Le Stimmate,Le ustioni,Le cicatrici,Il glaucoma,La

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Le Stimmate,Le ustioni,Le cicatrici,Il glaucoma,La
Le Stimmate
LE STIMMATE
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Fonte: www.cicap.org
Le stimmate sono segni sanguinanti alle mani, ai piedi,
talvolta alla fronte e al costato, le quali indicherebbero che
chi le porta partecipa della passione di Cristo al punto da
mostrarne perfino gli stessi traumi fisici.
Da sette secoli le persone, uomini o donne, che presentano le
stimmate sono in numero trascurabile (poche decine in tutto il
mondo), eppure l’interesse che esse suscitano è grandissimo,
come lo è quello per i miracoli e altre manifestazioni fisiche
del misticismo.
Le stimmate dipendono chiaramente dalla cultura di chi le
porta. Non sono noti esempi di stigmatizzati non cristiani.
Esse si diffusero solo dopo San Francesco, primo stimmatizzato
della storia, che le mostrò dal 1224. I segni dei chiodi nelle
mani sono nelle posizioni in cui li raffigura l’iconografia
tradizionale, ovvero nel centro del palmo, e non – come pare
si usasse – nel polso.
Non si è nemmeno sicuri di come esattamente il fenomeno
insorga. Non si hanno casi attendibili in cui degli scienziati
abbiano visto delle stimmate in formazione, nè sono state
eseguite osservazioni rigorose e ininterrotte per stabilire se
esse sparivano naturalmente dopo un certo tempo.
Sono state avanzate alcune congetture, oltre a quella
soprannaturale.
– Affezione dermatologica, fraintesa da soggetti predisposti a
interpretarla come segno soprannaturale.
– Fenomeno psicosomatico. Nelle personalità isteriche sono
comuni alcuni fenomeni psicosomatici (indotti sul corpo dalla
psiche). Poiché esistono tratti della personalità simili tra
molti mistici e gli isterici, anche per le stimmate si
tratterebbe di fenomeni dovuti a suggestione o
autosuggestione. Peraltro non è mai stato possibile provocare
le stimmate tramite l’ipnosi.
– Lesioni autoinferte, più o meno consciamente: durante uno
periodo di estasi, ma anche per frode deliberata a scopo di
fama, lucro, o per un malinteso senso della fede.
LE STIMMATE
Fonte: /www.kryplos.com
L’uomo conosce il mondo esterno a lui con i suoi sensi, i suoi
organi, con le sue percezioni; in una parola, con il suo
vedere, sentire e toccare le cose. Si rende così conto di
quello che c’è fuori di lui e poi, sulla base di quello che ha
percepito e secondo l’idea che si è fatto del mondo esterno,
reagisce e decide la risposta (idonea e opportuna) che deve
dare, il comportamento da tenere, quello che deve fare.
Insomma, la sensorialità ci serve per muoverci e per vivere
nel mondo.
La mente “apprezza”, apprende e conosce il mondo esterno e
determina nel corpo le conseguenti e coerenti riposte
necessarie. Il corpo reagisce e obbedisce agli ordini che la
mente gli da’ in base a quanto ha così percepito; cioè il
corpo per vivere nel mondo obbedisce, si conforma alle idee
della mente; alle idee che questa se ne è fatta. Questa
risposta di adeguamento e di adattamento alla realtà materiale
esterna percepita si riferisce innanzitutto al comportamento
esterno da seguire, come detto, ma riguarda anche tutta la
vita interiore dell’uomo e questo sia a livello fisiologico
che psicologico Alcune volte queste risposte sono coscienti e
volontarie ma altre volte invece esse sono inconsce, non
intenzionali e automatiche, con automatismi che si formano o
addirittura si scatenano sotto il livello della coscienza e
indipendentemente dalla volontà cosciente. Nell’uomo vi è così
anche un meccanismo di reazioni inconsce (reazioni a idee
inconsce) che determina, in questi casi automaticamente, le
risposte somatiche, fisiologiche e psicologiche che egli da’.
Sono effetti psicosomatici.
Con questi il corpo risponde e reagisce non necessariamente a
una situazione obiettiva del mondo esterno ma solo alle idee e
alle suggestioni della mente e a quello che crede la mente,
indipendentemente da quella che è la reale situazione esterna
e dalle sue effettive necessità.
Occorre tenere anche presente che ogni situazione obiettiva
che ci si propone davanti e che dobbiamo affrontare è mediata
dalla mente; è la mente che apprezza la situazione esterna, la
giudica ed è sempre la mente che decide la risposta da dare.
Ciò pertanto, i processi psicologici automatici (gli
“automatismi“) sono al servizio della mente e dipendono da
essa e da quanto percepisce o crede di percepire e non dalla
realtà esterno oggettiva (per quello che essa è
oggettivamente). Se la mente “crede” a un qualcosa, anche se
le cose effettive nel mondo e nella realtà esterne stanno in
modo diverso, il corpo si conforma, nelle sue risposte, a
queste credenze della mente e non alla realtà oggettiva.
Lo psicologo francese Pierre Janet (1859-1947) studiò a fondo
le nevrosi e, in particolare, quelle che comportavano come
conseguenza – oltre al disturbo di livello psicologico e della
personalità, e anzi proprio come espressione simbolica di esso
– delle manifestazioni anormale somatiche e/o fisiologiche –
cioè di livello fisico e organico.
Janet scoprì e teorizzò che alla base di queste nevrosi con
effetti psicosomatici c’era un’idea inconscia, che si
manifestava appunto attraverso quell’effetto e quel
comportamento anomalo.
Secondo questa concezione, le idee fisse (o meglio, fissatesi
nell’inconscio e da lì operanti) tendono a permanere nel tempo
senza modificazioni e sono accompagnate da alcuni specifici
movimenti del corpo ed espressioni corporali (gesti, tic,
ammiccamenti, espressioni muscolari del viso o di altre
membra, mosse, agitazione ecc.) che ne sono l’espressione
simbolica e che rendono evidente e rivelano, se analizzate,
l’emozione, la nevrosi, l’idea fissa sottostante. Del tutto
conseguentemente, Janet sostiene anche che gli “spiriti” dello
spiritismo sono (non sono altro che) le Idee del medium o di
uno dei presenti disgregate e resesi autonome, alle quali il
corpo del medium corrisponde, parlando (medianità a
incorporazione) o scrivendo (scrittura automatica) ecc., come
se fosse uno spirito dell’altra dimensione, un defunto o
simili.
Tornando alle idee fisse, quando per un qualunque motivo una
tale idea si riattiva e diviene dinamica, l’emozione che
l’accompagna riaffiora e riesplode e viene a dominare la
persona; si scatena così quella reazione (psicosomatica),
quell’effetto, quel “tic” e comunque quell’espressione
somatica e fisiologica che ne sono il suo simbolo.
Tutto questo è molto importante per comprendere il fenomeno
delle stimmate, un fenomeno che comporta molte implicazioni di
estremo interesse non solo sotto l’aspetto religioso (della
fenomenologia religiosa) ma innanzitutto sotto quelli
psicologico e
spiegazione.
parapsicologico,
che
ne
contengono
la
Volendoci limitare solo a quest’ultimo campo, che è quello che
ci riguarda, dobbiamo ricordare, come premessa, che la ricerca
parapsicologica conosce e ha studiato molti fenomeni che
comportano modificazioni corporee, fisiologiche o sensoriali
abnormi e straordinarie, a prima vista incompatibili e
incomprensibili alla luce della fisiologia normale.
Ricordiamo, ad esempio, le guarigioni spirituali, i
cambiamenti fisiognomici del medium (“trasfigurazione”),
l’elongazione, i cambiamenti di temperatura e di peso, la
modificazione dei normali ritmi fisiologici ecc.
In particolare, ai fini dello studio e della teoria sulla
stigmatizzazione, ci interessano le piaghe o ferite provocate
dalla suggestione, anche quando non vi sono cause patologiche
sufficienti ed efficienti a provocarle. Ovvero, viceversa, la
loro assenza, pur sussistendo tali cause.
E’ stato provato che una persona, sotto suggestione ovvero in
stato di trance, toccata da uno strumento innocuo e convinta
invece che tale strumento sia rovente o atto a ferire, può
recepire l’idea di prodursi una scottatura o una ferita,
cosicché questa ferita o la calla da scottatura si forma
effettivamente nel tessuto organico di quella persona. Cioè,
la mente, “convinta” che il corpo è stato ferito o si è
scottato, produce nel corpo la reazione tipica di quella causa
(bruciatura, ferita), pur essendo inesistente quella causa.
Viceversa, è stato pure provato che, sempre sotto suggestione,
la persona, colpita veramente con oggetto da taglio o toccata
con un ferro rovente e convinta invece che si tratti di un
qualcosa di innocuo, non ne resta ferita o scottata e non si
formano sulla carne la ferita o la scottatura. E’ l’idea
(fissatasi nella mente) di essere o di non essere stato
scottato o ferito quella che domina la mente e informa di sé
il corpo e le sue reazioni psicosomatiche.
Più in generale, le idee altamente emozionali
possono
provocare delle dermografie (segni e disegni grafici sulla
pelle) in persone molto suggestionabili. Questo effetto si
determina tanto più quanto più la persona è vicina
all’inconscio e sensibile alle sue idee (come avviene nei
caratteri isterici; l’isterismo non significa altro che
vicinanza ed estrema recettività verso le idee inconsce).
Nel caso delle stimmate, l’idea che domina la mente della
persona è quella della Passione di Gesù Cristo.
E’ questa idea e la suggestione di essa che provocano
l’attivazione psicodinamica dei processi fisiologici,
biologici e organici che producono le “piaghe”, le ferite
corporee tipiche della Passione: alle mani, ai piedi (i chiodi
della crocifissione), al costato (il colpo di lancia di
Longino), alla testa (da corona di spine), al torace e alla
schiena (da flagellazione).
La dimostrazione che l’agente causale sta in un’idea
archetipica ci viene, tra l’altro, dal modo di essere dalle
ferite alle mani, che sono sulle palme, come è nell’idea
tradizionale e nell’iconografia che si ha di esse, e non ai
polsi, come invece avveniva realmente nelle crocifissioni
(dato che se il condannato fosse stato inchiodato per le mani,
queste, sotto il peso del corpo, si sarebbero lacerate e il
corpo sarebbe caduto in giù sulla croce).
