Femmina Alfa - Elena Lucia Zumerle

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Femmina Alfa - Elena Lucia Zumerle
Elena Lucia Zumerle
Femmina Alfa
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Capitolo 2
B
Femmina Alfa
C
da sola. Il cinguettio degli uccellini invece di rasserenarmi, mi
metteva ancora più tristezza. Era l'alba e mi ero svegliata come Alfa
aveva detto.
Stavo andando alle cascate e non potevo fare a meno di pensare che
quello probabilmente sarebbe stato l'ultimo giorno nella tribù del popolo degli
alberi. Altro che diventare la nuova Alfa. Avessero scoperto la mia maledizione,
sarebbero scappati subito. Tanto meglio. Il mio destino sembrava fosse quello di
rimanere sempre da sola. Sopratutto dopo che papà era morto. Ora non mi era
rimasto nessuno.
Sospirai. Non volevo fare del male nessuno, sopratutto a quel pallone
gonfiato di Deva. Ci credo si fosse arrabbiato quando Alfa aveva fatto il mio
nome. Era sicuro di essere il predestinato a fare il capo, così come i suoi genitori.
Per me invece era stata una sorpresa. Come sarebbe mai potuta un'orfanella
come me diventare capo? Tutta questa situazione mi sapeva da presa in giro.
Essere la nuova Alfa, quando nessuno si curava di me, ma anzi mi deridevano?
Qualcuno qui si era fumato qualcosa di troppo.
Mi dispiaceva dovermene andare. Ero da sola, vero, ma quella era la mia
casa. Sospirai.
Ero giunta finalmente sotto la cascata. C'era uno spiazzo, il fiume che
scorreva di lato e una tranquillità naturale. Adoravo quel posto. Il rumore della
piccola cascata creava un'atmosfera così calma e tranquilla, mentre il calore dei
primi raggi del sole mi riscaldava. C'ero stata innumerevoli volte da piccola con
papà. Mi venne spontaneo sorridere ripensando ai vecchi tempi.
- Finalmente sei giunta Marika.- mi disse Alfa. Venni scossa dai miei
pensieri. Spostai lo sguardo verso l'Anziana. Non c'era tanta gente. Non come la
sera del rito. C'erano gli anziani saggi che sedevano su delle rocce squadrate. Al
centro stava seduta Alfa con un bastone in mano. Non se ne staccava mai.
Veniva tramandato di capo in capo ed era simbolo del nostro popolo.
Deva se ne stava in silenzio. Era abbastanza stufo da quella situazione.
Incrociai il suo sguardo, e lui si avvicinò, posizionandosi di fronte a me.
- Muoviamoci Orfana.- disse sprezzante. Gli occhi mi si riempirono di
lacrime. Ma non avrei pianto. Non si meritava le mie lacrime. Cercai di
concentrarmi.
- Ehi Deva, sii gentile è una ragazza che ha i tuoi stessi diritti.- disse Alfa.
- Certo, mi scusi.- disse lui nemmeno provando a scusarsi. Deva era troppo
amminavo
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Femmina Alfa
orgoglioso e arrogante per fare il capo. Me ne resi conto il quel momento.
- Venite qui. Ora vi consegnerò due pugnali di legno. Con questi non
potrete ferirvi, ma attaccare e difendervi sì. Il vincitore sarà colui che dimostrerà
la vera forza di un capo, durante questo combattimento. Potete iniziare.- disse
l'Anziana.
Mi avvicinai senza dire nulla.
Preso il mio coltello di legno mi allontanai da Deva. Non vedevo l'ora che
questa cosa finisse. Lo avrei lasciato vincere senza oppormi troppo. Mi guardai
velocemente attorno, gli anziani saggi ci stavano osservando. Bene. Decisi di
partire ad attaccarlo io per prima.
Avrei fatto finta di attaccarlo. Non volevo correre il rischio di fargli del
male. Lui comunque in ogni caso non mi avrebbe fatto nulla e io avrei finto. Era
sempre stato così.
Gli corsi incontro cercando di colpirlo con un pugno. Lui ovviamente era
più grande e grosso di me. Non si spostò nemmeno. Lo bloccò con una mano
senza fare troppa fatica. Con una rapidità che mi colse alla sprovvista, mi prese
per il polso, mi spinse a terra con violenza.
Non sembrava giocare.
Mi inflisse subito un pugno alla pancia.
Doveva essere stato molto forte, ma io non sentii nulla. Feci finta di provare
dolore e mi spostai da terra velocemente, allontanandomi, prima che potesse
sferrarmene un altro. Lui mi guardava incuriosito.
- Non credevo fossi così morbida.- disse lui divertito. Divenni rossa per
l'imbarazzo. Era successo di nuovo. Quando mi strattonavano o spingevano,
credevano tutti che fossi morbida! Ma non era così. Deva non aspettò una
risposta. Mi corse incontro, cercando di attaccarmi di nuovo. Questa volta però
con il coltello di legno.
Mi abbassai istintivamente. Avevo schivato il colpo. Ora toccava a me.
