Portavoce - N. 5 - 2015 - santuario di san leopoldo
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Portavoce - N. 5 - 2015 - santuario di san leopoldo
Portavoce di san Leopoldo Mandić Mensile - anno 55 - n. 5 - Poste Italiane s.p.a. - Sped. in A. P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, NE/PD ANNO DELLA VITA CONSACRATA L’ESPERIENZA DI UN DIO FRATERNO TESTIMONI DELLO SPIRITO LA TESTIMONIANZA DEL SANGUE DI ANNALENA TONELLI N. 5 - GIUGNO 2015 N. 5 GIUGNO 2015 ANNO 55 SOMMARIO EDITORIALI 3 / Aiuto, vedo buio! / Ai lettori / di Giovanni Lazzara 6 / Il cappuccino della TV e san Leopoldo / La voce del santuario / di Flaviano G. Gusella ATTUALITÀ ECCLESIALE 8 / Periscopio cattolico / a cura di Giovanni Lazzara Portavoce 12 / Eucaristia e Sacro Cuore: l’amore di Dio si manifesta e diventa nutrimento / La parola del Papa / di papa Francesco di san Leopoldo Mandić FEDE & VITA 16 / Braccio, mano e dita. La cura e la forza di Dio / Simboli biblici > 8 / di Roberto Tadiello Direzione, Redazione, Amministrazione Associazione «Amici di San Leopoldo» Santuario san Leopoldo Mandić Piazzale S. Croce, 44 - 35123 Padova Tel. 049 8802727 - Fax 049 8802465 19 / L’esperienza di un Dio fraterno / Anno della vita consacrata / di Lorenzo da Fara 24 / «Credo nello Spirito Santo». Lo sviluppo della teologia / La nostra fede > 15 / di Anastasio Bonato SAN LEOPOLDO, IERI E OGGI 27 / Pellegrini a Castelnuovo / di Giovanni Gozo 28 / San Leopoldo a Brusegana / di Alfredo Pescante SPIRITUALITÀ 34 / «Che siano una cosa sola»: la testimonianza del sangue di Annalena Tonelli / Testimoni dello spirito > 4 / di Paolo Costa 36 / Una medaglia «miracolosa» / di Paolo Maria Bredolo RUBRICHE 4 / Lettere a Portavoce / di Aurelio Blasotti Periodico di cultura religiosa dell’Associazione «Amici di San Leopoldo» Redazione: [email protected] Santuario: [email protected] Direttore e Redattore Giovanni Lazzara Dir. Responsabile Luciano Pastorello Hanno collaborato a questo numero Aurelio Blasotti, Flaviano G. Gusella, Roberto Tadiello, Anastasio Bonato, Giovanni Gozo, Alfredo Pescante, Paolo Costa, Paolo Maria Bredolo, Sisto Zarpellon e Fabio Camillo Stampa Stampe Violato - Bagnoli di Sopra (PD) Registrazione Tribunale di Padova n. 209 del 18.10.1961 Iscrizione al R.O.C. n. 13870 Con approvazione ecclesiastica e dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini 30 / Grazie, san Leopoldo / a cura della Redazione Editore Associazione «Amici di san Leopoldo» 32 / Vita del santuario / a cura della Redazione Spedizione in abbonamento postale 38 / Calendario liturgico / a cura di Sisto Zarpellon Nel rispetto del D.L. n. 196/2003 Portavoce di san Leopoldo Mandić garantisce che i dati personali relativi agli associati sono custoditi nel proprio archivio elettronico con le opportune misure di sicurezza. Tali dati sono trattati conformemente alla normativa vigente, non possono essere ceduti ad altri soggetti senza espresso consenso dell’interessato e sono utilizzati esclusivamente per l’invio della Rivista e iniziative connesse COME SOSTENERE «PORTAVOCE» QUOTA ASSOCIATIVA PER IL 2015 Italia € 18,00 - Estero € 28,00 o USD 38,00 - Sostenitore: a partire da € 50,00 Il versamento può essere effettuato: - alle poste, su conto corrente Banco Posta n. 68943901 intestato a: «Associazione Amici di San Leopoldo» - in banca, con bonifico bancario intestato a: «Associazione Amici di San Leopoldo» coordinate bancarie dello stesso conto: IBAN: IT07 V076 0112 1000 0006 8943 901 BIC(SWIFT): BPPIITRRXXX solo per i Paesi che non usano Euro: IBAN: IT07 V076 0112 1000 0006 8943 901 BIC(SWIFT): POSOIT22XXX - con assegno bancario intestato a: «Provincia Veneta dei Frati Minori Cappuccini In copertina: pellegrini da Tahiti (Polinesia Francese) Le foto, ove non espressamente indicato, hanno valore puramente illustrativo Chiuso in prestampa il 20.4.2015 Consegnato alle poste tra il 14 e il 20.5.2015 Rettore del santuario Fra Flaviano Giovanni Gusella Santuario san Leopoldo Mandić Piazzale S. Croce, 44 - 35123 Padova Tel. 049 8802727 - Fax 049 8802465 www.leopoldomandic.it SAN LEOPOLDO, IERI E OGGI Q uando si pensa a una meta, la mente già intravede il punto di arrivo e la boa che, aggirata, segna la via del ritorno. La nostra meta è il misterioso Montenegro che ha dato i natali a san Leopoldo Mandić . La meta è lontana dalla nostra Italia, così si parte di buon mattino fissando il pernottamento, per la prima giornata, a Medjugorje dove, dopo un breve riposino, ci rechiamo a pregare la Madonnina delle apparizioni. Non c’è pronunciamento ufficiale sui fatti che si narrano; certo, fa impressione (positiva) vedere migliaia di persone di tutte le età e di ogni ceto, accompagnate da molti sacerdoti