Le Stimmate,Le ustioni,Le cicatrici,Il glaucoma,La
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Le Stimmate,Le ustioni,Le cicatrici,Il glaucoma,La
Le Stimmate LE STIMMATE Guardate i video delle stimmate cliccando QUI Fonte: www.cicap.org Le stimmate sono segni sanguinanti alle mani, ai piedi, talvolta alla fronte e al costato, le quali indicherebbero che chi le porta partecipa della passione di Cristo al punto da mostrarne perfino gli stessi traumi fisici. Da sette secoli le persone, uomini o donne, che presentano le stimmate sono in numero trascurabile (poche decine in tutto il mondo), eppure l’interesse che esse suscitano è grandissimo, come lo è quello per i miracoli e altre manifestazioni fisiche del misticismo. Le stimmate dipendono chiaramente dalla cultura di chi le porta. Non sono noti esempi di stigmatizzati non cristiani. Esse si diffusero solo dopo San Francesco, primo stimmatizzato della storia, che le mostrò dal 1224. I segni dei chiodi nelle mani sono nelle posizioni in cui li raffigura l’iconografia tradizionale, ovvero nel centro del palmo, e non – come pare si usasse – nel polso. Non si è nemmeno sicuri di come esattamente il fenomeno insorga. Non si hanno casi attendibili in cui degli scienziati abbiano visto delle stimmate in formazione, nè sono state eseguite osservazioni rigorose e ininterrotte per stabilire se esse sparivano naturalmente dopo un certo tempo. Sono state avanzate alcune congetture, oltre a quella soprannaturale. – Affezione dermatologica, fraintesa da soggetti predisposti a interpretarla come segno soprannaturale. – Fenomeno psicosomatico. Nelle personalità isteriche sono comuni alcuni fenomeni psicosomatici (indotti sul corpo dalla psiche). Poiché esistono tratti della personalità simili tra molti mistici e gli isterici, anche per le stimmate si tratterebbe di fenomeni dovuti a suggestione o autosuggestione. Peraltro non è mai stato possibile provocare le stimmate tramite l’ipnosi. – Lesioni autoinferte, più o meno consciamente: durante uno periodo di estasi, ma anche per frode deliberata a scopo di fama, lucro, o per un malinteso senso della fede. LE STIMMATE Fonte: /www.kryplos.com L’uomo conosce il mondo esterno a lui con i suoi sensi, i suoi organi, con le sue percezioni; in una parola, con il suo vedere, sentire e toccare le cose. Si rende così conto di quello che c’è fuori di lui e poi, sulla base di quello che ha percepito e secondo l’idea che si è fatto del mondo esterno, reagisce e decide la risposta (idonea e opportuna) che deve dare, il comportamento da tenere, quello che deve fare. Insomma, la sensorialità ci serve per muoverci e per vivere nel mondo. La mente “apprezza”, apprende e conosce il mondo esterno e determina nel corpo le conseguenti e coerenti riposte necessarie. Il corpo reagisce e obbedisce agli ordini che la mente gli da’ in base a quanto ha così percepito; cioè il corpo per vivere nel mondo obbedisce, si conforma alle idee della mente; alle idee che questa se ne è fatta. Questa risposta di adeguamento e di adattamento alla realtà materiale esterna percepita si riferisce innanzitutto al comportamento esterno da seguire, come detto, ma riguarda anche tutta la vita interiore dell’uomo e questo sia a livello fisiologico che psicologico Alcune volte queste risposte sono coscienti e volontarie ma altre volte invece esse sono inconsce, non intenzionali e automatiche, con automatismi che si formano o addirittura si scatenano sotto il livello della coscienza e indipendentemente dalla volontà cosciente. Nell’uomo vi è così anche un meccanismo di reazioni inconsce (reazioni a idee inconsce) che determina, in questi casi automaticamente, le risposte somatiche, fisiologiche e psicologiche che egli da’. Sono effetti psicosomatici. Con questi il corpo risponde e reagisce non necessariamente a una situazione obiettiva del mondo esterno ma solo alle idee e alle suggestioni della mente e a quello che crede la mente, indipendentemente da quella che è la reale situazione esterna e dalle sue effettive necessità. Occorre tenere anche presente che ogni situazione obiettiva che ci si propone davanti e che dobbiamo affrontare è mediata dalla mente; è la mente che apprezza la situazione esterna, la giudica ed è sempre la mente che decide la risposta da dare. Ciò pertanto, i processi psicologici automatici (gli “automatismi“) sono al servizio della mente e dipendono da essa e da quanto percepisce o crede di percepire e non dalla realtà esterno oggettiva (per quello che essa è oggettivamente). Se la mente “crede” a un qualcosa, anche se le cose effettive nel mondo e nella realtà esterne stanno in modo diverso, il corpo si conforma, nelle sue risposte, a queste credenze della mente e non alla realtà oggettiva. Lo psicologo francese Pierre Janet (1859-1947) studiò a fondo le nevrosi e, in particolare, quelle che comportavano come conseguenza – oltre al disturbo di livello psicologico e della personalità, e anzi proprio come espressione simbolica di esso – delle manifestazioni anormale somatiche e/o fisiologiche – cioè di livello fisico e organico. Janet scoprì e teorizzò che alla base di queste nevrosi con effetti psicosomatici c’era un’idea inconscia, che si manifestava appunto attraverso quell’effetto e quel comportamento anomalo. Secondo questa concezione, le idee fisse (o meglio, fissatesi nell’inconscio e da lì operanti) tendono a permanere nel tempo senza modificazioni e sono accompagnate da alcuni specifici movimenti del corpo ed espressioni corporali (gesti, tic, ammiccamenti, espressioni muscolari del viso o di altre membra, mosse, agitazione ecc.) che ne sono l’espressione simbolica e che rendono evidente e rivelano, se analizzate, l’emozione, la nevrosi, l’idea fissa sottostante. Del tutto conseguentemente, Janet sostiene anche che gli “spiriti” dello spiritismo sono (non sono altro che) le Idee del medium o di uno dei presenti disgregate e resesi autonome, alle quali il corpo del medium corrisponde, parlando (medianità a incorporazione) o scrivendo (scrittura automatica) ecc., come se fosse uno spirito dell’altra dimensione, un defunto o simili. Tornando alle idee fisse, quando per un qualunque motivo una tale idea si riattiva e diviene dinamica, l’emozione che l’accompagna riaffiora e riesplode e viene a dominare la persona; si scatena così quella reazione (psicosomatica), quell’effetto, quel “tic” e comunque quell’espressione somatica e fisiologica che ne sono il suo simbolo. Tutto questo è molto importante per comprendere il fenomeno delle stimmate, un fenomeno che comporta molte implicazioni di estremo interesse non solo sotto l’aspetto religioso (della fenomenologia religiosa) ma innanzitutto sotto quelli psicologico e spiegazione. parapsicologico, che ne contengono la Volendoci limitare solo a quest’ultimo campo, che è quello che ci riguarda, dobbiamo ricordare, come premessa, che la ricerca parapsicologica conosce e ha studiato molti fenomeni che comportano modificazioni corporee, fisiologiche o sensoriali abnormi e straordinarie, a prima vista incompatibili e incomprensibili alla luce della fisiologia normale. Ricordiamo, ad esempio, le guarigioni spirituali, i cambiamenti fisiognomici del medium (“trasfigurazione”), l’elongazione, i cambiamenti di temperatura e di peso, la modificazione dei normali ritmi fisiologici ecc. In particolare, ai fini dello studio e della teoria sulla stigmatizzazione, ci interessano le piaghe o ferite provocate dalla suggestione, anche quando non vi sono cause patologiche sufficienti ed efficienti a provocarle. Ovvero, viceversa, la loro assenza, pur sussistendo tali cause. E’ stato provato che una persona, sotto suggestione ovvero in stato di trance, toccata da uno strumento innocuo e convinta invece che tale strumento sia rovente o atto a ferire, può recepire l’idea di prodursi una scottatura o una ferita, cosicché questa ferita o la calla da scottatura si forma effettivamente nel tessuto organico di quella persona. Cioè, la mente, “convinta” che il corpo è stato ferito o si è scottato, produce nel corpo la reazione tipica di quella causa (bruciatura, ferita), pur essendo inesistente quella causa. Viceversa, è stato pure provato che, sempre sotto suggestione, la persona, colpita veramente con oggetto da taglio o toccata con un ferro rovente e convinta invece che si tratti di un qualcosa di innocuo, non ne resta ferita o scottata e non si formano sulla carne la ferita o la scottatura. E’ l’idea (fissatasi nella mente) di essere o di non essere stato scottato o ferito quella che domina la mente e informa di sé il corpo e le sue reazioni psicosomatiche. Più in generale, le idee altamente emozionali possono provocare delle dermografie (segni e disegni grafici sulla pelle) in persone molto suggestionabili. Questo effetto si determina tanto più quanto più la persona è vicina all’inconscio e sensibile alle sue idee (come avviene nei caratteri isterici; l’isterismo non significa altro che vicinanza ed estrema recettività verso le idee inconsce). Nel caso delle stimmate, l’idea che domina la mente della persona è quella della Passione di Gesù Cristo. E’ questa idea e la suggestione di essa che provocano l’attivazione psicodinamica dei processi fisiologici, biologici e organici che producono le “piaghe”, le ferite corporee tipiche della Passione: alle mani, ai piedi (i chiodi della crocifissione), al costato (il colpo di lancia di Longino), alla testa (da corona di spine), al torace e alla schiena (da flagellazione). La dimostrazione che l’agente causale sta in un’idea archetipica ci viene, tra l’altro, dal modo di essere dalle ferite alle mani, che sono sulle palme, come è nell’idea tradizionale e nell’iconografia