Inoltre, altri fenomeni paranormali si possono produrre nello
stigmatizzato e accompagnarsi con quello proprio delle
stimmate: estasi, proiezione astrale, bilocazione, guarigioni
spirituali, precognizione, lettura dell’anima e così via.
Tipico, al riguardo, è soprattutto il caso di Padre Pio; ma
anche tanti altri, come quello di Natuzza Evolo e di altri
stigmatizzati.
La potenza suggestiva dell’idea della Passione, tanto forte e
“convincente” da determinare le stimmate, deriva dalla
meditazione “catturante” fatta su tale idea e dalla
immedesimazione, altrettanto catturante, nella figura e nella
sofferenza del Cristo e nel voler soffrire come Lui insieme a
Lui (per la redenzione e la salvezza dei peccatori, del mondo,
per essere simili a lui, per la propria salvezza).
Le stimmate sono sempre un fenomeno paranormale e comunque
mistico (di una personalità e tipo psicologico aperto più al
“sentire” e “partecipare” che al razionale); alcune volte
(poche o tante, non importa), cioè non sempre sono anche un
fenomeno e un segno di santità.
Vi è la santità quando lo stigmatizzato nella sua meditazione
e immedesimazione si connette veramente con il Sacro che è nel
suo profondo e nel quale si rispecchia il divino trascendente.
In questo caso, veramente la persona si congiunge con la
potenza divina, che interviene e scende dall’alto su di essa e
la riempie di Sé.
Allora tutta la personalità del soggetto ne viene investita e
tutta la sua vita ne viene cambiata nel senso della luminosità
e dell’amore cristico; ed è questo aspetto di luminosità e di
pienezza, e non le stimmate di per sé sole , che denota e
caratterizza la santità; e che riveste, nel fatto, carattere
primario.
Altre volte, invece, si deve parlare di stigmatizzazione di
natura e di livello soltanto umano e non di santità. Ricorre
questo secondo caso quando non avviene nella persona tutta
quella trasformazione di vita di cui si è detto sopra.
In questo secondo caso, le idee suggestive sottostanti sono
soltanto umane (imitazione, acquisto di prestigio, credere di
essere un “inviato di Dio”, volontà di potenza e simili),
sempre sulla base predetta di una labilità psicologica e
facile
sopraffazione
da
parte
delle
suggestioni
dell’inconscio.
Queste idee suggestive dell’inconscio hanno per la loro
potenza una grande capacità operativa nelle persone
misticheggianti e che abbiamo chiamato isteriche, con effetti
stigmatizzanti. Ma qui le stimmate stanno solo ad indicare la
presenza nell’inconscio dell’idea dominante della Passione di
Cristo e la soggezione a tale idea, con effetti psicosomatici
paranormali. In tal caso, sono questi effetti – le stimmate,
appunto – gli aspetti che, nel fatto, rappresentano l’elemento
primario e assumono carattere primario ai fini della ricerca e
dello studio del fenomeno; mentre nel caso della santità
l’aspetto primario non sta nelle stimmate ma nella
trasformazione che interviene in tutta la persona.
«CONVERSIONE ISTERICA»
E’ risaputo che certi grandi santi cristiani, che avevano il
potere di far apparire sul loro corpo le stigmate di Cristo,
ebbero le mani e i piedi trafitti.
Un po’ meno noto è invece che Cristo, in realtà, non ebbe le
mani, ma i polsi trafitti dai chiodi, in quanto, secondo
quanto hanno dimostrato gli studi contemporanei, è così che
sarebbe stata praticata la crocifissione in quel tempo.
E’ dunque la forza della convinzione dei santi, influenzata
dall’iconografia religiosa che si sbagliava riguardo alla
esatta posizione dei chiodi, che sarebbe in grado di generare
quell’effetto chiamato in psichiatria “conversione isterica“,
fenomeno che sembrerebbe confermato dalla circostanza che i
chiodi che talvolta appaiono sono di natura biologica.
[MT91 p. 181, con riferimento ai lavori di Herbert Thurston]
STIGMATE
UN MISTERO DEL NOSTRO TEMPO
Wendy D’Olive
Era l’anno 1224, quando in Umbria ad un frate di nome
Francesco apparvero sul corpo le ferite della passione di Gesù
Cristo. Da allora oltre 500 casi in Europa documentati.
Era il primo caso noto di stigmate (termine derivato da segno,
marchio).
Per la Chiesa, come per la scienza, molte le ipotesi su come
le piaghe si manifestino e perché, poche le certezze a
riguardo di un fenomeno “scomodo” per qualsiasi cattedra di
studio.
Ferite nel corpo e nell’anima anche per le istituzioni che
ancora considerano “vero” solo un fenomeno che si può ripetere
a piacere in laboratorio. E le piaghe sono lì, appaiono e
scompaiono, a volte compagne di tutta una vita, secondo un
calendario scritto con inchiostri misteriosi. Quale il
significato per il singolo e per l’umanità? Estasi e ipnosi,
cambiamenti di dominanza cerebrale, isteria, aspettative e
immedesimazione per un riscatto planetario, devozione spinta
agli eccessi. Molte le definizioni, ma si tratta comunque di
un meccanismo che ha coinvolto anche atei e persone non vicine
alle posizioni cristiano-cattoliche ufficiali. Segno dei
tempi. Una ferita da leggere attraverso le crepe delle false
ideologie e dei dogmi ammuffiti. Un monito a cercare di
comprendere che siamo ancora agli inizi nel credere che l’uomo
ha in sé una parte di divino e che molte cose vanno assimilate
vedendole con gli occhi dell’anima invece che con quelli della
ragione.
Diamo qualche nome ed un viso al mistero:
S. Francesco d’Assisi – Il Santo ebbe le stigmate alle mani e
ai piedi.
Maria Marta Chambon – Dopo lo stato di estasi le stigmate si
manifestarono ai piedi e successivamente sulla fronte. Praticò
il digiuno assoluto.
Padre Pio da Pietrelcina – Recentemente beatificato, ebbe le
stigmate ben visibili alle mani e al costato fino alla sua
morte.
Teresa Neumann – Mani, piedi e fronte che sanguinavano ogni
venerdi.
Tomasina Pozzi – Morta nel 1944. Considerata poco
intelligente, venne allontanata dal convento. Ebbe le stigmate
alle mani, sul costato e sulla fronte.
E ancora in passato: Santa Caterina da Siena, Elena Aiello,
Gemma Galgani. Ai nostri giorni: Myrna Nazzour, la giovane
siriana (di cui si è occupata la trasmissione televisiva
“Miracoli”- Rete4) che trasuda olio di sicura origine vegetale
e presenta le stigmate alle mani e ai piedi e la calabrese
Natuzza Evolo.
Stigmatizzazione
[Universonline]
Le stigmate sono senza dubbio tra i misteri più antichi della
religione Cristiana. Il termine deriva etnologicamente dalla
parola greca “stigma”, che tradotto letteralmente vuol dire
“marchio”. Con il termine stigmate si indica tutta una serie
di piaghe che all’improvviso si manifestano sulle mani, i
piedi, nel costato e sulla fronte, in genere tali segni si
verificano su persone che dedicano tutta la propria vita per
realizzare le opere di Dio. Questi “marchi”, infatti,
sarebbero un segno divino, simili alle piaghe inflitte a Gesù
Cristo prima e durante la sua crocifissione. I casi di persone
stigmatizzate dall’inizio del cristianesimo sono stati
numerosi, ne sono stati contati circa 350, ma solo in un caso
il mondo ecclesiastico ha riconosciuto tale fenomeno come
soprannaturale e divino, quello di San Francesco d’Assisi; fu
il primo a portare le stigmate sul proprio corpo per oltre due
anni, fino alla sua morte.
In alcuni santi queste piaghe, pur non essendo mai state
ufficialmente riconosciute dalla Chiesa, sono state una grossa
calamita per fedeli e non, anche quando si trattava di
“stigmate invisibili”. E’ questo il caso di Santa Teresa
d’Avila, che portò i segni misteriosi addirittura sul cuore:
sul suo corpo non vi fu alcun segno di lacerazione per tutta
la vita, ma lei scrisse in una composizione di “avere le
stigmate impresse nel cuore”, non segni mistici, ma ferite
vive, squarci aperti e dolorosi. Dopo la morte, il suo corpo
fu sottoposto ad autopsia, e sul cuore furono effettivamente
trovate cinque ferite, come lei stessa le aveva descritte.
Secondo i medici, una sola di quelle lacerazioni sarebbe
bastata per provocare una morte pressoché immediata. Santa
Teresa convisse con quelle cinque piaghe sul cuore per ben 23
anni.
Anche di recente si sono manifestate le stigmate, e il caso
più celebre è senza dubbio quello di Padre Pio. Il Frate di
Pietralcina ha ricevuto i segni divini a 31 anni, nel 1918,
mentre si trovava nel convento di San Giovanni Rotondo. Le
ferite si manifestarono in forma mistica il 5 agosto, ma
divennero visibili solo il 20 settembre. Egli stesso descrisse
l’evento in un suo diario:
“Mi trovavo seduto in coro, dopo la celebrazione della Santa
Messa, quando venni sorpreso da un torpore simile a un dolce
sonno. Mentre ero in quello stato, vidi dinnanzi a me un
misterioso personaggio, simile a quello visto la sera del 5 di
agosto, ma questo aveva le mani e i piedi che grondavano
sangue. La sua vista mi atterrì. Mi sentivo morire, e sarei
morto se il Signore non fosse intervenuto a sostenere il mio
cuore che sobbalzava nel petto. Quando il misterioso
personaggio se ne andò, mi ritrovai con le mani, i piedi e il
costato traforati che grondavano sangue. Temo di morire
dissanguato, se il Signore non ascolta i miei gemiti e non
toglie da me queste ferite. Mi lasci pure il dolore e lo
strazio, ma mi tolga questi segni esterni, che mi sono di
confusione e umiliazione indescrivibili e insostenibili.”
