INSERTO OCD 31 ULTIMO Corretto

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INSERTO OCD 31 ULTIMO Corretto
LA TRASFUSIONE DI PIASTRINE
101 ANNI DOPO
… scientia et memorabilia …
Paolo Rebulla
Centro di Medicina Trasfusionale, Terapia Cellulare e Criobiologia
Dipartimento di Medicina Rigenerativa
Fondazione Ca' Granda Ospedale Maggiore Policlinico
Via Francesco Sforza 35
20122 Milano
Email: [email protected]
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La trasfusione di piastrine 101 anni dopo
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La trasfusione di piastrine 101 anni dopo
Dedico questa monografia al prof. Girolamo Sirchia, che mi ha insegnato le basi della ricerca scientifica, al
dr. Scott Murphy, che mi ha aiutato ad applicare queste basi alla trasfusione di piastrine, e alle migliaia di
donatori di sangue e di emocomponenti che frequentano giornalmente i centri trasfusionali.
Premessa
La trasfusione di piastrine è stata ed è tuttora oggetto di una ricca letteratura scientifica relativa alla definizione
dei bisogni clinici dei pazienti trombocitopenici nel contesto delle specialità mediche e chirurgiche, alle metodologie impiegate nei centri trasfusionali per selezionare i donatori e preparare i concentrati piastrinici, alla caratterizzazione biochimica e molecolare di tali emocomponenti, alle complicanze e agli eventi avversi che possono
manifestarsi a seguito della loro somministrazione. Inoltre, benché usualmente questi argomenti siano meno attraenti per il personale biomedico che per gli amministratori dei sistemi trasfusionali, numerosi studi hanno come
oggetto, particolarmente in anni recenti, l'analisi dei costi del supporto trasfusionale piastrinico e del rapporto costo/beneficio delle diverse strategie e metodiche trasfusionali attuate per far fronte al bisogno dei pazienti.
Questa breve monografia non ha lo scopo di discutere in dettaglio tutti questi aspetti, dato che ottime e specifiche
pubblicazioni sono disponibili in letteratura. Può essere quindi utile, per chi desiderasse affrontare per la prima
volta questo specifico tema della terapia trasfusionale, leggere prima di questa monografia un'autorevole revisione generale sull'argomento pubblicata negli ultimi 3-5 anni, facilmente selezionabile su 'PubMed' con le parole
chiave 'Platelet Transfusion'.
Obiettivo di questo lavoro è ripercorrere sinteticamente le premesse storiche dello sviluppo della trasfusione di
piastrine fino all'avvento delle moderne sacche di plastica, per descrivere nelle parti successive gli aspetti sui quali vi è oggi prevalente consenso. Nella parte conclusiva viene riportato un breve elenco di 'cose da fare' in questo
campo negli anni a venire, così come indicato da un autorevole gruppo di esperti in un recente convegno sul tema.
Per rendere più scorrevole la lettura, ho evitato di riportare nel testo richiami bibliografici specifici. Ho preferito a
tale proposito raggruppare al termine alcune voci bibliografiche importanti in relazione a specifici argomenti o sezioni della monografia, a cui si rimanda il lettore interessato.
Infine, desidero condividere con il lettore l'importanza di adattare ogni evidenza, opinione o raccomandazione degli esperti alle necessità giornaliere dei propri pazienti. Per quanto riguarda le mie convinzioni personali sul tema,
queste si sono formate durante 35 anni di supporto trasfusionale prestato ai pazienti medici e chirurgici dal Centro
Trasfusionale dell'Ospedale Maggiore Policlinico di Milano.
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La trasfusione di piastrine 101 anni dopo
The Platelet (God)fathers …
Giulio Bizzozero (1846-1901)
Max Schultze (1825-1874)
XVI riunione scientifica del gruppo BEST a Filadelfia, 30 ottobre 1998.
Sono presenti numerosi ricercatori che hanno contribuito significativamente allo sviluppo della trasfusione di piastrine, fra cui: Scott
Murphy, Sherryll Slichter, Andy Heaton, Morris Blajchman, Claes Hogman, Irena Sniecinski, Ruby Pietersz, Larry Dumont, Harry
Meryman, Peter van der Meer, Stein Holme, Gary Moroff.
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Un po’ di storia
Le piastrine, oggetto di pionieristici studi da parte di Schultze, Bizzozero, Eberth, Schimmelbusch e Hayem già
nella seconda metà del XIX secolo, sono frammenti cellulari molto delicati, dotati di numerose funzioni metaboliche e recettoriali capaci di modificarne tempestivamente lo stato da quiescente ad attivato in risposta a specifici
stimoli.
Immagine di un globulo rosso (a sinistra), di una piastrina attivata (al centro) e di un globulo
bianco (a destra), ottenuta mediante microscopia elettronica a scansione presso il National Cancer
Institute, Frederick, USA (NCI-Frederick).
Queste modificazioni sono alla base delle funzioni fisiologiche delle piastrine e dei fenomeni patologici che possono manifestarsi a seguito di una loro alterata interazione con numerose proteine plasmatiche, con altri elementi
corpuscolati del sangue e con l'endotelio vascolare.
Nonostante la loro delicata struttura, le piastrine possono sviluppare una capacità adesiva e tensile assai elevata a
seguito di specifici stimoli di attivazione. Questa funzione, la cui intensità può raggiungere circa 600 volte la
forza esercitata da un sarcomero muscolare, caratterizza l'importante ruolo svolto dalle piastrine nel complesso
processo fisiologico della coagulazione del sangue e rappresenta il principale presupposto razionale alla base
della terapia trasfusionale piastrinica utilizzata nella prevenzione e nel trattamento delle emorragie.
