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club milano
n. 34
Un viaggio fino a Capo Nord e una rinascita. Questo è Reaching the Cape, lavoro fotografico di Di Giovanni
Le botteghe di Milano? Alcune hanno una lunga storia alle spalle, altre sono più recenti. Tutte sono bellissime
Faso: «Il baseball? Passione complementare che mi ha donato la dimensione agonistica che manca alla musica»
Autunno è senz’altro il periodo migliore per visitare le Langhe, il regno dell’uva Nebbiolo e del tartufo bianco
settembre - ottobre 2016
Angela Missoni: «Siamo una grande
famiglia, i ricordi di infanzia sono
pieni di giochi con amici e cugini»
− pagina 16
Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - LO/MI 3,00 euro
editorial
La mezza stagione
Ci ho messo anni per capirlo: ciò che rende meravigliosa la nostra città è la sua “dimensione”, che unita alla storica laboriosità dei suoi abitanti e alla continua (talvolta
bulimica) voglia di rinnovarsi, rende Milano un laboratorio di esperienze praticamente unico. Né troppo grande né troppo piccola, Milano non ha l’estensione di
una metropoli europea, tantomeno mondiale, ma ha tutto ciò che serve per attrarre
chiunque e per non far mancare assolutamente nulla a chi ci vive. Esiste ancora la dimensione del quartiere: si può vivere l’atmosfera bohémien di Isola e in pochi minuti a
piedi tuffarsi nella modernità glamour di Porta Nuova. Si può passare in pochi minuti
dai romantici vicoli di Brera al jet set del quadrilatero della moda, dalla movida dei
Navigli all’atmosfera post industriale di Zona Tortona. Una tale varietà di ambienti
e situazioni in uno spazio così stretto e facilmente accessibile non lo ha nessun’altra
città. Per godere a pieno di tutto questo il milanese dovrebbe andare oltre il momento
dell’evento. La parola “evento” è forse il termine più abusato a Milano, al punto da
diventare un freno. Ci si muove solo se c’è un evento con il risultato che si perdono le
migliori occasioni per vivere gli spazi, le persone e le vere offerte culturali, di qualsiasi
tipo. Un momento fantastico dell’anno è quello che stiamo per affrontare: l’autunno,
la classica mezza stagione schiacciata da un’estate che sembra non finire mai e un
inverno sempre buono per le fughe in montagna. Terminata la settimana della moda,
senza la Design Week alle porte, senza grandi concerti, festival musicali o finali di
Champions League, l’autunno restituisce ai milanesi la città nel suo spirito più autentico. In autunno Milano è come una bellissima donna senza trucco, finalmente capace
di regalarti energie, e non solo di prosciugartele. Certo, la dimensione autunnale è
più intima, nascosta. È il momento della ricerca dei propri spazi e della selezione di
ciò che ci piace davvero. Ma spesso è anche bello perdersi, a caso, per scoprire luoghi
inaspettati che entreranno per sempre nella nostra personalissima playlist, un piccolo
tesoro di esperienze da far conoscere ad amici e persone care nei mesi a venire. Scoperta e condivisione. Milano sa essere anche questo.
Stefano Ampollini
4
contents
point of view
10
focus
Autumn in Milan
Tra le pieghe
di Roberto Perrone
di Roberto Perrone
inside
12
interview
Brevi dalla città
Faso
a cura di Elisa Zanetti
di Paolo Crespi
outside
14
focus
Brevi dal mondo
Guarda come dondolo
a cura di Elisa Zanetti
di Chiara Temperato
cover story
26
28
30
16
Angela Missoni
di Nadia Afragola
interview
32
Tullio Dobner
di Simone Sacco
bunch
36
Ebbrezza creativa
di Alessia Delisi
portfolio
20
Reaching the Cape
weekend
foto di Matteo Di Giovanni
Impossibile perdersi
di Carolina Saporiti
6
38
contents
wellness
40
overseas
Il benessere secondo Bacco
Forza della Natura
di Simona Lovati
di Andrea Zappa
style
56
42
Il pantalone italiano
della Redazione di Club Milano
style
44
Warmth of home
di Luigi Bruzzone
food
58
Amore d’Oltralpe
di Simone Zeni
food
design
48
Positive Mood
60
Luigi Taglienti
di Elisa Zanetti
di Marzia Nicolini
free time
wheels
50
L’elettrico che avanza
62
Da non perdere
a cura di Enrico S. Benincasa
di Carolina Saporiti
secret milano
hi tech
Salotto Hi-Tech
54
64
Metti una casa a zucca
di Marilena Roncarà
di Paolo Crespi
In copertina
Angela Missoni
8
point of view
roberto perrone
Giornalista e scrittore dalle radici “zeneisi” si è
occupato di sport, enogastronomia e viaggi al
Corriere della Sera. Ora è freelance. Il suo sito
è perrisbite.it. Il suo ultimo libro è Manuale del
Viaggiatore Goloso (Mondadori): guida da leggere
e consultare per mangiare e bere bene.
Autumn in Milan
«Non so se tutti hanno capito ottobre la tua grande bellezza / nei tini grassi come
pance piene prepari mosto e ebbrezza» (Francesco Guccini, Canzone dei 12 mesi).
È strano come la stagione dove tutto si riavvia, la stagione del vino, motore della
vita e della socialità, della ripresa di tutte le attività, dal lavoro alla scuola, venga
pensata e vissuta come una stagione crepuscolare, come l’inizio di una parabola
discendente. Massimo Montanari storico e docente, tra le altre materie, di Storia
dell’Alimentazione sottolinea che «la vendemmia, dal Medioevo a oggi, è anche
un momento fondamentale di coesione del mondo contadino, di festa». La vendemmia c’è già stata, ma questa è la stagione del vino, che comincia a maturare,
per le nostre ebbrezze. Forse allegrie sarebbe meglio. Perché allora consideriamo
l’autunno come qualcosa di negativo, qualcosa di privante? Mentre scrivo sento
l’aria più fresca (o comunque sento l’aria, perché fino a pochi giorni fa non c’era,
né fredda, né calda) che entra dalla mia finestra. Forse è questo, forse sono le foglie
morte che si accumulano nei viali, i colori che si fanno più scuri, la gente intristita
perché le vacanze sono finite, quelle al sole, quelle che pretendono vestiti leggeri,
costumi da bagno, pedule e zaini, per il mare o per i monti. Per molti l’autunno
è la stagione del ritorno alla routine. Ma quindi il problema non è la stagione, è
considerare gran parte della nostra vita una routine, non amare quello che si fa,
per una ragione o per l’altra. Allora l’autunno non è una stagione crepuscolare,
decadente per se stessa, ma per come la viviamo. L’autunno è stagione bellissima,
è l’atteggiamento con cui si affrontano i momenti della vita a farcelo comprendere
oppure no. L’autunno è un passaggio entusiasmante, a me ha sempre affascinato
il senso della ripartenza, la città che si riempie, la gente che ritorna ad affollare le
strade, il riprendere la propria vita. Non ho mai vissuto l’autunno come un momento periferico, anzi. L’ho sempre associato a una strada che attraversa una campagna dove i colori dominanti sono il rosso, l’ocra, il giallo, il marrone e il viaggio
è il senso del tutto. Sotto questo aspetto, Milano sta vivendo un grande autunno,
la città vibra. Negli ultimi due anni è cambiata e sta cambiando ancora, sotto i
nostri occhi. E d’autunno la ripartenza della metropoli è ancora più evidente. Posti
nuovi, case nuove, insegne nuove, iniziative nuove. Tutto riprende e si rinnova. Ho
appena finito di leggere un’intervista a Cristiana Capotondi, romana diventata
milanese per amore. All’inizio sentiva nostalgia di Roma, poi Milano l’ha travolta.
Milano è così, scrosti la sua patina di grigio e di riservatezza e scopri una città che
sa accoglierti e stimolarti. Basta solo star lontani dal suo lato isterico. Ma questo
vale per qualsiasi stagione e per qualsiasi posto.
Roberto Perrone
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INSIDE
The English Boutique
Rinfrescare il proprio business english in modo rapido ed
efficace attraverso conversazioni su temi specifici, video,
traduzioni e test di verifica. The English Boutique, la scuola di
soli insegnanti madrelingua di via Costanza, 3, ha lanciato BeeEng Smart, un nuovo corso dedicato alle imprese e al mondo
del lavoro per aiutare i professionisti a migliorare le proprie
competenze linguistiche.
www.theenglishboutique.it
Nutrimento per l’anima
Probabilmente qualcuno ha cercato di afferrarli immaginando fossero veri, gli iperrealistici frutti e vegetali creati da Giuseppe Carta ed esposti a Germinazioni. I diari della Terra, la
prima mostra tenutasi nella sede milanese di Eataly, in piazza
XXV Aprile. Ideata da Arte Contemporanea Italiana, l’esposizione di oli su tela e sculture in bronzo ha reso omaggio alla
biodiversità dell’Italia, mettendo in scena lo stretto rapporto
fra cibo e arte, nutrimenti per il corpo e per l’anima.
www.eataly.net
Pronti, partenza, via…
Avrà tutta la classe di Armani la prossima
edizione della Milano Marathon, il grande
evento sportivo che si svolgerà il 2 aprile e per il
quale sono già aperte le iscrizioni. EA7 Emporio
Armani sarà title e technical sponsor e realizzerà
le maglie tecniche che i runner indosseranno
per i 42 km del percorso. Amata dai milanesi,
nell’ultima edizione la maratona ha visto ai nastri
di partenza 20mila atleti.
www.milanomarathon.it
Into the Finnish forest
Provengono dalla foresta finlandese di Isokyrö
e sono interpretati da Jussi Vijala della distilleria
Kyrö, i gin di segale che Björk Swedish Brasserie
– al 20 di via Panfilo Castaldi – ha da poco inserito nel menu. Assaggi della cucina di Bjork, dalle
aringhe marinate al caviale nordico di coregone,
sono stati elaborati in sintonia con il gin, per
accompagnarne al meglio la degustazione.
www.bjork.it
Cambio casa…
Nuance, profumi e consistenze materiche sono
gli ingredienti che l’interior designer e consulente immobiliare Andrea Castrignano usa per
delineare nuovi paesaggi domestici. Conosciuto
al grande pubblico per la conduzione del programma televisivo Cambio Casa, Cambio Vita!, il
designer aspetta chi avesse voglia di portare una
ventata di novità fra le pareti domestiche nel suo
studio in via Adige 11.
www.andreacastrignano.it
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outSIDE
Lightness
Al galoppo!
Leggerezza è la parola chiave della
nuova collezione autunno inverno di
Herno. Il classico bomber di piuma è
proposto con caratteristiche tecniche
che lo rendono ancora più performante: il nylon, di soli sette denari, è il più
leggero al mondo, mentre l’imbottitura
è un mix di piuma d’oca e tecnica che
rende il capo waterproof. I capispalla
sono disponibili sia nella versione
maschile sia femminile.
www.herno.it
Le candeline da spegnere sono ormai 118. 750
gli espositori provenienti da tutto il mondo, oltre
200 gli eventi tra competizioni sportive e spettacoli e 3mila gli eleganti quadrupedi protagonisti.
Fieracavalli ritorna a Verona dal 10 al 13 novembre per parlare ancora una volta del mondo del
cavallo e dell’affinità naturale che da millenni lega
l’uomo a questo meraviglioso animale.
www.fieracavalli.it
Tra i filari della Franciacorta
Natura e buon vino, queste le parole chiave del Festival del
Franciacorta in Cantina, che si è tenuto il weekend del 17 e 18
settembre. Settantasei cantine hanno aperto le loro porte, pronte
a svelare i segreti dei vitigni Chardonnay, Pinot Nero e Pinot
Bianco e a far degustare le tipologie di Franciacorta. Spazio anche
allo sport, con itinerari in bicicletta e trekking in vigna.
www.franciacorta.net
Instant design
Quest’estate Spotti Milano ha aperto le porte
del rinnovato spazio in viale Piave con Instant
Panorama, il nuovo allestimento che ha consolidato la direzione creativa di Studiopepe. Instant
Panorama racconta un interno sofisticato che
sembra esistere fuori dal tempo e nel quale luci,
colori e texture si uniscono in una sottile armonia, frutto del dialogo continuo tra riferimenti alla
tradizione e al design contemporaneo.
www.spotti.com
La donna che legge
È stata inaugurata da poco La donna che legge, mostra che
indaga il rapporto di Gabrielle Chanel con letteratura e scrittori. Svelata per la prima volta, la biblioteca di Mademoiselle
Chanel rivela una fervida lettrice e mette in luce l’influenza
che la lettura ha avuto sulle sue creazioni. Libri, fotografie,
quadri, oggetti d’arte e creazioni di moda saranno esposti
fino all’8 gennaio presso Fondazione Musei Civici di Venezia,
Ca’ Pesaro–Galleria Internazionale d’Arte Moderna.
www.chanel.com
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Cover story
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Cover story
ANGELA MISSONI
IL CAPITALE UMANO
Angela Missoni ha sempre sognato una sola cosa: fare la mamma.
La più giovane dei tre figli di Ottavio e Rosita non è entrata subito
nell’impresa di famiglia, ma ha coltivato altre passioni negli anni, si
è sposata e ha avuto tre figli. Nel 1992 ha deciso di occuparsi di moda
e finalmente nel 1997, con la “benedizione” di mamma Rosita, ha
lanciato la sua prima collezione. Oggi è l’unica designer del brand di
maglieria più famoso del mondo
di Nadia Afragola
Missoni è uno dei pochi marchi della
moda italiana che può vantarsi di essere
ancora al 100% un family business. Dalla sua fondazione al boom degli anni
Ottanta, il testimone è passato da una
all’altra generazione e oggi il successo è
stato riconosciuto anche con una mostra, Missoni Art Colour, allestita prima al Museo Maga di Gallarate (città
dove tutto è iniziato) e poi al Fashion
and Textile Museum di Londra. Nato
come piccolo laboratorio tessile a Gallarate, Missoni si spostò poi a Sumirago, sempre in provincia di Varese, dove
ancora oggi ha sede l’azienda: era il
1953 quando fecero la loro comparsa
le maglie con fantasia a righe e a zig
zag. A capo di tutto Ottavio Missoni,
il fondatore, e la moglie Rosita Jelmini
che disegnò gli abiti fino al 1997, anno
in cui passò il testimone alla figlia Angela, oggi unica designer di tutte le linee. È la storia di una famiglia italiana,
quella che ci racconta in queste pagine
Angela, la storia di una maison dove figli e nipoti hanno spesso posato per le
pubblicità del marchio. Ma è anche la
storia di chi ha reso importante la settimana della moda di Milano. Forse non
tutti lo sanno, ma fu proprio il marchio
di Varese, nel 1966 a sfilare, per la prima volta, al Teatro Gerolamo portando
così il prêt-à-porter a Milano.
Angela, che ricordi ha della sua infanzia?
Ricordi felici, di giochi sempre in compagnia di altri bambini, tanti bambini! Siamo una grande famiglia, quindi
c’erano i miei fratelli, i miei cugini e
molti, moltissimi amici. Ognuno invitava i suoi, si “condividevano” e così
coltivavamo relazioni diverse, che sono
non di rado sopravvissute al tempo e
restano amicizie ancora oggi. Poi c’erano le lunghe vacanze al mare, in una
piccola isola della Dalmazia dove per
molti anni i miei hanno affittato una
casa. Non c’erano né gas, né elettricità,
né acqua corrente... Si viveva all’aria
aperta, immersi nell’acqua del mare,
cuocendo alla griglia sugli scogli i pesci
spesso pescati da noi, bevendo e cucinando con l’acqua dolce del pozzo.
Erano giornate lunghissime trascorse
all’aperto, erano gioiose, avventurose,
sempre con il rumore delle cicale nelle
orecchie, in compagnia dei miei fratelli
e dei miei genitori, ma anche dei tanti
parenti e amici di passaggio. C’erano
ospiti che andavano e venivano, rallegrando le tavolate a cena, illuminate
con candele e lampade a petrolio.
Sapeva già cosa voleva fare da grande?
Principalmente la mamma: avere e
crescere dei figli è sempre stato il mio
più grande sogno, il mio più ambizioso progetto. Poi direi che, in generale,
ho avuto aspirazioni e occupazioni
diverse, rivolte tutte però nella stessa
direzione, ovvero a ridisegnare l’esistente. Avrei voluto fare l’architetto.
O altrimenti, la progettista di spazi,
arredi e prodotti per l’infanzia, mirati a ottimizzare il lavoro dei genitori e
la qualità di vita e gioco dei bambini.