che pregano raccolti in silenzio nell’immensa spianata. Partecipiamo alle preghiere serali e poi ci ritiriamo: domani ci aspetta un’altra giornata di viaggio. Dopo avere passato la frontiera slovena e croata, ci aspetta quella bosniaca. Qualcuno di noi osserva con amarezza il comportamento Componenti delle famiglie Pozzobon, Salvador, Gozo e Buosi, in occasione del viaggio Pellegrini a Castelnuovo Appunti di viaggio di alcune famiglie trevigiane ◼ DI GIOVANNI GOZO dei doganieri che, con il pretesto di controllare, non fanno altro che maltrattare i loro connazionali obbligandoli a mettere sottosopra le vecchie auto nel timore che possano portare «tesori» all’estero. Rientrati dalla Bosnia in Croa– zia, superiamo Dubrovnik, che visiteremo sulla via del ritorno. Affrontiamo l’ultima frontiera e finalmente siamo in Montenegro. Qui stabiliamo il secondo pernottamento, ma la curiosità ci spinge già nel pomeriggio fino alla vicina Castelnuovo di Cattaro: la meta che ci eravamo proposto. Trovata la chiesetta dei cap pucc ini (quella frequentata da san Leopoldo quand’era bambino), don Beniamino, il simpatico giovane parroco, ci accoglie festosamente e ci dà appuntamento per l’indomani, per la santa messa delle 8.00. Rientriamo in albergo felici di aver trovato quanto cerca- ▶ pellegrini a castelnuovo vamo. Non ci è stato facile, perché san Leopoldo, che noi veneriamo con tanta devozione, dalle sue parti sembra quasi sconosciuto. Forse perché la sua missione l’ha vissuta tutta fuori dal suo Paese. Inoltre la cagionevole salute non gli ha permesso di raggiungere la sua patria se non saltuariamente. Iniziamo presto il nuovo giorno. In tutto silenzio, partecipiamo alla santa messa in lingua serbo-croata. Alla fine cantiamo «Madonna nera». Le suorine presenti sono contente di sapere che è il nostro modo di onorare la Madonna di Czestochowa. Alla fine, don Beniamino ci offre santini, fichi e caffè… Non sa cos’altro fare per dimostrare quanto ha apprezzato la nostra visita. Lo ringraziamo dell’accoglienza e ci avviamo verso la Bocche di Cattaro, meta finale del nostro viaggio. Queste insenature marine sono davvero originali, con le diverse isolette, i porticcioli, il passaggio di navi e barche di tutti i tipi, le spiaggette di sassi scuri, la bellezza e l’altezza delle persone del posto. Forse non vediamo che una piccola parte del Paese, in quanto siamo sulla costa ricca e turistica, ma quanto vediamo è particolarmente rilassante, piacevole e bello. Le Bocche di Cattaro sono come un grande lago – in realtà di mare si tratta – circondato da una strada di una trentina di chilometri. Visitiamo l’isoletta della Madonna dello Scalpello, vecchia di storia e di leggenda. Ci accompagna, su una barchetta a motore, Janicia, una bella montenegrina. Visitiamo Cattaro, dove l’influenza veneziana è presente ovunque, e poi, lasciato il Montenegro per la Croazia, anche l’incantevole Dubrovnik. La città è come racchiusa e protetta all’interno di una fortezza con mura fortificate. Qui attraccano grandi navi da crociera che solcano il Mediterraneo. P 28 | Portavoce | giugno 2015 SAN LEOPOLDO, IERI E OGGI San Leopoldo a Brusegana ◼ DI ALFREDO PESCANTE E ro entrato una decina di anni fa nella chiesa dei Santi Fabiano e Sebastiano di Brusegana, località alle porte della città di Padova, oltre quattromila anime la parrocchia, per il mio consueto tour alla ricerca di presenze leopoldiane. Avevo raccolto la testimonianza di alcuni fedeli, tra cui quella della signora Zita, ottantenne, capace di recitare la novena a san Leopoldo, tutte le sere, per stendere un piccolo articolo su questa rivista. Come sono rimasto male quando, più recentemente, rivarcata la soglia della chiesa, non ho più trovato la statua riproducente le sembianze di padre Leopoldo, che era collocata nella navatella destra, al di sopra d’un bel mobile, ornato di bianca tovaglia, a ridosso d’una monofora che illuminava! Mi sono detto: «È impossibile che il santo confessore sia stato messo in soffitta!». Anche perché mi ero sincerato della forte devozione che molti anziani nutrivano verso di lui. Girando le spalle per effettuare il percorso dell’altra navata, quale non è stata la mia gioia nel constatare che la statua lignea aveva trovato una più consona collocazione all’interno della celletta confessionale, spazio ricavato alla base del campanile destro. La chiesa di Brusegana Della presenza della primitiva chiesa di Brusegana, addossata al fiume Bacchiglione, si parla già nel 1130. È dedicata a Fabiano e Sebastiano, santi molto amati dai cristiani, perché protettori da malattie e dalle insidie proprie delle località di campagna. E Brusegana, che nel 1026 venne chiamata «villaggio nuovo», doveva essere popolata