STANDARD - Museo dell`automobile

Transcript

STANDARD - Museo dell`automobile
STANDARD
90 anni sono generalmente un lasso di tempo di cui si non celebra con frequenza la
ricorrenza. Si preferiscono date più significative, più "tonde": i cinquanta, i cento anni.
Nel nostro caso però, rievocare il 1906, da cui ci separano proprio novant'anni, é una
tentazione irresistibile, perché si é trattato di uno degli anni più ricchi di eventi e di
colpi di scena del secolo, in campo economico e soprattutto automobilistico. Lo
provano i fatti, che possiamo enumerare soltanto in parte. Il 7 gennaio 1906 viene
costituita in Torino la S.A. Peugeot Croizat per lo sfruttamento dei brevetti Peugeot. Tra
il 3 e il 18 febbraio si svolge a Torino il VI Salone Internazionale dell'Automobile, con
146 espositori, tra cui 61 fabbriche di auto (e 35.512 visitatori paganti!). Il 26 febbraio
viene fondata a Napoli la S.A. Darracq Italiana, da cui avrà origine l'Alfa Romeo.
Giovanni Ceirano esce dalla Junior, da lui stesso fondata, e da' vita a una nuova società
, la S.A. Ceirano Giovanni Automobili Torino, ossia la SCAT. Il 27 marzo, a Torino, si
costituisce la S.A. Fabbrica Automobili Standard; pochi giorni dopo, a Busto Arsizio,
nasce l'accomandita Gaspare Monaco per la costruzione di automobili marca Alma; a
questa segue a Milano la costituzione della S.A. Serpollet Italiana, per vetture a vapore.
Fiat, Junior, Itala, Rapid aumentano il proprio capitale. Nasce la Bianchi a Brescia. Il
28 aprile, altra società: l'Anonima Aquila Italiana, con Direttore Tecnico Giulio Cesare
Cappa. Il progettista francese J. Truffault applica per primo gli ammortizzatori agli
autotelai. Giovanni Agnelli affianca alla Fiat, a Villar Perosa, vicino a Pinerolo, la
prima grande fabbrica di cuscinetti a sfera, la RIV. A Milano, dal 28 aprile al 7 giugno,
si svolge una Mostra di Automobili, con 162 espositori, di cui 50 fabbricanti d'auto (17
italiani e 33 esteri). A questa mostra viene tra l'altro presentato il treno benzo-elettrico a
volta corretta ideato dal Capitano del Genio Cantono e costruito dal Battaglione
Specialisti del Genio di Roma. Nasce a Torino la Società Piemontese Automobili, ossia
la SPA. Si corre in Sicilia, il 5 maggio, la prima Targa Florio, vinta da Alessandro
Cagno alla guida di un'Itala. "Per lo sfruttamento di brevetti recenti e di notevole
importanza" nasce a Milano la Società Automobili Lentz. Legnano non é da meno: vi si
costituisce infatti la Società Italiana Automobili Legnano. Ma le nuove
socità fondate nel 1906 non sono finite: dobbiamo ancora aggiungere la S.A. Silva, su
iniziativa dell'ing. Silvio Barison, a Milano; la S. A. Ligure Romana (FRAM) a Genova;
la S.A. Padus, a Torino; la S.A. Garages Riuniti Fiat, a Torino; la S.A. Hermes Italiana,
a Napoli; la Fabbrica Automobili Zena a Genova; sempre a Genova la S.A. Dora; la
società Lancia & C., di nuovo a Torino (da notare che Lancia all'inizio dell'anno, al
Meeting della Florida, aveva conquistato su Fiat il primato mondiale delle 5, delle 10 e
delle 15 miglia, rispettivamente alla media di 162,500, 152,520; 144,840 km/h). Per
finire, a Torino sono ben 300 gli iscritti alla Scuola Conduttori e Meccanici dell'ing.
