Chirurgia arti

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Chirurgia arti
Chirurgia arti
Anca
Displasia dell’anca
L’articolazione coxo-femorale presenta come aspetto basilare la perfetta sfericità della testa del femore che si
compenetra con la sfera cava dell’acetabolo. Inoltre il tetto acetabolare deve avere una particolare angolazione.
L’articolazione coxo-femorale presenta il legamento rotondo (va dalla fovea capitis all’incisura acetabolare) e la
capsula articolare che avvolge, circondandola, la giuntura (è una sorta di manicotto fibroso che impedisce la
lussazione dell’articolazione che avviene solo se si rompe la capsula ed il legamento rotondo).
Questi parametri vengono valutati all’Rx per constatare la presenza o meno di displasia. Quindi nel momento in
cui il centro della testa è contenuto al di sotto del tetto acetabolare l’anca è sana, oltre questo però si valuta:
1. emisfericità perfetta della testa;
2. congruenza articolare: spazio interarticolare perfettamente omogeneo.
Dobbiamo poi considerare due assi:
1. asse del collo femorale;
2. asse della diafisi femorale.
Se l’angolo formato dai due assi è tra 120 e 130° è normale; se l’angolo è più chiuso si parla di coxa-vara; se è
più aperto parliamo di coxa-valga (gamba aperta e ginocchio indietro).
Se la testa è meno sferica e l’acetabolo è più piatto il centro della testa non si viene a trovare sotto il tetto
dell’acetabolo. Per questa valutazione tracciamo due assi, uno che unisce i centri delle teste dei femori, un altro che
è tangente al margine laterale dell’acetabolo. L’angolo che si forma si chiama angolo di Norberg che deve essere di
105° o maggiore; se di 90° o inferiore il margine acetabolare è insufficiente e non riesce a contenere la testa.
Se viene fatta la prova di carico e la testa, per quanto malformata, rimane nell’acetabolo, allora la forma di
displasia non è grave, ma se la testa in condizioni di stress si sublussa anche se non è molto rovinata la condizione è
grave e l’esito è infausto.
Si parla di testa a medusa quando si ha un tetto insufficiente e lassità nel carico, la testa tende a sublussarsi
dorsalmente e a modificarsi: al posto di essere rotonda è tronco conica. La testa avrà quindi dei movimenti di
succussione che creano consumi articolari abnormi. La cartilagine subisce erosione e contusione articolare. Sotto la
testa si creano delle formazioni condro-cartilaginee. Il collo inoltre perde l’aspetto a clessidra diventa corto e
tronco-conico.
Si parla di coxa-plana quando la testa è totalmente appiattita, così come l’acetabolo, nonostante l’apparenza è
molto più tollerata di una sublussazione. Questo perché la sub-lussazione della testa del femore causa un’instabilità
grave sull’articolazione e questo provoca molto dolore con mancato uso dell’arto fino ad atrofia muscolare nei casi
più gravi. All’esame ortopedico si sente uno scroscio al movimento dell’articolazione (segno di Ortolani).
Questa patologia la si riscontra soprattutto nei cani adulti di grossa taglia (molossoidi e Pastore Tedesco) e a
base ereditaria.
Diagnosi: in un soggetto adulto si effettua l’Rx con anche perfettamente parallele, arti iperestesi e animale
sedato; si può fare questo esame già a 6 mesi con 95% di precisione.
La diagnosi precoce (3 mesi) ha più margine di errore e si effettua con cane supino con angolo di 90° rispetto al
bacino e un distrattore tra i due femori e si stringono le ginocchia, si misura cioè la lassità articolare (PEN-HIP).
Metodo DAR (Dorsal Acetabular Rime): si radiografa il cane da dietro con zampe posteriori a ranocchio per
valutare il tetto acetabolare.
Quando c’è instabilità articolare di norma c’è anche artrosi.
Trattamento:
1. conservativo → quando si ha uno scarso impatto clinico, cioè il soggetto sta abbastanza bene;
2. chirurgico:
a) protesi dell’anca;
b) osteoectomia della testa del femore → si amputa la testa alla base del collo femorale; si forma un giunto
fibroso ed in breve tempo il cane ricomincia ad usare l’arto normalmente e non ha più dolore;
c) osteotomia inter-trocanterica per varizzare l’arto → si effettua quando testa e acetabolo sono ben
conformati, ma manca la congruenza.
Problemi dei mezzi di contenzione
La conformazione della testa del femore e dell’acetabolo sono buone, ma il femore è sub lussato o lussato.
Eziopatogenesi: la capsula o il legamento invece di essere composti di tessuto fibro-elastico sono costituiti
soprattutto o esclusivamente di tessuto fibroso. È causata da un aumento di estrogeni nel sangue.
Sintomi: nei primi mesi di vita l’animale è molto sofferente.
Sublussazione
La lussazione è lo spostamento reciproco dei capi ossei di una articolazione con la perdita completa dei rapporti
articolari. In caso di perdita parziale dei rapporti articolari si parla più correttamente di sublussazione.
Eziopatogenesi: la sublussazione comporta uno stress capsulare che provoca molto dolore.
Sintomi: l’animale corre come un coniglio, soprattutto al galoppo, non c’è armonia nei movimenti e dopo uno
sforzo si siede.
Diagnosi: al movimento passivo si sente scroscio (segno di Ortolani).
Lussazione coxo-femorale del cane
È rara nei grossi animali. La lussazione dell’anca è un evento traumatico che necessita di notevoli forze. Può
essere patologico in caso di grande anomalia dell’anca.
Patogenesi: eziologia soprattutto traumatica, ma con fattori predisponenti: salienza del trocantere, cavità
acetabolare diretta in fuori e un po’ verso il basso. Sotto l’azione del trauma l’arto si comporta da unico segmento
rigido, il cui unico punto mobile è l’articolazione coxo-femorale su cui scaricano forza esogene ed endogene.
Quando il trauma è superiore alla resistenza degli elementi contenitivi articolari si ha lussazione. In genere si ha
lacerazione completa di capsula e legamento rotondo. In seguito la testa può spostarsi in diverse posizioni:
1. sopracotiloidea anteriore (più frequente) perché i muscoli glutei agendo sul trocantere tirano verso l’alto;
2. sopracotiloidea posteriore;
3. retrocotiloidea sopraischiatica;
4. retrocotiloidea sottoischiatica;
5. intracotiloidea;
6. otturatoria;
7. centrale.
