Decisione n. 1264 del 12 febbraio 2016

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Decisione n. 1264 del 12 febbraio 2016
Decisione N. 1264 del 12 febbraio 2016
COLLEGIO DI ROMA
composto dai signori:
(RM) MASSERA
Presidente
(RM) GRECO
Membro designato dalla Banca d'Italia
(RM) POZZOLO
Membro designato dalla Banca d'Italia
(RM) NERVI
Membro designato da Associazione
rappresentativa degli intermediari
(RM) RABITTI
Membro designato da
rappresentativa dei clienti
Associazione
Relatore GRECO FERNANDO
Nella seduta del 04/12/2015 dopo aver esaminato:
- il ricorso e la documentazione allegata
- le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione
- la relazione della Segreteria tecnica
FATTO
Il ricorrente, intestatario di un contratto di conto corrente presso Poste Italiane
S.p.A., in sede di ricorso esponeva di aver attivato da parecchi anni il servizio di addebito
diretto in conto corrente, per il pagamento delle utenze telefoniche.
A seguito del recesso dal contratto sottoscritto con il proprio operatore telefonico,
riceveva da quest’ultimo una fattura per i consumi relativi ad un periodo successivo
rispetto allo scioglimento del vincolo contrattuale.
In considerazione di tali circostanze, in data 21.03.2014 – al fine di evitare il non
dovuto pagamento della fattura – il ricorrente si recava presso uno sportello della
resistente, per revocare l’addebito diretto in conto corrente, precedentemente disposto a
favore dell’operatore telefonico.
Tuttavia, in data 23.04.2014 riceveva dall’intermediario l’estratto conto dal quale si
evinceva che, in data 24.03.2014 (dunque, successivamente alla revoca della
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domiciliazione), era stato pagato all’operatore telefonico l’importo di euro 105,38, come da
fattura.
Richieste delucidazioni in merito all’accaduto, la resistente – come, poi, ribadito
anche in sede di controdeduzioni – rilevava che, come da richiesta del cliente, era stata
revocata la domiciliazione RID; tuttavia, nel frattempo la creditrice migrava sulla nuova
piattaforma SSD la delega del ricorrente, causando così il transito in data 24.03.2014 del
lamentato addebito. In considerazione di ciò, parte resistente riteneva che nessun
addebito potesse esserle mosso.
Pertanto, veniva proposto ricorso innanzi a questo arbitro, chiedendo la condanna
dell’intermediario al rimborso della somma di euro 105,38, illegittimamente addebitatagli in
conto corrente per il pagamento di una fattura, successivamente alla revoca della
domiciliazione a favore della società creditrice.
In considerazione della domanda formulata dal ricorrente, parte resistente
preliminarmente chiedeva che il ricorso venisse dichiarato irricevibile, difettando in capo a
Poste Italiane S.p.A. la legittimazione passiva; nel merito, chiedeva il rigetto della
domanda in mancanza di qualunque responsabilità a carico dell’intermediario, rilevando
che l’accaduto fosse addebitabile in via esclusiva all’operatore.
DIRITTO
Come noto, attraverso il rapporto di conto corrente, il cliente può accedere a una
serie di servizi prestati dalla banca nello svolgimento della sua tradizionale funzione di
intermediazione nel sistema dei pagamenti.
In quest’ambito si pone la procedura RID (Rapporto Interbancario Diretto), con la
quale il cliente autorizza l’intermediario a eseguire ordini di addebito impartiti da un terzo,
sulla base di un rapporto di fornitura (si pensi alla c.d. domiciliazione bancaria delle utenze
domestiche) o di finanziamento (rimborso di prestiti personali; restituzione di somme
utilizzate attraverso carte di credito; rimborso di rate di mutuo; etc.).
Proprio in relazione a tali procedure, questo Arbitro ha già avuto modo di rilevare
che regola generale nell’ambito dell’esecuzione di incarichi per conto del cliente è che nel
caso in cui l’intermediario proceda ad addebiti in mancanza della preventiva
autorizzazione il cliente ha diritto ad essere rimborsato (Cfr. ABF, decisione n. 1633/2012).
Tuttavia, la diffusione di tali servizi e la loro crescente rilevanza transnazionale
hanno determinato un sempre più diffuso interesse del legislatore comunitario per le
modalità con cui essi sono prestati. Tale processo ha condotto a elaborare un quadro
normativo di riferimento che si articola su più livelli e che comprende, fra l’altro, la direttiva
sui servizi di pagamento (PSD – Payments Services Directive) e un’apposita
regolamentazione che stabilisce i requisiti tecnici e commerciali per i bonifici e gli addebiti
diretti in euro.
