La performance dei fondi di private equity: aspetti valutativi, contabili

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La performance dei fondi di private equity: aspetti valutativi, contabili
La performance dei fondi
di private equity: aspetti valutativi,
contabili e fiscali
a cura di
KPMG Advisory SpA
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QUADERNI SULL’INVESTIMENTO NEL CAPITALE DI RISCHIO
Quaderni sull’Investimento nel Capitale di Rischio
Periodico di AIFI
Associazione Italiana del Private Equity e Venture Capital
Numero 34 – Anno 2013
Autorizzazione del Tribunale di Milano n. 794 del 23 dicembre 2003
ISSN 1824-4734
ISBN 978-88-238-6158-9
Direttore Responsabile
Anna Gervasoni
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Finito di stampare nel mese di maggio 2013
Questo numero è stato chiuso in redazione il 6 maggio 2013.
LA PERFORMANCE DEI FONDI DI PRIVATE EQUITY: ASPETTI VALUTATIVI, CONTABILI E FISCALI
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Gli autori
KPMG è una delle principali organizzazioni di servizi professionali per le imprese a livello internazionale. Il network KPMG, attivo in 156 Paesi del mondo con oltre 152 mila professionisti, ha un
modello operativo di tipo federale. Le società aderenti a KPMG condividono lo stesso indirizzo
strategico e comportamentale su temi professionali, etici, deontologici e di risk management operando con autonomia gestionale nei rispettivi mercati nazionali.
Presente da oltre 50 anni in Italia, con più di 5 mila clienti ed un portafoglio completo di servizi che
risponde alle necessità del mercato nazionale e internazionale, il network KPMG è riconosciuto dal
mercato come la più importante piattaforma di servizi professionali alle imprese in Italia. Con 3 mila professionisti, 28 sedi sul territorio nazionale, 169 Partner, KPMG opera nel nostro Paese tramite
un network multidisciplinare di società che svolgono attività di revisione e organizzazione contabile, consulenza direzionale e di change management nei processi organizzativi, servizi fiscali, legali
ed amministrativi.
Il responsabile del presente lavoro è il dott. Maximilian P. Fiani, coadiuvato dal dott. Davide Sironi.
Si ringraziano per il contributo apportato il dott. Andrea Mezzanzanica e, per la parte fiscale, il dott.
Stefano Lenoci e l’avv. Maria Reppucci.
KPMG International operates as a network of member firms offering audit, tax and advisory services in over 156 countries throughout the world and with more than 152,000 professionals. This
structure is designed to support consistency of service quality and adherence to agreed values
wherever in the world member firms operate. Although each KPMG firm is separate and legally
distinct, operating independently on its national market, the member firms commit themselves to a
common set of KPMG values and abide by the same quality standards governing how they operate
and how they provide services to clients.
The KPMG network has been operating in Italy since 1958, and specializes in auditing and accounting, management consultancy and change management in organizational processes, extraordinary finance and technological innovation, and tax, legal and administration services. Since their
origins, KPMG firms have been at the service of the country, guiding the evolution of the financial
market and the growth of industrial concerns. Today, with more than 3,000 professionals operating
in 28 major Italian cities, 169 Partners, over 5,000 clients and a full service portfolio which addresses national and international markets’ requirements, the KPMG network is recognized by its
stakeholders as the most important provider of professional services in Italy.
The responsible of the present work is Mr Maximilian P. Fiani, supported by Mr Davide Sironi. We
also thank for the contribution Mr Andrea Mezzanzanica and, for the tax section, Mr Stefano
Lenoci and Ms Maria Reppucci.
LA PERFORMANCE DEI FONDI DI PRIVATE EQUITY: ASPETTI VALUTATIVI, CONTABILI E FISCALI
5
Indice
Abstract
1. La misurazione della performance dei fondi di private equity
1.1
1.2
1.3
1.4
1.5
Indici di redditività
Altri indicatori
Indici comparativi
Utilizzo degli indicatori nel contesto italiano
I fattori che influenzano la performance dei fondi di private equity
2. La valutazione degli attivi
2.1 Le linee guida dell’IPEV
2.2 Definizione di fair value
2.2.1 Metodologie di valutazione
2.2.2 La valutazione delle quote di fondi
2.2.3 Aspetti applicativi
2.3 I fondi di diritto italiano
2.4 Le società di partecipazione
2.5 Considerazioni conclusive
3. La fiscalità dei fondi nel contesto italiano
3.1 Premessa
3.2 Regime fiscale degli organismi di investimento collettivo del risparmio
3.3 Regime fiscale degli investitori partecipanti a OICR
3.3.1 Partecipazioni detenute da persone fisiche residenti in Italia al di fuori
dell’esercizio di impresa
3.3.2 Partecipazioni detenute da persone fisiche o giuridiche residenti in Italia
esercenti attività di impresa
3.3.3 Partecipazioni detenute da persone fisiche o giuridiche non residenti in Italia
3.3.4 Soggetto tenuto ad operare la ritenuta sui redditi di capitale e sui redditi diversi
di natura finanziaria
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Glossario
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Bibliografia
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LA PERFORMANCE DEI FONDI DI PRIVATE EQUITY: ASPETTI VALUTATIVI, CONTABILI E FISCALI
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Abstract
Nel corso degli ultimi anni la normativa nazionale ed internazionale relativa agli strumenti di investimento nel capitale rischio è stata interessata da numerosi cambiamenti che rendono necessario
per gli operatori del settore un continuo aggiornamento.
Il testo si propone di fornire una sintetica visione con riferimento a tre ambiti ritenuti di interesse
per gli operatori del settore, quali la misura delle performance dei fondi di private equity, i criteri
per la valutazione degli investimenti, così come desumibili dalla dottrina valutativa e dalla normativa contabile in ambito nazionale ed internazionale, ed, infine, la fiscalità nel contesto italiano alla
luce dei recenti provvedimenti emanati in materia.
Le analisi sono corredate dalle risultanze di un’indagine, effettuata tra gli operatori del settore in
Italia, allo scopo di raccogliere indicazioni circa le prassi più diffuse con riferimento alla valutazione e contabilizzazione degli investimenti.
In recent years, Italian and international legislation on venture capital and private equity has undergone numerous changes. Accordingly, sector players need to be constantly updated.
The document provides a summarised overview of the three key issues interesting sector players,
i.e., measuring the performances of private equity funds, investment valuation techniques as set out
in valuation guidelines and Italian and international accounting regulations, and, finally, the Italian tax situation in light of recent changes to tax legislation.
The analyses are supported by the results of a survey carried out among Italian sector players with
the scope of gathering information on the most widespread practices used in valuating and recognising investments.
LA PERFORMANCE DEI FONDI DI PRIVATE EQUITY: ASPETTI VALUTATIVI, CONTABILI E FISCALI
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1. La misurazione della performance
dei fondi di private equity
La teoria economica presenta diverse metodologie di calcolo del rendimento di un investimento che
possono essere applicate alla misurazione della performance di un fondo di private equity. Nelle
pagine che seguono analizzeremo gli indicatori più diffusi tra gli operatori del settore e passeremo
in rassegna sinteticamente i principali fattori che influenzano la performance dei fondi.
1.1 Indici di redditività
Internal Rate of Return 1
La metodologia più comunemente utilizzata per il calcolo del rendimento di un fondo di private equity è il tasso interno di rendimento (Internal Rate of Return, IRR o, in italiano, TIR), che sintetizza le performance di un investimento in un solo indice percentuale.
In particolare l’IRR è il tasso di rendimento composto annuo che eguaglia la sommatoria dei flussi
di cassa in uscita attualizzati (e.g. cash out relativo all’investimento iniziale e/o agli investimenti
successivi) alla sommatoria dei flussi di cassa in entrata attualizzati (e.g. cash in legati sia alla distribuzione di dividendi, sia ai disinvestimenti). L’IRR misura perciò il rendimento percentuale medio annuo dell’investimento.
L’IRR è inoltre comunemente utilizzato nelle scelte decisionali circa la convenienza di un investimento. In questi casi si confronta il tasso interno di rendimento con un tasso di rendimento soglia,
detto tasso di accettazione o cut-off rate. La convenienza dell’investimento si ha qualora il tasso interno di rendimento sia maggiore del tasso di accettazione.
Il calcolo puntuale dell’IRR è possibile solo al termine della vita di un fondo quando tutte le partecipazioni sono state dismesse e si riescono pertanto a considerare nel calcolo della performance i
flussi di cassa positivi realizzati. Tuttavia gli investitori hanno la necessità di condurre valutazioni
dei rendimenti non soltanto alla chiusura del fondo ma anche durante la vita dello stesso, in modo
da monitorare, ad intervalli regolari, gli andamenti dei propri investimenti. Al fine di fornire agli
operatori indicatori idonei al monitoraggio periodico delle performance del fondo, l’associazione
internazionale degli operatori di private equity e venture capital (International Private Equity and
Venture Capital Board, IPEV) ha proposto livelli di calcolo intermedi dell’IRR 2.
In particolare sono state proposte tre modalità di calcolo dell’IRR, destinate all’utilizzo sia da parte
dei gestori dei fondi che degli investitori. I primi due indicatori, di primo e secondo livello, sono rivolti ai gestori del fondo e misurano il rendimento dello stesso con riferimento, rispettivamente, agli
investimenti già realizzati e al totale degli investimenti, inclusi quelli non ancora disinvestiti (e per1
Si veda in proposito, Anna Gervasoni, Fabio L. Sattin, “Private Equity e Venture Capital, Manuale di investimento nel
capitale di rischio”, Guerini studio, quarta edizione, marzo 2008.
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“IPEV Reporting Guidelines”, ottobre 2012, www.privateequityvaluation.com.