che si ha di esse, e non ai polsi, come invece avveniva realmente nelle crocifissioni (dato che se il condannato fosse stato inchiodato per le mani, queste, sotto il peso del corpo, si sarebbero lacerate e il corpo sarebbe caduto in giù sulla croce). Inoltre, altri fenomeni paranormali si possono produrre nello stigmatizzato e accompagnarsi con quello proprio delle stimmate: estasi, proiezione astrale, bilocazione, guarigioni spirituali, precognizione, lettura dell’anima e così via. Tipico, al riguardo, è soprattutto il caso di Padre Pio; ma anche tanti altri, come quello di Natuzza Evolo e di altri stigmatizzati. La potenza suggestiva dell’idea della Passione, tanto forte e “convincente” da determinare le stimmate, deriva dalla meditazione “catturante” fatta su tale idea e dalla immedesimazione, altrettanto catturante, nella figura e nella sofferenza del Cristo e nel voler soffrire come Lui insieme a Lui (per la redenzione e la salvezza dei peccatori, del mondo, per essere simili a lui, per la propria salvezza). Le stimmate sono sempre un fenomeno paranormale e comunque mistico (di una personalità e tipo psicologico aperto più al “sentire” e “partecipare” che al razionale); alcune volte (poche o tante, non importa), cioè non sempre sono anche un fenomeno e un segno di santità. Vi è la santità quando lo stigmatizzato nella sua meditazione e immedesimazione si connette veramente con il Sacro che è nel suo profondo e nel quale si rispecchia il divino trascendente. In questo caso, veramente la persona si congiunge con la potenza divina, che interviene e scende dall’alto su di essa e la riempie di Sé. Allora tutta la personalità del soggetto ne viene investita e tutta la sua vita ne viene cambiata nel senso della luminosità e dell’amore cristico; ed è questo aspetto di luminosità e di pienezza, e non le stimmate di per sé sole , che denota e caratterizza la santità; e che riveste, nel fatto, carattere primario. Altre volte, invece, si deve parlare di stigmatizzazione di natura e di livello soltanto umano e non di santità. Ricorre questo secondo caso quando non avviene nella persona tutta quella trasformazione di vita di cui si è detto sopra. In questo secondo caso, le idee suggestive sottostanti sono soltanto umane (imitazione, acquisto di prestigio, credere di essere un “inviato di Dio”, volontà di potenza e simili), sempre sulla base predetta di una labilità psicologica e facile sopraffazione da parte delle suggestioni dell’inconscio. Queste idee suggestive dell’inconscio hanno per la loro potenza una grande capacità operativa nelle persone misticheggianti e che abbiamo chiamato isteriche, con effetti stigmatizzanti. Ma qui le stimmate stanno solo ad indicare la presenza nell’inconscio dell’idea dominante della Passione di Cristo e la soggezione a tale idea, con effetti psicosomatici paranormali. In tal caso, sono questi effetti – le stimmate, appunto – gli aspetti che, nel fatto, rappresentano l’elemento primario e assumono carattere primario ai fini della ricerca e dello studio del fenomeno; mentre nel caso della santità l’aspetto primario non sta nelle stimmate ma nella trasformazione che interviene in tutta la persona. «CONVERSIONE ISTERICA» E’ risaputo che certi grandi santi cristiani, che avevano il potere di far apparire sul loro corpo le stigmate di Cristo, ebbero le mani e i piedi trafitti. Un po’ meno noto è invece che Cristo, in realtà, non ebbe le mani, ma i polsi trafitti dai chiodi, in quanto, secondo quanto hanno dimostrato gli studi contemporanei, è così che sarebbe stata praticata la crocifissione in quel tempo. E’ dunque la forza della convinzione dei santi, influenzata dall’iconografia religiosa che si sbagliava riguardo alla esatta posizione dei chiodi, che sarebbe in grado di generare quell’effetto chiamato in psichiatria “conversione isterica“, fenomeno che sembrerebbe confermato dalla circostanza che i chiodi che talvolta appaiono sono di natura biologica. [MT91 p. 181, con riferimento ai lavori di Herbert Thurston] STIGMATE UN MISTERO DEL NOSTRO TEMPO Wendy D’Olive Era l’anno 1224, quando in Umbria ad un frate di nome Francesco apparvero sul corpo le ferite della passione di Gesù Cristo. Da allora oltre 500 casi in Europa documentati. Era il primo caso noto di stigmate (termine derivato da segno, marchio). Per la Chiesa, come per la scienza, molte le ipotesi su come le piaghe si manifestino e perché, poche le certezze a riguardo di un fenomeno “scomodo” per qualsiasi cattedra di studio. Ferite nel corpo e nell’anima anche per le istituzioni che ancora considerano “vero” solo un fenomeno che si può ripetere a piacere in laboratorio. E le piaghe sono lì, appaiono e scompaiono, a volte compagne di tutta una vita, secondo un calendario scritto con inchiostri misteriosi. Quale il significato per il singolo e per l’umanità? Estasi e ipnosi, cambiamenti di dominanza cerebrale, isteria, aspettative e immedesimazione per un riscatto planetario, devozione spinta agli eccessi. Molte le definizioni, ma si tratta comunque di un meccanismo che ha coinvolto anche atei e persone non vicine alle posizioni cristiano-cattoliche ufficiali. Segno dei tempi. Una ferita da leggere attraverso le crepe delle false ideologie e dei dogmi ammuffiti. Un monito a cercare di comprendere che siamo ancora agli inizi nel credere che l’uomo ha in sé una parte di divino e che molte cose vanno assimilate vedendole con gli occhi dell’anima invece che con quelli della ragione. Diamo qualche nome ed un viso al mistero: S. Francesco d’Assisi – Il Santo ebbe le stigmate alle mani e ai piedi. Maria Marta Chambon – Dopo lo stato di estasi le stigmate si manifestarono ai piedi e successivamente sulla fronte. Praticò il digiuno assoluto. Padre Pio da Pietrelcina – Recentemente beatificato, ebbe le stigmate ben visibili alle mani e al costato fino alla sua morte. Teresa Neumann – Mani, piedi e fronte che sanguinavano ogni venerdi. Tomasina Pozzi – Morta nel 1944. Considerata poco intelligente, venne allontanata dal convento. Ebbe le stigmate alle mani, sul costato e sulla fronte. E ancora in passato: Santa Caterina da Siena, Elena Aiello, Gemma Galgani. Ai nostri giorni: Myrna Nazzour, la giovane siriana (di cui si è occupata la trasmissione televisiva “Miracoli”- Rete4) che trasuda olio di sicura origine vegetale e presenta le stigmate alle mani e ai piedi e la calabrese Natuzza Evolo. Stigmatizzazione [Universonline] Le stigmate sono senza dubbio tra i misteri più antichi della religione Cristiana. Il termine deriva etnologicamente dalla parola greca “stigma”, che tradotto letteralmente vuol dire “marchio”. Con il termine stigmate si indica tutta una serie di piaghe che all’improvviso si manifestano sulle mani, i piedi, nel costato e sulla fronte, in genere tali segni si verificano su persone che dedicano tutta la propria vita per realizzare le opere di Dio. Questi “marchi”, infatti, sarebbero un segno divino, simili alle piaghe inflitte a Gesù Cristo prima e durante la sua crocifissione. I casi di persone stigmatizzate dall’inizio del cristianesimo sono stati numerosi, ne sono stati contati circa 350, ma solo in un caso il mondo ecclesiastico ha riconosciuto tale fenomeno come soprannaturale e divino, quello di San Francesco d’Assisi; fu il primo a portare le stigmate sul proprio corpo per oltre due anni, fino alla sua morte. In alcuni santi queste piaghe, pur non essendo mai state ufficialmente riconosciute dalla Chiesa, sono state una grossa calamita per fedeli e non, anche quando si trattava di “stigmate invisibili”. E’ questo il caso di Santa Teresa d’Avila, che portò i segni misteriosi addirittura sul cuore: sul suo corpo non vi fu alcun segno di lacerazione per tutta la vita, ma lei scrisse in una composizione di “avere le stigmate impresse nel cuore”, non segni mistici, ma ferite vive, squarci aperti e dolorosi. Dopo la morte, il suo corpo fu sottoposto ad autopsia, e sul cuore furono effettivamente trovate cinque ferite, come lei stessa le aveva descritte. Secondo i medici, una sola di quelle lacerazioni sarebbe bastata per provocare una morte pressoché immediata. Santa Teresa convisse con quelle cinque piaghe sul cuore per ben 23 anni. Anche di recente si sono manifestate le stigmate, e il caso più celebre è senza dubbio quello di Padre Pio. Il Frate di Pietralcina ha ricevuto i segni divini a 31 anni, nel 1918, mentre si trovava nel convento di San Giovanni Rotondo. Le ferite si manifestarono in forma mistica il 5 agosto, ma divennero visibili solo il 20 settembre. Egli stesso descrisse l’evento in un suo diario: “Mi trovavo seduto in coro, dopo la celebrazione della Santa Messa, quando venni sorpreso da un torpore simile a un dolce sonno. Mentre ero in quello stato, vidi dinnanzi a me un misterioso personaggio, simile a quello visto la sera del 5 di agosto, ma questo aveva le mani e i piedi che grondavano sangue. La sua vista mi atterrì. Mi sentivo morire, e sarei morto se il Signore non fosse intervenuto a sostenere il mio cuore che sobbalzava nel petto. Quando il misterioso personaggio se ne andò, mi ritrovai con le mani, i piedi e il costato traforati che grondavano sangue. Temo di morire dissanguato, se il Signore non ascolta i miei gemiti e non toglie da me queste ferite. Mi lasci pure il dolore e lo strazio, ma mi tolga questi segni esterni, che mi sono di confusione e umiliazione indescrivibili e insostenibili.” Padre Pio, dunque, non temeva il dolore delle piaghe, ma tutto ciò che esse comportavano: assalto dei giornalisti, scherno di alcuni confratelli (i quali credevano che si potesse autoinfliggere le lacerazioni) e infiniti esami medici, che mai riuscirono a spiegare quelle ferite vive e sanguinanti