Sintomi 19 - N. Copernico
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Sintomi 19 - N. Copernico
Sintomi numero 19 - Gennaio inoltrato 2012 Attualità: - Video Shock - Cacia ai killer di padre e figlia cinesi - Una vera e propria emergenza sociale - Un italiano alla casa bianca Le Rubriche: - Macchie d'inchiostro - Ipse quod dicit - Nel mezzo del cammin di V liceo - Libro del mese E ancora...: - Mamma mia la mummia! - Tratto da una storia mera - Conoscere il gruppo ambiente ... e molto altro ancora. Indice: L'EDITORIALE Pag.3 Il bisogno di ricordare di Silvia Squarciotta CRONACA E ATTUALITA' Pag.4 Video shock di Immacolata Ranucci Pag.5 Caccia ai killer di padre e figlia cinesi di Ilaria Martini Pag.6 Una vera e propria emergenza sociale di Silvia Mazzei Pag.7 Un italiano alla casa bianca di Eleonora Collini Pag.8 Animali e pellicce di Silvia Lepore Pag.8 Perdente non è chi arriva ultimo a una gara, ma chi si siede e sta a guardare di Sofia Pecchioli CURIOSITA' Pag.9 I riti propiziatori per il 2012 di Silvia Mazzei RUBRICHE -FILOSOFIA Pag.10 Macchie d'inchiostro di Cosimo Carmagnini Pag.11 Ipse quod dicit di Angelo Mei -LIBRO DEL MESE Pag.11 I racconti del terrore di Valentina Saccomando -SPORT Pag.12 Sfide europee di Fabrizio Taricone LE ULTIME Pag.12 Una sfida persa di Martina Zini Pag.13 Nel mezzo del cammino di V liceo di Chiara Cipriani Pag.14 Mamma mia la mummia! di Federica Brunelli Pag.14 The Titanic Titan di Elena Santoni BACHECA Pag.15 Conoscere il gruppo ambiente - puntata III di Francesca Grazian e Camilla Traversari (Vignetta di Andrea Capecchi) SATIRA Pag.16 Tratto da una storia mera di Andrea Capecchi Pag.16 La striscia di Stefano Ciapini L'ULTIMA Pag.17 Cruciverba di Benedetta Benigni e Linda Fabbri Pag.17 Sudoku di Matteo Sabato Il bisogno di ricordare Gennaio inoltrato. Così ho intitolato questo numero di mai stampato in ritardo queste copie che avremmo dovuto italiano non basta. Studiare a casa quelle dieci pagine sul Sintomi perché, causa neve e causa sindaco, abbiamo distribuirvi la settimana scorsa. Avevo già preparato l’editoriale. Ho pensato però di riscriverlo, perché qualcosa intanto è cambiato. Potrei raccomandarvi la partecipazione all’agorà, organizzata da noi del Comitato studentesco, ma ormai siamo in anticipo, essendo stata rimandata. Potrei scrivere dei danni enormi provocati dall’inadeguatezza e dall’insufficienza di risorse per fronteggiare la neve, ma i giornali ormai non parlano d’altro. Potrei raccontarvi la vita di Scalfaro, ma gli renderemo giustizia con un ampio articolo il mese prossimo. D’altra parte pare troppo scontato discutere sulle colpe saputa evitare, di Schettino, troppo prevedibile dire bene o male del Governo, della crisi e di chi non l’ha impossibile raccontarvi la premiazione di Sintomi, uno dei giornali vincitori del concorso nazionale di giornalismo di Modena, perché, di nuovo causa neve, hanno rimandato anche questa. Non resta che lasciare intatto il resto dell’editoriale già redatto, avendo deciso di scrivere su ciò che, ognuno di noi, ha il compito di ricordare degnamente, per tutta la vita: la shoah. Ogni anno, verso la fine di Gennaio, in televisione propongono i film più significativi a riguardo, vengono mandati in onda documentari e programmi d’approfondimento sull’intero periodo storico, analizzato sia dalla parte dei vincitori, che da quella dei perdenti, sia dal punto di vista dei potenti di turno, che dalla parte di chi ha sofferto e subìto inaudite crudeltà e ingiustizie, inflitte da persone a cui è impossibile attribuire aggettivi-ne sto cercando ma non li trovo- senza privarle di dignità; una dignità perduta per sempre al momento della loro prima offesa corporale o verbale, fatta a chi consideravano “altro” da loro. Quanti film, quanti gli spettacoli teatrali, i libri, gli articoli di giornale sul dovere di ricordare. Persino su Sintomi non è la prima volta che compare un articolo su questo tema: l’anno scorso, al ritorno dalla visita ad Auschwitz, due studenti hanno raccontato la loro esperienza, condiviso le emozioni e le sensazioni provate a percorrere quei luoghi, in cui “gelidi e silenziosi fiocchi di neve scendevano sulle nostre teste, quasi per conservare intatti quei luoghi e i nostri pensieri e per stampare nella nostra memoria quelle immagini, testimoni dell’immane strage”, con parole come queste, tanto forti da far rabbrividire. Perché, quindi, parlarne ancora? Perché dire sempre le stesse cose ogni anno, ripetere gli stessi discorsi ogni volta che finisce il capitolo sull’ascesa di Mussolini e inizia quello su Hitler e il nazismo? Lo abbiamo studiato due, tre volte questo pezzo di storia, sappiamo come è andata e speriamo non accada più. No, non è abbastanza. Parlarne durante l’ora di storia o libro non vuol dire capire e imprimere nella nostra coscienza il giusto atteggiamento da adottare ogni giorno, nei confronti degli altri. Non è sufficiente osservare il classico minuto di silenzio a scuola, se c’è chi spera capiti durante un’ora insopportabile, solo per avere un minuto di tregua. Non è questo il senso di quel silenzio. Durante quel minuto sono miliardi le immagini che devono scorrere davanti agli occhi chiusi, dal marocchino sbarcato a Lampedusa al bambino africano malnutrito, dalla donna cinese incinta al pakistano che vende kebab, dal rumeno vicino di casa al senegalese con le buste piene di fazzoletti, sperando che ognuno di loro non subisca le stesse ingiustizie, le stesse discriminazioni e violenze a cui sono stati sottoposti gli ebrei meno di un secolo fa. Quel minuto vale quanto un film come “Il pigiama a righe” se osservato con attenzione. No, non è sufficiente guardare un documentario, leggere un libro, magari commuovendosi, se non facciamo nostro ciò che la storia e il passato insegnano, per migliorare non il futuro, ma il presente, la realtà in cui siamo immersi. L’errore di chi sta zitto, a testa bassa, in quei sessanta secondi di silenzio e poi grida insulti a chi ritiene inferiore perché diverso, sta tutto nel separare la strage dei campi di sterminio dalle violenze, come minimo verbali, a cui donne e uomini troppo spesso sono costretti, se dei perfetti sconosciuti si ritengono superiori a loro, solo perché “italiani”. L’enorme, imperdonabile, sbaglio sta nel non capire che l’ebreo di meno di un