E ancora, l’imprenditrice nell’ambito
delle colture organiche e dei prodotti
biologici. Ovviamente anche la moda è
sempre rientrata nei miei interessi: parliamo di un linguaggio e di un punto di
vista estetico inalienabile, di un sogno a
360 gradi, quello di cui parlavo prima,
ridisegnare l’esistente...
Per anni si è rifiutata di lavorare
con i suoi genitori. Dopo una breve
esperienza a 18 anni come assistente
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Cover story
di sua madre, presa da una crisi di
rigetto ha lasciato l’Italia. E poi cosa
è successo?
Non mi sono mai “rifiutata”. Ho lavorato da quando avevo 19 anni nei periodi
di vendita, per avere un’indipendenza
economica, riuscendo così nello stesso
periodo ad andare ad abitare da sola.
Non mi sono mai trasferita del tutto all’estero. Ho lavorato, in seguito,
come assistente di mia madre in atelier,
dai 23 anni ai 28 anni, e poi ho avuto
i miei tre figli… Ed è proprio in quel
periodo, quando sono stata a casa con
loro, che mi sono dedicata a progetti
diversi e ho cominciato a pensare che
potevo orientare la mia vita al di fuori dell’azienda. I miei genitori non mi
hanno mai forzata a lavorare con loro,
e questo discorso è valso anche per i
miei fratelli: abbiamo tutti iniziato in
maniera quasi naturale. Poi, quando ho
capito bene il costo emotivo e psicologico che poteva avere su di me un’interazione quotidiana, fianco a fianco con
il talento, l’esperienza e la determinazione imprenditoriale di mia madre
Rosita e di mio padre Ottavio che vedevano molto lungo, mi sono informalmente prospettata un’alternativa.
Un’alternativa… In che senso?
Il nome e l’assetto imprenditoriale di
Missoni sono come una grande cupola sotto la quale possono confluire
e convivere attività diverse: Missoni
non sono solo vestiti da indossare. Ho
iniziato a pensare a qualcosa che fosse completamente concepita e controllata da me. Così, senza pressioni
né imposizioni, mi sono sentita libera
di prendere o lasciare, libera di confrontarmi con un piano tutto mio o di
non farlo, o di non fare. Ho accettato
gli spunti che arrivavano dall’esterno,
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dapprima ho cominciato a occuparmi
di nuovi progetti per Missoni, ad esempio la linea bambino, la profumeria, la
pelletteria. Poi sono passata a impostare il progetto di brand identity che non
era mai esistito fino a quel momento.
È solo in seguito che ho capito che era
la moda il vero ambito all’interno del
quale avrei voluto esprimermi. È nata
così la linea Angela Missoni: pezzi in
maglia, tendenzialmente in tinta unita.
Quello è stato per me un importante
punto di partenza. Il modo vero con
cui ho iniziato a comunicare con mia
madre sullo stesso piano a livello lavorativo, creativo e professionale. Le sono
piaciuta e a un certo punto, guardando
una mia collezione, ha detto: «Questo
è quello che Missoni dovrebbe essere
oggi» e mi ha passato le redini creative
dell’azienda.
È vero che ha provato anche ad allevare polli?
Sì, era una delle idee che avevo relativamente alle colture e agli allevamenti
biologici di cui le ho parlato prima.
Cos’è la moda per lei?
Un gioco combinatorio che coinvolge istinto, cultura e innovazione. Una
personale, e libera, appropriazione e
interpretazione di dati, stilemi, spunti
formali, elementi decorativi, contenuti estetici. La mia concezione della
moda implica, alla pari, memoria e
ricerca, passato e contemporaneità,
norma e trasgressione, provocazione e
sense of humour. Ho avuto la fortuna
di ereditare un linguaggio esclusivo e
immediatamente universalmente riconoscibile, che può mutare all’infinito,
esprimere significati diversi, interpretare e improntare il tempo.
Nell’aprile del 1967 Missoni presentò la nuova collezione a palazzo Pitti
a Firenze, facendo sfilare le modelle
senza reggiseno. Fu uno scandalo. Da
allora quanto è cambiato il modo di
fare scandalo in passerella?
Non ridurrei l’episodio a uno scandalo,
lo chiamerei piuttosto un’idea di comunicazione, allora forse involontaria
o completamente mirata a valorizzare
e spettacolarizzare i modelli... Fu un
gesto o una scelta d’amore, contestualizzata in un periodo di grandi ideali stilistici e di autentica fiducia nel
nuovo. Direi che eravammo di fronte
a un’idea di comunicazione che ha precorso il tempo, visto che oggi il come
è diventato più importante del cosa.
Abbiamo vissuto, a partire da quegli
anni, la destabilizzazione di un rito
codificato come la sfilata che, da Yves
Saint Laurent a Jean Paul Gaultier o
da McQueen a Tisci, non ha conosciuto né limiti, né alcuna censura. E dal
1967 a oggi ha comunque avuto come
suoi principali focus i cliché o i ghetti
della bellezza e della sessualità, i teatri
del mostrare e del celare, dell’essere e
dell’apparire.
La collezione autunno inverno 201617 che ha interamente disegnato è una
delle migliori collezioni di sempre, a
detta dei critici. Da dove arriva l’ispirazione?
Ho voluto riscoprire l’essenzialità, la
linearità del knitwear e lo spirito del
tempo che quella moda ha generato.
C’è una traccia ideale, ricordata a memoria, di anni che, tra Settanta e Ottanta, ha visto trionfare la libertà di
essere, sedurre, trasgredire. C’è la leggerezza di un vestire fatto di scelte e
accostamenti informali, personali, stridenti, sbagliati, inaspettati. Il trionfo di
capi che il tempo ha reso transgenerazionali, epocali passepartout come la
Cover story
giacca maschile, il giubbotto smanicato, il giaccone o il cappotto extra lungo, ecc... Tanti modelli codificati, facili,
corti e lunghissimi, ampi e slim, veloci
da indossare e accostare, che sono stati
declinati con le texture, i punti, i colori e i riflessi straordinari del lurex di
Missoni XXI secolo. Convivenze estreme di pattern storici, inedite bande,
striature melange e nuovi cromatismi.
Memoria e soluzioni esclusive, innovative. Il perfetto incontro di questi due
aspetti direi che è la chiave del successo Missoni di oggi.
Molta maglieria, come da tradizione, senza rinunciare a look divertenti
e sexy. Come si evita di dare una stagionalità precisa ai capi?
La maglia è divertente, la maglia è sexy.
È longeva e versatile. È moda da colle-
zione, fatta di pezzi che puoi riprendere, interpretare, ricontestualizzare
stagionalmente, illimitatamente. Basta
non perdere di vista tutto questo.
Con questa collezione ha rievocato
lo stile degli anni Settanta, il periodo di maggior successo del marchio.
Quelle righe iconiche e un certo zig
zag come fanno a non passare mai di
moda?
Mio padre scherzava dicendo: «Ci copiano da tremila anni!». Le righe e gli
zig zag non sono infatti delle esclusive Missoni. Prima di essere e diventare delle iconiche signature del nostro
brand, rappresentano dei prodromi
estetici, dei paradigmi della cultura
tessile. Diciamo che i miei genitori
hanno saputo tradurre questi pattern
in un linguaggio moda. I “nostri” ac-
costamenti e le “nostre” scansioni cromatiche trasfigurano all’infinito righe e
zig zag e li trasformano in proposizioni
di tendenza, in motivi della moda che
non smettono di evocare e rimandare a
un passato indefinibile, perfettamente
postmoderno. Un passato contemporaneo… Ecco!
Quella di Missoni è la storia di una
famiglia che è sempre stata molto unita. Si fa tanto parlare oggi di famiglia
in Italia. Cosa ne pensa in merito?
Sono cresciuta con il culto della famiglia trasmesso a tutti noi da mia madre
Rosita. E della famiglia sono a totale favore. Tuttavia non è una cosa così facile
come si può pensare, ma rappresenta
un’incontestabile forza, una risorsa e
un capitale inestimabile. Dategli valore, sempre.
19
Portfolio
REACHING THE CAPE
Un lavoro fotografico realizzato a fine 2015, un viaggio on the road, da Milano a Capo
Nord e ritorno. Un percorso di scoperta, rinascita e speranza per Matteo Di Giovanni
che, nel 2011, ha subito l’amputazione di una gamba a causa di un incidente in BosniaErzegovina. Sostenuto da sponsor e da una campagna di crowdfunding su Kickstarter,
con “Reaching The Cape” Matteo ha ripreso il suo percorso professionale. Ogni viaggio
è innanzitutto un’occasione di crescita interiore e l’autore ha provato che nella vita esistono
limiti, ma non confini. Il viaggio è durato due mesi e le fotografie sono state scattate solo
in analogico privilegiando un linguaggio tradizionale. La direzione artistica del lavoro
è di Micamera e ha visto, tra i suoi più importanti sostenitori, New Old Camera, lo
storico negozio di fotografia nel cuore di Milano, punto di riferimento per fotografi
professionisti e amatori, da sempre impegnato nella divulgazione della cultura
fotografica. www.newoldcamera.com
foto di Matteo Di Giovanni
20
Portfolio
In questa pagina.
In alto, Strandby,
Denmark. Sotto, Apple
Juice Stand, Norway.
Nella pagina a fianco.
Germany. La
commistione tra
aspetto tecnologico e
aspetto artigianale è
il cuore del progetto,
l’elemento che avvicina
la protesica alla
fotografia analogica
21
Portfolio
In questa pagina.
Alta, Norway. Nella
pagina a fianco. The
Last House Before
North Cape. Il
progetto rappresenta
una rinascita e una
riappropriazione
di tutto quello che
a un certo punto
sembrava perduto
per sempre. Una
storia profondamente
personale che viene
raccontata attraverso
una serie di ritratti,
paesaggi e interni
22
Portfolio
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Portfolio
matteo di giovanni
Classe 1980, è fotografo documentarista. Attualmente vive a
Milano. Ha frequentato un master in Fotografia all’Università
di Westminster nel 2012. Dopo un grave incidente stradale in
Bosnia-Erzegovina, ha ripreso a pieno la sua attività. Si occupa di
progetti relativi a problemi sociali e antropologici, concentrandosi
sui temi della memoria e dell’identità. È coinvolto nel progetto
Officine Fahrenheit, dove collabora con lo stampatore Gianni
Romano. Foto di Ryuichi Watanabe. www.matteodigiovanni.com
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Portfolio
In questa pagina.
In alto, Åland
Photographic Museum,
Finland. In basso,
Driving through. Nella
pagina a fianco. Åland
Islands, Finland. Questo
viaggio è una metafora
dell’esperienza di
Matteo. Allontanandosi
progressivamente
dalle aree popolate si
addentra in una terra
quasi disabitata, per poi
fare ritorno ai luoghi
conosciuti
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FOCUS
Tra le pieghe
Alcune hanno una lunga storia alle spalle, altre sono più recenti. Sono
le bellissime botteghe di Milano che resistono grazie alla qualità dei
prodotti che offrono e alla passione dei loro proprietari
di Roberto Perrone
INDIRIZZI
Gastronomia Bonardi
viale Umbria 27
Panificio Davide Longoni
via Tiraboschi 19
Pregiate carni piemontesi
via dell’Annunciata 10
Pasticceria Migliavacca
via Ajaccio 3
La Martesana
via Cogliero 14
01
01. La vetrina della
macelleria aperta da
Ercole Villa, oggi è
gestita da Mauro Brun
e Bruno Rebuffi
26
Sono ancora aperte, come un tempo, le botteghe
di una volta. Per fortuna. Magari cambiate, forse
ristrutturate, qualcuna aperta recentemente dalla
meglio gioventù che, però, ha conservato lo spirito degli antichi, qualità e umanità, anche ruvida.
Sapore di Milano: eccellenza e carta vetrata. Uomini e donne, perché la forza di una certa idea di
Milano sono le persone. Piero Bonardi apre la sua
salumeria-gastronomia il 2 gennaio del 1973, un
ragazzino, praticamente, come sua moglie Anna,
dopo varie esperienze (cucina anche per la Nazionale di pugilato, come testimoniano le foto alle
pareti) e dopo aver attraversato le classiche salumerie milanesi, da Peck al Salumaio di via Montenapoleone. «Qui, al mio primo stipendio, per poco
non svengo. Una cifra esorbitante. Sono ricco,
penso. Ma si erano sbagliati, quel Bonardi era il
direttore. Si chiamava come me». Il segreto di una
grande bottega è la fedeltà. Reciproca. Il commerciante offre qualità, la clientela continuità. Ci sono
persone che vengono qui da 43 anni. Ovviamente si cambia, la cucina si ampia, quinoa o bulgur
solo dieci anni fa erano praticamente sconosciuti.
I gusti e i tempi cambiano. «Meno bonarda e più
champagne». La cantina, 200 etichette, è curata
dal figlio Marco. Molti piatti di verdure, pesce al
vapore. Una giusta evoluzione. Però restano insuperabili i classici: dall’insalata russa ai risotti, poi
i grandi stagionali, la cassoeula, i mondeghili, le
tradizionali polpette milanesi, difficili da trovare
così buone. Aperto la domenica mattina, il giorno
della paella, vera, ricca, ordinare per credere.
Non distante, diverso per età e percorso, ma simile
per dedizione, entusiasmo e qualità c’è il negozio
di Davide Longoni. Davide è arrivato a Milano
seguendo il suo senso per la farina (anche il suo
libro ha questo titolo). La sua era una famiglia di
fittavoli, poi piccoli proprietari terrieri che fecero
un gruzzolo vendendo le terre diventate edificabili. I nonni rilevarono un panificio, ma Davide,
prima di mettere le mani in pasta, ha fatto la sua
strada: geometra, laurea in lettere, uno stage da
Contrasto a occuparsi di foto e fotografi. Quindi il
ritorno a casa e, infine, l’atterraggio a Milano. Oltre a questo negozio - con un dehors che qualcuno
ha definito newyorchese - si è inventato, con alcu-
FOCUS
02
03
ni soci, il nuovo Mercato del Suffragio. Il suo pane
viene dalla storia e anche dalla geografia, materie
amate all’università. Ci sono profumi e fragranze
di una volta: dai cereali alle olive, dal pane con
l’uvetta a quello di segale fino a quello con i grani
antichi. Ricerca ed evoluzione riportano al gusto
di un tempo. Quello del pane che non mancava
mai sulle nostre tavole. Un tempo le macellerie
a Milano erano 1300, ora ne restano 300. In diminuzione. Un po’ i nuovi stili alimentari, in senso buono, tesi al migliore equilibrio dietetico, un
po’ il terrorismo salutista in senso cattivo, di certe
mode-tendenze che mentono sapendo di mentire.
A Milano c’era, e per fortuna c’è ancora, una grande tradizione. E resiste la più celebre macelleria
della città, Pregiate Carni Piemontesi aperta da
Ercole Villa. Un tempio per i patiti della “ciccia”.
Ercole è andato in pensione, ma la bottega non ha
chiuso. Anzi ha ripreso intensità con i nuovi titolari, Mauro Brun e Bruno Rebuffi, allievi divenuti
eredi. I due si dividono tra la macelleria originaria, l’Annunciata dove è rimasto Mauro e quella
che fu di Ercole, dove opera Brunetto. Amicizia,
professionalità, attenzione, qualità. Cresciuti in
via della Spiga nella macelleria dei fratelli Quattro (di cognome e di fatto), quando questa chiuse
decisero di investire su una loro attività, «in tempo - raccontano - per essere travolti dalla mucca
pazza». A un certo punto pensarono di mollare e
aprire un’officina, ma lo sconforto fu contenuto
dalla passione. Le loro carni sono selezionate con
cura, le rosse vengono da un allevamento certificato, quello di Sergio Massaglia a Buttigliera d’Asti.
C’è sempre una storia dietro una grande bottega,
finiamo con due pasticcerie. La Pasticceria Migliavacca fondata nel 1958 da Alberto Migliavacca e
dalla moglie Maria Laura Daverio che prosegue,
rinnovata, con laboratorio a vista, la sua strada di
qualità. Per i cornetti, le torte, i lievitati, la gente
si spinge fino alla periferia est di Milano. Lo stesso
succede per la Martesana (ora alla sede storica, ha
altri negozi più centrali). Aperta nel 1966 (auguri!), adesso con il pluripremiato capo pasticcere
Davide Comaschi regala sempre qualche golosa
novità. Botteghe milanesi. Cercatele, tra le pieghe
della città.