Proprio in tale generale processo di modificazione si colloca il superamento della
procedura RID che, dal 1° febbraio 2014 - in esecuzione del Regolamento UE n.260/2012
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e del Provvedimento applicativo della Banca d’Italia del 22 febbraio 2013 - è stata
sostituita dallo strumento di incasso europeo SEPA (Single European Payments Area).
Il progetto SEPA mira ad estendere il processo d’integrazione europea ai
pagamenti al dettaglio in euro effettuati con strumenti diversi dal contante, con l’obiettivo di
favorire l’efficienza e la concorrenza fra prestatori di servizi di pagamento all’interno
dell’area euro. I servizi SEPA si applicano nel caso in cui i conti di pagamento utilizzati dal
pagatore e dal beneficiario siano entrambi intrattenuti presso prestatori di servizi di
pagamento situati nei Paesi dell’Unione europea, nonché in Svizzera, Norvegia, Islanda,
Liechtenstein, Principato di Monaco.
A partire da tale data, pertanto, le cc.dd. domiciliazioni vengono effettuate
avvalendosi del:
•SDD CORE: servizio di addebito in conto, utilizzabile indistintamente nei confronti
di qualsiasi tipologia di cliente (consumatori, non consumatori/microimprese),
caratterizzato dalla facoltà per il debitore di richiedere il rimborso delle operazioni fino a 8
settimane successive alla data di addebito, qualora l'importo risultasse errato o l'addebito
non fosse, per qualsiasi altro motivo, corrispondente a quanto concordato con l'impresa,
ovvero, entro 13 mesi, per operazioni non autorizzate;
•SDD B2B (Business to Business): servizio di addebito in conto riservato alla
clientela non rientrante tra i consumatori o le microimprese, caratterizzato dalla sola
facoltà di rimborso entro 13 mesi per le operazioni non autorizzate.
Al fine di agevolare l’esecuzione di tale processo è stato espressamente previsto
che, nella migrazione verso il nuovo sistema di pagamento, le domiciliazioni già attivate
tramite RID venissero automaticamente trasformate in addebiti diretti SEPA; evitando che
il cliente dovesse attivarsi per confermarne la validità e, dunque, senza la necessità di
sottoscrivere un nuovo mandato, secondo il principio di continuità delle deleghe.
Al fine di permettere il funzionamento di tale automatismo, la banca del debitore,
ricevuto il primo SDD, grazie all’indicazione della coordinata d’azienda tradizionale RID,
dovrebbe essere in grado di riconoscere la riferibilità della disposizione ad una vecchia
autorizzazione, effettuando così la migrazione verso il nuovo mandato di addebito SEPA.
Pur nelle difformità di gestione degli incarichi, appare fuori da ogni dubbio che, nel
passaggio dal sistema RID al SEPA, in riferimento all’esecuzione dei mandati già ricevuti,
il ruolo affidato agli intermediari debba ritenersi di primaria importanza, in quanto
riconnesso alla garanzia della certezza e correttezza dei pagamenti.
Ed infatti, si rileva che il Provvedimento della Banca d’Italia, recante istruzioni
applicative del Regolamento 260/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, che
stabilisce i requisiti tecnici e commerciali per i bonifici e gli addebiti diretti in euro e che
modifica il Regolamento (CE) n. 924/2009, all’art. 5 prevede che “I prestatori di servizi di
pagamento – ai sensi dell’art. 126-sexies del d.lgs 1° settembre 1993, n. 385 – entro il 1°
maggio 2013 propongono ove necessario alla propria clientela le modifiche delle
condizioni contrattuali connesse con l’esecuzione dei bonifici in conformità con i requisiti
del Regolamento 260/2012. Il beneficiario di servizi di addebito diretto nazionali informa il
pagatore dell’intenzione di avvalersi dell’addebito diretto conforme a quanto previsto dal
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Regolamento 260/2012 con un preavviso di almeno 30 giorni rispetto alla data di
attivazione del servizio e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2013”.
Dal testo della citata disposizione si desume che la banca possa consentire
l’addebito sulla piattaforma SDD solo verificando la validità dei mandati che – avendo
riguardo al caso oggetto d’analisi – al momento dell’addebito difettava, stante la revoca
effettuata in data 21.03.2014.
Tanto premesso, appare opportuno rinviare a quanto affermato dalla resistente
nelle proprie controdeduzioni, nelle quali disconosce gli addebiti mossi dal cliente,
adducendo che “si è provveduto a revocare la domiciliazione RID, come da espressa
richiesta del cliente del 21.03.2014, ma nel frattempo la società creditrice ha migrato sulla
nuova piattaforma SDD la delega del ricorrente, comportando così l’addebito contestato”.