secolo fa, oggi è il marocchino, il cinese, il senegalese, l’albanese, il rumeno, il pakistano, l’indiano che troviamo vicino a noi sull’autobus, alle poste, in farmacia, al supermercato, per strada. Non è così che funziona, questa è ipocrisia, ignoranza, superficialità, chiusura mentale semplicemente inaccettabili nel 2012. Possibile che tante, troppe, persone non abbiano ancora compreso che la strada migliore per ricordare degnamente la shoah e fare in modo che davvero, in nessuna parte del mondo, accada più una simile strage, sia sentire l’altro uguale a noi, apprezzando e condividendo ciò che lo rende diverso da noi: la cultura, il paese da cui proviene, la vita vissuta. Silvia Squarciotta Video Shock di Immacolata Ranucci Tre corpi, tre uomini stesi, morti. Portano abiti sporchi e sgualciti, vissuti. L’uomo al centro ha il petto macchiato da molto sangue. La tristezza diventa disgusto. Quattro uomini si dispongono intorno ai cadaveri. Sono alti, muscolosi, portano occhiali scuri e tute mimetiche, due di loro indossano anche gli elmetti. Guardo la scena attraverso la telecamera di una quinta presenza. Gli altri quattro iniziano a pisciare, dritto sopra le teste dei tre uomini morti. Pisciano il contenuto della loro vescica e quel poco di dignità che resta nelle loro squallide membra. Ridono, sembrano divertiti. Uno di loro augura colui cui ha appena urinato in faccia una buona giornata, lo chiama amico. Trentanove secondi di indefinibile vergogna, di qualcosa tra l’incredulo e il rivoltante, tra il disgusto e lo sconforto. C’è chi dice che in guerra e in amore tutto è lecito, ma questo va oltre. Al di là della guerra e dei conflitti, dietro le armi e gli scontri, sotto le armature siamo esseri umani. Eppure non scorgo nulla di umano in quel gesto. Qualcuno già teme un nuovo scandalo, altri si preoccupano per in rapporti futuri con l’Afghanistan, tutti accusano e minacciano mentre l’NCIS (Naval Criminal Investigative Service) indaga sul video comparso su YouTube il 12 gennaio. Non è ancora chiaro chi sia quella presenza che muoveva la telecamera per meglio inquadrare il volto dei mediorientali, né chi abbia pubblicato le immagini, ma sembra autentico. La sera stessa erano già stati identificati due dei responsabili. Appartengono al terzo battaglione della seconda divisione di stanza a Camp Lejeune, tornato in Nord Carolina dall’Afghanistan lo scorso autunno. John Kirby, portavoce del Pentagono, dichiara di essere rimasto sconvolto: “Di chiunque si tratti e qualunque siano le circostanze è un comportamento inaccettabile da parte di un membro militare”. In una lettera inviata a Leon Panetta, ministro della Difesa, dal concilio per le relazioni islamico-americane (Cair) si legge: “Condanniamo questa apparente profanazione dei morti. È una violazione del regolamento militare della nostra nazione e delle leggi internazionali di guerra che vietano tali azioni disgustose e immorali”. Dall’altra parte il commento del presidente afghano Hamid Karzai: “Il governo dell’Afghanistan è scioccato dal filmato in cui i soldati americani dissacrano i corpi dei nostri connazionali. Si tratta di un atto disumano e condannabile nel modo più grave possibile. Chiediamo agli Stati Uniti di procedere con le indagini e di applicare una pena severissima ai responsabili di questo crimine”. Inquietante la rivelazione di Zabihullah Mujahed, uno dei portavoce dei talebani: “Negli ultimi dieci anni ci sono stati centinaia di casi simili, che però non sono stati rivelati” e continua, quasi rassicurante: “il video non comprometterà i colloqui e lo scambio dei prigionieri in quanto siamo ancora alla fase preliminare”. Ed infine il tenente colonnello Stewart Upton, portavoce del corpo dei marines, che annuncia: “Le accuse lanciate ai marines circa un comportamento scorretto nei riguardi di insorti talebani morti sono molto gravi e, se saranno dimostrate, rappresentano un fallimento nel rispetto degli alti standard richiesti al personale militare americano”. Parole cariche di una certa aria di difesa: le accuse lanciate come se non vi fosse nessun video a dimostrarle, il comportamento definito semplicemente scorretto al pari di quello di un bambino che ruba le caramelle al compagno, le vittime catalogate, senza prove certe, come insorti talebani. Ciò che preoccupa il colonnello è il fallimento, non cosa lo ha provocato. Velate giustificazioni dell’ingiustificabile. Erano uomini, forse colpevoli forse no. Ora sono cadaveri profanati. Ho sempre creduto che nella morte ci sia una sorta di dignità inviolabile, una compostezza solenne e infrangibile… quella saggezza imprigionata negli occhi vuoti. In meno di un minuto hanno distrutto completamente tutto questo. Sono rimasti tre corpi dissacrati. Rispettare il tuo nemico ti renderà un uomo migliore. Molte volte ho sentito frasi simili. Dov’è finito il codice cavalleresco? Dove sono i vincitori che porgono la mano agli sconfitti per aiutarli a rialzarsi? Dov’è l’uomo che non attacca il nemico disarmato? Dov’è l’uomo? Caccia ai killer di padre e figlia cinesi: una faccenda sempre più ingarbugliata di Ilaria Martini Direi un inizio assai poco promettente del 2012: inauguriamo l’anno con l’immagine di una Roma sotto shock per via del terribile atto di delinquenza che ha stravolto una tranquilla famiglia cinese e causatone la morte di due componenti. Ciò accade il 4 gennaio, quando la famiglia, composta da due coniugi e una bambina, rientra a casa a piedi, poco prima delle 22, dopo aver chiuso il locale. Mentre la donna, Zheng Liyan, sta per aprire il portone del palazzo in via Giovannoli, si presentano i rapinatori, dai quali sono stati precedentemente pedinati. "T'ammazziamo come un cane", dicono i malviventi alla donna, nel tentativo di scipparle la borsa, pretendendo da lei i soldi dell'incasso dell'attività commerciale. Lei tenta di resistere e il marito, Zhou Zheng, prova a difenderla. I tentativi di difesa del padre, che ha in braccio la piccola di nove mesi, si mostrano vani e, prima, i delinquenti feriscono lievemente la donna al braccio con un taglierino, poi, sparano due o tre colpi, che raggiungono l’uomo all’addome e la piccola alla fronte. Il padre muore sul colpo e la piccola poco dopo, durante il trasporto in ospedale. Liyan, invece, viene ricoverata all’ospedale di San Giovanni