per cinquant’anni, né tanto meno poterono spiegare la loro improvvisa scomparsa alla morte del frate: sul corpo di Padre Pio, dopo il decesso, non restò alcuna cicatrice. Ai giorni nostri molti sono gli stigmatizzati (o i presunti tali). La più attendibile sembra essere Natuzza Evolo, di Paravati, in Calabria. Le sue stigmate sono molto simili a quelle di Padre Pio, ma più profonde e più evidenti, soprattutto quelle delle mani, dove ogni anno il sangue disegna degli strani simboli a forma di croce. Nei suoi momenti di trance, inoltre, Natuzza, che non ha frequentato alcun tipo di scuola (neanche quella elementare) è in grado di parlare le lingue più strane di questo mondo, dal russo all’aramaico, tutto in presenza di specialisti ed esperti. Come già detto, però, la Chiesa difficilmente si è esposta su questo argomento, proprio perché il fenomeno è troppo complesso perché gli si possa dare una spiegazione certa. La scienza, invece, non sembra avere dubbi: i parapsicologi giudicano le stigmate dei fenomeni isterici frutto di autosuggestione, e definiscono il problema con il termine “ideoplastia”, cioè una modellatura (dal grego “plassein”) ottenuta da un’idea (“eidos”, immagine). Ancora una volta, dunque, è aperto il dibattito tra scienziati e credenti. Chi avrà ragione? Nuovo processo per le stimmate Riconosciute solo quelle di San Francesco e Santa Caterina ( Anna Langone, La Stampa del 15 giugno 2002) Padre Pio all’onore degli altari, ma non le sue stimmate. Domani la Chiesa proclamerà santo il frate di Pietrelcina ma non riconoscerà la natura soprannaturale delle sue piaghe sanguinanti, cioè la manifestazione più venerata della sua santità. Il vice postulatore della causa di canonizzazione, padre Gerardo di Flumeri, che ha lottato perché il frate del Gargano bruciasse le tappe verso l’aureola (soltanto 18 anni, un record per la Chiesa), non si dà per vinto e vuole un nuovo processo. Per questo, accanto alla Commissione composta da teologi, medici e biblisti, che già lavorano per insignire San Pio del titolo di dottore della Chiesa, dopo la canonizzazione se ne insedierà un’altra, di cui farà parte il presidente della Cei pugliese, monsignor Cosmo Ruppi. Nella storia della Chiesa solo San Francesco e Santa Caterina da Siena hanno ottenuto il riconoscimento della soprannaturalità delle loro piaghe, con documenti pontifici e, nel caso del Poverello di Assisi, con un’apposita liturgia, cioè la festa delle stimmate. San Pio da Pietrelcina sarebbe il terzo santo a raggiungere questo traguardo, ma soprattutto il primo sacerdote stigmatizzato. La Commissione per le stimmate condurrà anche accertamenti di carattere medico, lavorando sulle escare (le reliquie delle stimmate) di Padre Pio. I componenti medici hanno già isolato il Dna di Padre Pio da campioni di escare sicure, conservate nel convento di San Giovanni Rotondo. Tuttavia, per i fedeli è difficile spiegare l’apparente contraddizione di cui è vittima Padre Pio, che portò sul suo corpo i segni evidenti delle piaghe di Gesù per circa mezzo secolo. La risposta? Quella tecnica è che la Chiesa, per proclamare i santi, non si basa sui carismi, che per Padre Pio pure erano tanti: oltre alle stimmate, c’erano la bilocazione, i profumi dei fiori, le tante malattie cui nessun uomo sarebbe sopravvissuto. Per la Chiesa, un santo viene fatto dalla «eroicità delle virtù», oggetto del decreto di canonizzazione. Padre Pio è diventato beato il 2 maggio ’99 per il miracolo su Consiglia De Martino, la donna campana salvata da morte sicura dopo la rottura del dotto toracico. È salito sul gradino della santità per un secondo miracolo accertato, compiuto dopo la beatificazione, con la guarigione, nel gennaio 2000, del piccolo Matteo Colella di San Giovanni colpito da meningite fulminante. Fin qui l’ufficialità della Chiesa, ma Padre Pio, nonostante i giudizi negativi sulle stimmate che hanno riempito gli archivi del Santo Uffizio, ha dalla sua importanti testimonianze, che avvalorano la veridicità delle stimmate. Tra di esse c’è l’affermazione di Paolo VI in un discorso ai frati negli Anni ’70 (poi incisa sulla tomba di Padre Pio) che definisce «Padre Pio rappresentante stampato delle stigmate di Nostro Signore». Poi la liturgia seguita nelle Messe dalla beatificazione in poi, con la lettura della lettera di San Paolo ai Galati: «Io porto in me le stigmate di Nostro Signore». RIVELAZIONI DI UN MISTERO (Silvano Fuso) Nel suo celebre Dizionario filosofico, Voltaire scrive: Molti fisici sostengono che in tal senso non ci sono miracoli, ed ecco le loro argomentazioni……Un miracolo è la violazione delle leggi matematiche, divine, immutabili, eterne. In base a questa sola definizione, un miracolo è una contraddizione in termini…..Perché mai Dio farebbe un miracolo? Per venire a capo d’un certo disegno riguardo ad alcuni esseri viventi. Egli direbbe dunque: “Con la creazione dell’universo, con i miei decreti divini, con le mie leggi eterne, non sono riuscito ad attuare un certo disegno, cambierò le mie idee eterne, le mie leggi immutabili, per cercare di eseguire quanto non ho potuto fare per mezzo di esse”. Sarebbe una confessione di debolezza, e non di potenza. Sarebbe in lui, a quanto pare, la più inconcepibile contraddizione. Pertanto, osare attribuire a Dio dei miracoli significa in effetti insultarlo (ammesso che degli uomini possano insultare Dio): è come dirgli “voi siete un essere debole e incoerente” [Voltaire, Dizionario filosofico (voce “Miracoli”), vol. II, Rizzoli, Milano 1966]. Nonostante le ineccepibili argomentazioni che Voltaire attribuisce a “molti fisici”, le religioni sono piene di eventi prodigiosi attribuiti all’intervento diretto della divinità. Nei testi sacri delle varie confessioni, nelle agiografie dei santi e nelle tradizioni popolari si fa continuamente riferimento a eventi straordinari con lo scopo di confermare l’esistenza della divinità, la sua potenza, il suo interesse per l’umanità e la sua sete di giustizia o di vendetta nei confronti di chi disobbedisce alle sue leggi. L’uomo primitivo aveva sviluppato nei confronti della realtà una visione magico-animistica e interpretava tutto in termini miracolistici. Qualunque evento naturale era interpretato come un’azione diretta della divinità. Lo sviluppo della scienza ha fatto perdere il carattere miracolistico a gran parte dei fenomeni, ma all’interno delle religioni l’idea di miracolo è sopravvissuta ed è considerata come qualcosa che va al di là della possibilità di indagine della scienza. In realtà, invece, la scienza può benissimo indagare sui miracoli, visto che si tratta di fenomeni empirici che rientrano quindi nel suo dominio di competenza. Mentre la scienza non può minimamente pronunciarsi su questioni tipicamente metafisiche, come ad esempio l’esistenza o la non esistenza di Dio, sui miracoli il discorso è diverso [sui rapporti tra scienza e fede si può vedere: R. Stannard, La scienza e i miracoli, Longanesi, Milano 1998 e C. Allègre, Dio e l’impresa scientifica, Raffaello Cortina Milano 1999]. La scienza ha il dovere di studiare tutto ciò che è suscettibile di indagine empirica. La scienza inoltre non può accettare tra le sue categorie quelle del mistero e dell’inspiegabilità. Un fenomeno inspiegato può essere ritenuto tale soltanto momentaneamente, sulla base delle conoscenze disponibili, ma non si può escludere a priori che prima o poi si troverà il modo di interpretarlo. Ciò premesso, poniamoci la seguente domanda: tra tutti i presunti miracoli che compaiono nelle varie religioni esistono realmente casi in cui la scienza deve necessariamente sospendere il giudizio? Esistono, insomma, eventi veramente inspiegati che richiedono per lo meno l’attesa di una futura interpretazione? Tutti i casi sui quali è stato possibile indagare con gli strumenti della scienza hanno ricevuto, in realtà, un’interpretazione perfettamente naturale, senza bisogno di tirare necessariamente in ballo interventi trascendenti. Gli unici casi sui quali la scienza non può dire nulla sono solamente quelli sui quali non è stata possibile un’indagine diretta, o perché si tratta di eventi appartenenti a un passato remoto o perché la stessa indagine è stata volontariamente impedita dalle autorità religiose poiché ritenuta sacrilega. Senza voler peccare di presunzione, tuttavia, l’applicazione di un semplice principio di induzione suggerisce buone ragioni per pensare che anche in questi casi un’indagine di tipo scientifico avrebbe potuto fornire una spiegazione dei fenomeni di tipo non miracolistico. Inoltre, anche nel caso dei miracoli, non bisognerebbe mai dimenticare una regola fondamentale del metodo scientifico e del pensiero razionale: l’onere della prova spetta a chi fa l’affermazione. Quindi non è la scienza che deve dimostrare la non sovrannaturalità di un fenomeno, ma è chi sostiene l’esistenza di un miracolo che dovrebbe fornire prove concrete a favore della sua sovrannaturalità. Per rispondere alla domanda specifica del lettore, se per “rivelazione di un mistero” ci si riferisce ad affermazioni tipicamente metafisiche, come già accennato, la scienza non può che sospendere ogni giudizio. Se invece vengono coinvolti fatti empirici si ricade nei miracoli propriamente detti e valgono pertanto le precedenti considerazioni. Per quanto riguarda padre Pio, nessuno dei miracoli che gli vengono solitamente attribuiti è mai stato oggetto di controlli scientifici rigorosi e pertanto si può senz’altro affermare che relativamente ad essi non è mai stata data alcuna dimostrazione certa. Un discorso particolare meritano le stimmate, che rappresentano sicuramente una delle manifestazioni più clamorose attribuite a padre