Frida Kahlo e Autorità – Linda Finardi – Eredi

Transcript

Frida Kahlo e Autorità – Linda Finardi – Eredi
Per Eredibibliotecadonne, Savona
Frida Kahlo: autoritratto, autore, autorità.
Di Linda Finardi
L’arte di Frida Kahlo, valorizzata in modo particolare in questi ultimi anni, offre
diverse occasioni di riflessione. Una di queste è quella che come un filo rosso
connette la scelta stilistica dell’autoritratto come canale di espressione principale,
l’essere autore o autrice e il senso dell’autorità, tessendo la ricca trama della visione
che l’artista ha del suo essere al mondo.
Frida Kahlo non è certo l’unica artista che ha impiegato l’autoritratto come scelta
stilistica principale: si sono ritratte anche Marie Bashkirtseff, Anna Klumpke, Berthe
Morisot, Thérèse Schwartze, per citare alcune artiste poco note al grande pubblico,
ma nessuna di queste lo ha fatto con la ripetizione e forse l’ossessione con cui lo
ha fatto l’artista messicana. Più spesso lo hanno fatto Rembrandt, Van Gogh,
Albrecht Durer, ma non con la profondità e l’ampiezza descrittiva che rende l’opera
di Frida Kahlo particolarmente originale. Anzi, negli artisti citati si registra una “più
semplice” restituzione dei tratti fisici, espressione di disposizioni caratteriali ed
emozioni oppure un’attenzione per l’affermazione della propria professionalità e/o
ruolo sociale e culturale attraverso una simbologia che si articola con la
rappresentazione degli strumenti del mestiere (tavolozza, cavalletto e pennelli) e
con una retorica specifica caratterizzata dalla monumentalità ed eleganza della
posa, dai colori chiari, dalla raffinatezza delle vesti e altezzosità dello sguardo. Frida
Kahlo ci mostra quindi qualcosa di più di sé, la complessità del rapporto tra
individuo, lei in particolare, e contesto.
Terza figlia di Wilhelm Kahlo, fotografo ebreo d’origine ungaro-tedesca e Matilde
Calderon, nata a Coyoacán, un sobborgo di Città del Messico, il 6 luglio 1907.
Partire da sé, in prima persona
Sull’autoraffigurazione Frida Kahlo ha incentrato tutta la propria ricerca artistica;
scrive lei stessa così in una lettera all’amico Carlos Chavez: “I miei soggetti sono
sempre stati le mie sensazioni, i miei stati d’animo e le reazioni profonde che man
mano la vita suscitava in me, ho spesso oggettivato tutto questo in autoritratti, che
erano quanto di più sincero e reale potessi fare per esprimere quel che sentivo
dentro e fuori di me”. L’Artista attinge chiaramente come gli altri artisti dal proprio
vissuto, ma rende ancora più esplicito il percorso di riflessione e di indagine di sé
rispetto alle proprie esperienza, tanto da mantenere la propria individualità sempre
presente, centrale e riccamente rappresentata nel suo racconto. Frida Kahlo
sembra fare consapevolmente del “partire da sé” (Cfr. con Storia Vivente) un
principio di condotta: gli stati della sua vita entrano nella narrazione e la narrazione,
personale e insieme pubblica, è struttura, perché linguaggio, della libertà di lei che
la svolge. La libertà di esprimere il proprio vissuto restituendo a chi guarda
un’esperienza non solo umana ma più particolarmente femminile, cioè
un’esperienza del mondo che passa attraverso il proprio corpo di donna, diventa
funzionale al racconto della storia. L’Artista si svela come soggetto che diventa il
documento principale, la fonte, da cui attingere, attivando inoltre come lei stessa
afferma un processo di oggettivizzazione del proprio vissuto (o meglio,
dell’interpretazione che ne dà) che ne permette, attraverso la pubblicizzazione e
pubblicazione, la storicizzazione (cfr. Luisa Muraro in Laura Minguzzi).