Padre Pio, dunque, non temeva il dolore delle piaghe, ma tutto
ciò che esse comportavano: assalto dei giornalisti, scherno di
alcuni confratelli (i quali credevano che si potesse autoinfliggere le lacerazioni) e infiniti esami medici, che mai
riuscirono a spiegare quelle ferite vive e sanguinanti per
cinquant’anni, né tanto meno poterono spiegare la loro
improvvisa scomparsa alla morte del frate: sul corpo di Padre
Pio, dopo il decesso, non restò alcuna cicatrice.
Ai giorni nostri molti sono gli stigmatizzati (o i presunti
tali). La più attendibile sembra essere Natuzza Evolo, di
Paravati, in Calabria. Le sue stigmate sono molto simili a
quelle di Padre Pio, ma più profonde e più evidenti,
soprattutto quelle delle mani, dove ogni anno il sangue
disegna degli strani simboli a forma di croce. Nei suoi
momenti di trance, inoltre, Natuzza, che non ha frequentato
alcun tipo di scuola (neanche quella elementare) è in grado di
parlare le lingue più strane di questo mondo, dal russo
all’aramaico, tutto in presenza di specialisti ed esperti.
Come già detto, però, la Chiesa difficilmente si è esposta su
questo argomento, proprio perché il fenomeno è troppo
complesso perché gli si possa dare una spiegazione certa. La
scienza, invece, non sembra avere dubbi: i parapsicologi
giudicano le stigmate dei fenomeni isterici frutto di
autosuggestione, e definiscono il problema con il termine
“ideoplastia”, cioè una modellatura (dal grego “plassein”)
ottenuta da un’idea (“eidos”, immagine). Ancora una volta,
dunque, è aperto il dibattito tra scienziati e credenti. Chi
avrà ragione?
Nuovo processo per le stimmate
Riconosciute solo quelle di San Francesco e Santa Caterina
( Anna Langone, La Stampa del 15 giugno 2002)
Padre Pio all’onore degli altari, ma non le sue stimmate.
Domani la Chiesa proclamerà santo il frate di Pietrelcina ma
non riconoscerà la natura soprannaturale delle sue piaghe
sanguinanti, cioè la manifestazione più venerata della sua
santità. Il vice postulatore della causa di canonizzazione,
padre Gerardo di Flumeri, che ha lottato perché il frate del
Gargano bruciasse le tappe verso l’aureola (soltanto 18 anni,
un record per la Chiesa), non si dà per vinto e vuole un nuovo
processo.
Per questo, accanto alla Commissione composta da teologi,
medici e biblisti, che già lavorano per insignire San Pio del
titolo di dottore della Chiesa, dopo la canonizzazione se ne
insedierà un’altra, di cui farà parte il presidente della Cei
pugliese, monsignor Cosmo Ruppi. Nella storia della Chiesa
solo San Francesco e Santa Caterina da Siena hanno ottenuto il
riconoscimento della soprannaturalità delle loro piaghe, con
documenti pontifici e, nel caso del Poverello di Assisi, con
un’apposita liturgia, cioè la festa delle stimmate. San Pio da
Pietrelcina sarebbe il terzo santo a raggiungere questo
traguardo, ma soprattutto il primo sacerdote stigmatizzato. La
Commissione per le stimmate condurrà anche accertamenti di
carattere medico, lavorando sulle escare (le reliquie delle
stimmate) di Padre Pio.
I componenti medici hanno già isolato il Dna di Padre Pio da
campioni di escare sicure, conservate nel convento di San
Giovanni Rotondo. Tuttavia, per i fedeli è difficile spiegare
l’apparente contraddizione di cui è vittima Padre Pio, che
portò sul suo corpo i segni evidenti delle piaghe di Gesù per
circa mezzo secolo. La risposta? Quella tecnica è che la
Chiesa, per proclamare i santi, non si basa sui carismi, che
per Padre Pio pure erano tanti: oltre alle stimmate, c’erano
la bilocazione, i profumi dei fiori, le tante malattie cui
nessun uomo sarebbe sopravvissuto.
Per la Chiesa, un santo viene fatto dalla «eroicità delle
virtù», oggetto del decreto di canonizzazione. Padre Pio è
diventato beato il 2 maggio ’99 per il miracolo su Consiglia
De Martino, la donna campana salvata da morte sicura dopo la
rottura del dotto toracico. È salito sul gradino della santità
per un secondo miracolo accertato, compiuto dopo la
beatificazione, con la guarigione, nel gennaio 2000, del
piccolo Matteo Colella di San Giovanni colpito da meningite
fulminante.
Fin qui l’ufficialità della Chiesa, ma Padre Pio, nonostante i
giudizi negativi sulle stimmate che hanno riempito gli archivi
del Santo Uffizio, ha dalla sua importanti testimonianze, che
avvalorano la veridicità delle stimmate. Tra di esse c’è
l’affermazione di Paolo VI in un discorso ai frati negli Anni
’70 (poi incisa sulla tomba di Padre Pio) che definisce «Padre
Pio rappresentante stampato delle stigmate di Nostro Signore».
Poi la liturgia seguita nelle Messe dalla beatificazione in
poi, con la lettura della lettera di San Paolo ai Galati: «Io
porto in me le stigmate di Nostro Signore».
RIVELAZIONI DI UN MISTERO
(Silvano Fuso)
Nel suo celebre Dizionario filosofico, Voltaire scrive:
Molti fisici sostengono che in tal senso non ci sono miracoli,
ed ecco le loro argomentazioni……Un miracolo è la violazione
delle leggi matematiche, divine, immutabili, eterne. In base a
questa sola definizione, un miracolo è una contraddizione in
termini…..Perché mai Dio farebbe un miracolo? Per venire a
capo d’un certo disegno riguardo ad alcuni esseri viventi.
Egli direbbe dunque: “Con la creazione dell’universo, con i
miei decreti divini, con le mie leggi eterne, non sono
riuscito ad attuare un certo disegno, cambierò le mie idee
eterne, le mie leggi immutabili, per cercare di eseguire
quanto non ho potuto fare per mezzo di esse”. Sarebbe una
confessione di debolezza, e non di potenza. Sarebbe in lui, a
quanto pare, la più inconcepibile contraddizione. Pertanto,
osare attribuire a Dio dei miracoli significa in effetti
insultarlo (ammesso che degli uomini possano insultare Dio): è
come dirgli “voi siete un essere debole e incoerente”
[Voltaire, Dizionario filosofico (voce “Miracoli”), vol. II,
Rizzoli, Milano 1966].
Nonostante le ineccepibili argomentazioni che Voltaire
attribuisce a “molti fisici”, le religioni sono piene di
eventi prodigiosi attribuiti all’intervento diretto della
divinità. Nei testi sacri delle varie confessioni, nelle
agiografie dei santi e nelle tradizioni popolari si fa
continuamente riferimento a eventi straordinari con lo scopo
di confermare l’esistenza della divinità, la sua potenza, il
suo interesse per l’umanità e la sua sete di giustizia o di
vendetta nei confronti di chi disobbedisce alle sue leggi.
L’uomo primitivo aveva sviluppato nei confronti della realtà
una visione magico-animistica e interpretava tutto in termini
miracolistici. Qualunque evento naturale era interpretato come
un’azione diretta della divinità. Lo sviluppo della scienza ha
fatto perdere il carattere miracolistico a gran parte dei
fenomeni, ma all’interno delle religioni l’idea di miracolo è
sopravvissuta ed è considerata come qualcosa che va al di là
della possibilità di indagine della scienza. In realtà,
invece, la scienza può benissimo indagare sui miracoli, visto
che si tratta di fenomeni empirici che rientrano quindi nel
suo dominio di competenza. Mentre la scienza non può
minimamente pronunciarsi su questioni tipicamente metafisiche,
come ad esempio l’esistenza o la non esistenza di Dio, sui
miracoli il discorso è diverso [sui rapporti tra scienza e
fede si può vedere: R. Stannard, La scienza e i miracoli,
Longanesi, Milano 1998 e C. Allègre, Dio e l’impresa
scientifica, Raffaello Cortina Milano 1999]. La scienza ha il
dovere di studiare tutto ciò che è suscettibile di indagine
empirica. La scienza inoltre non può accettare tra le sue
categorie quelle del mistero e dell’inspiegabilità. Un
fenomeno inspiegato può essere ritenuto tale soltanto
momentaneamente, sulla base delle conoscenze disponibili, ma
non si può escludere a priori che prima o poi si troverà il
modo di interpretarlo.
Ciò premesso, poniamoci la seguente domanda: tra tutti i
presunti miracoli che compaiono nelle varie religioni esistono
realmente casi in cui la scienza deve necessariamente
sospendere il giudizio? Esistono, insomma, eventi veramente
inspiegati che richiedono per lo meno l’attesa di una futura
interpretazione? Tutti i casi sui quali è stato possibile
indagare con gli strumenti della scienza hanno ricevuto, in
realtà, un’interpretazione perfettamente naturale, senza
bisogno di tirare necessariamente in ballo interventi
trascendenti. Gli unici casi sui quali la scienza non può dire
nulla sono solamente quelli sui quali non è stata possibile
un’indagine diretta, o perché si tratta di eventi appartenenti
a un passato remoto o perché la stessa indagine è stata
volontariamente impedita dalle autorità religiose poiché
ritenuta sacrilega. Senza voler peccare di presunzione,
tuttavia, l’applicazione di un semplice principio di induzione
suggerisce buone ragioni per pensare che anche in questi casi
un’indagine di tipo scientifico avrebbe potuto fornire una
spiegazione dei fenomeni di tipo non miracolistico. Inoltre,
anche nel caso dei miracoli, non bisognerebbe mai dimenticare
una regola fondamentale del metodo scientifico e del pensiero
razionale: l’onere della prova spetta a chi fa l’affermazione.
Quindi non è la scienza che deve dimostrare la non
sovrannaturalità di un fenomeno, ma è chi sostiene l’esistenza
di un miracolo che dovrebbe fornire prove concrete a favore
della sua sovrannaturalità.
Per rispondere alla domanda specifica del lettore, se per
“rivelazione di un mistero” ci si riferisce ad affermazioni
tipicamente metafisiche, come già accennato, la scienza non
può che sospendere ogni giudizio. Se invece vengono coinvolti
fatti empirici si ricade nei miracoli propriamente detti e
valgono pertanto le precedenti considerazioni.