e, fortunatamente, non è in pericolo di vita. I delinquenti, una volta sparato, prendono la borsa che teneva la donna e fuggono a bordo di un motorino. Presi, poi, dal panico, abbandonano il motorino, i caschi e le due borse, di cui una vuota e l’altra contenente sedicimila euro, in un casolare a due chilometri dal luogo del delitto. E’ possibile che sia stata la presenza di macchie di sangue su alcune banconote ad aver indotto i rapinatori a rinunciare al bottino oppure la paura di ritorsioni della mafia cinese. Gli investigatori non hanno dubbi sul fatto che l’attività di Money Transfer sia il nodo principale su cui punta la criminalità organizzata cinese. Per questo ci saranno varie indagini sul passato della vittima e sulle macchine di grossa cilindrata che aveva. I killer pare che siano due maghrebini: il primo, Mohammed Nasiri, è un trentenne con precedenti per rapina, furto e ricettazione, mentre il secondo ha venti anni ed è incensurato. Costoro sono stati traditi dalla fretta e dalla paura, infatti, hanno lasciato tracce ovunque: il dna isolato dalla borsa della rapina, le impronte lasciate sui caschi e il video di una banca che li ha ripresi durante la loro fuga in motorino. Queste tracce hanno permesso ai carabinieri di ricostruire il loro identikit. Per ora sugli assassini sappiamo che uno probabilmente è fuggito all’estero, mentre l’altro è stato ritrovato impiccato nella zona di Boccea, alla periferia di Roma. Quel telefono cellulare, ritrovato vicino al cadavere, potrebbe offrire agli inquirenti una pista da seguire e, forse, potremmo finalmente arrivare a una svolta decisiva. La trama, però, non è ancora del tutto chiara. Pare che prima l'uomo abbia ingerito il veleno per topi e che, in seguito, si sia impiccato, ma ne sapremo di più dopo l’autopsia. Molti residenti di Torpignattara sono sicuri che sia stata la mafia cinese a uccidere il marocchino, però la comunità cinese ritratta: «Siamo sgomenti. Non abbiamo mai desiderato la sua morte, noi non siamo animali». Chissà come andrà a finire e se sapremo mai tutti i segreti che nasconde questa storia a dir poco ingarbugliata. Una vera e propria emergenza sociale di Silvia mazzei Volevo scrivere un articolo che portasse un po' di allegria, ma cercando tra le notizie mi è saltata agli occhi solo una lista troppo lunga di nomi, di persone che a causa della crisi, questa crisi ormai troppo famosa e sempre più presente, hanno deciso di darci un taglio. Ormai di tagli si sente parlare fin troppo spesso, ma stavolta non si tratta di tagli agli stipendi o alle spese, ma di vite recise. Non c'entrano nemmeno le Parche e il Fato, ma solo l'impotenza di fronte ad un "futuro senza futuro". La cronaca riporta altre due morti silenziose, segno di quella povertà che toglie tutto, anche la vita. La disperazione ha avuto la meglio anche sulla speranza e Salvatore e Antonia, due coniugi di Bari, hanno deciso di farla finita. Salvatore, denunciando pubblicamente la sua situazione, scriveva qualche anno fa "...Vivere senza un lavoro, specie se si è in età avanzata ma ancora produttiva è peggio di una diagnosi di cancro: mentre questa ti conserva la dignità e gli affetti, la condizione di disoccupato, oltre a spingerti a rinunciare alla vita, ti fa perdere la dignità, gli affetti e gli amici. Da malato ti sono tutti attorno, premurosi e generosi, da disoccupato tutti ti evitano, giudicandoti un incapace degno soltanto del minimo vitale”. Una specie di testamento spirituale che fa riflettere su quanto la crisi economica può influire sulla vita delle persone. All'inizio del nuovo anno un agricoltore marchigiano, un imprenditore siciliano e un pensionato pugliese si sono suicidati. I primi due erano terrorizzati dalla recessione e dai debiti mentre il terzo era in debito con l'INPS di circa cinquemila euro e viveva con una pensione mensile di settecento. Storie diverse, ma con lo stesso drammatico epilogo. La causa è identica: la disperazione per un futuro incerto, l'impossibilità di garantire il mantenimento della propria famiglia, la perdita di identità dovuta alla mancanza di lavoro, pensionati che non riescono ad arrivare a fine mese. Ci sono stati diversi casi di imprenditori che si sono tolti la vita perché i debitori, compresi lo Stato e gli enti locali, non pagano, perché le banche non fanno più credito e chiedono di rientrare degli scoperti, o peggio ancora perché arrivano ingiunzioni di pagamento da Equitalia, l’agenzia di riscossione delle tasse. Una ricerca dell'Eures, istituto di ricerche economiche e sociali, relativa al 2009, delinea un aumento dei suicidi legati alla crisi economica. Si tratta di un fenomeno aumentato a dismisura nel corso degli ultimi 30 anni e che, nel 2009, ha raggiunto il record: 357 morti, uno al giorno. Il dato più allarmante è che lo studio riguarda il 2009, quando la crisi economica non aveva ancora raggiunto i livelli attuali. Nel Veneto è stato appena aperto il primo "centro di ascolto" per aiutare psicologicamente gli artigiani ed i piccoli industriali strangolati dalla recessione, ma è ancora troppo poco. La mancanza del lavoro è un problema che lede la dignità dell'uomo e, vista la macabra cronologia di morti che sta segnando esponenzialmente anche il 2012, rappresenta una vera e propria emergenza sociale. Solo per riflettere, cito tre articoli della nostra Costituzione: Art. 1 L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione. Art. 3 Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese. Art. 4 La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società. Un italiano alla casa bianca di Eleonoro Collini Per quelli di voi che non lo sapessero il prossimo novembre negli USA si terranno le elezioni presidenziali che vedranno il presidente Obama (per la seconda volta candidato per il partito democratico) scontrarsi con il candidato del partito repubblicano. Ma chi sarà questo avversario? Per scoprirlo dovremo aspettare il, giorno in cui si concluderanno le primarie di partito e in cui verrà rivelato il nome del candidato scelto. A questo punto molti di voi si staranno chiedendo perché vi stia parlando di tutto questo e in un’altra situazione anche io mi sarei stupita di trovare un articolo del genere su un giornalino scolastico, ma c’è un motivo se ho scelto questo argomento. Negli ultimi giorni, guardando