di gente che aveva dimestichezza col fiume e con la terra, allora resa fertile da acquitrini ed erbe infestanti. Nel 1256, distrutta da Ezzelino in guerra con i padovani, la chiesa fu subito ricostruita una prima volta e, poi, una seconda nel 1434. Cresciuta la popolazione, alla fine dell’Ottocento, si pensò a un suo ampliamento, ma nel secondo decennio del Novecento, non risultando più sufficiente, si optò per una soluzione radicale. Così, fu posta mano alla costruzione di una nuova chiesa, in luogo più centrale, lungo la strada che porta ai Colli Euganei. Realizzata a una sola navata, in stile romanico, con due belle torri campanarie, munite da ogni lato di eleganti trifore, venne inaugurata nel 1928. Vent’anni dopo, furono aggiunte le navatelle laterali, costruito un bell’altare in marmo e recentemente è stata dotata di affreschi, a impreziosire gli altari del Santissimo e della Madonna del Carmelo, e di splendidi mosaici sui tre timpani della facciata. La presenza di padre Leopoldo La stanza in cui è ospitata la statua lignea di san Leopoldo – opera di non eccezionale fattura, ma Statua di san Leopoldo nella chiesa parrocchiale di Brusegana originale, perché lo presenta appoggiato con il braccio destro al bastone, il volto atteggiato a un delicato, paterno sorriso, la testa coperta da zucchetto –, vuole ricreare l’ambiente ove egli, nella chiesa dei cappuccini di Santa Croce, riceveva i penitenti per la confessione. L’arredo è quasi ricercato: il simulacro, a sinistra, posa su un mobile, coperto di tovaglia, con un vaso di fiori e una pianta, a dare un tocco di serenità per chi varca quello spazio. Accanto vi è un palpitante crocifisso settecentesco, davanti al quale si inginocchiano i fedeli o siedono per la conversazione con il sacerdote. Il libro della Bibbia è aperto sopra un mobile, sulla parete di fronte. La statua porta, nella base, a sinistra, il nome dei donatori: «famiglia Mario Rampin, Francesca, Elisabetta e Matteo». Il parroco mi spiega il motivo della nuova collocazione: «Il sito precedente non era idoneo, soprattutto per ragioni stilistiche, perché mancava l’altarino a pendant dall’altra navata. La soluzione adottata è bella e ha il pregio di rendere più vicino padre Leopoldo ai fedeli». Poi mi parla della grande devozione che molti anziani nutrono per il confessore: «Molti lo ricordano come una figura ieratica, per il suo modo di fare buono e tanti hanno avuto l’occasione di confessarsi da lui. Entrando in chiesa si fermano volentieri in quella stanzetta e pregano, specie prima di venerare la statua della Madonna, molto amata. Nel giorno della festa liturgica non celebro, però, particolari funzioni, perché tutti coloro che gli vogliono bene vanno a trovarlo nel suo santuario. I miei fedeli amano confessarsi dai cappuccini, dai frati del Santo e in cattedrale». La confessione viene frequentata dai giovani? Il parroco dice di rendersi disponibile al sabato pomeriggio, ma al contrario degli anziani, che hanno perfino il loro padre spirituale tra i religiosi della città, i giovani sono poco assidui. «Il sacramento della confessione – conclude – è da rileggere alla luce delle attuali difficoltà che sta incontrando. Pochi, infatti, vogliono assumersi la responsabilità del proprio agire. Ma c’è anche tra i giovani chi ha il coraggio di confessarsi peccatore davanti al Signore». P giugno 2015 | Portavoce | 29 GRAZIE, SAN LEOPOLDO La busta di Elvira L a vicenda che mi accingo a raccontare è capitata alla madre di Antonio Toniolo, un caro amico di Campo San Martino (Padova). Siamo attorno agli anni Trenta del secolo scorso. Elvira Mazzucato abitava in località Mandria, alla periferia sudovest di Padova. Non aveva neanche vent’anni e lavorava, nei pressi del Bassanello, in un’azienda che produceva giocattoli. Ogni mese, Elvira percepiva lo stipendio, che contenta consegnava puntualmente a suo padre, ricevendo in cambio la «mancia». Una sera, però, le cose non andarono come al solito perché, poco prima di varcare la soglia di casa, la giovane si accorse di non avere con sé la busta paga con relativo denaro. A quei tempi – segnati da estrema miseria – lo smarrimento del compenso mensile era un episodio estremamente spiacevole. Ma la cosa ancora più grave era doverlo raccontare ai genitori. Elvira era nel panico, ma aveva sentito parlare di un frate piccolo e con la barba bianca che aiutava i poveri e che esercitava il suo apostolato nella chiesa dei cappuccini di Santa Croce, situata a pochi chilometri da casa sua. Decise di andare a incontrarlo. Così, rifece una parte del cammino che aveva fatto per rincasare. Guardava meticolosamente per terra, anche senza grandi speranze di ritrovare la preziosa busta bianca. Niente… Giunta