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QUADERNI SULL’INVESTIMENTO NEL CAPITALE DI RISCHIO
tanto ancora in portafoglio). L’ultimo indicatore, di terzo livello, calcola invece il rendimento netto
per gli investitori nel fondo.
a) Primo livello: rendimento lordo sugli investimenti realizzati
L’IRR di primo livello si calcola considerando i flussi di cassa in uscita (investimenti effettuati) e in
entrata (disinvestimenti, dividendi percepiti e interessi attivi) intercorsi tra il fondo e le sue partecipazioni per le quali si è già proceduto al relativo disinvestimento. Si tratta pertanto di un livello di
IRR caratterizzato da un elevato grado di certezza e nel quale la componente estimativa è ridotta al
minimo. In particolare, per il calcolo dell’IRR di primo livello, l’IPEV ha stabilito di includere i
flussi derivanti da disinvestimenti parziali che rispettino le regole seguenti:
•
devono essere inclusi soltanto disinvestimenti parziali significativi, comunque superiori al
30% del valore dell’investimento complessivo;
• dovrà essere garantita una completa informativa in merito agli investimenti parzialmente
realizzati, inclusi in questo livello;
• qualora l’investimento avvenga in fasi diverse e con costi per azione differenziati, il costo
per azione di riferimento sarà fondato sul costo medio per azione.
b) Secondo livello: rendimento lordo sul totale degli investimenti
Il calcolo dell’IRR di secondo livello considera i flussi di cassa in uscita (investimenti effettuati) e i
flussi di cassa in entrata (disinvestimenti, totali e parziali, percezione di interessi e dividendi) intercorsi tra il fondo e le sue partecipazioni, indipendentemente dal corrente stadio di realizzo. In particolare, nel calcolo dell’IRR di secondo livello, viene incluso il valore stimato del portafoglio non
ancora disinvestito alla data di valutazione. La stima dell’IRR di secondo livello presenta pertanto
un maggior grado di soggettività, in particolare relativamente alla valutazione degli investimenti
non ancora realizzati, che si traduce in una minore affidabilità dell’indicatore quanto più è prevalente la quota di investimenti non ancora realizzati.
Il rendimento lordo in esame non tiene conto dei costi connessi alla gestione del fondo quali i carried interest 3 e ogni altro onere corrisposto alla società di gestione del fondo.
c) Terzo livello: rendimento netto per il sottoscrittore
L’IRR di terzo livello è calcolato allo scopo di determinare il rendimento netto realizzato per il sottoscrittore del fondo. Esso pertanto tiene conto di tutte le movimentazioni di cassa che intercorrono
tra il fondo ed i sottoscrittori, quali investimenti, flussi di cassa positivi derivanti da operazioni di
disinvestimento, carried interest e commissioni corrisposte dai sottoscrittori alle società di gestione.
Il calcolo dell’IRR di terzo livello include anche la valutazione del portafoglio non ancora realizzato, al netto dei relativi carried interest impliciti.
Modified Internal Rate of Return 4
Rispetto all’IRR, nel quale si ipotizza un comune tasso di rendimento sia per i flussi di cassa in entrata che per i flussi in uscita, gli operatori di settore utilizzano nella pratica anche il cosiddetto Modified Internal Rate of Return (“M-IRR”). Questo indicatore è calcolato assumendo che i flussi di
cassa in entrata siano attualizzati ad un tasso in linea con il costo del capitale di rischio del settore di
riferimento, mentre le uscite di cassa siano scontate al costo del debito che sarebbe richiesto
all’azienda per finanziarsi sul mercato.
3
Commissioni riconosciute ai gestori di un fondo di private equity, determinate sulla base della performance complessiva del fondo medesimo.
4
Aswath Damodaran, “Measuring investment returns”, Stern School of Business presentation.
LA PERFORMANCE DEI FONDI DI PRIVATE EQUITY: ASPETTI VALUTATIVI, CONTABILI E FISCALI
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1.2 Altri indicatori
Nella prassi di settore sono inoltre in uso altri indicatori, complementari all’IRR, che, pur presentando dei limiti connessi alla mancata considerazione del valore economico del tempo (uscite di
cassa temporalmente antecedenti alla distribuzione dei dividendi) e del rischio specifico sottostante
all’investimento oggetto di analisi, hanno trovato un’ampia diffusione grazie alla semplicità e immediatezza di applicazione.
a) Distribution to Paid-In (Cash Multiple)
Il Distribution to Paid-In (“DPI”), chiamato comunemente Cash Multiple, misura il rendimento
cumulativo distribuito sul totale del capitale investito (rapporto tra i dividendi/proventi distribuiti e
l’ammontare totale investito dal sottoscrittore nel fondo). Il rendimento è misurato al netto di tutti i
costi di gestione e di eventuali commissioni a carico del fondo.
Il DPI può essere correttamente applicato soltanto nel caso in cui il fondo sia già alla fine della sua
vita, in quanto nel calcolo dell’indice sono inclusi soltanto i rendimenti distribuiti dal fondo e quindi
già realizzati.
b) Residual Value to Pai-In
Il Residual Value to Paid-In (“RVPI”) indica il valore investito residuo, al netto delle commissioni
di gestione e dei carried interest, sul totale del patrimonio del fondo.
c) Total Value to Paid-In
Il Total Value to Paid-In (“TVPI”) rappresenta la somma dei due precedenti indicatori e misura
quindi la performance complessiva del fondo, considerando il rendimento cumulativo già distribuito
(DPI) e la valutazione corrente degli investimenti ancora in portafoglio (RVPI), ipotizzandone un
valore di cessione. La somma dei dividendi/proventi distribuiti e del valore del portafoglio ancora
da disinvestire viene rapportata al patrimonio netto del fondo, fornendo un indicatore sintetico di
redditività.
1.3 Indici comparativi
Al fine di monitorare le performance di un fondo è prassi consolidata procedere ad analisi aggregate
dei rendimenti nel settore di riferimento, in modo da poterle confrontare con il rendimento del fondo oggetto di analisi.
Nel seguito sono descritti i principali approcci utilizzati per la definizione del campione selezionato
per rappresentare l’andamento del settore:
Vintage Year Approach
L’approccio cosiddetto Vintage Year compara il rendimento del singolo fondo con quello dei fondi
la cui raccolta è avvenuta nel medesimo anno. Si ipotizza infatti che i fondi raccolti nel medesimo
anno possano essere assimilati e avere rendimenti comparabili, in quanto influenzati dalla stessa
congiuntura economica.
Composite Approach
È una metodologia che consente di comparare il rendimento di un determinato fondo con il rendimento di gruppi di fondi aventi caratteristiche omogenee. Le caratteristiche comuni in base alle quali i fondi sono raggruppati in macro-categorie fanno riferimento a elementi quali la dimensione del
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QUADERNI SULL’INVESTIMENTO NEL CAPITALE DI RISCHIO
fondo, il settore di riferimento degli investimenti, la tipologia di investimenti (early stage, development, buyout, replacement capital, turnaround, ecc..), l’area geografica o l’arco temporale
dell’investimento.
È comunque opportuno che gli indici comparativi facciano riferimento il più possibile ad orizzonti
temporali omogenei, in modo da evitare che la comparazione dei rendimenti sia inficiata da fasi del
ciclo economico molto eterogenee.
Una volta definito il campione di indagine col quale comparare il rendimento del fondo oggetto di
analisi, è necessario aggregarne il rendimento secondo criteri statistici di sintesi, quali, ad esempio:
a) average rate of return: media semplice degli IRR di ciascun fondo facente parte del campione selezionato;
b) median rate of return: mediana degli IRR di ciascun fondo facente parte del campione selezionato;
c) capital weighted rate of return: media ponderata degli IRR, in base al peso del fondo sul totale del campione preso a riferimento;
d) pooled return: il campione selezionato viene considerato come un unico fondo; il tasso interno di rendimento viene pertanto calcolato considerando i flussi aggregati ed il capitale investito complessivo dei singoli fondi.
Inoltre è possibile affinare la selezione del campione di riferimento, utilizzando indicatori di dispersione che misurino lo scostamento dei valori dei singoli IRR che compongono il campione rispetto
al rendimento centrale. In particolare gli indicatori più diffusi sono:
a) standard deviation: esprime la dispersione dei dati (singoli IRR che compongono il campione) rispetto ad un indice di posizione (media del campione);
b) coefficient of variation: il coefficiente di variazione, permette di valutare la dispersione dei
valori di un campione attorno alla media, indipendentemente dalla loro unità di misura.
Gli indici di dispersione sono spesso calcolati in percentili, segmentando il campione oggetto di analisi in base a caratteristiche peculiari dei fondi che lo compongono, quali il valore del capitale investito o il rendimento registrato.
1.4 Utilizzo degli indicatori nel contesto italiano
Sulla base di un’indagine condotta congiuntamente da AIFI e KPMG e rivolta ai fondi di private
equity operanti nel contesto italiano si è rilevato come la misurazione delle performance avvenga in
misura pressoché uniforme presso tutti i fondi mediante l’utilizzo dei medesimi indici. In particolare, l’89% dei fondi utilizza regolarmente l’IRR, il 50% il Cash Multiple e il 17% il Total Value to
Paid In.
Si rileva in proposito come nel contesto italiano l’utilizzo dell’indicatore IRR, più appropriato da un
punto di vista finanziario in quanto considera la variabile temporale, sia adottato pressochè dalla totalità degli operatori, mentre l’utilizzo degli indicatori complementari presenti una diffusione più limitata.
LA PERFORMANCE DEI FONDI DI PRIVATE EQUITY: ASPETTI VALUTATIVI, CONTABILI E FISCALI
Figura 1
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Percentuale di applicazione degli indicatori di performance
IRR: Internal Rate of Return
DPi: Distribution to Paid-in
RPi: Residual Value to Paid-in
TVPi:Total Value to Paid-in
1.5 I fattori che influenzano la performance dei fondi di private equity
Nel presente paragrafo sono sinteticamente analizzati i fattori che la dottrina economica in materia
ha identificato come determinanti della performance finanziaria dei fondi di private equity.
In particolare è da notare come, a parità del rischio specifico legato al settore o al mercato geografico di riferimento, le opportunità di creazione del valore differiscano a seconda delle caratteristiche
specifiche dei fondi e degli investimenti sottostanti.
In particolare la dottrina economica in materia ha cercato di schematizzare le variabili determinanti
la performance dei fondi tra quelle proprie dell’investimento (c.d. variabili endogene) e quelle derivanti dall’ambiente esterno (c.d. variabili esogene). Di esse è utile tener conto anche in sede di misurazione delle performance, in particolare quando si intenda applicare indici di tipo comparativo.