Sintomi: arto accorciato, roteato in fuori con appoggio in punta. A volte è portato indietro e addotto in modo
che l’estremità abbraccia l’arto opposto. La zoppia è sempre presente.
Sindrome sine qua non di dolore e di stress articolare.
Diagnosi: si valuta all’Rx. Esame dell’articolazione: fare presa col palmo della mano sulla parte anteriore della
coscia appoggiando il pollice sulla tuberosità ischiatica. Manualità bilaterale, si portano poi i pollici sulla tuberosità
trocanterica, evidenziando così eventuali spostamenti. Si portano gli arti posteriormente, per evidenziarne una
diversa lunghezza.
Diagnosi differenziale: frattura della testa o del collo del femore, distacco epifisario (nell’animale giovane).
Prognosi: favorevole purché sia ridotta nel più breve tempo possibile, rischio di neoartrosi.
Terapia:
1. riduzione incruenta entro 3-4 giorni dalla lussazione. Decubito laterale, anestesia generale, si prende con una
mano l’estremità dell’arto e con l’altra il trocantere, si fa fare il percorso inverso rispetto a quello della
lussazione finchè non si sente “clock” e riduzione del rumore di scroscio. Fasciatura con arto flesso e
leggermente abdotto per 15 giorni (fasciatura di Hammer);
2. riduzione cruenta quando è inveterata o ci sono recidive. Segue bendaggio ingessato con arto in abduzione per
15 giorni. Nei casi inveterati irriducibili: osteoectomia simile a quella che si fa nella necrosi della testa del
femore. Si può anche ricostruire il legamento rotondo:
a) si fora l’acetabolo con il trapano da parte a parte a livello di incisura e la testa del femore dalla fovea
capitis fino ad uscire posteriormente al trocantere; dal foro acetabolare si fa passare un cilindretto di
diametro inferiore legato con del filo (filo di Kirshner) e sbuca dal lato mediale del coxale, mentre dal lato
laterale abbiamo i due fili; tirando i fili il cilindro si mette obliquo; a questo punto si fanno passare i fili
all’interno del foro praticato nella testa del femore e si fermano annodandoli sul grande trocantere;
b) si fanno gli stessi fori come nel caso precedente dopo di che usiamo la banda di Buner (nastro piatto di 3
mm usata nel prolasso dell’utero nella vacca); si fa passare questa fascia dai 2 fori e si lega. È il metodo
usato per i cani di grossa taglia.
Distacco epifisario e frattura del collo del femore
Il distacco epifisario è molto frequente nell’animale giovane perché l’osso non si è ancora saldato (si vede
soprattutto nel gatto per traumi da investimento o caduta), mentre nell’adulto si ha la frattura del collo femorale.
Eziopatogenesi: la testa del femore rimane all’interno dell’acetabolo, contenuta dalla capsula e dal legamento
rotondo, mentre il resto del femore viene trascinato verso l’alto dai muscoli glutei che si inseriscono sul grande
trocantere.
Necrosi asettica della testa del femore o Legg-Calvè-Perthes disease
Colpisce i cani di piccola taglia ed ha eziologia genetica. Può essere mono o bi-laterale. Compare dai 3-4 ai 7
mesi di vita.
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Eziopatogenesi: nell’animale giovane la testa è nutrita dalla spongiosa. Il nucleo epifisario, invece, viene
nutrito dai microvasi capsulari e da un’arteria del legamento rotondo. Se questa irrorazione viene meno la testa del
femore va in necrosi, poi si affloscia e si deforma (collasso della testa).
Sintomi: l’animale non appoggia l’arto perché l’algia è intensa. C’è una severa atrofia muscolare e l’adduzione
è dolorosa.
Diagnosi: si valuta all’Rx.
Trattamento: si effettua l’osteoectomia della testa e del collo del femore.
Ginocchio
Lussazione della rotula del cane
Può essere congenita e acquisita. Nel 95% dei casi è un fattore genetico (malformazione). La rotula è contenuta
dai legamenti femoro-rotulei laterali e mediali. Se uno dei due si rompe la rotula esce dal suo binario. Nel cane da
caccia possiamo pensare ad una forma acquisita traumatica. Un fattore predisponente nelle forme congenite è la
displasia del ginocchio. Nel ginocchio si forma un angolo ottuso (> 90°). La rotula è un sesamoide importante
perché sostiene l’arto, si attacca col legamento patellare alla cresta tibiale e il tendine del quadricipite tiene la rotula
in sede. Questi due legamenti devono essere in asse, la rotula scorre su un binario ben definito (troclea femorale) e
vi è tenuta in sede dai legamenti femoro-rotulei. Si ha lussazione quando:
1. il solco trocleare diventa pari o addirittura convesso;
2. vi sono alterazioni di sviluppo dei condili femorali (il laterale è più grande);
3. la cresta tibiale non è centrale ma mediale: il legamento patellare agisce sulla rotula tirandola medialmente (in
flessione).
Sintomi: vi sono diversi gradi di lussazione che vanno da leggera a totale instabilità. Questa patologia comporta
problemi di deambulazione con zoppia non algica, l’angolo femoro-tibiale si chiude, la gamba resta flessa e non
appoggia.
Trattamento chirurgico: si può fare una semplice capsula-plastica o una trasposizione della cresta tibiale. Se
uno dei due legamenti femoro-rotulei è più lasso dell’altro si fa capsulo-plastica (tiro il legamento per accorciarlo),
ma la cresta tibiale deve essere integra e ben orientata. In caso contrario è necessario riportare in asse la cresta
tibiale (medialmente). È una patologia frequente nei cani di piccola taglia, con la crescita la malattia si aggrava e
crea atrofia ossea. La tibia diventa torta medialmente rispetto ai condili femorali quindi anche il piede è portato
medialmente. Si riscontra anche in cani di grossa taglia (molossoidi) dove la displasia è minimale nella cresta
tibiale, ma il problema è a carico della troclea femorale (piatta o convessa). Il solco trocleare è leggermente
inclinato verso l’esterno in condizioni normali, le alterazioni prevedono troclea pari o con inclinazione inversa.
II trattamento deve essere fatto nel giovane perché nell’anziano l’atrofia del quadricipite impedisce la riduzione
della lussazione (muscolo troppo corto). Valutare quindi la razza, l’età, la gravità della lussazione.
Diagnosi: estendiamo gli arti posteriori e apprezziamo l’asse quadricipite-rotula-cresta tibiale.