Pio e ad altri santi. Le stimmate sono piaghe che apparirebbero sul corpo di persone particolarmente devote che riprodurrebbero le ferite inflitte a Gesù Cristo durante la Passione. Generalmente esse sono localizzate sul palmo delle mani, sui piedi e sul costato. Non mancano tuttavia localizzazioni differenti (ad esempio sulla fronte, in corrispondenza della corona di spine di Cristo). Secondo molti credenti esse sarebbero il segno tangibile di un intervento diretto di Dio che vuole in tal modo manifestarsi ai suoi fedeli più pii. Se si vuole analizzare questo singolare fenomeno con occhio critico [si veda, ad esempio: A. De Vincentiis, Estasi. Stimmate e altri fenomeni mistici, Avverbi Roma 1999] e con l’intento di fare chiarezza, la prima cosa da fare è accertarsi dell’esistenza reale del fenomeno ed eliminare tutti i possibili casi fraudolenti. In effetti sono noti numerosi casi di stimmate autoinflitte con metodi artificiali. Ad esempio, una mistica del trecento di nome Elisabetta di Herkenrode venne sorpresa in diverse occasioni mentre si feriva volontariamente per procurarsi i segni della Passione. Un caso analogo è quello della coeva Lukardis di Oberweimar che si feriva mani e piedi volontariamente. Non mancano veri e propri giochi di prestigio. Ad esempio nel 1928, il tedesco Paolo Diebel riusciva a lacrimare sangue procurandosi preventivamente minuscoli fori invisibili nella congiuntiva. Inoltre riusciva a far apparire false stimmate sulle mani attingendo il sangue da una ferita alla gamba appositamente realizzata e tenuta adeguatamente nascosta. Al di là degli imbrogli, tuttavia, sembra che in alcuni casi le stimmate compaiano spontaneamente sul corpo di alcuni mistici, anche se l’apparizione delle stimmate non è mai sta osservata su soggetti sottoposti a controlli accurati. Come abbiamo già avuto modo di chiarire, la scienza non può dichiarare inspiegabili questi eventi adducendo gratuiti interventi soprannaturali e ha il preciso dovere di indagare il fenomeno e di trovare una interpretazione naturalistica. Un utile contributo può derivare dalla psichiatria, dalla psicologia e dalla medicina psicosomatica. I casi più studiati e per i quali l’ipotesi della frode volontaria appare meno probabile sono quelli di Teresa Neumann (1898-1962) e di padre Pio (1887-1968). La biografia di entrambi questi personaggi mette in evidenza numerosi episodi di problemi di tipo psicosomatico e di autolesionismo, che hanno preceduto il manifestarsi delle stimmate. Gli psicologi parlano di nevrosi isterica per indicare un grave stato psicopatologico che produrrebbe una vasta sintomatologia sia psichica che fisica. In particolare essa determinerebbe fenomeni di conversione, ovvero la manifestazione fisica di conflitti psicologici. Se le tipiche conversioni si manifestano con cecità, sordità e paralisi, sembra comunque plausibile ipotizzare che esse determinino pure fenomeni di vasocongestioni che possono dar luogo a piaghe epidermiche localizzate in vari punti del corpo. Alcuni studi sembrerebbero aver dimostrato che alcuni soggetti in stati alterati di coscienza (ad esempio ipnosi) possono effettivamente somatizzare alcune convinzioni (ad esempio, un soggetto al quale sotto ipnosi era stata applicata su un braccio una moneta a temperatura ambiente, facendogli però credere che fosse incandescente, mostrò una piaga tipica da bruciatura). Se l’origine di queste piaghe può essere spontanea è tuttavia anche vero che i soggetti che le posseggono possono in qualche modo contribuire al loro mantenimento anche con mezzi puramente fisici. Ad esempio, sembra abbastanza plausibile che padre Pio [sulla vita e l’opera di padre Pio si veda l’opera critica: M. Guarino, Beato impostore. Controstoria di padre Pio, Kaos, Milano 1999] usasse tintura di iodio per impedire la rimarginazione delle sue ferite (questo non significa necessariamente che fosse in mala fede: potrebbe averlo fatto per prolungare la sofferenza che, secondo lui, il Signore gli aveva inflitto). A favore dell’origine psichica e comunque non sovrannaturale delle stimmate vi è anche un’altra considerazione. Tutti gli stimmatizzati del passato presentavano le piaghe sui palmi della mano. Attualmente la maggior parte degli studiosi (credenti e non) ritiene che sia materialmente impossibile crocifiggere un uomo inchiodando le mani, poiché esse si lacererebbero sotto il peso del corpo. Sembra ormai certo che nell’antichità le crocifissioni avvenissero piantando i chiodi nei polsi. Se le stimmate fossero inflitte direttamente da Dio, sarebbe difficile giustificare una simile svista. Al contrario se le stimmate, essendo di origine psichica, derivano dalle convinzioni del soggetto e dalle credenze diffuse nella sua epoca e nella cultura cui appartiene, l’errore appare del tutto comprensibile. Al di là del loro aspetto miracolistico, tuttavia le stimmate, come del resto tutte le altre fenomenologie psicosomatiche, rappresentano un interessante settore di indagine, relativamente al quale la scienza medica deve percorrere ancora parecchia strada. Per concludere, penso possa essere utile al lettore il seguente comunicato stampa, diffuso dal gruppo pugliese del CICAP (Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sul Paranormale) in occasione della recente beatificazione di padre Pio. COMUNICATO DEL GRUPPO PUGLIA SU PADRE PIO In occasione dall’avvenuta beatificazione di padre Pio e delle numerosissime richieste di pareri pervenute al nostro Gruppo, da parte di interessati all’argomento, il Cicap-Puglia (Gruppo pugliese del Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sul Paranormale) esprime la propria posizione circa le manifestazioni paranormali attribuite alle vicende del frate cappuccino Beato padre Pio da Pietrelcina. Il nostro Gruppo non ha alcuna posizione né sulla figura del Beato né sui fenomeni di fede, ma vuole dare la propria versione, secondo razionali canoni scientifici, su quelle manifestazioni mistico-paranormali considerate vere ma inspiegabili da gran parte della comunità dei fedeli. Innanzitutto, riteniamo che i presunti fenomeni di bilocazione attribuiti al frate, siano la conseguenza di suggestioni, illusioni ed errate interpretazioni da parte di testimoni che, per motivi di fede, non hanno potuto formulare ed esprimere un giudizio critico sulle proprie esperienze. Lo stesso semplice argomento è perfettamente applicabile alle presunte guarigioni miracolose. Esse sono presentate da molti organi di informazione senza alcun criterio di controllo, con il rischio di essere distorte e mal interpretate. Su tali fatti, la medicina ha consolidate posizioni che riconoscono nelle guarigioni “inspiegabili” meccanismi che non hanno nulla a che fare con il sovrannaturale, ma che si riferiscono a ben noti fenomeni, per l’approfondimento dei quali rimandiamo alla letteratura medica specializzata. Un commento certamente autorevole al di sopra di ogni sospetto, ha recentemente fatto notare come il vero “miracolo” di padre Pio sia stata la nascita e lo sviluppo, in territorio arretrato e periferico, di un grande avanzato ospedale che eroga quella assistenza che deriva proprio dalla medicina a cui abbiamo appena fatto riferimento. Inoltre, riteniamo che sia profondamente diseducativo attribuire al sovrannaturale altri eventuali avvenimenti che, per la loro rarità e complessità , possono risultare tuttora non spiegati o compiutamente conosciuti. Infine, consideriamo le stimmate la conseguenza di processi patologici (ad es. malattie infettive qualche decennio addietro molto più diffuse che oggi, ovvero rare alterazioni di emocoagulazione) magari in un contesto di forte reattività psicosomatica e di ricorrenza di micro-traumatismi locali protratti. NOSTRO COMMENTO: Durante l’ipnosi, in psicoterapia, si sono verificati casi di stimmate. E’ probabile che la nostra mente durante un periodo di estasi produca stimmate. Voi che pensate? Le ustioni USTIONI Fonte Video: RAI UNO Fonte: www.saninforma.it Cosa sono Le ustioni sono lesioni provocate dagli effetti distruttivi sulla pelle causati dal calore (fiamma libera, corpi roventi o liquidi surriscaldati, raggi solari), da sostanze chimiche (es. acido muriatico, ammoniaca) o dalla corrente elettrica. In questa scheda si parlerà delle ustioni da calore mentre per alcuni altri tipi di ustioni si rimanda alle rispettive schede (Ustioni solari, Ustioni da sostanze chimiche). La maggior parte delle ustioni da calore sono dovute al mancato rispetto di elementari norme di sicurezza. E’ importante: non accendere fuochi con l’aiuto di liquidi infiammabili come l’alcool; prestare la massima attenzione in cucina quando in casa sono presenti bambini piccoli che possono ustionarsi con pentole d’acqua bollente, olio caldo ecc. Come si manifestano A seconda della gravità le ustioni vengono classificate in 3 gruppi: Ustioni di 1° grado: sono le più lievi, con semplice arrossamento, bruciore e dolore per contatto. Non sono presenti vesciche. Guariscono rapidamente e non lasciano cicatrici sulla pelle. Ustioni di 2° grado: oltre allo strato superficiale della pelle, viene colpito anche lo strato di tessuto immediatamente sottostante. Sono molto dolorose e sono presenti vesciche ripiene di liquido. Le ustioni meno gravi cicatrizzano nel giro di qualche settimana, quelle più profonde richiedono tempi più lunghi, spesso la guarigione è difficile e restano cicatrici permanenti. Ustioni di 3° grado: sono le più gravi in quanto nell’area colpita la pelle è completamente distrutta in tutto in suo spessore. Il loro aspetto è però spesso meno impressionante delle ustioni di 2° grado. Non è presente dolore per la distruzione dei recettori