I desideri sono tanti, specialmente dopo
quest'anno appena concluso, segnato dalla crisi
e da tanti problemi più o meno grandi.
Non mi resta che augurarvi di realizzare tutte le
vostre aspettative, qualsiasi cosa voi desideriate
per il neonato 2012, che sia la salute, qualche
soldo in più, l'amore, il recupero dei debiti
scolastici, o di perdere qualche chiletto di
troppo, questa volta senza amuleti o scongiuri,
solo con un po' d'ottimismo che non guasta
mai.
Macchie d'inchiostro
di Cosimo Carmagnini
Il Mondo è uno, gli esseri che lo popolano
sono miliardi. Tuttavia, è possibile trovare
una sorta di unità in questa enorme varietà
di specie e, all’interno di essa, di individui.
Prendiamo come esempio la razza umana:
su 7 miliardi che siamo diventati, le
possibilità che esistano due individui
identici nell’aspetto e nel carattere sono
una su 7 miliardi. Ma la possibilità che
esistano due individui che sorridano è una
certezza. Anzi, è un paradosso: questo
perché TUTTI sorridono. Sorridere è la
smorfia per antonomasia: sorridiamo per
gioia, per divertimento, a volte per
imbarazzo,
per
emozione,
per
un
complimento, per ironia. Un solo sorriso è
in grado di illuminare la giornata di chi ci
sta attorno e, fattore più importante, di noi
stessi. Per quanto io stesso ami sorridere e
ne goda spesso degli effetti, sono costretto
a rivalutare questo gesto. Il sorriso è
diventato la cosa forse più comune che si
possa immaginare, persino più dello
scuotere la mano in segno di saluto. E’
qualcosa di automatico, che sta perdendo
sempre più il suo vero significato. Non vale
invece lo stesso discorso per il suo esatto
opposto, il pianto.Personalmente, amo
dividere il mondo in gruppi: non
consideratemi un classista, ma piuttosto
una persona che cerca di capire cosa, ma
soprattutto chi, si ritrova attorno. Nel caso
in questione, la giusta divisione da
approntare è: persone che piangono spesso
e persone che non riescono a versare una
lacrima neanche in occasione di una
perdita. Ritengo infatti che si capisca molto
di una persona da quanto frequentemente
piange. E non parlo di una semplice
interpretazione, del tipo “se piange spesso
significa che è una persona fragile”, ma di
una più complessa analisi interiore. Le
persone che piangono spesso sono persone
realiste: non nella cattiva accezione del
termine, ovvero pessimiste, ma piuttosto
persone che percepiscono le cose con
minore
difficoltà,
rallegrandosene
o
rattristandosene. Questo genere di persona
tende a rendersi conto dell’importanza di
tutte le cose, anche dei più infimi
particolari; ma, cosa ancora più importante,
si rende conto dell’importanza del pianto. E
agisce di conseguenza. Passiamo adesso
all’altro gruppo, quello forse più criptico.
Piangere, nel gesto in sé, è un buttar fuori
qualcosa. Solitamente, è qualcosa che fa
male, che brucia, o, nella maggior parte dei
casi, è qualcosa che non serve più e che
solo piangendo è possibile superare. Le
persone che non piangono mai sono quindi
le più fragili, e di conseguenza anche le più
instabili: tutto il dolore che hanno provato,
tutte le brutte esperienze che hanno
vissuto, tutte le delusioni a cui sono andate
in contro sono ancora lì, e non tolgono
magicamente
il
disturbo
per
causa
efficiente. Tutto quello che fanno è
crescere. E crescere. E crescere.L’unica via
verso la “salvezza” è distruggere questa
specie di “buco nero” che cresce e risucchia
ogni fonte di propria felicità e, se
abbastanza grande, anche altrui. E come
fare?Semplicemente espellendo qualche
goccia di acqua salata, verrebbe da dire di
primo acchito. Per nostra sfortuna,
piangere non è qualcosa che possiamo
controllare.
Anche
diventando
attori
professionisti in grado di piangere a
comando, non raggiungeremmo alcun
risultato, perché il buco nero sarebbe
ancora
lì.
Sempre
intatto.
Sempre
distruttivo.La soluzione è lasciarsi andare.