Variabili endogene
a) Tipologia degli investimenti in portafoglio 5: la tipologia degli investimenti (es.: early stage,
expansion, buyout, replacement capital, turnaround) è fondamentale nel determinare il rendimento di un fondo. Investimenti caratterizzati da un rischio maggiore statisticamente offrono maggiori opportunità di ritorno sul capitale investito rispetto ad investimenti con un
grado di rischio minore.
b) Tipologia del fondo (diretto o fondo di fondi): recenti analisi dimostrano come i fondi di
fondi riescano mediamente ad ottenere performance migliori rispetto ai fondi che investono
direttamente nel capitale delle società.
c) Natura del fondo: fondi costituiti da investitori finanziari, con l’obiettivo di massimizzare il
rendimento o da soggetti industriali, con finalità strategiche, possono avere obiettivi di rendimento diverso. La natura del fondo influenza, infatti, tra le altre cose, l’orizzonte temporale degli investimenti o il grado di rischio accettabile, con evidenti effetti sulla redditività 6.
5
Private Equity Fund of Funds vs. Funds, a Performance Comparison. Nathalie Gresch and Rico von Wyssa, October
13, 2010, pag. 14.
6
Private Equity and Venture Capital in Europe, Stefano Caselli, Chapter 2-6.
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QUADERNI SULL’INVESTIMENTO NEL CAPITALE DI RISCHIO
d) Dimensione del fondo: è stato empiricamente dimostrato che fondi di grandi dimensioni
possono beneficiare di significative economie di scala e di apprendimento; altri studi hanno,
di contro, dimostrato come la difficoltà di gestire ingenti quantità di capitali possa ridurre
l’efficienza delle scelte di allocazione.
e) Reputazione del management: il track record storico del management, espresso ad esempio
dal numero di fondi lanciati e gestiti durante la vita professionale, risulta spesso determinante come elemento “predittore” delle performance future.
Variabili esogene
a) Ciclo macroeconomico 7: la performance del fondo è positivamente correlata al tasso di crescita del prodotto interno lordo del Paese in cui si investe e negativamente correlata al costo
del finanziamento mediante capitale di rischio o di debito.
b) Evoluzione del mercato azionario: generalmente la profittabilità degli investimenti di private
equity risulta legata all’andamento dei mercati azionari di riferimento. I corsi di borsa possono infatti influenzare sensibilmente le performance, incidendo sul prezzo nella fase di exit
del fondo. Questo fattore è sovente strettamente correlato con la fase del ciclo economico.
c) Efficienza del mercato di riferimento: un mercato di riferimento caratterizzato da condizioni
di trasparenza e disponibilità delle informazioni, nonché dalla presenza di numerosi investimenti/disinvestimenti (ovvero di un mercato attivo), risulta in genere correlato positivamente con il rendimento dei fondi che ad esso fanno riferimento.
d) Normativa e politiche fiscali: la normativa del paese di riferimento in materia societaria (es.:
regole di governance, limiti alla distribuibilità dei dividendi) e fiscale influenza in modo rilevante la performance degli investimenti di private equity.
7
Private Equity Performance, Steven N. Kaplan e Antoinette Schoar, the journal of finance, agosto 2005.
What drives private equity fund performance, Ludovic Phalippou e Maurizio Zollo, novembre 2005.
LA PERFORMANCE DEI FONDI DI PRIVATE EQUITY: ASPETTI VALUTATIVI, CONTABILI E FISCALI
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2. La valutazione degli attivi
Nel presente capitolo si fornirà dapprima un quadro riassuntivo delle linee guida internazionali, International Private Equity and Venture Capital Valuation Guidelines, promosse dall’IPEV che hanno lo scopo di costituire un riferimento dottrinale per la valutazione degli investimenti di private
equity. Esse si propongono, infatti, di omogeneizzare in ambito internazionale le prassi valutative
riguardanti la misurazione delle performance dei fondi. Le linee guida IPEV trovano generalmente
applicazione nella redazione di documenti di reporting interno predisposti dai fondi a beneficio degli investitori.
Successivamente si procederà ad una sintetica rassegna della normativa vigente in Italia, circa la valutazione degli attivi nell’ambito della redazione dei documenti contabili dei veicoli di private equity. In particolare ci si soffermerà sulla normativa relativa alle due tipologie di veicoli di investimento che costituiscono le forme giuridiche prevalenti nel contesto italiano: i fondi mobiliari chiusi di
diritto italiano che sono soggetti al Regolamento sulla gestione collettiva del risparmio emesso dalla
Banca d’Italia e le società di partecipazione (dette anche investment companies) che seguono, a seconda dei casi, i principi contabili italiani o i principi contabili internazionali.
2.1 Le linee guida dell’IPEV
L’IPEV ha redatto un documento che riassume le linee guida dottrinali per la valutazione degli investimenti di private equity e venture capital. Tale documento nasce dalla collaborazione tra le associazioni di settore di diversi paesi ed è stato recentemente aggiornato (dicembre 2012) allo scopo
di assicurarne la conformità con i principi contabili IAS/IFRS e US GAAP, alla luce delle revisioni
introdotte in materia di misurazione del fair value. Le linee guida IPEV si propongono di fornire
delle best practice in tema di valutazione degli investimenti di private equity e venture capital e,
pertanto, non hanno carattere normativo. Il documento, infatti, si rivolge genericamente a coloro i
quali devono redigere valutazioni di strumenti finanziari detenuti da fondi, possano essere attori interni o esterni ai fondi di private equity. I criteri di valutazione contenuti nelle linee guida IPEV in
particolare sono raccomandati dalle associazioni di settore per la valutazione delle partecipazioni
nell’ambito della reportistica gestionale o contabile dei fondi, laddove sorga l’esigenza di fornire
valutazioni in un’ottica di fair value.
2.2 Definizione di fair value
Le linee guida IPEVdefiniscono il valore equo o fair value di un attivo come il prezzo di vendita realizzato, alla data di riferimento, in un’operazione regolare condotta tra partecipanti di mercato. Per
quanto riguarda gli investimenti quotati i prezzi di mercato disponibili costituiscono il riferimento
esclusivo per la determinazione del fair value, mentre per gli investimenti non quotati è necessario
che il valutatore ricorra ad appropriate metodologie di valutazione.
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QUADERNI SULL’INVESTIMENTO NEL CAPITALE DI RISCHIO
Per la determinazione del valore economico degli investimenti non quotati il documento rimanda ad
un approccio valutativo di tipo asset side, in cui si stima dapprima il fair value degli attivi (Enterprise Value) e, successivamente, se ne alloca il valore ai diversi strumenti, di debito e di equity, tenendo conto dei diversi gradi di privilegio in un’ottica di liquidazione degli attivi.
Figura 2
Stima del fair value degli strumenti finanziari detenuti da un fondo
1) Stima dell’Enterrprise Value sulla base delle metodologie di valutazione.
2) Rettifica per includere eventuali surplus asset/liability.
3) Sottrazione del valore degli strumenti finanziari che, in un’ottica di liquidazione, sono privilegiati rispetto agli strumenti detenuti dal Fondo oggetto di
valutazione.
4) Ripartizione dell’Enterprise Value tra gli strumenti finanziari dell’azienda
sulla base del loro grado di privilegio.
5) Allocazione del fair value così derivato sulla base delle quote detenute dal
fondo nei diversi strumenti finanziari.
La stima del fair value, in particolare per gli investimenti non quotati, dipende in misura rilevante
da assunzioni specifiche sulla realtà oggetto di valutazione che riguardano, ad esempio, i risultati
prospettici attesi o l’evoluzione del mercato di riferimento. L’utilizzo di metodologie comparative
di mercato dovrà perciò tenere conto delle eventuali differenze esistenti tra l’investimento oggetto
di valutazione e i riferimenti comparabili selezionati.
Le linee guida IPEV inoltre suggeriscono che, laddove possibile, il valutatore adotti un approccio
definito Calibration, in base al quale il valore equo alla data dell’investimento è calcolato a ritroso
applicando metodologie analitiche che utilizzano parametri di mercato rilevati alla medesima data.
In questo modo gli aggiornamenti delle valutazioni sarebbero condotti applicando la stessa metodologia di valutazione sulla base di parametri di mercato aggiornati.
Infatti, nella propria analisi il valutatore dovrà tenere conto dell’obiettivo di replicare il processo valutativo che si seguirebbe in una transazione tra parti consapevoli e disponibili, riflettendo le condizioni di mercato alla data di riferimento.
2.2.1 Metodologie di valutazione
Le linee guida IPEV si soffermano poi in maniera estesa sulle metodologie di valutazione da applicare nel caso di stima di strumenti finanziari non quotati, detenuti da fondi di private equity. Le metodologie sono descritte in termini generali e rimandano a concetti e modalità di applicazione di
comune accettazione nella dottrina valutativa internazionale.
In primis è richiamata la necessità che il valutatore selezioni la metodologia più appropriata per la
valutazione degli investimenti. Ciò deve evidentemente tenere conto di fattori quali la materialità
del singolo investimento, la tipologia di attività, la qualità e affidabilità delle informazioni disponibili, lo stadio di sviluppo dell’attività oggetto di valutazione, il grado di diffusione nella pratica delle metodologie di valutazione selezionate, la comparabilità delle informazioni di mercato disponibili, ecc.
Le metodologie di valutazione per ciascun investimento dovrebbero inoltre essere applicate in maniera omogenea per la durata dell’investimento. Eventuali modifiche nell’approccio valutativo dovrebbero infatti essere adeguatamente motivate e, a questo riguardo, continue modifiche dello stesso
risulterebbero poco ragionevoli.
Il criterio generale che deve informare il valutatore è quello di propendere verso indicatori, parametri di mercato, indicatori di rischio e rendimento che riflettano il più possibile informazioni disponibili al generico partecipante di mercato, in modo da limitare il più possibile la soggettività delle as-
LA PERFORMANCE DEI FONDI DI PRIVATE EQUITY: ASPETTI VALUTATIVI, CONTABILI E FISCALI
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sunzioni. Di qui per l’IPEV la maggiore enfasi che il valutatore dovrebbe porre, laddove possibile,
alle metodologie di mercato, quali i moltiplicatori di borsa e il suggerimento circa l’utilizzo dei metodi analitici quali indicatori di confronto.
