l`uomo che vide l`infinito

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l`uomo che vide l`infinito
Federazione
[email protected]
Italiana
Cinema
d’Essai
INTERPRETI: Dev
Patel, Jeremy Irons,
Toby Jones,Devika
Bhise, Stephen Fry,
Jeremy Northam,Kevin
McNally, Enzo Cilenti,
Richard Johnson
SCENEGGIATURA:
Matt Brown
FOTOGRAFIA: Larry
Smith
DISTRIBUZIONE: Eagle
Pictures
NAZIONALITA’: Gran
Bretagna, 2015
DURATA: 108 Min
[email protected]
wwww.spettacoloveneto.it
Associazione
Generale
Italiana
dello Spettacolo
di Mat Brown
PRESENTAZIONE E CRITICA
(…) È la storia del matematico indiano Srinivasa Ramanujan, uno dei
più grandi del Novecento, morto di tubercolosi a soli 32 anni, nel 1920. Il film,
sceneggiato e diretto da Matthew Brown, ha lo stesso titolo del volume al
quale è ispirato: un libro pubblicato da Robert Kanigel, ex docente di “science
writing” al Massachusetts institute of technology (Mit) di Boston. I principali
interpreti sonoDev Patel, già protagonista di The Millionaire, nei panni di
Ramanujan, e Jeremy Irons, che impersona Godfrey Harold Hardy, uno dei
più eminenti matematici inglesi del secolo scorso. Una pellicola definita dalla
rivista Scientific American “una sorta di storia d’amore matematica”.
L’omaggio a uno studioso, “unintelletto imperscrutabile e uncuore semplice”
secondo Kanigel, che per le sue geniali capacità matematiche ricorda il
protagonista del film Will Hunting, genio ribelle, di Gus Van Sant. Ramanujan,
infatti, partendo da un piccolo e povero villaggio indiano del Tamil Nadu, nel
cuore dell’India meridionale, è riuscito a formulare teorie matematiche che
affascinano gli esperti da un secolo. Ancora oggi gli scienziati restano stupefatti di fronte alla bellezza delle
sue formule.
(www.ilfattoquotidiano.it)
Che cos’è la matematica? Molti di noi si sono spesso posti questa domanda. I meno affini a questo
mondo razionalmente inopinabile ed indiscusso in cui la regola non ammette sbagli, non trovano molte
risposte se non una conoscenza complessa e lontana dalla denominazione “arte”. Parlare di creatività
sembra quasi un ovvio ossimoro ma ciò che appare in questo delicato e ben confezionato film
filomatematico è la capacità scientifica come forza creativa, trascendentale e misteriosa che riesce a dare
significato alla nostra realtà materiale. La matematica come intuizione, come dono “divino” che l’umile
Ramanujan protagonista del L’UOMO CHE VEDEVA L’INFINITO possiede senza mai aver potuto studiare e
laurearsi. Il film racconta la vera storia e vita di questo meraviglioso uomo, un esempio di coraggio e volontà
indiscutibile. Con tutte le sue forze ed è questa la l’energia propulsiva che trasuda per la durata del film,
Ramanujan cerca di far capire e far (ri)conoscere al grande e accademico “mondo matematico
anglosassone” le sue scoperte e le sue teorie dal valore scientifico inestimabile. Il regista ci presenta in
questo suo lavoro la vita dell’affascinante e prodigioso uomo indiano, dalle virtù matematiche eccelse e
quasi “divine”, di fronte al quale gli austeri professori universitari del Trinity College di Cambridge, rimangano
destabilizzati e critici. La grande dicotomia tra ciò che la scienza può dimostrare e ciò che Ramanujan
rappresenta: la matematica come arte di pochi eletti, emerge in maniera molto chiara e precisa. Il netto
contrasto tra i due modi di intendere i numeri viene reso molto bene da un montaggio e fotografia che
evidenziano ancor di più le due realtà parallele. Da una parte l’India dell’umile genio matematico, mistica e
misteriosa, terra da sempre madre di una fenomenologia umana sfuggevole alla normalità. Un alone di
mistero e di divinatorio marca così l’intera vicenda del protagonista. I colori forti, i paesaggi, gli aromi e
spezie orientali sembrano inebriare lo spettatore nella prima parte del film. E’ qui che il regista ci porta nella
vita di Ramanujan prima del suo arrivo in Inghilterra. E’ proprio lo sbarco in Europa il taglio decisivo con il
passato. Il protagonista sarà invitato dai “grandi della matematica inglese a presentare le proprie teorie e a
studiare nella migliore università del mondo. I colori tristi, il cielo nuvoloso e la pesantezza del mondo
accademico aprono così la parte del film in cui lo scontro tra diverse realtà vengono a galla. Il razzismo, la
xenofobia, le invidie e pregiudizi dell’Occidente superbo prendono il sopravvento nella narrazione della vita
del protagonista. Episodi di snobismo di alcuni cattedratici e la dura vita universitaria europea non sono però
gli unici elementi narrativi che il regista vuole marcare. Cuore dell’intera narrazione, su cui il regista cerca di
spostare tutta l’empatia e pathos del film è la straordinaria e impensabile amicizia tra Ramanujan ed il suo
professore e mentore G.H Hardy. Un rapporto che col passare del tempo si consoliderà diventando un
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di Mat Brown
sodalizio importante. Intorno a tale relazione fatta inizialmente di matematica, devozione allo studio, scontri
di pensiero, discussioni, incomprensioni e rabbia, nascerà un’amicizia profonda e vera. E’ qui che ritorna
l’elemento magico, la trasformazione: l’austero professor Hardy, da grande matematico, incapace di provare
sentimenti sottili sarà totalmente rapito dalla personalità del suo studente provando verso di lui fiducia e
stima; sarà infatti colui che aiuterà e darà un risvolto decisivo alla vita dello studente. Dall’altra parte
Ramanujan che con l’auto del suo mentore riuscirà a capire quella parte di pensiero matematico a lui
lontano, lasciandosi guidare e sostenere per l’affermazione del suo essere.