Distruggere
le
barriere
che
spesso
costruiamo attorno ai nostri sentimenti e
abbracciare ogni nostra emozione, ogni
nostra sensazione. E piangere. Charlie
Chaplin diceva “Smile: what’s the use of
crying?”. Per quanto lo stimi col più
profondo rispetto, sono costretto a dire
che
non
sono
d’accordo.
Ipse quod dicit
di Angelo Mei
“Vorrei piangere, ma ho dimenticato come si fa.
Vorrei ridere, ma ho dimenticato come si fa.
Vorrei vivere, ma non so più come si fa.”
<Pronto signor Rossi, è l’ospedale: sua madre è appena deceduta.>
Ciao mamma,
non sono mai stato un asso con le parole, però ormai ciò che mi rimane di te non sono che quelle:
vuote parole che fanno nascere in me ricordi vaghi e torbidi, destinati all’oblio, come io ti ho
destinata all’oblio giorno dopo giorno, in questi anni d’indifferenza.Oggi ti ho seppellita,
“finalmente hai trovato il tempo per me”, mi avresti detto, ma non me lo sentirò più dire: non l’ho
sentito per tanto, ora riecheggia nella mia mente assordante come una valanga.Sai, sono qui a
scriverti questa lettera e vedo i tuoi nipotini che giocano fuori, ricordi quanto ero felice da
piccolo? Desideravo fare il pompiere e tu sorridevi, dicendomi che nessun pompiere sarebbe mai
riuscito a spegnere il tuo amore per me. Quanto sarebbe bello tornare a quei giorni, io ero così
allegro da piccolo, non la smettevo di ridere neanche quando andavo dal dentista o a fare il
vaccino, ricordi vero, mammina?Vorrei ridere, ma ho dimenticato come si fa.Sfioro i quaranta anni
e mi sono sempre reputato una persona di “successo”, “inquadrato nella società”, ma adesso, mi
chiedo, cos’è il successo? Quando il mondo mi ha inglobato e reso una pedina in una scacchiera
fatta di niente?!Questa umanità mi ha reso così poco umano, che tu non mi avresti neanche
riconosciuto, mi avresti chiesto “Che ne hai fatto del mio bambino?”Vorrei piangere, ma ho
dimenticato come si fa: fino a dieci anni mi coccolavi quando piangevo, poi hai cominciato a dirmi
che “i lacrimoni vanno fatti uscire dalla bocca, devono diventare parole, in faccia a chi li ha
provocati”: mi hai insegnato a farmi rispettare, a combattere per ciò che voglio.Dopo trenta anni,
non lo so più cosa voglio; prima lo sapevo: volevo essere felice, ho lavorato per anni con questo
obiettivo. Ma no, non lo sono.Vorrei vivere, ma non so più come si fa.Ti prego, mamma, come
posso fare? In che modo, io, posso tornare a sorridere, a piangere, a combattere per i miei diritti,
a costruire il futuro che ho perso, continuando a sopravvivere in questa grigia giungla di false
promesse?Per favore, non lasciarmi solo in questa vuota bara che tutti chiamano “bella vita”.
Tuo figlio.
I racconti del terrore
di Valentina Saccomando
Per questo mese ho deciso di pubblicare la relazione di un libro che ho letto durante le vacanze di
Natale: s’intitola “I racconti del terrore” ed è una raccolta che comprende i racconti brevi più
importanti di Edgar Allan Poe.Ogni racconto, utilizzando le tecniche del romanzo gotico, rivela la
disgregazione della psiche e l’angoscia umana sotto forma di vari tipi di paure: dalla morte fisica
all’ansia della sepoltura prematura. Per certi aspetti, i protagonisti di questi racconti hanno
caratteristiche comuni all’autore, quali l’uso di oppio, di alcool (come nel racconto “Il gatto nero”)
e un attaccamento morboso alla figura femminile (in modo particolare nei racconti “Ligenia” e
“Berenice”).
In “Il gatto nero” il protagonista è una persona che ama i suoi animali, in particolare il suo gatto;
col passare del tempo però inizia a odiarlo, infatti, gli cava un occhio e lo impicca a un albero.