Orgoglio e amore o tensioni e sofferenza
Le rappresentazioni fisiognomiche preferite da Frida Kahlo si possono riassumere
in due configurazioni: la prima è il ritratto autonomo del solo busto attraverso cui
esprime, con la scelta degli abiti e dei decori delle donne di Tehuantepec che
indossa e gli sguardi penetranti, un profondo orgoglio, amore e desiderio di
rivendicazione per le proprie radici messicane. La seconda è la raffigurazione del
corpo in uno stato per lo più di dolore, sofferenza o comunque di tensione. Lei
stessa fra l’altro afferma: “Io ho dipinto solo me stessa, perché si è soli nella
sofferenza, perché la sofferenza genere solitudine”.
Nel primo caso l’Artista ci dice come la sua personalità si concentri nella testa e
quindi come sia sufficiente a rappresentare l’intera individualità, come accadeva
per il ritratto romano. L’epoca della Kahlo è un’epoca in cui il ritratto ha già raggiunto
da tempo l’aderenza somatica al soggetto e la ricchezza psicologica che ne deriva.
In Frida Kahlo non c’è solo una attenzione ai tratti fisiognomici facciali che ci
possono parlare delle sue attitudini emotive, ma vi aggiunge una ricchezza
potremmo dire sociologica, cioè relativa al mondo di cui è circondata che va dal
Messico, con la sua dimensione culturale e naturalistica, ad altri luoghi in cui visse,
alla persona amata; Diego Rivera né è in questo senso il principale protagonista.
Eloquenti sono le opere “L'amoroso abbraccio dell'universo, la terra (Messico), io,
Diego e il signor Xólot” del 1949 e “Autoritratto al confine tra Messico e Stati Uniti”
del 1937, anche se non esauriscono il simbolismo con cui l’Artista codifica le proprie
esperienze, dove però appare chiaro il rapporto dialettico tra sé e il contesto e quindi
la centralità della relazione con l’Altro e degli effetti che essa ha sul proprio sé
secondo una introspezione più sociologica.
Nel secondo caso, con la rappresentazione del proprio intero corpo, l’Artista fa
maggiormente emergere il rapporto difficile con il proprio corpo. Il corpo tramortito
e ferito esprime ovviamente anche il tormento interiore che consegue all’”essere
dentro” un corpo “malfunzionante”. Cosa nota sono le malattie e le conseguenze
dell’incidente avuto in gioventù che le hanno provocato enormi difficoltà, tra cui
l’impossibilità di portare avanti una gravidanza e diventare madre, desiderio
chiaramente emergente dalla sua autobiografia per immagini e fra l’altro
imprescindibile dalla sessualità del suo corpo. Si vedano le opere “Frida Kahlo
Moses o Nucleo Solare” del 1945 e sempre “L'amoroso abbraccio dell'universo, la
terra (Messico), io, Diego e il signor Xólot”.
Autore e autorità
Il legame stretto tra autoritratto e autrice è chiaro: l’opera figurativa ha per oggetto
la rappresentazione del suo stesso autore, di colui che crea per forza del proprio
ingegno e che quindi “accresce e fa prosperare” (qualcosa di diverso dal semplice
fare). Non sorprende che i due termini, autore e autorità, abbiano la stessa origine:
derivano infatti dal latino auctoritas e auctor, che a loro volta derivano da augere
“accrescere” (Cfr. Luisa Muraro, “Autorità”, pagg.79-80).
Frida Kahlo non restituisce di sé solo una
immagine, ovvero una idea generale, ma una
vera e propria effigie carica della propria
espressività emotiva e caratteriale e della
simbologia della propria cultura d’origine e
quindi di una forza simbolica che esprime il
senso di autorità che la guida. L’Artista ci
guarda dalle sue tele - riguarda soprattutto la
prima autoraffigurazione fisiognomica di cui
si è parlato – con uno sguardo diretto e
consapevole
e
per
questo
potente
e
penetrante, per lo più senza intenti di sfida e
toni
aggressivi,
a
volte
invitante
e
accogliente. Con la forza del magistero dell’arte l’Artista porta a proprio vantaggio
un’”identità aumentata” che comunica prima del suo essere artista il suo essere
autrice, cioè creatrice, uscendo così dalla ricerca di una qualificazione identitaria
legata unicamente alla sua professione, che in effetti sarebbe riduttivo rispetto alla
complessità della sua personalità, ma soprattutto creando una indipendenza
simbolica rispetto ad altri artisti e ad una visione della femminilità al maschile. Frida
Kahlo crea con il linguaggio artistico un diverso ordine simbolico.