02. Davide
Longoni, dopo una
laurea in Lettere,
e un’esperienza
nell’agenzia Contrasto,
ha deciso di dedicarsi
al pane aprendo un
negozio a Milano
03. I due titolari
di Pregiate Carni
Piemontesi si dividono
tra due macellerie
27
Interview
faso
Passioni complementari
Basso e baseball, da sempre queste sono le due passioni e le due occupazioni di Faso che oggi, unite, stanno
dando vita a un progetto «bellissimo» nel centro Sportivo Saini. Si chiamerà Hit Single Arena e già dalla
prossima primavera dovremmo iniziare a sentirne parlare
di Paolo Crespi
28
interview
Milanese quasi doc, «unico ascendente
fuori mappa la nonna paterna, di Macerata», Nicola Fasani detto Faso (nella
vita e sul palco degli Elio e Le Storie
Tese, di cui è da sempre il bassista e il
coautore di tante hit) ha una conoscenza invidiabile del territorio metropolitano, che percorre in Vespa da quando
aveva sedici anni.
Quali sono le tue zone di riferimento,
quelle che sai a memoria?
Sono fondamentalmente tre. I dintorni
di piazza Carbonari, vicino alla Maggiolina, dove sono cresciuto: è stata la
mia arena da bicicletta, quando dodicenne partivo in esplorazioni che arrivavano fino al Parco di Monza. I miei
mitici negozi di dischi e giocattoli hanno lasciato il posto ad abbigliamento e
telefonia… Poi zona viale Washington,
dove ho “impiantato” la mia prima casa
da single, e infine Porta Romana, dove
sono approdato già grandicello e papà.
Ma non posso certo trascurare i 28 anni
passati a frequentare il Parco Forlanini,
ovvero il centro sportivo Saini, dove c’è
uno storico campo da baseball oggi ben
gestito da Ares Milano, la società di cui
sono presidente e per la quale, dopo un
quarto di secolo di militanza attiva, alleno i ragazzi ogni volta che posso. E
per loro, ma non solo, ho anche messo
in campo un bel progettone.
Di cosa si tratta?
Si chiamerà Hit Single Arena e nasce
da una constatazione: il Saini è il più
bel centro sportivo della città perché è
immerso nel verde e può ospitare moltissime discipline, ma potrebbe essere
molto di più per quelli che cercano
di praticare un’attività sportiva, quelli che amano stare all’aperto e quelli
che vogliono svagarsi un po’. L’idea mi
è venuta attraversando ogni volta, per
raggiungere il nostro campo, l’ex pista
da hockey con anello per il pattinaggio
che giace nel più completo abbandono
da quando, vent’anni fa, si ruppe il “frigoriferone” che produceva il ghiaccio.
Quale sarebbe il nesso?
Lo spreco: mi son detto che invece sarebbe bellissimo farci un campus per i
bambini, ma anche un’area per eventi e
concerti, un cinema all’aperto e, sistemando un edificio esistente, un nuovo
spazio multifunzione: di giorno bar super salutare con le spremute di frutta
fresca, dove si possa mangiare e bere
qualcosa a prezzi accessibili (esattamente l’opposto dell’andazzo milanese), di sera pub per fare musica dal vivo.
Con al piano inferiore almeno due sale
prova dove a turno i ragazzi possano
suonare a una tariffa innovativa: gratis,
salvo particolari esigenze di orario. Agli
adulti vorremmo dare la possibilità di
sperimentare forme di divertimento
sportivo. Del tipo batting cage, il tunnel
protetto dove senza rischi puoi provare
una battuta, parliamo sempre di baseball…
Complimenti per l’idea, ma a che punto siete?
In una fase avanzata. L’area è stata data
in concessione alla federazione baseball, che ha incaricato il sottoscritto di
fare un piano. Abbiamo già fatto analizzare il terreno e l’amico “architetto-baseballista” Francesco Baldi ha disegnato
il progetto che ha il sostegno dell’assessorato allo sport del Comune ed è
piaciuto anche in Regione. Tra l’altro
il tutto accadrebbe in un’area servita e
senza problemi di coprifuoco acustico.
Cosa manca per partire?
Partner privati. Per le aziende sarebbe
una grande opportunità: con il costo di
uno striscione a San Siro presidierebbero il posto per 18 anni… Siamo anche
vicino all’aeroporto di Linate: si potrebbero concepire pubblicità orizzontali sul tetto visibili dagli aerei. Il mio
sogno è quello di inaugurare almeno
una parte di Hit Single Arena entro la
prossima primavera.
Musica e sport nel tuo caso hanno voluto dire basso & baseball. Cosa rappresentano l’uno e l’altro?
Beh, il basso è lo strumento dietro al
quale, o con addosso il quale, ho percorso tutto il mio cammino nella musica.
Oggi mi rendo conto che per comporre
non è l’ideale e quando sono al computer preferisco scrivere tracce per tutti
gli strumenti tranne che per il mio. Una
curiosità: da mancino lo suono come se
non lo fossi e anche quando mi metto
alla batteria, che uso discretamente, la
configurazione è quella dei destri, ma
con le mani aperte anziché incrociate. Una cosa che fa sempre impazzire
Christian Meyer, il batterista ufficiale. Il
baseball è una passione complementare
perché, in quanto sport considerato minore, mi ha regalato quella dimensione
agonistica che la musica, per fortuna,
non ha.
La prossima sfida di gruppo?
La nostra prima, vera tournée all’estero come EELST, se si escludono i concerti americani del ’98, in cui, ahimè,
avevamo deciso di tradurre in inglese le
nostre canzoni. Ora sappiamo che gli
stranieri non disdegnano di ascoltarle
in lingua originale. Abbiamo incontrato il manager giusto et voilà, un paio di
settimane già programmate tra marzo e
aprile 2017: Londra, Bruxelles, Parigi…
Mica bruscolini!
29
FOCUS
GUARDA COME DONDOLO
Il ritmo saltellante dello swing porta in pista la Milano danzante. Il fascino del
Proibizionismo risuona in città, capelli impomatati e rossetti sfavillanti tornano di moda
e le nottate milanesi si riempiono dell’euforia vintage di balere e festival musicali
di Chiara Temperato
01
01. Lo Spirit de Milan
fa rivivere gli spazi delle
ex Cristallerie Livellara,
riempiendoli di musica
e sapori vintage. Qui
si balla, si mangia e si
condivide lo spirito del
tempo, con la carica
dello swing che trascina
tutti in pista
30
Erano gli anni Trenta quando gli Stati Uniti conobbero una nuova forma di jazz, briosa e meno
intellettuale. Si chiamava swing e a suonarlo erano
le grandi orchestre che lanciavano seducenti melodie sulle piste da ballo. Un ritmo libero e scanzonato faceva uscire la musica dagli speakeasy e
le dance hall diventavano il simbolo della libertà.
Era tempo di festeggiare e di scatenarsi a un ritmo
frenetico. Cittadini bianchi e neri si mescolavano,
Benny Goodman e Duke Ellington dirigevano le
grandi orchestre. Lo swing favorì la nascita di boogie woogie, swing crash e lindy-hop, stili di ballo acrobatici molto apprezzati poi da subculture
giovanili, come gli zooties negli USA, gli zazous in
Francia.
Lo swing intanto diventa fenomeno culturale a
livello mondiale, dona nuova visibilità alla cultura afroamericana, vestendola di abiti stravaganti, i
cui colori eccentrici provocano la società bacchettona e conformista. L’Europa ne è affascinata e in
Italia il nuovo trend musicale arriva con Alberto
Rabagliati e il trio Lecan.
Oggi, all’alba del 2017, questo genere riscrive la
sua storia, torna a far sognare i nostalgici e a incuriosire i più giovani. In un’epoca completamente
devota al passato, e maniaca del rétro, viene da
chiedersi se il “ripescaggio” del vintage sia solo una
moda passeggera, un malinconico rifugio o una
condizione imprescindibile, perché nulla è possibile se non partendo dal vecchio. Ma per i nuovi
ballerini milanesi lo swing sembra una semplice
passione, mossa solo dalla frenesia delle loro indomabili ginocchia.
All’inizio sono state le spumeggianti serate Twist
and Shout a vestire Milano a festa, a ritmo di
rock’n’roll e swing. Hanno scatenato orde di danzatori provetti o improvvisati, alimentato l’estro
degli style-addicted e ingolosito chi semplicemente voleva divertirsi. Eserciti trionfanti di danzatori, con tanto di brillantina nei capelli e gonne a
FOCUS
indirizzi
La Balera dell’Ortica
via Giovanni Antonio Amadeo 78
Spirit de Milan
via Bovisasca 57/59
Il Maglio
via Granelli 1
Maison Milano
via Lodovico Montegani 68
Jumpin Jazz Ballroom
viale Monza 140
02
ruota colorate hanno preso d’assalto Milano che,
al calar del tramonto, sembra fermarsi nel tempo.
Una città che si rilassa e si diverte quando getta la
maschera e si mostra per quello che è.
Dove respirare l’autenticità del passato se non nei
cortili e nelle piste de La Balera dell’Ortica? Qui
il ritmo vibrante dello swing e del boogie woogie
mette d’accordo tutti quelli che amano divertirsi
tra balli scatenati, pasta e fagioli e fiumi di vino
della casa. Banditi i dresscode, è richiesta solo la
voglia di condividere e lasciarsi trascinare dall’esuberanza delle orchestre. Il giovedì è la serata
swing: prima lezioni con tanto di maestri e poi
tutti in pista a scatenarsi; da ottobre è in arrivo
anche il “brunch swingato”. Alla balera, raccontano i gestori, «lo swing non è una tendenza, ma un
modo di essere».
Dalla semplicità al gusto rétro chic, a far tendenza
è lo Spirit de Milan, un locale che esprime la sua
anima sia nell’amore per lo swing che nel desiderio di recuperare l’antica Milano da osteria, con
cucina, canti, balli e lezioni di dialetto milanese.
Anticipatore di questa tendenza e con un occhio
attento alla scena internazionale, lo Spirit de Milan è il cuore pulsante del quartiere Bovisa. È il sabato sera, durante la Holy Swing Night, che si trasforma nel tempio del ballo, quando le orchestre
danno fiato agli strumenti e i ballerini si librano in
aria a tempo di musica. Il locale in ottobre ospita
anche lo Swing’n’Milan, un’occasione in cui giacche attillate in vita, con spalle imbottite e iperbolici risvolti tornano di moda. Pantaloni a vita alta,
larghi al ginocchio e stretti alla caviglia, sono issati
da eccentriche bretelle e il cappello Borsalino fa
capolino sulle teste impomatate, mentre donne
stile pin up sfoggiano gonne sgargianti, bianche
calzette e chiome raccolte in code, toupé, o in
portentosi pompadour.
Per chi ama una cornice classica ed elegante c’è Il
Maglio, raffinata location che ospita serate a base
di swing (il venerdì) e un ristorante dal menu tradizionale, oppure la Maison Milano, un’antica stazione postale che diventa un lussuoso regno del
ballo, del buon cibo e del divertimento con le sue
proposte musicali e di intrattenimento, dal burlesque allo swing e al tango. E infine per chi volesse riassaporare l’aria del proibizionismo di New
York, riempire le orecchie con musica live acustica jazz e scaldare i tacchi con melodie swing, un
salto al Jumpin Jazz Ballroom è d’obbligo.
La mania dello swing fa sobbalzare Milano, anche
locali storici come Il Magnolia, lo Speakeasy Club
di Rozzano e Il Bloom mettono in calendario serate dedicate a questo genere musicale.
Puro divertimento? Un nuovo stile di vita? Certo
è che quando partono le danze e si scaldano gli
ambienti, lo swing esplode al ritmo irrefrenabile
di un passato che incanta e suggestiona.
02. La Balera
dell’Ortica è il tempio
del divertimento
genuino, con serate
frizzanti a base di ballo,
musica dal vivo e cucina
casereccia. Foto di
Daniele Fragale
31
Interview
TULLIO DOBNER
Le parole degli altri
Il primo settembre ha compiuto settant’anni. Dal 2012 non traduce più Stephen King ma,
nonostante ciò, il suo lavoro continua ad accompagnare generazioni di lettori attraverso
i più clamorosi bestseller internazionali. Non ultimo L’Uomo di Marte di Weir
di Simone Sacco - foto di Cecilia Gatto
32
interview
Mi accoglie a casa sua, in piena estate,
dove si sta ancora riprendendo da un
non piccolo problema di salute. «Tutto risolto, fortunatamente», sono le sue
prime parole accompagnate da uno
sguardo vispo e un’innegabile voglia di
confidarsi. Tullio Dobner è fatto così:
un intellettuale appassionato che non
si sottrae mai al confronto. Traduttore
italiano di Stephen King per tre decadi esatte e contemporaneamente alle
prese con altri nomi (Grisham, Koonz,
Barker, Sheldon e altri ancora) in grado
di far tremare le classifiche di vendita.
Un convitato di pietra, nemmeno così
tanto discreto («Ho sempre amato le
traduzioni emotive trasudanti personalità»), che ci ha tenuto compagnia
per innumerevoli ore. Da un pezzo
Dobner si è accasato con la Newton &
Compton e a breve tornerà al lavoro ridando lustro a due capolavori di H.G.
Wells quali La macchina del tempo e La
guerra dei mondi. Un bel traguardo di
carriera all’insegna, come al solito, del
vocabolo giusto.
Settanta primavere di cui 47 passate
a tradurre di tutto: una vita dedicata
alla parola, la tua. Al puro intelletto.
Soprattutto una vita dedicata all’interposta persona. E comunque non ho
mai desiderato altro che questo.
Sicuro?
Sì. D’altronde ho tradotto tonnellate
di romanzi ma, di mio, ho scritto ben
poco (una raccolta di racconti – I libri
che perdevano le parole – più Schizosofia
uscito solo per il web, NdR). Il fatto è
che quando giochi otto ore al giorno
con i concetti altrui, alla sera ti ritrovi
svuotato di parole tue.
Come descriveresti a un profano il tuo
mestiere?
Come quello di un attore: anch’io, in
fondo, mi limito a interpretare un testo
creato da qualcun altro. E non potrei
fare altrimenti visto che, in campo artistico, non ho mai creduto all’oggettività.
Ma così facendo non si corre il rischio
di essere troppo “creativi”?
L’importante è non consegnare bozze
impersonali. Anche perché al mondo
esistono due sole categorie di traduzioni: quelle che ci azzeccano e quelle
che vanno completamente fuori strada.
Una volta “azzeccato” il testo, è quasi
necessario aggiungerci un po’ di tuo,
un’ipotesi di sensibilità. Anche perché
questo rimane un mestiere molto pericoloso…
Addirittura?
Già. La nostra resta una lingua ricca ed
è triste limitarsi a quelle trecento parole che sono sempre il viatico di una traduzione fredda e impersonale. Bisogna
essere musicali, scavare dentro la pagina, adoperare quel determinato modo
di dire se il caso lo richiede.
E se il testo originale è brutto?
Una buona traduzione non lo salverà
di certo. Prendi La casa dipinta di Grisham a cui lavorai anni fa. Un critico
entusiasta mi telefonò dicendomi che
avevo tramutato il re del legal thriller
in un “grande autore americano”. Complimento respinto al mittente: in quel
caso fu tutta farina dello stesso Grisham che, evidentemente, s’era stufato
di scrivere d’avvocati col pilota automatico.
Fatto sta che nel 1983 esce “Cujo” di
Stephen King e Dobner diventa un
traduttore “popstar”: ti ci ritrovi?
Il termine mi fa sorridere visto che
King – prima del boom di It nel 1987 –
qua da noi era ancora visto come “uno
scrittore di culto” nonostante Carrie, Le
Notti di Salem e ovviamente Shining. Il
fatto è che alla Sperling & Kupfer erano
oltremodo terrorizzati: in Cujo c’era un
bambino che faceva una brutta fine e
loro non volevano inimicarsi il pubblico femminile. Mi chiesero di trovare le
parole adatte per le eventuali lettricimamme! A libro consegnato in redazione tirarono un sospiro di sollievo
mentre io trovai l’autore della vita.
Perché King e non altri?
Perché non ha eguali nel campo della
narrativa statunitense. Quando King
scrive “semplice” e non abusa di quella
sua prosa così chimica e strabordante,
beh, non ce n’è davvero per nessuno.
Senza dimenticare le affinità personali
che ci legano a cominciare dall’anagrafe.