Sublussazione della rotula del cavallo e del bovino
In condizioni normali la rotula lavora con un asse di 45° e normalmente si aggancia e sgancia; lo sganciamento
viene operato da una semplice contrazione del muscolo bicipite femorale e del paramerale. Nel caso in cui non si
riesce a sganciare la rotula interviene lo stato patologico, ovvero la fissazione superiore della rotula.
Sintomi: iperestensione della gamba (coscia e gamba in linea retta) e iperflessione del dito. Questa è una
posizione dolorosa e siccome l’arto è bloccato i muscoli possono andare incontro a ischemia e atrofia. Nei casi
cronici vi può essere una flogosi della grassella (gonite) o una condromalcia della rotula.
Eziologia: soprattutto traumatica, ma anche associata a predisposizione ereditaria provocata da una
conformazione difettosa degli arti (un cavallo che ha un angolo molto aperto tra il femore e la tibia, il cosiddetto
arto posteriore dritto), dà ricadute frequenti (la prima volta che accade i legamenti si allungano e facilitano le
ricadute), sforzi muscolari, microfibrosi, parassitosi, calcificazioni, problemi neurologici a livello sacrale.
Trattamento: nei casi recenti e meno gravi si può spingere la rotula medialmente e in basso oppure far partire
di scatto l’animale o farlo “sobbalzare”, oppure far retrocedere l’animale spingendo la rotula medialmente e in
basso. Nei casi più gravi si fa una desmotomia rotulea mediale: il paziente viene operato in stazione così in caso di
sgancio della rotula sento subito il rumore caratteristico. Il cavallo si tiene ai due venti con o senza torcinaso, si
seda e si fa anestesia locale con novocaina per infiltrazione in prossimità del legamento ti bio-rotuleo mediale, si
tricotomizza e si disinfetta la cute. Palpando la zona si individua il legamento e con il bisturi si pratica una lieve
incisione longitudinale lateralmente al legamento in prossimità della sua inserzione tibiale, si introduce un
desmotomo (bisturi o lama fissa) con la lama tenuta verticalmente, tangente al legamento e con tagliente rivolto
verso il basso. Evitando assolutamente di ledere la capsula la lama va spinta fino al margine posteriore del
legamento poi si ruota in modo da rivolgere il tagliente verso il legamento che viene reciso con alcuni movimenti di
andirivieni a due cm circa dall’inserzione tibiale, si sutura la cute con 2-4 punti a “U” che vengono tolti dopo 15
gg. Se l’intervento è riuscito si osserva la remissione della zoppicatura.
Osteocondrosi dissecante (OCD)
È un disturbo di ossificazione encondrale che porta a ritenzione della cartilagine. È una carente ossificazione
encondrale responsabile della formazione di osso metafisario che porta a fessurazione cartilaginea e distacco di
lembi di cartilagine.
Può interessare diverse aree:
1. ginocchio: è a carico dei condili, generalmente colpisce cani di grossa taglia e animali giovani (manifestano
zoppia a 5-7 mesi). Viene diagnosticata con Rx e va posta in diagnosi differenziale con displasia dell’anca,
panosteite e rottura del legamento crociato craniale. Viene trattata con artotomia e asportazione dei frammenti;
2. gomito: nella porzione distale dell’omero, colpisce la cartilagine articolare del condilo mediale, diagnosi con
Rx e con zoppia manifesta a giovane età. Il trattamento è lo stesso.
In entrambi i casi la patologia prevede la separazione tra la cartilagine articolare e l’osso sub condrale,
generalmente legato a traumi ripetuti, ormoni, crescita, ischemia, ecc...
Rottura dei legamenti crociati nel cane
Eziopatogenesi: origine traumatica, quando la tensione supera la resistenza si ha la rottura nel mezzo del
legamento. Eccezionalmente si può osservare una disinserzione prossimale o distale con fenomeni artrosici e
osteocondrofibrosi.
Sintomatologia: claudicazione iniziale e costante (zoppia di 4° grado improvvisa), l’arto è caricato in maniera
anomala e l’articolazione è tenuta in semiflessione con le falangi distese. Col tempo può intervenire atrofia del
quadricipite.
Diagnosi: Alla palpazione si nota algia dei movimenti passivi. Il segno patognomotico è la positività al segno
del cassetto: abnorme mobilità antero-posteriore della tibia rispetto al femore. Il cane è generalmente sveglio, ma
può essere necessario sedarlo se le masse muscolari sono potenti (potrebbe opporre resistenza alla manovra
falsando il risultato), in decubito laterale. Con una mano si afferra l’estremità distale del femore, con l’altra
l’estremità prossimale della tibia e si svolgono movimenti di antero-posteriorità della sola tibia mantenendo fermo
il femore. Questa manovra viene fatta sia con l’arto in flessione che in estensione e posizione neutra.
Un’altra manovra che si può fare, meno caratteristica del cassetto è il Test di Compressione Tibiale (tibial trust)
ovvero si mette in flessione il piede (come se l’animale stesse caricando) ponendo contemporaneamente un indice
sulla tuberosità tibiale e la tibia, se positiva, viene verso l’esterno.
Trattamento:
1. se è presente disinserzione prossimale o distale: fissazione del capo disinserito mediante applicazione di un
punto di materiale sintetico riassorbibile.
2. se c’è rottura del legamento:
a) stabilizzazione articolare: eliminazione dell’instabilità articolare mediante fissazione stabile del tratto
anterodistale del femore col tratto antero-prossimale della tibia tramite una striscia di tessuto ottenuta da
incisione della fascia muscolare della coscia;
 metodo Paatsama: si fanno due fori col trapano, uno in prossimità del femore uno presso il piatto
interno della tibia, fino a raggiungere il punto in cui era inserito il legamento. Si lega il filo al capo
libero del tensore della fascia lata, si tira fuori dall’altro foro, poi si annoda. Verrà imposto un
bendaggio rigido per circa 20 giorni;
 metodo over the top: sfrutta oltre la fascia lata anche il legamento patellare;
b) soluzione mediante trapianto → provoca dolore;
c) metodo di Slocum → si taglia con sega oscillante l’estremità prossimale della tibia caudalmente; il cuneo
con margine sferico ottenuto si trasla caudalmente e si ferma con una staffa in modo che la tibia non possa
più spostarsi in avanti.
Rottura della corda magna
Lesione traumatica tipica del cane da caccia,. Si può trovare anche nel cane da corsa (levriero) e a volte è
bilaterale.
Sintomi: il cane solleva la gamba e zoppica. L’atteggiamento più evidente è la plantigradia posteriore. Alla
palpazione si percepisce una tumefazione del tendine stesso lungo il suo percorso a causa della flogosi, assume
forma a clessidra perché il tendine è sfibrato; nei casi più gravi si ha rottura completa.