la TV e leggendo i giornali ho notato qualcosa che mi ha davvero lasciata senza parole. Rick Santorum, questo è il nome che mi ha tanto colpito. Santorum è uno dei candidati del partito repubblicano ed è di origini italiane. Fino a qui niente di particolare; è solo un cattolico italoamericano come ce ne sono tanti negli USA, che però ha avuto l’ardire di citare Mussolini durante un suo discorso in Iowa. Molti di voi potrebbero non trovarci niente di strano, ma i più informati sapranno che non è poi così usuale parlare di un personaggio del genere durante un dibattito come quello in questione, soprattutto se si arriva a paragonare Mussolini ad Obama. Proprio così, Santorum ha detto “Mio nonno lasciò l’Italia per sfuggire al regime di Mussolini. Aveva capito che il fascismo gli avrebbe schiacciato lo spirito e la libertà e gli avrebbe dato meno di quello che voleva per i suoi figli. Negli ultimi due anni il nostro paese si è trasformato nel tipo di Paese che mio padre lasciò negli anni ’20. Io non voglio che questo accada”. Obama come Mussolini. Personalmente non riesco a pensare a due persone più diverse e nemmeno sforzandomi riesco a trovare qualcosa in comune tra di loro. Le sue parole mi fanno pensare che Santorum non conosca davvero la storia del nostro paese, quel paese che dice di amare tanto. Egli ha infatti ribadito più volte di essere molto orgoglioso delle sue origini e ha sottolineato più volte il suo legame con l’Italia. Come cittadina italiana preferirei che non insistesse così tanto su questo aspetto; attualmente il nostro paese non è proprio ben visto dal resto del mondo e non abbiamo bisogno di una persona come Santorum che peggiori ulteriormente la nostra immagine. Questo però non è tutto: secondo il candidato repubblicano “i gay sono come i pedofili”, “i programmi scolastici prediligono l’Evoluzionismo al Creazionismo”, “è necessario bombardare i siti nucleari iraniani”, “il riscaldamento globale è una bufala”, “l’America è un paese che tende a dare troppo spazio alle libertà individuali”, “gli omosessuali, insieme ai peccatori e a coloro che non seguono la Bibbia, sono il male da estirpare dal cuore dell’America”. Santorum ha inoltre affermato di voler essere favorevole a introdurre nella Costituzione un emendamento che impedisca i matrimoni omosessuali e di essere contrario all’interruzione di una gravidanza anche in caso di stupro o incesto. Queste sono affermazioni che fanno accapponare la pelle. Santorum potrà anche accusare l’attuale presidente di una recessione del paese, ma i suoi discorsi sono gli stessi che si facevano 50 anni fa. Animali e pellicce di Silvia Lepore Una notizia che mi ha fatto riflettere e che è stata trasmessa al telegiornale qualche tempo fa, metteva in evidenza l’uccisione da parte dei bracconieri di molti animali ricercati per le loro pellicce pregiate e tanto richieste dal mondo della moda. La loro è una morte, tra le più brutali ed atroci: bastonati, presi con delle tagliole, strangolati, annegati; e tutto solo perché la loro pelliccia non deve avere difetti o macchie. Poveri animali, che soffrono, solo per poi essere sfoggiati come cappotti, accessori, quali borse e portachiavi! La loro morte, dovrebbe far riflettere, su quanto a volte, l’uomo può essere spregevole contro la natura; è vero che i bracconieri vengono pagati, ma veder uccidere con ferocia solo per produrre poi un oggetto effimero e di poca importanza, mette in evidenza la superbia del genere umano che pensa di essere il “padrone indiscusso” del mondo, quando, invece, ne è solo una minuscola parte, che dovrebbe collaborare con le altre, non distruggendo, ma promuovendo idee che salvaguardino tutto ciò che vive nel suo stesso pianeta. Perdente non è chi arriva ultimo a una gara, ma chi si siede e sta a guardare. di Sofia Pecchioli Oscar Pistorius, di lui sapevo solo che è un campione di corsa, non conoscevo tutta la sua storia, ma l’ho visto diventare per una notte ballerino, nello show “ballando con le stelle”, prima di ballare ha raccontato senza troppi giri di parole ciò che gli era accaduto in passato. Nato a Pretoria nel 1986, ad undici mesi a causa di una grave malformazione gli hanno amputato gli arti inferiori, negli anni del liceo praticò la pallanuoto e il rugby, poi un nuovo infortunio lo portò all’atletica leggera, all’inizio per la riabilitazione e poi per scelta. Nel 2004 diventò campione olimpico sui 200 metri piani, questa fu la sua prima vittoria, l’anno successivo il suo desiderio era di partecipare alle olimpiadi dei normodotati ma la IAAF gli si oppose dicendo che le sue protesi lo facevano correre più velocemente degli altri atleti, più tardi nel 2008 fu riabilitato a gareggiare e vinse i 100, i 200 e i 400 metri piani. Venne così soprannominato “the fastest thing on no legs”. Riuscì a correre grazie a particolari protesi in fibra di carbonio. È stato il primo atleta amputato a vincere una medaglia in una competizione, ottenendo l’argento nei mondiali di Daegu ( città della Corea del sud ). Nella prima puntata di “ballando con le stelle” ha ottenuto il massimo punteggio, ma cosa più importante si è aggiudicato l’ammirazione dei giudici. Lui è riuscito ad affrontare tutto questo, grazie alla sua volontà e alla sua determinazione ma anche grazie all’aiuto della sua famiglia, soprattutto di sua madre, che lo ha sempre incoraggiato e non gli ha mai fatto pesare il suo problema. Infatti gli diceva: “Se tuo fratello la mattina si mette le scarpe, tu dovrai metterti le gambe”. Oscar poteva fare il musicista, il pittore o l’architetto, poteva considerarsi fortunato a camminare con delle avanzatissime protesi, ma a lui non bastava. Voleva correre. Correndo non a livello amatoriale, ma agonistico. Così corre, si allena, soffre e infine diventa campione. Il suo sorriso è un sorriso che colpisce tutti, un sorriso di chi apprezza le cose della vita, di chi ha colto l’importanza della vita, di chi ha saputo affrontare un ostacolo. La frase che da il titolo al mio articolo è stata detta da sua madre e ci fa capire quanto questa donna ha sostenuto suo figlio, lo ha incoraggiato, lo ha amato, gli è stata vicina e lo ha confortato nel momento del bisogno. Lui, un grande atleta con una grandissima forza di volontà, ma anche con una grandissima famiglia I riti propiziatori... per il 2012 di