Applicazione della normativa relativa al comparto urbanistico

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Applicazione della normativa relativa al comparto urbanistico
ASSOCIAZIONE NAZIONALE
COMUNI ITALIANI
Associazione Regionale del Piemonte
QUESITO
APPLICAZIONE DELLA NORMATIVA RELATIVA
URBANISTICO: ART. 46 LR 56/1977 DEL PIEMONTE
AL
COMPARTO
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PARERE
La legge urbanistica piemontese all’art. 46 disciplina le procedure di attuazione del
comparto urbanistico prevedendo che il Sindaco notifichi ai proprietari delle aree incluse nel
comparto l’invito a costituire il consorzio per l’attuazione del PP “ entro i termini fissati
nell’atto di notifica”. Dunque senza determinare in via generale un termine legittimo.
Considerato che, in mancanza di adesione totalitaria ( consorzio volontario ) si deve
procedere con la costituzione del consorzio obbligatorio ( con l'adesione dei ¾ delle proprietà)
a beneficio del quale il Comune può espropriare le aree delle proprietà renitenti, oppure in
mancanza anche di consorzio obbligatorio l’esproprio può essere attivato con riferimento al
complesso delle aree, si è eccepito che ai sensi dell'art. 7, 1° comma lett. d) del DPR 327/2001
TU in materia di espropriazioni. Norma che recita “ Il Comune può espropriare…omissis.. d)
le aree inedificate e le costruzioni da trasformare secondo speciali prescrizioni, quando
decorre inutilmente il termine, non inferiore a novanta giorni,
fissato nell’atto
determinativo della formazione del consorzio, notificato ai proprietari interessati “ debba
essere inteso che detto termine sia condizione di legittimità del procedimento benché la norma
regionale non lo preveda, ed anzi consenta al Sindaco di determinare detto termine; ciò anche
per effetto della parziale abolizione, operata dall’art. 58 1° comma punto n. 62 del medesimo
DPR 327/2001 dell’art. 23 della legge 1150/1942 che disciplinava il comparto senza
prevedere termine alcuno per l’atto di notifica de quo.
Nel caso in riferimento al quale si chiede il presente parere l’amministrazione ha
fissato il termine di 60 giorni, in quanto le NTA del PP vigente prevedono espressamente il
ricorso alla procedura del comparto ed assegnano in via ordinaria il termine di 60 giorni
decorrenti dall’approvazione del PP medesimo per la stipula della convenzione volontaria.
Ciò premesso si pongono i seguenti quesiti:
1) Considerato l’assetto delle competenze costituzionali che assegnano alla Regione
competenza specifica in materia di disciplina urbanistica lasciando allo Stato la sola
competenza di determinare i principi generali dell'ordinamento applicabile, si chiede
se non debba comunque essere considerato prevalente il disposto della legge regionale
che assegna espressamente al sindaco la facoltà di determinare nel proprio atto di
notifica la competenza a fissare detto termine legittimo.
2) Nell’ipotesi che il termine di 90 giorni sia da ritenersi vincolante, si chiede se possa
essere sostenuta la legittimità dell'eventuale procedimento espropriativo ove la relativa
procedura venga attivata dal Comune decorsi comunque i novanta giorni dal
ricevimento dell’atto di notifica senza che alcuno dei destinatari abbia formalizzato la
propria disponibilità a procedere nel senso disposto dall’atto stesso: ossia se non si
possa e si debba privilegiare una considerazione sostanzialistica rispetto a quella
meramente formale della dicitura contenuta nell'atto stesso quanto al termine di
adempimento.
3) Nel caso fosse ritenuto comunque sostanziale che il termine di 90 giorni sia assegnato
espressamente negli atti notificati, si chiede se la legittimità del procedimento possa
essere salvaguardata con ulteriore comunicazione trasmessa a mezzo raccomandata
A/R o notificata con la quale si assegni espressamente un ulteriore periodo di trenta
giorni dall’atto di ricevimento per adempiere; ciò in quanto la norma non dice che il
termine assegnato debba esserlo in unica soluzione e l’articolazione in due periodi
distinti non può che essere agevolante per le proprietà destinatarie.