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Il Duca del ‘bleeding time’
Dobbiamo all'acume scientifico del dr. William W. Duke e ai suoi studi sviluppati all'inizio del secolo scorso presso il rinomato laboratorio 'Hunterian' di patologia sperimentale della Johns Hopkins University le prime osservazioni cliniche che hanno consentito di ampliare le conoscenze sulle funzioni fisiologiche delle piastrine e che
hanno stimolato il successivo sviluppo della terapia trasfusionale piastrinica sostitutiva.
Nell'ottobre 1910 Duke pubblicò su JAMA uno studio intitolato 'Relazione delle piastrine con le malattie emorragiche. Descrizione di un metodo per determinare il tempo di sanguinamento e presentazione di tre casi di emorragia trattati mediante trasfusione'. In questo articolo, Duke descrisse tre pazienti ricoverati al Massachusetts
General Hospital di Boston per determinare le cause di una diatesi emorragica associata a un normale tempo di
coagulazione e a una quasi totale assenza di piastrine. Scrive Duke nell'introduzione del suo articolo: 'Il mio
obiettivo è descrivere tre pazienti e alcuni esperimenti che forniscono ulteriori evidenze a supporto del ruolo svolto dalle piastrine nell'arrestare le emorragie e della dimostrazione che un tipo di emorragia può essere causato da
un'estrema riduzione del conteggio piastrinico. Inoltre, è mio obiettivo presentare un metodo per studiare
l'emorragia denominato 'tempo di sanguinamento' e descrivere brevemente un semplice metodo per determinare
il tempo di coagulazione'.
In particolare, uno dei tre pazienti – un sarto armeno di 20 anni in discrete condizioni generali e senza significativi elementi anamnestici se non faringodinia e ingravescente astenia nelle ultime tre settimane – era stato ricoverato al Massachusetts General Hospital per una imponente epistassi preceduta dalla comparsa di porpora cutanea. Nel suo articolo, Duke descrive il suo innovativo metodo di misurazione del tempo di sanguinamento, basato sulla raccolta - effettuata ogni mezzo minuto su carta assorbente - del sangue fuoriuscito da una piccola incisione cutanea praticata sul lobo di un orecchio. E' interessante notare - molti anni prima dello sviluppo degli
attuali sistemi qualità e dei programmi finalizzati alla standardizzazione delle procedure impiegate nella ricerca
clinica e di laboratorio - l'attenzione dell'autore alla possibile presenza di fattori di variabilità nell'esecuzione di
questo test e alla documentazione sperimentale che piccole variazioni della dimensione dell'incisione non comportavano rilevanti variazioni del tempo di sanguinamento. Utilizzando il suo metodo innovativo, Duke rilevò in
questo paziente un tempo di sanguinamento di 40 minuti, significativamente superiore rispetto a valori normali
di 1-3 minuti (5-10 minuti in presenza di anemia), accompagnato da un conteggio piastrinico inferiore a 6.000
per microlitro e da un tempo di coagulazione normale.
Grazie alla generosa disponibilità di un amico armeno, il paziente venne trasfuso 'abbondantemente' in condizioni di urgenza (viene riportato l'orario della trasfusione - le 2 del mattino - e il nome del medico che la eseguì - il dr.
Murphy), senza che nell'articolo sia riferito specificamente il volume del sangue somministrato. Nota peraltro
acutamente Duke come sia 'evidente' che la quantità di sangue trasfuso sia stata 'abbondante', data la comparsa di
tachicardia nel donatore. Ciò che Duke riporta infine è la pronta risoluzione dell'emorragia, associata a un tempo
di sanguinamento di 3 minuti e a un conteggio di 123.000 piastrine per microlitro riscontrato sei ore dopo la trasfusione, che fu seguita dalla remissione generale dei sintomi. Una successiva importante osservazione – coerente con l'evidenza clinica attuale – è la ricomparsa dell'emorragia circa 36 ore dopo questa trasfusione, verosimilmente causata dal consumo delle piastrine trasfuse, come indicato dal riscontro di una sola piastrina nello striscio del sangue periferico. Fortunatamente, il paziente manifestò una progressiva risalita spontanea del conteggio piastrinico verso valori normali e venne dimesso senza ulteriori trasfusioni.
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Gaydos e '20.000 piastrine per microlitro'
Circa mezzo secolo dopo la pubblicazione su JAMA delle importanti osservazioni cliniche di Duke e dei suoi
innovativi metodi diagnostici, Gaydos, Freireich e Mantel pubblicarono sul New England Journal of Medicine
del 3 marzo 1962 un altro importante studio, intitolato 'Relazione quantitativa fra conteggio piastrinico ed
emorragia in pazienti affetti da leucemia acuta', che rappresenta ancora oggi una fondamentale evidenza a
supporto delle attuali procedure trasfusionali con piastrine.
Gaydos e collaboratori studiarono 92 pazienti consecutivi (40 adulti e 52 bambini) affetti da leucemia acuta e
trattati con lo stesso protocollo di chemioterapia presso il National Cancer Institute di Bethesda fra l'ottobre 1956
e il maggio 1959. Rispetto alle casistiche oggetto di più recenti pubblicazioni in ambito ematologico e
trasfusionale, va notato che negli anni '60 del secolo scorso la terapia delle leucemie offriva ai pazienti possibilità
di guarigione e sopravvivenza molto limitate: nella presentazione della propria casistica e nella discussione dei
risultati ottenuti, Gaydos e collaboratori riportano, previa esclusione di 1 paziente perso al follow-up, che solo 6
(7%) dei 91 pazienti valutabili erano vivi alla fine del 1959 e che ben 16 (19%) degli 85 decessi erano stati causati
da una emorragia cerebrale. In merito all'obiettivo principale dello studio, gli autori rilevano che la frequenza e la
gravità delle emorragie presentano una relazione inversa con il conteggio piastrinico. Tuttavia, benché gli autori
confidassero di poter identificare un critico valore soglia associato ad un aumento significativo del rischio
emorragico, lo studio ha documentato solo la relazione inversa fra conteggio piastrinico ed emorragia ma non un
critico valore soglia associato ad un aumento significativo del rischio.