Silvia Mazzei Ebbene sì, ancora nel ventunesimo secolo esistono i cosiddetti riti propiziatori. Non dobbiamo cercarli lontano, basta pensare al 31 dicembre di ogni anno. Anche i più scettici e razionali si lasciano sedurre da credenze e tradizioni per salutare l’anno vecchio che se ne va e per festeggiare i dodici nuovi mesi che arrivano; tanti piccoli gesti e riti scaramantici per "attirare" speranza, fortuna, abbondanza, amore, serenità… Anno nuovo, vita nuova. La mezzanotte segna un momento di passaggio, la fine di qualcosa e l’inizio di un nuovo percorso da fare. Tutti i simboli e le usanze di Capodanno hanno radici storiche molto antiche e radicate. E’ risaputo che mangiare le lenticchie al cenone del 31 dicembre "porta soldi" perché in epoca romana la lenticchia simboleggiava l'abbondanza e la ricchezza. Per eliminare il male accumulato nel corso dell’anno, sia fisico sia morale, vi è un’altra usanza molto caratteristica: lanciare i cocci a mezzanotte, diffusa ancora a Roma e a Napoli. Gettare le cose vecchie è invece un segno di cambiamento e un augurio per il nuovo anno. Uva e melograni fanno poi da padroni nei cenoni. Il melograno simboleggia la fedeltà coniugale e mangiarne è di buon auspicio. La leggenda narra che Proserpina, dopo aver mangiato il frutto abbia passato il resto della vita nell'Ade, insieme a Plutone suo sposo. Vuole la tradizione che scambiarsi un bacio sotto un ramoscello di vischio porti fortuna e amore. Il vischio era sacro per i popoli antichi in quanto pianta che dona prolificità materiale e spirituale. Diffusissima è l'abitudine di indossare qualcosa di rosso a Capodanno: l’usanza arriva dagli antichi romani, che lo indossavano come simbolo di sangue e guerra per allontanare la paura. Si usa inoltre fare attenzione alla prima persona che si incontra per strada allo scoccare della mezzanotte. È di buon augurio incontrare un vecchio o un gobbo, mentre se si incontrerà un bambino o un prete si avrà disgrazia. Un'altra diffusa credenza è quella delle "calende", per la quale si ritiene che dal tempo che farà nei primi dodici giorni dell’anno si possa prevedere quello che farà nei successivi 12 mesi. E i botti? Esprimono la volontà di allontanare gli spiriti maligni che nel momento di passaggio dal vecchio al nuovo anno si scatenano. Oggi sono un momento di entusiasmo ed allegria per rendere speciale la notte del 31 dicembre. Nel tempo però si sono trasformati spesso in momenti di pericolo al punto tale da essere vietati. Proprio per la fine del 2011, molti sindaci di alcune grandi città italiane hanno vietato fuochi d’artificio e ogni altro strumento utile a provocare eccessivo rumore, dannoso per uomini e animali. Tuttavia, nonostante i divieti e le multe salatissime, è stato pesante il bilancio della notte di Capodanno in Italia. Il resoconto finale della Polizia parla di due morti e 561 feriti. Durante quei dieci secondi che precedono il brindisi di mezzanotte, speriamo tutti in qualcosa di nuovo e migliore e ogni piccolo gesto, anche banale, può essere utile per alimentare le speranze. I desideri sono tanti, specialmente dopo quest'anno appena concluso, segnato dalla crisi e da tanti problemi più o meno grandi. Non mi resta che augurarvi di realizzare tutte le vostre aspettative, qualsiasi cosa voi desideriate per il neonato 2012, che sia la salute, qualche soldo in più, l'amore, il recupero dei debiti scolastici, o di perdere qualche chiletto di troppo, questa volta senza amuleti o scongiuri, solo con un po' d'ottimismo che non guasta mai. Macchie d'inchiostro di Cosimo Carmagnini Il Mondo è uno, gli esseri che lo popolano sono miliardi. Tuttavia, è possibile trovare una sorta di unità in questa enorme varietà di specie e, all’interno di essa, di individui. Prendiamo come esempio la razza umana: su 7 miliardi che siamo diventati, le possibilità che esistano due individui identici nell’aspetto e nel carattere sono una su 7 miliardi. Ma la possibilità che esistano due individui che sorridano è una certezza. Anzi, è un paradosso: questo perché TUTTI sorridono. Sorridere è la smorfia per antonomasia: sorridiamo per gioia, per divertimento, a volte per imbarazzo, per emozione, per un complimento, per ironia. Un solo sorriso è in grado di illuminare la giornata di chi ci sta attorno e, fattore più importante, di noi stessi. Per quanto io stesso ami sorridere e ne goda spesso degli effetti, sono costretto a rivalutare questo gesto. Il sorriso è diventato la cosa forse più comune che si possa immaginare, persino più dello scuotere la mano in segno di saluto. E’ qualcosa di automatico, che sta perdendo sempre più il suo vero significato. Non vale invece lo stesso discorso per il suo esatto opposto, il pianto.Personalmente, amo dividere il mondo in gruppi: non consideratemi un classista, ma piuttosto una persona che cerca di capire cosa, ma soprattutto chi, si ritrova attorno. Nel caso in questione, la giusta divisione da approntare è: persone che piangono spesso e persone che non riescono a versare una lacrima neanche in occasione di una perdita. Ritengo infatti che si capisca molto di una persona da quanto frequentemente piange. E non parlo di una semplice interpretazione, del tipo “se piange spesso significa che è una persona fragile”, ma di una più complessa analisi interiore. Le persone che piangono spesso sono persone realiste: non nella cattiva accezione del termine, ovvero pessimiste, ma piuttosto persone che percepiscono le cose con minore difficoltà, rallegrandosene o rattristandosene. Questo genere di persona tende a rendersi conto dell’importanza di tutte le cose, anche dei più infimi particolari; ma, cosa ancora più importante, si rende conto dell’importanza del pianto. E agisce di conseguenza. Passiamo adesso all’altro gruppo, quello forse più criptico. Piangere, nel gesto in sé, è un buttar fuori qualcosa. Solitamente, è qualcosa che fa male, che brucia, o, nella maggior parte dei casi, è qualcosa che non serve più e che solo piangendo è possibile superare. Le persone che non piangono mai sono quindi le più fragili, e di conseguenza anche le più instabili: tutto il dolore che hanno provato, tutte le brutte esperienze che hanno vissuto, tutte le delusioni a cui sono andate in contro sono ancora lì, e non tolgono magicamente il disturbo per causa efficiente. Tutto quello che fanno è crescere. E crescere. E crescere.L’unica via verso la “salvezza” è distruggere questa specie di “buco nero” che cresce e risucchia ogni fonte di propria felicità e, se abbastanza grande, anche altrui. E come fare?Semplicemente espellendo qualche goccia di acqua salata, verrebbe da dire di primo acchito. Per nostra sfortuna, piangere non è qualcosa che possiamo controllare. Anche diventando attori professionisti in grado di piangere a comando, non raggiungeremmo alcun risultato, perché il buco nero sarebbe ancora lì. Sempre intatto. Sempre distruttivo.La soluzione è lasciarsi andare. Distruggere le barriere che spesso costruiamo attorno ai nostri sentimenti e abbracciare ogni nostra emozione, ogni nostra sensazione. E piangere. Charlie Chaplin diceva “Smile: what’s the use of crying?”