Per quanto riguarda padre Pio, nessuno dei miracoli che gli
vengono solitamente attribuiti è mai stato oggetto di
controlli scientifici rigorosi e pertanto si può senz’altro
affermare che relativamente ad essi non è mai stata data
alcuna dimostrazione certa. Un discorso particolare meritano
le stimmate, che rappresentano sicuramente una delle
manifestazioni più clamorose attribuite a padre Pio e ad altri
santi.
Le stimmate sono piaghe che apparirebbero sul corpo di persone
particolarmente devote che riprodurrebbero le ferite inflitte
a Gesù Cristo durante la Passione. Generalmente esse sono
localizzate sul palmo delle mani, sui piedi e sul costato. Non
mancano tuttavia localizzazioni differenti (ad esempio sulla
fronte, in corrispondenza della corona di spine di Cristo).
Secondo molti credenti esse sarebbero il segno tangibile di un
intervento diretto di Dio che vuole in tal modo manifestarsi
ai suoi fedeli più pii.
Se si vuole analizzare questo singolare fenomeno con occhio
critico [si veda, ad esempio: A. De Vincentiis, Estasi.
Stimmate e altri fenomeni mistici, Avverbi Roma 1999] e con
l’intento di fare chiarezza, la prima cosa da fare è
accertarsi dell’esistenza reale del fenomeno ed eliminare
tutti i possibili casi fraudolenti. In effetti sono noti
numerosi casi di stimmate autoinflitte con metodi artificiali.
Ad esempio, una mistica del trecento di nome Elisabetta di
Herkenrode venne sorpresa in diverse occasioni mentre si
feriva volontariamente per procurarsi i segni della Passione.
Un caso analogo è quello della coeva Lukardis di Oberweimar
che si feriva mani e piedi volontariamente. Non mancano veri e
propri giochi di prestigio. Ad esempio nel 1928, il tedesco
Paolo Diebel riusciva a lacrimare sangue procurandosi
preventivamente minuscoli fori invisibili nella congiuntiva.
Inoltre riusciva a far apparire false stimmate sulle mani
attingendo il sangue da una ferita alla gamba appositamente
realizzata e tenuta adeguatamente nascosta. Al di là degli
imbrogli, tuttavia, sembra che in alcuni casi le stimmate
compaiano spontaneamente sul corpo di alcuni mistici, anche se
l’apparizione delle stimmate non è mai sta osservata su
soggetti sottoposti a controlli accurati. Come abbiamo già
avuto modo di chiarire, la scienza non può dichiarare
inspiegabili questi eventi adducendo gratuiti interventi
soprannaturali e ha il preciso dovere di indagare il fenomeno
e di trovare una interpretazione naturalistica. Un utile
contributo può derivare dalla psichiatria, dalla psicologia e
dalla medicina psicosomatica. I casi più studiati e per i
quali l’ipotesi della frode volontaria appare meno probabile
sono quelli di Teresa Neumann (1898-1962) e di padre Pio
(1887-1968). La biografia di entrambi questi personaggi mette
in evidenza numerosi episodi di problemi di tipo psicosomatico
e di autolesionismo, che hanno preceduto il manifestarsi delle
stimmate. Gli psicologi parlano di nevrosi isterica per
indicare un grave stato psicopatologico che produrrebbe una
vasta sintomatologia sia psichica che fisica. In particolare
essa determinerebbe fenomeni di conversione, ovvero la
manifestazione fisica di conflitti psicologici. Se le tipiche
conversioni si manifestano con cecità, sordità e paralisi,
sembra comunque plausibile ipotizzare che esse determinino
pure fenomeni di vasocongestioni che possono dar luogo a
piaghe epidermiche localizzate in vari punti del corpo. Alcuni
studi sembrerebbero aver dimostrato che alcuni soggetti in
stati alterati di coscienza (ad esempio ipnosi) possono
effettivamente somatizzare alcune convinzioni (ad esempio, un
soggetto al quale sotto ipnosi era stata applicata su un
braccio una moneta a temperatura ambiente, facendogli però
credere che fosse incandescente, mostrò una piaga tipica da
bruciatura). Se l’origine di queste piaghe può essere
spontanea è tuttavia anche vero che i soggetti che le
posseggono possono in qualche modo contribuire al loro
mantenimento anche con mezzi puramente fisici. Ad esempio,
sembra abbastanza plausibile che padre Pio [sulla vita e
l’opera di padre Pio si veda l’opera critica: M. Guarino,
Beato impostore. Controstoria di padre Pio, Kaos, Milano 1999]
usasse tintura di iodio per impedire la rimarginazione delle
sue ferite (questo non significa necessariamente che fosse in
mala fede: potrebbe averlo fatto per prolungare la sofferenza
che, secondo lui, il Signore gli aveva inflitto). A favore
dell’origine psichica e comunque non sovrannaturale delle
stimmate vi è anche un’altra considerazione. Tutti gli
stimmatizzati del passato presentavano le piaghe sui palmi
della mano. Attualmente la maggior parte degli studiosi
(credenti e non) ritiene che sia materialmente impossibile
crocifiggere un uomo inchiodando le mani, poiché esse si
lacererebbero sotto il peso del corpo. Sembra ormai certo che
nell’antichità le crocifissioni avvenissero piantando i chiodi
nei polsi. Se le stimmate fossero inflitte direttamente da
Dio, sarebbe difficile giustificare una simile svista. Al
contrario se le stimmate, essendo di origine psichica,
derivano dalle convinzioni del soggetto e dalle credenze
diffuse nella sua epoca e nella cultura cui appartiene,
l’errore appare del tutto comprensibile.
Al di là del loro aspetto miracolistico, tuttavia le stimmate,
come del resto tutte le altre fenomenologie psicosomatiche,
rappresentano un interessante settore di indagine,
relativamente al quale la scienza medica deve percorrere
ancora parecchia strada.
Per concludere, penso possa essere utile al lettore il
seguente comunicato stampa, diffuso dal gruppo pugliese del
CICAP (Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni
sul Paranormale) in occasione della recente beatificazione di
padre Pio.
COMUNICATO DEL GRUPPO PUGLIA SU PADRE PIO
In occasione dall’avvenuta beatificazione di padre Pio e delle
numerosissime richieste di pareri pervenute al nostro Gruppo,
da parte di interessati all’argomento, il Cicap-Puglia (Gruppo
pugliese del Comitato Italiano per il Controllo delle
Affermazioni sul Paranormale) esprime la propria posizione
circa le manifestazioni paranormali attribuite alle vicende
del frate cappuccino Beato padre Pio da Pietrelcina.
Il nostro Gruppo non ha alcuna posizione né sulla figura del
Beato né sui fenomeni di fede, ma vuole dare la propria
versione, secondo razionali canoni scientifici, su quelle
manifestazioni mistico-paranormali considerate vere ma
inspiegabili da gran parte della comunità dei fedeli.
Innanzitutto, riteniamo che i presunti fenomeni di bilocazione
attribuiti al frate, siano la conseguenza di suggestioni,
illusioni ed errate interpretazioni da parte di testimoni che,
per motivi di fede, non hanno potuto formulare ed esprimere un
giudizio critico sulle proprie esperienze.
Lo stesso semplice argomento è perfettamente applicabile alle
presunte guarigioni miracolose. Esse sono presentate da molti
organi di informazione senza alcun criterio di controllo, con
il rischio di essere distorte e mal interpretate.
Su tali fatti, la medicina ha consolidate posizioni che
riconoscono nelle guarigioni “inspiegabili” meccanismi che non
hanno nulla a che fare con il sovrannaturale, ma che si
riferiscono a ben noti fenomeni, per l’approfondimento dei
quali rimandiamo alla letteratura medica specializzata.
Un commento certamente autorevole al di sopra di ogni
sospetto, ha recentemente fatto notare come il vero “miracolo”
di padre Pio sia stata la nascita e lo sviluppo, in territorio
arretrato e periferico, di un grande avanzato ospedale che
eroga quella assistenza che deriva proprio dalla medicina a
cui abbiamo appena fatto riferimento.
Inoltre, riteniamo che sia profondamente
diseducativo
attribuire al sovrannaturale altri eventuali avvenimenti che,
per la loro rarità e complessità , possono risultare tuttora
non spiegati o compiutamente conosciuti.
Infine, consideriamo le stimmate la conseguenza di processi
patologici (ad es. malattie infettive qualche decennio
addietro molto più diffuse che oggi, ovvero rare alterazioni
di emocoagulazione) magari in un contesto di forte reattività
psicosomatica e di ricorrenza di micro-traumatismi locali
protratti.
NOSTRO COMMENTO: Durante l’ipnosi, in psicoterapia, si sono
verificati casi di stimmate. E’ probabile che la nostra mente
durante un periodo di estasi produca stimmate. Voi che
pensate?
Le ustioni
USTIONI Fonte Video: RAI UNO
Fonte: www.saninforma.it
Cosa sono
Le ustioni sono lesioni provocate dagli effetti distruttivi
sulla pelle causati dal calore (fiamma libera, corpi roventi o
liquidi surriscaldati, raggi solari), da sostanze chimiche
(es. acido muriatico, ammoniaca) o dalla corrente elettrica.
In questa scheda si parlerà delle ustioni da calore mentre per
alcuni altri tipi di ustioni si rimanda alle rispettive schede
(Ustioni solari, Ustioni da sostanze chimiche).
La maggior parte delle ustioni da calore sono dovute al
mancato rispetto di elementari norme di sicurezza.
E’ importante:
non accendere fuochi con l’aiuto di liquidi infiammabili
come l’alcool;
prestare la massima attenzione in cucina quando in casa
sono presenti bambini piccoli che possono ustionarsi con
pentole d’acqua bollente, olio caldo ecc.
Come si manifestano
A seconda della gravità le ustioni vengono classificate in 3
gruppi:
Ustioni di 1° grado: sono le più lievi, con semplice
arrossamento, bruciore e dolore per contatto. Non sono
presenti vesciche. Guariscono rapidamente e non lasciano
cicatrici sulla pelle.
Ustioni di 2° grado: oltre allo strato superficiale
della pelle, viene colpito anche lo strato di tessuto
immediatamente sottostante. Sono molto dolorose e sono
presenti vesciche ripiene di liquido. Le ustioni meno
gravi cicatrizzano nel giro di qualche settimana, quelle
più profonde richiedono tempi più lunghi, spesso la
guarigione è difficile e restano cicatrici permanenti.