Diagnosi differenziale: paralisi del gastrocnemio che comunque è rara; neurite diabetica nel gatto con diabete
cronico e paralisi dello sciatico sintomatico o idiopatico.
Trattamento: Si tratta con tenoraffia: sutura del tendine rotto con accorciamento poiché sfibrandosi il tendine si
è allungato. Importante dopo l’intervento un assoluto riposo, altrimenti la sutura non tiene. Si possono usare
fissatori esterni come artefici per non permettere all’animale di caricare sull’arto, un nastro dal calcaneo alla cresta
tibiale per tenere il piede in estensione (fori nell’osso), passata la guarigione si taglia il nastro e si sfila (è
sottocutaneo).
Oltre alla causa traumatica si può avere anche per causa idiopatica: le fibre tendinee non sono geneticamente
ben conformate, soprattutto se ci sono concentrazioni ematiche di estrogeni maggiori per cui si ha una maggior
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imbibizione delle fibre che risultano quindi meno elastiche, la causa genetica è comunque più frequente in animali
di razza piuttosto che meticci.
Gomito
L’articolazione del gomito (omero-radio-ulnare) è contenuta da due legamento collaterali e dalla capsula
articolare. Nel cane e nel gatto la fossa olecranica accoglie intimamente il becco dell’olecrano, è quindi difficile la
lussazione, ma è più facile la frattura del condilo laterale.
L’accrescimento del radio avviene per il 20% dalla cartilagine prossimale e per il restante 80 da quella distale.
L’ulna invece presenta tre cartilagini: quella del processo anconeo e del becco dell’olecrano accrescono l’osso
complessivamente per un 30%, quella distale del 70. Queste cartilagini possono essere sede di malattie congenite
(rachitismo, osteomalacia), distrofie (mal nutrizione dell’osso) e traumatismi (con ossificazione precoce); si ha
quindi una crescita non armonica.
Lussazione del gomito nel cane
Frequente nel cane, raro nel gatto, rarissimo nei grossi animali.
Patogenesi: per traumi, investimenti, cadute dall’alto, contusioni. La lussazione può essere:
1. radio-ulnare: più frequente può essere interna, esterna, superiore o posteriore;
2. radiale: rara, in seguito a frattura dell’ulna;
3. ulnare: eccezionale, in seguito a frattura del radio.
Sintomi: atteggiamento particolare dell’arto che viene tenuto flesso al gomito e deviato da questo punto.
L’appoggio manca sempre nelle forme acute, mentre può, essere presente nelle forme inveterate. La parte è
deformata e dolente ai movimenti passivi. Nelle forme croniche questi sono limitati (rumori di sfregamento).
Diagnosi: reperto clinico e radiografico.
Trattamento:
1. forme recenti: riduzione incruenta, anestesia generale, si flette l’articolazione mentre con le dita si effettua una
pressione sui condili omerali e sul radio per avvicinarli il più possibile. Mantenendo fissi questi due capi si
estende cercando di riportare i due capi ossei nella loro posizione primitiva;
2. forme croniche: riduzione cruenta con due tecniche:
a) incisione longitudinale sul lato di lussazione, si introduce leva per riportare a mutuo contatto le superfici
articolari;
b) artotomia posteriore dopo aver continuato l’olecrano che poi deve essere fissato.
Displasia del gomito
Soprattutto in cani di grossa taglia e razze molossoidi, di derivazione genetica. La cartilagine distale del radio
apporta l’80% dell’accrescimento del radio, mentre la cartilagine distale dell’ulna apporta il 70% dell’ulna. La
crescita di radio e ulna è sincrona perché l’articolazione con l’omero sia armonica. Nel caso di un danno a carico
dell’ulna (ho un aspetto a fiamma all’Rx radiotrasparente dell’estremità distale dell’ulna dovuta alla cartilagine che
si insinua nell’osso impedendone la crescita) cresce di più il radio (valgismo carpico) e la terminazione dell’ome ro
sull’ulna muta. Rispetto ai condili omerali il radio si articola lateralmente e l’ulna medialmente aiutata dal processo
coronoideo, se le cartilagini distali crescono in modo asincrono si hanno ripercussioni sulle superfici articolari
prossimali che si articolano coi condili omerali. Se il radio cresce meno tutto il carico dinamico dell’omero si
trasferisce solo sull’ulna con artrosi mediale e FCP (Frammentazione Processo Coronoideo). Se invece cresce di
più il radio e meno l’ulna il radio stesso spinge verso l’alto l’omero, il radio sopporta da solo il carico, ma l’omero
spinto verso l’alto stacca il becco olecranico dell’ulna: UAP (mancata unione del processo anconeo); in
corrispondenza del becco c’è una cartilagine di accrescimento che se si stacca si ossifica separatamente, resta unita
solo da tessuto fibroso o fibro-cartilagineo.
Eziologia: ereditaria, traumi alla cartilagine ialina distale di radio e ulna, dismetabolismo delle cartilagini di
accrescimento (alterazioni radiografiche, nell’ulna si può avere ritenzione del nucleo encondrale). All’esame
semiologico possono verificarsi due condizioni:
1. radio curvo o mal consolidamento: si presenta con deviazione angolare, valgismo carpico, sublussazione
ventrale dell’ulna (ossificazione prematura della cartilagine epifisaria distale dell’ulna).
2. mano di Madelung: anche qui c’è deviazione angolare, ma si ha varismo carpico e incongruenza del gomito
(ossificazione prematura della cartilagine distale del radio).
Trattamento:
1. graffa epifisaria → quando la diagnosi è precoce si mette una graffa a cavallo della cartilagine con crescita più
veloce. In questo modo si permette la crescita armonica e quando la mano è dritta si toglie.
2. osteotomia curvi forme → se l’osso più lungo è il radio si effettua un taglio parallelo al piano radio-carpico, un
altro parallelo al piano errato e si toglie il cuneo osseo così formato. Se il piano radio-ulnare non è
perpendicolare al terreno (o meglio all’asse del carpo) si effettua un taglio anche sull’ulna.
OCD della spalla
Si trova a livello della testa omerale e solo nella posizione dello schema in alto. Colpisce solo alcune razze
generalmente di grossa taglia. È quindi congenita.
Fratture ossee e possibili complicazioni
Per frattura si intende una soluzione di continuo improvvisa e violenta dei tessuti duri (ossei) che può o meno
essere accompagnata da soluzione di continuo della cute. Possono essere:
1. spontanee o patologiche → in ossa malate (osteosarcomi o osteoporosi);
2. traumatiche → per azione violenta;
3. funzionali → per sollecitazione troppo intensa.
