L`Ungheria lontano dall`Europa

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L`Ungheria lontano dall`Europa
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DOSSIER ULTIMO SPETTACOLO
L’Ungheria
lontano
dall’Europa
Viktor Orbán cambia la costituzione, abolisce
la libertà di stampa, sfida le richieste della Bce
ma l’Europa non lo sanziona, né a Bruxelles
sembrano curarsi troppo della sua politica.
A chiedere un intervento solo qualche voce
isolata che finora è rimasta inascoltata.
di Astrit Dakli
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S
i direbbe quasi che il fiammeggiante nazionalismo euroscettico del premier Viktor Orbán e del suo partito conservatore
Fidesz (che dispone di quasi due terzi dei
seggi in parlamento), allontanando le prospettive di un ingresso magiaro nella moneta
unica, abbia finito per stemperare le ansie di
Berlino e Bruxelles, a dispetto delle sue allarmanti iniziative di politica interna.
Eppure di motivi per dedicare attenzione a
ciò che sta avvenendo a Budapest – e per intervenire politicamente nelle sedi e con gli strumenti messi a disposizione dalla Ue – ce ne
sono in abbondanza. Le modifiche costituzionali approvate in marzo da un parlamento dominato dal Fidesz sono, a parere generale,
l’equivalente di un colpo di stato che azzera
molte libertà fondamentali dei cittadini e confligge con diversi principi fondamentali dell’Europa comunitaria; e questo senza parlare delle
paurose sbandate razziste dei politici, del conflitto fra le istituzioni, delle tensioni con i Paesi
confinanti; e di una politica economica, infine,
che sta affrontando la crisi globale con ricette di
austerità a dir poco discutibili mirate a difendere la base sociale del partito al potere, ma tali
comunque da provocare continue, clamorose
proteste di piazza di intere categorie di cittadini.
Quest’inverno l’Ungheria ha visto le
“marce della fame”, organizzate in numerose
località delle regioni più povere da sindacati
e gruppi locali, con centinaia di contadini,
manovali e disoccupati che hanno percorso a
piedi, per settimane, le strade che portano a
Budapest per protestare contro la miseria e
l’abbandono in cui le loro regioni sono state
lasciate e per chiedere “pane e lavoro”.
Anche il partito socialista (MSZP) all’opposizione si è unito a queste proteste, lamentando che ormai oltre il 40% della popolazione
magiara vive al di sotto della soglia di povertà,
dopo le modifiche al sistema di welfare e il
brutale aumento delle tasse indirette (l’iva è
passata di colpo dal 15 al 20%). Contemporaneamente il Paese ha visto la protesta degli
studenti universitari – quasi sempre fiancheggiati dai professori – per i tagli drastici che
hanno messo molti atenei di fronte alla prospettiva di chiudere per mancanza sia di fondi
che di nuovi iscritti, mentre gli studenti che
ricevono un sostegno dallo Stato si vedono
vietare la possibilità di lavorare all’estero
dopo la laurea.
E invece no, di questo grave focolaio di crisi
nel cuore del continente non sembra volersi far
carico nessun governo – a parte quelli di Paesi
confinanti (Slovacchia e Romania, in primis)
direttamente chiamati in causa dal revanscismo nazionalista di Budapest, che solletica
l’irredentismo delle minoranze magiare in
quei Paesi – e solo alcune voci nelle istituzioni
europee hanno espresso preoccupazione, in
particolare il presidente dell’europarlamento
Martin Schulz e quello della Commissione,
José Barroso.
Nonostante la situazione politico-giuridica
dell’Ungheria si sia fatta drammatica, in Europa le reazioni più vivaci sono quelle di
gruppi particolari, per esempio Reporters sans
frontières, che ha protestato vivamente contro
le nuove leggi che sottopongono i media a un
east european crossroads
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controllo del governo; ma, mentre scriviamo, non sembra che ci
sia la determinazione e la voglia
per un’azione più incisiva da
parte delle istituzioni e dei partner europei.
Una maggior attenzione e un
più puntuale intervento da parte
europea non sarebbero certo inutili, visto che il governo guidato
da Viktor Orbán, in carica ormai
da tre anni con una maggioranza
parlamentare straripante, pur insistendo molto a livello di propaganda interna sulla propria
autonomia e indipendenza dalla
Ue e dalle istituzioni finanziarie
internazionali, ha più volte mostrato di voler evitare le contrapposizioni troppo forti, piegandosi
a correggere (almeno sul piano
formale) le leggi e i provvedimenti che hanno a tratti provocato obiezioni a Bruxelles.
Certo, la quantità di azioni e di
provvedimenti legislativi venuti
dal governo Orbán che andrebbero
a questo punto “corretti” è impressionante. Con una serie di modifiche ai regolamenti e alle leggi
esistenti è stata stabilita una piena
subordinazione all’esecutivo di
tutte le principali istituzioni del
Paese, in particolare di quelle che
dovrebbero invece mantenere una
loro autonomia come la Banca
centrale, i media o le università.
Anche la magistratura, e la Corte
Costituzionale che ne rappresenta
il vertice, sembrano ormai ridotte
all’impotenza dalle ultime modifiche costituzionali imposte dal
partito di Orbán, che hanno azze-
numero 47 maggio/giugno 2013
DOSSIER
DANIEL ROSENTHAL/LAIF/CONTRASTO
UNGHERIA
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DOSSIER ULTIMO SPETTACOLO
rantennio comunista, dato che il partito comunista è stato dichiarato “organizzazione criminale.” Ora i suoi
ex membri (e sono tanti) potranno essere sottoposti a processo, se e
quando servirà al governo.