Ustioni di 3° grado: sono le più gravi in quanto
nell’area colpita la pelle è completamente distrutta in
tutto in suo spessore. Il loro aspetto è però spesso
meno impressionante delle ustioni di 2° grado. Non è
presente dolore per la distruzione dei recettori nervosi
e non ci sono vesciche. La guarigione richiede tempi
lunghi e lascia cicatrici permanenti (cheloidi) a volte
sfiguranti al punto da dover ricorrere ad interventi di
chirurgia plastica.
La gravità dell’ustione dipende inoltre dall’estensione, dalla
zona colpita e dalla causa che l’ha prodotta. Un’ustione di 3°
grado ma di piccole dimensioni non rappresenta un pericolo per
la vita. Al contrario, un?ustione di 2° grado molto estesa può
avere una prognosi molto grave.
Anche la zona colpita è importante, soprattutto se interessa
articolazioni o aree cutanee soggette a stiramento o parti
delicate. Le ustioni che interessano il viso, gli occhi, le
orecchie e i genitali richiedono sempre una valutazione
specialistica.
[flv:/wp-content/themes/mimbo2.2/video/USTIONI.flv 480 368]
Altri fattori che condizionano la gravità del danno sono il
tipo e il calore specifico dell’agente ustionante. In genere
le ustioni da liquidi sono più estese, quelle da solidi (per
esempio, la marmitta del motorino) localizzate ma più
profonde. Indipendentemente dall?estensione, sono considerate
”importanti” tutte le lesioni da caustici e da folgorazione
che vanno sempre sottoposte a osservazione medica.
È facile intuire l’importanza del tempo di esposizione.
Lesioni di uguale intensità (1° grado) sono provocate dal
contatto per 6 ore con temperature di 45°C, per 2 minuti a
51°C, per un solo secondo a 60°C. Il contatto di un solo
secondo con un corpo alla temperatura di 65°C è sufficiente a
determinare una ustione di 2° grado.
Quali sono i rischi
L’ustione può infettarsi. Nei casi più gravi può esservi
febbre, passaggio di batteri nel sangue e diffusione
dell’infezione ad altre parti del corpo. Particolarmente a
rischio sono i neonati e gli anziani sopra i 60 anni,
soprattutto se portatori di malattie croniche (per esempio, il
diabete).
Cosa si deve fare
Il primo soccorso ha come obiettivo quello di
raffreddare e detergere la zona ustionata. L’immersione
prolungata (almeno 10 minuti) in acqua fredda riduce
l’arrossamento e il gonfiore, diminuendo l’estensione
del danno e alleviando contemporaneamente il dolore. Se
la parte ustionata è coperta da indumenti, rimuoverli
con estrema attenzione: meglio tagliare la stoffa
piuttosto che sfilarli.
Le ustioni più lievi (1° grado) non richiedono
particolari interventi. Il più delle volte sono
sufficienti a ridurre il dolore impacchi ripetuti con
acqua fredda. Se questo non basta, può essere utile
l’applicazione di una crema anestetica (es.
Ortodermina), tenendo presente il rischio di possibili
sensibilizzazioni da contatto. Se il dolore è molto
intenso
si
può
far
ricorso
a
un
farmaco
antiinfiammatorio non steroideo con attività analgesica
come l’aspirina, l’ibuprofene (es. Moment) o il
diclofenac (es. Novapirina) oppure al paracetamolo (es.
Tachipirina) per via orale. In seguito, per lenire
bruciore e prurito residui, può essere impiegata una
crema cortisonica a bassa potenza come l’idrocortisone
(es. Lenirit), purché la cute sia integra e solo per un
breve periodo di tempo.
Le ustioni più gravi (2° grado superficiali) devono
essere deterse e disinfettate con una soluzione
antisettica a base di clorexidina (es. Neoxene),
clorossidante elettrolitico (es. Amuchina 10%) o
povidone iodio (es. Betadine) dopo aver asportato
eventuali frammenti di pelle distrutti dall’ustione.
Sconsigliate le tinture, le soluzioni di acido borico o
l’alcool denaturato.
Qualora si formassero delle bolle, queste vanno aperte
forandole con ago sterile (passato alla fiamma), facendo
defluire il liquido, senza però togliere la pelle che
forma il tetto della bolla. La pelle della vescica potrà
essere delicatamente rimossa dopo alcuni giorni
tagliandola con forbicine disinfettate con cura.
L’area va medicata con una garza grassa (es. Adaptic,
Jelonet, Non-ad), ricoperta con garza sterile e poi
fasciata con una benda, senza mai comprimere troppo la
parte colpita. Anche Fitostimoline e Connettivina garze
vanno considerate nulla più che semplici garze grasse:
non è infatti dimostrato il presunto effetto coadiuvante
dei processi riparativi tessutali dei principi attivi in
esse contenuti.
La medicazione all’inizio andrà rinnovata giornalmente
per rilevare l’andamento dei processi riparativi; in
seguito ogni 3-4 giorni sino alla guarigione che in
genere avviene in 2 settimane, disinfettando sempre
accuratamente la parte. L’accurata detersione e
disinfezione delle lesioni scongiura il rischio di
infezioni e rende inutile l’impiego di antibiotici
topici.
E’ importante ricordare che:
non si deve cospargere l’ustione di olio,
perché impedisce una accurata pulizia della
lesione e, ostacolando la dispersione di
calore, favorisce la macerazione della pelle
e fa aumentare il rischio di infezioni;
non impiegare creme antibiotiche senza aver
prima consultato il medico;
non impiegare acido borico, alcool
denaturato, sostanze coloranti, tutte
tossiche per le cellule.
Nelle ustioni più gravi (2° e 3° grado) il trattamento è
di pertinenza medica. Non applicare prodotti di alcun
tipo sull’ustione e far bere acqua se il soggetto
avverte sete intensa. Trasportare immediatamente il
soggetto ad un Pronto Soccorso.
quando rivolgersi al medico
Per tutte le ustioni di 2° e 3° grado.
Per le ustioni che interessano parti delicate del corpo,
come il viso o l’addome.
Se compare febbre elevata, sopra i 39° C.
In caso di ritardo nella guarigione nonostante gli
interventi effettuati.
In caso di infezione della parte ustionata.
Quando il paziente è anziano, è ammalato di diabete o è
un bambino al di sotto dei 3 anni di età.
NOSTRO COMMENTO: Chi ha un’ustione seria deve subito ricorrere
al medico
Le cicatrici
Riduzione delle cicatrici/ Fonte Video: RAI UNO
Fonte:www.chirurgia-plastica-estetica.it
Che cos’è una cicatrice?
La cicatrice è il tessuto che colma le ferite e le perdite di
sostanza dei tessuti e degli organi. Il tessuto cicatriziale,
infatti, si forma tutte le volte che si verifica
un’interruzione della continuità della cute (epidermide e
derma) in seguito ad un evento patologico o traumatico.
Esistono diversi tipi di cicatrici?
Esistono fondamentalmente due tipi di cicatrici patologiche:
il cheloide e la cicatrice ipertrofica.
Il cheloide è una vera e propria neoformazione, spessa,
arrossata, pruriginosa o dolente che ha origine da una
cicatrice, ma si sviluppa sempre oltre i confini della
cicatrice da cui deriva. I cheloidi si formano molto
raramente, possono comparire ovunque, ma si sviluppano
soprattutto a livello toracico in corrispondenza dello
sterno, sui padiglioni auricolari e a livello delle
spalle e sono più frequenti nella popolazione di colore.
La cicatrice ipertrofica spesso viene scambiata per un
cheloide, ma a differenza di questo il tessuto
cicatriziale in esubero rimane all’interno dei confini
della cicatrice che si presenta arrossata e rilevata.
Spesso si accompagna ad una sintomatologia pruriginosa e
talvolta a dolore locale.
Da quali fattori dipende la migliore o minore qualità di una
cicatrice?
La qualità delle cicatrici, sia che si formino per eventi
traumatici che in seguito ad interventi chirurgici, dipende in
larga parte dal modo in cui la cute di un soggetto tende a
guarire e in misura minore dal tipo di evento che ne ha
determinato la formazione e dalle precauzioni adottate durante
la fase di guarigione.
Le variabili che influenzano la formazione di una cicatrice
sono molteplici: in generale, i soggetti con carnagione chiara
hanno maggiore probabilità di presentare cicatrici di buona
qualità rispetto ai soggetti con carnagione scura
(mediterranea). Inoltre in alcune regioni del corpo le
cicatrici tendono per costituzione a risultare più evidenti,
come ad esempio nella regione toracica, dietro le orecchie e
sulle spalle.
Esistono tuttavia delle situazioni in cui la probabilità di
formazione di una brutta cicatrice sono indipendenti dalle
caratteristiche del soggetto, come nel caso di esiti
cicatriziali da ustione di II grado profondo o di III grado o
in seguito a traumi complessi.
[flv:/wp-content/themes/mimbo2.2/video/cicatrici.flv 480 368]
E’ possibile eliminare le cicatrici?
A differenza di quanto comunemente si pensi, le cicatrici sono
dei segni permanenti che non possono essere eliminati con
nessuna tecnica chirurgica, ma soltanto migliorate.
Quali trattamenti si possono effettuare per migliorare le
cicatrici?
Le cicatrici cheloidee e quelle ipertrofiche possono essere
migliorate sia mediante trattamenti medici che chirurgici.
Prima di ricorrere ad un intervento chirurgico di revisione
della cicatrice sono usualmente presi in considerazione tutti
gli altri possibili trattamenti medici volti a migliorare
l’aspetto della cicatrice, soprattutto nel caso di cicatrici
poco evidenti in cui l’intervento chirurgico potrebbe dare
scarsi risultati.
In ogni caso, prima di ricorrere ad un intervento di revisione
della cicatrice è necessario attendere circa un anno
dall’evento che ne ha determinato l’origine. Durante questo
periodo, infatti, la cicatrice va incontro a numerose
trasformazioni che la rendono molto evidente soprattutto nei
primi 3 mesi, fino a maturare e arrivare ad una conformazione
definitiva.
Quali sono i trattamenti medici e chirurgici utilizzati per
correggere le cicatrici?