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PARERE
Ci si interroga sul rapporto sussistente tra la normativa regionale e quella nazionale in materia
di comparto urbanistico e di espropriazione per pubblica utilità.
In sintesi la questione attiene, da un lato, alla portata della disposizione di cui all’art.
46 della l.r. n. 56 del 1977, riferita alle procedure di attuazione del comparto urbanistico, che
prevede che il Sindaco notifichi ai proprietari delle aree incluse nel comparto l’invito a
costituire il consorzio per l’attuazione del PP “entro i termini fissati nell’atto di notifica”.
Dall’altro lato si pone l'art. 7, co. 1 lett. d) del d.P.R. n. 327 del 2001, T.U. in materia di
espropriazioni, a mente del quale “Il Comune può espropriare (…) d) le aree inedificate e le
costruzioni da trasformare secondo speciali prescrizioni, quando decorre inutilmente il
termine, non inferiore a novanta giorni, fissato nell’atto determinativo della formazione del
consorzio, notificato ai proprietari interessati”. In ragione dell’avvenuta parziale abrogazione,
da parte dello stesso T.U., dell’art. 23 della legge 1150/1942 che disciplinava il comparto
senza prevedere termine alcuno per l’atto di notifica de quo, si sospetta che il termine di
novanta giorni sia da ritenersi vincolante per ogni procedura espropriativa di comparto. Nel
caso di specie, l’amministrazione procedente ha per contro stabilito il termine di 60 giorni, in
applicazione delle NTA del PP vigente.
A fronte del quadro descritto, sono posti i seguenti quesiti:
4)
Considerato l’assetto delle competenze costituzionali che assegnano alla
Regione competenza specifica in materia di disciplina urbanistica lasciando allo Stato la sola
competenza di determinare i principi generali dell'ordinamento applicabile, si chiede se non
debba comunque essere considerato prevalente il disposto della legge regionale che assegna
espressamente al Sindaco la facoltà di determinare nel proprio atto di notifica la competenza a
fissare detto termine legittimo.
5)
Nell’ipotesi che il termine di 90 giorni sia da ritenersi vincolante, si chiede se
possa essere sostenuta la legittimità dell'eventuale procedimento espropriativo ove la relativa
procedura venga attivata dal Comune decorsi comunque i novanta giorni dal ricevimento
dell’atto di notifica senza che alcuno dei destinatari abbia formalizzato la propria disponibilità
a procedere nel senso disposto dall’atto stesso: ossia se non si possa e si debba privilegiare una
considerazione sostanzialistica rispetto a quella meramente formale della dicitura contenuta
nell'atto stesso quanto al termine di adempimento.
6)
Nel caso fosse ritenuto comunque sostanziale che il termine di 90 giorni sia
assegnato espressamente negli atti notificati, si chiede se la legittimità del procedimento possa
essere salvaguardata con ulteriore comunicazione trasmessa a mezzo raccomandata A/R o
notificata con la quale si assegni espressamente un ulteriore periodo di trenta giorni dall’atto
di ricevimento per adempiere; ciò in quanto la norma non dice che il termine assegnato debba
esserlo in unica soluzione e l’articolazione in due periodi distinti non può che essere
agevolante per le proprietà destinatarie.
I quesiti posti risultano particolarmente delicati perché attengono al problema
dell’assetto delle competenze normative ed al riparto della potestà legislativa tra Stato e
Regioni e perché non risultano precedenti giurisprudenziali specifici sul tema controverso.
La risposta non può che discendere dai principi generali e dalla ricostruzione
dell’istituto di riferimento alla luce del riparto di competenze come disegnato dalla normativa
vigente.
In effetti l’art. 46 della l.r. Piemonte n. 56 del 1977, modificata sul punto nel 1980,
prevede al comma 2 che entro 30 giorni dalla esecutività della deliberazione di delimitazione
dei comparti “il Sindaco notifica ai proprietari delle aree e degli edifici ricadenti nel
comparto lo schema di convenzione per la realizzazione degli interventi previsti dal
programma di attuazione con l'invito a stipulare, riuniti in consorzio, la convenzione
entro i termini fissati nell'atto di notifica”.
