Solimena Vincenzo

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Solimena Vincenzo
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di Annalisa Tarullo
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UCANI
Vincenzo Solimena
“Il ristretto guscio della mia casa, la mia scoletta, i miei libri, mi portano via tutto
intero e - non per antipatia, ma per manco di tempo - mi fanno disertar
quasi sempre le dolci compagnie, i geniali ritrovi, le allegre conversazioni;
sono insomma una specie di crostaceo”
(V. Solimena, in un discorso di inaugurazione del Circolo
degli Artigiani. Rionero in Vulture, 25 gennaio 1883)
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DA PASTORELLO A MAESTRO ELEMENTARE
UN’INFANZIA DIFFICILE… E TANTA VOGLIA DI SAPERE
Vincenzo Solimena nacque il 1 dicembre del 1851 a Forenza, un piccolo paese lucano dai monti assolati e dalle valli selvagge.
Figlio di umili braccianti fu costretto, fin da bambino, a guadagnarsi da vivere lavorando come pastorello a servizio altrui per contribuire al precario bilancio domestico.
A quindici anni non conosceva l’alfabeto. Grazie all’interessamento di un sacerdote, don Ferdinando
Oppido, apprese le prime cognizioni di base, e fu colto da una tale passione per il sapere che ben presto, con grande sorpresa e soddisfazione del buon precettore, recuperò il tempo perduto. Don
Ferdinando riuscì a persuadere i suoi genitori a farlo studiare e fu un successo: in tre anni il piccolo
Vincenzo apprese tanto da poter reggere il confronto con un futuro studente di liceo. “Il pastorello”,
immerso in profondi silenzi di prati assolati, mentre badava al sonnolento gregge, rimuginava su quanto appreso. Sul muro di qualche rudere, come egli stesso raccontò ai suoi figli, si esercitava scrivendo
con il carbone, finché, divenuta inutilizzabile la superficie ormai del tutto imbrunita, cominciava a
lavorarci su con il gesso donatogli dal parroco. Ma figlio di una famiglia assai bisognosa, privo di
mezzi, rallentò gli studi dividendosi tra diverse occupazioni occasionali.
E da vero pastore, cui le stelle sussurravano un linguaggio arcano, misterioso, apprese i primi rudimenti di astronomia e si dilettò a suonare lo zufolo, solo in seguito sostituito con un flauto vero.
Non tardò a giungere la prima grande gratificazione: nel 1873 vinse a Potenza un concorso per maestro elementare di grado inferiore e nello stesso anno prese ad insegnare a San Mauro Forte. Nel piccolo paese materano, dove si fece ammirare per bontà d’animo e profondità di cultura, conobbe una
fanciulla piemontese, Domenica Cordèro, anche lei insegnante alla prime armi. Di lui Domenica
apprezzò la grandissima capacità di aprire la mente ai piccoli e ai grandi. I due, uniti da una grande
“missione” come quella dell’insegnamento, non poterono che intendersi ed apprezzarsi, convolando a
nozze. Erano tempi duri… I novelli sposi avevano ben poche prospettive: 55 lire al mese in due ed
una comune infocata passione per l’apostolato magistrale.
LA CARTA STAMPATA UN RICETTACOLO PER TANTO SAPERE…
SOLIMENA MAESTRO E PUBBLICISTA DI VALORE
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Negli anni ’70 il Solimena esordì nel mondo del giornalismo, pubblicando diversi articoli in difesa
della propria categoria su Il Maestro Elementare. Periodico letterario-scientifico-didattico-educativo,
diretto da Giuseppe Casaglia ed Annunzio Calabria.
Continuava intanto la sua carriera di insegnante: tra il 1876 ed il 1880 si trasferì a Vietri di Potenza,
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dove insegnò presso la Scuola Elementare di grado superiore. In quest’arco di tempo la sua attività di
pubblicista fu particolarmente fervida, accompagnata da alcune pubblicazioni di rilievo quali un
Saggio Politico ed il Metodo Naturale per insegnare a leggere (1880).