I trattamenti medici della cicatrice sono:
Massaggio ripetuto più volte al giorno.
Compressione continua (ove questo risulti possibile).
Occlusione con fogli di gel di silicone o pomata con gel
di silicone.
Iniezione di cortisonici.
Dermoabrasione
Trattamenti laser.
Trattamenti con basse dosi di radiazioni.
I trattamenti chirurgici della cicatrice consistono nella:
Escissione “intralesionale”.
Escissione completa.
Il tipo di tecnica chirurgica adottata dallo specialista per
migliorare le cicatrici da trattare varia a seconda del tipo
di cicatrice, della sua ampiezza e dalla regione corporea
interessata.
Notevoli speranze di miglioramento sono riposte in una nuova
tecnica chirurgica che utilizza tessuto autologo (cellule
proprie) che prende il nome di Recell.
Le opzioni chirurgiche possibili devono essere discusse
esaurientemente con il paziente che deve conoscere con
precisione quali possono essere le sue aspettative di
miglioramento.
Quali trattamenti chirurgici sono indicati per le cicatrici
cheloidee e per quelle ipertrofiche?
I trattamenti chirurgici delle cicatrici variano a seconda che
si tratti di cicatrici cheloidee o ipertrofiche.
Il trattamento chirurgico del cheloide, a cui si giunge di
solito dopo una serie di tentativi con terapia medica, prevede
l’escissione cosiddetta “intralesionale” della formazione,
ossia senza la sua completa asportazione. Seguendo tale
tecnica è stato visto che la probabilità, comunque sempre
alta, che si riformi un cheloide delle stesse dimensioni si
riduce.
Il trattamento chirurgico della cicatrice ipertrofica prevede,
invece, l’escissione dell’intera cicatrice. Anche in questo
caso, comunque, la probabilità che si riformi una cicatrice di
qualità scadente è alta, essendo le caratteristiche soggettive
della
cute
del
paziente
l’elemento
determinante
nell’insorgenza di cicatrici patologiche.
Riduzione delle cicatrici
Che cos’è una cicatrice?
La cicatrice è il tessuto che colma le ferite e le perdite di
sostanza dei tessuti e degli organi. Il tessuto cicatriziale,
infatti, si forma tutte le volte che si verifica
un’interruzione della continuità della cute (epidermide e
derma) in seguito ad un evento patologico o traumatico.
Esistono diversi tipi di cicatrici?
Esistono fondamentalmente due tipi di cicatrici patologiche:
il cheloide e la cicatrice ipertrofica.
Il cheloide è una vera e propria neoformazione, spessa,
arrossata, pruriginosa o dolente che ha origine da una
cicatrice, ma si sviluppa sempre oltre i confini della
cicatrice da cui deriva. I cheloidi si formano molto
raramente, possono comparire ovunque, ma si sviluppano
soprattutto a livello toracico in corrispondenza dello
sterno, sui padiglioni auricolari e a livello delle
spalle e sono più frequenti nella popolazione di colore.
La cicatrice ipertrofica spesso viene scambiata per un
cheloide, ma a differenza di questo il tessuto
cicatriziale in esubero rimane all’interno dei confini
della cicatrice che si presenta arrossata e rilevata.
Spesso si accompagna ad una sintomatologia pruriginosa e
talvolta a dolore locale.
Da quali fattori dipende la migliore o minore qualità di una
cicatrice?
La qualità delle cicatrici, sia che si formino per eventi
traumatici che in seguito ad interventi chirurgici, dipende in
larga parte dal modo in cui la cute di un soggetto tende a
guarire e in misura minore dal tipo di evento che ne ha
determinato la formazione e dalle precauzioni adottate durante
la fase di guarigione.
Le variabili che influenzano la formazione di una cicatrice
sono molteplici: in generale, i soggetti con carnagione chiara
hanno maggiore probabilità di presentare cicatrici di buona
qualità rispetto ai soggetti con carnagione scura
(mediterranea). Inoltre in alcune regioni del corpo le
cicatrici tendono per costituzione a risultare più evidenti,
come ad esempio nella regione toracica, dietro le orecchie e
sulle spalle.
Esistono tuttavia delle situazioni in cui la probabilità di
formazione di una brutta cicatrice sono indipendenti dalle
caratteristiche del soggetto, come nel caso di esiti
cicatriziali da ustione di II grado profondo o di III grado o
in seguito a traumi complessi.
E’ possibile eliminare le cicatrici?
A differenza di quanto comunemente si pensi, le cicatrici sono
dei segni permanenti che non possono essere eliminati con
nessuna tecnica chirurgica, ma soltanto migliorate.
Quali trattamenti si possono effettuare per migliorare le
cicatrici?
Le cicatrici cheloidee e quelle ipertrofiche possono essere
migliorate sia mediante trattamenti medici che chirurgici.
Prima di ricorrere ad un intervento chirurgico di revisione
della cicatrice sono usualmente presi in considerazione tutti
gli altri possibili trattamenti medici volti a migliorare
l’aspetto della cicatrice, soprattutto nel caso di cicatrici
poco evidenti in cui l’intervento chirurgico potrebbe dare
scarsi risultati.
In ogni caso, prima di ricorrere ad un intervento di revisione
della cicatrice è necessario attendere circa un anno
dall’evento che ne ha determinato l’origine. Durante questo
periodo, infatti, la cicatrice va incontro a numerose
trasformazioni che la rendono molto evidente soprattutto nei
primi 3 mesi, fino a maturare e arrivare ad una conformazione
definitiva.
Quali sono i trattamenti medici e chirurgici utilizzati per
correggere le cicatrici?
I trattamenti medici della cicatrice sono:
Massaggio ripetuto più volte al giorno.
Compressione continua (ove questo risulti possibile).
Occlusione con fogli di gel di silicone o pomata con gel
di silicone.
Iniezione di cortisonici.
Dermoabrasione
Trattamenti laser.
Trattamenti con basse dosi di radiazioni.
I trattamenti chirurgici della cicatrice consistono nella:
Escissione “intralesionale”.
Escissione completa.
Il tipo di tecnica chirurgica adottata dallo specialista per
migliorare le cicatrici da trattare varia a seconda del tipo
di cicatrice, della sua ampiezza e dalla regione corporea
interessata.
Notevoli speranze di miglioramento sono riposte in una nuova
tecnica chirurgica che utilizza tessuto autologo (cellule
proprie) che prende il nome di Recell.
Le opzioni chirurgiche possibili devono essere discusse
esaurientemente con il paziente che deve conoscere con
precisione quali possono essere le sue aspettative di
miglioramento.
Quali trattamenti chirurgici sono indicati per le cicatrici
cheloidee e per quelle ipertrofiche?
I trattamenti chirurgici delle cicatrici variano a seconda che
si tratti di cicatrici cheloidee o ipertrofiche.
Il trattamento chirurgico del cheloide, a cui si giunge di
solito dopo una serie di tentativi con terapia medica, prevede
l’escissione cosiddetta “intralesionale” della formazione,
ossia senza la sua completa asportazione. Seguendo tale
tecnica è stato visto che la probabilità, comunque sempre
alta, che si riformi un cheloide delle stesse dimensioni si
riduce.
Il trattamento chirurgico della cicatrice ipertrofica prevede,
invece, l’escissione dell’intera cicatrice. Anche in questo
caso, comunque, la probabilità che si riformi una cicatrice di
qualità scadente è alta, essendo le caratteristiche soggettive
della
cute
del
paziente
l’elemento
determinante
nell’insorgenza di cicatrici patologiche.
Come si svolge la visita pre-operatoria?
Il trattamento chirurgico delle cicatrici è un intervento
molto personalizzato che, come tale, necessita di un’accurata
visita specialistica.
Durante la prima visita il chirurgo dovrà valutare la qualità
e le dimensioni della cicatrice e illustrarvi i risultati
estetici che è possibile concretamente ottenere.
Il chirurgo dovrà inoltre valutare le vostre condizioni di
salute per escludere la presenza di alterazioni (quali
problemi di coagulazione o di cicatrizzazione, pressione alta,
ecc.) che potrebbero influire sul risultato estetico
dell’intervento.
Al termine della visita il chirurgo, d’accordo con voi,
sceglierà la procedura chirurgica più indicata al vostro caso.
Prima dell’intervento riceverete istruzioni specifiche
relative
all’alimentazione
pre
e
post-operatoria,
all’assunzione di farmaci, alcool e sigarette.
Che tipo di anestesia viene praticata?
L’intervento chirurgico di revisione della cicatrice viene
generalmente eseguito in anestesia locale in regime di day
hospital ed ha una durata variabile in relazione alla
cicatrice da trattare.
Qual è il decorso post-operatorio?
Al fine di ottenere il miglior risultato possibile, è
importante che dopo l’intervento chirurgico di revisione della
cicatrice seguiate scrupolosamente tutte le indicazioni che il
chirurgo di volta in volta vi darà.
Nel periodo postoperatorio è consigliata l’applicazione di
presidi medici a livello della nuova cicatrice durante la sua
fase di maturazione al fine di ridurre al minimo la
possibilità della formazione di una cicatrice di cattiva
qualità.
Le modalità e i tempi di tali trattamenti vi verranno
illustrati dallo specialista in occasione dei controlli
ambulatoriali.
La ripresa di una normale attività è strettamente dipendente
dal tipo di intervento a cui sarete stati sottoposti.
Per semplici revisioni di piccole cicatrici effettuate in
anestesia locale, di solito già dal giorno successivo
all’intervento si possono riprendere le normali occupazioni
quotidiane.
Che tipo di risultato si può ottenere con l’intervento di
revisione della cicatrice?
Il risultato estetico varia dalla risposta del singolo
paziente ed è condizionato da diversi fattori (tipo di
carnagione, zona del corpo interessata, ecc.).
Il risultato è permanente e sarà definitivamente raggiunto a
distanza di circa un anno dall’intervento
NOSTRO COMMENTO: la decisione circa l’eliminazione di una
brutta cicatrice è un fatto strettamente personale lasciato,
ovviamente, alla libera valutazione del paziente stesso.
Il glaucoma
GLAUCOMA / Fonte Video: RAI UNO
Fonte: www.centroitalianoglaucoma.it
Con il termine glaucoma si indica un gruppo di patologie
caratterizzate da una progressiva perdita delle cellule
ganglionari retiniche , da un deficit funzionale
caratteristico (valutabile con l’ esame del campo visivo) e da
tipiche alterazioni anatomiche della testa del nervo ottico.