Sono caratterizzate da un focolaio di frattura costituito da:
1. frammenti, capi o monconi: due o più di due a seconda della frattura;
2. schegge: residui di osso fratturato;
3. piani e superfici di frattura: piani corrispondenti ai singoli pezzi;
4. linee di frattura: linee che seguono la direzione della frattura.
Inoltre le fratture possono essere:
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1. complete: quando l’osso è completamente scontinuato; possono essere dislocate nei singoli monconi con
direzione differente degli stessi;
2. incomplete: possono essere fessure, fratture sottoperiostee, infrazioni, depressioni, scheggiose, parcellari o
tuberositarie, a “legno verde” (solo nei giovani).
Possiamo anche dividere le fratture in base alla porzione di osso interessato:
1. diafisarie;
2. epifisaria;
3. apofisarie;
4. tuberositarie;
5. articolari: raggiunge la giuntura;
6. endo-intrarticolari: frattura contenuta nella giuntura.
La guarigione può avvenire per prima o seconda intenzione a seconda del tipo di frattura e della tempestività
dell’intervento, comunque alcune fratture possono essere complicate anche da fattori che aggravano la situazione:
1. monconi a superficie tagliente: es. fratture a becco di clarino, possono resecare tronchi nervosi o vascolari;
2. compressioni di centri nervosi o vascolari da schegge e/o monconi;
3. embolia adiposa per frattura comminuta di ossa spugnose per aspirazione di tessuto adiposo fluido da parte dei
vasi delle cavità trabecolari;
4. esposizione immediata o tardiva dei due monconi che può complicare con sepsi.
Importante nelle fratture esposte o da corpi estranei non asettici valutare bene la possibile complicazione
batterica o micotica e fare, se possibile , antibiogramma e comunque buona copertura antibiotica.
Diagnosi: si valuta all’Rx.
Trattamento:
1. osteosintesi centro midollare → viene messo un chiodo al centro dell’osso (endoprotesi in asepsi). Nella
cicatrizzazione prevarrà l’osso periostale perché l’endostale è disturbato nella formazione dal chiodo che
ostacola la vascolarizzazione. È indicato per le ossa lunghe;
2. fissatore esterno → è l’ideale per le fratture esposte. I due monconi devono essere fermi e composti. Non ci
sono sollecitazioni (compressione dinamica) e non si agisce sul focolaio di frattura . occorrerà mettere un
drenaggio per il pus.
Quando si riforma l’osso, segue le linee di carico.
Se si decide di mettere delle viti devono essere tutte dello stesso metallo altrimenti si ha l’effetto pila.
Cicatrizzazione ossea
Le ossa vengono classificate in base alla morfologia in: tubulari (lunghe e corte), sesamoidee, corte, piatte e
irregolari. Le ossa lunghe presentano epifisi, metafisi e diafisi.
Sia l’osso compatto che quello spugnoso sono costituiti dagli osteoni. Osteoblasti ed osteociti hanno derivazione
stromale, gli osteoclasti derivano dai fagociti mononucleati.
La riparazione del tessuto osseo è un processo strettamente dipendente da un adeguato apporto di sangue e dal
fenomeno del rimodellamento. In seguito ad un insulto di varia natura, in grado di superare le resistenze dell’osso,
si assiste alla contemporanea rottura dei tessuti molli e frattura dei tessuti duri:
1. emorragia;
2. formazione un di coagulo (primo mezzo di fissità) con una impalcatura di fibrina;
3. necrosi di osteociti, midollo osseo e periostio;
4. risposta infiammatoria acuta;
5. vasodilatazione ed arrivo dei fagociti (macrofagi e monociti);
6. al riformarsi dei vasi sanguigni (arteriole) i processi di osteogenesi riprenderanno.
Riparazione indiretta (secondaria)
Implica la formazione di un callo. Le cellule osteogene per la formazione del callo originano dal periostio sano
ed intatto; queste cominciano a proliferare, estendendosi in tutte le direzioni. Nelle regioni più profonde del
periostio (più ricche di sangue), queste si trasformano in osteoblasti, produttori di nuovo tessuto osseo spugnoso.
Queste trabecole provenienti dall’osso, crescono ed eventualmente si fondono. Dove il rifornimento sanguigno
risulta invece inadeguato, le cellule osteogene si differenziano in condrociti.
Il callo esterno è costituito dalle cellule osteogene in proliferazione, dalla cartilagine e dalle trabecole dell’osso
in formazione; il callo interno dalla cavità midollare e dalle trabecole dell’osso in formazione.
La cartilagine formatasi in un primo momento a livello di regione avascolare del callo viene sostituita da tessuto
osseo:
1. i condrociti diventano ipertrofici;
2. la matrice cartilaginea si calcifica;
3. i vasi sanguigni invadono la regione;
4. gli osteoclasti rimuovono e sostituiscono la cartilagine calcificata con osso spugnoso di formazione encondrale.
Quando si è costituita una saldatura “forte”, vi sarà un esteso rimodellamento e le trabecole neoformate (osso
spugnoso) verranno trasformate in tessuto osseo compatto.
Riparazione diretta (primaria)
Implica l’unione per apposizione dei due monconi della frattura (mediante supporti meccanici)
I vasi sanguigni veicolano le cellule osteogeniche. Queste, dai canali di Havers Havers, si estendono nella
porzione di tessuto osseo devitalizzato dove gli osteoclasti formano dei tunnel di riassorbimento; attraverso questi
tunnel, gli osteoblasti deporranno nuovo tessuto osseo lamellare.
5?
L’unità osteonale svolge quindi attività di osteoclasia apicale ed osteoplasia laterale. Non si assiste alla
formazione di tessuto intermedio, se non si ha contatto diretto, in un primo momento si forma osso reticolare
parallelo alla superficie di frattura, poi sostituito da osso lamellare orientato assialmente.
Frattura di Monteggia
Eziopatogenesi: si rompe l’ulna alla base dell’olecrano e si lussa l’articolazione. È una frattura tuberositaria e a
causa dei muscoli anconei, tende a diventare anche con distrazione.
Diagnosi: Rx.
Trattamento: osteosintesi centro midollare con chiodo di Kirshner e con una banda di tensione per creare un
osteosintesi a compressione dinamica. Questo sistema è ideale per tutte le fratture tuberositarie.