Il legislatore piemontese non ha dunque previsto termini vincolanti in materia,
rimettendone la determinazione al Sindaco. La stessa scelta è stata operata da altre leggi
regionali: ad es. la Puglia (art.15 della l.r. n. 6 del 1979), che scandisce l’attività comunale
dopo l’approvazione del piano di comparto: a) approvazione del piano di comparto; b) entro
30 giorni dall’avvenuta approvazione notifica del provvedimento sub a) ai proprietari delle
aree interessate dal piano con fissazione dei termini entro cui questi ultimi dovranno
dichiarare se intendono, da soli o riuniti in consorzio, eseguire le opere programmate; c)
stipula di apposita convenzione tra consorzio e comune avente ad oggetto anche la
individuazione delle garanzie relative ai costi per le eventuali espropriazioni ad effettuarsi nei
confronti dei soggetti non aderenti al consorzio; d) eventuale espropriazione comunale delle
aree del comparto da assegnare al consorzio; e) esecuzione della convenzione stipulata tra
comune e consorzio con la realizzazione consortile delle opere di urbanizzazione e successiva
cessione di queste ultime all’Amministrazione comunale a scomputo degli oneri di
urbanizzazione (su cui cfr. Meale, L’esecuzione delle opere di urbanizzazione nel piano di
comparto). Si registrano peraltro interventi legislativi di altre Regioni a statuto ordinario che
hanno previsto termini più brevi rispetto a quello introdotto dal legislatore statale con il T.U.
n. 327 del 2001. Si tratta di comprendere se detti interventi legislativi, una volta sopravvenuto
il dettato normativo statale sopra richiamato, possano continuare ad essere considerati
legittimi oppure se debbano considerarsi superati dalla disposizione statale e se questa ultima
possa assurgere a disposizione “di principio”.
Per risolvere la questione occorre dunque risalire alla corretta collocazione della
materia nell’assetto delle competenze legislative. Nell’art. 117 della Costituzione
l'espropriazione non compare in nessuno dei blocchi di competenze, sostanziandosi in un
istituto “trasversale”, con funzione servente e strumentale, sì da essere attratta nel tipo di
competenza che regola la materia di volta in volta interessata. Nell’ordinamento
costituzionale del 2001 tra le materie di competenza concorrente non compaiono più né
l'urbanistica né i lavori pubblici di interesse regionale. La prima, pur con obiezioni in dottrina,
è da ritenere assorbita nel “governo del territorio” (v. Corte cost., sentenza n. 362 del 2003),
sicché una larga parte delle espropriazioni è ancora di competenza legislativa ripartita.
Da queste osservazioni consegue che nel vigente ordinamento lo Stato può
disciplinare le proprie espropriazioni e dettare i principi fondamentali dell'espropriazione
nelle materie di competenza concorrente.
In questo quadro deve essere letto l’art. 5 del d.P.R. n. 327 del 2001 (Ambito di
applicazione nei confronti delle Regioni e delle Province autonome di Trento e di Bolzano),
come sostituito dal d.lgs. n. 302 del 2002, a mente del quale:
1. Le Regioni a statuto ordinario esercitano la potestà legislativa concorrente, in ordine
alle espropriazioni strumentali alle materie di propria competenza, nel rispetto dei principi
fondamentali della legislazione statale nonché dei principi generali dell'ordinamento giuridico
desumibili dalle disposizioni contenute nel testo unico. (L)
2. Le Regioni a statuto speciale, nonché le Province autonome di Trento e di Bolzano
esercitano la propria potestà legislativa in materia di espropriazione per pubblica utilità nel
rispetto dei rispettivi statuti e delle relative norme di attuazione, anche con riferimento alle
disposizioni del titolo V, parte seconda, della Costituzione per le parti in cui prevedono forme
di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite. (L)
3. Le disposizioni del testo unico operano direttamente nei riguardi delle Regioni fino
a quando esse non esercitano la propria potestà legislativa in materia, nel rispetto delle
disposizioni di cui ai commi 1 e 2. La Regione Trentino-Alto Adige e le Province autonome
di Trento e Bolzano adeguano la propria legislazione ai sensi degli articoli 4 e 8 dello statuto
di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670, e dell'articolo 2 del
decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266. (L)
4. Nell'ambito delle funzioni amministrative conferite dallo Stato alle Regioni e alle
Province autonome di Trento e di Bolzano ai sensi delle leggi vigenti rientrano anche quelle
concernenti i procedimenti di espropriazione per pubblica utilità e quelli concernenti la
materiale acquisizione delle aree. (L)
L'art. 5 del testo unico in esame è stato così modificato dal d.lgs. n. 302 del 2002 al
fine di adeguarlo al quadro costituzionale scaturito dall'entrata in vigore della l. cost. n. 3 del
2001, di modifica del Titolo V della Parte II della Costituzione.