nervosi e non ci sono vesciche. La guarigione richiede tempi lunghi e lascia cicatrici permanenti (cheloidi) a volte sfiguranti al punto da dover ricorrere ad interventi di chirurgia plastica. La gravità dell’ustione dipende inoltre dall’estensione, dalla zona colpita e dalla causa che l’ha prodotta. Un’ustione di 3° grado ma di piccole dimensioni non rappresenta un pericolo per la vita. Al contrario, un?ustione di 2° grado molto estesa può avere una prognosi molto grave. Anche la zona colpita è importante, soprattutto se interessa articolazioni o aree cutanee soggette a stiramento o parti delicate. Le ustioni che interessano il viso, gli occhi, le orecchie e i genitali richiedono sempre una valutazione specialistica. [flv:/wp-content/themes/mimbo2.2/video/USTIONI.flv 480 368] Altri fattori che condizionano la gravità del danno sono il tipo e il calore specifico dell’agente ustionante. In genere le ustioni da liquidi sono più estese, quelle da solidi (per esempio, la marmitta del motorino) localizzate ma più profonde. Indipendentemente dall?estensione, sono considerate ”importanti” tutte le lesioni da caustici e da folgorazione che vanno sempre sottoposte a osservazione medica. È facile intuire l’importanza del tempo di esposizione. Lesioni di uguale intensità (1° grado) sono provocate dal contatto per 6 ore con temperature di 45°C, per 2 minuti a 51°C, per un solo secondo a 60°C. Il contatto di un solo secondo con un corpo alla temperatura di 65°C è sufficiente a determinare una ustione di 2° grado. Quali sono i rischi L’ustione può infettarsi. Nei casi più gravi può esservi febbre, passaggio di batteri nel sangue e diffusione dell’infezione ad altre parti del corpo. Particolarmente a rischio sono i neonati e gli anziani sopra i 60 anni, soprattutto se portatori di malattie croniche (per esempio, il diabete). Cosa si deve fare Il primo soccorso ha come obiettivo quello di raffreddare e detergere la zona ustionata. L’immersione prolungata (almeno 10 minuti) in acqua fredda riduce l’arrossamento e il gonfiore, diminuendo l’estensione del danno e alleviando contemporaneamente il dolore. Se la parte ustionata è coperta da indumenti, rimuoverli con estrema attenzione: meglio tagliare la stoffa piuttosto che sfilarli. Le ustioni più lievi (1° grado) non richiedono particolari interventi. Il più delle volte sono sufficienti a ridurre il dolore impacchi ripetuti con acqua fredda. Se questo non basta, può essere utile l’applicazione di una crema anestetica (es. Ortodermina), tenendo presente il rischio di possibili sensibilizzazioni da contatto. Se il dolore è molto intenso si può far ricorso a un farmaco antiinfiammatorio non steroideo con attività analgesica come l’aspirina, l’ibuprofene (es. Moment) o il diclofenac (es. Novapirina) oppure al paracetamolo (es. Tachipirina) per via orale. In seguito, per lenire bruciore e prurito residui, può essere impiegata una crema cortisonica a bassa potenza come l’idrocortisone (es. Lenirit), purché la cute sia integra e solo per un breve periodo di tempo. Le ustioni più gravi (2° grado superficiali) devono essere deterse e disinfettate con una soluzione antisettica a base di clorexidina (es. Neoxene), clorossidante elettrolitico (es. Amuchina 10%) o povidone iodio (es. Betadine) dopo aver asportato eventuali frammenti di pelle distrutti dall’ustione. Sconsigliate le tinture, le soluzioni di acido borico o l’alcool denaturato. Qualora si formassero delle bolle, queste vanno aperte forandole con ago sterile (passato alla fiamma), facendo defluire il liquido, senza però togliere la pelle che forma il tetto della bolla. La pelle della vescica potrà essere delicatamente rimossa dopo alcuni giorni tagliandola con forbicine disinfettate con cura. L’area va medicata con una garza grassa (es. Adaptic, Jelonet, Non-ad), ricoperta con garza sterile e poi fasciata con una benda, senza mai comprimere troppo la parte colpita. Anche Fitostimoline e Connettivina garze vanno considerate nulla più che semplici garze grasse: non è infatti dimostrato il presunto effetto coadiuvante dei processi riparativi tessutali dei principi attivi in esse contenuti. La medicazione all’inizio andrà rinnovata giornalmente per rilevare l’andamento dei processi riparativi; in seguito ogni 3-4 giorni sino alla guarigione che in genere avviene in 2 settimane, disinfettando sempre accuratamente la parte. L’accurata detersione e disinfezione delle lesioni scongiura il rischio di infezioni e rende inutile l’impiego di antibiotici topici. E’ importante ricordare che: non si deve cospargere l’ustione di olio, perché impedisce una accurata pulizia della lesione e, ostacolando la dispersione di calore, favorisce la macerazione della pelle e fa aumentare il rischio di infezioni; non impiegare creme antibiotiche senza aver prima consultato il medico; non impiegare acido borico, alcool denaturato, sostanze coloranti, tutte tossiche per le cellule. Nelle ustioni più gravi (2° e 3° grado) il trattamento è di pertinenza medica. Non applicare prodotti di alcun tipo sull’ustione e far bere acqua se il soggetto avverte sete intensa. Trasportare immediatamente il soggetto ad un Pronto Soccorso. quando rivolgersi al medico Per tutte le ustioni di 2° e 3° grado. Per le ustioni che interessano parti delicate del corpo, come il viso o l’addome. Se compare febbre elevata, sopra i 39° C. In caso di ritardo nella guarigione nonostante gli interventi effettuati. In caso di infezione della parte ustionata. Quando il paziente è anziano, è ammalato di diabete o è un bambino al di sotto dei 3 anni di età. NOSTRO COMMENTO: Chi ha un’ustione seria deve subito ricorrere al medico Le cicatrici Riduzione delle cicatrici/ Fonte Video: RAI UNO Fonte:www.chirurgia-plastica-estetica.it Che cos’è una cicatrice? La cicatrice è il tessuto che colma le ferite e le perdite di sostanza dei tessuti e degli organi. Il tessuto cicatriziale, infatti, si forma tutte le volte che si verifica un’interruzione della continuità della cute (epidermide e derma) in seguito ad un evento patologico o traumatico. Esistono diversi tipi di cicatrici? Esistono fondamentalmente due tipi di cicatrici patologiche: il cheloide e la cicatrice ipertrofica. Il cheloide è una vera e propria neoformazione, spessa, arrossata, pruriginosa o dolente che ha origine da una cicatrice, ma si sviluppa sempre oltre i confini della cicatrice da cui deriva. I cheloidi si formano molto raramente, possono comparire ovunque, ma si sviluppano soprattutto a livello toracico in corrispondenza dello sterno, sui padiglioni auricolari e a livello delle spalle e sono più frequenti nella popolazione di colore. La cicatrice ipertrofica spesso viene scambiata per un cheloide, ma a differenza di questo il tessuto cicatriziale in esubero rimane all’interno dei confini della cicatrice che si presenta arrossata e rilevata. Spesso si accompagna ad una sintomatologia pruriginosa e talvolta a dolore locale. Da quali fattori dipende la migliore o minore qualità di una cicatrice? La qualità delle cicatrici, sia che si formino per eventi traumatici che in seguito ad interventi chirurgici, dipende in larga parte dal modo in cui la cute di un soggetto tende a guarire e in misura minore dal tipo di evento che ne ha determinato la formazione e dalle precauzioni adottate durante la fase di guarigione. Le variabili che influenzano la formazione di una cicatrice sono molteplici: in generale, i soggetti con carnagione chiara hanno maggiore probabilità di presentare cicatrici di buona qualità rispetto ai soggetti con carnagione scura (mediterranea). Inoltre in alcune regioni del corpo le cicatrici tendono per costituzione a risultare più evidenti, come ad esempio nella regione toracica, dietro le orecchie e sulle spalle. Esistono tuttavia delle situazioni in cui la probabilità di formazione di una brutta cicatrice sono indipendenti dalle caratteristiche del soggetto, come nel caso di esiti cicatriziali da ustione di II grado profondo o di III grado o in seguito a traumi complessi. [flv:/wp-content/themes/mimbo2.2/video/cicatrici.flv 480 368] E’ possibile eliminare le cicatrici? A differenza di quanto comunemente si pensi, le cicatrici sono dei segni permanenti che non possono essere eliminati con nessuna tecnica chirurgica, ma soltanto migliorate. Quali trattamenti si possono effettuare per migliorare le cicatrici? Le cicatrici cheloidee e quelle ipertrofiche possono essere migliorate sia mediante trattamenti medici che chirurgici. Prima di ricorrere ad un intervento chirurgico di revisione della cicatrice sono usualmente presi in considerazione tutti gli altri possibili trattamenti medici volti a migliorare l’aspetto della cicatrice, soprattutto nel caso di cicatrici poco evidenti in cui l’intervento chirurgico potrebbe dare scarsi risultati. In ogni caso, prima di ricorrere ad un intervento di revisione della cicatrice è necessario attendere circa un anno dall’evento che ne ha determinato l’origine. Durante questo periodo, infatti, la cicatrice va incontro a numerose trasformazioni che la rendono molto evidente soprattutto nei primi 3 mesi, fino a maturare e arrivare ad una conformazione definitiva. Quali sono i trattamenti medici e chirurgici utilizzati per correggere le cicatrici? I trattamenti medici della cicatrice sono: Massaggio ripetuto più volte al giorno. Compressione continua (ove questo risulti possibile). Occlusione con fogli di gel di silicone o pomata con gel di silicone. Iniezione di cortisonici. Dermoabrasione Trattamenti laser. Trattamenti con basse dosi di radiazioni. I trattamenti chirurgici della cicatrice consistono nella: Escissione “intralesionale”. Escissione completa. Il tipo di tecnica