Quando la casa prende fuoco e la mattina dopo trova l’animale morto, decide di sostituirlo con un
altro gatto: ne trova uno uguale al primo, se non per una macchia bianca sul petto. Dopo poco
tempo, inizia a odiare pure quello e cerca di ucciderlo, ma è fermato dalla moglie che poi viene
uccisa. Il protagonista allora mura il corpo della donna in una parete della casa; per qualche
giorno il gatto non si fa vedere e la polizia non riesce a risolvere il delitto, ma alla fine si tradisce
con le sue stesse mani e scopre di avere murato, insieme al cadavere della moglie, anche il gatto.
In “Berenice” invece il protagonista è una persona che si fissa sui denti di sua cugina Berenice, la
quale soffre di una malattia che la conduce spesso in uno stato di trance; qualche giorno dopo la
morte di Berenice, il protagonista va alla sua tomba, estrae il corpo e si rende conto che è ancora
viva. Nonostante ciò, le strappa tutti i denti e li chiude in una scatola.
Inoltre, in alcuni racconti è possibile individuare il tema della doppia personalità, in modo
particolare in “William Wilson”, il cui protagonista si trova perseguitato da un’altra persona
identica a lui; alla fine la uccide, però in questo modo finisce per uccidere se stesso.
Vi ho riassunto quelli che sono stati i miei racconti preferiti tra i più rilevanti, però secondo me la
vostra opinione su questo libro dipende in primo luogo dal vostro rapporto con lo stile horror.
Sfide europee
di Fabrizio Taricone
Per il piacere degli uomini di questa scuola in questo numero tornerò a parlare di calcio e in
particolare di Champions League ed Europa League. Queste due competizioni sono le più
prestigiose del calcio per club a livello europeo e quest’anno, dopo una dura fase a gironi (
soprattutto per il Napoli) tengono impegnate in tutto cinque squadre italiane: In Champions
League, Inter, Milan e Napoli, in Europa League Udinese e Lazio. Il Napoli superato il girone della
morte con Bayern Monaco, Manchester City e Villareal si appresta a sfidare gli inglesi del Chelsea.
Questo, per quanto riguarda le italiane, è sicuramente l’ottavo di finale più impegnativo. E’ vero; il
Chelsea non è più quello di una volta e il progetto del nuovo tecnico Villas Boas ancora non prende
forma ma solo i nomi di Didier Drogba, Peter Chec e Franky Lampard mettono paura. Per il Milan
un’altra inglese: L’ Arsenal. Dopo un brutto inizio di stagione l’Arsenal si è ripreso in Premier League
e ora si trova tra i primi sei posti. Guidati da Robin Van Persie, cercheranno in tutti i modi di
ostacolare i rossoneri. Secondo le statistiche i rossoneri non vincono da anni contro le squadre
inglesi ma è anche vero che secondo la statistica se siamo in due con un pollo e io mi mangio tutto
il pollo è come se avessimo mangiato mezzo pollo a testa quindi è bene non badare troppo a
questi dati. L’inter essendosi qualificata prima nel girone ( abbordabile ) è stata pescata con
l’Olympique Marsiglia. I francesi non sono molto forti sulla carta ma il piccolo Valbuena darà filo da
torcere ai nerazzurri. Si parla tanto di crisi del calcio italiano ma quest’anno l’Italia è l’unico paese
insieme alla Spagna ad avere ben cinque squadre alle fasi finali di queste competizioni. Il calcio
italiano
ha
ancora
tanto
da
dimostrare.
Una sfida persa
di Martina Zini
“Ci stiamo preparando a immettere sul mercato un’auto elettrica” una frase del XXI secolo?
No, la frase è stata pronunciata nel 1914 da Thomas Hedison ed Henry Ford. Ebbene l’auto che
dovrebbe rivoluzionare l’ecologia del secolo apocalittico era già stata progettata un secolo prima.Il
progetto riguardava la sostituzione del “Modello T” a benzina con una vettura elettrica.Tuttavia
Ford continuò a produrre auto a benzina, così l’accordo si ruppe.Forse il peso, l’ingombro, il
sistema di ricarica e la durata vita della batteria hanno alimentato la perdita di fede ne nel
progetto da parte di Ford.Edison già precedentemente aveva costruito batterie destinate al
progetto. Nel 1903 a Edison sembrò di esserci riuscito, ma non fu così. Solo nel 1909 riuscì a
mettere in commercio il modello che noi tutti oggi conosciamo come “A”. Tuttavia Edison ne
produsse solo 2.506 circa, contro le 200 mila auto vendute da parte di Ford. Inoltre una macchina
alimentata a benzina costava quasi un terzo di una alimentata a batterie. Così la sfida dell’auto
elettrica fu messa da parte fino al secolo successivo, nel quale la sfida fu vinta.