Più specificamente, sono tre le conclusioni importanti riportate in questo lavoro, tuttora valide dopo mezzo
secolo dalla sua pubblicazione: (1) come già indicato, Gaydos e collaboratori concludono che, nonostante i dati
documentino un progressivo aumento del rischio emorragico al diminuire del conteggio piastrinico, non si può
identificare un valore soglia di tale conteggio per definire un aumento significativo del rischio (no 'threshold'
platelet level was observed), né per le emorragie non clinicamente significative, né per quelle clinicamente
significative; (2) le emorragie clinicamente importanti avvengono solo nell'1% dei giorni in cui il conteggio è
superiore a 20.000 piastrine per microlitro, mentre si manifestano nel 31% dei giorni in cui il conteggio è
inferiore a 1.000 per microlitro; (3) alcuni studi eseguiti nello stesso periodo dallo stesso gruppo indicano che le
emorragie possono essere prevenute in questa categoria di pazienti mediante un supporto trasfusionale capace di
assicurare la presenza nel paziente di un adeguato numero di 'circulating platelets'.
Nonostante la chiara negazione dell'esistenza di un 'valore soglia', lo studio pubblicato nel 1962 da Gaydos e
collaboratori è stato spesso impropriamente citato a giustificazione della prassi trasfusionale consolidata fino a
qualche anno di trasfondere piastrine nei pazienti leucemici in presenza di un conteggio piastrinico inferiore a
20.000 piastrine per microlitro, riportata in una delle prime linee guida sulla trasfusione di piastrine, pubblicate
nel 1986 dall'NIH.
Bottiglie di vetro e sacche di plastica
Fra gli elementi storici della trasfusione di piastrine, oltre agli studi di Duke e di Gaydos, Freireich e Mantel, va ricordato che nei primi anni '60 del secolo scorso lo sviluppo tecnologico ed industriale dei sistemi di sacche multiple di plastica attualmente in uso era ancora in una fase iniziale e che la modalità standard di prelievo del sangue
in bottiglie di vetro rendeva assai difficile in quegli anni la preparazione e la conservazione di emocomponenti
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piastrinici, anche a causa della caratteristica elevata adesività al vetro delle piastrine e della difficoltà di mantenere la sterilità in sistemi aperti. Questo limite tecnologico, oggi pienamente superato, ha condizionato lo sviluppo della terapia trasfusionale piastrinica fino agli anni '70
Un importante contributo a tale sviluppo è derivato dai pionieristici studi sviluppati in Olanda da Peter Prins e da
Hans Loos e in Svezia da Claes Hogman sulla separazione automatizzata del sangue intero in globuli rossi,
buffy-coat e plasma.
Immagine inserita negli auguri di Natale del 1996 inviati agli amici da Claes e Anna Brita Hogman
Queste procedure, messe a punto all'inizio degli anni '80 con il principale obiettivo di ottimizzare la raccolta del
plasma al fine della preparazione industriale degli emoderivati, aprirono la strada alle metodiche oggi consolidate in Europa e in Canada di preparazione dei concentrati piastrinici da buffy-coat e alla conservazione delle piastrine in soluzioni cristalloidi. Queste metodiche innovative hanno consentito di ridurre significativamente
l'incidenza di reazioni trasfusionali allergiche causate dalla componente plasmatica utilizzata in altre metodiche
per la conservazione delle piastrine.
Al congresso dell'AABB del 1986, Claes Hogman e Grant Bartlett ricevettero il 'Karl Landsteiner Memorial
Award' per i loro studi sull'uso dell'adenina nei sistemi di conservazione degli emocomponenti. Hogman, appassionato di musica e clarinettista dilettante, riassunse in tale occasione lo stato dell'arte relativo alla preparazione
degli emocomponenti sostituendo il testo originale di Pat Ballard della popolare melodia di 'Mr. Sandman' - portata al primo posto della hit parade americana dal gruppo 'The Chordettes' nel 1954 – con il proprio testo intitolato 'Mr. SAGMAN', la cui validità scientifica è ancora attuale.
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Mr. SAGMAN
Parole di Claes Högman - AABB annual meeting, 1986
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Attualmente i concentrati piastrinici sono conservati in sacche di plastica che garantiscono un adeguato scambio
gassoso fra l'interno e l'esterno della sacca. Sono rilevanti a tale proposito anche le caratteristiche strutturali dei
cestelli metallici degli apparecchi nei quali le piastrine vengono conservate in delicata agitazione continua, che
devono favorire tale scambio gassoso. Se l'ossigeno è insufficiente per mantenere il metabolismo aerobio, le
piastrine attivano un metabolismo anaerobio, cui consegue formazione di acido lattico, abbassamento del pH e
progressiva perdita delle funzioni piastriniche. Per la produzione di tali sacche vengono principalmente
utilizzate le poliolefine.
Piastrine da sangue intero e piastrine da aferesi
Le tecniche di preparazione dei concentrati piastrinici si basano sulla velocità di sedimentazione differenziale
degli elementi corpuscolati del sangue, direttamente proporzionale alla loro densità specifica. Quando il sangue
intero viene sottoposto a centrifugazione, i globuli rossi, i globuli bianchi e le piastrine sedimentano con una
velocità progressivamente decrescente. Ciò consente di definire il numero di rotazioni al minuto e l'intervallo di
tempo appropriato per raccogliere gran parte delle piastrine nel plasma supernatante (metodica da 'plasma ricco
di piastrine' – PRP) o per concentrarle nello strato del buffy-coat, che inoltre contiene circa 2/3 dei globuli
bianchi e 1/10 dei globuli rossi originariamente presenti nell'unità di sangue (metodica da 'buffy-coat' – BC).