alla chiesa dei frati, chiese e poi trovò padre Leopoldo: gli raccontò, in lacrime, della brutta esperienza accadutale quel giorno. Padre Leopoldo la ascoltò in rispettoso silenzio. Alla fine del racconto, invitò Elvira a recitare un Gloria e un Ave Maria e a ripercorrere la stessa strada a ritroso. Elvira fece quanto le aveva detto padre Leopoldo. Rifece a piedi la strada percorsa poco tempo prima. Aveva in cuore tanta fede e speranza, ma era consapevole che nel frattempo tante persone erano transitate, chi a piedi, chi in bicicletta, per quella strada trafficata che portava fuori città. Il buio era totale perché la sera era inoltrata e, a quei tempi, non c’era l’illuminazione pubblica. Quando mancavano poche centinaia di metri per completare il percorso – e la speranza si era ridotta al lumicino – Elvira notò qualcosa di chiaro per terra. Era forse la sua busta? Pensò subito a un miraggio, ma era la realtà! Incredula, raccolse la busta: era 30 | Portavoce | giugno 2015 proprio la sua busta paga. Nell’aprirla non poté che ringraziare padre Leopoldo. Grazie all’aiuto di quel frate buono, la sua fede ne uscì fortificata. Fulgenzio Facco, Busiago di Campo San Martino (Padova) Un grazie dall’America… È una nonna che scrive. La nostra famiglia ha vissuto gli undici mesi più tristi del mondo, perché la mia nipotina Sofia, di 5 anni, s’era ammalata di una brutta malattia alle ossa. Ci siamo rivolti a padre Leopoldo. Ebbene, un mese fa è accaduto un miracolo: dalle analisi risulta tutto «pulito». La piccola è ancora sotto osservazione, ma il pericolo è passato. Prego tanto padre Leopoldo anche per coloro che ne hanno bisogno. Un caro saluto. Lucia Campitti, Newark (Usa), 20.12.2014 …e dall’Australia Ormai da tanti anni, ogni mese, leggo molto volentieri Portavoce. In ogni stanza ho «santini» di san Leopoldo. Nel confessionale del santo, in uno dei grossi libri dove i devoti lasciano preghiere e ringraziamenti, c’è pure la mia firma. Visitai il santuario tanti anni fa. Ricordo che padre Martino mi fece visitare i vari luoghi. Fu una visita meravigliosa che, essendo anziana e lontana, conservo sempre nei miei ricordi. Distinti saluti. Cesira Mattiolo, Adelaide (Australia) Roberta «fratina» Nata a Montebelluna (Treviso) il 23 agosto 1950, a due anni di età Roberta Tesser cadde vittima di una forma acuta di gastroenterite. Giunse all’ospedale di Padova in gravissime condizioni. Il prof. Pretto la diede per spacciata. I genitori, però, non disperarono. Il papà fece voto a padre Leopoldo che, se la figlioletta si fosse salvata, l’avrebbe vestita da «fratina» (foto sotto). Così accadde e, per un anno, Elvira vestì il saio marrone dei frati che le era stato confezionato per la grazia ricevuta. Papà aveva fatto un sogno nel quale aveva visto la piccola Roberta all’interno di una bara, circondata da quattro ceri. Tre di essi erano accesi, mentre il quarto era spento. Da ciò si accese in lui la speranza che sua figlia non sarebbe morta. Tuttora Roberta gode di buona salute e lei stessa ha raccontato con commozione, in occasione di una visita al santuario il 27 marzo 2015, l’aiuto ricevuto per intercessione di san Leopoldo. a cura della Redazione SIGNORiEc,he cosa vuo IO FACCIA? iva per scino e l’attratt Se senti che il fa rio di ere in te il deside Gesù fanno nasc di ile oti a lui nello st seguirlo, donand uccini isi, noi frati capp Francesco d’Ass ricerca a guidarti nella tu saremo felici di i nel iti a uno dei frat lg vo Ri e. al on zi voca no: convento più vici ARCO (TN) tel. 0464 516184 ff. Andrea Cova, Dario Zardo, Paolo Costa ASOLO (TV) tel. 0423 952103 fr. Luca Santato CONEGLIANO (TV) tel. 0438 22245 fr. Marco Moretto GORIZIA tel. 0481 536299 fr. Luigi Bertiè LENDINARA (RO) tel. 0425 641044 fr. Silvano Scolaro PADOVA tel. 049 8801311 ff. Ado Baruffa, Marco Putin PORTOGRUARO (VE) tel. 0421 71414 fr. Davide Campesan ROVIGO tel. 0425 421496 ff. Emanuele Boscolo, Gianluca Volpato THIENE (VI) tel. 0445 368545 ff. Alessandro Carollo, Giovanni Fontolan, Nicola De Pretto iovaniefrati.it www.g giugno 2015 | Portavoce | 31 VITA DEL SANTUARIO 13.3.2015: 4a primaria dalla parrocchia San Giovanni Battista di Padova-Pontevigodarzere Dall’11 marzo al 10 aprile 2015, hanno visitato il nostro santuario una quarantina di gruppi organizzati, per un totale di circa 1.900 pellegrini, provenienti da: Pontevigodarzere (PD), Sebenico (Croazia), Zagabria (Croazia), Mezzolombardo (TN), Mirano (VE), Porto Viro (RO), Riese Pio X (TV), Bija (UD), Fonzaso (BL), Cavarzere (VE), PadovaAltichiero, Padova-Mandria, Villaguattera di Rubano (PD), Bologna, Ponte San Nicolò (PD), Lissaro di Mestrino (PD), Milano, Imola (BO), Romano d’Ezzelino (VI), San Donà di Piave (VE), Tempio