Lo strano caso di Federico II Il Dizionario dei giochi
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Lo strano caso di Federico II Il Dizionario dei giochi
4_Mundus_5_6_Laboratorio_4_Mundus_5_6 02/03/12 15.58 Pagina 226 1 Lo strano caso di Federico II bbiamo bisogno ancora di Federico II? Non è una rivisitazione della domanda brechtiana sugli eroi, ma è uno dei quesiti che si pone l’autore, Marco Brando, giornalista vicecaporedattore di “City” che ha lavorato per sette anni in Puglia per il “Corriere del Mezzogiorno”. Il libro Lo strano caso di Federico II di Svevia. Un mito medievale nella cultura di massa, edito dalla casa editrice barese Palomar, con la prefazione di Raffaele Licinio e la postfazione di Franco Cardini, è un reportage giornalistico vero e proprio, un’inchiesta sulla nascita del mito del sovrano svevo e su come oggi è recepito, redatto in una scrittura piacevole e avvincente, come un giallo. L’indagine di Brando si sviluppa raccogliendo i casi di utilizzo, nazionali e internazionali, dell’immagine del sovrano medievale. Ha infatti scritto il medievista Franco Cardini: “Che sia un libro su Federico II non oserei negarlo: ma è soprattutto sull’oggi e su un triangolo i vertici del quale sono la Puglia col suo Federico glorificato e onnipresente, l’Italia settentrionale con il suo Federico malinteso e deprecato, la Germania col suo Federico negato e nascosto”. A 226 Uno sguardo sereno e disincantato sulla “federicomania”, su chi si specula e sui luoghi comuni che sapientemente sono alimentati. Ed ecco che Brando non segue soltanto i titoli o le dichiarazioni dei politici sui giornali, non legge soltanto le ultime ricerche storiografiche, ma anche i sondaggi e tasta il polso sia nel territorio extra italiano che in quello tedesco dove la figura dello Hohenstaufen è superata dal nonno paterno, il Barbarossa, e da Federico II Hohenzollern di Prussia, ma soprattutto da Beate Uhse, nota ai tedeschi come la “regina del sesso”, fondatrice e proprietaria della più conosciuta catena di negozi erotici: in un sondaggio del novembre 2003 della seconda rete nazionale tedesca, la Zdf, sui personaggi più famosi della Germania, il sovrano svevo era posto in novantaquattresima posizione, davanti al calciatore Uwe Seeler e dietro la “regina del sesso” teutonico. Soffermandosi sul caso italiano, in particolar modo del Nord Italia, Brando visiona alcuni casi legati alla storia nazionale più recente. Tra questi la medaglia d’oro al valor militare attribuita al gonfalone della città di Parma per aver partecipato alla Resistenza e consegnata poco dopo la Liberazione, l’8 settembre 1947. Nella targa commemorativa si parla di “vittoria sulle orde di Federico Imperatore” e di come i partigiani abbiano emulato i parmensi del 1248 quando sconfissero lo Svevo alle porte del loro comune. Attraverso casi come quello parmense il libro conduce una riflessione seria e attenta sulle genesi identitarie di un territorio, non solo regionale, ma anche nazionale, visto l’uso che alcuni esponenti leghisti fanno della storia. L’autore si sofferma, come fa anche per il mito in Puglia, sulla genesi e sulle caratteristiche del cocktail di miti alla base del Medioevo in salsa leghista: basato sull’odio verso il Barbarossa, e quindi verso il nipote, erroneamente visto come un soppressore dell’indipendenza dei liberi Comuni lombardi, com’è rappresentato nel film Il Barbarossa del regista vicino alla Lega, Renzo Martinelli, largamente finanziato con soldi pubblici e che vede tra le comparse lo stesso Umberto Bossi. I sovrani tedeschi sono rappresentati come dei tiranni liberticidi, più vicini a un immaginario contemporaneo figlio di un revival romantico che a quello storico più aggiornato. Sia l’immaginario leghista che quello pugliese risultano essere il risultato di un’operazione identitaria di riempimento di un vuoto