Frattura del gomito
La tipica frattura del gomito è a”Y” ed è molto drammatica. Tutte le fratture del gomito lasciano anchilosi,
artrosi e zoppia.
Frattura della rotula
È sempre traumatica e con distrazione: i due monconi si allontanano sotto l’azione del quadricipite da una parte
e del legamento patellare dall’altra.
Trattamento: osteosintesi a compressione dinamica con chiodo di Kirshner a tutto spessore nella rotula e e filo
di Kirschner a 8 in torno alla rotula e ancorato al chiodo. Si lavora con gamba in estensione.
Tumore delle ossa
Quasi tutti i tumori sono uni centrici, cioè non passano la cartilagine articolare. Fa eccezione il mieloma
multiplo o plasmocitoma che colpisce le ossa lunghe (all’Rx vedo tanti buchi neri).
Il tumore maligno è sempre epifisario perché qui si localizzano le cellule staminali totipotenti.
Pseudoartrosi
È una patologia della cicatrizzazione che consta nella mancata unione dei monconi del tessuto osseo, si verifica
così una cicatrizzazione separata dei due capi di frattura. Può essere di vario genere:
1. libera → dovuta all’interposizione di capi muscolari tendini o altre strutture;
2. fibrosa → dovuta ad un’eccessiva dislocazione dei capi di frattura con unione degli stessi solo per mezzo di
tessuto fibroso (callo fibroso), si verifica in genere in ossa sottoposte a forze che ne allontanano i monconi
(sesamoidi, mandibola);
3. fibrosinoviale → quando c’è eccessivo sfregamento tra i capi di frattura che induce la formazione di una vera e
propria articolazione;
4. osteofitica → quando l’immobilizzazione dei monconi non è tale da permettere una cicatrizzazione per prima
intenzione e si verifica una cicatrizzazione per seconda intenzione con formazione di un callo osseo che rimane
comunque limitato alla parete esterna.
Navicolite
Detta anche podotrochilite è una grave malattia invalidante del cavallo che interessa l’articolazione corononavicolo-triangolare e che si manifesta con evidente zoppia.
Eziologia: malattia ereditabile (predisposizione ereditaria legata soprattutto alla conformazione del bipede
anteriore, ne sono maggiormente affetti i cavalli saltatori rispetto ai galoppatori rispetto ai trottatori, ad eziologia
multifattoriale che comprende nelle cause predisponenti il tipo di lavoro a cui viene sottoposto il cavallo.
Patogenesi: artrosi degenerativa del navicolare su cui si sovrappongono fatti infiammatori fino a coinvolgere
tutto il plesso vascolare: osso, tendine flessore Profondo e piccola borsa sinoviale sesamoidea. Le tappe sono:
1. riduzione della vascolarizzazione dei microvasi dell’osso navicolare e della sua capsula articolare, con
iponutrizione dell’osso navicolare;
2. necrosi ischemica dell’osso navicolare che porta a rugosità sulla superficie ossea;
3. scorrimento della capsula sinoviale su superficie rugosa e sinovite con produzione di liquido infiammatorio;
4. ulteriore compressione dei microvasi;
5. peggioramento della condizione dell’osso con infiammazione del tendine flessore profondo che si lacera nel
punto di scorrimento. Cronicizzando può dare luogo a:
a) osteoporosi del navicolare;
b) calcificazione del legamento sospensore del navicolare.
Sintomatologia: si manifesta con una zoppia grave che può essere preceduta da inciampamenti e brevi
fenomeni iniziali di claudicazione che di solito colpisce gli arti anteriori e spesso è bilaterale. Al passo si vede che
l’animale tende ad accorciare la falcata ed al trotto si dice che il cavallo “cammina sulle uova” perché l’andatura è
incerta ed insicura poiché l’animale tende a risparmiare l’appoggio sui talloni e cammina cosi “in punta” ( segni di
consumo della punta, tendenza ad incespicare), inoltre quando appoggia l’arto dolente si manifesta il “colpo dì
testa”. A differenza della laminite non si ha coinvolgimento sistemico.
Diagnosi:
1. trotto su terreno duro: mette in evidenza la zoppia perché il terreno duro non permette al piede malato di
attutire il colpo;
2. prova della tenaglia: si alza il piede e tramite una tenaglia si preme sopra il terzo medio del fettone, si riscontra
una risposta algica. Per rendere valida la prova controllare la reazione del contro laterale;
3. radiografia → si esegue per conferma diagnostica col piede in flessione e disteso, vedo un aumento del numero
dei fori vascolari ed una loro modificazione nel plesso vascolare distale, inoltre si notano linee trasversali di
rarefazione ossea radiotrasparenti (osteite rarefacente). La linea di contorno dell’osso appare irregolare e
seghettata;
4. blocco tronculare di nervi digitali posteriori laterale e mediale che vengono bloccati tra il margine posteriore
della prima falange e quello anteriore del tendine flessore superficiale, ovvero dal punto della loro diramazione;
5. infiltrazione della borsa sinoviale navicolare, come per il precedente l’animale migliora dopo la
somministrazione di anestetico poiché queste due operazioni creano una completa anestesia del vivo del piede.
Trattamento:
1. ferratura terapeutica: in maniera tale da tenere i talloni alti. Si possono applicare anche solette e ferri di
alluminio per alleggerire il carico e ammortizzare la battuta;
2. pareggio correttivo: si tagliano le punte per alzare i talloni;
3. farmacologico: cortisonici e antiinfiammatori (fenilbutazone), ma solo temporaneamente;
4. ossigenoterapia sull’osso;
5. magnetoterapia;
6. nevrectomia: taglio dei nervi digitali posteriori associato a ferratura con chiodi superficiali (a “magro”) in
modo che i ferri stessi non penetrino nel vivo del piede per non creare ascessi dissecanti che staccherebbero la
muraglia dallo zoccolo;
7. novocainizzazione: iniezioni ripetute di anestetico locale sul nervo digitale posteriore almeno una volta ogni tre
giorni. Applicare post-iniezione una fascia di sicurezza stretta perché la novocaina crea edema distale postanestetico. Non viene più fatta;
8. infiltrazioni intraarticolari: sconsigliate per il difficile punto di repere e possibilità di creare lesioni alle strutture
circostanti;
9. resezione del legamento sospensore del navicolare;
10. dieta per ridurre il peso.
La prognosi è sempre riservata.
Malattie necrotico gangrenose del piede bovino
Sono generalmente associate ad avvelenamenti da:
1. Ergotismo: dovuto ad ingestione di Claviceps purpurea (alcaloidi);
2. Festina ammidinaceae.
Ampie zone gangrenose dei tessuti molli della parte finale dell’arto che lentamente si eliminano lasciando zone
granuleggianti.
