Lo strano caso di Federico II Il Dizionario dei giochi

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Lo strano caso di Federico II Il Dizionario dei giochi
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Lo strano caso
di Federico II
bbiamo bisogno ancora di Federico II?
Non è una rivisitazione della domanda
brechtiana sugli eroi, ma è uno dei quesiti che
si pone l’autore, Marco Brando, giornalista vicecaporedattore di “City” che ha lavorato per
sette anni in Puglia per il “Corriere del Mezzogiorno”. Il libro Lo strano caso di Federico II di
Svevia. Un mito medievale nella cultura di
massa, edito dalla casa editrice barese Palomar, con la prefazione di Raffaele Licinio e la
postfazione di Franco Cardini, è un reportage
giornalistico vero e proprio, un’inchiesta sulla
nascita del mito del sovrano svevo e su come
oggi è recepito, redatto in una scrittura piacevole e avvincente, come un giallo.
L’indagine di Brando si sviluppa raccogliendo i casi di utilizzo, nazionali e internazionali,
dell’immagine del sovrano medievale. Ha infatti scritto il medievista Franco Cardini: “Che
sia un libro su Federico II non oserei negarlo:
ma è soprattutto sull’oggi e su un triangolo i
vertici del quale sono la Puglia col suo Federico glorificato e onnipresente, l’Italia settentrionale con il suo Federico malinteso e deprecato, la Germania col suo Federico negato e nascosto”.
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Uno sguardo sereno e disincantato sulla “federicomania”, su chi si specula e sui luoghi
comuni che sapientemente sono alimentati.
Ed ecco che Brando non segue soltanto i titoli
o le dichiarazioni dei politici sui giornali, non
legge soltanto le ultime ricerche storiografiche, ma anche i sondaggi e tasta il polso sia
nel territorio extra italiano che in quello tedesco dove la figura dello Hohenstaufen è superata dal nonno paterno, il Barbarossa, e da
Federico II Hohenzollern di Prussia, ma soprattutto da Beate Uhse, nota ai tedeschi come la “regina del sesso”, fondatrice e proprietaria della più conosciuta catena di negozi erotici: in un sondaggio del novembre 2003
della seconda rete nazionale tedesca, la Zdf,
sui personaggi più famosi della Germania, il
sovrano svevo era posto in novantaquattresima posizione, davanti al calciatore Uwe Seeler e dietro la “regina del sesso” teutonico.
Soffermandosi sul caso italiano, in particolar
modo del Nord Italia, Brando visiona alcuni
casi legati alla storia nazionale più recente.
Tra questi la medaglia d’oro al valor militare
attribuita al gonfalone della città di Parma
per aver partecipato alla Resistenza e consegnata poco dopo la Liberazione, l’8 settembre 1947. Nella targa commemorativa si parla di “vittoria sulle orde di Federico Imperatore” e di come i partigiani abbiano emulato
i parmensi del 1248 quando sconfissero lo
Svevo alle porte del loro comune.
Attraverso casi come quello parmense il libro
conduce una riflessione seria e attenta sulle
genesi identitarie di un territorio, non solo regionale, ma anche nazionale, visto l’uso che
alcuni esponenti leghisti fanno della storia.
L’autore si sofferma, come fa anche per il mito
in Puglia, sulla genesi e sulle caratteristiche
del cocktail di miti alla base del Medioevo in
salsa leghista: basato sull’odio verso il Barbarossa, e quindi verso il nipote, erroneamente
visto come un soppressore dell’indipendenza
dei liberi Comuni lombardi, com’è rappresentato nel film Il Barbarossa del regista vicino alla Lega, Renzo Martinelli, largamente finanziato con soldi pubblici e che vede tra le comparse lo stesso Umberto Bossi. I sovrani tedeschi
sono rappresentati come dei tiranni liberticidi,
più vicini a un immaginario contemporaneo figlio di un revival romantico che a quello storico più aggiornato.
Sia l’immaginario leghista che quello pugliese
risultano essere il risultato di un’operazione identitaria di riempimento di un vuoto politico
e in alcuni casi anche turistico, per la Puglia.