Le linee guida IPEV elencano le metodologie di valutazione indicate per la stima degli investimenti
non quotati: il prezzo di recenti transazioni sull’investimento medesimo, i multipli di mercato, il
metodo patrimoniale o del Net Asset Value (NAV), i metodi di tipo Discounted Cash Flow (DCF) e,
infine, i riferimenti comparabili di settore (industry benchmark). Per gli investimenti quotati è richiamato invece il metodo dei prezzi negoziati su mercati attivi. È evidente, nell’ordine in cui i metodi sono presentati, l’intenzione dell’IPEV di conferire preminenza ai metodi di mercato rispetto ai
metodi analitici.
Prezzi riscontrabili da recenti transazioni sull’investimento
I prezzi relativi ad operazioni recenti avvenute sul medesimo investimento oggetto di valutazione, al
netto dei costi di transazione, rappresentano in molti casi la migliore indicazione del suo fair value.
Tuttavia è necessario considerare accuratamente alcuni aspetti al fine di verificare la significatività
della transazione presa a riferimento.
Nel caso la transazione abbia visto coinvolte parti terze, è necessario considerare adeguatamente il
contesto specifico dell’operazione. Alcuni fattori possono infatti inficiare la rappresentatività
dell’operazione presa a riferimento, ad esempio nel caso in cui riguardi azioni caratterizzate da diritti patrimoniali o di governance differenti (azioni privilegiate o di risparmio), o che sia relativa ad
un pacchetto azionario poco significativo oppure che abbia visto l’acquirente disponibile a corrispondere per qualche ragione un premio strategico rilevante.
La rappresentatività di questo metodo diminuisce progressivamente man mano che ci si allontana
dalla data dell’operazione, in particolare ciò è osservabile nel caso di aziende o di settori caratterizzati da un elevato dinamismo, ad esempio nel caso delle start up o dei settori caratterizzati da una
rapida innovazione tecnologica.
Qualora il costo originario dell’investimento sia ritenuto non significativo e non siano presenti altri
riferimenti affidabili, le linee guida IPEV suggeriscono un approccio empirico di tipo parametrico
(milestone analysis approach) che, partendo dal fair value originario, rettifichi il valore
dell’investimento sulla base della variazione osservata di alcuni driver di valore chiave nel contesto
della valutazione. Quali riferimenti di valore si possono considerare, a seconda dei casi, gli indicatori di tipo finanziario (crescita dei ricavi, aspettative di redditività, rispetto dei covenant finanziari),
di tipo tecnico (fase di sviluppo dei prodotti, superamento di test tecnici, ottenimento di brevetti) o
di mercato (evoluzione delle quote di mercato).
Multipli di mercato
Il metodo dei multipli di mercato richiede il calcolo di moltiplicatori, riferiti a misure di tipo reddituale, derivati da società comparabili. Il metodo dei multipli è di norma applicato nei settori stabili
nei quali ci si attende che le società siano in grado di generare flussi di reddito sostenibili, mentre
negli altri casi, come ad esempio per le start up, trova limitata applicazione.
L’IPEV raccomanda che i multipli applicati siano idonei e ragionevoli, alla luce del profilo di rischio e delle prospettive di crescita dell’azienda, e che i redditi dell’investimento cui sono applicati
siano sostenibili.
Con riferimento all’idoneità dei moltiplicatori il documento IPEV sottolinea la necessità che, tra i
moltiplicatori di comune utilizzo (P/E, EV/Ebitda, EV/Ebit), il valutatore scelga quelli più adatti
all’investimento oggetto di analisi.
Relativamente alla ragionevolezza dei moltiplicatori si sottolinea come la scelta dei riferimenti
comparabili di mercato sia fondamentale ai fini di una buona stima. Così le società comparabili se-
18
QUADERNI SULL’INVESTIMENTO NEL CAPITALE DI RISCHIO
lezionate dovranno idealmente essere simili con riferimento a profilo di rischio e prospettive di crescita.
Inoltre, tra gli elementi di attenzione, è segnalata la necessità, nell’applicazione del metodo dei multipli di borsa, di riflettere la scarsa liquidabilità degli investimenti non quotati e di considerare, se
applicabili nell’applicazione del metodo dei multipli di transazioni comparabili, sconti per partecipazioni di minoranza.
Infine il documento sottolinea come il valutatore debba verificare che i multipli siano applicati a dei
redditi affidabili che riflettano le attese di redditività prospettica delle società oggetto di valutazione, normalizzati delle componenti straordinarie e non ricorrenti di reddito.
Metodo del patrimonio netto
Il metodo del patrimonio netto (o del Net Asset Value) è richiamato nel documento IPEV come metodo appropriato per quegli investimenti nei quali la componente patrimoniale di valore è prevalente, quali ad esempio le società immobiliari, le holding finanziarie pure o i fondi di fondi. Inoltre si
sottolinea come il metodo del patrimonio netto trovi applicazione in quei contesti nei quali il valore
dell’investimento approssima il valore di liquidazione dell’azienda.
Metodi reddituali o di tipo DCF
I metodi di tipo reddituale, basati sulla determinazione del valore attuale dei flussi di reddito (metodo reddituale propriamente detto) o dei flussi di cassa (discounted cash flow o DCF) sono descritti
nel documento come metodi da utilizzare in modo complementare ai metodi di mercato, quali metodi di confronto. Se infatti è, da un lato, sottolineato il buon grado di flessibilità dei metodi di tipo
reddituale, dall’altro, se ne evidenzia il maggior grado di soggettività in particolare nella determinazione del tasso di attualizzazione, che deve riflettere il rischio dei flussi, e nel calcolo del valore
terminale.
Prezzi di mercato
Gli investimenti quotati in mercati attivi sono da valutare sulla base delle quotazioni di mercato disponibili, in particolare sulla base del prezzo situato nell’intervallo tra domanda e offerta (bid-ask
price) ritenuto maggiormente rappresentativo del fair value alla data di misurazione.
Ai prezzi negoziati su mercati regolamentati non si applicano sconti, salvo che ci siano pattuizioni o
vincoli di tipo normativo o regolamentare in grado di influenzare il prezzo delle quote oggetto di
valutazione.
2.2.2 La valutazione delle quote di fondi
L’IPEV fornisce inoltre indicazioni circa la valutazione delle quote dei fondi detenute da investitori
o da altri fondi (cosiddetti fondi di fondi).
Il metodo valutativo di riferimento per la valutazione dei fondi è il metodo patrimoniale o del Net
Asset Value (“NAV”), dove i singoli investimenti sono valorizzati al fair value attraverso
l’applicazione delle metodologie ritenute più idonee. Il NAV di un fondo dovrebbe essere calcolato
in modo da coincidere con il prezzo che, alla data di riferimento della valutazione, un venditore sarebbe in grado di ottenere in una libera transazione tra parti consapevoli e disponibili.
La valutazione di un fondo mediante il metodo del NAV spesso necessita di normalizzazioni e in
particolare il valutatore dovrà considerare gli effetti di eventuali operazioni di investimento, cessione o modifica del valore del singolo investimento che possono essere intervenute tra l’ultima data in
cui è disponibile la reportistica gestionale e la data di valutazione del fondo, eventuali performance
LA PERFORMANCE DEI FONDI DI PRIVATE EQUITY: ASPETTI VALUTATIVI, CONTABILI E FISCALI
19
fee o carried interest dovuti ai sottoscrittori del fondo, eventuali limiti alla distribuibilità dei redditi.
Un metodo alternativo è l’utilizzo, come riferimento per la stima del fair value, del metodo delle
transazioni sulle quote del medesimo fondo. Con riferimento a questo metodo il documento IPEV
segnala come sia necessario, da parte del valutatore, esercitare il proprio giudizio, in quanto si tratta
sovente di transazioni sulle cui condizioni c’è poca trasparenza e che risentono di posizioni soggettive delle parti.
Infine, qualora non fosse possibile applicare il metodo del NAV o ricorrere al metodo delle transazioni comparabili, si suggerisce l’applicazione di metodi basati sull’attualizzazione dei flussi di cassa (es.: dividendi) futuri percepiti.
2.2.3 Aspetti applicativi
Il documento IPEV fornisce infine alcune linee guida pratiche relativamente al trattamento di alcuni
aspetti, ricorrenti nel settore del private equity, nell’ambito del processo di valutazione degli investimenti. In particolare, tra gli altri, sono richiamati i seguenti punti:
• Indicazioni di prezzo rivenienti da ricapitalizzazioni degli azionisti (c.d. Insider Funding
Rounds): possono essere considerate ai fini della stima del fair value di un investimento, tuttavia, il valutatore dovrà tenere conto di eventuali circostanze che ne possano diminuire la rappresentatività, quali, ad esempio, il fatto che la ricapitalizzazione sia limitata agli azionisti esistenti.
• Transazioni in condizioni non di mercato: si tratta di transazioni che avvengono in contesti quali
la vendita forzata, la necessità di porre in vendita un asset nell’immediato per condizioni soggettive del venditore con un tempo limitato per la vendita, l’esistenza di un solo possibile compratore a causa di limitazioni legali, ecc….
• Trattamento del debito mezzanino: il debito mezzanino non è normalmente negoziato su mercati
attivi e poiché i flussi di cassa correlati al debito mezzanino sono stimabili in modo abbastanza
certo, normalmente lo si valuta sulla base di metodi di tipo DCF. La valorizzazione degli strumenti di debito mezzanino dovrà tenere conto dei diritti/opzioni ad esso correlati.
• Offerte non vincolanti: le offerte non vincolanti (c.d. non binding offer) possono rappresentare
riferimenti validi per la stima del fair value di un investimento. Tuttavia sarà opportuno considerarle con attenzione in quanto facilmente inficiate da posizioni negoziali del compratore o da
una conoscenza solo preliminare della società target. Il documento IPEV suggerisce, pertanto, di
utilizzarle soltanto come metodi di controllo di valori derivati da altre metodologie.