Nel mezzo del cammin di V liceo
Gennaio-Febbraio
di Chiara Cipriani
Gennaio è passato. Siamo tornati dalle
vacanze tutti un po’ più “rincicciti” ma con
i soliti buoni propositi di dimagrire, di
smettere di fumare, di leggere almeno un
libro al mese… di studiare. Già; quante
volte ce , lo siamo detti? “Appena arriva
gennaio, cambio di quadrimestre e mi
metto a studiare seriamente. “ Ma quanti
poi alla fine riescono nel loro intento? Alla
fine ricadiamo tutti negli stessi circoli
viziosi
dell’anno
precedente.
Non
cambiamo mai. O almeno, portiamo a
termine le nostre promesse per una o due
settimane e poi per premiarci… “Oh,
guarda come sono stata brava! Non ho
mangiato neanche un dolce in questi
giorni! Oggi mi premio e mangio un
bombolone!” oppure… “E’ da sette giorni
che non fumo, oggi scrocco un tiro da
qualcuno”.
Gennaio è il nuovo; l’inizio di qualcosa che
ci metterà ancora 12 mesi a passare. Ci
lasciamo dietro un 2011 pieno di eventi ed
entriamo in un 2012 ancora tutto da
riempire. Il “rito dei calendari” mi lacia
sempre un po’ perplessa; non so quanti di
voi lo facciano: si prende il nuovo
calendario, tutto bianco e profumato di
copisteria, e quello vecchio, pasticciato e
pieno di foglietti; si mettono accanto e via
via, mese per mese, si trascrivono tutti gli
eventi, le cose da ricordare sul nuovo,
riportando alla memoria tutto ciò che è
successo nell’anno passato: 20 maggio 2011,
Tommaso compie 18 anni; 23 luglio 2011, si
parte per la Spagna! Madrid, arrivo!; 15
dicembre 2011, Simulazione di terza prova.
E tra tutto questo ti cade l’occhio anche sui
compiti in classe e le interrogazioni
affrontate e pensi: “Ancora qualche mese e
non ne sentirò mai più parlare. Dirò addio a
questo mondo. E’ un bene o un male?”
Gennaio è la fine del primo quadrimestre.
Le ultime corse per arrivare a quel 7.8889
“cheforsemimette8seglifacciopena”,
per
arrivare a fare quella interrogazione
“chemistatormentandoperchèancoranonm
ihachiamato”, per arrivare a febbraio “che
poi mi rilasso un pochino prima della fatica
finale”.
Poi arriva febbraio. Sarà perché quest’anno
è bisestile, sarà perché a dicembre
moriremo tutti però febbraio ci ha fatto
un grande regalo: la neve. Una piccola
vacanza inaspettata ci ha colto di sorpresa,
o forse no. E mentre prima eravamo al
calduccio a casa, oggi ci tocca venire a
scuola con tutto questo freddo. In classe
mia c’è chi ha proposto di portare una
coperta gigante per avvolgerci tutti in un
unico
caldo
abbraccio.
Ringraziamo
comunque per il fatto che i termosifoni
siano accesi tutto il giorno, il che non
dispiace. Così, mentre alcuni fanno le corse
per arrivare prima in classe per poter
occupare il posto più vicino al termosifone,
altri rimangono nell'altra ala della classe
con i piedi in principio di congelamento. Si
vedono scene così strambe a causa di
questo inizio febbraio del gelo! Conosco
persone che hanno imparato a prendere
appunti con i guanti, e altri che fanno i
compiti in classe con sciarpa, cappello e
giubbotto, tutti imbacuccati che sembrano
dei
terroristi
di
al-Qaida.