Queste metodiche consentono di recuperare 50-70 miliardi di piastrine, corrispondenti al 45-65% delle piastrine
donate, con una minima contaminazione di globuli rossi - usualmente priva di rilevanza clinica. Semplici
valutazioni basate sulla diluizione di un tale numero di piastrine nel volume ematico dei riceventi (70-80 ml/kg,
corrispondenti ad un volume totale di circa 5 L in un paziente adulto di 70 kg) e numerosi dati sperimentali che
documentano il rapido sequestro splenico di parte delle piastrine trasfuse a causa della 'storage lesion' causata
dalla preparazione e dalla conservazione, indicano che per eseguire una trasfusione efficace in un paziente
adulto è necessario somministrare mediamente 5 concentrati, ognuno ottenuto da una unità di 450 ml di sangue
intero, corrispondenti ad una dose media trasfusionale di 300 miliardi.
La centrifugazione differenziale delle unità di sangue intero non consente una elevata rimozione dei leucociti
contaminanti. Infatti, se non vengono sottoposti ad ulteriori procedure, questi concentrati contengono un
numero di leucociti residui (50-100 milioni o 500-1000 milioni rispettivamente nei concentrati da BC o da PRP)
capaci di causare allo-immunizzazione e reazioni o eventi avversi nel ricevente (reazioni febbrili, refrattarietà
immunologica al supporto trasfusionale, infezioni da virus leucotropi – fra cui il CMV, assai temibile nel
contesto del trapianto emopoietico). Per ridurre il rischio di tali reazioni ed eventi avversi sono state messe a
punto semplici metodiche di filtrazione che consentono di rimuovere i leucociti residui fino a livelli inferiori a 1
milione, generalmente privi di rilevanza clinica. In alcuni Paesi queste metodiche di filtrazione vengono
utilizzate per tutti i concentrati piastrinici ('universal leukoreduction'). In altri Paesi, in considerazione del costo
di tali metodiche, la leucoriduzione viene applicata solo a particolari categorie di pazienti ('leukoreduction by
indication').
Alle metodiche di preparazione da una singola unità contenente 450 mL di sangue intero si sono
progressivamente affiancate le più sofisticate metodiche di aferesi, che consentono di ottenere da un singolo
donatore una o più dosi terapeutiche sufficienti per trasfondere efficacemente un paziente adulto, con livelli di
contaminazione leucocitaria residua che non richiedono ulteriori procedure di filtrazione.
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I concentrati piastrinici ottenuti da donazione di sangue intero o raccolti mediante aferesi presentano analoghi
livelli di efficacia clinica. La scelta dell'uso dell'una o dell'altra metodica dipende principalmente dal fabbisogno
in relazione al numero di donatori e alle risorse economiche disponibili per la loro preparazione. In molte
strutture sanitarie con elevata attività ematologica vengono utilizzate entrambe le metodiche, in considerazione
dell'elevato fabbisogno. La tradizionale predilezione da parte di alcuni clinici per i concentrati piastrinici da
aferesi, basata sui vantaggi legati al minor numero di esposizioni allogeniche con questo tipo di preparazione – e
quindi minore rischio per il ricevente – non trova attualmente ampio supporto, se le donazioni da sangue intero
sono sufficienti a coprire il fabbisogno, in considerazione dell'elevato livello di sicurezza infettivologica degli
attuali emocomponenti e dell'elevato costo delle procedure di aferesi.
Metodi per la preparazione dei concentrati piastrinici (CP)
Plasma ricco di piastrine (PRP)
Buffy Coat (BC)
A
Quattro unità da 450 mL
Bassa velocità
Quattro unità da 450 mL
Alta velocità
F
E
R
Quattro PRP da 300 mL
Alta velocità
Quattro BC da 50 mL
Pool, Diluizione
E
S
Quattro PRP da 70 mL
Pool
Un PRP-CP (280 mL)
Un pool di BC da 500 mL
I
Bassa velocità
Un BC-CP (300 mL)
1-2 unità da
singolo donatore
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Alle piastrine 'piace caldo'
Un importante elemento di controversia scientifica negli anni immediatamente successivi all'avvento delle sacche di plastica oggi utilizzate è stata la temperatura di conservazione dei concentrati piastrinici. La temperatura
di 4° C, scelta inizialmente in analogia alle condizioni di conservazione dei globuli rossi con l'evidente scopo di
prevenire lo sviluppo di contaminazioni batteriche, è stata oggetto di dibattito per alcuni anni, fino a quando la
conservazione a 20-24°C è stata identificata come la più rispondente alle esigenze cliniche dei pazienti. Infatti, a
temperature inferiori a circa 18 °C le piastrine manifestano fenomeni di attivazione che ne riducono significativamente la sopravvivenza nella circolazione del paziente dopo trasfusione. La temperatura di 4° C non è quindi
inappropriata perché impedisce la funzione emostatica delle piastrine; anzi, la loro attivazione ne favorirebbe
una immediata reattività a seguito di un evento emorragico. Tale stato di attivazione tuttavia si associa anche ad
una elevata suscettibilità delle piastrine all'interazione con e al sequestro da parte del sistema reticolo endoteliale, che determina una ridotta sopravvivenza in circolo delle piastrine trasfuse. Per questa ragione e in considerazione del fatto che i concentrati piastrinici sono oggi prevalentemente impiegati per la prevenzione delle emorragie nei pazienti oncoematologici, per i quali quindi è necessario assicurare una lunga permanenza in circolo delle
piastrine trasfuse, la conservazione dei concentrati piastrinici è oggi standardizzata alla temperatura di 20-24° C.