Il romanziere del Maine farà settant’anni nel settembre 2017…
Sì, King ed io siamo nati nello stesso
mese ad appena dodici mesi di distanza. E oltre al segno zodiacale, vergine,
condividiamo anche un identico pathos
generazionale. Quella sorta di pessimismo di fondo che nel suo caso è coinciso con la guerra in Vietnam mentre
nel mio è scaturito con la tragedia di
piazza Fontana, un crimine che ancora reclama giustizia. E poi veniamo
entrambi dal basso: Stephen scrisse i
suoi primi libri in una roulotte mentre
io ho cominciato a fare il traduttore in
una piccola mansarda di via Previati, in
zona Fiera, dove non avevo neppure il
fornello a gas!
Non c’è proprio niente che vi divide?
Beh, anche se non ci siamo mai incontrati, immagino che a livello di gusti
musicali non andremmo granché d’accordo! (ride, NdR) Lui è un metallaro
nell’anima e, quando scrive, spara a
tutto volume AC/DC e Ramones. Io
non ce la farei mai… Quando lavoro
ho bisogno di silenzio o, al massimo,
metto in sottofondo un disco di musica
rinascimentale. O dei Beatles.
La tua ultima traduzione di King, La
leggenda del vento, risale ormai al
2012: ti manca?
Mi manca come se vedessi la mia fidanzata storica uscire con un altro uomo.
Tempo fa la Sperling ci ha pure provato a farmi correggere una traduzione
“kinghiana” realizzata da un loro autore. Dopo un’ora avevo già riscritto ex
novo tre pagine! Lì ho compreso di
non avere più l’obbiettività necessaria
per fare una cosa del genere. E così ho
detto addio al mio caro, vecchio amico
di una vita.
33
advertorial
Porsche Customer Contact Team
Dopo avere dato spazio alla personalizzazione con il programma Exclusive, i Centri Porsche di Milano Nord e
Milano Est presentano un nuovo servizio che si propone di offrire alla clientela un’accoglienza davvero speciale
indirizzi
Centro Porsche Milano Nord
via Stephenson 53 - Milano
Centro Porsche Milano Est
via Rubattino 94 - Milano
Il caffè a letto la mattina, un fiore per
festeggiare un anniversario importante,
il piatto preferito la domenica, l’asciugamano sullo scaldasalviette pronto
all’uscita dalla doccia. Chi di noi non
ha una piccola attenzione dedicata cui
non potrebbe mai rinunciare? E chi di
noi non vorrebbe riceverne di nuove?
I clienti dei Centri Porsche di Milano
possono ora scoprirne alcune davvero
speciali: è stato infatti da poco lanciato il nuovo programma Customer
Contact Team, una coccola a tutti gli
effetti che il celebre marchio tedesco
ha scelto di sperimentare in due nazioni e cinque concessionarie: in Italia a
Padova – centro pilota per il progetto
dove le prime prove sono state fatte nel
2014 – e a Milano, nei due Centri di
Milano Nord e Milano Est; in Spagna,
nelle due sedi di Madrid.
Il programma riflette il desiderio di Porsche di mettere sempre più in primo
34
piano la Customer Experience, offrendo
un servizio sartoriale, interamente sviluppato sulle esigenze del cliente.
Così se fino a ora il programma Exclusive aveva permesso alla clientela Porsche di personalizzare la propria vettura definendo ogni tipo di dettaglio:
dalla scelta dei materiali a quella delle
colorazioni (ben 198 le tinte disponibili fuori listino), dalla personalizzazione
della seduta sino alla possibilità di avere la firma o il nome del guidatore sul
battitacco, ora gli amanti della sportiva
tedesca potranno scoprire quanto possa
essere gratificante avere la possibilità di
rivolgersi a un amico e non a un semplice rivenditore. Ma come funziona il
Customer Contact Team? Il programma prevede l’analisi quotidiana delle
agende dei due centri milanesi e mette
in contatto diretto e costante le diverse professionalità che operano al loro
interno, dando vita a un flusso di co-
municazione continua che favorisce la
cooperazione dello staff e l’erogazione
al cliente del migliore servizio possibile, senza mai trascurare alcun dettaglio.
«Conoscere in anticipo chi verrà in officina il giorno successivo, essere informati sulla sua storia dal punto di vista
automobilistico, sapere se ad esempio
è socio del Porsche Sci Club o se gioca
a golf, permetterà al personale di accogliere il cliente al meglio segnalandogli
un prodotto di suo interesse oppure
l’organizzazione di un evento sportivo
cui potrebbe desiderare partecipare…»
spiega Luigi de Vita Tucci, direttore generale dei Centri Porsche Milano Nord
e Milano Est. E a proposito di eventi
imperdibili, le date non sono ancora
state rese note, ma tutti gli amanti di
Porsche possono iniziare a segnarsi una
nota per ottobre e novembre: arrivano
le nuove Cayman e Panamera.
www.milano.porsche.it
BUNCH
In vino
Autunno, stagione di vendemmia e uva in tavola. Nuovi colori cominciano a spuntare e la
voglia di visitare cantine alla ricerca del vino migliore è irrefrenabile. Da Milano una meta
imperdibile per esperti o semplici bevitori sono le Langhe. Ma se preferite le fughe di relax,
concedetevi trattamenti all’uva in una Spa. E, infine, riempite le vostre case di oggetti che
ricordino Bacco perché «uva oggi, uva domani e i malanni stan lontani»
illustrazione di Virassamy
35
BUNCH
EBBREZZA CREATIVA
Nel corso dei secoli il vino si è affermato non solo per il suo sapore, ma
anche per il ricco sapere a esso collegato. Proprio questo connubio ispira
ogni anno progetti e iniziative, come la neonata Città del Vino
di Alessia Delisi
Evoca la sinuosità delle
curve di un decanter La
Cité du Vin, cittadella
tematica nata lo scorso
giugno a Bordeaux che
offre un’esperienza
immersiva nella cultura
vinicola mondiale
36
È nata lo scorso giugno a Bordeaux, in Francia,
La Cité du Vin, il più grande museo del mondo dedicato alla cultura enologica. Una sorta di
“Guggenheim del vino” insomma, progettato dallo studio parigino XTU Architects ispirandosi alla
rotondità di questa bevanda e al suo movimento
nel bicchiere, ma anche ai vortici incessanti dell’adiacente fiume Garonna. Protagoniste non solo le
migliori etichette francesi, ma quelle di 80 Paesi
del mondo, Italia compresa, con la sua Strada del
Prosecco e i vini dei Colli Conegliano Valdobbiadene. A World of Cultures è, non a caso, il payoff di
questa iniziativa che ospita al suo interno mostre
permanenti e temporanee, aree degustazione, un
auditorium, una biblioteca, una boutique, un’enoteca e il ristorante Le7, affidato allo chef Nicolas
Lascombes. Gioielli in Fermento è invece il concorso che, in ambito italiano, abbina il vino e il gioiello d’autore: ogni anno il Mediterraneo e le sue
tradizioni offrono agli artisti in gara lo spunto per
la realizzazione di opere suggestive, capaci di evocare tutte le sensazioni legate al bere. Quest’anno
gli oltre 40 nomi selezionati, italiani e stranieri,
saranno protagonisti di un’esposizione che si terrà dal 9 al 17 settembre negli spazi milanesi del
Laboratorio Formentini per l’editoria e che, dopo
essere passata per Padova, Torre Fornello e Barcellona, si sposterà dal 20 ottobre al 25 novembre al
Meatpacking district di New York. Ma i connubi tra vino e design non finiscono qui: lo scorso
aprile la cantina Feudi San Gregorio ha presentato
DUBL ESSE Dosaggio Zero, la nuova edizione, in
tiratura limitata, di DUBL, lo spumante metodo
classico campano. La produzione in corso, che racchiude il meglio delle uve dei vigneti di Greco,
sarà disponibile a partire dal 15 settembre con
un packaging ideato da Fabio Novembre. Ancora ad aprile Passoni Nature, in collaborazione con
DINN!, ha presentato Decanter, famiglia di sedute le cui cromie sono ottenute con un’innovativa
tecnica di colorazione che sfrutta vinacce pregiate.
Brut è invece il nome della collezione di tavoli e
panche progettate da Konstantin Grcic per Magis
che richiama alla mente la dolcezza del vino frizzante. Si ispira a Milano la nuova Colonna Vino
di Toncelli che, tramite una laboriosa tecnica di
intarsio, riproduce sulle sue ante la planimetria
del quadrilatero della moda. All’interno la sintesi
di un’enoteca, con tutti gli strumenti per aprire e
degustare le vostre annate preferite.
BUNCH
Non di solo pane...
Bensì anche di vino si nutrono molti
progetti contemporanei, dalle bottiglie
ai mobili
Feudi San Gregorio - DUBL ESSE
All’interno di un packaging ideato
da Fabio Novembre, DUBL ESSE
Dosaggio Zero racchiude il meglio
delle uve dei vigneti di Greco.
Disponibile, in tiratura limitata, a
partire dal 15 settembre
www.dubl.it
Toncelli - Colonna Vino
È un tributo alla capitale della moda e del design questa piccola
enoteca dotata di wine cellar, di un ripiano estraibile e di tutti gli
strumenti necessari all’apertura e alla degustazione delle bottiglie
www.toncelli.it
Passoni Nature - Decanter
Frutto di una ricerca meticolosa, la collezione di
sedute Decanter è una combinazione di legno e vino
dalle sfumature naturali, nata da una collaborazione
con DINN!
www.passoninature.com
Liana Pattihis - Emilia
I vitigni del paesaggio emiliano sono
protagonisti di questa spilla di Liana
Pattihis, una delle artiste premiate
Kelly & Jones - Notes of Wine
durante l’ultima edizione di Gioielli in
Pinot Grigio, Riesling, Cabernet, Merlot e
Fermento
Chardonnay: sono questi i vini che hanno ispirato la
www.gioiellinfermento.com
collezione di fragranze della sofisticata Kelly Jones
www.kellyandjones.com
37
weekend
IMPOSSIBILE PERDERSI
Non si tratta di sbagliare strada, ma piuttosto di perdere nella propria
memoria l’immagine delle colline verdi ricoperte di vigneti e il ricordo dei
sapori dei piatti accompagnati da ottimi bicchieri di Barbaresco e Barolo.
Benvenuti nelle Langhe, il regno di uva e tartufo!
di Carolina Saporiti - foto di Ente Turismo Alba Bra Langhe Roero
01
01. La zona delle
Langhe e Roero
sono diventate nel
2014 Patrimonio
dell’Umanità e il
Paesaggio Culturale
di questi vigneti è
stato dichiarato il 50°
sito italiano protetto
dall’Unesco. Foto di
Davide Dutto
38
«Le Langhe non si perdono» dice il cugino di Cesare Pavese ne I mari del sud, primo testo di Lavorare stanca. I due parenti stanno camminando
fianco a fianco in quei territori pieni di ricordi,
l’uno – Cesare – ormai vive a Torino e l’altro è
appena rientrato dopo un lungo viaggio in giro
per il mondo. È uno stretto legame con queste
terre che Pavese descrive anche nei Racconti: «Il
mio paese sono quattro baracche e un gran fango [...] volevo girare per tutto il mondo e, giunto
nei siti più lontani, voltarmi e dire in presenza
di tutti: “Non avete mai sentito nominare quei
quattro tetti? Ebbene, io vengo di là”». Oggi gran
parte del mondo “quei tetti” delle Langhe li conosce molto bene e li associa principalmente a due
cose: al vino e al tartufo bianco. Sebbene in Italia
si producano ottimi vini a qualsiasi latitudine, il
Piemonte e in particolare le Langhe non possono
essere trascurati dai veri appassionati.
Qualsiasi stagione è adatta a una “gita” in questi
territori, in estate i viticoltori hanno più tempo
da dedicare agli avventori e a luglio il festival
Collisioni è un bellissimo modo per raggruppare
insieme più passioni. Ma è certamente l’autunno il periodo più consigliato sia perché si possono assaporare i piatti tipici della regione – non
tutti adatti alle temperature estive – sia perché
è la stagione del tartufo bianco d’Alba. In questo
momento dell’anno infatti si svolge anche la Fiera Internazionale dedicata a questo specialissimo
fungo (quest’anno parte l’8 ottobre e continua
fino al 27 novembre). Il mistero del Tuber Magnatum è ancora irrisolto: cresce in pochissime
aree del mondo e quella delle Langhe, Roero e
Monferrato sembra proprio essere la migliore grazie a natura incontaminata, livello di umidità e
condizioni del suolo. Altra grande eccellenza da
scoprire è l’uva nebbiolo, la regina di queste dolci
colline, protetta dai castelli e dalle torri dei piccoli villaggi fortificati. Area di lotte e di splendore
nel Medioevo, dalle Langhe passarono pellegrini,
mercanti di sale, avventurieri, crociati, monaci lasciando – ognuno di essi – un segno e un’eredità.
Ma il segno più grande resta quello dei contadini
weekend
nelle vigne
Immerso nei vigneti, sulla sommità
di una collina coltivata a Nebbiolo,
Il Boscareto Resort & Spa è un luogo d’incanto e un punto privilegiato
di sguardo sui luoghi più affascinanti
delle Langhe. Per questo autunno
il Resort ha ideato un soggiorno
incentrato sui sensi: il lusso di una
delle meravigliose Gold Suite; un
menu degustazione incentrato sul
tartufo e una sessione di trattamenti della tradizione indiana nella
Aveda Destination Spa. In alternativa ci si può calare nell’energia
della vendemmia settembrina con
un sabato incentrato su natura,
relax, buona cucina e ottimi vini
della cantina Beni di Batasiolo a La
Morra. Dopo una giornata all’aria
aperta, due ore di relax con massaggi Abhyanga e sessione di Yoga
alla Spa La Sovrana, la giornata si
chiude con una cena indimenticabile al ristorante Gourmet La Rei,
una stella Michelin.
www.ilboscaretoresort.it
02
che nei secoli hanno modellato il paesaggio, preservando l’anima antica e selvatica caratterizzata
da noccioleti, viti e borghi arrocati. Da una parte, a proteggere questa terra la catena delle Alpi,
dove si distinguono bene Monviso e Monte Rosa,
dall’altra spira il Marin, il vento del mare che scalda e profuma l’aria.
Ma cosa proprio non si può perdere una volta
giunti qui? Si può iniziare da Barolo che sorge
su un altopiano circondato da colline ricoperte di
vigneti. Camminando tra le vie strette del paese
si scoprono bottiglierie, botteghe e il castello che
ospita anche il Museo del Vino (ma un giro lo
merita anche quello del Cavatappi) per poi scegliere un’osteria dove mangiare una battuta al
coltello con tartufo, accompagnata da un buon
bicchiere di vino. Barolo è bella vederla soprattutto dall’alto, riprendendo la macchina per dirigersi verso la prossima tappa del viaggio: Grinzane
Cavour. Anche qui si rimane incantati dalla vista
sui poggi coperti di vigneti e dalle Alpi che fanno
da sfondo. Tra una sosta e l’altra, nelle Langhe, si
possono mettere le gambe sotto al tavolo, con la
sicurezza di mangiare bene praticamente ovunque. Ma vale la pena allungare un po’ il giro per
andare a provare la cucina di due giovani chef. Il
primo è Federico Gallo che guida la cucina della
Locanda del Pilone, una stella Michelin ad Alba
e Ambassade della prestigiosa Maison de Champagne Krug (offre tre camere doppie, tre junior
suite e due suite). A Guarene invece è Michelangelo Mammoliti che incanta i palati al ristorante
La Madernassa.
Da Grinzane si viaggia verso Serralunga. Il consiglio è di lasciare la macchina lungo la strada che
porta al borgo e percorrere gli ultimi metri a piedi. La stretta via è in salita, ma molto suggestiva,
come lo è il comune La Morra, considerato il balcone naturale delle Langhe. Tornando ai contadini non si può partire di qui senza aver provato la
loro tradizionale merenda che consiste in vitello
tonnato, acciughe al verde, frittate, salumi e formaggi tipici, come robiola e murazzano. Un’esperienza che non vi farà più “perdere” le Langhe.
02. L’autunno è la
stagione migliore in
cui visitare le Langhe,
quando cambiano
i colori delle colline
e si può assaggiare
una delle specialità
di questo territorio:
il tartufo bianco.
