La ragazza non sapeva di essere incinta
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La ragazza non sapeva di essere incinta
Copia di decb1c6f115e9dd073bd2b663453ba9d Padova DOMENICA 19 GIUGNO 2016 IL MATTINO 23 » «La ragazza non sapeva di essere incinta» EMERGENZA PROFUGHI DRAMMA ALLA PRANDINA La Prefettura: non ci sono minori non accompagnati nell’ex caserma, nessuna segnalazione in Procura per l’aborto Il mare, l’ignoto, la traversata, la terra tutt’altro che promessa, l’inconsapevolezza di una gravidanza frutto di violenza o forse no, l’infezione, il ricovero in clinica ostetrica, il fratello che l’accompagna, le dimissioni, infine l’accoglienza in una struttura protetta a Vicenza. Si tinge di umano il dramma di una sedicenne nigeriana che, arrivata a Padova il 31 maggio scorso da Siracusa, ha scoperto solo quando si è sentita male di essere incinta. Gravidanza compromessa da un’infezione all’utero che l’ha costretta ad abortire. Un caso che ha messo in allarme strutture ospedaliere e operatori che lavorano all’interno dell’ex caserma Prandina dove la giovane è stata ospitata appena arrivata dalla Sicilia, insieme al fratello maggiorenne. Da ieri la giovane è ospite di una comunità che si occupa di minori disagiate. Nel frattempo la Prefettura ha spiegato che nell’ex Prandina non ci sono mai stati minori non accompagnati («la giovane era con il fratello maggiorenne), ma soprattutto che la ragazza «non sapeva di essere incinta e non ha detto nulla al medico che l’ha visitata». «Chiunque arrivi a Padova pri- poste italiane All’Arcella c’è l’ufficio multietnico Poste Italiane potenzia i servizi di trasferimento fondi per l’estero e avvia una campagna informativa in collaborazione con MoneyGram, ribadendo il suo impegno per l’inclusione sociale dei “nuovi italiani”. Gli stranieri residenti in provincia di Padova sono 96.000, il 10% circa della popolazione residente. La comunità straniera più numerosa è quella proveniente dalla Romania con il 31 % di tutti gli stranieri presenti sul territorio, seguita dalla Moldavia (12%) e dal Marocco (11%). Poste Italiane ha assicurato agli stranieri di recente immigrazione un sistema semplice e sempre più sicuro per trasferire fondi in tempo reale al Paese di origine, in 201 paesi in tutti i continenti. Per trasferire fondi non è necessario essere titolare di conto corrente e si può compiere l’operazione di invio anche via internet. Gli uffici multietnici sono riconoscibili anche per un particolare allestimento grafico e per la presenza di materiali informativi nelle lingue delle comunità più densamente presenti no nel quartiere. Gli uffici multietnici già attivi sono 20 in diverse regioni e la rete sarà progressivamente estesa nei mesi prossimi. Il primo ufficio del Veneto è già attivo a Padova, nel quartiere Arcella. venerdì scorso, ieri è stata presa in carico dai servizi sociali del Comune e trasferita in una struttura protetta nel Vicentino. «Quando le persone arrivano dalla Sicilia sono già state sottoposte a uno screening medico» aggiunge il vice capo di Gabinetto della Prefettura, «Nonostante ciò, c’è sempre un medico alla Prandina. Da questo punto di vista c’è il pieno rispetto della normativa in materia di accoglienza di migranti. Spiace che si dica il contrario, ma non è così». Messa in fila la cronologia dei fatti, spazzati i dubbi, resta il dramma di una ragazza in cerca una nuova serenità, oltre che di una nuova vita. Paolo Baron I moduli costruiti all’interno dell’ex caserma Prandina per ospitare i migranti ma di essere ospitato alla ex Prandina è sottoposto a una visita», sottolinea il vice capo di Gabinetto della Prefettura Alessandro Sallusto. «La ragazza non ha detto nulla e non c’era motivo di allarmarsi. Appena si è sentita male è stata accompagnata in Pronto soccorso e solo lì i medici hanno scoperto della gravidanza e dell’infezione. Ma è importante ribadire che nessun minore non accompagnato è mai entrato in Prandina e che allo stato non esiste alcuna segnalazione in procura perché tutto è stato fatto secondo le norme». Ed è lo stesso Sallusto a raccontare la vicenda della giovane mettendo in fila i fatti. La ragazza è arrivata da Siracusa a Padova il 31 maggio. Visitata da un medico dell’Usl 16 è stata ospitata nella struttura di via Orsini insieme al fratello maggiorenne. Il 2 giugno la giovane ha accusato un malore ed è stata ricoverata. Prima in Pronto soccorso, poi in Clinica ostetrica dove ha avuto un aborto settico causato da un’infezione. Ricoverata fino a «La diversità sia una ricchezza» Il vescovo Cipolla al Giubileo dei giovani: siate capaci di coinvolgere gli altri «Misericordia: è la legge fondamentale che abita nel cuore di ogni persona quando guarda con occhi sinceri il fratello che incontra nel cammino della vita. Chiunque entra nella Porta della Misericordia, può sperimentare l’amore