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RIVISTA DI STUDI ITALIANI
LETTERATURA ITALIANA NEL MONDO
LINEAMENTI PER UNA MIA PRASSI POETICA
DIEGO BASTIANUTTI
Queen’s University
Kingston, Ontario
H
o sempre considerato la poesia come un atto di magia. Significa
oltrepassare la barriera di ciò che è evidente per rivelare la realtà
sotto nuova luce, con rinnovate sfumature. Scoprire cioè la realtà,
non inventarla.
Questo è ciò che la poesia ha in comune con la filosofia e implica una
funzione didattica in ogni caso, benché questa non sia necessariamente
l’intenzione del poeta. Dico questo perché l’opera d’arte non nasce in un
vuoto sociale, ma si manifesta piuttosto nella complessità di un assetto
sociale al quale si dà.
La percezione creativa si nutre dell’inesauribile vena offerta in un contesto
culturale sempre più ampio, come conseguenza del dilagare delle
comunicazioni non più locali e neppure nazionali, ma internazionali e multietniche.
Se la poesia è sintesi di realtà ed economia di espressione, essa non può
dunque prescindere dalla sua vocazione naturale di formulare con la massima
precisione simboli e linguaggi capaci di raggiungere il livello più alto di
comunicazione. Precisiamo che la poesia, a differenza di altre espressioni
artistiche e indipendentemente da ciò che può essere il canone di un
determinato momento storico, nulla ha in comune con facili messaggi
consolatori, né tanto meno con pseudo “confessioni” prettamente personali,
che privano il lettore di qualunque partecipazione attiva. Ora, si sa che ogni
lettore tingerà la percezione del messaggio attraverso il filtro della propria
esperienza vitale; nondimeno, l’essenza di ciò che il poeta cerca di
comunicare deve essere tale da poter essere raccolta anche al livello
universale, seppur entro i limiti culturali del singolo fruitore in concomitanza
con la sua capacità di riflessione.
La poesia deve essere decantata molte volte, depurata, filtrata, ridotta
all’essenza pura, senza per questo perderne il significato. Mi riferisco alla
chiarezza della parola, non alla semplificazione del contenuto. Altro elemento
per me essenziale è la ricerca della bellezza espressiva, la musicalità, il ritmo,
l’armonia, il colore.
Spesso uso versi rotti nelle mie poesie, forma già usata, tra l’altro, da
Majakovskij. Tendo a usarli come ricorso per ottenere un certo ritmo, oppure
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come sostituzione della punteggiatura. A volte lascio a buon proposito una
sola parola nel verso, isolandola e quindi richiamando l’attenzione del lettore
su una parola chiave, che altrimenti si sarebbe persa. Cerco di creare
un’impressione, un’emozione in cui comprometto la coscienza del lettore,
trasportandolo da parola a parola fino al messaggio finale. A volte il verso
rotto è volto a creare uno shock, o uno scioglimento a sorpresa.
Concludo dicendo che una poesia si costruisce con squisita precisione,
partendo da ciò che si vuole così appassionatamente comunicare nella
speranza di ottenere esattamente quell’effetto. È solito dire che questo lavoro
di lima tende a “uccidere” l’emozione poetica, che tende a compromettere
l’ispirazione e la sua spontanea espressione. Vero è che l’emozione non ha
mai lottato con l’intelligenza, ed è stato e continua ad essere così – a mio
modesto parere – non solo per Bach, o per Ungaretti, tanto per limitarci a
pochi nomi, ma sicuramente per ogni altro poeta antico e moderno.
***
Riproduciamo alcune poesie prese dalla mia ultima raccolta inedita “The
Bloody Thorn” (La spina insanguinata). Ho lasciato nell’originale inglese le
ultime due poesie. Passo dall’italiano all’inglese e viceversa nelle mie
composizioni.
“Light your candle before night overtakes you”.
To my wife Giusy: “You are many years late,
how happy I am to see you.”
(Anna Akhmatova, 1889-1966)
AMATO ALBATRO
Sono i morti che mi accreditano?
che valore la mia sofferenza?
attraverso lo spesso manto del tempo
ancora oggi vedo
un viavai di frontiere viventi
tedeschi varcano l’Oder scambiando rancori
con polacchi in fuga da Lublino
prussiani orientali e sudeti vagano
da Berlino verso i campi
profughi
slavi scacciano italiani
da patrie ancestrali
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tutti in fuga incrociano le terre bruciate
gravide di sangue
del calderone Imperiale
arrancano trascinandosi stringendo
cimeli di un mondo
scomparso per sempre
che nessun alchimista
potrà mai ricomporre
eccovi il D.P.
il neo-coniato soggetto globale
validati a fuoco
fronte mani e ... culo
spulciato
frugato
vagliato
palpato
ribattezzato
classificato
destinato
fatturato
ri-diretto
trattenuto de-fascistificato
de-comunistificato
ignorato, sradicato
e ripiantato in vergini
terre
lontane
di tanto in tanto
quasi inconsciamente
carezzo ancora il mio amato
albatro
non riesco a liberarmi
di quell’unica piuma
fantasma
che le mie dita non rinunciano
a sfiorare – Fiume –
e il suo indiscreto bisbiglio... sei mio...