Prognosi: connessa all’entità dei processi.
Trattamento: nessuno in particolare se è possibile trattamento causale.
Oppure altre patologie che si possono avere sono ulcere soleari per consumo eccessivo fino al vivo del piede.
L’infezione giunge al cuscinetto digitale, alle sinoviali tendinee e all’articolazione corono-navicolo-triangolare, con
artrite settica inguaribile. Risale poi fino ai flessori e a coinvolgere i grandi sesamoidi. A quel punto l’unico
trattamento possibile è l’amputazione che può essere:
1. alta: fino alla metà della seconda falange;
2. bassa fino all’estremità prossimale della terza falange (se lascio il cercine si riforma attorno).
Paresi e paralisi dei nervi
Radiale
Colpisce tutte le specie e causa deviazioni del carpo.
Eziopatogenesi: trauma nel punto in cui il nervò da mediale si fa laterale, ripiegandosi sull’omero e facendosi
più superficiale. Può essere dovuto a cadute, investimenti, contenzione prolungata sul letto operatorio, calli
deformi, fratture omerali, tutto ciò che può causare lacerazione e compressione del nervo.
Sintomi: il radiale innerva gli estensori del gomito, metacarpo, falangi, quindi si avrà il predominio della
funzione flessoria. Atteggiamento dell’arto: apertura dell’angolo scapolo omerale, abbassamento della punta del
gomito, forte flessione del carpo. Appoggio sulla faccia dorsale di carpo e falangi (piaghe), sensibilità cutanea
ridotta o assente.
Terapia: vitamina B1 e neurotrofici, applicazione locale di iperemizzanti e nei casi gravi amputazione dell’arto.
Femorale
Soprattutto nel cavallo, meno in cane e bovino.
5?
Eziopatogenesi: da traumi, eccessiva distensione del nervo in scivolate o cadute, neurite nel morbo Coitale
Maligno (cavallo), cimurro (cane), nel collasso puerparale (bovino), neoplasie, ascessi, ematomi, comprimenti.
Sintomi: innerva il quadricipite femorale quindi avremo flessione dell’articolazione femoro-tibio-rotulea. Se si
solleva il controlaterale, l’arto cade sotto il peso, zoppia e atrofia muscolare.
Prognosi: infausta.
Trattamento: vit. B1, neurotrofici, riposo, ma danno solo un miglioramento.
Peroneo comune
Colpisce tutte le specie, nel cavallo e nel bovino è causa di deviazione del nodello.
Eziopatogenesi: da traumi, urti, calci, cadute sulla parte latero-prossimale della gamba che possono dare
contusione del tronco nervoso.
Sintomi: innerva i muscoli estensori di falangi e flessori del metatarso, quindi causa atteggiamenti flessori delle
falangi ed estensori del garretto, apertura dell’angolo tibio-metatarsico e falangi iperflesse con appoggio sulla loro
superficie dorsale. Sensibilità dorsale del tratto medio-distale dell’arto scompare. Si possono notare piaghe, zoppia
ed atrofia muscolare.
Terapia: simile alle precedenti con gli stessi risultati.
Contrattura del muscolo infraspinato
È l’arpeggio dell’arto anteriore; in fase progredita c’è atrofia muscolare. L’infraspinato parte dal margine
dorsale della scapola e si porta al condilo laterale dell’omero, se è paralitico impedisce la rotazione della spalla
verso l’interno.
Eziologia: traumi alla spalla.
Trattamento: tenotomia del tendine dell’infraspinato, porta ad allungamento del muscolo (si forma un ponte
fibroso) e quindi la funzione è ripresa. Nelle fasi progredite c’è artrosi dell’articolazione scapolo-omerale da
eliminare. Non confondere il tendine dell’infraspinato con quello del piccolo rotondo, è importante intervenire il
prima possibile perché si instaurano fenomeni di artrosi e anchilosi con conseguente atrofia e accorciamento
muscolare che diventano irreversibili. Si riscontra soprattutto nel cane ma può manifestarsi anche nel cavallo,
raramente; mai vista nel gatto.
Diagnosi differenziale: paralisi del nervo sovrascapolare di natura neurologica.
Atassia locomotoria
Wobbler desease
Si riscontra prevalentemente nel cane Dobermann.
Eziopatogenesi: normalmente il canale vertebrale ha diametro diverso lungo il suo decorso, più largo nel tratto
cervicale e lombare, risulta invece più stretto nel tratto toracico e sacro-caudale. In questa patologia la causa
dominante da ricondursi ad una compressione del tratto midollare cervicale con instabilità di una o più vertebre, in
genere C5, C6, C7. Le lesioni che possono favorire l’instabilità sono traumi o malformazioni, nel dobermann c’è
una predisposizione a manifestare queste malformazioni per cui quando il collo si muove la colonna non si muove
in modo congruente. L’instabilità fa sì che le vertebre cervicali non si muovano in sincronia e ciò provoca una
continua compressione del midollo che sembra interessare le vie responsabili della propriocezione cosciente. Si
arriva a lesioni midollari come la degenerazione Walleriana e la perdita di assoni. I primi fasci colpiti sono quelli
ubicati esternamente nel midollo, da qui deriva il sintomo di atassia del treno posteriore. La lesione al midollo può
essere irreversibile anche se si elimina la causa.
Sintomatologia: barcollamenti del treno posteriore, decubito, nelle forme più gravi si ha anche atassia del treno
anteriore, reazioni algiche e perdita della propriocezione cosciente risposta alla dorso flessione negativa.
Diagnosi: indagine radiografica in L-L, si visualizza il punto di instabilità vertebrale in flessione ed estensione
del collo, gradini o spostamenti tra i corpi vertebrali o restringimenti del canale midollare.
Diagnosi differenziale: discospondilite.
Trattamento: vari interventi. Trattamento medico con antinfiammatori, sostanze neurotrofiche, oppure
chirurgico tramite fissazione dei corpi vertebrali instabili o emilaminectomia del tratto colpito.
Arpeggio
Disfunzione locomotoria con iperflessione dell’arto durante l’andatura. Più frequente nel cavallo nell’arto
posteriore, mono o bilaterale. È indice di patologia spinale: mielopatia degenerativa (anche autoimmune). Il
cervello manda risposte esagerate all’arto. Una forma si trova spesso nel Pastore Tedesco.