di Dio che consola, che perdona e dona speranza». Con queste parole di papa Francesco nel cuore, almeno 600 giovani hanno varcato, ieri pomeriggio, la porta della Misericordia della Cattedrale nella giornata del Giubileo dei giovani. Lentamente, senza fretta, ma con un largo sorriso di gioia sui volti giovani e giovanissimi. Ad attenderli don Claudio Cipolla, il vescovo che ha già conquistato i cuori dei padovani. Niente sedie o banchi, solo il pavimento del Duomo dove l’esercito degli under 18 si è accomodato con naturalezza appoggiato ai loro grossi zaini. «Non ci sono più i banchi» li ha salutati don Claudio «la chiesa è stata trasformata, si è adeguata a noi che siamo la chiesa viva: siamo tutti giovani perché io non ho intenzione di invecchiare velocemente. Camminare riflettere pregare condividere. Qsto è il nostro percorso di oggi. Simboleggia il percorso della nostra vita». Al centro della riflessione il corpo : «Quante cose buone possiamo fare con il nostro corpo» ha spiegato il vescovo «anche se è imperfetto e accidentato. Con le mani possiamo costruire, afferrare, toccare, pregare, ma possiamo anche uccidere. Con gli occhi possiamo osservare, guardare, piangere o anche sorridere, ma motremmo anche odiare. Con la bocca possiamo parlare, benedire, incoraggiare, ma potremmo anche bestemmiare. Con i piedi pisiamo avvicinarmi, fare strada, ma potremmo anche calpestare e scappare. Insieme facciamo un corpo unico, siamo legati gli uni agli altri, stiamo bene tutti insieme. La nostra diversità (di età, sensibilità, abilità) è la nostra ricchezza: rinunciare all’immagine di uno contro tutti per uno per tutti per uno». Quindi l’esortazione, rivolta proprio a loro, i giovani : «Forza, coraggio, voi credete con entusiasmo e siete capaci di coinvolgere gli altri: cantate la gioia, annunciate l’amore, raccontate il vangelo. Osate passi avventurosi verso Dio, i vostri occhi, cari giovani, brillano e sanno vedere oltre le apparenze pur sapendo essere critici. I vostri occhi sapranno sognare una chiesa, una società e un mondo che solo i santi vedono. Tengo a ciascuno di voi e sono sicuro saprete lasciare la vostra impronta. Ricordate che Misericordia è anche aprire orizzonti infiniti». Elvira Scigliano Il vescovo Cipolla con i giovani in Cattedrale (foto Bianchi) La città vista dai padovani di seconda generazione «Parlo con l’accento veneto, ma fiera delle mie origini» Il gruppo di italiani di seconda generazione Le vie del centro, le piazze, i portici. Ma anche il ristorante cinese di via Marsala, il kebab di piazza delle Erbe, la cevapciceria di via Belzoni. Ecco la Padova degli stranieri, raccontata da chi straniero non è, ma ha origini lontane: sono le così dette “seconde generazioni”, ragazzi e ragazze nati in Italia da genitori immigrati, italiani in tutto e per tutto ma dall’aspetto più vario. Sono stati loro, ieri, le guide turistiche lungo la “passeggiata interculturale” proposta dall’associazione Vite in viaggio, che insieme all’associazione Lies e al Dipartimento di Filosofia, Sociologia, Pedagogia e Psicolo- gia applicata (Fisppa) ha dato vita al progetto. Sono dieci le ragazze che hanno aderito all’iniziativa, proponendosi come guide: ieri c’erano Meriem Madani, 24 anni studentessa di Infermieristica, Francesca N’Danou, 22 anni, Sonya Agbodan, 26 anni e Marcela Tepelus, 22 anni, studentessa di Scienze Politiche, come anche Francesca e Sonya. Le ragazze hanno organizzato un tour pensato apposta per l’occasione, seguendo il fil rouge della gastronomia: il percorso si è snodato tra deliziose degustazioni e racconti di vita, emozioni e speranze. «è la mia città da quasi trent’anni» racconta la signora Arcobaleno, instancabile imprenditrice del ristorante Shanghai. Naturalmente «venivo da Trieste, dove qualcuno mi aveva detto “sai a Padova, che là è pieno di vita e di giovani». Aveva ragione: gli studenti che venivano tanti anni fa sono tornati da me, perché ora vengono a trovare i figli, universitari a loro volta». Una tappa, al San Gaetano, è stata dedicata anche ad una lettura: il racconto di Leyla Khalil, mamma italiana e papà libanese, che ha vinto il premio Slow Food al Salone del libro di Torino. Una storia fatta di sapori, famiglia e lingue diverse: le conversazioni della nonna libanese, che pensa in arabo ma parla francese, e della piccola Leyla, che pensa in italiano ma le risponde in francese. E nel frattempo impara a preparare polpettine libanesi, che portano con sé un sapore non solo di carne, ma anche di casa e di affetti. «Io sono arrivata qui a quattro mesi, il Togo l’ho visitato per la prima volta a 11 anni» racconta Sonya, una delle guide «È stato strano: io parlo con l’accento veneto, gesticolo come gli italiani, ma non sembro italiana. Lì ero uguale a tutti, ma mi sentivo straniera. Ora ho imparato ad andare fiera delle mie origini». Silvia Quaranta