• Impatto della struttura delle operazioni di investimento: nella valutazione di un investimento è
opportuno verificare le clausole che regolano l’investimento medesimo, quali ad esempio
l’esistenza di diritti quali stock option e warrant, di clausole anti-diluizione, strumenti finanziari
convertibili, impegni ad aumenti di capitale, ecc…. In termini generali la valutazione dovrà comunque tener conto di tutti i diritti esercitabili, cosiddetti in the money, alla data di riferimento
dell’operazione.
• Diritti contrattuali: sempre più spesso nei contratti relativi ad operazioni di acquisizione è prassi
introdurre clausole cosiddette di earn out, laddove la corresponsione di parte del prezzo è posta
in dipendenza da eventi futuri 8, come forma di protezione per il compratore, a tutela del proprio
investimento. Similmente a quanto previsto dai principi contabili internazionali IAS/IFRS,
l’IPEV indica che nella stima degli investimenti si dovrà tener conto delle probabilità che, alla
data di valutazione, il prezzo differito venga effettivamente pagato. Le metodologie di tipo DCF
basate su scenari medio-probabili alla data di valutazione sono quelle normalmente più utilizzate
in questi casi.
8
Definiti dai principi contabili internazionali IAS/IFRS come Contingent Consideration.
20
QUADERNI SULL’INVESTIMENTO NEL CAPITALE DI RISCHIO
2.3 I fondi di diritto italiano
Nel presente paragrafo si analizzerà la valorizzazione degli investimenti dei fondi chiusi di diritto
italiano (organismi di investimento collettivi del risparmio o OICR) nell’ambito dei documenti contabili. In particolare la disciplina relativa alla contabilizzazione degli OICR è contenuta nel Regolamento sulla gestione collettiva del risparmio, emanato dalla Banca d’Italia in data 8 maggio 2012,
in attuazione del TUF, Testo Unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria
(D.Lgs. 58 del 24/12/1998) 9.
Il regolamento indica che i documenti contabili 10 che i soggetti preposti al calcolo del valore delle
quote degli OICR, ossia le SGR o le banche depositarie, devono predisporre sono il bilancio annuale, definito come rendiconto della gestione del fondo, la relazione semestrale e, nel caso dei fondi
aperti, con periodicità almeno pari all’emissione o rimborso delle quote, un prospetto che indichi il
valore unitario delle quote di partecipazione e il valore complessivo del fondo.
I criteri generali per la predisposizione dell’informativa contabile seguono generalmente i principi
di redazione di bilancio, quali ad esempio il principio della competenza economica nella rilevazione
di ricavi e costi nel conto economico.
I documenti contabili hanno lo scopo di fornire agli investitori e ai terzi portatori di interesse la corretta rappresentazione della situazione patrimoniale del fondo. In particolare il regolamento di Banca d’Italia definisce il valore netto del fondo, alla data di riferimento, pari al valore corrente delle
attività, al netto delle eventuali passività.
Coerentemente con le norme che informano i principi contabili nazionali 11, il regolamento di Banca
d’Italia raccomanda che la valutazione degli attivi del fondo si attenga a principi di continuità dei
criteri utilizzati e che, pertanto, le eventuali variazioni, da un periodo all’altro, degli stessi sia adeguatamente motivata.
In linea generale il regolamento prevede che gli strumenti finanziari quotati 12 siano valorizzati sulla
base dell’ultimo prezzo disponibile e che, nel caso di quotazioni su mercati diversi, prevalgano le
quotazioni sui mercati più liquidi, nei quali sono scambiati i volumi più significativi.
Di contro, gli strumenti finanziari non quotati diversi dalle partecipazioni devono essere valutati
sulla base del criterio generale del costo di acquisto, eventualmente rettificato, tenuto conto di elementi informativi oggettivi, per allinearlo al presumibile valore di realizzo sul mercato.
Nel caso delle partecipazioni in società non quotate 13, diverse dalle società immobiliari, il regolamento di Banca d’Italia prevede, come criterio generale di valutazione, il costo di acquisto. La scelta di discostarsi dal criterio del costo può avvenire solo in alcuni casi specifici. Il regolamento non
detta comunque disposizioni rigide, ma intende fornire un quadro nell’ambito del quale gli amministratori possano esercitare le proprie valutazioni. In particolare è previsto che, trascorso
dall’investimento un periodo di norma non inferiore all’anno, il criterio di valutazione delle partecipazioni possa essere scelto tra i seguenti:
i) transazioni sul medesimo titolo;
ii) metodi di valutazione analitici, basati su indicatori di tipo economico – patrimoniale;
iii) metodologie empiriche di tipo Price/Earnings.
Il Regolamento sulla gestione collettiva del risparmio indica in modo dettagliato le condizioni di
applicazione dei metodi come evidenziate nella tabella seguente.
9
Materia regolata dall’art.6, comma 1, lett. c), nn 4) e 5) del TUF che attribuisce alla Banca d’Italia il compito di definire i criteri di valutazione dei beni e dei valori in cui è investito il patrimonio degli OICR.
10
Si veda Regolamento sulla gestione collettiva del risparmio, Titolo IV, Capitolo VI.
11
Principi contabili nazionali italiani redatti dall’Organismo Italiano di Contabilità (OIC).
12
Si veda Regolamento sulla gestione collettiva del risparmio, Titolo V, Capitolo IV, Sezione II.
13
Per partecipazione s’intende la detenzione, con finalità stabili d’investimento, di quote nel capitale votante di una società per almeno il 20%.
LA PERFORMANCE DEI FONDI DI PRIVATE EQUITY: ASPETTI VALUTATIVI, CONTABILI E FISCALI
Figura 3
21
Condizioni di applicazione delle metodologie
Transazioni quote società
Compratore terzo non correlato
Importo significativo (>2%)
Equilibri proprietari non modificati
Metodi economico-patrimoniali
Bilancio in utile da almeno 3 esercizi
Grandezze depurate da oneri straordinari
Tasso attualizzazione a fattori
Metodi tipo P/E
Ampiezza campione di riferimento
Peers con caratteristiche simili
Nel caso delle partecipazioni non quotate in società immobiliari il criterio di valutazione generale di
riferimento è quello del patrimonio netto e alla partecipazione si attribuisce un valore pari alla frazione di patrimonio netto di pertinenza del fondo. Qualora si tratti di partecipazioni di controllo si
farà riferimento al valore del patrimonio netto rettificato per riflettere il valore corrente di mercato
degli immobili detenuti, mentre, qualora si tratti di partecipazioni di minoranza, è ritenuto ammissibile, ricorrendo determinate condizioni, fare riferimento sia a valori derivati da transazioni sulla
medesima partecipazione che a metodi di tipo economico – patrimoniale.
Infine, il regolamento dispone che, nel caso si valutino titoli e partecipazioni non quotati, si dovrà
considerare uno sconto per mancanza di liquidità pari ad almeno il 25%.
Qualora, attraverso l’applicazione dei metodi sopra indicati, si giunga a valori che si discostano in
modo significativo dalla frazione di patrimonio netto della partecipata di pertinenza del fondo, tale
differenza dovrà essere adeguatamente motivata.
Figura 4
Riepilogo criteri di valutazione Regolamento Banca d’Italia
Strumento
Strumenti finanziari quotati
Strumenti finanziari non quotati
Partecipazioni in società non quotate
Partecipazioni non di controllo in società non quotate, immobiliari
Partecipazioni di controllo in società non quotate, immobiliari
Criterio generale
Ultimo prezzo disponibile
Costo di acquisto. Allineamento al valore di realizzo a determinate condizioni
Costo di acquisto. Allineamento al valore di realizzo a determinate condizioni
Metodo patrimonio netto. Allineamento al valore di realizzo a determinate condizioni
Metodo patrimonio netto rettificato a valori correnti
2.4 Le società di partecipazione
Per le società di partecipazione i riferimenti normativi di base sono i principi contabili italiani nel
caso di società non quotate e i principi contabili internazionali IAS/IFRS nel caso di società quotate.
Nel contesto del private equity la tipologia eterogenea degli investimenti rende poco significativa la
nozione di bilancio consolidato. Infatti, pur in presenza del controllo, il bilancio consolidato delle
società di partecipazione si compone di una sintesi di dati economici e patrimoniali disomogenei
che difficilmente possono essere letti correttamente in forma aggregata.
Il prospetto contabile di riferimento diviene perciò il bilancio separato nel quale è espresso il valore
delle singole partecipazioni, siano esse partecipazioni di controllo o meno.
Le società di partecipazione non quotate, in accordo con quanto stabilito dal codice civile agli articoli 2424 e 2426 e dai principi contabili nazionali OIC 20 e 21, utilizzano criteri di valutazione differenti in relazione alle caratteristiche dell’investimento e al grado di controllo posseduto.
In particolare, gli investimenti classificati nell’attivo immobilizzato, detenuti dall’azienda con
un’ottica di lungo termine, possono essere valutati alternativamente con il metodo del costo o con il
metodo del patrimonio netto.
Il metodo del costo viene prevalentemente utilizzato per investimenti di minoranza il cui fine ultimo
per la partecipante è quello di trarne frutti diretti (dividendi) senza occuparsi della gestione operativa. La partecipazione è iscritta al costo originario di acquisto, comprensivo degli oneri accessori relativi ai costi di intermediazione bancaria e alle spese sostenute durante l’acquisizione.
Il valore di iscrizione è rettificato nel corso degli anni per gli eventuali aumenti di capitale o per
perdite permanenti di valore a seguito dei quali gli amministratori devono evidenziare in nota integrativa le motivazioni che hanno indotto alla svalutazione. La riduzione di valore rispetto al costo
storico deve essere iscritta in conto economico come rettifica di valore delle attività finanziarie; nel
22
QUADERNI SULL’INVESTIMENTO NEL CAPITALE DI RISCHIO
caso in cui vengano meno le ragioni che hanno indotto l’organo amministrativo a svalutare si deve
procedere alla rivalutazione del titolo fino al massimo del costo originario.
Il metodo del patrimonio netto è preferibile per investimenti in imprese controllate e collegate in cui
si abbia la possibilità di influire attivamente sul processo decisionale e sulle politiche di gestione, in
quanto permette di riflettere puntualmente nel corso del tempo la dinamica di evoluzione del patrimonio netto della partecipata. La scelta tra il metodo del costo e quello del patrimonio netto resta a
discrezione dell’organo amministrativo, che però, nel caso di preferenza per il metodo del costo,
deve dare visibilità in nota integrativa delle eventuali differenze che emergerebbero utilizzando il
metodo del patrimonio netto.