Mentre si avvicinava ad un altro traguardo importante, la licenza classica, si immerse in un intenso
studio sulla mnemotecnica, una base portante del suo metodo “ideo-fonico” e mimico, finalizzato
all’insegnamento dell’alfabeto secondo la formula “dal suono al segno e dal segno al suono”. Tale metodo, secondo il quale i fanciulli di prima elementare dovevano apprendere per almeno sei mesi l’aggettivazione del suono delle lettere dell’alfabeto direttamente dalla voce e dai gesti del maestro, riscosse un grande successo e venne presentato a Torino all’Esposizione Nazionale del 1884. In quell’occasione il Solimena fu insignito del Diploma di Benemerenza con medaglia d’argento.
Intanto già dal 1880 l’affermato forenzese aveva trasferito la sua sede a Rionero in Vulture dove
conobbe un suo grande estimatore, Giustino Fortunato, che in una lettera del 1901 indirizzata a
Benedetto Croce, parlando di Vincenzo Solimena, scrisse: “E’ l’uomo più degno, per tutti i versi, che io
abbia conosciuto in vita mai - ed in altra occasione aggiunse - “un eroe appetto al quale quelli di Plutarco
sono povera cosa”.
IL SOLIMENA FONDA DUE RIVISTE
L’ESPERIENZA BREVE MA INTENSA
MEZZOGIORNO
DE L’EDUCARE
LUCANO
E DE L’EDUCATORE DEL
Durante la permanenza a Rionero il Solimena ebbe modo di conoscere Giovanni Plastino, un caro
amico e compare con il quale fondò L’Educatore Lucano. Periodico di educazione e d’istruzione per le
scuole elementari.
Il primo numero fu pubblicato nel novembre del 1881, in un clima politico, culturale ed economico del tutto nuovo per il Paese. Si era ormai giunti al completamento dell’Unità e con esso si era concluso anche quel periodo del Risorgimento definito “eroico”, mentre già faceva capolino una crisi più
profonda, anche di tipo psicologico, che investiva le varie forze politiche, in primis la destra storica.
L’Educatore Lucano, l’unica rivista scolastica-educativa del secondo Ottocento lucano di cui disponiamo, rappresenta non solo una fonte preziosa per la ricostruzione della vita regionale, ma anche un
tentativo di rinnovamento di più ampio respiro da parte dei maestri e della scuola. In esso si faceva
sentire la voce degli insegnanti di periferia, espressione di disagio ed insofferenza. Sotto lo pseudonimo “La Direzione” il Solimena, nel primo numero della seconda annata, così definisce il contributo
dei suoi redattori: “Noi possiamo definirci: modeste ma vigili sentinelle che periodicamente vi vengono a
scuotere, se il sonno vi abbia vinti”. E nello stesso numero, i due direttori, Plastino e Solimena, per
smuovere gli animi e per mettere a fuoco l’importanza della rivista, aggiunsero in tono declamatorio
e fortemente provocatorio: “Colleghi! Difettare d’un giornale vostro è come difettare di un vostro rappre-
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sentante…Difettare di questo rappresentante è come rinunziare all’altrui considerazione, chiudervi in un
guscio di lumaca e far dire di voi che o non esistete o, che all’esistenza vi accostate di molto!”.
Erano tempi difficili: “Molto deve essere lasciato all’azione del tempo - aveva aggiunto il ministro della
P.I. a conclusione della relazione del suo progetto di legge del 15 marzo 1883 - e molto più alla stessa
classe degli insegnanti, poiché NOBILITARE I PICCOLI UFFICI DIPENDE IN GRAN PARTE DALLE PERSONE STESSE CHE LI ESERCITANO”. Il Solimena credeva profondamente in ciò e aveva più volte
ribadito la sua posizione in diversi articoli de L’educatore Lucano con il motto “MIGLIORIAMOCI!”.