Alcuni promettenti dati sperimentali ottenuti in un modello animale che indicavano la possibilità di proteggere le
piastrine murine dai danni derivanti da una conservazione a temperature inferiori a 20 °C mediante glicosilazione ottenuta con l'aggiunta di UDP-galattosio ai concentrati piastrinici non sono stati confermati nell'uomo.
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Quasi un … decalogo
Nulla rimane immutabile nella scienza e nella tecnologia. Tuttavia, nel corso del tempo alcune acquisizioni consolidano la loro validità e vengono modificate meno di altre. E' solo in questo senso quindi che qui si utilizza un
termine – decalogo - così importante e apparentemente improprio: lo scopo non è quello di voler cristallizzare
alcune attuali evidenze relative alla trasfusione di piastrine, quanto invece portare all'attenzione del lettore i principali aspetti della terapia di supporto piastrinica – alcuni dei quali già discussi in precedenza - sui quali vi è
attualmente un prevalente consenso, che si è consolidato all'interno della comunità scientifica e che rimarrà valido fino a quando nuove evidenze scientifiche non ne richiederanno la revisione.
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# 1. Autosufficienza
Un ovvio elemento fondamentale per poter effettuare un efficace supporto trasfusionale con piastrine è la disponibilità di questo delicato e labile emocomponente. Tale disponibilità, che deve essere assicurata in ogni caso per
ogni paziente nel quale vi sia una corretta indicazione trasfusionale, non deve tuttavia associarsi ad un inventario
troppo elevato, tale da generare la scadenza di una rilevante percentuale dei concentrati piastrinici al termine del
periodo di conservazione consentito (compreso fra 4 e 7 giorni a seconda della metodologia di preparazione) e il
conseguente spreco di risorse biologiche ed economiche limitate. Nonostante gli sforzi organizzativi e programmatori di ottimizzazione dell'inventario piastrinico che possono essere messi in atto – rotazione dell'inventario
fra ospedali, attento monitoraggio delle indicazioni trasfusionali, ecc - la percentuale di scadenza dei concentrati
piastrinici è circa 10 volte superiore (20-30%) rispetto ai globuli rossi (2-3% nei servizi trasfusionali meglio organizzati), che possono essere utilizzati per 5-7 settimane dalla preparazione. Al fine di determinare un fabbisogno
adeguato per milione di abitanti in un Paese di grandi dimensioni, si può fare riferimento ai dati nazionali pubblicati nel Report 2007 dall'United States Department of Health and Human Services in collaborazione con
l'AABB. Questo report indica una produzione negli USA di 13.335.000 concentrati piastrinici nel 2006,
10.388.000 (78%) dei quali trasfusi ai pazienti. Questi dati indicano un fabbisogno di produzione per milione di
abitanti per anno di circa 45.000 concentrati piastrinici da donazione standard di sangue intero (corrispondenti a
7.700 dosi per paziente adulto ottenute da aferesi). Nella definizione dell'inventario ottimale, va anche considerato che la dose piastrinica trasfusionale media può differire nei diversi Paesi, come indicato in alcuni studi che
documentano dosi significativamente più elevate negli USA rispetto ad alcuni Paesi europei. Sulla base di queste
considerazioni è ragionevole attendersi un fabbisogno di concentrati piastrinici in Europa inferiore ai 45.000 concentrati (o 7.700 dosi per paziente adulto) prodotti negli USA per anno per milione di abitanti.
The 2007 National Blood Collection and Utilization Survey Report
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# 2. Consumo giornaliero fisiologico di piastrine
In un importante studio pubblicato nel 1985, Hanson e Slichter valutarono 16 soggetti normali e 27 pazienti
affetti da stabile trombocitopenia iporegenerativa, non trattati, con un conteggio piastrinico compreso fra 12.000
e 70.000 piastrine per microlitro. Obiettivo dello studio era determinare la vita media delle piastrine dopo marcatura con 51Cr e trasfusione autologa nei soggetti normali o trasfusione autologa e allogenica nei pazienti. Il
recupero piastrinico post-trasfusionale risultò normale (74 ± 15%) in presenza di un conteggio piastrinico superiore a 50.000 per microlitro e significativamente ridotto (50 ± 22%) nei soggetti con conteggio piastrinico inferiore a tale valore. I dati ottenuti nei pazienti e nei soggetti normali vennero utilizzati per costruire un modello
matematico predittivo di una vita media delle piastrine di 10,5 giorni e di un consumo fisso giornaliero di 7.100
piastrine per microlitro, circa il 18% della frazione normale di produzione piastrinica giornaliera, corrispondente
mediamente a 41.200 piastrine per microlitro.
L'identificazione del consumo fisso giornaliero di 7.100 piastrine per microlitro per mantenere l'integrità
dell'endotelio microvascolare concorre a sostenere l'attuale consenso sulla sicurezza del valore soglia pretrasfusionale di 10.000 piastrine per microlitro nei pazienti oncoematologici stabili.
# 3. Correlazione fra tempo di sanguinamento e conteggio piastrinico
Risale all'inizio degli anni '70 una delle prime valutazioni sistematiche della modifica del tempo di sanguinamento al diminuire del conteggio piastrinico. Nel lavoro pubblicato sul New England Journal of Medicine del 27
luglio 1972, Harker e Slichter riportano un'ottima relazione lineare inversa fra il tempo di sanguinamento ('standardized template bleeding time') e conteggio piastrinico, nell'ambito dei valori compresi fra 10.000 e 100.000
piastrine per microlitro. Utilizzando i dati raccolti in 100 soggetti normali, che presentavano un tempo di sanguinamento medio di 4,5 ± 1,5 minuti, e 136 pazienti affetti da diverse patologie, questi autori hanno definito la possibilità di predire il tempo di sanguinamento (minuti) sulla base della seguente formula: 30,5 – (conteggio piastrinico per microlitro/3850).