. Per quanto lo stimi col più profondo rispetto, sono costretto a dire che non sono d’accordo. Ipse quod dicit di Angelo Mei “Vorrei piangere, ma ho dimenticato come si fa. Vorrei ridere, ma ho dimenticato come si fa. Vorrei vivere, ma non so più come si fa.” <Pronto signor Rossi, è l’ospedale: sua madre è appena deceduta.> Ciao mamma, non sono mai stato un asso con le parole, però ormai ciò che mi rimane di te non sono che quelle: vuote parole che fanno nascere in me ricordi vaghi e torbidi, destinati all’oblio, come io ti ho destinata all’oblio giorno dopo giorno, in questi anni d’indifferenza.Oggi ti ho seppellita, “finalmente hai trovato il tempo per me”, mi avresti detto, ma non me lo sentirò più dire: non l’ho sentito per tanto, ora riecheggia nella mia mente assordante come una valanga.Sai, sono qui a scriverti questa lettera e vedo i tuoi nipotini che giocano fuori, ricordi quanto ero felice da piccolo? Desideravo fare il pompiere e tu sorridevi, dicendomi che nessun pompiere sarebbe mai riuscito a spegnere il tuo amore per me. Quanto sarebbe bello tornare a quei giorni, io ero così allegro da piccolo, non la smettevo di ridere neanche quando andavo dal dentista o a fare il vaccino, ricordi vero, mammina?Vorrei ridere, ma ho dimenticato come si fa.Sfioro i quaranta anni e mi sono sempre reputato una persona di “successo”, “inquadrato nella società”, ma adesso, mi chiedo, cos’è il successo? Quando il mondo mi ha inglobato e reso una pedina in una scacchiera fatta di niente?!Questa umanità mi ha reso così poco umano, che tu non mi avresti neanche riconosciuto, mi avresti chiesto “Che ne hai fatto del mio bambino?”Vorrei piangere, ma ho dimenticato come si fa: fino a dieci anni mi coccolavi quando piangevo, poi hai cominciato a dirmi che “i lacrimoni vanno fatti uscire dalla bocca, devono diventare parole, in faccia a chi li ha provocati”: mi hai insegnato a farmi rispettare, a combattere per ciò che voglio.Dopo trenta anni, non lo so più cosa voglio; prima lo sapevo: volevo essere felice, ho lavorato per anni con questo obiettivo. Ma no, non lo sono.Vorrei vivere, ma non so più come si fa.Ti prego, mamma, come posso fare? In che modo, io, posso tornare a sorridere, a piangere, a combattere per i miei diritti, a costruire il futuro che ho perso, continuando a sopravvivere in questa grigia giungla di false promesse?Per favore, non lasciarmi solo in questa vuota bara che tutti chiamano “bella vita”. Tuo figlio. I racconti del terrore di Valentina Saccomando Per questo mese ho deciso di pubblicare la relazione di un libro che ho letto durante le vacanze di Natale: s’intitola “I racconti del terrore” ed è una raccolta che comprende i racconti brevi più importanti di Edgar Allan Poe.Ogni racconto, utilizzando le tecniche del romanzo gotico, rivela la disgregazione della psiche e l’angoscia umana sotto forma di vari tipi di paure: dalla morte fisica all’ansia della sepoltura prematura. Per certi aspetti, i protagonisti di questi racconti hanno caratteristiche comuni all’autore, quali l’uso di oppio, di alcool (come nel racconto “Il gatto nero”) e un attaccamento morboso alla figura femminile (in modo particolare nei racconti “Ligenia” e “Berenice”). In “Il gatto nero” il protagonista è una persona che ama i suoi animali, in particolare il suo gatto; col passare del tempo però inizia a odiarlo, infatti, gli cava un occhio e lo impicca a un albero. Quando la casa prende fuoco e la mattina dopo trova l’animale morto, decide di sostituirlo con un altro gatto: ne trova uno uguale al primo, se non per una macchia bianca sul petto. Dopo poco tempo, inizia a odiare pure quello e cerca di ucciderlo, ma è fermato dalla moglie che poi viene uccisa. Il protagonista allora mura il corpo della donna in una parete della casa; per qualche giorno il gatto non si fa vedere e la polizia non riesce a risolvere il delitto, ma alla fine si tradisce con le sue stesse mani e scopre di avere murato, insieme al cadavere della moglie, anche il gatto. In “Berenice” invece il protagonista è una persona che si fissa sui denti di sua cugina Berenice, la quale soffre di una malattia che la conduce spesso in uno stato di trance; qualche giorno dopo la morte di Berenice, il protagonista va alla sua tomba, estrae il corpo e si rende conto che è ancora viva. Nonostante ciò, le strappa tutti i denti e li chiude in una scatola. Inoltre, in alcuni racconti è possibile individuare il tema della doppia personalità, in modo particolare in “William Wilson”, il cui protagonista si trova perseguitato da un’altra persona identica a lui; alla fine la uccide, però in questo modo finisce per uccidere se stesso. Vi ho riassunto quelli che sono stati i miei racconti preferiti tra i più rilevanti, però secondo me la vostra opinione su questo libro dipende in primo luogo dal vostro rapporto con lo stile horror. Sfide europee di Fabrizio Taricone Per il piacere degli uomini di questa scuola in questo numero tornerò a parlare di calcio e in particolare di Champions League ed Europa League. Queste due competizioni sono le più prestigiose del calcio per club a livello europeo e quest’anno, dopo una dura fase a gironi ( soprattutto per il Napoli) tengono impegnate in tutto cinque squadre italiane: In Champions League, Inter, Milan e Napoli, in Europa League Udinese e Lazio. Il Napoli superato il girone della morte con Bayern Monaco, Manchester City e Villareal si appresta a sfidare gli inglesi del Chelsea. Questo, per quanto riguarda le italiane, è sicuramente