La rivista, sulla quale il Solimena scrisse numerosissimi articoli, note redazionali e risposte ai lettori,
benché sostenuta economicamente dal Fortunato, cessò dopo soli due anni di attività. Ma il direttore
integerrimo, proteso al progresso ed acerrimo nemico della mediocrità, nell’ultimo numero de
L’Educatore Lucano, non nascose il suo disappunto per l’indifferenza e la piattezza morale di tanti colleghi: “ Molti ci hanno fatto sapere che non saranno mai nostri abbonati finché ci ostineremo a far a meno
della didattica, vulgo pappa sminuzzata e scodellata…A questo non arriveremo mai… Noi abbiamo del
maestro un altro concetto: il maestro per noi è motore cosciente, autogrado, non macchina mossa da manubrio…Noi abbiamo della nostra bandiera il motto “Miglioriamoci” non già “Perpetuiamo il mediocrume”.
(L’Educatore Lucano, Anno II, n.32)
Cessata la pubblicazione di questa prima “creatura” intimamente nutrita, il Solimena intensificò la sua
attività di precettore privato, continuò a tenere diverse conferenze e scrisse numerosi articoli su diversi periodici d’istruzione a carattere educativo e pedagogico (1).
Tuttavia un irrefrenabile desiderio di avere di nuovo un periodico tutto suo lo spinse a fondare a fine
anno del 1893 “L’Educatore del Mezzogiorno. Periodico settimanale d’Istruzione e d’Educazione”. Ridestò
allora i vecchi redattori de L’Educatore Lucano, di cui rigenerò lo staff, convocando nuovi collaboratori noti nel campo della scuola e “cominciò di gran lena il suo lavoro”.
Sul frontespizio del 1° numero della rivista si leggono i numerosi pseudonimi usati dal Solimena, a
volte ironici e sornioni: Sensale, Bibliotecario, Ficcanaso, Schiacciapensieri, il Direttore, Viesse, Pedagogo,
Un socio, Un vecchio maestro, Alter ego.
A causa di gravi divergenze con l’Editore la pubblicazione cessò nel giro di un anno ed il Solimena,
profondamente amareggiato scrisse nella nota di chiusura intitolata “Disposizioni testamentarie”:
“Permettete che non vi diciamo il perché e il segreto scenda e rimanga con noi nella tomba […] Ma gli è
che nel cantuccio delle nostre memorie intime vi ha alle volte un ricordo che fa così male a risvegliare, che
si fa proposito di non revocarlo più a nessun costo, pur di non sentirne le punte - ecco tutto”. (L’educatore
del Mezzogiorno, 1893, Anno I, n. 44)
Giungeva al capolino anche la seconda delle sue “creature”, battagliere, insofferenti di ogni stortura,
predicatrici virtuose in difesa degli umili. Tuttavia il Solimena non rinunciò alla sua attività di pubblicista: passò alla redazione de “L’Avvenire Educativo. Rivista pedagogica e didattica”, per la quale scrisse con lo pseudonimo “Ficcanaso”, e collaborò con numerosi altri periodici specialistici.
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Prima che fosse attuato un nuovo tipo di scuola, “una scuola con la lettera maiuscola” che l’illustre
forenzese aveva a lungo vagheggiato, logorato dall’intensa attività, a poco più di cinquant’anni, il
Solimena si spense l’11 maggio del 1903. A lui che amo ed onorò con il proprio operato la sua
Lucania, comunemente vilipesa come la “terra dell’eterno analfabetismo”, vanno lodi, rispetto ed
ammirazione.
UN UOMO DALL’INDOLE SCHIVA E RISERVATA
“IL RISTRETTO GUSCIO DELLA MIA CASA, LA MIA
TUTTO INTERO…”
SCOLETTA, I MIEI LIBRI, MI PORTANO VIA
Vincenzo Solimena come uomo fu sempre schivo e riservato, amante del cantuccio domestico e del
suo lavoro. Egli stesso confessò pubblicamente:” “Il ristretto guscio della mia casa, la mia scoletta, i miei
libri, mi portano via tutto intero e - non per antipatia, ma per manco di tempo - mi fanno disertar quasi
sempre le dolci compagnie, i geniali ritrovi, le allegre conversazioni; sono insomma una specie di crostaceo”.