Le Regioni a statuto ordinario possono quindi legiferare in materia di espropriazioni
nel rispetto:
1) della Costituzione (art. 117, comma 1, Cost.);
2) dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali
(art. 117, comma 1, Cost.);
3) dei principi fondamentali determinati dalla legislazione statale (art. 117, comma 3,
ultimo periodo, Cost.; art. 5, comma 1, t.u. espr.);
4) dei principi generali dell'ordinamento giuridico (art. 5, comma 1, t.u. espr.).
Dall’art. 5 del T.U. n. 327 del 2001 si evince dunque che nel caso di specie, trattandosi
di espropriazione afferente alla materia “governo del territorio”, il legislatore regionale è
tenuto a legiferare nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento desumibili dalle
disposizioni dello stesso Testo unico. Le stesse disposizioni statali assumono natura cedevole
e disciplinano la materia fino quando il legislatore regionale non eserciti la propria potestà
concorrente.
Orbene, in molti casi, come quello in esame, le disposizioni normative regionali sono
antecedenti rispetto all’entrata in vigore del T.U. e della stessa riforma costituzionale, e quindi
sono state adottate in base ad un riparto di competenze diverso rispetto a quello attuale.
Tuttavia, la transizione della materia nell’ambito del “governo del territorio” conferma la sua
collocazione nell’ambito della competenza ripartita Stato/Regioni implicando un riesame
della legittimità della legislazione regionale alla luce di sopravvenute disposizioni di
“principio”, quelle appunto dettate dal Testo unico statale.
Come si è affermato in apertura, non constano, per quanto risulta, precedenti
giurisprudenziali puntuali, ma si possono ricavare alcune considerazioni dalle poche pronunce
in materia:
- T.A.R. Abruzzo, L'Aquila - Sentenza 7 aprile 2006 n. 234. Il Sindaco ha pertanto
invitato, con nota del (…), i proprietari anzidetti a comunicare entro 15 giorni la loro
disponibilità a riunirsi in Consorzio per l’attuazione del comparto e per la conseguente
edificabilità delle aree, aggiungendo che il Consorzio stesso, così costituito o costituito con la
maggioranza assoluta del valore catastale delle aree dell’intero comparto potrà attuare le
previsioni di piano, anche mediante l’eventuale espropriazione delle aree dei proprietari non
aderenti.
Non appare ultroneo infine osservare che tutto l’iter argomentativo che precede
presuppone l’esistenza di un obbligo del Comune di procedere all’esproprio, obbligo sulla cui
sussistenza tuttavia più di un dubbio appare lecito, così come esposto dalla difesa del
Comune, secondo cui l’attivazione della fase espropriativa costituisce espressione di potere
discrezionale e non già di attività vincolata, tenuto conto del tenore della norma (art.26.4 L.R.
n.18/1983) da cui emergerebbe “la facoltà” dell’ente di espropriare le aree ricomprese nel
comparto e non già un “obbligo” (la norma dispone che “quando sia decorso inutilmente il
termine di cui al precedente 2° comma, il Comune procederà all’espropriazione del comparto
a norma della L. 22.10.1971, n. 865”).