Marenco. Se dalla semplice enumerazione di società si passa ai volumi produttivi, i dati
sono ancora più impressionanti. 19.000 vetture costruite in Italia nel 1906, contro le 300
del 1901. 829 automobili esportate, per un valore di £ 11. 847.000, contro le 20 (£
103.000) del 1901; 930 automobili importate, valore £ 9.941.000, contro le 294, per un
valore di £ 2.239.000, del 1901. 9 società per la fabbricazione di automobili risultano
fondate nel 1904 o prima; 25 fondate nel 1905; soltanto nel primo semestre 1906 si
contano già altre 17 nuove società, per un capitale effettivo globale di 230 milioni. A
queste si devono aggiungere 19 società per la costruzione di carrozzerie e altre 30 del
cosiddetto "indotto" (fanali, pneumatici, magneti, freni, trasporto ecc.). Nel complesso,
il capitale effettivo di queste 100 società ammonta a 277 milioni. (capitale nominale 110
milioni). ("l'Automobile", luglio 1906)
Un balzo così gigantesco, in soli cinque anni, non ha un'unica causa. Lo storico Valerio
Castronovo, nel suo libro "Agnelli", (Torino, UTET, 1971) ne indica infatti parecchie.
La prima é una corsa in borsa, da parte di piccoli e medi risparmiatori che finora
avevano preferito altre forme d'investimento, per lo più fondiari. Inoltre nel febbraio era
stato annunciato un progetto di legge inteso ad assicurare particolari sovvenzioni statali
agli "assuntori di pubblici servizi automobilistici"; e si era anche aumentata la
protezione doganale, per cui il nostro mercato poteva crescere al riparo dalla
concorrenza straniera. In questo scenario divenne prassi comune, soprattutto sulla
piazza torinese, l'emissione di azioni di taglio modesto che favorì il fenomeno che
Castronovo definisce "l'industrializzazione del
piccolo e medio risparmio privato". Molti titoli, cioé, che sembravano già aver toccato i
loro corsi più alti, vennero spezzettati in particelle più "popolari" "che presto racconta Castronovo - la speculazione avrebbe risospinto a quote ancora più elevate con
il favore e il concorso di tanti piccoli risparmiatori". Per esempio il titolo della Fiat,
originariamente del valore nominale di 200 lire, a metà febbraio 1906 era già quotato
3300 lire; fu quindi spezzettato in otto titoli da £ 25 caduno e raggiunse, nel giro di due
settimane, il valore di borsa di 425 lire. La differenza tra il valore nominale del capitale
azionario Fiat (800.000 lire) e quello di borsa (30.400.000), per restare alla Fiat, era
dunque superiore ai 29 milioni di lire. Questa forsennata corsa al rialzo dei titoli
automobilistici spiega la creazione di così tante nuove società. Entrarono nel settore
automobilistico industriali tessili, metallurgici, operatori finanziari, banchieri, cotonieri.
Questa spinta al rialzo era tra l'altro confortata anche da quanto avveniva oltr'alpe: in
Francia i valori commerciali delle esportazioni avevano superato i 100 milioni di lire.
La corsa alla speculazione si fece dilagante e vertiginosa. E come sempre in questi casi,
il "crack" non si fece attendere: già nella seconda metà dell'anno si potevano notare i
primi segni della recessione, che fu totale e disastrosa nel 1907. Per fare alcuni esempi:
un'azione Fiat si svalutò del 95% in pochi mesi; del 50% una dell'Itala; si ridusse di
quattro quinti una della Rapid. Entrarono in gioco sia fattori di crisi internazionale (al
mercato americano furono imposte notevoli restrizioni, deleterie per le nostre
esportazioni) ma soprattutto pagò una crescita artificiosa ed improvvisata. Il mercato
interno non poteva assorbire la produzione di così tante aziende, più di venti solo a
Torino. Alcune aziende erano addirittura sorte su basi fittizie, prive cioé di un
qualsivoglia impianto di produzione; altre si erano rovinate per partecipare alle corse,
uno dei sistemi pubblicitari più privilegiati; altre non erano riuscite a superare la fase
pionieristica ed artigianale di produzione, finendo perciò schiacciate dalle società in
grado di sviluppare una produzione standardizzata ed organizzata, frutto di investimenti
anche tecnologici.