Forse è meglio che ci sia questo freddo; il
freddo significa essere ancora lontani
dall'estate, lontani da quello che "deve
ancora venire" (non pronuncio nemmeno il
nome, è un po' come dire "tu sai chi...").
Sarà la primavra a preoccuparmi; quando
comincerò a sentire gli uccellini cantare, il
profumo dei fiori nell'aria e dovrò
ripiegare il piumino nell'armadio allora sarà
il momento di tremare sul serio. Mica come
si trema adesso. In confronto questo
freddo siberiano è l'afa del Sahara!
Mamma mia la mummia!
di Federica Brunelli
Di solito nei film c’è quel tizio.. com’è che si chiama? Ah, sì Brendan Fraser. Prima le fa resuscitare
per prendere a colpi di pistola per ucciderle, come se almeno tremila anni sottoterra non avessero
fatto abbastanza a quei mucchietti di ossa bendate che corrono e scappano. Sono vecchi, sono
polverosi e sono circondati da ricchezze oltre misura. No, non sono quei politici ammuffiti che
dormono in parlamento, ma le mummie segregate nelle piramidi d’Egitto. Un’enorme distesa di
sabbia soffoca le grida di coloro che riposano in sarcofagi, pronti a spaventare ogni curioso e/o
ricercatore che prova a svelare i misteri dell’umanità. Ricoperti da bende, in molte
rappresentazioni, si muovono lentamente, a tratti e tu quando li vedi che fai? Scappi. Eppure loro
ti raggiungono, sempre.Se poi vieni a scoprire che pure le mummie si ammalano ci rimani anche
piuttosto male. Infatti, nel 1976, si scoprì che la mummia del grande Ramsesse II era malata, e un
fungo la stava distruggendo lentamente. Stati attenti a ciò che dite, alle parole che pronunciate in
modo strano: il grande libro dei vivi potrebbe esaudire un desiderio espresso a caso, e riportare in
vita chissà chi.La mummia più antica del mondo? Si chiama Otzi, è un giovincello di 5300 anni
perfettamente conservato, certo ha un po’ di rughe, ma a quei tempi non si poteva ancora
permettere il botulino. Certo che ora, con più fan su facebook di Belen e una schiera di seguaci su
siti come twitter, un ritocchino potrebbe anche concederselo. Inghilterra, Irlanda, Canada, loro
sono ovunque, non solo nella terra delle dune.Tranquillo, non mordono, non sono sicuramente
zombie. Certo che hanno funghi come il nostro amico di prima, meglio stare attenti a non farsi
divorare vivi.A questo punto il Rick della mummia avrebbe chiuso con uno sparo a effetto,
uccidendo il re Scorpione e facendo resuscitare sua moglie. Ok, non perdiamoci in chiacchiere.
The Titanic Titan
di Elena Santoni
Il naufragio della Costa Concordia, avvenuto la sera del 13
gennaio, è stato paragonato al naufragio del Titanic,
avvenuto la notte del 14 aprile 1912, per alcuni dettagli
comuni. L’inefficienza dell’equipaggio, del capitano, la
situazione disastrosa, le acque gelide, i soccorsi che
hanno ritardato. La storia del transatlantico sembra
ripetersi. La storia del transatlantico più famoso del
mondo, la cui tragedia non era mai stata immaginata da
nessuno, che nessuno riteneva possibile. O si? Nel 1898,
14 anni prima del naufragio che avrebbe sconvolto il
mondo, l’autore Morgan Robertson pubblicò un libro di
storie, il cui titolo era Futility. La prima di queste storie si concentra sull’affondamento di un
transatlantico, il più grande mai costruito. Il nome di questa nave era Titan. Nel libro di Robertson,
la nave affonda nell’oceano Atlantico, mentre stava percorrendo la tratta New York - Londra.