La tesi non è da respingere, in quanto l’attuazione concreta del comparto, che include
non solo l’esproprio ma le fasi successive di realizzazione delle strutture e infrastrutture ivi
previste, comporta rilevanti impegni finanziari la cui disponibilità va in concreto verificata,
per cui non può pretendersi di imporre al Comune di attivare un procedimento ablatorio, con
tutto ciò che consegue, a prescindere dalle valutazioni circa la copertura della spesa e il
reperimento delle risorse finanziarie necessarie, che può richiedere anche tempi non brevi.
Non può porsi in dubbio che il mancato riscontro all’invito del Comune da parte degli
altri due proprietari facente parte del comparto è fatto nuovo che va adeguatamente valutato
da parte dell’ente per tutte le conseguenze che ne derivano in termini di oneri di varia natura a
carico dell’Amministrazione comunale.
Se si esclude dunque, ragionevolmente, un obbligo tassativo del Comune di procedere
all’esproprio e nei tempi imposti dall’atto di diffida, il ricorso appare inammissibile anche per
tale ulteriore profilo.
- T.A.R. Puglia – Bari, Sez. II, Sentenza 26 ottobre 2005 n. 4565 La legislazione
regionale si sofferma sul comparto con una norma apposita (l’articolo 15 della legge regionale
12 febbraio 1979 n. 6, modificato dalla legge regionale 31 maggio 1980 n. 56), che amplia il
senso e la finalità impressagli dal legislatore nazionale, prevedendo: “Il comparto costituisce
una unità di intervento e/o di ristrutturazione urbanistica ed edilizia. Può comprendere
immobili da trasformare e/o aree libere da utilizzare secondo le previsioni e prescrizioni degli
strumenti urbanistici generali ed attuativi. Esso ha come finalità precipua quella di conseguire,
tra i proprietari e/o gli aventi titolo interessati, la ripartizione percentuale degli utili e degli
oneri connessi all'attuazione degli strumenti urbanistici generali.
Il comune può procedere alla delimitazione dei comparti in sede di attuazione degli
strumenti urbanistici generali, ivi compreso il Programma di Fabbricazione, ovvero in sede di
formulazione del P.P.A.
La realizzazione degli interventi previsti nel comparto è subordinata all'approvazione
di strumenti urbanistici attuativi di iniziativa pubblica o privata estesi all'intero comparto.
L'approvazione dei predetti strumenti urbanistici esecutivi costituisce dichiarazione di
pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità di tutte le opere previste nel comparto.
Il sindaco, entro trenta giorni dall'avvenuta approvazione dello strumento urbanistico
attuativo, notifica ai proprietari e/o aventi titolo interessati il provvedimento medesimo,
indicando loro le modalità di esecuzione del comparto ed i termini entro cui dovranno
dichiarare se intendono, da soli o riuniti in Consorzio, eseguire le opere programmate previa
stipula di apposita convenzione.
Decorso il termine su indicato, il Comune procede all'esecuzione d'ufficio del
Comparto, anche a mezzo di esproprio, nei confronti dei proprietari e/o degli aventi titolo che
non abbiano assentito al Comparto.
Le aree e gli immobili espropriati vengono acquisiti al patrimonio del Comune
conservando la destinazione d'uso prevista dagli strumenti urbanistici vigenti”.
Da un punto di vista procedurale è chiaro che la legge regionale n. 6 ha consentito la
scissione del momento della delimitazione del comparto da quello della realizzazione degli
interventi previsti nel comparto.