Il metodo del patrimonio netto prevede che le partecipazioni siano iscritte nel bilancio separato della società controllante ad un importo pari alla corrispondente frazione del patrimonio netto posseduta nell’investimento. In sede di prima applicazione, se il costo di acquisto della partecipazione è superiore al valore della corrispondente frazione di patrimonio, la differenza può essere iscritta
nell’attivo della partecipante ed ammortizzata, limitatamente alla parte attribuita ai beni ammortizzabili. Negli esercizi successivi, le eventuali plusvalenze derivanti dall’applicazione del metodo del
patrimonio netto sono iscritte in una riserva non distribuibile.
Gli utili e le perdite future, generate nel corso degli anni, prima di essere portate a rettifica del valore della partecipazione devono essere rettificate per:
i)
i dividendi deliberati dalla partecipata nel corso dell’esercizio;
ii)
gli utili e le perdite derivanti da operazioni infragruppo;
iii)
la quota di ammortamento relativa alla differenza tra costo di acquisto e valore corrispondente alla frazione di patrimonio netto se presente;
iv)
eventuali aumenti di capitale sottoscritti dai soci o da nuovi investitori;
v)
alienazione di beni.
I titoli e le partecipazioni che non costituiscono immobilizzazioni, detenuti dall’azienda in ottica di
breve termine, devono essere valutate al minore tra il costo storico e l’ipotetico valore di realizzo
rappresentato dal corrente valore di mercato per i titoli quotati o dalla quotazione di titoli similari
per affinità di emittente, durata e cedola per titoli non quotati.
Figura 5
Criteri di valutazione delle partecipazioni secondo i principi contabili italiani
OIC 20,21 - ART 2424 e 2426 cc
Bilancio separato
partecipazioni nell’attivo
immobilizzato al costo o
con il metodo del
patrimonio netto
partecipazioni che non
costituiscono immobilizzazioni, al
minore tra il costo storico e il
presunto valore di realizzo
I principi contabili internazionali IAS/IFRS, utilizzati dalle società di partecipazione quotate per la
contabilizzazione degli investimenti in portafoglio, prevedono differenti criteri a seconda della natura del rapporto partecipativo (controllate, collegate, entità a controllo congiunto), della diversa tipologia di bilancio che si intende redigere (bilancio consolidato o separato) e dell’obiettivo per il quale i singoli investimenti sono detenuti dalla società partecipante.
Con riferimento al bilancio separato, le partecipazioni in società controllate, collegate e a controllo
congiunto, regolate rispettivamente dallo IAS 27, dallo IAS 28 e dallo IAS 31, possono essere valutate alternativamente con il metodo del costo storico o al fair value, mentre le partecipazioni di minoranza in altre società sono valutate al fair value in accordo con lo IAS 39.
Nel caso in cui la società partecipante, in ambito di redazione del bilancio consolidato contabilizzi
le partecipazioni in collegate e a controllo congiunto a fair value, nel bilancio separato deve essere
mantenuto lo stesso criterio contabile.
LA PERFORMANCE DEI FONDI DI PRIVATE EQUITY: ASPETTI VALUTATIVI, CONTABILI E FISCALI
23
Una partecipazione può essere iscritta tra le attività detenute per la vendita (“held for sale” o “hfs”)
quando gli amministratori della società partecipante hanno una ragionevole certezza di dismettere
tale partecipazione in un orizzonte temporale breve, di circa un anno.
Le partecipazioni classificate come detenute per la vendita, indipendentemente dal grado di controllo posseduto dalla società partecipante e in conformità a quanto definito nell’IFRS 5, devono essere
valutate al minore tra il valore contabile e il fair value al netto dei costi di vendita. Il valore contabile viene identificato come l’ammontare a cui un’attività è stata identificata in origine al netto
dell’ammortamento e delle eventuali riduzioni di valore registrate negli anni in sede di impairment
test, in accordo con lo IAS 36.
Infine, se le partecipazioni presentano le caratteristiche di strumento finanziario disponibile per la
vendita (“available for sale” o “afs”) o posseduto per la negoziazione (“held for trading” o “hft”)
sono regolate dal principio contabile IAS 39.
Per entrambi gli strumenti sopra menzionati, la valutazione deve essere effettuata in prima istanza al
fair value; in ragione della differente natura dell’investimento, lo IAS 39 stabilisce che le variazioni
di valore registrate nel corso degli anni dagli hft debbano essere imputate a conto economico, mentre le variazioni di valore degli afs siano imputate a patrimonio netto e trasferite a conto economico
solo nel momento in cui verrà realizzato l’investimento. Quando non è possibile stimare puntualmente il fair value di tali investimenti, lo IAS 39 permette la valutazione al costo.
Figura 6
Criteri di valutazione delle partecipazioni secondo i principi contabili IAS/IFRS
Bilancio separato
IAS 27, 28, 31
IFRS 5
IAS 39
partecipazioni in
controllate, collegate e a hfs valutate al minore tra valore htf , afs , partecipazioni di
contabile ed il fair value meno i minoranza valutate al fair
controllo congiunto
value
costi di vendita
valutate al costo o al
fair value
2.5 Considerazioni conclusive
Il quadro fornito nei precedenti paragrafi evidenzia come la reportistica gestionale dei fondi di private equity, predisposta secondo le linee guida di valutazione dell’IPEV, fornisca il valore equo degli investimenti. Le linee guida IPEV privilegiano nella stima del valore equo l’applicazione di metodi empirici, quali, ad esempio, i multipli derivati da transazioni recenti sui medesimi asset o su
asset comparabili.
In proposito KPMG ha condotto una ricerca autonoma presso fondi di private equity operanti nel
contesto italiano che evidenzia come i metodi di mercato siano largamente preferiti rispetto ai metodi di valutazione analitici. Se la quasi totalità degli operatori ha risposto di utilizzare metodi di valutazione empirici, solo nel 20% dei casi è stato segnalato l’utilizzo di metodi di valutazione analitici come metodo principale.
24
Figura 7
QUADERNI SULL’INVESTIMENTO NEL CAPITALE DI RISCHIO
Percentuale di applicazione dei metodi di valutazione
Contrariamente alla reportistica gestionale, la normativa circa la predisposizione dei documenti contabili resta invece ancorata al criterio del costo storico. Infatti, la disciplina contabile relativa agli
OICR e alle società d’investimento che redigono il bilancio secondo principi contabili italiani limita
il ricorso alla valorizzazione sulla base del fair value soltanto a specifiche circostanze. Allo stesso
modo nel caso delle società d’investimento che redigono il bilancio secondo principi contabili
IAS/IFRS il criterio del costo storico resta il criterio di riferimento, ad eccezione di quegli investimenti che sono classificati tra le attività disponibili per la vendita o possedute per la negoziazione.
Pertanto, l’investitore ha oggi a disposizione una reportistica gestionale ed una reportistica contabile
nelle quali le logiche di valorizzazione degli investimenti sono differenti, in coerenza con le diverse
finalità delle stesse. Nei primi, infatti, prevale l’esigenza di fornire agli investitori una rappresentazione di valore il più possibile prossima ad una valorizzazione di mercato, mentre nelle seconde è
prevalente l’obiettivo di non sovrastimare il patrimonio del fondo, in coerenza con il generale principio di prudenza che deve ispirare la redazione dei documenti contabili.
LA PERFORMANCE DEI FONDI DI PRIVATE EQUITY: ASPETTI VALUTATIVI, CONTABILI E FISCALI
25
3. La fiscalità dei fondi nel contesto italiano
3.1 Premessa
La presente sezione si occupa del regime fiscale applicabile agli organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR) istituiti in Italia, ad eccezione dei fondi immobiliari, come risultante dalle
modifiche introdotte ad opera del decreto legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito dalla legge 26
febbraio 2011, n. 10 (“DL 225”) ed efficace dal 1° luglio 2011. Si farà altresì riferimento ai chiarimenti forniti dalle Circolari dell’Agenzia delle Entrate n. 33 del 15 luglio 2011 (“Circolare 33”) e n.
11 del 28 marzo 2012 (“Circolare 11”).
In particolare, il DL 225 ha spostato il momento della tassazione dei redditi derivanti dalla partecipazione ad OICR con sede in Italia alla percezione dei proventi da parte dei partecipanti ed al disinvestimento delle quote o azioni possedute, laddove in precedenza vigeva un regime di tassazione
dei redditi degli OICR basato sul principio della maturazione.
Tali modifiche rispondevano all’esigenza di equiparare il regime fiscale degli OICR con sede in Italia a quello, più favorevole, degli OICR istituiti all’estero (conformi alle direttive comunitarie), per i
quali già vigeva il principio della tassazione in capo ai partecipanti al momento della realizzazione
dei redditi, in base all’art. 10-ter della Legge del 23 marzo 1983 n. 77.
Al fine di individuare i soggetti cui si applica la disciplina in commento, giova premettere un breve
inquadramento civilistico degli OICR.
Gli OICR includono le SICAV e i fondi comuni di investimento.
In base alla definizione contenuta nel decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, Testo Unico della
Finanza (“TUF”), la SICAV è una “società per azioni a capitale variabile con sede legale e direzione generale in Italia avente per oggetto esclusivo l'investimento collettivo del patrimonio raccolto mediante l'offerta al pubblico di proprie azioni”, mentre per fondo comune di investimento si intende “il patrimonio autonomo raccolto, mediante una o più emissioni di quote, tra una pluralità di
investitori con la finalità di investire lo stesso sulla base di una predeterminata politica di investimento, suddiviso in quote di pertinenza di una pluralità di partecipanti, gestito in monte, nell'interesse dei partecipanti e in autonomia dai medesimi”.
I fondi comuni di investimento si distinguono, a loro volta, in “fondi aperti” e “fondi chiusi”.
I “fondi aperti” sono quelli i cui partecipanti hanno il diritto di chiedere, in qualsiasi momento, il
rimborso delle quote del fondo secondo le modalità stabilite dal regolamento di funzionamento del
fondo stesso.