politico e in alcuni casi anche turistico, per la Puglia. “Al di là di un evidente vuoto d’identità che per i pugliesi la figura destoricizzata di Federico II intende colmare al meglio – risponde Raffaele Licinio –, al di là del bisogno di un riconoscimento collettivo forte e motivante, c’è anche una più o meno traumatica, più o meno manifesta, più o meno consapevole, rimozione della storia, della sua concretezza e della sua multidimensionalità, a vantaggio di qualità che, già manifestatesi limpidamente nel passato, si vorrebbero altrettanto limpidamente riscontrare nel presente”. Giuseppe Losapio Brando, Lo strano caso di Federico II di Svevia. Un mito medievale nella cultura di massa, Palomar, Bari 2008. M. 2 Il Dizionario dei giochi, ovvero tutto quello che avreste voluto sapere sul gioco, ma non avete mai osato chiedere uesto bel libro è la concretizzazione di un lavoro poderoso, della durata di circa nove anni, portato avanti dai due autori con costanza, generosità e molta ironia. Parlare (e leggere) di giochi senza avere modo di praticarli può essere qualcosa di molto noioso. Non è questo il caso: il dizionario, in una forma narrativa snella e accattivante, descrive numerosissimi giochi (sportivi, enigmistici, storici, di parole, di simulazione, di società ecc.), ma soprattutto un mondo che qualcuno non esiterebbe a definire antropologicamente profondo. Ci sono regole e immagini in questo libro, ma anche riferimenti assai diversi che consentono al lettore di scoprire, per esempio, che il gruppo musicale Elio e le Storie Tese si diverte spesso a citare giochi e giocattoli nei propri testi (come il bambolotto Big Jim nella canzone Servi della gleba, del 1992), o che Q 4_Mundus_5_6_Laboratorio_4_Mundus_5_6 02/03/12 15.58 Pagina 227 mundusbiblioteca il gioco degli scacchi viene riadattato in senso tridimensionale nel telefilm Star Trek. Come scrivono gli autori nell’introduzione, nel testo c’è l’intento di “pensare al gioco globalmente, senza trascurare le sue interazioni con la cultura in senso ampio, e le teorizzazioni che del gioco studiosi di campi diversi hanno fatto. L’obiettivo è di dare una mappa quanto più vasta e completa, cercando di non tralasciare nessun importante ambito di discorso”, col fine evidente di coinvolgere in questo mondo anche chi non ne è appassionato o chi solitamente non se ne interessa. Il lemmario, spiegano gli autori, è stato costruito “strada facendo”, partendo da testi noti e affermati come l’Enciclopedia dei giochi di Giampaolo Dossena (Mondadori, Milano 2008), e spostandosi verso la pratica quotidiana della gente o verso testi e studi meno conosciuti, in un’esperienza che, nel momento della scrittura, è stata simile a quella di chi si costruisce una mappa esplorando un territorio a partire da zone centrali (come, per esempio, il gioco di ruolo) e che scopre, durante il cammino, l’esistenza di nuove direttrici. Questa impostazione arricchisce il testo di spazi di pensiero (ludico e culturale) insperati o imprevisti che portano a conoscere gli usi e i costumi del contesto in cui un gioco è emerso. Oppure a scoprire che la pratica ludica o la pubblicazione di un gioco sono fortemente influenzati dai tempi, come nel caso del Monopolyche, giunto in Europa negli anni Trenta del Novecento, fu italianizzato dal fascismo, che nello spirito di rifiuto per tutto ciò che proveniva dall’America ne fece una versione con vie dall’accento italiano e fascista – come Largo Vittorio o Via del Fascio –, e censurato invece dal nazismo in quanto dedito ad attività speculative, e dal comunismo in quanto simbolo del capitalismo (ma la storia del Monopoly, per chi abbia voglia di leggerla, contiene altri aneddoti avvincenti, come quello che riguarda la diffusione di scatole “modificate” e “arricchite” con elementi che potessero aiutare nella fuga i prigionieri dei campi di prigionia