Pausania (SS), Castelfranco Veneto (TV), Jastrebarsko (Croazia), Tencarola di Selvazzano Dentro (PD), Varaždin (Croazia), Dublino (Irlanda), Bergamo e da altre località di Croazia, Slovenia, Austria e Germania 14.3.2015: bambini della 4a primaria dalla parrocchia San Giovanni Bosco di Padova-Paltana ▶ 15.3.2015: bambini del catechismo dalla parrocchia di Mezzolombardo (TN ) con il cappellano don Michele 15.3.2015: candidati alla prima confessione dalla parrocchia di Porto Viro (RO) con don Renato 32 | Portavoce | giugno 2015 17.3.2015: pellegrini da Riese Pio X (TV) 20.3.2015: gruppo dalla parrocchia San Giuseppe di Cavarzere (VE) con il parroco don Andrea ▶ 21.3.2015: catechisti e alunni del catechismo dalla parrocchia di Padova-Altichiero con don Lorenzo 27.3.2015: seminaristi da Tempio Pausania (SS) 28.3.2015: membri di una comunità neocatecumenale di Castelfranco Veneto (TV) ◀ 28.3.2015: fanciulli della prima confessione dalla parrocchia San Bartolomeo di Tencarola di Selvazzano Dentro (PD) giugno 2015 | Portavoce | 33 SPIRITUALITÀ Testimoni dello spirito > 4 La missionaria laica italiana non ha mai amato parlare di sé. Ha vissuto in silenzio la radicalità evangelica per 35 anni in terra musulmana. Diceva: «I modi del servizio sono infiniti e lasciati all’immaginazione di ciascuno di noi» «Che siano una cosa sola»: la testimonianza del sangue di Annalena Tonelli ◼ DI PAOLO COSTA P er farla tacere è bastato un colpo di arma da fuoco alle spalle. Era il 5 ottobre 2003 quando Annalena Tonelli venne uccisa a Borama, Somalia del nord, vicino al confine con l’Etiopia. S’intendeva mettere a tacere un personaggio scomodo e pericoloso per gli interessi militari, politici e soprattutto economici di molti potenti che, in Somalia, avevano fondato il proprio potere sull’ignoranza e la povertà delle lande più abbandonate del Paese. L’entusiasmo degli inizi Questa piccola donna, dal grande cuore, nasce a Forlì il 2 aprile 1943. Laureata in Legge, lavora nella sanità senza essere medico: sceglie di essere per gli altri, per- 34 | Portavoce | giugno 2015 ché prima di tutto vuole seguire solo Gesù Cristo. Spiegava: «Sono non sposata perché così scelsi nella gioia quando ero giovane. Volevo essere tutta per Dio. Era un’esigenza dell’essere quella di non avere una famiglia mia. E così è stato per grazia di Dio». Annalena giunge in Africa nel 1969, quasi per caso, dal momento che la sua prima meta era l’India, terra dei tanti poveri. Grazie al «Comitato per la lotta contro la fame nel mondo» di Forlì, a 26 anni riesce a concretizzare il bruciante desiderio di dedicare la vita agli ultimi, ai più poveri, agli emarginati: «Credevo di non poter donarmi completamente rimanendo nel mio Paese: i confini della mia azione mi sembravano così stretti, asfittici… Compresi presto che si può servire e amare dovunque, ma ormai ero in Africa e sentii che era Dio che mi ci aveva portato e lì sono rimasta, nella gioia e nella gratitudine». L’esperienza africana di Annalena inizia con un incarico di insegnante in Kenya. L’ambiente, di fede musulmana, si presenta subito ostile di fronte a lei, donna e bianca, che pretende d’impartire insegnamenti a persone che avevano quasi la sua età. Ma lei non vuole fare proseliti. Intende vivere il vangelo in gesti e atti di solidarietà e pietà umana. Appena fuori dalle aule scolastiche, si aggira l’umanità da lei tanto cercata: gli ultimi, gli affamati, i derelitti, i rifiutati, i sofferenti e i moribondi. Soprattutto si dedica a chi muore di fame, ai malati di Aids e di tubercolosi. Il tempo del silenzio Dopo l’accoglienza sperimentata nella sua prima esperienza africana, Annalena vive un momento di profonda solitudine quando, nel suo ostinato denunciare i massacri del governo keniota, viene espulsa come «persona non gradita». Le sue denunce pubbliche avevano impedito un genocidio. Arrestata e portata davanti alla corte marziale, si sente dire che l’essere scampata a due imboscate non era garanzia di sopravvivere anche alla seguente. È il 1984 quando è costretta a tornare in Italia. Lei, però, non fa il giro di parrocchie e associazioni per perorare la propria causa e per pubblicizzare le proprie denunce. Sceglie invece di ritirarsi in alcuni eremi, tra cui Campello sul Clitunno, dalle compagne di Sorella Maria (cf. questa rubrica in Portavoce 1/2015, pp. 34-36). Per Annalena – che usa spesso l’aggettivo «sola» per indicare se stessa – è il tempo del silenzio, della preghiera, della lontananza dagli occhi di un mondo curioso quanto indifferente. In fondo, lei condivide la vocazione al deserto e poi l’amore per i fratelli musulmani che furono del beato Charles de Foucauld (il religioso francese, fondatore dei Piccoli fratelli del Sacro