l’ottavo di finale più impegnativo. E’ vero; il Chelsea non è più quello di una volta e il progetto del nuovo tecnico Villas Boas ancora non prende forma ma solo i nomi di Didier Drogba, Peter Chec e Franky Lampard mettono paura. Per il Milan un’altra inglese: L’ Arsenal. Dopo un brutto inizio di stagione l’Arsenal si è ripreso in Premier League e ora si trova tra i primi sei posti. Guidati da Robin Van Persie, cercheranno in tutti i modi di ostacolare i rossoneri. Secondo le statistiche i rossoneri non vincono da anni contro le squadre inglesi ma è anche vero che secondo la statistica se siamo in due con un pollo e io mi mangio tutto il pollo è come se avessimo mangiato mezzo pollo a testa quindi è bene non badare troppo a questi dati. L’inter essendosi qualificata prima nel girone ( abbordabile ) è stata pescata con l’Olympique Marsiglia. I francesi non sono molto forti sulla carta ma il piccolo Valbuena darà filo da torcere ai nerazzurri. Si parla tanto di crisi del calcio italiano ma quest’anno l’Italia è l’unico paese insieme alla Spagna ad avere ben cinque squadre alle fasi finali di queste competizioni. Il calcio italiano ha ancora tanto da dimostrare. Una sfida persa di Martina Zini “Ci stiamo preparando a immettere sul mercato un’auto elettrica” una frase del XXI secolo? No, la frase è stata pronunciata nel 1914 da Thomas Hedison ed Henry Ford. Ebbene l’auto che dovrebbe rivoluzionare l’ecologia del secolo apocalittico era già stata progettata un secolo prima.Il progetto riguardava la sostituzione del “Modello T” a benzina con una vettura elettrica.Tuttavia Ford continuò a produrre auto a benzina, così l’accordo si ruppe.Forse il peso, l’ingombro, il sistema di ricarica e la durata vita della batteria hanno alimentato la perdita di fede ne nel progetto da parte di Ford.Edison già precedentemente aveva costruito batterie destinate al progetto. Nel 1903 a Edison sembrò di esserci riuscito, ma non fu così. Solo nel 1909 riuscì a mettere in commercio il modello che noi tutti oggi conosciamo come “A”. Tuttavia Edison ne produsse solo 2.506 circa, contro le 200 mila auto vendute da parte di Ford. Inoltre una macchina alimentata a benzina costava quasi un terzo di una alimentata a batterie. Così la sfida dell’auto elettrica fu messa da parte fino al secolo successivo, nel quale la sfida fu vinta. Nel mezzo del cammin di V liceo Gennaio-Febbraio di Chiara Cipriani Gennaio è passato. Siamo tornati dalle vacanze tutti un po’ più “rincicciti” ma con i soliti buoni propositi di dimagrire, di smettere di fumare, di leggere almeno un libro al mese… di studiare. Già; quante volte ce , lo siamo detti? “Appena arriva gennaio, cambio di quadrimestre e mi metto a studiare seriamente. “ Ma quanti poi alla fine riescono nel loro intento? Alla fine ricadiamo tutti negli stessi circoli viziosi dell’anno precedente. Non cambiamo mai. O almeno, portiamo a termine le nostre promesse per una o due settimane e poi per premiarci… “Oh, guarda come sono stata brava! Non ho mangiato neanche un dolce in questi giorni! Oggi mi premio e mangio un bombolone!” oppure… “E’ da sette giorni che non fumo, oggi scrocco un tiro da qualcuno”. Gennaio è il nuovo; l’inizio di qualcosa che ci metterà ancora 12 mesi a passare. Ci lasciamo dietro un 2011 pieno di eventi ed entriamo in un 2012 ancora tutto da riempire. Il “rito dei calendari” mi lacia sempre un po’ perplessa; non so quanti di voi lo facciano: si prende il nuovo calendario, tutto bianco e profumato di copisteria, e quello vecchio, pasticciato e pieno di foglietti; si mettono accanto e via via, mese per mese, si trascrivono tutti gli eventi, le cose da ricordare sul nuovo, riportando alla memoria tutto ciò che è successo nell’anno passato: 20 maggio 2011, Tommaso compie 18 anni; 23 luglio 2011, si parte per la Spagna! Madrid, arrivo!; 15 dicembre 2011, Simulazione di terza prova. E tra tutto questo ti cade l’occhio anche sui compiti in classe e le interrogazioni affrontate e pensi: “Ancora qualche mese e non ne sentirò mai più parlare. Dirò addio a questo mondo. E’ un bene o un male?” Gennaio è la fine del primo quadrimestre. Le ultime corse per arrivare a quel 7.8889 “cheforsemimette8seglifacciopena”, per arrivare a fare quella interrogazione “chemistatormentandoperchèancoranonm ihachiamato”, per arrivare a febbraio “che poi mi rilasso un pochino prima della fatica finale”. Poi arriva febbraio. Sarà perché quest’anno è bisestile, sarà perché a dicembre moriremo tutti però febbraio ci ha fatto un grande regalo: la neve. Una piccola vacanza inaspettata ci ha colto di sorpresa, o forse no. E mentre prima eravamo al calduccio a casa, oggi ci tocca venire a scuola con tutto questo freddo. In classe mia c’è chi ha proposto di portare una coperta gigante per avvolgerci tutti in un unico caldo abbraccio. Ringraziamo comunque per il fatto che i termosifoni siano accesi tutto il giorno, il che non dispiace. Così, mentre alcuni fanno le corse per arrivare prima in classe per poter occupare il posto più vicino al termosifone, altri rimangono nell'altra ala della classe con i piedi in principio di congelamento. Si vedono scene così strambe a causa di questo inizio febbraio del gelo! Conosco persone che hanno imparato a prendere appunti con i guanti, e altri che fanno i compiti in classe con sciarpa, cappello e giubbotto, tutti imbacuccati che sembrano dei terroristi di al-Qaida. Forse è meglio che ci sia questo freddo; il freddo significa essere ancora lontani dall'estate, lontani da quello che "deve ancora venire" (non pronuncio nemmeno il nome, è un po' come dire "tu sai chi..."). Sarà la primavra a preoccuparmi; quando comincerò a sentire gli uccellini cantare, il profumo dei fiori nell'aria e dovrò ripiegare il piumino nell'armadio allora sarà il momento di tremare sul serio. Mica come si trema adesso. In confronto questo freddo siberiano è l'afa del Sahara! Mamma mia la mummia! di Federica Brunelli Di solito nei film c’è quel tizio.. com’è che si chiama? Ah, sì Brendan Fraser. Prima le fa resuscitare per prendere a colpi di pistola per ucciderle, come se almeno tremila anni sottoterra non avessero fatto abbastanza a quei mucchietti di ossa bendate che corrono e scappano. Sono vecchi, sono polverosi e sono circondati da ricchezze oltre misura. No, non sono quei politici ammuffiti che dormono