L’autorità che Frida Kahlo si conferisce con l’autoritratto ha la forza di esprimere
prima di tutto la propria individualità, la propria esperienza nel mondo, e insieme la
cultura
d’origine
che
l’accomuna
alle
donne
messicane.
Attraverso
l’autoraffigurazione con gli abbigliamenti tipici delle donne messicane e un
portamento aperto, sicuro ed orgoglioso, l’Artista è diventato allo stesso tempo un
personaggio comune e storico.
Anche se non pare essere stato un obiettivo ricercato guardando le sue opere, il
riconoscere nell’artista il senso di autorità ha fatto sì che nel corso del tempo sia
diventata un riferimento del movimento femminista: alle sue qualità le donne si sono
volontariamente in qualche misura assoggettate al fine di realizzare lo scopo
comune dell’emancipazione femminile. Mentre esplicita era la sua lotta contro le
diseguaglianze sociali: “L’High-Society di qui mi irrita”, scrisse in una lettera al dottor
Eloesser, “ce l’ho su con tutti questi ricchi, perché ho visto migliaia di persone nella
miseria più nera, senza niente da mangiare e senza un posto dove dormire; è la
cosa che mi ha colpito di più; è terribile vedere questi ricchi che fanno festa giorno
e notte mentre migliaia di persone muoiono di fame…”. Intento chiaro anche nella
scelta di far coincidere la propria data di nascita con lo scoppio della rivoluzione
messicana accaduta tre anni dopo, nel 1910. La rivoluzione aveva infatti significato
per i messicani la riscoperta orgogliosa delle proprie radici culturali, base
dell’identità nazionale e Frida Kahlo ne diventa una portavoce.
Frida Kahlo, ”documento vivente” del discorso storico
Esprimendo la propria esperienza fisica e sessuata del mondo e dall’altro e con lo
sguardo le proprie conquiste sociali ed intellettuali, Frida Kahlo diventa a tutti gli
effetti una testimonianza, un “documento vivente” con cui costruire il discorso
storico (Cfr. Marirì Martinengo in Laura Minguzzi) e quindi una fonte indiscutibile,
del processo di emancipazione femminile e insieme di emancipazione della cultura
popolare messicana.
Alla luce di questo approfondimento, il “partire da sé” non appare come un limite,
che la imprigiona in una autoanalisi solipsistica o nella cultura umanistica del
Rinascimento che pone al centro l’essere umano, ma come un inizio che trova
sviluppo in uno sguardo che fa continuamente la spola tra sé e il mondo. Frida
Kahlo ci appare come una donna sensibile — nel senso di percettiva —, acuta e
fredda osservatrice pur non guardando mai a distanza il mondo e i fatti: la sua
immaginazione non era utilizzata da lei per “andare altrove”, per perdere
momentaneamente memoria delle sue difficoltà, quanto piuttosto per rendere
accessibile la sua esperienza.
Consapevole del fatto che osservare e parlare delle opere di Frida Kahlo significa
anche in qualche modo tradurle con tutti i rischi di deformare il reale operando una
interpretazione che non necessariamente rispetta le intenzioni originarie dell’artista,
si può dire certamente che considerando il proprio volto e il proprio corpo degno di
attenzione e raffigurazione artistica, l’artista valorizza se stessa e insieme,
prestando la sua voce alle donne messicane fino allora mute. Anche l’irsutismo è
accettato dall’Artista, diventando un elemento distintivo e complementare della
propria personalità, parte integrante del suo essere umano, perché “una donna non
è mai solo una donna e non per questo diventa uomo” (cit. Luisa Muraro, Autorità,
pg.102). Frida Kahlo non si presenta come una vittima né degli uomini, né della
vita; non reclama nulla, non sorvola sulle differenze: “dice quello che vuol dire, ci
rende consapevoli di come stanno le cose” (cit. Luisa Muraro, Autorità, pg.62), cioè
reagisce, prende l’iniziativa, accettando la condizione umana e in particolare quella
femminile si assume la propria responsabilità.