39
wellness
Il benessere secondo Bacco
L’uva Regina, non solo di nome, ma anche di fatto, è tra i frutti della nostra
tradizione che contiene il complesso più performante di sostanze idratanti,
rigeneranti e protettive nei confronti dell’invecchiamento
di Simona Lovati
01
01. Les Sources de
Caudalie a Martillac
(Francia), membro dei
Small Luxury Hotel of
the World. Il castello
ospita la prima Spa
Vinothérapie, che
propone rituali a base
di uva e vino
40
Simbolo di benessere e di abbondanza, l’uva è un
prezioso alleato della bellezza e della salute della
nostra pelle. Il suo segreto? Un insieme di sostanze
attive utili per favorire la rigenerazione cutanea e
cellulare. «In testa ci sono diversi tipi di zuccheri
dalle proprietà idratanti – ci spiega il dottor Luigi
Rigano, cosmetologo e consulente indipendente
del settore cosmetico a Milano – seguono vitamine idrosolubili, come la C, e alcune vitamine del
gruppo B, enzimi, fattori di crescita (ovvero molecole in grado di sostenere la proliferazione cellulare, presenti in tutta la frutta fresca e nell’uva in
particolare), e il resveratrolo, un potente polifenolo che aiuta a contrastare l’attacco dei radicali li-
beri, causa di invecchiamento. Ultimi, ma non per
ordine di importanza, gli alfa-idrossiacidi (AHA),
ingredienti stimolanti, rigeneranti cellulari e dalle
virtù esfolianti».
Rispetto all’uva bianca, quella nera è più efficace
se inserita nella “mise en place” di trattamenti estetici. «La sua marcia in più è dovuta agli antociani – continua l’esperto – sostanze colorate che le
conferiscono la sua tipica sfumatura violacea, che
aumentano il turnover cellulare ed epidermico e
difendono dallo stress ossidativo». E ancora, se si
desidera puntare sull’azione antietà, occorre che
gli acini siano maturi, mentre se l’obiettivo è idratare, nella formulazione del soin è preferibile che
wellness
02
il frutto sia più acerbo. Un paragrafo a sé merita
l’olio di vinaccioli, estratto dai semi. Si tratta di
un olio con lipidi polinsaturi dalle notevoli virtù
emollienti, antiossidanti. È anche ricco di vitamine, tra cui la F, meglio conosciuta come Omega 3.
Se si vuole ricreare a casa un rituale di tutto rispetto, è necessario preparare una sorta di frullato
con polpa e buccia dell’uva, miscelarlo con argilla
e applicarlo sul viso aiutandosi con garze di cotone, per evitare di fare colare il composto. «Rispetto
ad altri sistemi – conclude Rigano – la polpa stessa
del frutto funziona da vettore idratante. Ne consegue un rafforzamento della capacità assorbente
dei tessuti cutanei che in questo modo possono
integrare più facilmente i principi attivi impiegati
durante il trattamento e raggiungere un livello di
equilibrio e di benessere ideale».
Grazie ai benefici dell’uva e all’intuizione di due
imprenditori, Mathilde Cathiard e Bertrand Thomas, nella regione di Bordeaux (la più produttiva
in Francia in materia di vigneti) negli anni Novanta è nato il brand cosmetico Caudalie, che sfrutta
le proprietà di uva e derivati, così come la prima
Spa Vinothérapie. Il vino infatti, si scopre, ha virtù antiage sulla pelle, tonifica e protegge le pareti
dei capillari sanguigni. Un tuffo nello champagne,
invece, grazie al particolare tipo di fermentazione che gli conferiscono le sue tipiche bollicine, è
ottimo per ottenere un effetto scrub e rilanciare la microcircolazione sanguigna. E proprio in
Francia, nei pressi di Bordeaux, si può provare
il trattamento Fleur di Vigne, la proposta di Les
Sources de Caudalie che consiste in un avvolgimento corpo purificante e dinamizzante all’argilla
tiepida, arricchita da estratti di uva e olio di vinaccioli. Rimanendo in Italia sono comunque tante
le Spa che utilizzano questo speciale ingrediente
nei loro trattamenti. Al Four Seasons Milano, il
rituale relax per i piedi porta la firma di Tauleto
Spa. Il bagno energizzante a base di polifoneli bio,
mandorle dolci e olio di vinaccioli è seguito da
uno scrub e da un impacco astringente all’albume
d’uovo che si conclude con un massaggio. Se il
vostro obiettivo, invece, è ottenere un viso radioso
e senza imperfezioni, il trattamento giusto è l’antiaging all’uva di Sangiovese. Il cuore del soin di
Adler Thermae a Bagno Vignoni, in Toscana, sono
un morbido gommage e una maschera drenante,
per infondere rinnovata giovinezza alla pelle del
volto. Un accostamento originale arriva dalle Terme di Merano: si tratta di un peeling al sale e vino
rosso. Levigante e rigenerante, fa parte del nuovo
pacchetto Sapore di vino, che comprende anche il
massaggio con olio di vinaccioli e un ingresso alle
terme. E per i romantici, un bagno in tinozza per
due. Per non farsi mancare proprio niente.
02. Il nuovo peeling ai
vinaccioli altoatesini e
sale di Terme Merano.
Il soin dedicato al
corpo asporta in
dolcezza impurità e
cellule morte, per
donare alla pelle
rinnovata luminosità e
morbidezza. Foto di
Manuela Prossliner
41
style
Il pantalone italiano
Non un semplice capo d’abbigliamento, ogni pantalone Berwich racchiude
il rispetto per le tradizioni e il territorio dove vengono fabbricati. Ecco come
il brand di Martina Franca ha raggiunto importanti traguardi
della Redazione di Club Milano
Partire, viaggiare,
scoprire sono i verbi
a cui Berwich si
ispira per ogni nuovo
progetto. I suoi
prodotti sono infatti
distribuiti secondo
criteri di selettività e
collaborazione con i
propri retailer
42
Ama definirsi, un po’ sfacciatamente, il pantalone
italiano e non a torto, dal momento che dal suo
lancio nel 2007 Berwich ha continuato a percorrere la sua strada: produrre un capo italiano al 100%.
Da allora tanti traguardi sono stati raggiunti. Nel
2014 è nata la collezione femminile, Madame Berwich, e nel frattempo la gamma proposta si è ampliata, tenendo sempre fissi come obiettivi l’internazionalizzazione del marchio, la differenziazione
del prodotto e il legame con il territorio. «È la nostra linea strategica» dice Massimo Gianfrate che,
insieme ai fratelli Graziana, Antonella e Angelo, si
occupa dell’azienda di famiglia Icoman, di cui Berwich fa parte: «Abbiamo un’ottima distribuzione
in Italia ed entro 18 mesi vorremmo aprire il nostro primo flagship store a Milano, l’epicentro del
nostro business». Da questo primo store ne nasceranno altri in altre nazioni, soprattutto in Medio
ed Estremo Oriente. Una scelta che si sposa con
il rispetto delle tradizioni e l’amore per il proprio
territorio. Berwich sorge A Martina Franca, uno dei
poli industriali più importanti nel comparto abbigliamento, dove ancora oggi avviene il 100% della
produzione. «Non delocalizziamo – spiega Massimo – è una scelta. Come lo è stata quella di investire sul ricambio generazionale e oggi l’età media
del nostro personale è di 30 anni». Scelte che per
Berwich non sono un caso, ma una costante. Il fatto che l’azienda pugliese comprenda in sé tutte le
fasi di produzione ne rappresenta infatti il punto
di forza: «Questa è la strategia: non varcare i confini del territorio. Seppure con alcune difficoltà, vogliamo mantenere la nostra purezza». Nonostante
un made in Italy “vero” abbia costi molto alti, per
Berwich si tratta di uno dei valori più importanti da diffondere, attraverso collezioni di pantaloni
basate sul fascino dell’esplorazione del mondo. Da
sempre il marchio presenta collezioni ricercate sia
in termini di qualità, sia di innovazione. «Cerchiamo di dare un contributo migliorativo al mondo
dei tessuti – racconta Massimo – e siccome siamo
grandi amanti delle partnership verticali è nata di
recente la collaborazione con Tessuti di Sondrio,
storica azienda cotoniera». Da questo rapporto è
nata Manopesca, una collezione di modelli slim fit
in cui sono state mantenute morbidezza e forma.
La Puglia è una regione con un carattere forte che
si scorge in ogni paio di pantaloni del marchio, che
da Martina Franca devono arrivare a tutto il mondo. Oggi Berwich propone 15 tipologie differenti
di prodotti «la delocalizzazione – conclude Massimo – va bene per le produzioni massificate, non
per quelle come la nostra. Che con il tempo ripaga
molto di più».
style
stetson
Berretto in lana fantasia check
sealup
Cardigan in maglia di lana con
maniche in montone e bottoni in
vero corno siglati Sealup
campomaggi
Tracolla in pelle tinta in capo
warmth of home
superga
Sneakers con tomaia in tessuto
check e suola in gomma
Motivi a quadri, presi in prestito dai disegni di plaid e
coperte sottolineano l’idea di relax della collezione Fendi
uomo autunno inverno 2016-17. La silhouette è morbida
e confortevole, i pantaloni hanno una vestibilità rilassata
di Luigi Bruzzone
44
style
Two-button jacket
In lana, calda e avvolgente, la giacca
due bottoni è un pezzo versatile per
l’arrivo della stagione fredda
Del Mare 1911
Individual
Tagliatore Pino Lerario
Giacca due bottoni sfoderata
Giacca due bottoni in misto lana
Giacca due bottoni sfoderata e destrutturata
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Fradi
Henry Cotton’s
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AT.P.CO
Eleventy
Hackett London
Giacca due bottoni sfoderata in misto lana
Giacca due bottoni con fantasia check
Giacca due bottoni in lana shetland
www.atpco.it
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www.hackett.com
45
advertorial
Sealup apre il suo primo flagship store a Milano
Tra i più prestigiosi produttori di impermeabili e outerwear di lusso, Sealup ha inaugurato il suo negozio
monomarca proponendo capispalla, modelli limited edition e una speciale selezione di altri brand di eccellenza.
Immancabili i capi su misura, gli accessori e tutto ciò che occorre per un guardaroba completo
Le vetrine del negozio monomarca di Sealup, a Milano
Un palazzo d’epoca nel cuore di Brera, uno spazio di 300 metri quadrati su
due piani e quattro grandi vetrine, è la
nuova casa di Sealup, storico marchio
di capispalla che durante la settimana
della moda ha aperto a Milano il suo
primo flagship store. Dal 1935 punto di riferimento nella produzione di
luxury rainwear e outerwear, nonché
espressione di 100% made in Italy nel
mondo, Sealup è stato sinora distribuito nei migliori multi brand italiani ed
esteri e ora ha inaugurato il suo primo
negozio monomarca. L’obiettivo è presentare al meglio l’universo del marchio, il suo spirito di ricerca e di modern
design e offrire alla clientela un’esperienza di shopping unica. La scelta del
capoluogo meneghino rispecchia il dna
milanese di Sealup, fatto di eleganza
e sobrietà, così come la decisione di
46
aprire il proprio store nella centrale via
Brera 3/5, all’angolo con via dell’Orso,
il suggestivo tratto che collega due luoghi simbolo della città: il Teatro della
Scala e l’Accademia di Brera. La nuova
boutique si presenta come uno spazio moderno, luminoso ed essenziale.
All’ingresso i clienti sono accolti dalla
luce proveniente da grandi finestre ad
arco che si affacciano su uno dei meravigliosi cortili interni di Milano, mentre all’interno si possono scoprire i famosi capispalla impermeabili, i caban,
i cappotti e i capi in piuma d’oca sia
per uomo sia per donna. Le collezioni
sono affiancate da modelli limited edition Sealup Brera, capi su ordinazione
e capi su misura. Ma non solo: all’interno pantaloni, maglieria, camiceria e
accessori Sealup. Tra le novità più interessanti anche una speciale selezione
di altri brand, altrettanto iconici e d’eccellenza, ricercati in giro per il mondo
dall’azienda stessa e proposti in esclusiva nel negozio di Milano per uno sguardo che sa evolversi, rifarsi alle proprie
radici e al contempo lasciarsi ispirare
da prospettive differenti. L’ampia offerta dello store rispecchia l’evoluzione
del marchio nel corso degli anni: dalla
produzione iniziale degli anni Trenta,
orientata esclusivamente agli impermeabili, agli anni Cinquanta e Sessanta
quando Sealup diventa una delle industrie di abbigliamento più importanti
in Italia. Attenta al rispetto dei più alti
standard di sicurezza sul lavoro, ecosostenibilità e trattamento della privacy,
ogni anno Sealup realizza nei propri
stabilimenti in Italia 50mila capi, contribuendo a una continua affermazione
del made in Italy nel mondo.
photo credit: Erick Saillet
Claude Cartier Décoration
ad: Designwork
Moroso Spa
Udine Milano London
Amsterdam Köln New York
Beijing Seoul
www.moroso.it
Moroso Showroom
Amsterdam, Cruquisweg 109R
Agent Nederland
Burik & Burik bv
T +31 (0)20 694 64 00
[email protected]
www.burikenburik.nl
Misfits sofa system
by Ron Arad, 2007
Moon armchair
by Tokujin Yoshioka, 2011
Fishbone low table
by Patricia Urquiola, 2012
47
design
POSITIVE MOOD
Il rientro dalle ferie resta sempre traumatico. Oltre ai buoni propositi,
anche una casa vivace e solare può aiutare a tornare alla routine
più dolcemente. Colori spensierati e linee giocose per sentirsi ancora
un po’ in vacanza
di Marzia Nicolini
Confortevole, a effetto
cocoon: il divano Nubilo
Beige-Corallo è uno
dei pezzi icona di Petite
Friture. A firmarlo
il designer francese
Constance Guisset
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Settembre mese di (ri)partenze, di buoni propositi e di qualche nervosismo perché le vacanze non
sembrano durare mai abbastanza. Il rientro può
essere reso più dolce se ci si circonda di accessori
e arredi “positivi”. Nelle tonalità: solari e vitaminiche per i più estroversi, tenui e pastello per le personalità più timide. Negli accostamenti: inediti,
creativi, pop come in un quadro di Andy Warhol.
Nei materiali: naturali possibilmente, sempre i migliori veicoli di felicità. Nelle linee: pulite, giocose,
fantasiose. Non esiste una regola generale nella
scelta, la cosa importante è che con la loro estetica
questi oggetti riescano a trasmetterci spontaneamente un piacevole senso di serenità. Che poi, in fondo, una delle missioni del design è
creare oggetti felici, che oltre a essere pratici e as-
solvere alla loro specifica funzione, siano anche in
grado di coinvolgere chi li usa e, soprattutto, di far
stare bene. La casa, in questo modo, può diventare
un nido – o cocoon, per usare un termine molto di
moda tra i design addicted – dove fare il pieno di
buone energie e annientare i pensieri negativi. Un
riferimento colto? La frase-manifesto del grande
Bruno Munari. In tempi non sospetti aveva già le
idee chiarissime: «Non ci deve essere mai​ un’arte
staccata dalla vita: cose belle da guardare e cose
brutte da usare». Al contrario, bello e funzionale
si mescolano, dandosi forza l’un l’altro e creando
pezzi che in casa servono anche al buonumore.
Per questo inizio autunno basteranno pochi, selezionati elementi per dare alla casa il giusto twist. E
ripartire sarà forse un po’ più facile.
design
Voglia di sorridere
Accessori pop e chic di cui circondarsi
per stare bene. Senza mai prendersi
troppo sul serio...
Coin Casa - Tovaglietta pesce Tovaglietta in fibra naturale a forma
di pesce. Da usare anche come
centrotavola: semplice, ma super chic
www.coincasa.it
Texturae - Cockatoo
La carta da parati Cockatoo, disegnata da Elena Salmistraro per la Yarn
collection di Texturae si ispira all’anima pop degli uccelli simbolo dell’Australia,
simpatici protagonisti di una composizione dai colori tenui, ma contrastanti
www.texturae.it
Normann Copenhagen - Bau Small
Lampada pendente scultorea e colorata piena di personalità. Il
paralume è una composizione di forme geometriche di diverse
sfumature. Si assembla a casa, perfetto esempio di Do It Yourself
www.normann-copenhagen.com
Driade - Magic Hour
Nato dall’estro creativo e surreale
di Thukral and Tagra, considerati tra
i più importanti esponenti dell’arte
contemporanea indiana, l’orologio a
Gan Rug - Silaï Pink Carpet
parete Magic Hour unisce elementi
La designer belga Charlotte Lancelot firma un
figurativi e pattern digitali. Qui nella
soffice tappeto in tessuto naturale intrecciato dai
variante rotonda toni pastello. Leggero, lo si può abbinare ai cuscini
www.driade.com
e pouf della serie
www.gan-rugs.com
49
WHEELS
L’elettrico che avanza
Compatta e rispettosa dell’ambiente, la piccola e-up!, citycar elettrica
di Volkswagen, promette costi di esercizio estremamente contenuti
e grandi possibilità di personalizzazione
di Carolina Saporiti
Caratterizzata da
dimensioni compatte,
la e-up! è una city-car
quattro posti con
un’autonomia di 160
km. A Milano la si
può trovare presso
le concessionarie
AutoRigoldi
50
In Norvegia i politici parlano di vietare la vendita di auto a benzina dal 2025 in poi. E in Italia?