Vediamo un caso da vicino, un caso esemplare anche nel nome, quello della Società
Standard. La Fabbrica Automobili Standard, o F.A.S., nacque a Torino in viale
Stupinigi, corrispondente all'attuale corso Unione Sovietica, il 27 marzo 1906, con un
capitale di 1.200.000 lire, diviso in 47.000 azioni da £ 25 ciascuna. Il Consiglio di
Amministrazione era costituito da Emilio Remmert, Paolo Axerio, Fortunato Ugliengo,
Guido Piacenza. Amministratore Delegato era l'ing. Cinzio Barosi. La Società aveva per
oggetto "la fabbricazione di un tipo unico di automobile, della forza di 10-14 cavalli, e
in genere la riparazione e il commercio di materiale automobile ed accessori"
(L'Automobile, 1906). Già alla fine dell'anno presentò il suo tipo unico al Salon di
Parigi. Ne parlò tutta la stampa francese: l'Auto, Les Sports, Le Figaro, La Presse, Le
Matin, L'Echo de Paris, forse colpita da quel "tipo unico" che prometteva facilità di
produzione ed economicità di costi, forse anche impressionata dalla monumentalità
dello stand, illuminato da "una profusione di luce" e "al quale due fontane luminose
servivano di sfondo" (Stampa Sportiva, n.. 52, 1906). Il 30 dicembre dell'anno
successivo, però, la situazione appare profondamente cambiata. Si svolge quel giorno
l'Assemblea degli azionisti, e dopo le relazioni del CdA e dei Sindaci, alcuni azionisti
prendono la parola. L'operato del Consiglio appare infatti tutt'altro che soddisfacente: il
primo esercizio della società si chiude con un disavanzo di 71 mila lire (pari a oltre 370
milioni di oggi), "cifra più apparente che reale, giacché un attento esame delle singole
partite del bilancio ne farebbe risultare una ben maggiore" (L'Automobile, 31 dicembre
1907). Il Presidente del Consiglio di Amministrazione, ing. Paolo Axerio, dichiara
inoltre possibile, viste le condizioni dell'azienda definite "poco rassicuranti", che la
fabbrica si dedichi anche ad altro genere di produzione che non sia l'automobile. A
luglio dell'anno successivo, convocata l'Assemblea Straordinaria degli azionisti, diventa
chiaro che esistono poche alternative alla messa in liquidazione dell'azienda. La perdita
di esercizio degli ultimi otto mesi ammonta a 370.438 lire, corrispondente a circa un
miliardo e ottocento milioni odierni (parametri "Il Sole 24 Ore", 16.01.1995). La
relazione dei sindaci denuncia (da
M.A.C.S., agosto 1908 e "L'Automobile", 31 luglio 1908): "Il Programma col quale i
Promotori chiamarono gli azionisti a costituire il Capitale Sociale, e che costituiva il
limite entro il quale si doveva svolgere la loro azione, fu messo a parte e non se ne
tenne conto alcuno. Gli é in tal modo che mentre era stato preventivato uno
Stabilimento che doveva costare £ 300.000, se ne costrusse uno il cui costo sale a £
884.000; che mentre il macchinario, gli utensili, le trasmissioni ecc. non dovevano
eccedere le 300.000 si spesero invece £ 578.700 senza contare che altre £ 300.000
circa furono immobilzzate e perdute nelle spese di impianto.
Ma ciò non basta, anche l'Esercizio non fu meno disastroso dell'impianto dell'Azienda.
Le duecentocinquanta vetture che si dovevano fabbricare nel primo anno e le
trecentocinquanta nel secondo, rimasero una semplice promessa. Fu spesa, fra l'altro,
una somma di £ 40.000 per l'acquisto di un Brevetto, di nessun valore, e si spesero
altre somme considerevoli per tentativi successivi, perché la produzione mancava di
base tecnica-industriale.
Leggerezza da una parte, disordine e incompleta attitudine dall'altra: ecco le cause che
produssero l'attuale stato di cose".
Così scrivono i sindaci, attribuendo in conclusione al Consiglio di Amministrazione
l'intera responsabilità della perdita che appariva dal bilancio; dunque chiamando il
Consiglio a provvedere all'assestamento del patrimonio. Vista la situazione, alcuni
azionisti propongono di nominare una Commissione d'inchiesta, ma la proposta, non
accettata dal Consiglio, é respinta dall'Assemblea. Allora é approvata la messa in
liquidazione della società, e vengono nominati tre liquidatori. Ma la storia non é finita.
Un gruppo di azionisti impugna la deliberazione dell'Assemblea, ritenendola illegale
perché in essa non sono rappresentati i tre quarti del capitale sociale, che il Codice di
Commercio prescrive come necessari per approvare la messa in liquidazione di
un'azienda. La F.A.S. sopravvive perciò fino al 1912, anno in cui gli stabilimenti sono
rilevati da Michele Ansaldi e la società sciolta.
Donatella Biffignandi