Cuore, martirizzato nel deserto del Sahara, nel 1916, ndr). Desidera una «vita nascosta, nel silenzio, vita piena fino in fondo senza bisogno di parole». Annalena non ama parlare in pubblico: il suo imbarazzo è visibile anche durante il discorso pronunciato in Vaticano, nel 2001, al convegno indetto dal Pontificio consiglio per la pastorale della salute. D’altra parte, non serve dire a tutti quello che si è. Ciascuno ha una chiamata nella propria vita e dovrebbe essere tanto impegnato a scoprirla, a capirla e poi a metterla in atto, da non potersi dedicare anche all’inutile propaganda di se stesso. Il teologo Teilhard de Chardin riassume bene l’ideale del nascon- dimento, che Annalena intese come azione continua ma silenziosa: «Non sono né posso né voglio essere un maestro, prendete di me ciò che vi aggrada e costruite il vostro edificio. Non ambisco che di essere gettato nelle fondamenta di qualcosa che cresce». E c’è molto dello spirito di san Francesco in Annalena, quando lei dice che Dio parla e la sua è «una piccola silenziosa voce» da ascoltare nella «celletta della nostra anima». «Dobbiamo metterci in ascolto – prosegue –, dobbiamo fare silenzio, dobbiamo crearci un luogo di quiete, separato, anche se spesso necessariamente vicino agli altri, re». Con ciò, voleva dire che vivere Cristo significa essere «uno» in lui e dunque essere uno con ogni persona con cui Cristo volle identificarsi. «Scelsi di essere per gli altri – i poveri, i sofferenti, gli abbandonati, i non amati – che ero bambina; e così sono stata e confido di continuare a essere fino alla fine della mia vita. Volevo seguire solo Gesù Cristo». Nei trentatré anni trascorsi in Africa a servizio dei poveri, degli analfabeti, degli affamati, degli ammalati Annalena riesce a esprimere il cuore della fede cristiana, l’amore: «Se anche Dio non ci fosse, solo l’amore ha un senso… So- Annalena Tonelli, il 25 giugno 2003, fu insignita dall’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Acnur) del prestigioso premio Nansen per l’assistenza ai profughi. Fu uccisa quattro mesi dopo come una mamma che non può stare troppo a lungo lontana dai suoi bambini». «Solo l’amore ha un senso» La «voce», la «parola» che vive nel silenzio di Annalena è lui, Gesù Cristo. Più che predicare Cristo, conta viverlo. Spiega: «Ut unum sint (che siano una cosa sola, ndr) è stata l’agonia amorosa della mia vita, lo struggimento del mio esse- lo l’amore fa respirare, crescere, fiorire, solo l’amore fa sì che noi non abbiamo più paura di nulla… Ed è allora che la nostra vita diventa degna di essere vissuta, che la nostra vita diventa bellezza, grazia, benedizione». Così raccontava del suo essere in mezzo ai poveri: «Ero a Wajir… quando conobbi i primi tubercolotici e mi innamorai di loro e fu amore per la vita». giugno 2015 | Portavoce | 35 ▶ la testimonianza del sangue di annalena tonelli L’amicizia della popolazione Proprio l’esperienza di Wajir, in Kenia, a contatto con le tribù nomadi del deserto, diventa una scuola di vita. Dalle povere tribù pronte a smontare di continuo la tenda e a spostarsi nel deserto con donne, bambini e cammelli, chiuse nella loro incrollabile fede islamica, impara una condivisione totale (casa, cibo, preghiera..) e la sacralità dello spazio riservato a Dio. La testimonianza di quei credenti musulmani le insegna a «riconoscere che da Dio veniamo, in Dio viviamo, a Dio ritorniamo». I nomadi mostrano che la vera fede è «una resa rocciosa e arroccata in Dio, una resa che è fiducia e amore». Ma tutto sembra essere contro: lei è bianca, cristiana, europea, celibe. Eppure, insieme ad altre sorelle, unitesi a lei, continua la propria opera di missionaria, con scuole di alfabetizzazione, corsi di istruzione sanitaria e una scuola per piccoli sordomuti e portatori di handicap. Di pari passo prosegue anche il servizio medico, diventando responsabile di un progetto pilota dell’Organizzazione mondiale della sanità per la cura della tubercolosi in mezzo ai nomadi. Tra la gente, dopo la diffidenza iniziale, comincia a essere portata come esempio. Un vecchio capo le dice: «Noi musulmani abbiamo la fede; e voi avete l’amore». Il dialogo con le altre religioni assume per Annalena la forma della condivisione: «il dialogo è vita vissuta, meglio, almeno io lo vivo così, senza parole». Ai piedi di Dio Circa il rapporto con Dio, racconta: «A Wajir eravamo una comunità di sette donne, tutte, sia pure in maniera e in misura diverse, avevamo sete di Dio, e capivamo che, quando perdevamo o stavamo per perdere il senso del nostro servizio 36 | Portavoce | giugno 2015 e la capacità di amare, potevamo ritrovare i beni perduti solo ai piedi del Signore. Per questo, avevamo costruito un eremo e là