- T.A.R. Sardegna, Sez. II, Sentenza n. 106/2005. (…) La difesa del Comune di
Cagliari sostiene poi che il comparto edificatorio sarebbe stato introdotto nel PUC ai sensi
dell’art. 27 della legge regionale 22 dicembre 1989, n. 45, la cui disciplina, essendo la regione
Sardegna dotata di competenza esclusiva nella materia dell’edilizia e dell’urbanistica,
prevarrebbe su quella dettata dal legislatore nazionale.La tesi, pur muovendo da una corretta
osservazione in diritto, la prevalenza delle norme dettate dal legislatore regionale nelle
materia ove ha competenza primaria, non si attaglia al caso di specie. Il legislatore regionale
non ha dettato delle norme per definire il comparto edificatorio, né ha disciplinato le modalità
di formazione del comparto edificatorio, limitandosi a regolamentarne alcuni aspetti
contenutistici e di attuazione dello stesso (necessità della costituzione di un consorzio ed
unicità della domanda di concessione o di autorizzazione), prevedendo che questi aspetti
siano dettati con deliberazione del Consiglio Comunale. Con riferimento alle parti non
disciplinate non può che trovare applicazione, in base ai principi generali, la normativa dettata
dal legislatore nazionale, fintantoché la Regione Sardegna, in virtù della propria competenza
esclusiva, non detti una propria regolamentazione.
Dalle pronunce richiamate si evince:
-
le prime due riguardano leggi di regioni a statuto ordinario, entrambe
antecedenti il T.U. n. 327 del 2001. A differenza della legislazione regionale
piemontese, l’invito notificato dal Sindaco non fissa il termine per la sottoscrizione
della convenzione, ma riguarda la dichiarazione della disponibilità a riunirsi in
consorzio. I giudici amministrativi, pur sopravvenuta la disposizione del T.U. non si
pronunciano sulla applicabilità della legge regionale, che invece ritengono scontata
sottolineando anzi l’ampia discrezionalità del Comune espropriante nella gestione
della procedura (anche di disattendere i tempi imposti nell’atto di diffida..);
-
la terza riguarda una Regione ad autonomia speciale ma assume
rilevanza laddove pare distinguere tra norme di principio relative al comparto
edificatorio e norme di dettaglio, facendo rientrare tra queste ultime gli “aspetti
contenutistici e di attuazione dello stesso (necessità della costituzione di un consorzio
ed unicità della domanda di concessione o di autorizzazione)”, e confermando la
legittimità della previsione che affida questi aspetti alla deliberazione del Consiglio
comunale.
Altra via per comprendere se l’art. 7, co. 1 lett. d) del d.P.R. n. 327 del 2001 ed il
termine di novanta giorni ivi previsto assuma natura di principio generale è l’interpretazione
dottrinale. In dottrina (R. De Nictolis, in CARINGELLA F., DE MARZO G., MARUOTTI
L., DE NICTOLIS R., L'espropriazione per pubblica utilità, Milano, Giuffrè, 2007) si ritiene
che tra i principi fondamentali della materia andrebbero ricompresi:
1) la riserva relativa di legge in materia espropriativa (artt. 42 Cost. e 2 t.u. espr.);
2) la norma che indica gli scopi dell'espropriazione (art. 1 t.u. espr.);
3) i principi generali del procedimento espropriativo (art. 2);
4) la regola sulla competenza (art. 6);
5) le norme che stabiliscono le fasi fondamentali della procedura (art. 9);
6) il principio che consente di concordare l'indennità e la cessione volontaria;
7) il principio secondo cui l'indennità di esproprio deve avere carattere di serio ristoro;
8) i principi e i criteri di computo dell'indennità di esproprio;
9) le norme sulla determinazione e accettazione dell'indennità da parte di persone
incapaci (art. 31);
10) la definizione delle opere pubbliche statali;
11) le norme sulla tutela giurisdizionale (artt. 53-56);
12) l'istituto della c.d. acquisizione sanante di cui all'art. 43 del testo unico.
Quanto alla previsione del comma 3 dell'art. 5 T.U. ed all’applicabilità del testo unico
in tutte le Regioni fino a quando queste non avranno adeguato la propria legislazione ai
principi fondamentali desumibili dal testo statale o, per le Regioni a statuto speciale, anche
dai rispettivi Statuti, si può concludere che la normativa regionale previgente al testo unico
deve ancora ritenersi operante ed efficace nella parte in cui risulti essere rispettosa dei principi
generali dell'ordinamento o desumibili dal testo unico espropri.