Sintomi: in movimento l’arto viene esageratamente flesso in tutte le sue articolazioni e portato molto in alto,
mentre è normale in stazione.
Trattamento:
1. medico: blocco anestetico del simpatico lombare (dietro il secondo processo spinoso lombare, 50°), complesso
vitaminico B;
2. chirurgico: tenotomia del tendine dell’estensore delle falangi a livello di garretto.
Mielopatie degenerative
Disordine neurologico ad eziologia ignota che causa progressiva demielinizzazione delle fibre nervose che
iniziano nel tratto toraco-lombare del midollo spinale. Causa grave para paresi.
Ipotesi patogenetiche: disordine immunomediato del Pastore Tedesco, carenza di vitamina B, traumi posteriori
vascolari, atrofia neuronale familiare. Nessuna di queste però è dimostrata. Si verifica in cani di grossa taglia di età
media o anziani, soprattutto Pastore Tedesco.
Sintomi: paraparesi con deambulazione mantenuta o debolezza senza iperalgesia spinale. Riduzione della
propriocezione cosciente.
Diagnosi: clinica e tramite mielografia per escludere un prolasso del disco o neoplasia del midollo.
Terapia: corticosteroidi, FANS, vitamine B ed E, immunomodulatori, interferone ed inibitori enzimatici.
Nessuna di queste è efficace.
Prognosi: sfavorevole.
Teniti e desmiti
I legamenti si inseriscono nella corticale strutturata in lamelle al cui interno troviamo gli osteoni. Le fibre dei
legamenti e dei tendini (fibre di Sharpey) si inseriscono tra le lamelle creando quindi un legame molto forte.
Quando ci sono fenomeni infiammatori le lamine vengono riassorbite e le fibre avranno quindi una minore
tenuta. Per cercare di mantenere il legame si avranno processi proliferativi di osteofitosi.
Teniti: processo riproduttivo cicatriziale del tendine, esito di soluzioni di continuo di fibrille, fasci o vere e
proprie lacerazioni.
Desmite: analogo, ma dei legamenti.
Sinoviti
Sono processi flogistici che possono prendere diversi nomi:
1. bursite → sinoviale sottocutanea. Un esempio è la bursite del garrese del cavallo (mal del garrese). Le bursiti
possono insorgere per cause settiche linfoematogne; traumatiche per fatti violenti o cronici; purulente per
infezione via linfoematogena della parte con piogeni che possono provocare formazioni ascessuali e fistole
cutanee, talvolta con risentimento generale;
2. artrosinovite → sinoviale articolare;
3. tenosinovite → sinoviale tendinea.
Possono avere diversa natura: essudatizia e produttiva.
Essudativa: traumatica, settica, purulenta;
Produttiva: primaria (sclerosante), secondaria (iperplastica).
Sinoviti essudatizie
Traumatica: stiramento dei vasi con conseguente raccolta siero-emorragica, nella forma acuta si crea una parete
edematosa. Può andare incontro a riassorbimento o meno (forma cronica).
Settica: soprattutto purulenta (Salmonella, Klebsiella, Gram + e -). Danni limitati e possibile restituzio ad
integrum nelle non purulente. Nelle purulente il pus ha azione proteolitica: difficile restituzio. I piogeni giungono
per via linfoematica o per contiguità o da ferite penetranti.
Sinoviti produttive
Primitive (proliferanti): flogosi asettica con proliferazione degli elementi sottoendoteliali dell’intima. Di natura
traumatica, può portare a riempimento del cavo sinoviale. Varietà papillare, villo nodulare o tuberosa
Sclerosanti flogosi asettica con fenomeni produttivi fibro-sclerotici che originano da elementi fibrosi periferici
della sinoviale di natura traumatica, andamento centrifugo.
Secondaria: a processi di sinovite traumatica con caduta dell’endotelio sinoviale. I fibrociti si trasformano in
fibroblasti ha sclerosi con riempimento del cavo.
Le sinoviali hanno funzione di scorrimento e protezione.
Sottocutanee: dorsale al nodello → igroma.
Articolari: metacarpo falangea (nodello), 1° e 2° falangea (idrarto).
Tendinee: prenodellare, tenodellare, grande sesamoidea.
Artrosi
Degenerazione delle componenti articolari.
Eziopatogenesi: riconosciamo due tipi di cause:
1. predisponenti: ereditarie, carenze alimentari (Ca ++, P+, vitamina D, Cu++), avvelenamenti (fluorosi, con
iperostosi costole, metacarpi e metatarsi).
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2. determinanti: senescenza, sovraccarico meccanico (artrosi primaria), irregolari sollecitazioni funzionali (artrosi
secondaria).
Modificazioni che si instaurano:
1. cartilagine: condrolisi riduzione numerica dei condrociti, liberazione di enzimi proteolitici, ridotta idratazione,
fessurazioni, rammollimento;
2. osso subcondrale: rimaneggiamento;
3. sinoviale: fenomeni reattivi.
Sintomi: zoppia, atteggiamenti antalgici. All’esame della parte si notano deformazione e algia, rumori di
crepitio.
Diagnosi: all’Rx si vedono osteocondrofìti, rari corpi articolari.
Trattamento: eliminare la capsula; toelettatura chirurgica del cavo articolare (artrotomia); eliminazione ai
fenomeni algico-flogistici.
Artriti
Possono essere essudative o produttive.
Essudative
Traumatica: simile alla sinovite traumatica.
Settica: il liquido sinoviale è aumentato, con formazione di un coagulo, torbido. Trattamento generale
antibiotico o particolare se è stato fatto antibiogramma.
Purulenta: può arrivare alla fistolizzazione. Trattamento con antibiotici, drenaggi e eventualmente irrigazioni
giornaliere con soluzioni antisettiche attraverso la fistola stessa.
Allergico-iperergica: deriva da affezioni esterne alle articolazioni, come lesioni sistemiche dell’apparato
respiratorio o gastro intestinale o localizzate, come le onfaliti, da cui partono prodotti batterici e tossine a cui
l’organismo reagisce sensibilizzandosi. Ad un secondo incontro con le stesse sostanze si ha una reazione allergica.
Le conseguenze sono fenomeni flogistici con formazione di essudati sierosi o fibrinosi che coinvolgono tutto il
complesso articolare. Possono essere colpiti soggetti giovani o adulti.
Prognosi riservata: se anche il processo cessa spontaneamente possono rimanere gravi invalidazioni
dell’articolazione stessa.
Produttive
Proliferanti: nel cane e nel nodello di cavallo.
Sclerosanti: del nodello del cavallo