andavamo per un giorno o più giorni o per periodi anche lunghi di silenzio ai piedi di Dio». Ai piedi del Signore, nella prolungata adorazione eucaristica, Annalena e le sue compagne di vita ritrovano la luce e la forza necessarie per incendiare d’amore tutti quelli che incontrano. Il frutto della loro preghiera e silenzio è la rinnovata passione per l’uomo, per i brandelli di umanità ferita in cui Annalena vede Cristo, «l’Agnello di Dio che patisce nella sua carne i peccati del mondo, che se li carica sulle spalle». Il 5 ottobre del 2003 viene uccisa a Borama. Di sera, mentre tornava alla sua abitazione, con un colpo di pistola alla testa. Un’esecuzione dai tratti misteriosi. Con la sua vita e il suo «martirio», Annalena Tonelli è la dimostrazione che, quando si impara a «sperare contro ogni speranza», si lascia terreno a Dio. E Dio Padre, che vede più lontano di noi, è la nostra speranza che si fa concreta presenza d’amore. P PER APPROFONDIRE A. Tonelli, Lettere dal Kenya. 1969-1985, a cura di B. Tonelli, E. Laporta, M.T. Battistini, EDB, Bologna 2013. M. Fagiolo D’Attilia - Roberto I. Zanini, Annalena Tonelli. Un amore più forte di ogni odio, San Paolo, Milano 2006. M. Fagiolo D’Attilia - Roberto I. Zanini, «Io sono nessuno». Vita e morte di Annalena Tonelli, , San Paolo, Milano 2005. K. Moltisanti, Annalena Tonelli, Emp, Padova 2009. Videotestimonianza di A. Tonelli: http://goo.gl/Nsds6K SPIRITUALITÀ In questo mese ricorre la solennità del Sacro Cuore di Gesù e la memoria del Cuore Immacolato della Beata Vergine. La «medaglia miracolosa» diffuse la devozione ai «sacri cuori» ◼ DI PAOLO MARIA BREDOLO C aterina Labouré è una novizia nel convento delle Figlie della carità di San Vincenzo de’ Pao li. Sabato 27 novembre 1830, nella cappella di rue du Bac n. 140, a Parigi, durante la meditazione ha una visione. Vede come due quadri animati che le passano davanti in dissolvenza incrociata. Racconta: «Nel primo, la Santa Vergine è in piedi su una semisfera (che rappresenta il mondo intero) e tiene tra le mani un piccolo globo dorato. I piedi di Maria schiacciano un serpente». Nel secondo quadro escono raggi di uno splendore abbagliante. Nello stesso tempo Caterina sente una voce che dice: «Questi raggi sono il simbolo delle grazie che Maria ottiene per le persone che me le domandano». Davanti ai suoi occhi Caterina vede formarsi una medaglia ovale dove prende forma un cerchio di parole d’oro che dicono: «O Maria concepita senza peccato prega per noi che ricorriamo a Te». Poi l’ovale della medaglia si rovescia e Caterina vede la croce sormontata dalla «M» iniziale di Maria, in basso due cuori, uno incoronato da spine, l’altro trapassato da una spada. Rappresentano, nell’ordine, il Sacro Cuore di Gesù e il Cuore Immacolato di Maria. Subito Caterina ode queste parole: «Fai coniare questa medaglia, secondo questo modello. Coloro 21 12 Dom. del T. Ord. a (salt. 4a sett.) Gb 38,1.8-11 • Sal 106 2Cor 5,14-17 • Mc 4,35-41 Un lago in burrasca, una povera barca, uno sparuto gruppo di uomini e Gesù. La paura attanaglia il cuore dei discepoli spaventati dalla forza incontenibile delle onde. Ogni speranza sembra perduta in quella tormenta. I seguaci di Gesù rimangono annichiliti e lo sgomento stronca le loro misere forze umane. Gesù sembra non accorgersi di quanto accade e tranquillo riposa su un guanciale. Ai discepoli non resta che svegliarlo. Destato, egli non suggerisce tecniche di salvataggio e li ammonisce: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?» (Mc 4,40). La fede nella potenza divina infonde quel coraggio vitale che supera ogni vano tentativo di vincere i momenti di profondo turbamento con l’ausilio delle sole «tecniche» umane. «Se il sonno e le apparenze facevano vedere in Gesù un uomo – sosteneva san Giovanni Crisostomo – la tempesta sedata rivela un Dio». 28 13 Dom. del T. Ord. a (salt. 1a sett.) Sap 1,13-15; 2,23-24 • Sal 29 2Cor 8,7.9.13-15 • Mc 5,21-43 Oggi il vangelo parla di una donna che era ammalata di emorragie da dodici anni (la cosiddetta «emorroissa») e di una fanciulla morta a dodici anni, la «figlioletta» di Giairo. Questi e altri eventi confermano quello che dice il libro della Sapienza: « Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi». Il Figlio suo l’ha dimostrato. Infatti Gesù svela dove si trova il principio della vita. Nel cuore dell’emorroissa c’è una fede che la spinge a toccare «solo» il lembo del suo mantello per ottenere la guarigione. Nelle parole di Giairo c’è l’implorazione di fede e la risurrezione della figlioletta ne è la risposta. «Continua ad aver fede» gli suggeriva Gesù, e vedrai rifiorire la vita. Quindi la fede è la fonte della vita. L’arresto della fede paralizza ogni intervento divino