Dalla lettura della legislazione regionale sopravvenuta rispetto all’entrata in vigore del
T.U. espropri non si rivelano disposizioni espresse dedicate al tema che occupa1; se ne
desume che le Regioni non hanno ritenuto di dover adeguare la propria legislazione all’art. 7
lett. d) ed alla previsione del termine di 90 giorni.
La legittimità costituzionale delle norme statali c.d. «cedevoli» è stata costantemente
ribadita dalla Corte costituzionale (tra le tante Corte cost. 16 marzo 2007, n. 88). La Corte ha
infatti richiamato la propria giurisprudenza secondo la quale la legge statale, allorquando
interviene a modificare i principi di disciplina di una materia di competenza regionale, può
dettare una normativa di dettaglio, immediatamente operativa, idonea a regolare la materia
fino a quando non venga sostituita da una legislazione regionale conforme ai nuovi principi.
Nell'ambito delle norme c.d. cedevoli la normativa regionale è ad esempio intervenuta
frequentemente a modificare il testo unico espropri con riguardo alla fase della
determinazione dell'indennità attribuita ai periti (art. 21 t.u. espr.).
Sul rapporto tra norme statali di principio e norme regionali nell’ambito della
competenza concorrente, è utile infine ricordare il recente orientamento della Corte
costituzionale con le sentenze n. 237 del 2009 e n. 371 del 2008: nella prima si ribadisce che
il «rapporto tra normativa di principio e normativa di dettaglio deve essere inteso nel senso
che l’una è volta a prescrivere criteri ed obiettivi e all’altra spetta l’individuazione degli
1
Si segnalano:
- Regione Basilicata: L.R. 22 ottobre 2007, n. 19; L.R. 2 dicembre 2008, n. 30;
- Regione Calabria: L.R. 12 agosto 2002, n. 34 (art. 94);
- Regione Campania: L.R. 22 dicembre 2004, n. 16 (artt. 8 e 35);
- Regione Emilia Romagna: L.R. 19 dicembre 2002, n. 37; L.R. 3 giugno 2003, n. 10; L.R 6 Luglio 2009,n 6;
- Regione Friuli Venezia Giulia: L.R. 31 maggio 2002, n. 14 (artt. 67 - 70 e 78); L.R. 26 gennaio 2004, n. 1 (artt.
6, comma 20); L.R. 10 agosto 2006, n. 16 (art. 15, comma 3); L.R. 25 agosto 2006, n. 17 (art. 30, comma 1);
- Regione Lombardia: L.R. 8 febbraio 2005, n. 6 (art. 5, comma 5); L.R. 11 marzo 2005, n. 12 (art. 103, comma
1, lett. b);
- Regione Puglia: L.R. 22 febbraio 2005, n. 3; L.R. 8 marzo 2007, n. 3;
- Regione Sardegna: L.R. 22 aprile 2002, n. 7 (art. 7, comma 8); L.R. 26 febbraio 2004, n. 4 (art. 4); L.R. 7
agosto 2007, n. 5 (art. 9, comma 10);
- Regione Sicilia: L.R. 2 agosto 2002, n. 7 (art. 36); L.R. 31 maggio 2004, n. 9 (art. 22, comma 4); L.R. 14 aprile
2006, n. 14 (artt. 19, 20, 21, 22, 23 e 24);
- Regione Toscana: L.R. 18 febbraio 2005, n. 30; L.R. 24 febbraio 2005, n. 39 (art. 11, comma 4);
- Regione Trentino Alto Adige: competenza legislativa esclusiva è attribuita alle province autonome di Trento e
Bolzano: L.P. Bolzano 30 gennaio 2006, n. 1 (art. 20); L.P. Trento 17 febbraio 2003, n. 1 (artt. 12 e 13, comma
1); L.P. 16 giugno 2006, n. 3 (art. 8, comma 1, lett. y, comma 4, lett. e, comma 5, lett. c); L.P. 23 maggio 2007,
n. 11 (art. 87, comma 1, 2, 3 e 4);
- Regione Valle D'Aosta: L.R. 2 luglio 2004, n. 11; L.R. 26 ottobre 2007, n. 26 (art. 1, comma 1);
- Regione Veneto: L.R. 7 novembre 2003, n. 27; L.R. 20 luglio 2007, n. 17.
strumenti concreti da utilizzare per raggiungere quegli obiettivi» (v. anche sent. n. 340 del
2009), nella seconda si annullano diverse norme statali in quanto autoapplicative ed a
carattere procedimentale.