in parlamento, ma le mummie segregate nelle piramidi d’Egitto. Un’enorme distesa di sabbia soffoca le grida di coloro che riposano in sarcofagi, pronti a spaventare ogni curioso e/o ricercatore che prova a svelare i misteri dell’umanità. Ricoperti da bende, in molte rappresentazioni, si muovono lentamente, a tratti e tu quando li vedi che fai? Scappi. Eppure loro ti raggiungono, sempre.Se poi vieni a scoprire che pure le mummie si ammalano ci rimani anche piuttosto male. Infatti, nel 1976, si scoprì che la mummia del grande Ramsesse II era malata, e un fungo la stava distruggendo lentamente. Stati attenti a ciò che dite, alle parole che pronunciate in modo strano: il grande libro dei vivi potrebbe esaudire un desiderio espresso a caso, e riportare in vita chissà chi.La mummia più antica del mondo? Si chiama Otzi, è un giovincello di 5300 anni perfettamente conservato, certo ha un po’ di rughe, ma a quei tempi non si poteva ancora permettere il botulino. Certo che ora, con più fan su facebook di Belen e una schiera di seguaci su siti come twitter, un ritocchino potrebbe anche concederselo. Inghilterra, Irlanda, Canada, loro sono ovunque, non solo nella terra delle dune.Tranquillo, non mordono, non sono sicuramente zombie. Certo che hanno funghi come il nostro amico di prima, meglio stare attenti a non farsi divorare vivi.A questo punto il Rick della mummia avrebbe chiuso con uno sparo a effetto, uccidendo il re Scorpione e facendo resuscitare sua moglie. Ok, non perdiamoci in chiacchiere. The Titanic Titan di Elena Santoni Il naufragio della Costa Concordia, avvenuto la sera del 13 gennaio, è stato paragonato al naufragio del Titanic, avvenuto la notte del 14 aprile 1912, per alcuni dettagli comuni. L’inefficienza dell’equipaggio, del capitano, la situazione disastrosa, le acque gelide, i soccorsi che hanno ritardato. La storia del transatlantico sembra ripetersi. La storia del transatlantico più famoso del mondo, la cui tragedia non era mai stata immaginata da nessuno, che nessuno riteneva possibile. O si? Nel 1898, 14 anni prima del naufragio che avrebbe sconvolto il mondo, l’autore Morgan Robertson pubblicò un libro di storie, il cui titolo era Futility. La prima di queste storie si concentra sull’affondamento di un transatlantico, il più grande mai costruito. Il nome di questa nave era Titan. Nel libro di Robertson, la nave affonda nell’oceano Atlantico, mentre stava percorrendo la tratta New York - Londra. Curioso, il Titanic, nel suo viaggio inaugurale, stava percorrendo lo stesso tragitto, ma all’incontrario. Il Titan, considerato inaffondabile e indistruttibile da tutti, colpisce un iceberg in una fredda notte d’aprile. Esattamente come il Titanic. Ma le somiglianze tra il Titan e il Titanic non finiscono qui. Entrambe le navi hanno lo stesso peso, una lunghezza sorprendentemente simile, andavano alla stesa velocità ed avevano 3 eliche. Dopo lo scontro con l’iceberg, la nave affonda nel giro di poche ore e i 2500 passeggeri (2200 nel Titanic) entrano nel panico. Data la mancanza di scialuppe, in entrambi i casi la maggior parte dei passeggeri muore per ipotermia. Tranne per qualche dettaglio, le due navi sono pressoché identiche, ed è sorprendente come un libro, scritto ben prima della realizzazione del Titanic, ne abbia quasi predetto la tragedia. BACHECA CONOSCERE IL GRUPPO AMBIENTE – PUNTATA III di Francesca Grazian e Camilla Traversari Si sa, la benzina costa sempre di più! Ci lamentiamo ogni giorno ma non possiamo farne a meno. È una questione che riguarda un po’ tutti e per questo vi forniamo alcuni consigli pratici che vi permetteranno di ridurre il consumo in motorino, “salvaguardando” così le vostre tasche e l’ambiente. 1. Per ridurre il consumo di carburante è importante e molto utile mantenere un movimento costante e omogeneo durante la marcia, preferibilmente andando a velocità moderata. Se terrete un’ andatura stabile sui 50 o anche 40 Km/h diminuirete il consumo. 2. Evitate le sgassate e le partenze troppo veloci ai semafori perché è ciò che vi fa consumare più di ogni altra cosa! 3. Conoscendo la strada che state percorrendo, se incontrate un semaforo che dura parecchio, vi conviene spegnere il motore mentre attendete. Questo accorgimento applicatelo solo se avete da aspettare molto. 4. Infine per i ritardatari: partite da casa cinque o dieci minuti in anticipo per evitate di essere in ritardo, altrimenti sarete costretti a correre e non potrete applicare questi consigli! Tratto da una storia mera di Andrea Capecchi La striscia di Stefano Ciapini Il Cruciverba di Benedetta Benigni e Linda Fabbri Orizzontali: 1. può essere in alto o in lungo 6. destino 10. si ritira per meditare 11. forte rabbia 13. Codice Avviamento Postale 14. forma poetica per esprimere un concetto negando l’opposto 16. iniziali di Garcia, famoso attore 18. pianta importata dall’America del Sud nel 1600 19. Plinio, senza la prima 21.”fare” per i tedeschi 23. nome di Bismarck 24. può essere verde o nera 26.unica provincia di una regione italiana 28. Arezzo 29.iniziali dello scrittore de “la ragazza di Bube” 30. Unione Europea 31. Dio greco della guerra 32. titolo di una canzone di Ricky Martin 33. “American….” Talent show. Verticali: 1. 100 anni 2.l’altare dei latinisti 3.ultima battaglia in stile antico 4. iniziali dello scrittore di “utopia” 5. Organizzazione Internazionale del Lavoro 6. incantato 8.sfidarono gli Dei 9.marca di biscotto americano 11.movimento involontario 15. tipologia di testimoni 17. figlio di Benigni in “la vita è bella” 20. Penelope vi aspettò per 20 anni 22. Caffè 25. Il Sudoku-Puzzle di Matteo Sabato Sintomi Ci scusiamo per il ritardo con cui ricevete questo numero,ma la neve e il freddo hanno congelato il processo di stampa e distribuzione! Vi arriverà presto Sintomi di Febbraio, in cui troverete il programma intero dell'Agorà e tanti nuovi articoli. Qui sotto chi ha contribuito a questo "Gennaio inoltrato". Sofia Pecchioli 3Fs Andrea Capecchi 4Gs Angelo Mei 3Es Martina Zini 2Is Federica Brunelli 2Is Stefano Ciapini 2Is Valentina Saccomando 1Ds Silvia Mazzei 2Ds Fabrizio Taricone 2As Cosimo Carmagnini 3Bl Matteo Sabato 5Fs Immacolata Ranucci 3Fs Eleonora Collini 3Es Silvia Lepore 2Ds Benedetta Benigni 5Cl Linda Fabbri 5Cl Elena Santoni Francesca Grazian Camilla Traversari Ilaria Martini