nazisti). Per quel che riguarda, invece, la descrizione delle regole e dei giochi, questo dizionario, oltre ad essere, grazie agli spunti presentati, un ottimo compagno di serate o giornate fra amici e parenti, è un utile riferimento per tutti quegli insegnanti che fanno del gioco uno strumento di apprendimento o per coloro che provano a coinvolgere le classi (per esempio, durante le ore di supplenza) in compiti piacevoli e di ragionamento. La descrizione dei giochi didattici ed educativi si accompagna a una delle bibliografie più ricche (se non la più ricca in assoluto) sul mercato e questo apparato, nel suo insieme, consente un rapido e sicuro orientamento nel mondo ludico. La casa editrice Zanichelli ha provveduto, inoltre, a realizzare una versione del dizionario online a cui si accede per abbonamento e una per iPhone, iPad e iPod Touch. La stessa struttura, anche nella versione cartacea, è intrinsecamente intertestuale, grazie a un costante uso di parole chiave e di temi pensati e presentati come interlacciati. Infine, uno dei pregi maggiori di quest’opera per un insegnante di storia è che al suo interno egli può trovare la descrizione di giochi inerenti la sua disciplina: questo vale sia per quelli praticati dagli antichi, come il senet (antico gioco di percorso egizio) o come il gioco degli astragali (ossa di ovini usati come dadi dagli antichi romani), sia per i giochi didattici come il Giuoco d’arme (gioco di carte illustrate con stemmi nobiliari, pubblicato nel 1655, utilizzato per la conoscenza delle maggiori casate europee), sia per i numerosissimi giochi “dei nonni” o “della tradizione”, con l’indicazione delle variabili regionali lessicali, culturali e di pratica ludica. Ne sono un esempio la lippa (noto gioco di strada che si pratica con un bastone – che si impugna – e un bastoncino a forma di fuso, posato per terra, che viene colpito dal bastone in rapida sequenza, prima in terra e poi in aria, per essere scagliato in un punto preciso; antenato della lippa sembrerebbe essere il seker-hemat, praticato dagli antichi faraoni nel cortile dei templi) e la maiorchina (gioco carnascialesco siciliano, nato nel Seicento, che consiste nel lancio di una forma di pecorino maiorchino i cui resti, dopo il “ruzzolone” – nome della variante praticata con un disco di legno –, vengono distribuiti alla popolazione presente). Scorrendo queste voci non si mancherà, quindi, di scoprire il profondo legame che Johan Huizinga individuava fra gioco e cultura (storicamente determinata) e che, per esempio, con gli astragali (o aliossi) si praticava anche l’astragalomanzia per interpretare il volere degli dèi o che, nel racconto di Erodoto, questi strumenti di gioco furono inventati dai Lidi per non sentire i morsi della fame durante una carestia. La pratica ludica, infatti, permetteva di digiunare a giorni alterni. Essendo il trucco insoddisfacente, metà della popolazione dovette emigrare e trasferirsi nell’Italia centrale, dando vita alla cultura etrusca. Elena Musci B. Sidoti, Dizionario dei giochi. Da tavolo, di movimento, di carte, di parole, di ruolo, popolari, fanciulleschi, intelligenti, idioti e altri ancora, più qualche giocattolo (con oltre 6.500 voci, 169 tra disegni, schemi e immagini), Zanichelli, Bologna 2010. A. Angiolino, 3 Tra il dire e il fare. Unità d’Italia e unificazione europea: cantieri aperti on poteva esserci titolo più appropriato di questo per il volume voluto dall’Archivio di Stato di Torino che, in appena 200 pagine, intende ripercorrere il processo di unificazione italiana intrecciandolo allo stesso tempo con un altro processo di unificazione, altrettanto discusso e non ancora concluso: quello europeo. Quello che a prima vista potrebbe sembrare un audace parallelo, si rivela piuttosto, attraverso le pagine di questo lavoro, un’interessante chiave di lettura: grazie N 227