“Al di là di un evidente vuoto d’identità che per
i pugliesi la figura destoricizzata di Federico II
intende colmare al meglio – risponde Raffaele
Licinio –, al di là del bisogno di un riconoscimento collettivo forte e motivante, c’è anche
una più o meno traumatica, più o meno manifesta, più o meno consapevole, rimozione della storia, della sua concretezza e della sua
multidimensionalità, a vantaggio di qualità
che, già manifestatesi limpidamente nel passato, si vorrebbero altrettanto limpidamente
riscontrare nel presente”.
Giuseppe Losapio
Brando, Lo strano caso di Federico II
di Svevia. Un mito medievale nella
cultura di massa, Palomar, Bari 2008.
M.
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Il Dizionario dei
giochi, ovvero tutto
quello che avreste
voluto sapere sul
gioco, ma non avete
mai osato chiedere
uesto bel libro è la concretizzazione di un
lavoro poderoso, della durata di circa nove anni, portato avanti dai due autori con costanza, generosità e molta ironia. Parlare (e
leggere) di giochi senza avere modo di praticarli può essere qualcosa di molto noioso.
Non è questo il caso: il dizionario, in una forma
narrativa snella e accattivante, descrive numerosissimi giochi (sportivi, enigmistici, storici, di parole, di simulazione, di società ecc.),
ma soprattutto un mondo che qualcuno non
esiterebbe a definire antropologicamente
profondo.
Ci sono regole e immagini in questo libro, ma
anche riferimenti assai diversi che consentono al lettore di scoprire, per esempio, che il
gruppo musicale Elio e le Storie Tese si diverte spesso a citare giochi e giocattoli nei propri testi (come il bambolotto Big Jim nella
canzone Servi della gleba, del 1992), o che
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il gioco degli scacchi viene riadattato in senso tridimensionale nel telefilm Star Trek.
Come scrivono gli autori nell’introduzione, nel
testo c’è l’intento di “pensare al gioco globalmente, senza trascurare le sue interazioni con
la cultura in senso ampio, e le teorizzazioni
che del gioco studiosi di campi diversi hanno
fatto. L’obiettivo è di dare una mappa quanto
più vasta e completa, cercando di non tralasciare nessun importante ambito di discorso”, col fine evidente di coinvolgere in questo
mondo anche chi non ne è appassionato o
chi solitamente non se ne interessa.
Il lemmario, spiegano gli autori, è stato costruito “strada facendo”, partendo da testi noti e affermati come l’Enciclopedia dei giochi di
Giampaolo Dossena (Mondadori, Milano
2008), e spostandosi verso la pratica quotidiana della gente o verso testi e studi meno conosciuti, in un’esperienza che, nel momento
della scrittura, è stata simile a quella di chi si
costruisce una mappa esplorando un territorio
a partire da zone centrali (come, per esempio,
il gioco di ruolo) e che scopre, durante il cammino, l’esistenza di nuove direttrici. Questa impostazione arricchisce il testo di spazi di pensiero (ludico e culturale) insperati o imprevisti
che portano a conoscere gli usi e i costumi del
contesto in cui un gioco è emerso. Oppure a
scoprire che la pratica ludica o la pubblicazione di un gioco sono fortemente influenzati dai
tempi, come nel caso del Monopolyche, giunto
in Europa negli anni Trenta del Novecento, fu italianizzato dal fascismo, che nello spirito di rifiuto per tutto ciò che proveniva dall’America
ne fece una versione con vie dall’accento italiano e fascista – come Largo Vittorio o Via del
Fascio –, e censurato invece dal nazismo in
quanto dedito ad attività speculative, e dal comunismo in quanto simbolo del capitalismo
(ma la storia del Monopoly, per chi abbia voglia
di leggerla, contiene altri aneddoti avvincenti,
come quello che riguarda la diffusione di scatole “modificate” e “arricchite” con elementi
che potessero aiutare nella fuga i prigionieri
dei campi di prigionia nazisti).