# 4. Non vi è evidenza di un valore soglia ben definito del conteggio piastrinico che correli con il rischio di comparsa di emorragie clinicamente rilevanti
Nonostante il lavoro di Gaydos e collaboratori pubblicato sul New England Journal of Medicine del 3 maggio 1962
affermasse chiaramente la mancanza di tale evidenza, numerose pubblicazioni hanno fatto riferimento a questo lavoro per giustificare la tradizionale raccomandazione di trasfondere i pazienti oncoematologici trombocitopenici quando il conteggio piastrinico scende al di sotto di 20.000 piastrine per microlitro. I dati originali di Gaydos e collaboratori dimostrano chiaramente un progressivo aumento del rischio sia per le emorragie minori che per quelle di maggiore
rilevanza clinica, senza però che sia chiaramente definibile un valore soglia. Queste classiche osservazioni confermano quindi quanto sia importante valutare complessivamente il paziente prima di formulare una richiesta di trasfusione
piastrinica, attribuendo correttamente al conteggio piastrinico l'importante ma non esaustivo ruolo di un parametro di
laboratorio utile per definire l'indicazione trasfusionale.
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# 5. Efficacia nel tempo del supporto trasfusionale piastrinico nel paziente leucemico
I pazienti leucemici rappresentano una casistica particolare di riceventi della trasfusione di piastrine, in quanto
numerosi fattori detrimentali clinici, immunologici e farmacologici associati alla patologia di base possono
ridurre significativamente l'efficacia del supporto trasfusionale. Questi fattori sono stati identificati in un altro
classico lavoro di Slichter e collaboratori eseguito sull'ampia casistica di 533 pazienti arruolati nello studio
TRAP (Trial to Reduce Alloimmunization to Platelets) e pubblicato nel 2005. Analizzando 6379 episodi
trasfusionali, gli autori hanno identificato un'associazione statisticamente significativa fra i seguenti fattori del
paziente e una riduzione dell'incremento post-trasfusionale del conteggio piastrinico: due o più gravidanze
pregresse, sesso maschile, splenomegalia, emorragia, febbre, infezione, coagulazione intravascolare
disseminata, peso e altezza elevati, allo-immunizzazione anti-linfocitaria, elevato numero di pregresse
trasfusioni piastriniche, trattamento con eparina o amfotericina. Inoltre, questo studio ha documentato il
progressivo decremento dell'efficacia del supporto trasfusionale piastrinico nei pazienti leucemici immunizzati
e non immunizzati, da un valore iniziale di circa 33.000 piastrine per microlitro dell'incremento posttrasfusionale ad 1 ora (e un intervallo inter-trasfusionale di circa 3 giorni) a circa 20.000 piastrine per microlitro
(e un intervallo inter-trasfusionale di 1,7 giorni) dopo 25 trasfusioni.
# 6. Il rischio emorragico non è diverso in presenza di una dose trasfusionale piastrinica compresa fra 110 e
440 miliardi di piastrine
Questo recente studio randomizzato multicentrico, pubblicato nel 2010 sul New England Journal of Medicine,
dimostra su un'ampia casistica di 1272 pazienti la sicurezza della trasfusione profilattica di concentrati piastrinici
contenenti dosi assai diverse (110, 220 o 440 miliardi di piastrine per episodio trasfusionale). Nei tre gruppi randomizzati alle diverse dosi trasfusionali, la frequenza di emorragie di grado 2 o maggiore secondo la scala dell'OMS è
risultata statisticamente e clinicamente non significativamente diversa. Infatti, tali emorragie sono state riscontrate
rispettivamente nel 71%, 69% e 70% dei pazienti. Lo studio ha inoltre evidenziato una identica distribuzione del
numero di giorni con emorragia di grado 2 o maggiore nei tre gruppi di pazienti (mediana: 1 giorno, range: 0-4).
L'unico decesso associato ad emorragia è stato riscontrato nel gruppo trasfuso con la dose più elevata. Questo studio conferma quindi l'equivalenza delle tre dosi e la non necessità di prescrivere dosi trasfusionali elevate assumendo una maggiore efficacia di queste ultime nella prevenzione degli eventi emorragici. La somministrazione di
un'alta dose può peraltro risultare utile e conveniente per estendere l'intervallo inter-trasfusionale nei pazienti sottoposti a trasfusione piastrinica cronica, spesso in regime ambulatoriale.
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La trasfusione di piastrine 101 anni dopo
# 7. La qualità e l'efficacia clinica delle piastrine da aferesi e da donazione di sangue intero sono equivalenti
La letteratura su questo tema è assai ricca di dati sperimentali, revisioni critiche ed editoriali relativi alle numerose apparecchiature commerciali di aferesi e alle diverse procedure di preparazione dei concentrati piastrinici da
sangue intero con il metodo prevalentemente utilizzato negli USA (platelet-rich plasma) e in Europa (buffycoat). Come ricordato in precedenza, nonostante appaiano ancora periodicamente posizioni strenuamente a favore di una delle diverse opzioni produttive, è attualmente prevalente l'opinione dell'equivalenza clinica dei concentrati preparati con le diverse metodiche, cui si associa l'evidenza di un maggior costo delle procedure di aferesI. Un'importante analisi economica è stata eseguita a tale riguardo da Lopez Plaza e collaboratori, per determinare il rapporto costo/efficacia di un protocollo trasfusionale basato solamente sull'utilizzo di piastrine da aferesi.