Curioso, il Titanic, nel suo viaggio inaugurale, stava percorrendo lo stesso tragitto, ma
all’incontrario. Il Titan, considerato inaffondabile e indistruttibile da tutti, colpisce un iceberg in
una fredda notte d’aprile. Esattamente come il Titanic. Ma le somiglianze tra il Titan e il Titanic non
finiscono qui. Entrambe le navi hanno lo stesso peso, una lunghezza sorprendentemente simile,
andavano alla stesa velocità ed avevano 3 eliche. Dopo lo scontro con l’iceberg, la nave affonda nel
giro di poche ore e i 2500 passeggeri (2200 nel Titanic) entrano nel panico. Data la mancanza di
scialuppe, in entrambi i casi la maggior parte dei passeggeri muore per ipotermia. Tranne per
qualche dettaglio, le due navi sono pressoché identiche, ed è sorprendente come un libro, scritto
ben prima della realizzazione del Titanic, ne abbia quasi predetto la tragedia.
BACHECA
CONOSCERE IL GRUPPO AMBIENTE – PUNTATA III
di Francesca Grazian e Camilla Traversari
Si sa, la benzina costa sempre di più!
Ci lamentiamo ogni giorno ma non possiamo farne a meno. È una questione che riguarda un po’
tutti e per questo vi forniamo alcuni consigli pratici che vi permetteranno di ridurre il consumo in
motorino, “salvaguardando” così le vostre tasche e l’ambiente.
1. Per ridurre il consumo di carburante è importante e molto utile mantenere un movimento costante e omogeneo durante la marcia, preferibilmente andando a velocità moderata.
Se terrete un’ andatura stabile sui 50 o anche 40 Km/h diminuirete il consumo.
2. Evitate le sgassate e le partenze troppo veloci ai semafori perché è ciò che vi fa consumare più
di ogni altra cosa!
3. Conoscendo la strada che state percorrendo, se incontrate un semaforo che dura parecchio, vi
conviene spegnere il motore mentre attendete. Questo accorgimento applicatelo solo se avete da
aspettare molto.
4. Infine per i ritardatari: partite da casa cinque o dieci minuti in anticipo per evitate di essere in ritardo, altrimenti sarete costretti a correre e non potrete applicare questi consigli!
Tratto da una storia mera
di Andrea Capecchi
La striscia
di Stefano Ciapini
Il Cruciverba
di Benedetta Benigni e Linda Fabbri
Orizzontali: 1. può essere in alto o in lungo 6. destino 10. si ritira per meditare 11. forte
rabbia 13. Codice Avviamento Postale 14. forma poetica per esprimere un concetto negando l’opposto 16. iniziali di Garcia, famoso attore 18. pianta importata dall’America del
Sud nel 1600 19. Plinio, senza la prima 21.”fare” per i tedeschi 23. nome di Bismarck 24. può
essere verde o nera 26.unica provincia di una regione italiana 28. Arezzo 29.iniziali dello
scrittore de “la ragazza di Bube” 30. Unione Europea 31. Dio greco della guerra 32. titolo di
una
canzone
di
Ricky
Martin
33.
“American….”
Talent
show.
Verticali: 1. 100 anni 2.l’altare dei latinisti 3.ultima battaglia in stile antico 4. iniziali dello
scrittore di “utopia” 5. Organizzazione Internazionale del Lavoro 6. incantato 8.sfidarono
gli Dei 9.marca di biscotto americano 11.movimento involontario 15. tipologia di testimoni
17. figlio di Benigni in “la vita è bella” 20. Penelope vi aspettò per 20 anni 22. Caffè 25.
Il Sudoku-Puzzle
di Matteo Sabato
Sintomi
Ci scusiamo per il ritardo con cui ricevete questo numero,ma la
neve e il freddo hanno congelato il processo di stampa e
distribuzione! Vi arriverà presto Sintomi di Febbraio, in cui
troverete il programma intero dell'Agorà e tanti nuovi articoli.
Qui sotto chi ha contribuito a questo "Gennaio inoltrato".
Sofia Pecchioli 3Fs
Andrea Capecchi 4Gs
Angelo Mei 3Es
Martina Zini 2Is
Federica Brunelli 2Is
Stefano Ciapini 2Is
Valentina Saccomando 1Ds
Silvia Mazzei 2Ds
Fabrizio Taricone 2As
Cosimo Carmagnini 3Bl
Matteo Sabato 5Fs
Immacolata Ranucci 3Fs
Eleonora Collini 3Es
Silvia Lepore 2Ds
Benedetta Benigni 5Cl
Linda Fabbri 5Cl
Elena Santoni
Francesca Grazian
Camilla Traversari
Ilaria Martini