Con la gamba destra gli sferrai un colpo sul fianco destro, cercando di fargli
perdere l'equilibrio. Ma era troppo grosso e non riuscii a smuoverlo che di pochi
centimetri. Era frustrante! Non riuscivo a colpirlo, e a mala pena sapevo
difendermi!
Deva afferrò la gamba, tirò, e mi ritrovai per terra. Non mi mossi. Okay,
basta.
Che sferrasse sto benedetto colpo, e avrei fatto finta di perdere. Vedendo
che non opponevo resistenza, cominciò a colpirmi. La pancia, le spalle, il petto.
Una scarica di pugni tale che per un essere umano normale, avrebbe significato
qualche osso rotto nel più fortunato dei casi. Io lo lasciavo fare, tanto non
sentivo dolore. Finsi di lamentarmi per il dolore, chiedendogli di fermarsi.
Piangendo. Eppure lui continuava.
Devo ammettere però che ero una brava attrice. Tra un lamento e l'altro,
lanciai uno sguardo verso gli anziani, che parlavano tra loro e sembravano
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Femmina Alfa
seriamente preoccupati per la mia incolumità. Solo Alfa non diceva niente.
Anche se non vedeva, era in grado di sentire tutto perfettamente e di sicuro
capiva quello che stava succedendo. Stavo ritornando a guardare se Deva
avesse finito o no, quando il mio sguardo cadde verso una figura nera. Stava
seduta su un albero. Non riuscivo a capire se era un uomo o una donna. Solo su
una cosa ero sicura: non era della nostra tribù. Ad un tratto si mosse, e si
avvicinò, salendo su un ramo più vicino. Era un ragazzo. Aveva degli abiti
strani. Poi finalmente riuscii a vedere il viso. I miei finti lamenti si bloccarono.
Era lui.
Dave continuava a colpirmi, concentrato nel farmi del male. Gli misi una mano
sulla testa, cercando di spostarlo. Lui non ne voleva sapere. Ma quanto diavolo
doveva essersi allenato per essere così forte?
- Deva c'è qualcuno lì tra gli alberi!- dissi io cercando di non farmi sentire.
- So già che è un trucco, Orfanella, smettila di opporti e lasciami vincere.disse continuando a colpirmi. Ma quanto era idiota? Non mi interessava
combattere contro di lui! Dovevo sconfiggere quel ragazzo. Ci stava osservando
divertito con un ghigno odioso. Era stato lui ad uccidere mio padre.
- Spostati Deva!- gli dissi contro urlando, facendo appello a tutte le mie
forze per spostarlo. Niente, non si muoveva. Cercai di prendere il pugnale di
legno che avevo “allacciato” nella cintura, per cercare di colpirlo.
In quel momento successe una cosa stranissima.
Il pugnale di legno che avevo tra le mani si illuminò. Deva se ne accorse, e
impaurito finalmente si spostò. Rotolai subito sul fianco, allontanandomi da
lui. Ora tra noi due c'era qualche metro di distanza. Il pezzo di legno che avevo
tra le mani, aveva lasciato posto a un bellissimo pugnale. L'elsa scura e lavorata,
così come la lama, così affilata e lucente. Cosa diavolo era successo? Stavo
ancora cercando di capire, quando sentii un rumore: spostai subito lo sguardo
verso il ragazzo con il ghigno. Non era più sull'albero. Era sceso. Sorrideva. Si
avvicinava sempre di più a noi.
Gli anziani cominciarono a mormorare.
- Datemi il Jano della Metamorfosi e non morirà nessuno. Anzi forse
morirete comunque.- disse lui venendo avanti sempre di più. Si stava
palesemente divertendo. Estrasse una scimitarra. Deva che era più vicino a lui,
scattò subito in piedi.
- Chi sei?!- chiese in allerta lui.
- Tu sei quello sporco assassino che ha ucciso mio padre!- gli gridai contro.
Il ragazzo non degnò Deva nemmeno di uno sguardo. Lo trapassò con gli
occhi, puntandoli direttamente su di me.
- Beh allora vieni qui che ti mando dal tuo bel paparino... - disse
continuando ad avvicinarsi. Non abbassai lo sguardo. Non avevo niente da
perdere. L'alternativa a morire sarebbe stata vivere da sola emarginata per
sempre. Almeno avrei provato. Il pugnale freddo tra le mani continuava a
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brillare. Ad un tratto un vento caldissimo mi investì. Mi rannicchiai per
ripararmi. Quando aprii gli occhi, la zona di prato, a fianco al ragazzo, aveva
cominciato a bruciare.
Le fiamme rosse crescevano sempre di più, ma il ragazzo dal ghigno sadico
non sembrava preoccupato. Piano piano, le fiamme assunsero una forma strana.
Nessuno stava capendo più nulla. Apparve un giovane. Le fiamme
sparirono. Si guardava intorno, con le mani in tasca. Non sembrava
particolarmente divertito. Stava per lo più analizzando la situazione. Era alto e
moro. Una leggera barba gli contornava il viso. La sua pelle sembrava
leggermente abbronzata. I suoi occhi erano quasi neri. Sbuffò e si passò una
mano tra i capelli.