Il glaucoma può essere del tutto asintomatico fino alle fasi
più tardive della malattia . Si stima che la metà delle
persone affette da glaucoma non sappia di essere malata.
Il glaucoma è causato da numerose patologie o alterazioni
oculari, che nella maggior parte dei casi si associano ad una
aumentata pressione intraoculare (IOP), che è il principale
fattore di rischio per la malattia.
L’ ipertono oculare è causato da un’ alterazione dell’
idrodinamica dei fluidi oculari (umore acqueo) e nel tempo
provoca danni non reversibili al nervo ottico. Diviene quindi
di fondamentale importanza la diagnosi precoce e l’
impostazione del trattamento per preservare la funzione
visiva.
[flv:/wp-content/themes/mimbo2.2/video/glaucoma.flv 480 368]
L’ umore acqueo viene prodotto in continuazione dal corpo
ciliare, una piccola ghiandola situata dietro l’ iride;
riempie la camera anteriore, nutre la cornea e il cristallino,
e passa attraverso la pupilla dalla camera posteriore a quella
anteriore, dove defluisce a livello dell’ angolo formato da
iride e cornea. In questa zona è presente un tessuto spugnoso,
chiamato trabecolato, che è il punto di drenaggio dell’ umore
acqueo. Se il trabecolato, per cause primarie o secondarie, si
intasa, l’ umore acqueo non riesce più a defluire e, essendo
l’ occhio un sistema chiuso, la pressione intraoculare
aumenta.
L’ aumento della IOP causa danni alle fibre nervose retiniche
portandole alla morte . La perdita di cellule nervose causa un
lento e irreversibile calo della capacità visiva. La diagnosi
corretta e la terapia possono prevenire l’ infausto esito del
glaucoma.
Fattori di rischio e presentazione
Il glaucoma è la prima causa di cecità irreversibile al mondo
nei paesi industrializzati e risulta affetto il 2% della
popolazione. Grossi studi clinici controllati hanno fornito
importanti informazioni riguardo ai “fattori di rischio” per
il glaucoma, che sono:
Età
Sesso
Razza
Pressione intraoculare
Spessore corneale centrale
Struttura della papilla ottica
Miopia
Elevati livelli di ipermetropia
Ipotensione arteriosa
Familiarità
Fattori vascolari
Prolungata terapia con corticosteroidi
Non esiste (per ora) una cura definitiva per il glaucoma: la
perdita visiva non può essere recuperata, ma con una terapia
farmacologica o chirurgia, agendo sulla riduzione della IOP
(che ricordiamo è il fattore di rischio principale) si può
prevenire l’ ulteriore perdita visiva. Il glaucoma è una
condizione cronica e deve essere monitorata frequentemente per
tutta la vita, in quanto il quadro clinico può modificarsi
negli anni.
Nel glaucoma ad angolo aperto potrebbero non esserci sintomi.
La pressione intraoculare elevata, di solito, non da dolore.
La perdita visiva inizia alla periferia del campo visivo e
solo nelle fasi più tardive coinvolge la visione centrale. Il
miglior modo per proteggersi dal glaucoma è sottoporsi a una
visita oculistica e, se venisse diagnosticata la malattia,
iniziare subito la terapia.
Classificazione
Nell’ adulto il glaucoma si suddivide in :
– glaucoma ad angolo aperto (primario o secondario)
– glaucoma ad angolo stretto (primario o secondario)
Le due forme differisco per patogenesi e presentazione, ma
entrambe portano a una progressiva perdita dell’ acuità
visiva.
NOSTRO COMMENTO: La pressione alta, l’elevata miopia, la
pressione endoculare consigliano di approfondire la situazione
e, nel caso di riscontro di un glaucoma, farsi operare col
laser. L’intervento non desta preoccupazione.-
La cataratta
CATARATTA
Fonte: www.grvision.com.
Sono davvero notevoli i miglioramenti che la chirurgia della
cataratta ha avuto negli ultimi anni, grazie all’evoluzione
tecnologica. L’invasività è ridotta ormai ai minimi termini:
basti pensare che, se nei primi interventi era necessaria
un’incisione oculare di almeno cinque o sei millimetri, oggi
ne sono sufficienti solo due per rimuovere il tessuto alterato
e inserire la nuova lente artificiale. Questi progressi hanno
contribuito alla diffusione di questo intervento che oggi è
eseguito in oltre 550mila casi. Tra le varie tecniche, sta
vivendo una seconda giovinezza quella a ultrasuoni, che
recenti innovazioni hanno portato a un livello di
perfezionamento elevato. «Questa metodica, in assoluto la più
utilizzata al mondo, si avvale di uno speciale strumento a
punta, che l’ultrasuono fa vibrare, provocandone un movimento
che frantuma il cristallino», spiega il dottor Gianluca
Rubiolini, medico oculista presso l’Ospedale Moriggia
Pelascini di Gravedona (Como), www.grvision.com. «La novità
consiste nel fatto che oggi è possibile conferire a questo
strumento una multi-direzionalità, che gli consente di
eseguire non solo movimenti oscillatori antero-posteriori (a
mo’ di un pendolo), ma anche torsionali. L’intervento è quindi
estremamente mirato, la quantità di ultrasuoni emessa è
ridotta, l’impatto sull’occhio è minimo».
La tecnica a ultrasuoni trova indicazioni per tutti i tipi di
cataratta, dalle forme lievi alle più avanzate. Miglioramenti
significativi riguardano anche i cristallini artificiali: «Il
materiale plastico con cui sono realizzati, dapprima rigido,
col tempo è andato assumendo una consistenza sempre più
malleabile, tanto che oggi può essere praticamente iniettato
nell’occhio con un apposito strumento simile a una siringa,
per poi essere posizionato, una volta all’interno, in modo
definitivo», sottolinea il dottor Rubiolini. «Questo riduce
sensibilmente eventuali rischi o effetti collaterali,
accorciando notevolmente anche i tempi di riabilitazione. Il
recupero visivo è rapido, con una visione soddisfacente già
nelle prime ore postoperatorie».
Il fiore all’occhiello di questo tipo di chirurgia sono le
lenti intraoculari di ultima generazione: cristallini evoluti
in grado di contrastare anche difetti visivi preesistenti. Per
i pazienti che lo desiderano e che ne fanno richiesta, miopia,
ipermetropia e perfino astigmatismo possono essere corretti
durante la rimozione della cataratta. Infine, una speciale
lente multifocale permette di poter vedere da vicino,
eliminando l’uso degli occhiali». È importante poter lavorare
con tranquillità, studiando il paziente e valutando il tipo di
cristallino da utilizzare. Fondamentale la selezione del
Centro dove eseguire l’intervento.
Come funziona? Quanto Dura?
• L’operazione per eliminare la cataratta non richiede
alcun ricovero.
• Si esegue un anestesia topica che consiste
nell’applicazione di gocce di collirio anestetico.
• L’intervento dura, in genere, 20 minuti.
• Non è doloroso!
• Viene inserito un cristallino artificiale
sostituisce quello opacato.
che
NOSTRO COMMENTO: da come si può vedere e leggere sopra, chi
soffre di cataratta e vede offuscato deve andare subito a
farsi operare. L’intervento non desta alcuna preoccupazione e
risolve radicalmente il problema.
La prostata
IL TUMORE PROSTATICO/ FONTE VIDEO: RAI UNO
I pazienti ai quali è stato diagnosticato un tumore prostatico
necessitano spesso di informazioni relative al tumore e alle
opzioni di trattamento. Su queste pagine sono disponibili
moltissime informazioni utili. Per sconfiggere il tumore
prostatico, l’unica arma è la conoscenza. Lo scopo di
curaprostata.it è fornire informazioni ai pazienti affetti da
tumore prostatico e alle loro famiglie.
“Lei ha un tumore alla prostata”.
Nessun uomo vorrebbe sentirsi dire questa frase.
Il tumore alla prostata può incutere timore, ma se viene
diagnosticato allo stadio iniziale le possibilità di
sopravvivenza sono elevatissime. La scienza medica ha fatto
grandi passi avanti nella diagnosi del tumore prostatico e nel
trattamento di questa neoplasia.
Progressi nei trattamenti
Se viene diagnosticato un tumore prostatico, è necessario
prendere una decisione importante. Quale trattamento è
migliore per voi? Nel passato le comuni opzioni di trattamento
del tumore prostatico possono essere sembrate aggressive,
incerte oppure potevano avere effetti collaterali
preoccupanti.
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Per questi ed altri motivi, incluso il fatto che il tumore
prostatico tende ad avere una progressione lenta, alcuni
pazienti scelgono un atteggiamento di vigile attesa. Questo
comporta il monitoraggio sistematico della progressione della
malattia senza trattamenti specifici, tenendo sotto controllo
la possibile propagazione del tumore.
Fortunatamente, i progressi in campo tecnologico hanno portato
a miglioramenti nel trattamento. Attualmente, è disponibile
un’ampia gamma di trattamenti per il tumore prostatico. Nella
scelta del trattamento è opportuno individuarne uno che
consenta di combinare il miglior risultato possibile a effetti
collaterali minimi. Questo sito Web consente di confrontare i
vantaggi e gli svantaggi delle varie opzioni di trattamento.
(Fonte: http://myprostatecanceroptions.com/it/)
NOSTRO
COMMENTO:
dopo
la
mezza
età,
specie
se
esiste
familiarità, è bene fare con frequenza annuale un PSA per
accertarsi che tutto vada bene.
Esofago di Barrett
ESOFAGO DI BARRETT/Fonte Video: RAI UNO
L’epitelio di Barrett o esofago di Barrett è una metaplasia a
carico dell’epitelio esofageo, che viene sostituito con
epitelio colonnare. E’ una complicanza patologica
dell’esofago, in seguito a reflusso gastroesofageo (RGE).
In seguito al rilasciamento del cardias, il succo gastrico
acido, a contatto prolungato con l’esofago, origina una
modificazione dell’epitelio che tenta di difendersi
dall’acido.