Nel caso di specie la disposizione dell’art. 7 lett. d) del T.U. è autoapplicativa e di
carattere procedimentale e quindi indebitamente occupa lo spazio della disciplina di dettaglio;
salvo ritenere che sia riferita solo agli espropri statali o che sia cedevole, ma in tal caso
dovrebbe essere cedevole anche verso la legislazione regionale previgente ove non
incompatibile con i principi dettati dal legislatore statale.
In sintesi, alla luce di quanto sopra esposto, pare potersi affermare che :
-
la materia controversa è il governo del territorio, che è rimessa alla
competenza concorrente Stato/Regioni (T.U. espropri per lo Stato; l.r. Piemonte n. 56
del 1977 per la Regione);
-
con riferimento alle procedure di attuazione del comparto urbanistico,
l’art. 7 lett. d) del T.U. non pare assurgere al rango di norma di principio, alla luce
delle induttive considerazioni della giurisprudenza, della dottrina e della
giurisprudenza costituzionale, che esclude dalle norme di principio quelle
autoapplicative e procedimentali;
-
la disposizione di cui all’art. 46 della l.r. Piemonte n. 56 del 1977, pur
antecedente all’entrata in vigore del T.U. ed al nuovo assetto costituzionale delle
competenze normative, non pare in contrasto né con le disposizioni costituzionali né
con le norme di principio tratte dalla legislazione statale;
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parrebbe di conseguenza conforme a Costituzione un’interpretazione
dell’art. 7 lett. d) del T.U. come riferita ai soli espropri statali, salvo ammettere il suo
carattere cedevole, ma in tal caso dovrebbe essere cedevole anche verso la legislazione
regionale previgente ove questa non sia incompatibile con i principi dettati dal
legislatore statale e quindi resterebbe salvo l’art. 46 della l.r. Piemonte n. 56 del 1977;
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dovrebbe per l’effetto essere considerato applicabile il disposto della
legge regionale che assegna al Sindaco la facoltà di determinare nel proprio atto di
notifica la competenza a stabilire detto termine.
In tal senso pare doversi rispondere al primo quesito, che è assorbente.
È tuttavia doveroso sottolineare la complessità della questione, esattamente
rilevata dallo stesso quesito posto. La distinzione tra norme di principio e norme di
dettaglio permane infatti incerta nei confini e, ove si assumesse prevalente
un’interpretazione sistematica intesa a privilegiare la parziale abrogazione, da parte dello
stesso T.U., dell’art. 23 della legge 1150/1942 (che disciplinava il comparto senza
prevedere termine alcuno per l’atto di notifica de quo), se ne potrebbe argomentare
l’illegittimità dell’esproprio avvenuto senza rispettare il termine dilatorio di (almeno) 90
giorni.
Tale lettura, che pare meno corretta perché lontana dal riparto di competenze come
sopra definito ma che viene suggerita in subordine a titolo di cautela, implica di
affrontare, appunto in subordine, i quesiti n. 2 e 3.
Al riguardo pare evidente che il fine dell’art. 7 lett. d) del T.U. sia quello di
concedere un termine dilatorio prima di procedere all’esproprio; sicché, a prescindere dai
termini previsti dalla diffida, pare rilevare l’effettivo decorso di almeno 90 giorni dalla
notifica dell’atto di diffida, come evidenziato al quesito n. 2. La giurisprudenza sopra
richiamata pare confermare tale assunto, laddove non riconosce alcun carattere vincolante
del termine previsto per il Comune procedente, che può procedere (o non procedere) in
tempi differenti per tutelare altre ragioni di interesse pubblico. Non parrebbe necessario
procedere ad una formale integrazione dei termini, come richiesto con il quesito n. 3.
La Presidente di ANCI Piemonte
Amalia NEIROTTI
(Sindaco di Rivalta di Torino)