Lo studio ha evidenziato un costo di 519.822 dollari USA (un valore corrispondente a oltre 10 volte il valore di
circa 50.000 dollari usualmente utilizzato come riferimento da non superare nelle procedure sanitarie) per ogni
anno di vita ('quality-adjusted life year – QALY) che tale procedura aggiunge all'aspettativa di vita del ricevente.
Le procedure di aferesi, peraltro, facilitano l'approvvigionamento quando il numero dei donatori è insufficiente a
coprire il fabbisogno solamente con le donazioni di sangue intero e nei casi in cui sia necessario utilizzare donatori HLA tipizzati per il trattamento dei pazienti refrattari al supporto trasfusionale da donatori random.
# 8. L'ottimizzazione delle tecnologie per l'identificazione dei concentrati piastrinici contaminati da
batteri è ancora in corso
Successivamente alla segnalazione della gravità delle reazioni settiche causate da una piccola (ma clinicamente
non irrilevante) percentuale di concentrati piastrinici contaminati da batteri, sono stati messi a punto diversi
sistemi commerciali per la loro identificazione, il cui uso è obbligatorio in alcuni Paesi. I metodi finora sviluppati
8
presentano livelli di sensibilità assai diversi ( da 10 a 10 CFU/mL), cui conseguono diverse probabilità di
incorrere in risultati falsamente negativi. Il perfezionamento di queste metodiche è reso assai complesso da
numerosi fattori, fra cui la molteplicità e le diverse caratteristiche biologiche dei ceppi batterici contaminanti,
nonché la necessità di campionare i concentrati abbastanza precocemente per poter disporre di un intervallo
temporale sufficientemente lungo dopo l'acquisizione del risultato del test per utilizzare il concentrato a scopo
trasfusionale entro la scadenza di 5-7 giorni, che però si associa al rischio di inoculare, particolarmente nel caso
dei concentrati con bassi livelli di contaminazione iniziale, una carica batterica inferiore alla sensibilità del test.
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La trasfusione di piastrine 101 anni dopo
# 9. I pazienti oncoematologici in condizioni stabili non necessitano usualmente di supporto trasfusionale
profilattico a livelli del conteggio piastrinico superiori a 10.000 piastrine per microlitro
Nella seconda metà degli anni '90 alcuni studi randomizzati hanno dimostrato che nel paziente leucemico è
sufficientemente sicuro mantenere un livello del conteggio piastrinico superiore a 10.000 piastrine per
microlitro per prevenire la comparsa di emorragie clinicamente rilevanti (v tabella, Rebulla e coll, NEJM 1997).
Questa indicazione, che consente di ridurre il fabbisogno di concentrati piastrinici di circa il 20% rispetto alla
tradizionale indicazione di mantenere i pazienti a livelli superiori a 20.000 piastrine per microlitro, è attualmente
incorporata in numerose linee guida nazionali e internazionali sulla trasfusione di piastrine. A tale riguardo, va
comunque sottolineato che il conteggio piastrinico rappresenta solo un parametro di laboratorio, importante ma
non esaustivo, nel contesto della indicazione alla trasfusione di piastrine. Quest'ultima deve essere valutata sulla
base di un attento esame clinico del paziente e di altre considerazioni, fra cui la comparsa di emorragie nei giorni
precedenti, la velocità di discesa del conteggio piastrinico nei pazienti sottoposti a cicli di chemioterapia, la
presenza di febbre o sepsi nel ricevente, la concomitante somministrazione di farmaci capaci di ridurre la
sopravvivenza in circolo delle piastrine trasfuse, lo stato di allo-immunizzazione del ricevente.
Conteggio piastrinico pretrasfusionale 10.000/uL (n=135) 20.000/uL (n=120)
29 (21,5)
24 (20,0)
No. di pazienti (%) con episodi emorragici
21 (15,6)
18 (15,0)
1
7 (5,2)
2
3 (2,5)
0
3
3 (2,5)
4
1 (0,7)
0
>4
0
0
No. (%) di giorni di ricovero con emor123 (3,1)
65 (2,0)
ragie maggiori
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La trasfusione di piastrine 101 anni dopo
# 10. I pazienti refrattari alla trasfusione di piastrine random possono essere efficacemente trasfusi previa
prova di compatibilità piastrinica
Il 40-50% dei pazienti ripetutamente trasfusi con piastrine (prevalentemente pazienti oncoematologici) produce
anticorpi contro antigeni del sistema HLA se gli emocomponenti non sono sottoposti a leucoriduzione. In un
terzo circa dei casi immunizzati, questi anticorpi possono ridurre significativamente l'incremento posttrasfusionale del conteggio piastrinico e quindi vanificare l'effetto profilattico della trasfusione rispetto al rischio
di emorragia. Per questi pazienti – refrattari per cause immunologiche - è necessario selezionare piastrine HLA
compatibili. Ciò può essere realizzato accedendo a specifici registri di donatori di piastrine tipizzati per il
sistema HLA o ai registri di donatori di cellule staminali emopoietiche, anch'essi tipizzati per il sistema HLA.
Questa strategia, benché di provata efficacia, richiede la disponibilità di un elevato numero di donatori tipizzati,
in considerazione dell'elevato polimorfismo del sistema HLA. Una valida alternativa consiste nel selezionare le
piastrine da trasfondere mediante prova di compatibilità.