(V. Solimena, in un discorso di inaugurazione del Circolo degli Artigiani. Rionero in Vulture, 25 gennaio 1883)
Rimaneva forse in lui il ricordo di quella strana dimensione, fatta di lunghi silenzi e profonde meditazioni che lo avevano accompagnato nelle lunghe giornate trascorse al pascolo, quando solo il frullo
di un uccello o il belare di una pecora scandiva il lento fluire del tempo.
Al di là dei preziosi precetti pedagogici da lui forniti, nei suoi numerosissimi articoli emerge una sorprendente conoscenza dell’indole umana, di giovani e meno giovani. Commentando il difficile compito di attrarre l’attenzione dei discenti, si lascia sfuggire una nota meditabonda: “L’uomo maturo sa
sobbarcarsi di aride fatiche in considerazione della lieta soddisfazione che gli frutterà l’ottenimento dello
scopo lontano […] e ciò tien luogo di diletto. Ma pel fanciullo uno scopo lontano è nulla: per esso l’avvenire ha poco legame con il presente […]; vive nel presente, perché solo il presente ha per lui significato, il
passato non già, che non torna, né l’avvenire, che non sa idearsi e nol crede, noiato dell’attendere (in
L’Educatore Lucano, Anno II, n. 1-2, Rionero in Vulture 25 novembre 1882).
Chi ebbe la fortuna di conoscere di persona il Solimena poté cogliere la sua vera ricchezza, uno scrigno di valori profondamente interiorizzati e trasmessi agli altri: famigliari, amici lettori ed alunni. Il
grande maestro era solito ripetere: Nemo dat quod non habet!
Nella sua breve ma intensa attività aveva sviluppato un linguaggio limpido ed efficace, colto ma non
professorale: “Il comporre - aveva scritto - è un atto complesso, più complesso che non si creda: comporre
è esporre sulla carta un complesso ordinato di parole proprie tutte concorrenti a manifestar completamente
un concetto della nostra mente […] E’ l’arte di esprimere i propri pensieri […] Per comporre dunque s’ha
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da imparare prima a parlare, e, siccome parlare è esporre i propri pensieri, così per parlare bisogna a sua
volta saper pensare e riflettere sui propri pensieri […]. (L’Educatore Lucano, Anno I, n. 6)
BIBLIOGRAFIA
AA.VV, In memoria di Vincenzo Solimena Educatore, Potenza 1951.
CALIBI G., Discorso del docente ins. Calibi Giuseppe tenuto in data 26 novembre 1953 per la intitolazione di un’aula al nome di Vincenzo Solimena.
DI GIULIO M., Nacque circa un secolo fa a Forenza Vincenzo Solimena, pastorello professore, in Il
Mattino, 31 dicembre 1954.
DI GIOVANPAOLO A., Da “pastorello” a precursore della Montessori, in La Gazzetta del Mezzogiorno,
lunedì 1° giugno 1998.
L’EDUCATORE LUCANO. Periodico d’educazione e d’istruzione per le scuole elementari, Ristampa anastatica a cura dell’Università degli Studi di Basilicata. Quaderni 3.1-3.2, Potenza 1994.
NOTE
(1) Si indicano di seguito le riviste e l’anno in cui scrisse su ciascuna: Il Gran Sasso d’Italia. Periodico
d’educazione e d’istruzione (1883); Il Maestro Elementare italiano e la scuola italiana. Monitore settimanale degli insegnamenti primari (1884); Il Nuovo Educatore. Rivista settimanale della Istruzione primaria (1885); Il Corriere Scolastico. Periodico Mensile (1886); L’Indipendente. Giornale AmministrativoLetterario-Politico (1886); L’avvenire Educativo. Rivista di pedagogia e didattica (1888), L’Istruzione
secondaria. Rivista quindicinale (1893).
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