I “fondi chiusi” sono i fondi comuni di investimento che riconoscono il diritto al rimborso delle
quote ai partecipanti solo a scadenze predeterminate.
I fondi comuni di investimento si distinguono, inoltre, in base all’oggetto del loro investimento, ex
art. 4 del decreto ministeriale del 24 maggio 1999 n. 228.
I fondi comuni di investimento mobiliare (OICVM) investono in valori che possono essere negoziati nel mercato dei capitali.
I fondi immobiliari investono esclusivamente o prevalentemente in beni immobili, diritti reali immobiliari e partecipazioni in società immobiliari.
26
QUADERNI SULL’INVESTIMENTO NEL CAPITALE DI RISCHIO
Vi è infine una categoria residuale di fondi che investono prevalentemente in beni per i quali esiste
un mercato e che abbiano un valore determinabile con certezza con una periodicità almeno semestrale.
Individuate le forme nelle quali gli OICR si possono articolare, si evidenzia che il regime fiscale introdotto dal DL 225 in commento si applica ai fondi comuni di investimento mobiliare, alle SICAV
e, in via residuale, agli altri fondi comuni di investimento di cui all’art. 36 del TUF, diversi dai fondi immobiliari.
Rientrano, altresì, nell’ambito soggettivo del regime fiscale in commento anche i c.d. “fondi lussemburghesi storici” di cui all’art. 11 – bis del decreto legge 30 settembre 1983, n. 512, che sono
OICR aperti con sede in Lussemburgo, autorizzati al collocamento nel territorio dello Stato.
Occorre, inoltre, segnalare che con il D.Lgs. 16 aprile 2012, n. 47 è stata recepita nell’ordinamento
italiano la direttiva 2009/65/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio “Ucits IV”, preordinata ad
avvicinare le condizioni di concorrenza a livello comunitario degli OICVM, garantendo contestualmente una migliore e più uniforme tutela degli investitori.
In particolare, in applicazione della direttiva Ucits IV, gli OICVM autorizzati in uno Stato membro
dell’Unione Europea possono essere gestiti da una società di gestione insediata in un altro Stato
membro, all’uopo autorizzata – sussistendo i requisiti richiesti dalla direttiva stessa – dallo Stato di
origine ed ivi sottoposta a vigilanza prudenziale. Pertanto, per effetto di tale recepimento, gli
OICVM istituiti in Italia possono essere legittimamente gestiti da una società di gestione avente sede in altro Stato membro dell’Unione Europea, provvista o meno di una succursale in Italia.
Di seguito illustreremo brevemente, ai fini delle imposte sui redditi, il regime fiscale degli OICR istituiti in Italia e dei loro partecipanti. Si evidenzia che la disciplina esposta nella presente sezione
si riferisce alle norme attualmente vigenti, con esclusione, dunque, delle norme vigenti fino al 30
giugno 2011 e di quelle che regolano il regime transitorio, ovvero il passaggio dalla disciplina vigente fino al 30 giugno 2011 a quella introdotta dal DL 225.
3.2 Regime fiscale degli organismi di investimento collettivo del risparmio
Il regime di tassazione degli OICR è disciplinato dall’art. 73 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (“TUIR”).
In particolare, il comma 1, lettera c) dell’art. 73 include gli OICR aventi sede in Italia tra i soggetti
passivi dell’IRES. Tuttavia, il comma 5 – quinquies stabilisce che i redditi dei suddetti OICR sono
esenti dalle imposte sui redditi, “purché il fondo o il soggetto incaricato della gestione sia sottoposto a forme di vigilanza prudenziale”.
L’attribuzione della soggettività ai fini IRES consente agli OICR residenti in Italia (anche se esenti), che percepiscano redditi provenienti da uno Stato estero con il quale sia in vigore una convenzione contro le doppie imposizioni, di poter beneficiare del più favorevole regime convenzionale. A
tal fine, come evidenziato dalla Circolare 11, gli Uffici finanziari sono tenuti a rilasciare i certificati
di residenza richiesti dalla SGR o dalla SICAV. Come chiarito dalla Circolare 33, anche per finalità
antielusive, il regime fiscale di esenzione previsto dall’art. 73 del TUIR si applica esclusivamente
agli organismi che siano dotati dei requisiti richiesti dalla normativa civilistica affinché possa configurarsi una gestione collettiva del risparmio.
Il regime di esenzione prevede, quale regola generale, che i redditi conseguiti dagli OICR siano
percepiti al lordo di ogni onere impositivo. L’esenzione non è tuttavia assoluta, esistendo alcune
norme che impongono al soggetto che eroga il provento di operare una ritenuta. Le ritenute tuttora
applicabili, come riepilogate dalla Circolare 11, sono:
 la ritenuta sugli interessi e altri proventi delle obbligazioni e titoli similari, che non siano
negoziati nei mercati regolamentati o sistemi multilaterali di negoziazione degli Stati membri dell’UE o di quelli aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo, emessi da sog-
LA PERFORMANCE DEI FONDI DI PRIVATE EQUITY: ASPETTI VALUTATIVI, CONTABILI E FISCALI
27
getti diversi dai cosiddetti “grandi emittenti”, prevista dall’articolo 26, comma 1, del decreto
del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 (“DPR 600”);
 la ritenuta sui proventi delle accettazioni bancarie di cui all’articolo 1 del decreto legge 2 ottobre 1981, n. 546;
 la ritenuta sui proventi delle cambiali finanziarie di cui all’articolo 26, comma 1, del DPR
600;
 la ritenuta sui proventi dei titoli atipici, prevista dagli articoli 5 e 8 del decreto legge 30 settembre 1983, n. 512.
Tali ritenute sono operate a titolo di imposta e rappresentano, pertanto, dei costi non recuperabili
dall’OICR.
3.3
Regime fiscale degli investitori partecipanti a OICR
Per effetto della partecipazione in OICR i partecipanti possono conseguire redditi che si qualificano,
ai fini fiscali, come redditi di capitale, redditi diversi o redditi di impresa in dipendenza della tipologia del partecipante e della fonte del reddito.
Con riferimento alla tipologia del partecipante, rilevano tre differenti casi:
i. partecipazioni detenute da persone fisiche residenti in Italia al di fuori dell’esercizio di impresa;
ii. partecipazioni detenute da persone fisiche o giuridiche residenti in Italia nell’ambito
dell’esercizio di impresa;
iii. partecipazioni detenute da persone fisiche o giuridiche non residenti in Italia.
La fonte del reddito può derivare dalla distribuzione di proventi, dall’alienazione o dal rimborso
delle quote o azioni.
3.3.1 Partecipazioni detenute da persone fisiche residenti in Italia al di fuori
dell’esercizio di impresa
Le persone fisiche che acquistano quote o azioni di OICR possono scegliere tra i seguenti tre differenti regimi fiscali relativi alla gestione dei propri investimenti mobiliari:
i. il “Regime della dichiarazione”, di cui all’art. 5 del D.Lgs. 21 novembre 1997, n. 461
(“D.Lgs. 461/97”), in base al quale il contribuente deve indicare nella dichiarazione dei redditi le plusvalenze e le minusvalenze realizzate nel corso del periodo d’imposta;
ii. il “Regime del risparmio amministrato”, di cui all’art. 6 del D.Lgs. 461/97, in base al quale
l’intermediario finanziario (banche, SIM od altri intermediari finanziari autorizzati) presso
cui le azioni o quote sono depositate ha l’onere di applicare e versare all’erario per conto del
contribuente le imposte dovute;
iii. il “Regime del risparmio gestito”, di cui all’art. 7 del D.Lgs. 461/97, in base al quale il partecipante può istituire una gestione individuale di portafoglio con un intermediario abilitato.
In tal caso l’intermediario preleva e versa le imposte dovute sul risultato netto della gestione
del portafoglio, sulla base di un principio di maturazione (cioè indipendentemente dalla effettiva percezione da parte del contribuente) alla fine dell’anno.
Le persone fisiche residenti in Italia al di fuori dell’esercizio di impresa possono conseguire redditi
che si qualificano, ai fini fiscali, come redditi di capitale o redditi diversi.
28
QUADERNI SULL’INVESTIMENTO NEL CAPITALE DI RISCHIO
Redditi di capitale derivanti dalla partecipazione in OICR
L’art. 44, comma 1, lettera g) del TUIR qualifica come redditi di capitale “i proventi derivanti dalla
gestione, nell’interesse collettivo di pluralità di soggetti, di masse patrimoniali costituite con somme
di denaro e beni affidati da terzi o provenienti dai relativi investimenti”. Ai sensi dell’art. 26 –
quinquies del DPR 600, su tali proventi si applica una ritenuta del 20%.
Ai fini della norma in commento, come previsto dal comma 3 dell’art. 26 – quinquies, si qualificano
come proventi, su cui operare la ritenuta del 20%, sia:
i. i proventi distribuiti in costanza di partecipazione all’organismo di investimento, che
ii. i proventi compresi nella differenza tra il valore di cessione, riscatto o liquidazione delle
quote o azioni e il costo medio ponderato di sottoscrizione o acquisto delle quote o azioni
medesime.
Tale seconda componente di provento si calcola come differenza tra il valore (NAV: net asset value) delle quote o azioni desumibili dagli ultimi prospetti periodici disponibili al momento della
cessione, riscatto o liquidazione delle quote o azioni e quello (medio ponderato) desumibile
dall’ultimo prospetto antecedente la data di sottoscrizione o acquisto delle quote o azioni.
Nella seguente tabella si propone un esempio di calcolo del reddito di capitale sub ii):
Figura 8
Esempio di calcolo del reddito
Esempi di calcolo del reddito
Data
01/04/2012
Quantità
100
Valore unitario in base al NAV
80
Valore complessivo calcolato in base al NAV
8.000
Reddito di capitale
Valore unitatio calcolato in base al prezzo effettivo
79
Valore complessivo calcolato in base al prezzo effettivo
7.900
Reddito diverso
Reddito totale
01/05/2012
100
120
12.000
125
12.500
Acquisto
Media
200
100
20.000
102
20.400
Cessione
01/08/2012
200
140
28.000
8.000
145
29.000
600
8.600
Considerata la tassazione di favore, pari al 12,5%, dei proventi derivanti dai titoli pubblici, allo scopo di mantenere tendenzialmente inalterata la tassazione di favore anche per gli investimenti in titoli
pubblici effettuati dagli OICR, è stata prevista una specifica riduzione della base imponibile su cui
operare la ritenuta del 20%.