(www.domanipress.it)
Srinivasa Ramanujan FRS (22 dicembre 1887 – 26 aprile 1920) era un matematico indiano
autodidatta senza alcun training formale nella matematica pura, che diede un contributo straordinario
all’analisi matematica, alle teorie numeriche, alle serie infinite e alle frazioni continue. La sua vita in India gli
precludeva l’accesso a una comunità matematica più ampia, in quel momento storico tutta concentrata in
Europa, cosicchè Ramanujan fu obbligato a sviluppare le sue ricerche matematiche in isolamento. Il risultato
fu che lui finì per riscoprire teoremi già conosciuti oltre che a produrre nuove teorie; secondo il matematico
inglese G. H. Hardy, Ramanujan era un genio naturale, allo stesso livello di matematici quali Euler e Gauss.
Ramanujan è nato nella città di Erode, nello stato del Tamil Nadu, in una famiglia Bramina Tamil della setta
Thenkalai della casta Iyengar. Fu introdotto formalmente alla matematica all’età di dieci anni. Fu subito
evidente la sua abilità naturale, così gli furono dati libri di trigonometria avanzata scritti da S. L. Loney, che
lui imparò a padroneggiare già all’età di dodici anni; scoprì dei nuovi teoremi e riscoprì da solo l’Identità di
Eulero. A scuola dimostrò capacità matematiche inusuali, ricevendo premi e onorificenze. All’età di
diciassette anni, aveva già effettuato la sua personale ricerca matematica sui numeri di Bernoulli e sulla
costante di Eulero-Mascheroni. Ramanujan ricevette una borsa di studio presso il Government College nel
Kumbakonam, che fu poi revocata a causa della sua bocciatura nelle materie non matematiche. S’iscrisse
allora a un'altra università per proseguire indipendentemente con la ricerca matematica, accettando un
lavoro come impiegato, nell’ufficio Generale Contabilità del Trust Office portuale della città di Madras, per
mantenersi. Nel 1912–1913, inviò degli esempi di alcuni suoi teoremi a tre accademici dell’Università di
Cambridge. G.H. Hardy riconobbe la genialità del suo lavoro e l’invitò in Inghilterra per lavorare con lui a
Cambridge. Divenne un membro della Royal Society e del Trinity College di Cambridge. Ramanujan morì di
malattia, malnutrizione e di una possibile infezione al fegato nel 1920, all’età di trentadue anni. Durante la
sua breve vita, Ramanujan elaborò autonomamente quasi 3900 risultati (per lo più identità ed equazioni).
Oggi quasi tutte le sue asserzioni si sono rivelate corrette, anche se una piccola quantità di questi risultati
erano effettivamente falsi o già conosciuti. Sorprendentemente, gli appunti dell’ultimo anno di vita di
Ramanujan (quasi cento pagine), sono arrivati in Inghilterra. Negli anni ’60 rischiarono di essere bruciati, ma
furono salvati da Robert Rankin. Rankin fece sì che gli appunti fossero aggiunti agli archivi di Ramanujan
presso la Wren Library del Trinity College di Cambridge, dove giacquero dimenticati fino a che George
Andrews li riscoprì nel 1976. Questo “quaderno dimenticato”, come spesso viene chiamato, include alcuni
dei lavori più importanti di Ramanujan e costituisce la base su cui oggi studiano fisici e matematici per
elaborare la teoria delle stringhe, i buchi neri e la gravità quantistica.
(www.cineblog.it)
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