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-MSGR - 20_CITTA - 22 - 29/05/16-N: 22 Società Domenica 29 Maggio 2016 www.ilmessaggero.it SPIAGGIA Colori sul litorale del Lido delle Nazioni nel 1973 nella fotografia di Franco Fontana Giuseppe Matarazzo ha raccolto le immagini di dieci grandi fotografi che per 50 anni hanno descritto l’Italia. Da Scianna a Berengo Gardin Istantanee di un Paese perduto ALLUVIONE Macchine sott’acqua a Firenze nel 1966 nella foto di Giorgio Lotti, un’immagine tornata di attualità IL LIBRO l tempo trascorre e l’Italia cambia. Restano le immagini che ci aiuteranno a intuire – e forse anche vivere – sprazzi di quello che è stato. Per questo bisogna essere grati a Giuseppe Matarazzo, giovane giornalista siculo-milanese che per “Italia a scatti” ha incontrato i dieci più importanti fotografi italiani che nell’arco di 50 anni hanno girato palmo a palmo il Paese, cogliendo, scatto dopo scatto, quello che stava succedendo e cosa valesse la pena documentare prima che andasse perduto. «Se oggi possiamo raccontare la nostra storia e chi siamo lo dobbiamo a una generazione di grandi fotografi - scrive Matarazzo – che ha saputo aspettare il momento buono per lo scatto senza la fretta di aggiornare il proprio profilo social o di inviare tempestivamente una mail alle agenzie o di bruciare il sito concorrente». I ARCOBALENO A sinistra una suggestiva immagine di Giovanni Chiaramonte scattata nel 1997 a Geraci Siculo, in provincia di Palermo Un’immagine della grande fotografa siciliana Letizia Battaglia IL DECLINO Ecco così le istantanee di un Paese che non c’è più in una visione che rappresenta l’oggi e il domani, con lo stesso intuito che ha permesso di documentare il passaggio dalla civiltà contadina a quella industriale. Accanto alle immagini ci sono i ricordi e i giudizi sull’oggi di quei testimoni del tempo. Berengo Gardin pungola i giovani “senza carattere” e vede un “Paese in declino”, Ferdinando Scianna osserva le facce da happy hour dei giovani milanesi, Beppe Merisio si muove perplesso sotto i grattacieli della nuova Milano verticale, Fontana non rinuncia ad “andare a trovare” con l’ottimismo del colore e la rivelazione dell’invisibile. Ci sono poi i sogni delle bambine del rullino antimafia di Letizia Battaglia in una Sicilia in attesa eterna della primavera. E ancora la luce di Giovanni Chiaramonte, i giochi d’acqua di Giorgio Lotti, i reportage di Francesco Cito, le pietre di Mimmo Jodice e la memoria del L’autore «Tutto partì da una foto di mia madre nel ‘69» decano Mario Dondero, scomparso pochi mesi fa, mentre il libro era in stampa. Il lavoro di Matarazzo può essere letto come un saggio di sociologia e antropologia, o piuttosto come testo per chi volesse oggi fare il fotografo. Perché i dieci grandi ritrattisti dell’Italia che fu - e che è si interrogano sul loro mestiere. «Nessuno guarda più la Gioconda, ma ci si fotografa con la Gioconda», si lamenta Ferdinando Scianna, il primo italiano ad essere ammesso nel gotha dell’agen- DONNE Due mondi a confronto nella foto di Francesco Cito scattata nel 2015 all’Expo di Milano zia internazionale Magnum. «Il paradosso – aggiunge – è che la fotografia sta morendo per eccesso di successo. La fotografia era, è, un ponte fra noi e la realtà. Per fissare l’istante. Oggi è un muro che non ci fa più vedere il mondo». ITALIA A SCATTI di Giuseppe IL PENSIERO Matarazzo E chissà – viene da chiedersi – ED. ELECTA quanto sarebbe alto un muro di 160 pagine 20 euro settanta milioni di foto, quante cioè ne vengono caricate ogni giorno su Instagram. Miliardi di scatti – per vanità, voyeurismo o Il libro di Matarazzo ha un’origine tutta da raccontare. «Lo scorso anno – dice - in un cassetto di casa dei miei trovai un numero di Epoca del 1969, ormai sgualcito, dedicato al premio Nobel Salvatore Quasimodo». A Sortino, paesino arroccato sui monti Iblei, in provincia di Siracusa, era giunto Giorgio Lotti, uno dei grandi fotoreporter italiani, alla ricerca dei luoghi che avevano ispirato il poeta. Cercò a lungo una ragazza per rappresentare la poesia “Delfica” e alla fine scelse una diciannovenne, vestita di nero, statuaria, con un cesto di arance al braccio. «Era mia madre, dinanzi casa dei nonni». Da lì nacque l’idea di un viaggio inverso, intervistando i testimoni delle radici dell’Italia di oggi. C.O. vera narrazione sociale? - senza pensiero. «Ai miei allievi – racconta Gianni Berengo Gardin – dico: prima pensa, poi, casomai, scatta. Lo slogan del digitale invece è: non pensare, scatta. E se non viene, col computer si sistema