Si tratta di una formulazione che rende difficile fare chiarezza sulle circostanze in
cui l’illegittimo addebito è stato effettuato. In ogni caso, sembra ragionevole poter
interpretare le affermazioni contenute nelle controdeduzioni nel senso che la migrazione
della creditrice sulla nuova piattaforma sia stata immediatamente successiva alla revoca
dell’autorizzazione al pagamento.
In questo caso, deve ritenersi che Poste Italiane al momento della ricezione del
primo SDD da parte di Tiscali, non sia stata in grado di rilevare che la disposizione si
riferiva ad una vecchia autorizzazione revocata e non ha, dunque, impedito la migrazione
al nuovo sistema (e il conseguente addebito).
La circostanza che il prestatore del servizio di pagamento non avesse completato la
migrazione al nuovo sistema deve ritenersi insita nel fatto stesso che sia stato dato corso
alla richiesta del ricorrente, procedendo a revocare l’autorizzazione sul sistema RID.
Se il passaggio al sistema SDD fosse già avvenuto al momento della richiesta, ciò
avrebbe imposto alla resistente di negare la revoca richiesta, in quanto la stessa sarebbe
stata improduttiva degli effetti voluti dal cliente e avrebbe dovuto renderlo edotto della
necessità di provvedere alla revoca direttamente nei confronti del beneficiario. Infatti, in
tale ipotesi alcun senso avrebbe avuto continuare ad operare sul sistema RID. Tuttavia,
anche in questo secondo caso la resistente non andrebbe esente da responsabilità per i
fatti oggetto di contestazione, assumendo rilievo la violazione da parte della resistente del
dovere di diligenza.
Questo Collegio, in circostanze similari, ha già avuto modo di precisare che,
l’intermediario “avendo preso in carico la richiesta del cliente ne avrebbe dovuto curare
con la dovuta diligenza gli interessi provvedendo a far sì che fossero correttamente
incanalati anche gli addebiti” (Coll. Roma, decisione 6666/2015).
Inoltre, la posizione privilegiata rivestita dall’intermediario nell’ambito del rapporto
intrattenuto con il ricorrente, avrebbe dovuto condurre Poste Italiane – nell’ambito di una
esecuzione del contratto secondo buona fede – ad informare il cliente delle modificazioni
in atto sul sistema RID, al fine di consentirgli una migliore comprensione della vicenda e,
dunque, una più pregnante tutela dei propri interessi.
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D’altro canto, nessun addebito si ritiene di poter muovere nei riguardi del ricorrente,
in considerazione della tempestività della sua richiesta di revoca. Al riguardo, l’art. 17,
comma 3, d.lgs. 11/2010, prevede che “Nel caso di addebito diretto e fatti salvi i diritti di
rimborso, il pagatore può revocare l’ordine di pagamento non oltre la fine della giornata
operativa precedente il giorno concordato per l’addebito dei fondi. Il prestatore di servizi di
pagamento del pagatore dà tempestiva comunicazione della revoca al prestatore di servizi
di pagamento del beneficiario, ove le modalità e i tempi di effettuazione della revoca lo
consentano”.
In considerazione delle argomentazioni fin qui esposte, il Collegio ritiene applicabile
al caso di specie l’art. 5 d.lgs. 11/2010, secondo cui “Le operazioni di pagamento eseguite
dopo la revoca del consenso ad eseguire più operazioni di pagamento non possono
essere considerate autorizzate”.
Il Collegio, valutate le circostanze del caso concreto, rileva come il rimborso
integrale costituisca la forma di tutela più efficace nel caso di un’operazione di pagamento
non autorizzata, quale deve essere considerata quella oggetto d’esame. Infatti, nel
pagamento eseguito a favore dell’operatore telefonico, a differenza delle operazioni di
pagamento non eseguite correttamente, manca il presupposto fondamentale della volontà
del pagatore di effettuare il pagamento.
Pertanto, il ricorso proposto merita accoglimento.
P.Q.M.
Il Collegio, in accoglimento del ricorso, dispone che l’intermediario
corrisponda al ricorrente l’importo di euro 105,38 con interessi legali dalla data del
reclamo al saldo.
Dispone, inoltre, ai sensi della vigente normativa, che l’intermediario
corrisponda alla Banca d’Italia la somma di Euro 200,00 (duecento/00) quale
contributo alle spese della procedura e al ricorrente quella di Euro 20,00 (venti/00)
quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso.
IL PRESIDENTE
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