Rse (Ricerca sul Sistema Energetico), su mandato
della Presidenza del Consiglio, vuole programmare questo autunno una road map sulla mobilità
sostenibile in Italia che definisca strategie e scenari al 2030. L’obiettivo è organizzare contenuti,
identificare il mix di vettori e tecnologie in grado
di rispondere alla necessità di decarbonizzazione e
quindi contribuire alla definizione delle politiche,
normative e industriali, che potrebbero portare l’Italia a ricoprire un ruolo da protagonista sul tema
della mobilità sostenibile. Volkswagen è in prima
fila nel promuovere questo modello di mobilità.
Con il prototipo Budd-e, presentato quest’anno,
ha svelato il nuovo pianale MEB specifico per le
sue future auto elettriche, testimoniando un forte
impegno in questa direzione. D’altro canto, già nel
2013 il marchio tedesco ha lanciato sul mercato
italiano la sua prima auto 100% elettrica, la e-up!
che consuma solo 11,7 kWh/100 km. Le sue
dimensioni e i suoi consumi ne fanno il veicolo
ideale per muoversi in città o per gite fuori porta
assolutamente sostenibili. Infatti l’autonomia media della e-up! – che può raggiungere una velocità
massima di 130 km/h – si attesta tra 120 e 160 km
in funzione di stile di guida e carico utile. Si tratta
di valori adatti soprattutto ai centri urbani e a quei
pendolari che si muovono tra il centro e le prime
fasce extraurbane. Come sempre Volkswagen ha
creato un prodotto efficiente, ma tenendo conto
anche dei dettagli: il servofreno eletromeccanico
infatti unisce impianto frenante e funzione freno
motore. Quest’ultima è molto utile per gestire al
meglio la quantità di corrente disponibile nella
batteria. Infatti, sfruttando il recupero dell’energia
nelle fasi di rilascio e frenata, si trasforma l’energia
cinetica in energia elettrica che ritorna ad essere
immagazzinata nella batteria. Il guidatore ha pertanto facoltà di influire molto su questi consumi
e di conseguenza sull’autonomia della vettura. La
e-up!, dal canto suo, è in grado di disattivare utenze temporaneamente non necessarie. Ma una delle
caratteristiche che rendono e-up! una citycar ideale è anche l’alto livello di personalizzazione sviluppato da Volkswagen con specifici allestimenti
ed elementi di design che la rendono inconfondibile. La gamma delle dotazioni va dagli indicatori
di direzione delle luci diurne a LED, ai cerchi in
lega leggera perfezionati dal punto di vista aerodinamico, fino agli interni accoglienti e luminosi.
Le app del sistema di infotainment e navigazione
maps+more fanno parte della dotazione base della e-up! insieme a sistema radio-CD, impianto vivavoce, cinque porte, climatizzatore automatico,
parabrezza e sedili anteriori riscaldabili.
TAN (fisso) 4,75%, TAEG 6,50%. Consumo su percorso misto: 4,6 l/100 km. Emissioni di CO2 su percorso misto: 105 g/km”. Offerta promozionale esclusi IPT, Kit sicurezza + contributo PFU e bollo su dichiarazione di conformità,
al netto dell’ “Incentivo Concessionarie Citroën”. 2 anni di garanzia del costruttore e 2 anni di estensione di garanzia inclusi. Esempio di finanziamento su Nuova DS3 PureTech 82 CONNECTED Chic. Promo non cumulabile, valida in
caso di acquisto con Finanziamento SIMPLYDRIVE e permuta di vetture dei marchi BMW, Mercedes, Audi, Volvo, Jaguar, Mini, Lexus, Alfa Romeo (escluso Mito), Lancia (escluso Ypsilon) 16.082 € IVA e messa su strada incluse (IPT e
imposta di bollo su conformità escluse) con formula Simplydrive. Anticipo 4.950€. Imposta sostitutiva sul contratto in misura di legge. Spese di incasso mensili 3,50 €. Importo totale del credito 11.427 €. Spese pratica pari a 295 €.
Importo totale dovuto 12.883,30 €. 35 rate mensili da 148,87 € e una rata finale denominata Valore Futuro Garantito da 9.029,69 €. TAN (fisso) 4,75%, TAEG 6,50%. La rata mensile comprende il servizio facoltativo Azzurro
Relax (Antifurto con polizza furto e incendio – Prov VA, importo mensile del servizio 12,00€) ed il il servizio facoltativo Idealdrive (Manutenzione programmata con durata 36 mesi e percorrenza 30.000 km importo mensile del servizio
€ 22,19). Offerte promozionali riservate a Clienti privati per i contratti stipulati fino al 30/09/2016 ed immatricolazione entro il 30/09/2016 presso le Concessionarie Citroen che aderiscono all’iniziativa, non cumulabili con altre
iniziative in corso. Informazioni europee di base sul credito ai consumatori presso le Concessionarie. Salvo approvazione Banca PSA Italia. Le immagini sono inserite a titolo informativo.
advertorial
Con Seat Ateca ogni giorno
diventa meraviglioso
Nata per fare scoprire nuovi punti di vista, la nuova vettura segna
l’ingresso della casa automobilistica spagnola nel segmento SUV
indirizzi
Lombarda Motori
via Buonarroti 128 - Monza
via Rizzo 8 - Milano
Un’automobile per semplificarci la vita.
È Seat Ateca, il nuovo SUV – il primo
della casa automobilistica spagnola –
che è stato lanciato sul mercato italiano
a fine luglio. La nuova Ateca annovera
numerosi sistemi di assistenza, per una
guida facile e confortevole, unita alla
massima sicurezza a bordo. Tra questi
il Traffic Jam Assist, l’ACC con Front
Assist, il Traffic Sign Recognition, il
Blind Spot Detection, il Park Assist 3.0,
il Rear Traffic Alert e la funzione Top
View. Quest’ultima, attraverso le quattro telecamere situate nella calandra
frontale, nel paraurti posteriore e nei
gusci degli specchietti retrovisori esterni, permette di visualizzare l’intera area
circostante alla Ateca a 360°. «Ateca risponde esattamente alle esigenze dell’automobilista di oggi – spiega
Mauro Della Torre, responsabile com52
merciale di Lombarda Motori – perché
è una macchina confortevole e spaziosa
che è la caratteristica che viene sempre
più ricercata nelle automobili, ma allo
stesso tempo offre innovazioni a livello
tecnologico che rendono più comoda e
sicura la guida. E questo ormai è fondamentale». Il tutto senza sacrificare
l’aspetto estetico «Seat Ateca ha associato alla tecnologia un design ricercato. Nel suo segmento, può vantare una
dimensione ridotta, ma nonostante ciò
abitacolo e bagagliaio risultano molto
capienti» continua Della Torre. L’ingresso in questo segmento rappresenta
un passo strategico importante: «Seat
è un’azienda che crescerà nei volumi
e nel fatturato perché ha un grandissimo potenziale. Ateca rappresenta
la vera novità del marchio spagnolo
e dà il via a una serie di lanci di nuo-
vi modelli». È con questo entusiasmo
e in previsione di tutte queste novità
che la storica concessionaria Lombarda Motori con sede a Monza (fondata
da Luigi Zannier nel 1963), ha aperto
lo scorso anno una sede a Milano «in
città mancava una concessionaria Seat
– spiega Della Torre – e a un anno dalla
apertura il bilancio è più che positivo.
Milano è una città su cui si deve lavorare tanto: noi stiamo cercando di farci conoscere tramite il tessuto sociale.
Da una parte i clienti “storici” di Seat
hanno finalmente avuto la loro concessionaria, dall’altra ci sono quelli nuovi
che non conoscono, o conoscono poco,
il marchio e che rimangono sorpresi».
L’invito è quello di andare a provare di
persona; la promessa? Farvi vivere la
città senza stress.
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53
hi tech
SALOTTO HI-TECH
Il “back to home” degli italiani reduci dalle vacanze estive è anche il ritorno
ai piaceri dell’home entertainment. In arrivo nuovi schermi, radio, cuffie,
lettori audio e speaker di qualità e design elevati. Costi in proporzione
di Paolo Crespi
Cabinet in legno
e alta connettività
contraddistinguono
Duetto, uno dei nuovi
prodotti marchiati
Como Audio: radio e
smart speaker stereo
ad alta fedeltà con
Wi-Fi, Bluetooth,
Spotify Connect. Si può
usare in configurazione
multi-room
54
Lo spettacolo domestico, basato in gran parte su
contenuti audiovisivi e multimediali, si avvale di
device innovativi concepiti per fruire di musica,
film, giochi, app, immagini e interattività digitale
ai massimi livelli qualitativi. Anche se non sono
all’orizzonte sofisticate sale cinema o costosi impianti domotici, è possibile comunque dare una
svolta al proprio tempo libero tra le pareti di casa
scegliendo con cura alcuni prodotti di alta gamma
e completando via via la dotazione con l’inserimento di altre componenti: speaker di ogni foggia
e dimensione, sistemi multi-room, soundbar, cuffie
personalizzabili in base alle esigenze con vari tipi
di equalizzazione, schermi aggiuntivi, proiettori.
Il nostro consiglio è quello di frazionare la spesa,
facendo acquisti mirati e puntando inizialmente
su pochi elementi di pregio. A cominciare da un
buon televisore, o meglio, una smart tv in grado
di gestire tutti i canali broadcast, i programmi on
demand e i nuovi servizi legati al web. In perenne gara con il personal computer, il televisore, a
medio-grande schermo, è bene o male il centro
dell’intrattenimento domestico. Non vanno poi
sottovalutati i lettori audio portatili, ad alta fedeltà, in grado di abbattere quella vera e propria
“barriera del suono” costituita dai normali riproduttori di musica digitale compressa, ovvero i player Mp3, ormai integrati via software all’interno
di altri dispositivi, tablet e smartphone in testa.
Anche se liquida, la colonna sonora del nostro
cocooning autunnale merita di essere ascoltata al
meglio. Della partita fa parte a pieno titolo anche
la radio, la cui recuperata dignità consente oggi
di scegliere apparecchi di grande fascino e qualità, in grado di riprodurre fedelmente sia i canali tradizionali (analogici), sia digitali (DAB) e le
diffusissime stazioni online. E l’autunno riserva
una sorpresa proprio per i cultori del mass media
più amato e “social” dell’era pre Internet. Da Tom
DeVesto, l’americano di origini italiane che più di
tutti ha contribuito a reinventare la radio e a rilanciarla nel mondo dell’elettronica di consumo (la
Tivoli fu una sua creazione), una nuova gamma di
prodotti di eccellenza che con il marchio Como
Audio alzano l’asticella elevando l’apparecchio
radiofonico a smart speaker. Da provare.
hi tech
Un rientro da urlo
Una selezione di device che renderanno
meno doloroso il ritorno alla routine
settembrina
LG - 77G6V
È di fatto l’unico tv Oled 4K, con pixel
autoilluminanti, presente sul mercato. La soundbar
integrata è orientabile e utilizza componenti
Harman Kardon. Lo schermo misura 77” ed è
predisposto per il cinema 3D
www.lg.com/it/tv-oled
Samsung - Galaxy Note 7
Funzione di scansione dell’iride
e supporto video in HDR
caratterizzano l’ultimo phablet della
casa coreana, che monta anche una
videocamera Gear 360 per riprese
VR subito condivisibili online. La
memoria è espandibile fino a 256 GB
www.samsung.com
Bang & Olufsen - BeoSound 35
Con un angolo di diffusione del suono di 180° combinato alla potenza di due
woofer e due tweeter da 80 watt, lo speaker multi-room combina un elevato
profilo acustico e un’interfaccia intuitiva
www.bang-olufsen.com
Astell&Kern - AK380
Il riproduttore digitale DAP ad alta
risoluzione riproduce ogni genere
di file audio fino a 32bit/384KHz.
L’elegante chassis è in rame, il
display LCD è un touchscreen da 4”.
Sennheiser - PC 373D
Collegandolo a un computer funziona
Dotata di microfono a cancellazione di rumore,
come DAC esterno
la nuova cuffia supporta i gamer e i clan più esigenti.
www.audiogamma.it
La soundcard USB crea un effetto Dolby 7.1,
permettendo di vivere intensamente ogni
situazione di gioco
www.sennheiser.com
55
overseas
forza della natura
Lontane, molto lontane: le Hawaii sono una meta sognata ma poco visitata
soprattutto dagli europei. Chi riesce a pianificarvi un viaggio sarà però appagato
dai colori e dalla flora incontaminata di questo arcipelago
di Andrea Zappa - foto di Hawaii Tourism Authtority
01
01. La selvaggia e
deserta costa dell’Isola
Kauai, una delle
principali otto isole
dell’arcipelago. Foto di
Tor Johnson
56
Situate nel bel mezzo del Pacifico, le isole Hawaii sono una di quelle destinazioni da sogno di
cui spesso si tiene una cartolina appiccicata sulla
porta del frigo e, ogni volta che la si chiude, ci
si ripromette di organizzare lì il prossimo viaggio.
Madre Natura sembra aver deciso di manifestare proprio qui tutta la sua forza e bellezza: il blu
ruggente delle grandi onde dell’oceano, infatti,
fa da contrasto alla terra nera dei vulcani che le
caratterizzano, per non parlare del manto verde
smeraldo della vegetazione che tenta di ricoprire
qualsiasi centimetro di terra emersa dell’arcipelago. Un paradiso in cui la prima parola che si sente
appena scesi dalla scaletta dell’aereo è «Aloha»,
che in lingua locale significa “affetto, amore, pace
e compassione”; un’espressione che già fa intendere lo spirito rilassato che pervade la vita quotidiana degli hawaiani. Quante isole visitare e quali
scegliere dipende tutto dal numero di giorni che
si hanno a disposizione, tenendo in considerazione che solo per arrivare a udire il “magico saluto”
sono necessari circa due giorni tra scali, check-in
e sale d’attesa. L’isola di Hawaii, soprannominata
Big Island, è la maggiore delle otto principali e con
il suo possente vulcano Kilauea è senza dubbio
una tappa obbligata del viaggio. Camminare sulla cresta di una montagna fumante all’interno del
Volcanoes National Park, patrimonio dell’umanità
dell’Unesco, è un’esperienza senza paragoni. Ancora di più se si decide di ammirare dall’alto la
lava che cerca di spaccare la roccia partecipando
a un tour in elicottero, partendo dall’eliporto di
Hilo, località sulla costa occidentale nota per le
sue spiagge nere. Il pilota farà sicuramente un giro
anche sulle Akaka Falls, le cascate più importanti dell’isola, per farvi ammirare il loro impressionante salto di 140 metri. L’isola è anche nota agli
appassionati di golf per offrire i migliori campi
overseas
02
03
dell’arcipelago. Chi vuole invece rimanere assordato dalla potenza dell’oceano deve dirigersi a
Waimea sulla North-Shore di Oahu: nelle “giornate buone”, come dicono da queste parti, fanno
bella mostra di sé le onde più grandi del mondo,
i cui picchi raggiungono 15 metri di altezza. Tra
novembre e dicembre vi si radunano i surfisti più
temerari per cimentarsi in appuntamenti quali il
Vans Triple Crown of Surfing e il Billabong Pipe
Masters. Ma Oahu è tristemente nota anche per
il violento bombardamento giapponese del 7 dicembre 1941 alla base americana di Pearl Harbor.
Per ricordare questo tragico avvenimento è stato istituito un monumento esattamente sopra il
relitto di una delle navi colpite, la USS Arizona.