chissà ... forse un giorno le confesserò
mi dispiace...
e....l’abbandonerò
ma...non ancora
mentre scorro le dita
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DIEGO BASTIANUTTI
su chiavi ossidate
le cui toppe ho perso
per sempre
OSSA
... e quando il tempo
avrà fermato la mia lingua
cave ormai le mie ossa
come flauti al vento
canteranno il ricordo
della gioia
che mi dai
RONDINE
Come un cabalista cerca invano
di cogliere la tessitura del loro amore
di spiegare il loro proprio Mandala
leggera lei gli accarezza i sogni
insaziabile lui le sorbe
il sole del giorno
i loro dialoghi fatti di sfumature cromatiche
ciascuno in cerca di una scaglia
di tempo solo suo sempre però
nella paura
di respingere l’altro
lui consuma le notti pallide come anime
duellando dubbi sotto il cucullo del suo arcano
mentra si alza una falce affilata di luna
che balena un filare di ombre
attraverso l’albume
della sua mente
ha lei per caso come con verga
di rabdomante
scoperto una branca di tempo
dove lui non può seguirla?
si è chiusa nella propria testa
questa rondine svernante
che lui stringe
fra le mani
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che non pronuncia parole
piuttosto parole in aloni di senso
come anime di rondini che si levano
a minare e scavare un margine
di luce
nella cecità
della sua mente.
ARCANO
Amministra il suo silenzio
come nessun’altro
una lingua
che lei parla
da miliaia di anni
di fronte a lei lui
spesso si sente
come un fantasma
ben lubricato
godendo di lei mai
del suo muto pensiero
chiedendosi come
lei riempia i deserti
del suo silenzio
quando sente
in sé il seme
da lui già scordato
e a chi sorride
quando il suo sguardo
lo trapassa
lei osserva lui
con un misto di tedio
saggezza e... noia
il suo sguardo non è
né schivo
né severo
né curioso
né indifferente
quante generazioni di donne
ci son volute per maturare
questo sguardo tagliente
come un bìsturi sorto
dalla lunga memoria genetica
di indicibili vite trascorse
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come spoglie in cupe stive
di navi
le cosce insanguinate
fra morti e ruderi in fiamme
a fare e disfare la sua tela
attraverso inverni
senza fine
quante volte avrà sentito il peso
di migliaia e migliaia di esse
dietro la constante presenza
di questa donna
in ogni punto della sua vita!
le invidia quel suo amore
autonomo
un amore senza riserve
perché lei è pura
come un teorema
e densa come una stella
nera
la vede dotata
di tutte le armi che dio e la natura
le hanno concesso
per difendersi
malgrado ciò
la smisurata vanità generata
nel suo sangue
lo spinge a
penetrarla
a essere il suo
orologiaio
a spiarla
nel sonno
per carpirle
l’ingranaggio segreto
che la rende
unica
eppure
anche se
spesso
si reputa
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suo amante
a conti fatti sa
di esser solo
il suo
teste
UN POKER NOTTURNO
Immobile il cipresso
vigila in ombrosa gravità
gli ignis fatuus di spiriti
che ondeggiano
sopra tombe di marmo
presi da una mano
di poker
in un riso soffocato
che lento spira
man mano che la notte
si arrende
all’alba
JANUS MOONS
Words
words that shape
those perfect pearly moons
in which I wrap the thoughts
I write and read to you
who surely see the truth
reflected in the lighted face
while I reflect
upon the darker hidden one
and wonder what poison
might seep
into the truth acclaimed
and so
before the shadow
should stain the light
before I should lose the echo
of my voice in this ever-spreading
desert of our mind
before Gadarene-like
we should rush into a void
of our own making
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DIEGO BASTIANUTTI
I will shred the mask
of words so well conceived
I’ll stand to impeach the naked king
to say I see the evil in men’s eyes
and smell the sulphur in their breath
I’ll call out the sirens in the straits
spinning webs round spineless men
who torture innocence to death
I’ll bitterly mock the great kermesse
where man must entertain
if we’re to give to those in need
and I’ll bellow my disdain
at crowds of onanists
celebrating the newest fad
of self-expression
empty and alone
in a lie-feeding world
it’s unsafe to wake
a sleepwalker
but I refuse
to go quietly
into the night
Man dangling over the void
from his spider’s slender thread
mends the tears by raising tombs
Giuseppe Ungaretti
TOMBS AND FLOWERS
The simple wooden horse
brought down the walls of Troy
the impregnable
the peon’s humble dagger
found the hidden chinks
in the armoured-plated arrogance
of Paolo Uccello’s knights
the simple silent sapping
surely tumbled the tall
proud towers
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boasting their might
in San Giminiano
the unsinkable Titanic proudly
ploughed the shadows of the night
to meet its fate at a fixed point
on the nautical chart pre-ordained
by the Mariposa Effect
steel and glass twins
defy the heavens
in flaunting extension
of San Giminiano’s folly
built to be vacated
in four hours
yet to outlast the flames
for only two
serene
the ephemeral flower blooms
over our fragile tombs.
The wind never comes down,
it stays here among the towers,
in the long heights,
that one day will fall,
destroyed, crushed
by their own self-importance.
Rafaél Alberti, New York, 1982
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