chirurgica adottata dallo specialista per migliorare le cicatrici da trattare varia a seconda del tipo di cicatrice, della sua ampiezza e dalla regione corporea interessata. Notevoli speranze di miglioramento sono riposte in una nuova tecnica chirurgica che utilizza tessuto autologo (cellule proprie) che prende il nome di Recell. Le opzioni chirurgiche possibili devono essere discusse esaurientemente con il paziente che deve conoscere con precisione quali possono essere le sue aspettative di miglioramento. Quali trattamenti chirurgici sono indicati per le cicatrici cheloidee e per quelle ipertrofiche? I trattamenti chirurgici delle cicatrici variano a seconda che si tratti di cicatrici cheloidee o ipertrofiche. Il trattamento chirurgico del cheloide, a cui si giunge di solito dopo una serie di tentativi con terapia medica, prevede l’escissione cosiddetta “intralesionale” della formazione, ossia senza la sua completa asportazione. Seguendo tale tecnica è stato visto che la probabilità, comunque sempre alta, che si riformi un cheloide delle stesse dimensioni si riduce. Il trattamento chirurgico della cicatrice ipertrofica prevede, invece, l’escissione dell’intera cicatrice. Anche in questo caso, comunque, la probabilità che si riformi una cicatrice di qualità scadente è alta, essendo le caratteristiche soggettive della cute del paziente l’elemento determinante nell’insorgenza di cicatrici patologiche. Riduzione delle cicatrici Che cos’è una cicatrice? La cicatrice è il tessuto che colma le ferite e le perdite di sostanza dei tessuti e degli organi. Il tessuto cicatriziale, infatti, si forma tutte le volte che si verifica un’interruzione della continuità della cute (epidermide e derma) in seguito ad un evento patologico o traumatico. Esistono diversi tipi di cicatrici? Esistono fondamentalmente due tipi di cicatrici patologiche: il cheloide e la cicatrice ipertrofica. Il cheloide è una vera e propria neoformazione, spessa, arrossata, pruriginosa o dolente che ha origine da una cicatrice, ma si sviluppa sempre oltre i confini della cicatrice da cui deriva. I cheloidi si formano molto raramente, possono comparire ovunque, ma si sviluppano soprattutto a livello toracico in corrispondenza dello sterno, sui padiglioni auricolari e a livello delle spalle e sono più frequenti nella popolazione di colore. La cicatrice ipertrofica spesso viene scambiata per un cheloide, ma a differenza di questo il tessuto cicatriziale in esubero rimane all’interno dei confini della cicatrice che si presenta arrossata e rilevata. Spesso si accompagna ad una sintomatologia pruriginosa e talvolta a dolore locale. Da quali fattori dipende la migliore o minore qualità di una cicatrice? La qualità delle cicatrici, sia che si formino per eventi traumatici che in seguito ad interventi chirurgici, dipende in larga parte dal modo in cui la cute di un soggetto tende a guarire e in misura minore dal tipo di evento che ne ha determinato la formazione e dalle precauzioni adottate durante la fase di guarigione. Le variabili che influenzano la formazione di una cicatrice sono molteplici: in generale, i soggetti con carnagione chiara hanno maggiore probabilità di presentare cicatrici di buona qualità rispetto ai soggetti con carnagione scura (mediterranea). Inoltre in alcune regioni del corpo le cicatrici tendono per costituzione a risultare più evidenti, come ad esempio nella regione toracica, dietro le orecchie e sulle spalle. Esistono tuttavia delle situazioni in cui la probabilità di formazione di una brutta cicatrice sono indipendenti dalle caratteristiche del soggetto, come nel caso di esiti cicatriziali da ustione di II grado profondo o di III grado o in seguito a traumi complessi. E’ possibile eliminare le cicatrici? A differenza di quanto comunemente si pensi, le cicatrici sono dei segni permanenti che non possono essere eliminati con nessuna tecnica chirurgica, ma soltanto migliorate. Quali trattamenti si possono effettuare per migliorare le cicatrici? Le cicatrici cheloidee e quelle ipertrofiche possono essere migliorate sia mediante trattamenti medici che chirurgici. Prima di ricorrere ad un intervento chirurgico di revisione della cicatrice sono usualmente presi in considerazione tutti gli altri possibili trattamenti medici volti a migliorare l’aspetto della cicatrice, soprattutto nel caso di cicatrici poco evidenti in cui l’intervento chirurgico potrebbe dare scarsi risultati. In ogni caso, prima di ricorrere ad un intervento di revisione della cicatrice è necessario attendere circa un anno dall’evento che ne ha determinato l’origine. Durante questo periodo, infatti, la cicatrice va incontro a numerose trasformazioni che la rendono molto evidente soprattutto nei primi 3 mesi, fino a maturare e arrivare ad una conformazione definitiva. Quali sono i trattamenti medici e chirurgici utilizzati per correggere le cicatrici? I trattamenti medici della cicatrice sono: Massaggio ripetuto più volte al giorno. Compressione continua (ove questo risulti possibile). Occlusione con fogli di gel di silicone o pomata con gel di silicone. Iniezione di cortisonici. Dermoabrasione Trattamenti laser. Trattamenti con basse dosi di radiazioni. I trattamenti chirurgici della cicatrice consistono nella: Escissione “intralesionale”. Escissione completa. Il tipo di tecnica chirurgica adottata dallo specialista per migliorare le cicatrici da trattare varia a seconda del tipo di cicatrice, della sua ampiezza e dalla regione corporea interessata. Notevoli speranze di miglioramento sono riposte in una nuova tecnica chirurgica che utilizza tessuto autologo (cellule proprie) che prende il nome di Recell. Le opzioni chirurgiche possibili devono essere discusse esaurientemente con il paziente che deve conoscere con precisione quali possono essere le sue aspettative di miglioramento. Quali trattamenti chirurgici sono indicati per le cicatrici cheloidee e per quelle ipertrofiche? I trattamenti chirurgici delle cicatrici variano a seconda che si tratti di cicatrici cheloidee o ipertrofiche. Il trattamento chirurgico del cheloide, a cui si giunge di solito dopo una serie di tentativi con terapia medica, prevede l’escissione cosiddetta “intralesionale” della formazione, ossia senza la sua completa asportazione. Seguendo tale tecnica è stato visto che la probabilità, comunque sempre alta, che si riformi un cheloide delle stesse dimensioni si riduce. Il trattamento chirurgico della cicatrice ipertrofica prevede, invece, l’escissione dell’intera cicatrice. Anche in questo caso, comunque, la probabilità che si riformi una cicatrice di qualità scadente è alta, essendo le caratteristiche soggettive della cute del paziente l’elemento determinante nell’insorgenza di cicatrici patologiche. Come si svolge la visita pre-operatoria? Il trattamento chirurgico delle cicatrici è un intervento molto personalizzato che, come tale, necessita di un’accurata visita specialistica. Durante la prima visita il chirurgo dovrà valutare la qualità e le dimensioni della cicatrice e illustrarvi i risultati estetici che è possibile concretamente ottenere. Il chirurgo dovrà inoltre valutare le vostre condizioni di salute per escludere la presenza di alterazioni (quali problemi di coagulazione o di cicatrizzazione, pressione alta, ecc.) che potrebbero influire sul risultato estetico dell’intervento. Al termine della visita il chirurgo, d’accordo con voi, sceglierà la procedura chirurgica più indicata al vostro caso. Prima dell’intervento riceverete istruzioni specifiche relative all’alimentazione pre e post-operatoria, all’assunzione di farmaci, alcool e sigarette. Che tipo di anestesia viene praticata? L’intervento chirurgico di revisione della cicatrice viene generalmente eseguito in anestesia locale in regime di day hospital ed ha una durata variabile in relazione alla cicatrice da trattare. Qual è il decorso post-operatorio? Al fine di ottenere il miglior risultato possibile, è importante che dopo l’intervento chirurgico di revisione della cicatrice seguiate scrupolosamente tutte le indicazioni che il chirurgo di volta in volta vi darà. Nel periodo postoperatorio è consigliata l’applicazione di presidi medici a livello della nuova cicatrice durante la sua fase di maturazione al fine di ridurre al minimo la possibilità della formazione di una cicatrice di cattiva qualità. Le modalità e i tempi di tali trattamenti vi verranno illustrati dallo specialista in occasione dei controlli ambulatoriali. La ripresa di una normale attività è strettamente dipendente dal tipo di intervento a cui sarete stati sottoposti. Per semplici revisioni di piccole cicatrici effettuate in anestesia locale, di solito già dal giorno successivo all’intervento si possono riprendere le normali occupazioni quotidiane. Che tipo di risultato si può ottenere con l’intervento di revisione della cicatrice? Il risultato estetico varia dalla risposta del singolo paziente ed è condizionato da diversi fattori (tipo di carnagione, zona del corpo interessata, ecc.). Il risultato è permanente e sarà definitivamente raggiunto a distanza di circa un anno dall’intervento NOSTRO COMMENTO: la decisione circa l’eliminazione di una brutta cicatrice è un fatto strettamente personale lasciato, ovviamente, alla libera valutazione del paziente stesso. Il glaucoma GLAUCOMA / Fonte Video: RAI UNO Fonte: www.centroitalianoglaucoma.it Con il termine glaucoma si indica un gruppo di patologie caratterizzate da una progressiva perdita delle cellule ganglionari retiniche , da un deficit funzionale caratteristico (valutabile con l’ esame del campo visivo) e da tipiche alterazioni anatomiche della testa del nervo ottico. Il glaucoma può essere del tutto asintomatico