tutto». «Scattare a mitraglia – conclude sconsolato il fotografo veneziano – ha eliminato il pensiero. E’ la fine della fotografia». Un’arte, del resto, che non si insegna. «In Italia c’è un gap culturale e della critica da colmare, nessun corso universitario ed è un peccato perché la fotografia è la prima arte a cui si avvicinano i giovani», denuncia Giovanni Chiaramonte. Proprio ai giovani Francesco Cito - uno per il quale “il mio studio è la strada” - raccomanda: «Se siete abbastanza masochisti da voler davvero fare questo mestiere, allora prendete una sacca e andate via dall’Italia». Senza dimenticare di mettere nella sacca, assieme a reflex e mutande, gli insegnamenti etici di chi ha fatto la storia non solo della fotografia italiana, ma anche un po’ del Paese. «I miei reportage – ricorda Mimmo Jodice – servivano a far conoscere la vita misera e disperata di tante persone. Sono stati anni difficili, ma allora ci sentivamo utili alla collettività. E pensavo che la fotografia potesse contribuire al cambiamento». Carlo Ottaviano © RIPRODUZIONE RISERVATA Dai blog ai selfie, il Nuovo Mondo Web di Dago su Sky IL PROGRAMMA ister Dagospia, l’inventore del portale di riferimento che racconta gli angoli nascosti dell’attualità, si è fatto una domanda (Come sopravvivere nell’epoca della rivoluzione tecnologica, in cui vediamo tutto ma non guardiamo niente?) e si dà una risposta, anzi la dà al pubblico di Sky con un percorso in tre puntate (il debutto è mercoledì alle 20,30 su Sky Arte HD) che esplora quel territorio compreso tra la fine del medioevo analogico e il nuovo Rinascimento digitale. Titolo dell’impresa di sapore beatlesiano (Roberto D’Agostino oltre che un curioso senza confini è un antico appassionato di cose musicali): Dago in the Sky. «Nel 1989, finisce un’epoca, ne M inizia un’altra» storicizza Roberto nella presentazione del suo programma: «Viene giù il Muro di Berlino, da una parte. Dall’altra, Tim Berners-Lee inventa la Rete, il Web, Internet. Una tempesta di clic, di siti, di immagini ci ronzano negli occhi da ogni dove». INFERNET O PARADISO? La vita digitale si fa caotica, per certi versi problematica, per di più è in continua evoluzione e, in mezzo, ci siamo noi. «Infernet o paradiso?» si domanda D’Agostino e, nella prima puntata, indaga su quanto il web abbia rivoluzionato ogni settore. Per tanti è il miglior strumento per cambiare il mondo che sia mai stato inventato. Per molti intellettuali, sostiene Dago, è piuttosto un inferno, come ha testimoniato Umberto Eco quando ha bollato i so- cial media che danno la parola «a legioni di imbecilli che prima parlavano al bar dopo un bicchiere di vino e ora hanno lo stesso diritto di parola dei Premi Nobel». Ma la rivoluzione digitale ha anche trasformato la creatività, dalle arti visive, al design, alla moda, dal rock alla pittura. In che modo incrocerà le nuove tecnologie? E in che modo influirà nella battaglia tra ciò che siamo e ciò che vorremmo essere? «Il selfie è oggi la via più semplice per consegnare agli altri una immagine diversa di se stessi. Ecco perché è diventato un’ossessione, l’ultima dittatura/orgasmo dei nostri tempi, per molti un disturbo mentale di massa» è la tesi del programma, che raccoglie interventi di Obama, papa Bergoglio, Kirsten Dunst, James Franco e la riflessione dello scritto- DEBUTTO Mercoledì la prima puntata del programma su Sky Arte Hd re canadese Douglas Coupland che dice: «I selfie sono tentativi di creare un autentico senso di sé al cospetto del vortice di informazioni che cresce a ritmo esponenziale e in cui essere un individuo autonomo sta diventando sempre più difficile». L’ultima tappa del viaggio si spinge TRE PUNTATE DI ROBERTO D’AGOSTINO PER ANALIZZARE FATTI E MISFATTI DEL RINASCIMENTO TECNOLOGICO invece nei territori del porno, mondo spesso raccontato da Dagospia nei suoi eccessi. «Microsoft, Apple, Samsung, Sony, tutti i colossi della rivoluzione tecnologica hanno costruito il loro impero negli ultimi 20 anni, grazie soprattutto all’industria del porno»: secondo D’Agostino è la voglia di luci rosse, più che la voglia di informazione, che ha spinto un pubblico di massa verso l’acquisto di polaroid, videocamere, computer, smartphone, tv satellitari, paypal, e-commerce, e via dicendo. E’ il porno che ha costantemente spinto verso connessioni più veloci e maggiore ampiezza di banda. A confortare la tesi paradossale la puntata ascolta fra gli altri il professor Federico Zecca e la porno star nazionale Rocco Siffredi. Marco Molendini -TRX IL:28/05/16 21:16-NOTE: © RIPRODUZIONE RISERVATA