Presso il Pearl Harbor Visitor Center è possibile
partecipare a un tour guidato dell’area, ammirare
una ricostruzione esatta della battaglia, numerose gallerie fotografiche e un docufilm con riprese
dell’epoca. Abbandonata la storia, si può proseguire con la fantasia andando a visitare l’immenso
Ho’omaluhia Botanical Garden che, non a caso, è
stato il set di alcune ambientazioni del film Jurassic Park. L’area, molto vasta, può essere esplorata
con la propria auto e raccoglie la flora proveniente
da Asia, Africa e Polinesia. Da non perdere anche
l’isola di Maui, in grado di offrire una varietà di
paesaggi incredibili. La soluzione migliore per go-
dere della sua bellezza è affittare un 4x4 e iniziare
a esplorarla. Molto famosa è la Strada per Hana,
un percorso costiero di un centinaio di chilometri fatto da 600 curve e 54 ponti che permette di
ammirare allo stesso tempo cascate nascoste nella
foresta come panorami mozzafiato a strapiombo
sul mare. Tralasciando le spiagge più famose per
i surfisti come quella di Hookipa, di grande fascino è quella di Kaihalulu, una mezzaluna di sabbia
rossa incastonata nel fianco del cono di cenere di
Ka’uiki Head. Il sentiero per raggiungerla è impervio, il che la rende una meta difficile da raggiungere per le famiglie, ma molto amata dagli appassionati di nudismo. In tutto l’arcipelago hawaiano
si organizzano crociere per avvistare le balene, ma
proprio dal piccolo porto di Lahaina, posto sulla
costa occidentale di Maui, partono i tour più quotati: tutte le agenzie del luogo assicurano almeno
un avvistamento con le megattere che, nel periodo tra dicembre e maggio migrano dall’Alaska alla
ricerca di acque più calde. All’appello mancano
ancora le isole di Niihau, Kauai, Molokai, Lanai
e Kaoolawe, ma solo chi ha molto tempo a disposizione può permettersi di farsi ispirare da questi
antichi nomi e scegliere quale altra meravigliosa
isola esplorare. Tutti gli altri dovranno salire sulla
scaletta dell’aereo di ritorno con nelle orecchie il
suono del “magico saluto”.
02. Tra le varie
attrazioni delle
Hawai ci sono le
innumerevoli cascate,
alcune delle quali
raggiungono altezze
superiori ai cento
metri. Foto di Tor
Johnson
03. Un surfista su una
delle spiagge della
North Shore dell’isola
di Oahu. Il surf da
queste parti è lo sport
nazionale. Foto di Tor
Johnson
57
food
Amore d’Oltrape
Dopo le cucine etniche più azzardate e le pasticcerie regionali o scandinave, il food
trend del momento è un ritorno alle origini. E da Milano a Roma tornano sulle
tavole dolci raffinati e piatti eredi della nouvelle cuisine
di Simone Zeni
01
01. In Italia va di
“moda” la cucina
francese e in molte
città hanno aperto
locali che propongono
sapori d’Oltralpe
58
Ci sono la cucina turca e quella scandinava, le tapas spagnole e la moussakà greca o balcana. Da più
lontano arrivano uramaki, rodizio, ceviche e gyoza.
A Milano si possono avere difficoltà nel trovare un
buon risotto con zafferano e midollo, ma è quanto
mai semplice incappare in ristoranti etnici insoliti
e azzardati. Per molti anni la spasmodica ricerca
dell’esotico ha fatto sì che la città, e l’Italia tutta,
abbiano un po’ trascurato le cucine a noi più vicine, come quella d’Oltralpe dei padri della nouvelle
cuisine, il movimento culinario emerso nel 1973
per merito dei critici gastronomici Christian Millau e Henri Gault, e dell’haute pâtisserie (eccezione fatta per i macaron di Ladurée e compagnia
bella che, nella loro veste di coloratissimi bocconi,
si sono ritagliati un’inossidabile fetta di pubblico).
Nell’ultimo periodo però la tendenza è sembrata cambiare e, da Milano a Roma, fino a Torino e
Bologna, la Francia è tornata a conquistare i palati gourmand a suon di baguette, croissant, crêpes
ed eclair. Nel capoluogo lombardo il colosso dei
prodotti da forno Délifrance ha aperto un grande store nella moderna piazza Gae Aulenti. Non
solo: se la catena L’éclair de Genie di Christophe
Adam è pronta a rifornire la città con i suoi lunghi
dolcetti di pasta choux in corso di Porta Ticinese
e in corso Garibaldi (presto anche con boutique
in centro storico), la pasticceria di Pascal Caffet
in via San Vittore prepara dolci dall’estetica e
dal gusto impeccabili e impareggiabili macaron.
Qui ad accogliervi è Olivier Gallo, colto maître
pâtissier che nei suoi dolci mette tutta la sapienza
che si ritrova anche nello store Caffet di Torino, in
piazza Castello, interamente dedicato al cioccolato (ed elegante come una moderna gioielleria).
Oltre al dolce, si possono degustare ottimi vini,
carne e pane croccante da Le vrai, locale a metà
tra brasserie e boulangerie in via Galilei. Da Amuse
Bouche, in via Savona, si possono ordinare quelli
che la gestione definisce testualmente «30 gram-
food
midnight in milan
Inagura il 19 settembre a Milano
il locale Pourquoi Pas?, la nuova
Brasserie Cafè Restaurant di C.so
Garibaldi 17, un angolo parigino
nel cuore di Milano. Un concentrato di competenze, esperienze e
attitudini di tre amici diventati oggi
anche soci. Simone Taiuti, Giancarlo Siola e Daniele Pagani hanno
infatti unito le proprie capacità per
dare forma a questo angolo parigino nel cuore milanese. Il progetto
si è materializzato in uno spazio di
30 mq aperto dal petit déjeuner al
calar della notte, per un’offerta che
non tralascia l’appuntamento dell’aperitivo. Protagonisti, ça va sans
dire, i prodotti migliori francesi:
verre de vin blanc ou rouge, cremant
de Loire, champagne, bières
françaises, il tutto accompagnato da
piccole amuse bouche, piccoli chou,
foies gras o fresche cruditées.
mi di dimensione artistica per soddisfare tutti i
palati e tutti gli appetiti», un tripudio di panini
con uvette, formaggi, pomodori, sottòli ricercati
e senape à l’àncienne. Via Correggio 50 è infine
l’indirizzo per gli amanti delle crêpes, qui ha sede
La creperie d’Auriane che propone anche piatti
creativi francesi (spesso a base d’anatra) e zuppe.
E anche Roma ha il suo tempio delle crepes, un
ristorantino alla moda aperto nella prima metà
del 2016. Si tratta del colorato Crêpes Galettes
e si trova in via Leonina, dove il titolare Florent
prepara orgoglioso e appassionato le originali bretoni, sia dolci sia salate, accompagnate dall’inseparabile sidro di mele ma anche baguette e altri
prodotti tipici. La vera novità capitolina dell’anno
che va ad affiancare locali storici come il Charly’s
Sauciere (con oltre 45 gloriosi anni di attività
nella sua sede di via San Giovanni in Laterano)
e Le Levain Bakery, il forno di via Santini aperto
a fine 2014 da un’idea del giovane pasticcere pugliese Giuseppe Solfrizzi, cresciuto alla corte del
celebre Alain Ducasse, che impiega le sue farine
biologiche e il lievito madre al servizio di un’ispi-
02
razione di pasticceria tutta francese.
Dotta, e innegabilmente golosa, anche Bologna
non si è tirata indietro davanti alle ultime tendenze food e Le bar a’ vin, in via Nazario Sauro, ne
è la dimostrazione. Gestito da Angelo, che tra i
primi portò nel capoluogo emiliano l’allure delle
strade di Parigi con il ristorante Au Coq Qui Rit,
questo localino riesce ad accontentare ogni cliente con etichette ricercate (sempre bene lasciarsi
consigliare), bollicine naturali, bocconcini sani e
degustazioni attente anche a chi è intollerante. E
l’ambiente è carico di un romanticismo che sfiora
la magia. Le altre città? Sicuramente arriveranno.
Una tendenza, quella che riporta la tanto ammirata creatività francese (soprattutto in ambito dolciario), che pare essere solo all’inizio e che non
si può leggere come un fenomeno modaiolo, ma
piuttosto come un’evoluzione inevitabile di quel
processo, ormai consolidato nel Belpaese, di conservazione, riscoperta, valorizzazione e attualizzazione di ricette e pietanze che fanno la storia dei
territori. E che dalle nostre montagne ha quindi
appena superato il confine.
02. Dolce o salata,
la cucina francese,
così varia e golosa,
conquista tutti
59
food
Luigi Taglienti
La sua è una cucina senza tempo, antica e moderna
insieme. Ha lavorato al fianco di Ezio Santin,
Christian Willer, Christian Sinicropi e Carlo
Cracco. Nel 2009 ha guadagnato la sua prima
Stella Michelin, mentre nel 2014 si è aggiudico le Tre
Forchette del Gambero Rosso. Classe 1979, Luigi
Taglienti inaugura una nuova fase della sua vita alla
guida di Lume, il ristorante nel quale spera di poter
crescere anche come manager
di Elisa Zanetti
Com’è nato il suo amore per la cucina?
È una passione venuta fuori piano piano. In casa abbiamo sempre mangiato
bene: mio nonno aveva l’orto e in famiglia siamo tutti buone forchette. Poi
è arrivata la scuola alberghiera e così la
passione è diventata professione. Tengo
a sottolineare questo: il cuoco è un professionista, non è uno che lo fa solo per
passione: ci vuole tantissima passione,
ma è una professione con dei parametri
ben definiti.
Cosa differenzia un professionista?
Ci sono degli elementi che sono oggettivi, delle preparazioni, dei passaggi che
sono fondamentali e che un cuoco deve
fare per diventare un professionista e
non restare un “cuochetto”. Contano
molto le esperienze di professionalità
vissuta, lo studio, l’approccio al lavoro
che è fatto di disciplina, perché è duro:
dà molto, ma priva anche di molte cose.
Fare bene questa professione significa
viverla a 360 gradi, senza staccare. Certo, ci sono dei momenti di relax, ma il
processo mentale è costante: a mente
fredda si ripercorrono i passaggi, si cerca di capire dove migliorare...
Noto che le piace definirsi “cuoco”, è
una parola genuina, che non si sente
spesso oggi…
Sì, adesso cercano tutti le copertine di
Vanity Fair… Io ho imparato molto da
Ezio Santin, un professionista fedele
60
alla sua cucina, ma in modo umile, pacato. Credo siano valori che mancano:
oggi sono tutti grandi chef, poi davanti
a una stufa… Parliamone: fare il cuoco
è diventata una moda, ma se lo sei davvero quando ti trovi a usare una stufa
la fai funzionare, non è lei che fa camminare te.
La prima cosa che ha imparato in cucina?
Ti accorgi sempre dopo di quello che
impari, impari sbagliando, fai un percorso e non ti rendi conto delle acquisizioni che fai, è un continuo crescere.
Sono entrato in cucina presto e ho imparato come si lavano i piatti. Chi lava
per terra ha la stessa importanza di chi
manteca un risotto: il risotto va al cliente, chi pulisce il pavimento ti permette
di lavorare meglio, se cucinassi nello
sporco non potresti fare il risotto bene.
Ci vuole rispetto per tutti.
La sua cucina è una cucina sia classica che innovativa…
La mia è una cucina senza regole, perché le regole le conosco e credo di avere delle buone nozioni della “cucina
classica”. Questo mi permette di essere
naturale e di creare cose inedite, attraverso flash mentali. Ad esempio: ho l’idea di accostare l’aragosta alle lumache
bianche liguri? Ci provo, ma lo faccio
cuocendo le lumache in maniera tradizionale, alla ligure, faccio il soffritto
all’italiana e così via. Compongo una
cucina molto personale: creativa e contemporanea, ma che rispecchia l’italianità, una nuova italianità.
Qual è il suo rapporto con la tradizione?
Mi piace parlare un linguaggio che sia
italiano, che non corrisponda per forza
con la tradizione, ma che segua quei
profumi e quei sapori in grado di fare
riaffiorare la memoria. La vera tradizione è la memoria, non è quello che
intendono tutti. Il piatto tradizionale è
quello che ciascuno tramite quel piatto ricorda, è un riaffiorare di memorie
vissute. Si tratta di un legame più personale, intimo.
Il suo piatto della memoria?
I fagioli all’uccelletto di mia nonna.
Le piace vivere a Milano?
Nei primi quattro anni in cui sono stato qui sono stato totalmente assorbito
dall’impegno a Il Ristorante Trussardi
alla Scala. In questo anno di lavori dedicati a Lume, ho imparato a conoscerla, girarla e mi piace: è una città che dà
energia, che mette la giusta pressione e
noi stiamo cercando di creare qualcosa
di innovativo, ridando vita all’ex fabbrica Richard Ginori, uno spazio che ha
avuto un significato importante per l’Italia e nel quale spero di poter crescere anche come manager, lanciando un
nuovo brand.
food
La ricetta dello chef
Una delle ricette preferite dallo chef
mescola i profumi delle more di gelso e
della verbena per esaltare il gusto delle
animelle con il succo di vitello
Animella di vitello cotta al tegame,
anacardi e more di gelso
Ingredienti per 4 persone: 4 tranci di animella da140 g, burro,
succo di vitello, 200 g di anacardi idratati, 40 ml latte, 40 ml
panna, 5 ml di aceto d’anfora, sale, pepe bianco, more di gelso
fresche, foglie di verbena
Prendere i 4 tranci di animella, sbianchirli in acqua acidulata, e riporle in un
tegame medio a bordi bassi, con poco
burro chiarificato. Arrostire le animelle
sino a renderle belle dorate, aggiungere
un poco di burro fresco e continuare la
cottura mantenendole rosa all’interno.
Lasciare riposare al caldo per almeno 8
minuti, poi glassare le animelle con il
succo di vitello. Per preparare la crema
lume
Si trova all’interno della ex fabbrica
Richard Ginori e fa parte di W37,
la realtà polifunzionale gestita da
MB America che comprende
abitazioni, uffici e spazi per eventi.
«L’idea – spiega Taglienti – è creare
un luogo dove ritagliarsi un momento di tranquillità, vogliamo che
gli ospiti entrino nella nostra casa e
la rendano loro». E potranno farlo
davvero: una stanza di W37 è infatti riservata ai clienti di Lume che
potranno pernottare lì. Progettati
dall’architetta Monica Melotti, gli
spazi sono caratterizzati da tonalità
bianche e ampie vetrate affacciate
sul giardino interno a catturarne
la luce, da qui il nome Lume. La
cucina è chiusa in un cubo di vetro
ornato da decori che, riattualizzando il motivo del ricamo, rappresentano l’equilibrio fra patrimonio
storico e contemporaneità.
via Giacomo Watt 37 - Milano
www.lumemilano.com
di anacardi intiepidire il latte e la panna, aggiungere la frutta secca e frullare
sino a ottenere una crema liscia. Condire con aceto d’anfora e un filo di olio
aggiustando di sale e pepe bianco. Presentare il piatto adagiando alla base la
crema di anacardi, dopo di che aggiungere anacardi e more di gelso fresche,
alcune foglie di verbena e terminare
con l’animella glassata.
61
free time
Da non perdere...
Una selezione dei migliori eventi che
animeranno la città nei prossimi mesi
a cura di Enrico S. Benincasa
TEDxMilano
Il Teatro del Verme ospita la quarta
edizione di TEDxMilano, dedicata
al tema “Incroci”, inteso come
commistione tra culture, scambi
di competenze e confronto tra
percorsi personali e professionali. Il
format è ovviamente quello collaudato: 15 minuti per ogni relatore
per condividere idee ed esperienze
con il pubblico in sala e, successivamente, con la rete.
Teatro Dal Verme - Milano
il 16 ottobre
www.tedxmilano.it
Hokusai, Hiroshige, Utamaro
Palazzo Reale - Milano
dal 22 settembre al 29 gennaio
www.hokusaimilano.it
La via geometrica
Tra le tante cose fatte nella sua vita,
Leonardo da Vinci ha contribuito
anche allo sviluppo del gioco degli
scacchi? Da questa domanda,
sorta in seguito al ritrovamento
del manoscritto di Frà Luca Pacioli
intitolato De ludo scachorum da
parte di Franco Rocco, profondo
conoscitore della storia del gioco,
è nato prima un volume e oggi
una mostra che, oltre a rispondere
positivamente a questo quesito,
presenta video e altri oggetti dedicati agli scacchi.
Spazio Espositivo PwC - Milano
fino al 30 settembre
62
Il 150esimo anniversario delle relazioni diplomatiche tra Giappone e Italia
è l’occasione per portare a Palazzo
Reale una mostra dedicata all’ukiyo-e,
termine con il quale si indica la produzione artistica seriale in stampe, a
opera di giovani artisti di Tokyo (allora
Edo), Osaka e Kyoto a partire dal ‘700.