fino alle fasi più tardive della malattia . Si stima che la metà delle persone affette da glaucoma non sappia di essere malata. Il glaucoma è causato da numerose patologie o alterazioni oculari, che nella maggior parte dei casi si associano ad una aumentata pressione intraoculare (IOP), che è il principale fattore di rischio per la malattia. L’ ipertono oculare è causato da un’ alterazione dell’ idrodinamica dei fluidi oculari (umore acqueo) e nel tempo provoca danni non reversibili al nervo ottico. Diviene quindi di fondamentale importanza la diagnosi precoce e l’ impostazione del trattamento per preservare la funzione visiva. [flv:/wp-content/themes/mimbo2.2/video/glaucoma.flv 480 368] L’ umore acqueo viene prodotto in continuazione dal corpo ciliare, una piccola ghiandola situata dietro l’ iride; riempie la camera anteriore, nutre la cornea e il cristallino, e passa attraverso la pupilla dalla camera posteriore a quella anteriore, dove defluisce a livello dell’ angolo formato da iride e cornea. In questa zona è presente un tessuto spugnoso, chiamato trabecolato, che è il punto di drenaggio dell’ umore acqueo. Se il trabecolato, per cause primarie o secondarie, si intasa, l’ umore acqueo non riesce più a defluire e, essendo l’ occhio un sistema chiuso, la pressione intraoculare aumenta. L’ aumento della IOP causa danni alle fibre nervose retiniche portandole alla morte . La perdita di cellule nervose causa un lento e irreversibile calo della capacità visiva. La diagnosi corretta e la terapia possono prevenire l’ infausto esito del glaucoma. Fattori di rischio e presentazione Il glaucoma è la prima causa di cecità irreversibile al mondo nei paesi industrializzati e risulta affetto il 2% della popolazione. Grossi studi clinici controllati hanno fornito importanti informazioni riguardo ai “fattori di rischio” per il glaucoma, che sono: Età Sesso Razza Pressione intraoculare Spessore corneale centrale Struttura della papilla ottica Miopia Elevati livelli di ipermetropia Ipotensione arteriosa Familiarità Fattori vascolari Prolungata terapia con corticosteroidi Non esiste (per ora) una cura definitiva per il glaucoma: la perdita visiva non può essere recuperata, ma con una terapia farmacologica o chirurgia, agendo sulla riduzione della IOP (che ricordiamo è il fattore di rischio principale) si può prevenire l’ ulteriore perdita visiva. Il glaucoma è una condizione cronica e deve essere monitorata frequentemente per tutta la vita, in quanto il quadro clinico può modificarsi negli anni. Nel glaucoma ad angolo aperto potrebbero non esserci sintomi. La pressione intraoculare elevata, di solito, non da dolore. La perdita visiva inizia alla periferia del campo visivo e solo nelle fasi più tardive coinvolge la visione centrale. Il miglior modo per proteggersi dal glaucoma è sottoporsi a una visita oculistica e, se venisse diagnosticata la malattia, iniziare subito la terapia. Classificazione Nell’ adulto il glaucoma si suddivide in : – glaucoma ad angolo aperto (primario o secondario) – glaucoma ad angolo stretto (primario o secondario) Le due forme differisco per patogenesi e presentazione, ma entrambe portano a una progressiva perdita dell’ acuità visiva. NOSTRO COMMENTO: La pressione alta, l’elevata miopia, la pressione endoculare consigliano di approfondire la situazione e, nel caso di riscontro di un glaucoma, farsi operare col laser. L’intervento non desta preoccupazione.- La cataratta CATARATTA Fonte: www.grvision.com. Sono davvero notevoli i miglioramenti che la chirurgia della cataratta ha avuto negli ultimi anni, grazie all’evoluzione tecnologica. L’invasività è ridotta ormai ai minimi termini: basti pensare che, se nei primi interventi era necessaria un’incisione oculare di almeno cinque o sei millimetri, oggi ne sono sufficienti solo due per rimuovere il tessuto alterato e inserire la nuova lente artificiale. Questi progressi hanno contribuito alla diffusione di questo intervento che oggi è eseguito in oltre 550mila casi. Tra le varie tecniche, sta vivendo una seconda giovinezza quella a ultrasuoni, che recenti innovazioni hanno portato a un livello di perfezionamento elevato. «Questa metodica, in assoluto la più utilizzata al mondo, si avvale di uno speciale strumento a punta, che l’ultrasuono fa vibrare, provocandone un movimento che frantuma il cristallino», spiega il dottor Gianluca Rubiolini, medico oculista presso l’Ospedale Moriggia Pelascini di Gravedona (Como), www.grvision.com. «La novità consiste nel fatto che oggi è possibile conferire a questo strumento una multi-direzionalità, che gli consente di eseguire non solo movimenti oscillatori antero-posteriori (a mo’ di un pendolo), ma anche torsionali. L’intervento è quindi estremamente mirato, la quantità di ultrasuoni emessa è ridotta, l’impatto sull’occhio è minimo». La tecnica a ultrasuoni trova indicazioni per tutti i tipi di cataratta, dalle forme lievi alle più avanzate. Miglioramenti significativi riguardano anche i cristallini artificiali: «Il materiale plastico con cui sono realizzati, dapprima rigido, col tempo è andato assumendo una consistenza sempre più malleabile, tanto che oggi può essere praticamente iniettato nell’occhio con un apposito strumento simile a una siringa, per poi essere posizionato, una volta all’interno, in modo definitivo», sottolinea il dottor Rubiolini. «Questo riduce sensibilmente eventuali rischi o effetti collaterali, accorciando notevolmente anche i tempi di riabilitazione. Il recupero visivo è rapido, con una visione soddisfacente già nelle prime ore postoperatorie». Il fiore all’occhiello di questo tipo di chirurgia sono le lenti intraoculari di ultima generazione: cristallini evoluti in grado di contrastare anche difetti visivi preesistenti. Per i pazienti che lo desiderano e che ne fanno richiesta, miopia, ipermetropia e perfino astigmatismo possono essere corretti durante la rimozione della cataratta. Infine, una speciale lente multifocale permette di poter vedere da vicino, eliminando l’uso degli occhiali». È importante poter lavorare con tranquillità, studiando il paziente e valutando il tipo di cristallino da utilizzare. Fondamentale la selezione del Centro dove eseguire l’intervento. Come funziona? Quanto Dura? • L’operazione per eliminare la cataratta non richiede alcun ricovero. • Si esegue un anestesia topica che consiste nell’applicazione di gocce di collirio anestetico. • L’intervento dura, in genere, 20 minuti. • Non è doloroso! • Viene inserito un cristallino artificiale sostituisce quello opacato. che NOSTRO COMMENTO: da come si può vedere e leggere sopra, chi soffre di cataratta e vede offuscato deve andare subito a farsi operare. L’intervento non desta alcuna preoccupazione e risolve radicalmente il problema. La prostata IL TUMORE PROSTATICO/ FONTE VIDEO: RAI UNO I pazienti ai quali è stato diagnosticato un tumore prostatico necessitano spesso di informazioni relative al tumore e alle opzioni di trattamento. Su queste pagine sono disponibili moltissime informazioni utili. Per sconfiggere il tumore prostatico, l’unica arma è la conoscenza. Lo scopo di curaprostata.it è fornire informazioni ai pazienti affetti da tumore prostatico e alle loro famiglie. “Lei ha un tumore alla prostata”. Nessun uomo vorrebbe sentirsi dire questa frase. Il tumore alla prostata può incutere timore, ma se viene diagnosticato allo stadio iniziale le possibilità di sopravvivenza sono elevatissime. La scienza medica ha fatto grandi passi avanti nella diagnosi del tumore prostatico e nel trattamento di questa neoplasia. Progressi nei trattamenti Se viene diagnosticato un tumore prostatico, è necessario prendere una decisione importante. Quale trattamento è migliore per voi? Nel passato le comuni opzioni di trattamento del tumore prostatico possono essere sembrate aggressive, incerte oppure potevano avere effetti collaterali preoccupanti. [flv:/wp-content/themes/mimbo2.2/video/prostata.flv 480 368] Per questi ed altri motivi, incluso il fatto che il tumore prostatico tende ad avere una progressione lenta, alcuni pazienti scelgono un atteggiamento di vigile attesa. Questo comporta il monitoraggio sistematico della progressione della malattia senza trattamenti specifici, tenendo sotto controllo la possibile propagazione del tumore. Fortunatamente, i progressi in campo tecnologico hanno portato a miglioramenti nel trattamento. Attualmente, è disponibile un’ampia gamma di trattamenti per il tumore prostatico. Nella scelta del trattamento è opportuno individuarne uno che consenta di combinare il miglior risultato possibile a effetti collaterali minimi. Questo sito Web consente di confrontare i vantaggi e gli svantaggi delle varie opzioni di trattamento. (Fonte: http://myprostatecanceroptions.com/it/) NOSTRO COMMENTO: dopo la mezza età, specie se esiste familiarità, è bene fare con frequenza annuale un PSA per accertarsi che tutto vada bene. Esofago di Barrett ESOFAGO DI BARRETT/Fonte Video: RAI UNO L’epitelio di Barrett o esofago di Barrett è una metaplasia a carico dell’epitelio esofageo, che viene sostituito con epitelio colonnare. E’ una complicanza patologica dell’esofago, in seguito a reflusso gastroesofageo (RGE). In seguito al rilasciamento del cardias, il succo gastrico acido, a contatto prolungato con l’esofago, origina una modificazione dell’epitelio che tenta di difendersi dall’acido. Le cellule che sostituiscono il tratto di epitelio esofageo che viene a contatto con il reflusso acido hanno caratteristiche molto simili a quelle duodenali e costituiscono l’esofago di Barrett. [flv:/wp-content/themes/mimbo2.2/video/esofago.flv 480 368] Tale patologia è spesso pre-cancerosa poiché questo epitelio può