- Ehi Adriàn, ricordati che siamo qui per il Jano, non per uccidere gente.- gli
disse lui ammonendolo. Il sorriso del ragazzo che aveva ucciso mio padre si
incrinò. Gli rispose:
- Vuoi togliermi quel poco di divertimento che c'è in questo lavoro? Eh
Michael?-.
Il giovane non fece in tempo a rispondere che Alfa uscì dal suo silenzio.
- Come osate voi, sporchi mercenari, violare questa terra sacra? Soprattutto
tu con il Jano del Fuoco, o meglio conosciuto come Michael il Mercenario.- disse
l'Anziana.
- Beh non mi pare sia l'unico a possedere un Jano qui.- disse Michael,
lanciando uno sguardo verso di me. Non capivo a cosa si riferisse. Abbassò lo
sguardo verso le mie mani e vidi che stava guardando il mio pugnale.
Continuava a brillare. Sull'elsa era incastonata una pietra che riproduceva la
sagoma di un leone. Era illuminata di una bella luce nocciola. Non capivo.
- Capisco. Beh abbiamo il nuovo successore.- sentenziò Alfa. Trattenni il
fiato.
- È Deva.- prese un sospiro e cominciò a parlare.
- Il pugnale che vedi tra le tue mani Marika è il pugnale sacro che si
tramanda di generazione in generazione al capo. Dovresti essere tu la nuova
Alfa. Di solito il pugnale ha la lama bianca e non ha alcun potere, è solo un
cimelio. Però sta volta il pugnale è nero, giusto? Significa che è maledetto. Che
tu sei maledetta. Non puoi rimanere tra noi, popolo degli alberi, sacro al dio
Sole e alla Grande Madre. Il tuo posto verrà preso da Deva. D'ora in avanti, fino
al giorno della tua morte, sarai tu la responsabile del pugnale. Quando sarai
morta, indipendentemente dalle mani in cui sia finito, il pugnale ritornerà qui
sotto forma di pugnale di legno. E verrà eletto un nuovo capo.- disse la donna. I
saggi al suo fianco cominciarono a mormorare.
- Ma come Alfa!? Sono io il più forte tra i due!- protestò Deva - Dovrei
essere io ad aver trasformato il pugnale, non lei!-.
- Deva, la nuova Alfa è lei. Ha un potere nascosto molto più forte del tuo,
non opporti alle decisioni degli Dei.- concluse Alfa - Ora però Marika sei
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bandita dal popolo degli alberi. Non potrai più ritornare qui. Ti riconosco come
nuova Alfa. D'ora in poi avrai bisogno di tornare qui ogni tre anni. Addio.- disse
l'Anziana, facendo un cenno con la mano.
Io stavo ancora cercando di capire cosa diavolo stesse succedendo. Cosa
voleva dire che ero bandita? Bandita da casa mia? Cosa significava che avrei
avuto bisogno di tornare ogni tre anni?
- Uuuh, le cose si fanno interessanti. Ma non lascerò andare nessuno di voi,
vecchia.- disse Adriàn divertito. Stava giocherellando con la sciabola, facendola
ruotare nella mano. Un barlume di luce gli illuminò lo sguardo.
- Anzi facciamo così, vi lascerò andare solo se la ragazzina riuscirà a
sconfiggermi.- disse indicandomi. Cosa? In effetti lui aveva ucciso mio padre...
dovevo vendicarmi! Lo guardai bene. Non doveva essere troppo più grande di
me. Eppure, il solo avvicinarmi a lui mi spaventava. Come potevo sconfiggerlo?
Certo ieri sera in lacrime sembrava tutto molto più semplice! Ma... come potevo
fare? E poi, me la sentivo sul serio di uccidere un altro essere umano? Mi
guardai. Non ce l'avrei mai fatta a sconfiggerlo. Però non potevo lasciare che
uccidesse anche i saggi e l'anziana. Avevo ancora tantissime altre domande per
la testa... mi avevano bandito perchè ero maledetta? Ero veramente io la nuova
Alfa? Se era veramente così mi sarei spiegata perchè qualsiasi cosa facessi non
mi ferivo. Perchè ero quasi di gomma.
- Dacci il Jano, e ce ne andiamo.- disse Michael il Mercenario, lanciandomi
uno sguardo quasi annoiato.
- Non ce ne andiamo un corno Michael!- disse Adriàn guardandolo in
cagnesco. Era infastidito e aveva perso il ghigno inquietante. Michael però,
stava aspettando una mia risposta. Mi fissava in maniera insistente.
No. Non mi sarei staccata da quel pugnale o Jano o come si chiamava.
Ormai era l'unica cosa di prezioso che avevo.
- No.- dissi guardandolo negli occhi. Quella fu una delle ultime cose che
ricordai con certezza, prima di perdere il controllo.
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