A tal fine, come disposto dall’art. 1, comma 1 del decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze del 13 dicembre 2011, la quota dei redditi di capitale imponibile riferibile ai titoli pubblici
viene determinata in proporzione alla percentuale media dell’attivo degli OICR investito direttamente o indirettamente (ovvero a mezzo di altri OICR) in tali titoli.
La percentuale media viene rilevata in base agli ultimi due prospetti semestrali o annuali, redatti entro il semestre solare anteriore alla data della distribuzione dei proventi, del riscatto, della cessione
o della liquidazione delle quote o azioni. Dopo aver individuato in tal modo la quota di reddito riferibile ai titoli pubblici, il 37,5% di tale importo viene sottratto ai redditi di capitale derivanti dalla
partecipazione in OICR, cui viene applicata la ordinaria ritenuta del 20%.
Per chiarire le modalità di calcolo della ritenuta sui redditi di capitale in presenza di investimenti in
titoli pubblici si riprende l’esempio sopra proposto, e si ipotizza che l’OICR in questione abbia investito parte del suo patrimonio in titoli pubblici.
LA PERFORMANCE DEI FONDI DI PRIVATE EQUITY: ASPETTI VALUTATIVI, CONTABILI E FISCALI
Figura 9
29
Calcolo della ritenuta su redditi di capitale in caso di investimenti in titoli pubblici
Calcolo della ritenuta su redditi di capitale in caso di investimenti in titoli pubblici
A Totale reddito da capitale
Percentuale dell'attivo investito in titoli pubblici al 1/8/2012 da ultimo prospetto
25,0%
Percentuale dell'attivo investito in titoli pubblici al 1/8/2012 da penultimo prospetto
35,0%
B Percentuale media
30,0%
Quota di provento riferibile a titoli pubblici (AxB)
C Provento non imponibile riferibile a titoli pubblici
37,5% Totale provento imponibile (A-C)
Ritenuta
20%
8.000
2.400
900
7.100
1.420
Ai sensi dell’art. 26 – quinquies, sesto comma, del DPR 600, il trasferimento delle quote o azioni di
OICR a rapporti di amministrazione, gestione e custodia intestati a soggetti diversi è equiparato alla
cessione ai fini dell’applicazione della ritenuta. La ritenuta del 20% è applicata a titolo di imposta
nei confronti dei soggetti che detengono quote o azioni di OICR al di fuori del regime di impresa.
Nessuna ritenuta è dovuta in relazione a partecipazioni in OICR nell’ambito delle gestioni individuali di portafoglio ai sensi dell’art. 7 del D.Lgs. 461/97. In tal caso, infatti, i proventi e le plusvalenze concorrono a formare il risultato della gestione, soggetto ad imposta sostitutiva del 20% per
competenza. Valgono anche in questo caso i menzionati criteri di riduzione della base imponibile
per i proventi derivanti da investimenti in titoli pubblici.
In ogni caso, occorre precisare che, al fine di stabilire se la distribuzione effettuata da un OICR rappresenti rimborso di capitale non tassabile o abbia ad oggetto proventi tassabili, bisogna fare riferimento alle indicazioni fornite dall’OICR .
Redditi diversi di natura finanziaria derivanti dalla partecipazione in OICR
Ai sensi dell’art. 67 del TUIR, si qualificano come redditi diversi di natura finanziaria quelli che derivano dalla negoziazione o dal rimborso delle quote di partecipazione in OICR.
I redditi diversi derivanti dalla partecipazione in OICR sono determinati come differenza tra il corrispettivo percepito dal cedente ed il prezzo di acquisto delle partecipazioni, al netto della quota di
provento che si qualifica quale reddito di capitale, come descritto al paragrafo precedente.
Anche i redditi diversi sono soggetti ad imposta sostitutiva del 20%, ma non è prevista alcuna riduzione di base imponibile per gli investimenti effettuati dagli OICR in titoli di Stato.
Qualora la cessione od il rimborso delle partecipazioni in OICR determinino la realizzazione di minusvalenze, esse sono portate in deduzione, fino a concorrenza del loro importo, dalle plusvalenze
realizzate su titoli dello stesso tipo (o sugli altri strumenti finanziari previsti dall’art. 68, comma 5,
del TUIR) nello stesso periodo di imposta o nei successivi, ma non oltre il quarto.
In assenza di opzione per il regime della dichiarazione o del risparmio gestito, alle plusvalenze si
applica il regime del risparmio amministrato (art. 6, comma 2 del D.Lgs. 461/97).
3.3.2 Partecipazioni detenute da persone fisiche o giuridiche residenti in Italia esercenti
attività di impresa
Per i partecipanti ad OICR che esercitano attività di impresa i proventi derivanti dalla partecipazione a tali organismi concorrono alla formazione del reddito di impresa secondo le ordinarie regole
del TUIR.
30
QUADERNI SULL’INVESTIMENTO NEL CAPITALE DI RISCHIO
Pertanto, con riferimento ai partecipanti che adottano i principi contabili nazionali, le partecipazioni
devono essere iscritte in bilancio al costo e, entro determinati limiti, è prevista la rilevanza fiscale
delle eventuali svalutazioni.
I proventi e le plusvalenze (o minusvalenze) concorrono integralmente alla determinazione del reddito.
L’art. 26 – quinquies del DPR 600 prevede l’applicazione di una ritenuta a titolo di acconto del 20%
sui proventi erogati a soggetti esercenti attività di impresa residenti in Italia.
3.3.3 Partecipazioni detenute da persone fisiche o giuridiche non residenti in Italia
Come previsto dagli articoli 23 e 152, comma 2 del TUIR, i redditi percepiti da soggetti non residenti, che siano persone fisiche o giuridiche, privi di stabile organizzazione in Italia, sono determinati con gli stessi criteri descritti al par. 3.1 per le partecipazioni detenute da persone fisiche residenti in Italia al di fuori dell’esercizio di impresa, salve alcune esenzioni.
Infatti, in caso di realizzo di redditi di capitale o di redditi diversi da partecipanti non residenti la
tassazione è esclusa se il percettore rientri tra i soggetti di cui all’art. 6 del decreto legislativo 1 aprile 1996, n. 239 14, ovvero:
 soggetti residenti in Paesi e territori che consentono un adeguato scambio di informazioni;
 investitori istituzionali esteri costituiti in Paesi e territori che consentono un adeguato scambio di informazioni, anche se privi di soggettività tributaria;
 enti o organismi internazionali costituiti in base ad accordi internazionali resi esecutivi in Italia, banche centrali o organismi che gestiscono le riserve ufficiali dello Stato.
A tal fine è necessario il deposito dei titoli presso un intermediario residente in Italia.
3.3.4 Soggetto tenuto ad operare la ritenuta sui redditi di capitale e sui redditi diversi di
natura finanziaria
L’art. 26 - quinquies, comma 1 individua innanzitutto nella SGR che ha istituito il fondo o nella SICAV il soggetto tenuto all’applicazione della ritenuta “sia sui proventi periodici che su quelli derivanti dalle operazioni di rimborso o di liquidazione delle quote”.
La Circolare 33 ha chiarito che, in caso di negoziazione delle quote o azioni, la ritenuta è applicata
dall’intermediario residente che abbia ricevuto l’incarico di cedere le azioni o quote da parte
dell’investitore.
Qualora le quote o azioni siano immesse in un sistema di deposito accentrato gestito da una società
autorizzata ai sensi dell’articolo 80 del TUF, tenuto conto che la SGR non è in grado di attestare la
titolarità delle stesse, i compiti del sostituto d’imposta sono traslati sull’intermediario residente o
non residente presso il quale le quote o azioni siano state depositate. Gli intermediari non residenti
che applicano la ritenuta devono nominare un loro rappresentante fiscale in Italia. Il rappresentante
fiscale deve adempiere ai propri obblighi tributari negli stessi termini e con le stesse responsabilità
previsti per i soggetti residenti in Italia.
In caso di OICR istituiti in Italia da una società di gestione non residente, il comma 6 – bis dell’art.
26 – quinquies prevede che la ritenuta sia operata da quest’ultima o da un suo rappresentante fiscale
residente in Italia.
14
Rif. D.Lgs. 461/97, art. 5, comma 5 e DPR 600, art. 26-quinquies, comma 5.
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Glossario
AFIC Association Francaise des Investisseurs pour la Croissance
AIFI Associazione Italiana del Private Equity e Venture Capital
AFS Available for Sale
BVCA British Venture Capital Association
DPI Distribution to Paid In
EVCA European Private Equity and Venture Capital Association
HFS Held for Sale
HFT Held for Trading
IAS International Accounting Standards
IFRS International Financial Reporting Standards
IPEV International Private Equity and Venture Capital Board
IRR Internal Rate of Return
M-IRR Modified Internal rate of Return
OIC Organismo Italiano di Contabilità
OICR Organismi di investimento collettivi del risparmio
OICVM Organismi di investimento collettivi del risparmio mobiliari
RVPI Residual Value to Paid In
SGR Società di gestione del risparmio
SICAV Società di investimento a capitale variabile
TUF Testo Unico della Finanza
TUIR Testo Unico delle imposte sui redditi
TVPI Total Value to Paid In
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QUADERNI SULL’INVESTIMENTO NEL CAPITALE DI RISCHIO
Bibliografia
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2012
Bracchi G., Gervasoni A., “Venti anni di private equity”, Egea, Milano, 2006
Carlotti M., “Tecniche di private equity”, Egea, Milano, 2012
Caselli S., “Private Equity and Venture Capital in Europe”, Academic Press, 2010
Damodaran A., Measuring investment returns, Stern School of Business presentation
IPEV Board, International Private Equity and Venture Capital Investor Reporting Guidelines, Edition October 2012
IPEV Board, International Private Equity and Venture Capital Valuation Guidelines, Edition December 2012
Kaplan S., Schoar A., Private Equity Performance, The Journal of Finance, Agosto 2005
Phalippou L., Zollo M., What Drives Private Equity Performance, Novembre 2005