andare incontro a incontrollata replicazione; questo succede circa nel 2-5% dei casi. NOSTRO COMMENTO: Attenzione al reflusso gastro_esofageo! Se è persistente è bene fare accertamenti. Scivolamento vertebrale.FONTE VIDEO: RAI UNO SCIVOLAMENTO VERTEBRALE (Prof. Roberto BASSANI) E’ una tecnica poco diffusa in Europa, ma che riscuote grandi consensi negli Stati Uniti, dove è praticata comunemente: è la discoplastica, una metodica consolidata e adatta a chi soffre di degenerazione dei dischi vertebrali. Con la discoplastica si torna subito efficienti dopo una ventina di giorni dall’intervento, abbreviando di circa cinque volte i tempi di recupero. E non è un fatto da poco, visto che solo nel nostro Paese le persone con oltre quarant’anni che soffrono di patologie dei dischi vertebrali sono migliaia. La discoplastica rimette a posto la schiena a tempo di record grazie a una protesi artificiale che restituisce la piena mobilità al tratto lombare. E’ questo a Bruxelles il tema centrale di “EuroSpine”, il più importante congresso europeo dedicato allo studio e allo sviluppo delle nuove tecnologie per il trattamento delle patologie della colonna vertebrale. Gli specialisti europei, ortopedici e neurochirurghi della colonna vertebrale, per confermare l’efficacia della nuova tecnica lanciano uno studio che coinvolge nove paesi. “La discoplastica è un intervento che prevede la sostituzione del disco danneggiato con una protesi artificiale – spiega Roberto Bassani, chirurgo ortopedico e vertebrale della Divisione di Ortopedia e Traumatologia diretta dal Prof. G.P. Jelmoni del IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia – la cui funzione è quella di riprodurre meccanicamente nel modo migliore possibile il movimento con caratteristiche simili ad un disco sano.” [flv:/wp-content/themes/mimbo2.2/video/scivolvertebrale.flv 480 368] La mobilità del tratto lombare viene quindi mantenuta con tempi di recupero estremamente brevi. I pazienti infatti sono già in piedi il giorno dopo l’intervento e possono iniziare un attività fisica moderata dopo soli 20-25 giorni dall’operazione. I tempi di riabilitazione sono sensibilmente ridotti rispetto a quelli richiesti dalla vecchia tecnica di fusione, che richiede dai 4 agli 8 mesi. Requisito essenziale per la riuscita dell’intervento è la selezione del paziente: la discoplastica è adatta a persone tra i 30 e i 50 anni di età, che soffrono di mal di schiena cronico, con una degenerazione iniziale del disco vertebrale e che non sono riusciti a risolvere il problema con la terapia conservativa e presentano o meno la ben nota “sciatica” (lombosciatalgia), riconducibile proprio alla discopatia degenerativa. L’artoplastica, largamente usata da molti anni per l’anca ed il ginocchio, è solo da poco impiegata per trattare la malattia degenerativa dei dischi vertebrali a livello lombare e cervicale. Ancora oggi infatti, per la patologia del disco vertebrale, si ricorre ad interventi chirurgici tradizionali e collaudati ma più invasivi. “La discoplastica – spiega il professor Bassani – è una delle metodiche attualmente più vicina alla normale fisiologia del tratto lombare”. L’esperto spiega infatti che la colonna vertebrale è quanto di più mobile ci possa essere in natura ed è per questo che la ricerca tende a sviluppare sistemi di protesi e tecniche chirurgiche che riproducano tale movimento. Spiega ancora l’esperto:” Con la moderna tecnica si riducono anche il sovraccarico e l’usura precoce dei dischi vertebrali adiacenti, che la chirurgia di fusione tradizionale provoca nei soggetti giovani”. NOSTRO COMMENTO: Meglio la protesi che l’invalidità ed il dolore. Ernia cervicale.IN PIEDI IN POCHI GIORNI CON LA DISCOPLASTICA (R.Bassani) Fonte: www.italiasalute.leonardo Fonte Video: RAI UNO ERNIA CERVICALE Tornare subito efficienti dopo un intervento alla schiena, abbattendo di 5 volte i tempi di recupero non più 4 – 8 mesi ma appena una ventina di giorni. E’ quanto permette la discoplastica, tecnica consolidata che trova molti consensi negli Usa ma è ancora poco diffusa in Europa e in Italia, nonostante nel nostro Paese ci siano migliaia di over 40 con degenerazione dei dischi vertebrali. E’ questo il tema centrale di ‘EuroSpine’, il congresso europeo più importante dedicato allo studio e allo sviluppo delle nuove tecnologie per il trattamento delle patologie della colonna vertebrale, apertosi oggi a Bruxelles. Grazie ad una protesi artificiale, questa tecnica rimette a posto la schiena in tempi record, ridando piena mobilità al tratto lombare. E gli specialisti europei, ortopedici e neurochirurghi della colonna vertebrale, lanciano uno studio per confermare l’efficacia della nuova … della nuova tecnica: nove i paesi coinvolti. L’Italia partecipa con l’IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia. [flv:/wp-content/themes/mimbo2.2/video/erniacervicale.flv 480 368] “La discoplastica è un intervento che prevede la sostituzione del disco danneggiato con una protesi artificiale, la cui funzione è quella di riprodurre meccanicamente nel modo migliore possibile il movimento con caratteristiche simili ad un disco sano. La mobilità del tratto lombare viene quindi mantenuta con tempi di recupero estremamente brevi. I pazienti infatti sono già in piedi il giorno dopo l’intervento e possono iniziare un attività fisica moderata passati soli 20-25 giorni dall’operazione. In altre parole si riducono i tempi di riabilitazione, che con la vecchia tecnica di fusione possono variare dai 4 agli 8 mesi – ha spiegato Roberto Bassani, Chirurgo ortopedico e vertebrale della Divisione di Ortopedia e Traumatologia del IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia. Requisito essenziale per la riuscita dell’intervento è la selezione del paziente: giovani tra i 30 e i 50 anni di età, che soffrono di mal di schiena cronico, con una degenerazione iniziale del disco vertebrale. Pazienti che, inoltre, non sono riusciti a risolvere il problema con la terapia conservativa e presentano o meno la ben nota ‘sciatica’ (lombosciatalgia), riconducibile proprio alla discopatia degenerativa. Nel nostro Paese solo pochissimi centri ospedalieri hanno effettuato alcuni interventi, l’IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia è sicuramente il Centro di Riferimento in questa specialità. “Abbiamo avviato uno studio multicentrico che a livello internazionale intende valutare su larga scala le indicazioni ed i risultati di tale procedura chirurgica così da identificare correttamente i potenziali pazienti ed utilizzare al meglio tale tecnica – ha continuato Bassani – l’operazione avviene in anestesia generale ed attraverso un incisione anteriore sul basso addome. E’ indicata per quei soggetti affetti da un vero e proprio invecchiamento prematuro del tessuto discale che provoca “mal di schiena” cronico resistente alle comuni terapie fisiche e farmacologiche”. L’artoplastica è un intervento chirurgico per cui le parti danneggiate di un’articolazione vengono sostituite con protesi in materiale sintetico o leghe metalliche, grazie alle quali l’articolazione riacquista la propria normale funzionalità. Largamente usata da molti anni per l’anca ed il ginocchio, è invece solo da poco impiegata per trattare la malattia degenerativa dei dischi vertebrali a livello lombare e cervicale. Ancora oggi infatti, per la patologia del disco vertebrale, si ricorre ad interventi chirurgici tradizionali e collaudati ma più invasivi come la fusione spinale, che consiste nel bloccaggio, attraverso un sistema di viti, placche e innesti, di due ‘corpi’ vertebrali risolvendo il dolore attraverso l'”annullamento” del movimento che lo genera. “La discoplastica è certamente una delle metodiche attualmente più vicina alla normale fisiologia del tratto lombare. La colonna vertebrale è quanto di più mobile ci possa essere in natura ed è per questo che la ricerca tende a sviluppare sistemi protesici e tecniche chirurgiche che, in prima battuta, riproducano tale movimento” continua lo specialista. “Interventi che facciano ricorso a sistemi di fusione, che bloccano i corpi vertebrali per risolvere il dolore, saranno probabilmente la seconda scelta in quanto definitivi e senza ritorno. Con la moderna tecnica si riducono anche il sovraccarico e l’usura precoce dei dischi vertebrali adiacenti, che la chirurgia di fusione tradizionale provoca nei soggetti giovani”. NOSTRO COMMENTO: Quando queste ernie diventano dolorose e fastidiose, occorre affidarsi al chirurgo. Ernia del disco Fonte: RTV Reggio Calabria, riportiamo Medicina in diretta: L’ernia del disco è una affezione della colonna vertebrale consistente in una rottura o uno sfiancamento dell’anello fibroso del disco e conseguente dislocazione del nucleo polposo. La rottura o e lo sfiancamento del disco sono abitualmente secondari ad una degenerazione o invecchiamento del disco, fenomeno che parte dalle cartilagini discali. Le ernie più frequenti sono quelle lombari, seguite da quelle cervicali e da quelle dorsali. Frequenti i casi di ernie multiple e di ernie famigliari. Tutte le età possono essere affette da ernia del disco. la protusione invece consiste nello schiacciamento da parte del nucleo delle fibre dell’anello. Tuttavia ciò non comporta una rottura delle fibre dell’anello stesso, come succede nell’ernia, ma il suo schiacciamento, soprattutto a livello del legamento longitudinale posteriore. [flv:/wp-content/themes/mimbo2.2/video/erniadisco.flv 480 368] NOSTRO COMMENTO: Il Dr Domenico Durante è un ortopedico di Reggio Calabria che ognuno può consultare per avvalersi delle nuove tecniche Chirurgiche mini invasive che spesso risolvono i problemi legati all’ernia del disco.