Le cellule che sostituiscono il tratto di epitelio esofageo
che viene a contatto con il reflusso acido hanno
caratteristiche molto simili a quelle duodenali e
costituiscono l’esofago di Barrett.
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Tale patologia è spesso pre-cancerosa poiché questo epitelio
può andare incontro a incontrollata replicazione; questo
succede circa nel 2-5% dei casi.
NOSTRO COMMENTO: Attenzione al reflusso gastro_esofageo! Se è
persistente è bene fare accertamenti.
Scivolamento vertebrale.FONTE VIDEO: RAI UNO
SCIVOLAMENTO VERTEBRALE (Prof. Roberto BASSANI)
E’ una tecnica poco diffusa in Europa, ma che riscuote grandi
consensi negli Stati Uniti, dove è praticata comunemente: è la
discoplastica, una metodica consolidata e adatta a chi soffre
di degenerazione dei dischi vertebrali. Con la discoplastica
si torna subito efficienti dopo una ventina di giorni
dall’intervento, abbreviando di circa cinque volte i tempi di
recupero. E non è un fatto da poco, visto che solo nel nostro
Paese le persone con oltre quarant’anni che soffrono di
patologie dei dischi vertebrali sono migliaia. La
discoplastica rimette a posto la schiena a tempo di record
grazie a una protesi artificiale che restituisce la piena
mobilità al tratto lombare.
E’ questo a Bruxelles il tema centrale di “EuroSpine”, il più
importante congresso europeo dedicato allo studio e allo
sviluppo delle nuove tecnologie per il trattamento delle
patologie della colonna vertebrale. Gli specialisti europei,
ortopedici e neurochirurghi della colonna vertebrale, per
confermare l’efficacia della nuova tecnica lanciano uno studio
che coinvolge nove paesi. “La discoplastica è un intervento
che prevede la sostituzione del disco danneggiato con una
protesi artificiale – spiega Roberto Bassani, chirurgo
ortopedico e vertebrale della Divisione di Ortopedia e
Traumatologia diretta dal Prof. G.P. Jelmoni del IRCCS
Policlinico San Matteo di Pavia – la cui funzione è quella di
riprodurre meccanicamente nel modo migliore possibile il
movimento con caratteristiche simili ad un disco sano.”
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La mobilità del tratto lombare viene quindi mantenuta con
tempi di recupero estremamente brevi. I pazienti infatti sono
già in piedi il giorno dopo l’intervento e possono iniziare un
attività fisica moderata dopo soli 20-25 giorni
dall’operazione. I tempi di riabilitazione sono sensibilmente
ridotti rispetto a quelli richiesti dalla vecchia tecnica di
fusione, che richiede dai 4 agli 8 mesi. Requisito essenziale
per la riuscita dell’intervento è la selezione del paziente:
la discoplastica è adatta a persone tra i 30 e i 50 anni di
età, che soffrono di mal di schiena cronico, con una
degenerazione iniziale del disco vertebrale e che non sono
riusciti a risolvere il problema con la terapia conservativa e
presentano o meno la ben nota “sciatica” (lombosciatalgia),
riconducibile proprio alla discopatia degenerativa.
L’artoplastica, largamente usata da molti anni per l’anca ed
il ginocchio, è solo da poco impiegata per trattare la
malattia degenerativa dei dischi vertebrali a livello lombare
e cervicale. Ancora oggi infatti, per la patologia del disco
vertebrale, si ricorre ad interventi chirurgici tradizionali e
collaudati ma più invasivi. “La discoplastica – spiega il
professor Bassani – è una delle metodiche attualmente più
vicina alla normale fisiologia del tratto lombare”. L’esperto
spiega infatti che la colonna vertebrale è quanto di più
mobile ci possa essere in natura ed è per questo che la
ricerca tende a sviluppare sistemi di protesi e tecniche
chirurgiche che riproducano tale movimento. Spiega ancora
l’esperto:” Con la moderna tecnica si riducono anche il
sovraccarico e l’usura precoce dei dischi vertebrali
adiacenti, che la chirurgia di fusione tradizionale provoca
nei soggetti giovani”.
NOSTRO COMMENTO: Meglio la protesi che l’invalidità ed il
dolore.
Ernia cervicale.IN PIEDI IN POCHI GIORNI CON LA DISCOPLASTICA (R.Bassani)
Fonte: www.italiasalute.leonardo
Fonte Video: RAI UNO
ERNIA CERVICALE
Tornare subito efficienti dopo un intervento alla schiena,
abbattendo di 5 volte i tempi di recupero non più 4 – 8 mesi
ma appena una ventina di giorni. E’ quanto permette la
discoplastica, tecnica consolidata che trova molti consensi
negli Usa ma è ancora poco diffusa in Europa e in Italia,
nonostante nel nostro Paese ci siano migliaia di over 40 con
degenerazione dei dischi vertebrali. E’ questo il tema
centrale di ‘EuroSpine’, il congresso europeo più importante
dedicato allo studio e allo sviluppo delle nuove tecnologie
per il trattamento delle patologie della colonna vertebrale,
apertosi oggi a Bruxelles.
Grazie ad una protesi artificiale, questa tecnica rimette a
posto la schiena in tempi record, ridando piena mobilità al
tratto lombare. E gli specialisti europei, ortopedici e
neurochirurghi della colonna vertebrale, lanciano uno studio
per confermare l’efficacia della nuova … della nuova tecnica:
nove i paesi coinvolti. L’Italia partecipa con l’IRCCS
Policlinico San Matteo di Pavia.
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480
368]
“La discoplastica è un intervento che prevede la sostituzione
del disco danneggiato con una protesi artificiale, la cui
funzione è quella di riprodurre meccanicamente nel modo
migliore possibile il movimento con caratteristiche simili ad
un disco sano. La mobilità del tratto lombare viene quindi
mantenuta con tempi di recupero estremamente brevi. I pazienti
infatti sono già in piedi il giorno dopo l’intervento e
possono iniziare un attività fisica moderata passati soli
20-25 giorni dall’operazione. In altre parole si riducono i
tempi di riabilitazione, che con la vecchia tecnica di fusione
possono variare dai 4 agli 8 mesi – ha spiegato Roberto
Bassani, Chirurgo ortopedico e vertebrale della Divisione di
Ortopedia e Traumatologia del IRCCS Policlinico San Matteo di
Pavia.
Requisito essenziale per la riuscita dell’intervento è la
selezione del paziente: giovani tra i 30 e i 50 anni di età,
che soffrono di mal di schiena cronico, con una degenerazione
iniziale del disco vertebrale. Pazienti che, inoltre, non sono
riusciti a risolvere il problema con la terapia conservativa e
presentano o meno la ben nota ‘sciatica’ (lombosciatalgia),
riconducibile proprio alla discopatia degenerativa. Nel nostro
Paese solo pochissimi centri ospedalieri hanno effettuato
alcuni interventi, l’IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia è
sicuramente il Centro di Riferimento in questa specialità.
“Abbiamo avviato uno studio multicentrico che a livello
internazionale intende valutare su larga scala le indicazioni
ed i risultati di tale procedura chirurgica così da
identificare correttamente i potenziali pazienti ed utilizzare
al meglio tale tecnica – ha continuato Bassani – l’operazione
avviene in anestesia generale ed attraverso un incisione
anteriore sul basso addome. E’ indicata per quei soggetti
affetti da un vero e proprio invecchiamento prematuro del
tessuto discale che provoca “mal di schiena” cronico
resistente alle comuni terapie fisiche e farmacologiche”.
L’artoplastica è un intervento chirurgico per cui le parti
danneggiate di un’articolazione vengono sostituite con protesi
in materiale sintetico o leghe metalliche, grazie alle quali
l’articolazione riacquista la propria normale funzionalità.
Largamente usata da molti anni per l’anca ed il ginocchio, è
invece solo da poco impiegata per trattare la malattia
degenerativa dei dischi vertebrali a livello lombare e
cervicale. Ancora oggi infatti, per la patologia del disco
vertebrale, si ricorre ad interventi chirurgici tradizionali e
collaudati ma più invasivi come la fusione spinale, che
consiste nel bloccaggio, attraverso un sistema di viti,
placche e innesti, di due ‘corpi’ vertebrali risolvendo il
dolore attraverso l'”annullamento” del movimento che lo
genera.
“La discoplastica è certamente una delle metodiche attualmente
più vicina alla normale fisiologia del tratto lombare. La
colonna vertebrale è quanto di più mobile ci possa essere in
natura ed è per questo che la ricerca tende a sviluppare
sistemi protesici e tecniche chirurgiche che, in prima
battuta, riproducano tale movimento” continua lo specialista.
“Interventi che facciano ricorso a sistemi di fusione, che
bloccano i corpi vertebrali per risolvere il dolore, saranno
probabilmente la seconda scelta in quanto definitivi e senza
ritorno. Con la moderna tecnica si riducono anche il
sovraccarico e l’usura precoce dei dischi vertebrali
adiacenti, che la chirurgia di fusione tradizionale provoca
nei soggetti giovani”.
NOSTRO COMMENTO: Quando queste ernie diventano dolorose e
fastidiose, occorre affidarsi al chirurgo.
Ernia del disco
Fonte: RTV Reggio Calabria, riportiamo Medicina in diretta:
L’ernia del disco
è una affezione della colonna vertebrale consistente in una
rottura o uno sfiancamento dell’anello fibroso del disco e
conseguente dislocazione del nucleo polposo. La rottura o e lo
sfiancamento del disco sono abitualmente secondari ad una
degenerazione o invecchiamento del disco, fenomeno che parte
dalle cartilagini discali. Le ernie più frequenti sono quelle
lombari, seguite da quelle cervicali e da quelle dorsali.
Frequenti i casi di ernie multiple e di ernie famigliari.
Tutte le età possono essere affette da ernia del disco. la
protusione invece consiste nello schiacciamento da parte del
nucleo delle fibre dell’anello. Tuttavia ciò non comporta una
rottura delle fibre dell’anello stesso, come succede
nell’ernia, ma il suo schiacciamento, soprattutto a livello
del legamento longitudinale posteriore.
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NOSTRO COMMENTO: Il Dr Domenico Durante è un ortopedico di
Reggio Calabria che ognuno può consultare per avvalersi delle
nuove tecniche Chirurgiche mini invasive che spesso risolvono
i problemi legati all’ernia del disco.