L'efficacia di questa strategia trasfusionale è stata valutata in uno studio effettuato presso l'Ospedale Maggiore
Policlinico di Milano fra il 1999 e il 2001. In questo studio sono stati arruolati 40 pazienti consecutivi che hanno
manifestato refrattarietà alla trasfusione piastrinica, corrispondenti all'8% di 480 pazienti consecutivi sottoposti
a trasfusione piastrinica nello stesso periodo. I pazienti refrattari hanno ricevuto 569 trasfusioni piastriniche da
buffy-coat previa selezione dei buffy-coat compatibili mediante un test commerciale di ricerca di anticorpi antipiastrine con metodica di immunoaderenza, eseguito con un'apparecchiatura automatica. Gli incrementi del
conteggio piastrinico ad 1 ora e a 24 ore dalla trasfusione sono risultati significativamente superiori nei pazienti
trasfusi con piastrine compatibili (conteggio pre: 7.700 ± 5.500; post-1 ora: 32.000 ± 21.000; post-24 ore: 16.800
± 15.500 per microlitro) rispetto ai valori precedentemente riscontrati dopo trasfusione di piastrine random
(conteggio pre: 7.000 ± 8.600; post-1 ora: 15.900 ± 16.100; post-24 ore: 9.600 ± 12.800 per microlitro). Questo
studio conferma la validità della selezione mediante prova di compatibilità, che consente di trasfondere piastrine
compatibili ed efficaci nella stessa giornata in cui viene riscontrata la refrattarietà alla trasfusione di concentrati
random.
Flow-chart del cross-match piastrinico
Siero del
paziente
Ricerca di anticorpi anti-piastrine
con 8 sospensioni piastriniche
Stop
Trasfusione
NO
POS
?
SI
Preparazione del
concentrato piastrinico
Cross-match dei
buffy-coat disponibili
Selezione dei buffy-coat
compatibili
Valutazione dell’efficacia
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La trasfusione di piastrine 101 anni dopo
La trasfusione di piastrine nel 2011 e le prospettive future
La terapia trasfusionale piastrinica segue attualmente procedure estremamente consolidate, descritte in
numerose linee guida e revisioni della letteratura recentemente pubblicate. Una ricerca effettuata il 26 aprile
2011 su PubMed con i termini 'platelet transfusion' ha evidenziato ben 34 revisioni della letteratura pubblicate in
inglese nell'ultimo anno. A queste si aggiungono numerose linee guida. Queste pubblicazioni, cui si rimanda il
lettore interessato a particolari dettagli e casistiche selezionate, forniscono le indicazioni consolidate nella
recente letteratura per il trattamento del paziente chirurgico e del paziente medico, durante la vita prenatale e
postnatale, con specifici riferimenti alla fase pediatrica e alla vita adulta.
Conclusioni: cosa resta da fare.
Pur essendo trascorso più di un secolo dalle prime esperienze, molto resta ancora da fare nell'ambito della terapia
trasfusionale piastrinica. Un'interessante indicazione delle opportunità di ricerca clinica per i prossimi anni
viene da un recente convegno organizzato in settembre 2009 nella modalità di un “think tank” multidisciplinare
dall'US National Heart, Lung, and Blood Institute, nel quale sono stati identificati 'the top 10 clinical trial
opportunities in transfusion medicine' (Transfusion 2011;51:828-41). Cinque di questi studi clinici riguardano
la trasfusione di piastrine:
(1) Strategie trasfusionali piastriniche per prevenire o ridurre i rischi emorragici nei neonati e nei
pazienti adulti – stima del campione: 2252 pazienti;
(2) Studio clinico randomizzato di confronto fra una strategia trasfusionale profilattica e una strategia
limitata al trattamento delle emorragie in pazienti trombocitopenici oncoematologici – stima del
campione: 1800 pazienti;
(3) Rianimazione post-traumatica utilizzando diversi rapporti plasma/emazie nel supporto
trasfusionale – stima del campione: 580 pazienti sottoposti a trasfusione massiva;
(4) Valutazione di concentrati piastrinici sottoposti a riduzione dei patogeni – stima del campione:
150 pazienti per braccio di trattamento;
(5) Prevenzione dell'allo-immunizzazione mediante procedure di inattivazione dei patogeni nei
concentrati piastrinici – stima del campione: 300 pazienti.
Gli esperti presenti a questo “think tank” hanno stimato che questi studi clinici possano essere completati in 1-3
anni.
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La trasfusione di piastrine 101 anni dopo
Buon lavoro!
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La trasfusione di piastrine 101 anni dopo
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La trasfusione di piastrine 101 anni dopo
Appendice. Metodologie di preparazione e controllo di qualità dei concentrati
piastrinici.
1. Unità di sangue
2. Unità dopo la centrifugazione
3. Trasferimento della soluzione
additiva eritrocitaria
soluzione
additiva
Buffy
coat
Plasma
Globuli
rossi
Preparazione manuale degli emocomponenti
pagina 27
La trasfusione di piastrine 101 anni dopo
1. Rimozione del plasma
2. Rimozione del buffy-coat
3. Trasferimento della soluzione
additiva eritrocitaria
Preparazione automatica degli emocomponenti
pagina 28
La trasfusione di piastrine 101 anni dopo
Pool di piastrine da buffy-coat sospese in 30% plasma
- 70% soluzione cristalloide
pagina 29
La trasfusione di piastrine 101 anni dopo
La valutazione dell'effetto 'swirling' prodotto dalle piastrine di forma discoide è un rapido ed efficace test per
il controllo di qualità dei concentrati piastrinici che può essere eseguito nel centro trasfusionale e al letto del
paziente
pagina 30
La trasfusione di piastrine 101 anni dopo
Un nuovo emocomponente: Gel Piastrinico prodotto da sangue placentare
pagina 31
La trasfusione di piastrine 101 anni dopo
XXI riunione scientifica del gruppo BEST.
Scott Murphy e Georges Andreu eseguono le Sonatine a 4 mani di Diabelli.
Musee d'Orsay, Parigi, 5 maggio 2001.
pagina 32