Per quel che riguarda, invece, la descrizione
delle regole e dei giochi, questo dizionario, oltre ad essere, grazie agli spunti presentati, un
ottimo compagno di serate o giornate fra amici
e parenti, è un utile riferimento per tutti quegli
insegnanti che fanno del gioco uno strumento
di apprendimento o per coloro che provano a
coinvolgere le classi (per esempio, durante le
ore di supplenza) in compiti piacevoli e di ragionamento. La descrizione dei giochi didattici
ed educativi si accompagna a una delle bibliografie più ricche (se non la più ricca in assoluto) sul mercato e questo apparato, nel suo insieme, consente un rapido e sicuro orientamento nel mondo ludico.
La casa editrice Zanichelli ha provveduto, inoltre, a realizzare una versione del dizionario online a cui si accede per abbonamento e una per
iPhone, iPad e iPod Touch. La stessa struttura,
anche nella versione cartacea, è intrinsecamente intertestuale, grazie a un costante uso
di parole chiave e di temi pensati e presentati
come interlacciati.
Infine, uno dei pregi maggiori di quest’opera
per un insegnante di storia è che al suo interno
egli può trovare la descrizione di giochi inerenti
la sua disciplina: questo vale sia per quelli praticati dagli antichi, come il senet (antico gioco
di percorso egizio) o come il gioco degli astragali (ossa di ovini usati come dadi dagli antichi
romani), sia per i giochi didattici come il Giuoco
d’arme (gioco di carte illustrate con stemmi
nobiliari, pubblicato nel 1655, utilizzato per la
conoscenza delle maggiori casate europee),
sia per i numerosissimi giochi “dei nonni” o
“della tradizione”, con l’indicazione delle variabili regionali lessicali, culturali e di pratica ludica. Ne sono un esempio la lippa (noto gioco di
strada che si pratica con un bastone – che si
impugna – e un bastoncino a forma di fuso, posato per terra, che viene colpito dal bastone in
rapida sequenza, prima in terra e poi in aria, per
essere scagliato in un punto preciso; antenato
della lippa sembrerebbe essere il seker-hemat, praticato dagli antichi faraoni nel cortile
dei templi) e la maiorchina (gioco carnascialesco siciliano, nato nel Seicento, che consiste
nel lancio di una forma di pecorino maiorchino
i cui resti, dopo il “ruzzolone” – nome della variante praticata con un disco di legno –, vengono distribuiti alla popolazione presente).
Scorrendo queste voci non si mancherà, quindi, di scoprire il profondo legame che Johan
Huizinga individuava fra gioco e cultura (storicamente determinata) e che, per esempio,
con gli astragali (o aliossi) si praticava anche
l’astragalomanzia per interpretare il volere degli dèi o che, nel racconto di Erodoto, questi
strumenti di gioco furono inventati dai Lidi per
non sentire i morsi della fame durante una carestia. La pratica ludica, infatti, permetteva di
digiunare a giorni alterni. Essendo il trucco insoddisfacente, metà della popolazione dovette emigrare e trasferirsi nell’Italia centrale,
dando vita alla cultura etrusca.
Elena Musci
B. Sidoti, Dizionario
dei giochi. Da tavolo, di movimento,
di carte, di parole, di ruolo, popolari,
fanciulleschi, intelligenti, idioti e altri
ancora, più qualche giocattolo
(con oltre 6.500 voci, 169 tra disegni,
schemi e immagini), Zanichelli, Bologna
2010.
A. Angiolino,
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Tra il dire e il fare.
Unità d’Italia
e unificazione
europea:
cantieri aperti
on poteva esserci titolo più appropriato
di questo per il volume voluto dall’Archivio di Stato di Torino che, in appena 200 pagine, intende ripercorrere il processo di unificazione italiana intrecciandolo allo stesso
tempo con un altro processo di unificazione,
altrettanto discusso e non ancora concluso:
quello europeo. Quello che a prima vista potrebbe sembrare un audace parallelo, si rivela piuttosto, attraverso le pagine di questo lavoro, un’interessante chiave di lettura: grazie
N
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