Soggetti di queste opere, divenute popolari perché accessibili a tutti per i
minori costi, sono uomini, animali, paesaggi naturali, immagini mondane, di
arti e mestieri o legate alla dimensione
onirica, tutti elementi del cosiddetto
“mondo fluttuante”. I tre artisti simbolo di questa corrente sono Hokusai,
Hiroshige e Utamaro e, per raccontare
la loro esperienza artistica, l’Honolulu
Musueum of Art ha concesso agli organizzatori 200 silografie policrome e
libri illustrati che andranno a popolare
le cinque sezioni in cui è divisa la mostra (Paggi e luoghi celebri: Hokusai e
Hiroshige; Tradizione letteraria e vedute celebri: Hokusai; Rivali di “natura”:
Hokusai e Hiroshige; Utamaro: bellezza e sensualità; I Manga: Hokusai insegna). Un’occasione per conoscere alcuni artisti capaci di forgiare l’immagine
del Giappone ancora prima dell’arrivo
della fotografia, veri e propri innovatori che hanno influenzato movimenti
europei successivi come l’Impressionismo, arrivando a lasciare tracce fino ai
giorni nostri, dai manga agli anime senza dimenticare il mondo del tatuaggio.
free time
Festival della Fotografia Etica
Red Bull Flying Bach
La breakdance dei Flying Steps
incontra sul palco del Teatro degli
Arcimboldi le musiche di uno dei
compositori più importanti del
Settecento, Johann Sebastian Bach.
Uno spettacolo che fa sempre il
sold out in tutto il mondo e che,
per la versione italiana, vedrà la
partecipazione della ballerina Virginia Tomarchio. Due gli spettacoli
previsti nella giornata del primo
ottobre, uno alle 17 e uno alle 21.
Teatro degli Arcimboldi - Milano
il 1 ottobre
www.teatroarcimboldi.it
Location varie - Lodi
tutti i weekend di ottobre
www.festivaldellafotografiaetica.it
Dal 2010 Lodi, grazie al Gruppo Fotografico Progetto Immagine, ospita
durante il mese di ottobre uno degli
eventi dedicati alla fotografia più interessanti in Italia. Stiamo parlando del
Festival della Fotografia Etica, iniziativa che promuove la fotografia come
strumento di conoscenza e approfondimento della realtà e che porta nella
città lombarda fotoreporter di caratura
internazionale per esporre i propri lavori. Nell’edizione 2016 il festival si
“allunga” e aumenta di un weekend la
sua durata, portando quindi da tre a
quattro i fine settimana di attività. Sarà
probabilmente superato il record di
presenze dello scorso anno di poco più
di 9mila visitatori. Mostre, dibattiti, in-
contri e workshop saranno organizzati
in diversi punti del centro città, mentre
gli appuntamenti serali si svolgeranno
alla biblioteca comunale. Oltre al concorso principale, ci sarà spazio anche
per approfondimenti vari sempre legati a temi importanti dal punto di vista
del contenuto, sia in “Spazio ONG”,
sia in quello dedicato alle popolazioni
che vivono agli estremi del mondo, sia
in quello dedicato all’approfondimento tematico sul cancro. Da quest’anno,
inoltre, l’evento si fa itinerante con
“Travelling Festival”, iniziativa che porterà le mostre in giro per la Lombardia,
in particolare a Milano (allo Spazio San
Fedele), Voghera e Bergamo, ma anche
in Umbria, a Perugia.
Milano Musica
25esima edizione per Milano
Musica, la manifestazione che, in
collaborazione con il Teatro Alla
Scala, indaga i linguaggi della musica
contemporanea con concerti e
performance studiate per l’occasione. Il programma di quest’anno è
dedicato a Gérard Grisey e alla sua
produzione musicale avanguardistica. Venti gli eventi in programma, a
cavallo tra ottobre e novembre, in
diversi luoghi della città.
Location Varie - Milano
dal 9 ottobre al 21 novembre
www.milanomusica.org
63
secret milano
Metti una casa a zucca
Sembrano le case delle favole, invece sono quelle del Villaggio dei Giornalisti, alla
Maggiolina, casette monofamiliari a base circolare che assomigliano a zucche per la
caratteristica forma del tetto. Uno spaccato di architettura del XX secolo che aveva
più di un’idea in testa
di Marilena Roncarà - foto da Urbanfile.org
Succede talvolta che l’estro degli architetti prenda il sopravvento regalandoci squarci di quartieri che sembrano
arrivare da un’altra dimensione e che
inevitabilmente ci sorprendono. Tutto questo a Milano accade anche al
Villaggio dei Giornalisti, in una fascia
di terreno che si sviluppa in maniera
sinuosa a partire da piazza Carbonari. A venirci incontro, in realtà un po’
mimetizzate tra le più ordinarie architetture di quartiere che sembrano,
invece, fare l’occhiolino alle case vacanza, sono alcune casette dalla forma
alquanto bizzarra, le case “igloo” dette
anche “zucca” per la caratteristica forma del tetto. Si tratta, infatti, di vere e
proprie cupole realizzate con un sistema a volta, formato da mattoni forati:
sono costruzioni monofamiliari a base
circolare di circa 45 metri quadri. Il
tutto è stato progettato dall’ingegnere
Mario Cavallé anche se, a dire il vero,
due fra le sue creazioni, quelle ispira64
te a uno dei funghi più appariscenti e
velenosi del bosco, l’amanita muscaria,
con tanto di gambo e cappello rosso,
furono demolite nel Dopoguerra e di
loro abbiamo traccia solo nelle foto.
Le altre, a forma di igloo o zucca, sono
per fortuna sopravvissute (8 su 10) ed
è davvero difficile non notarle in via
Lepanto, a ridosso della ferrovia. Ma
per partire dall’inizio bisogna tornare
al maggio del 1911 quando l’avvocato
Mario Cerati, redattore de “Il Secolo”,
diffondeva un editoriale sul tema degli
alloggi e delle case popolari ribadendo
che, se tanto era stato fatto a vantaggio
delle classi operaie, c’era invece poco o
niente per la piccola e media borghesia. La sua proposta era di formare una
società cooperativa che acquistasse terreni nel comune di Milano o limitrofi
per costruirvi fabbricati a uso dei soci.
L’iniziativa ebbe così successo che, in
pochi mesi, il progetto iniziò e venne
costituita la società “Quartiere Giardi-
no Mirabello”, mentre il quartiere prese poi il nome di Villaggio dei Giornalisti perché il primo nucleo di adesioni
arricò perlopiù da pubblicisti. Oggi il
villaggio è un tranquillo quartiere residenziale immerso nel verde e, tra un
viottolo e l’altro, precisamente in via
Perrone di San Marino, c’è un’altra sorpresa pronta ad accoglierci: la famosa
casa palafitta, un’opera del movimento
razionalista degli anni Trenta, firmata
dall’architetto Luigi Figini. Anche se
un po’ soffocata tra le altre abitazioni
e ormai priva di quell’«affettuoso abbraccio della natura», come lo aveva
descritto Figini, che ben consentiva
di apprezzare il gioco dei pieni e dei
vuoti, la casa resta ancora lì a mostrarci
un’organizzazione del quotidiano più
che mai ispirata. Ma soprattutto insieme alle case igloo, ci parla della storia
di questo quartiere, degli architetti che
lo hanno immaginato e di come continui a “produrre pensiero”.
network
Puoi trovare Club Milano
in oltre 200 location
selezionate a Milano
night & restaurant: Al fresco Via Savona 50 Angolomilano Via
Boltraffio18 Antica Trattoria della Pesa V.le Pasubio 10 Bar Magenta Largo
D’Ancona Beda House Via Murat 2 Bento Bar C.so Garibaldi 104 Bhangra
Bar C.so Sempione 1 Blanco Via Morgagni 2 Blue Note Via Borsieri 37
Caffè della Pusterla Via De Amicis 24 Café Gorille Via De Castillia 20
Caffè Savona Via Montevideo 4 Cape Town Via Vigevano 3 Capo Verde
Via Leoncavallo 16 Cheese Via Celestino IV 11 Chocolat Via Boccaccio 9
Circle Via Stendhal 36 Colonial Cafè C.so Magenta 85 Combines XL Via
Montevideo 9 Cubo Lungo Via San Galdino 5 Dada Cafè / Superstudio
Più Via Tortona 27 Deseo C.so Sempione 2 Design Library Via Savona 11
Elettrauto Cadore Via Cadore ang. Pinaroli 3 El Galo Negro Via Taverna
Executive Lounge Via Di Tocqueville 3 Exploit Via Pioppette 3 Fashion
Cafè Via San Marco 1 FoodArt Via Vigevano 34 Fusco Via Solferino 48
G Lounge Via Larga 8 Giamaica Via Brera 32 God Save The Food Via
Tortona 34 Goganga Via Cadolini 39 Grand’Italia Via Palermo 5 HB Bistrot
Hangar Bicocca Via Chiese 2 Il Coriandolo Via dell’Orso 1 Innvilllà Via
Pegaso 11 Jazz Cafè C.so Sempione 4 Kamarina Via Pier Capponi 1
Kisho Via Morosini 12 Kohinoor Via Decembrio 26 Kyoto Via Bixio 29
La Fabbrica V.le Pasubio 2 La rosa nera Via Solferino 12 La Tradizionale
Via Bergognone 16 Le Biciclette Via Torti 1 Le Coquetel Via Vetere 14 Le
jardin au bord du lac Via Circonvallazione 51 (Idroscalo) Leopardi 13 Via
Leopardi 13 Les Gitanes Bistrot Via Tortona 15 Lifegate Cafè Via della
Commenda 43 Living P.zza Sempione 2 Luca e Andrea Alzaia Naviglio
Grande 34 MAG Cafè Ripa Porta Ticinese 43 Mandarin 2 Via Garofano
22 Milano Via Procaccini 37 Mono Via Lecco 6 My Sushi Via Casati 1 - V.le
Certosa 63 N’ombra de Vin Via San Marco 2 Noon Via Boccaccio 4 Noy
Via Soresina 4 O’ Fuoco Via Palermo 11 Origami Via Rosales 4 Ozium
t7 café - via Tortona 7 Palo Alto Café C.so di Porta Romana 106 Panino
Giusto P.zza Beccaria 4 - P.zza 24 Maggio Parco Via Spallanzani - C.so
Magenta 14 Patchouli Cafè C.so Lodi 51 Posteria de Amicis Via De Amicis
33 Qor Via Elba 30 Radetzky C.so Garibaldi 105 Ratanà Via De Castillia
28 Refeel Via Sabotino 20 Rigolo Via Solferino 11 Marghera Via Marghera
37 Rita Via Fumagalli 1 Roialto Via Piero della Francesca 55 Serendepity
C.so di Porta Ticinese 100 Seven C.so Colombo 11 - V.le Montenero 29
- Via Bertelli 4 Smeraldino P.zza XXV Aprile 1 Smooth Via Buonarroti 15
Superstudio Café Via Forcella 13 Stendhal Via Ancona 1 Tasca C.so Porta
Ticinese 14 That’s Wine P.zza Velasca 5 Timè Via S.Marco 5 Tortona 36
Via Tortona 36 Trattoria Toscana C.so di Porta Ticinese 58 Union Club Via
Moretto da Brescia 36 Van Gogh Cafè Via Bertani 2 Volo Via Torricelli 16
Zerodue_Restaurant C.so di Porta Ticinese 6 3Jolie Via Induno 1
stores: Ago Via San Pietro All’Orto 17 Al.ive Via Burlamacchi 11 Ana
Pires Via Solferino 46 Antonia Via Pontevetero 1 ang. Via Cusani Bagatt
P.zza San Marco 1 Banner Via Sant’Andrea 8/a Biffi C.so Genova 6 Brand
Largo Zandonai 3 Brian&Barry via Durini 28 Brooksfield C.so Venezia
1 Buscemi Dischi C.so Magenta 31 Centro Porsche Milano Nord Via
Stephenson 53 Centro Porsche Milano Est Via Rubattino 94 C.P. Company
C.so Venezia Calligaris Via Tivoli ang. Foro Buonaparte Dantone C.so
Matteotti 20 Eleven Store Via Tocqueville 11 Fgf store Piazza xxv Aprile1
Germano Zama Via Solferino 1 Gioielleria Verga Via Mazzini 1 Joost Via
Cesare Correnti 12 Jump Via Sciesa 2/a Kartell Via Turati ang. Via Porta 1
La tenda 3 Piazza San Marco 1 Le Moustache Via Amadeo 24 Le Vintage
Via Garigliano 4 Libreria Hoepli Via Hoepli 5 MCS Marlboro Classics C.so
Venezia 2 - Via Torino 21 - C.so Vercelli 25 Moroso Via Pontaccio 8/10
Native Alzaia Naviglio Grande 36 Open viale Monte Nero 6 Paul Smith
Via Manzoni 30 Pepe Jeans C.so Europa 18 Pinko Via Torino 47 Rubertelli
Via Vincenzo Monti 56 The Store Via Solferino 11 Valcucine (Bookshop)
C.so Garibaldi 99
showroom: Alberta Ferretti Via Donizetti 48 Alessandro Falconieri
Via Uberti 6 And’s Studio Via Colletta 69 AutoRigoldi Showroom Skoda Via
Pecchio10 AutoRigoldi Showroom Volkswagen Via Novara 235 Bagutta
Via Tortona 35 Casile&Casile Via Mascheroni 19 Damiano Boiocchi Via
San Primo 4 Daniela Gerini Via Sant’Andrea 8 Gap Studio C.so P.ta Romana
98 Gallo Evolution Via Andegari 15 ang. Via Manzoni Gruppo Moda Via
Ferrini 3 Guess Via Lambro 5 Guffanti Concept Via Corridoni 37 IF Italian
Fashion Via Vittadini 11 In Style Via Cola Montano 36 Interga V.le Faenza
12/13 Jean’s Paul Gaultier Via Montebello 30 Love Sex Money Via Giovan
Battista Morgagni 33 Massimo Bonini Via Montenapoleone 2 Miroglio Via
Burlamacchi 4 Missoni Via Solferino 9 Moschino Via San Gregorio 28 Parini
11 Via Parini 11 Red Fish Lab Via Malpighi 4 Sapi C.so Plebisciti 12 Spazio
+ Meet2Biz Alzaia Naviglio Grande 14 Studio Zeta Via Friuli 26 Who’s
Who Via Serbelloni 7
beauty & fitness: Accademia del Bell’Essere Via Mecenate 76/24
Adorè C.so XXII Marzo 48 Aspria Harbour Club Milano Via Cascina
Bellaria 19 Caroli Health Club Via Senato 1Centro Sportivo San Carlo Via
Zenale 6 Damasco Via Tortona 19 Get Fit Via Lambrate 20 - Via Piranesi
9 - V.le Stelvio 65 - Via Piacenza 4 - Via Ravizza 4 - Via Meda 52 - Via Vico
38 - Via Cenisio 10 Greenline Via Procaccini 36/38 Gym Plus Via Friuli 10
Intrecci Via Larga 2 Le Garcons de la rue Via Lagrange 1 Le terme in città
Via Vigevano 3 Orea Malià Via Castaldi 42 - Via Marghera 18 Romans Club
Corso Sempione 30 Spy Hair Via Palermo 1 Tennis Club Milano Alberto
Bonacossa Via Giuseppe Arimondi 15 Terme Milano P.zza Medaglie d’Oro
2, ang. Via Filippetti Tony&Guy Gall. Passerella 1 Virgin Active Milano Diaz
Piazza Diaz 6
art & entertainment: PAC (Padiglione Arte Contemporanea) Via
Palestro 14 Pack Foro Bonaparte 60 Palazzo Reale P.zza Duomo Teatro
Carcano C.so di Porta Romana 63 Teatro Derby Via Pietro Mascagni
8 Teatro Libero Via Savona 10 Teatro Litta C.so Magenta 24 Teatro
Smeraldo P.zza XXV Aprile 10 Teatro Strehler Largo Greppi 1 Triennale
V.le Alemagna 6 Triennale Bovisa Via Lambruschini 31
hotel: Admiral Via Domodossola 16 Astoria V.le Murillo 9 Boscolo C.so
Matteotti 4 Bronzino House Via Bronzino 20 Bulgari Via Fratelli Gabba 7/a
Domenichino Via Domenichino 41 Four Season Via Gesù 8 Galileo C.so
Europa 9 Nhow Via Tortona 35 Park Hyatt (Park Restaurant) Via T. Grossi
1 Residence Romana C.so P.ta Romana 64 Sheraton Diana Majestic V.le
Piave 42
inoltre: Bagni Vecchi e Bagni Nuovi di Bormio (SO) Terme di PreSaint-Didier (AO)
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Colophon
club milano
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Chiara Temperato, Virassamy,
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