e blocca ogni attività umana. P a cura di Sisto Zarpellon ATTO DI CONSACRAZIONE AL SACRO CUORE DI GESÙ «O amabile Cuore del mio Salvatore, tu sei la sede di ogni virtù, la sorgente di tutte le grazie, l’ardente fuoco che infiamma d’amore tutte le anime che confidano in te. Tu sei la compiacenza del Padre; sei il rifugio degli afflitti e la dimora delle anime che ti amano. Cuore degno di regnare su tutti i cuori e di possedere l’affetto di ogni creatura; Cuore trafitto sulla croce per amor mio dalla lancia dei miei peccati; Cuore che vivi nel Sacramento dell’altare, sempre ferito dalla lancia del tuo stesso amore; Cuore che ami gli uomini con tutta la tenerezza, rimedia tu stesso a tanta ingratitudine, infiamma i nostri cuori di ardente amore per te. Potessi percorrere il mondo per annunciare le tue grazie, la dolcezza e i tesori che effondi su coloro che ti amano. Sii per me consolazione nelle sofferenze, riposo nella fatica, sollievo nelle angosce, porto sicuro nelle tempeste della vita. Ti consacro il mio corpo e la mia anima, il mio cuore, la mia volontà, la mia vita e tutto il mio essere. O Eterno Padre, ti offro l’amore del Cuore di Gesù: se rifiuti il mio, non puoi respingere quello di tuo Figlio, che è la stessa santità; supplisca Gesù alle mancanze del mio amore e mi renda accetto ai tuoi occhi.» sant’Alfonso Maria de’ Liguori AGENDA SANTUARIO ORARIO D’APERTURA Chiesa ore 6.00-12.00 / 15.00-19.00 Cappella del santo ore 7.00-12.00 / 15.00-19.00 ORARIO PENITENZIERIA Festivo ore 6.15-12.00 / 15.00-19.00 Feriale ore 7.00-12.00 / 15.00-19.00 Il lunedì pomeriggio i frati sono impegnati in comunità, pertanto non sono disponibili per le confessioni ORARIO SANTE MESSE Festivo ore 6.30, 7.45, 9.00, 10.15, 11.30, 16.00, 18.00 Sabato pomeriggio e vigilia delle feste sante messe festive ore 16.00, 18.00 Feriale ore 7.00, 8.30, 10.00, 18.00 PREGARE CON I FRATI Al mattino ore 6.20: celebrazione delle Lodi, meditazione e santa Messa. Alla sera ore 19.00: santo Rosario e Vespri Giovedì: Adorazione eucaristica, preghiera per le vocazioni e celebrazione dei Vespri PELLEGRINAGGI Chi desidera organizzare pellegrinaggi di gruppo può telefonare per informazioni o prenotazioni al numero 049 8802727 (orario di ufficio), email: [email protected] RICORRENZE DI GIUGNO 2: Festa nazionale della Repubblica 12: Giornata della santificazione sacerdotale 28: Giornata per la carità del Papa giugno 2015 | Portavoce | 39 Il racconto di una vita straordinaria. Il fascino di un santo gioiosamente umile. «Padre Leopoldo in tanto è stato un santificatore degli altri, in quanto prima lui era un santificato: si era lasciato santificare. Parlava con Dio. Sentiva di essere l’amato di Dio.» (Card. Albino Luciani, poi papa Giovanni Paolo I) ILLUSTRATI Lorenzo da Fara Il tempo e l’eterno. La spiritualità di padre Leopoldo attraverso i suoi scritti pp. 152, con illustrazioni, € 15,00 Riflessioni sugli scritti del santo. Frasi brevi ma incisive che padre Leopoldo rivolgeva ad amici e penitenti. Orientamenti di vita spirituale validi per ogni tempo Luigi Ferraresso Padre Leopoldo pp. 80, 30 tavole a colori + 40 foto, € 15,00 Illustrazioni di Alida Massari Attraverso splendide tavole a colori a piena pagina e il piacevole ritmo dei versi, il libro racconta la storia (e alcuni aneddoti) di san Leopoldo BIOGRAFIE Giovanni Lazzara Leopoldo Mandić. Il confessore che sognava l’unità dei cristiani pp. 152, € 4,00 Il racconto della vita e il profilo spirituale del santo cappuccino. I tre miracoli attribuiti a san Leopoldo che gli valsero la beatificazione e la canonizzazione. I discorsi di Paolo VI e di Giovanni Paolo II Lorenzo Artuso Leopoldo Mandić. Umanità e santità pp. 240, € 10,00 Una biografia che, integrando numerosissime testimonianze, scandaglia il volto interiore di padre Leopoldo Antonio Fregona (a cura) Pietro Eliseo Bernardi pp. 128, con illustrazioni, € 15,00 pp. 452 con illustr., € 16,00 Su una sintetica traccia biografica, una ricca raccolta di foto di san Leopoldo e dei luoghi in cui visse La biografia più completa scritta dal vicepostulatore della causa di canonizzazione. Disponibile anche in francese, tedesco, inglese Il fascino di un volto. Biografia storico-fotografica di san Leopoldo Leopoldo Mandić. Santo della riconciliazione e dell’ecumenismo spirituale Per informazioni e ordini, rivolgersi al negozio di articoli religiosi del santuario: tel. 049 8802727 - [email protected] Il catalogo completo di libri, CD e DVD su www.leopoldomandic.it alla pagina «Rivista e libri» I IN CASO DI MANCATO RECAPITO, RINVIARE ALL’UFFICIO POSTALE DI PADOVA C.M.P., DETENTORE DEL CONTO, PER LA RESTITUZIONE AL MITTENTE CHE SI IMPEGNA A PAGARE LA RELATIVA TARIFFA EDIZIONI SAN LEOPOLDO