Il passo successivo sarà probabilmente un cambiamento della legge
elettorale tale da garantire quanto
più possibile al Fidesz e al suo leader carismatico di continuare a gestire il potere anche dopo le elezioni
del prossimo anno.
Nel frattempo però, in mancanza
di un intervento serio da parte delle
istituzioni europee, cresceranno le
tensioni sociali, perché le misure
“anticrisi” del governo stanno mettendo in difficoltà estrema settori significativi della popolazione; e
cresceranno soprattutto i rischi per
le minoranze etniche presenti in
Ungheria, che potrebbero diventare
veri e propri capri espiatori su cui
far convergere il risentimento popo-
Indicatori politici
AREA: 93.028 Km2
POPOLAZIONE: 9.958.453
massimo
rischio
FORMA DI GOVERNO:
Democrazia parlamentare
SUFFRAGIO:
Universale (18 anni)
CAPO DI STATO:
Janos ADER (Maggio 2012)
CAPO DI GOVERNO:
Viktor ORBAN (Maggio 2010)
PIL NOMINALE:
$ 140,8 mld (stima 2013)
INFLAZIONE:
DISOCCUPAZIONE:
Il Governo gode di una buona
stabilità politica.
50
minimo
rischio
0
30
39
Sicurezza
40,5 anni
Cattolici Romani 51,9%,
Calvinisti 15,9%, Luterani 3%,
Ortodossi 2,6%, altro 26,6%
Europeye Research Team
100
Efficacia governativa
ETÀ MEDIA:
RELIGIONE:
11
Corruzione
Indipendenza
della giustizia
4,5% (stima 2013)
46
72
10,1% (stima 2013)
su 176 Paesi
su 144 Paesi
DEBITO PUBBLICO/PIL: 82,5% (stima 2013)
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lare per la crisi. Nel mirino sono sia
la piccola comunità ebraica ancora
presente, sia soprattutto la consistente minoranza rom, quasi un milione di persone.
Formalmente il partito Jobbik –
una formazione neo-nazista diventata ormai il terzo partito nel parlamento – è all’opposizione, e il
premier Orbán condanna puntualmente gli episodi di antisemitismo
esplicito ma di fatto i confini tra
questa formazione e la destra del Fidesz sono assai labili.
Zsolt Bayer, ha recentemente
scritto su un giornale che “la maggior parte degli zingari non sono
adatti alla convivenza. Molti sono
animali e si comportano da animali... non devono essere tollerati
o capiti, ma solo eliminati. Gli animali così non dovrebbero esistere.” Non risulta che il capo del
governo si sia dissociato da simili
affermazioni.
Ungheria
Stabilità politica
rato la possibilità per la suprema
Corte di esprimere giudizi di merito
sulle leggi, lasciandole solo il terreno
del giudizio procedurale e aprendo
così il campo alla riproposizione di
una serie di provvedimenti che la
Corte aveva bloccato negli ultimi due
anni – l’ultima volta nel febbraio
2013, quando la corte ha annullato il
provvedimento con cui il numero dei
soggetti religiosi autonomi riconosciuti dallo Stato veniva ridotto da
370 a 14. Tra le leggi firmate dalla
Corte e ora pronte a tornare in vigore
c’è una serie impressionante di restrizioni nei diritti civili e politici: dal
divieto d’aborto al disconoscimento
delle unioni omosessuali, dalle limitazioni al diritto di critica (vietato, e
punibile, dire cose “lesive della dignità ungherese”) alla pena di morte,
dalla libertà di sciopero al diritto alla
pensione; per non parlare della criminalizzazione retroattiva di chi ha
avuto ruoli pubblici durante il qua-
Valori di riferimento: primo paese
Norvegia, ultimo paese Somalia
Qualità
della burocrazia
minimo
rischio
2
massimo
rischio
EIU, ONU, WB, WEF, WHO, Heritage Foundation, Transparency International, Global Peace Index
east european crossroads
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DOSSIER
REUTERS/BERNADETT SZABO
UNGHERIA
Indicatori sociali
Business Environment
all
sh
ar
e
ol
di
M
s
°I
1
Disordini sociali
a
1
da
da
lan
in
°F
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an
an
sl
°I
u
°R
v
°S
1
1
1
54
a
minimo
rischio
2
massimo
rischio
Facilità nel
concludere affari
su 185 Paesi
(1° Singapore, 185° Rep. Centrafricana)
Malcontento popolare in crescita.
40
Maggiori ostacoli:
protezione degli investitori,
pagamento delle tasse.
Popolazione in carcere
75
molto
basso
81
\ Sabato 14 gennaio
2012 migliaia di
militanti del partito di
Jobbik sono scesi in
piazza a Budapest a
chiedere un referendum
per uscire dall’Unione
Europea.
molto
alto
1,5
(ogni 100.000 abitanti)
129
117
135° Yemen
144° Algeria
Distribuzione
della ricchezza
(indice Gini)
179° Eritrea
190° Qatar
190° Qatar,
Arabia Saudita,
Vanuatu
Spesa sanità pubblica/PIL
% di seggi
Libertà di stampa
occupati da donne
nei Parlamenti nazionali
Disparità di genere
Fuga di cervelli
numero 47 maggio/giugno 2013
31,2
Tasso di
alfabetizzazione
99%
60
Competitività
globale
su 144 Paesi
(1° Svizzera, 144° Burundi )
Abbonamenti
a telefoni cellulari
1° Norvegia (25,8)
Ultimo Comore (64,3)
117(ogni 100 persone)
Saldo migratorio (netto)
Utenti di internet
75.000
59 (ogni 100 persone)
48
Libertà
economica
su 177 Paesi
(1° Hong Kong, 177° Corea del Nord)
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