Prof. Avv. Antonio Gambaro Presidente

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Prof. Avv. Antonio Gambaro Presidente
Decisione N. 1638 del 27 marzo 2013
IL COLLEGIO DI MILANO
composto dai signori:
–
Prof. Avv. Antonio Gambaro
Presidente
–
Prof. Avv. Emanuele Cesare Lucchini Guastalla
Membro designato dalla Banca
d’Italia
–
Prof. Avv. Mauro Orlandi
Membro designato dalla Banca
d’Italia
–
Dott. Gian Luca Greco
Membro designato dal Conciliatore
Bancario Finanziario
–
Avv. Emilio Girino
Membro designato da Confindustria, di
concerto con Confcommercio,
Confagricoltura e Confartigianato
(Estensore)
nella seduta del 12 marzo 2013 dopo aver esaminato:
x il ricorso e la documentazione allegata;
x le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione;
x la relazione istruttoria della Segreteria tecnica
FATTO
Il 23 febbraio 2009 la società ricorrente stipulava con l’intermediario resistente, erogatore di
finanziamenti ed azienda captive di un gruppo automobilistico, un leasing per l’acquisto di
un’automobile dell’importo, in conto capitale, di € 63.407,51. Sul veicolo la ricorrente provvedeva a
stipulare un’assicurazione contro furto e incendio.
In seguito al furto del mezzo verificatosi il 19 febbraio 2011 e alle conseguenti procedure liquidatorie
attivate, la ricorrente, in data 9 marzo 2012, trasmetteva al resistente la quietanza ricevuta dalla
società assicuratrice con un’offerta di indennizzo pari a € 22.714 chiedendo l’esonero dal pagamento
delle rate residue del finanziamento per come invece previsto dall’art. 3 del contratto di leasing. Dopo
aver ricevuto l’atto di quietanza firmato dal resistente, la ricorrente contestava all’intermediario la
richiesta di pagamento delle rate del leasing relative ai mesi di marzo e aprile, del tutto ingiustificata,
a dire della ricorrente, in quanto, come già sostenuto, in base all’art. 3.4 del contratto, il
finanziamento doveva ritenersi estinto in seguito all’accredito dell’indennizzo a favore del resistente e
dell’offerta svolta in tal senso dalla ricorrente. Replicava l’intermediario in data 25 maggio 2012
sostenendo che, non solo erano dovute le rate fino all’avvenuta liquidazione, non ancora accreditata
alla data della nota, ma anche che tale somma non era sufficiente a coprire il debito residuo a carico
della ricorrente di € 25.808,77 al netto dell’indennizzo, solo in seguito al saldo del quale il contratto si
sarebbe potuto ritenere definitivamente estinto. Con comunicazione del 29 maggio, la ricorrente
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evidenziava al resistente la natura transattiva della sottoscrizione da parte dell’intermediario della
quietanza di indennizzo ed, in quanto tale, estintiva di ogni obbligazione nascente dal contratto di
finanziamento; perciò nessun importo ulteriore era, a suo avviso, dovuto al resistente.
In data 13 giugno 2012, dopo aver ricevuto riscontro negativo alla propria contestazione, la ricorrente
presentava formale reclamo rinnovando l’istanza circa la natura transattiva della sottoscrizione
dell’atto di liquidazione da parte del resistente e la conseguente infondatezza di qualsivoglia pretesa
economica da parte di quest’ultimo.
In assenza di repliche da parte del resistente, la ricorrente presentava ricorso il 3 settembre 2012, in
cui ribadiva integralmente quanto sostenuto in precedenza e domandava a questo Arbitro di
dichiarare l’estinzione del finanziamento a far data dall’avvenuta liquidazione dell’indennizzo per furto
dell’autoveicolo, previo accertamento della natura di negozio di transazione ex art. 1965 c.c. dell’atto
di quietanza sottoscritto dal resistente.
Nelle controdeduzioni depositate il 5 novembre 2012, il resistente contestava l’istanza della
ricorrente alla luce dell’art. 3.4 delle condizioni generali del contratto di finanziamento che così recita:
“in caso di … furto … del veicolo, il Cliente è tenuto a continuare a pagare le rate periodiche (…) fino
alla scadenza dell'ultima rata o fino all'avvenuto accredito alla Società dell'indennizzo, se dovuto,
dalla Compagnia Assicurativa, allorché si procederà all'estinzione anticipata del finanziamento
relativo al solo veicolo - e non di quello relativo a tutti i singoli beni elo servizi e/o spese – (…). Nel
caso in cui l'indennizzo fosse insufficiente a pagare il debito complessivo, il Cliente sarà tenuto
all'immediato versamento della differenza a saldo, mentre nel caso in cui l'indennizzo risultasse
superiore al debito complessivo, l'eccedenza verrà pagata dalla Società al cliente, su richiesta di
quest'ultimo”. Nel caso di specie, dato l’indennizzo di importo considerevolmente inferiore al debito
residuo della ricorrente, al resistente spettava dunque il saldo della differenza a € 25.808,77, non
potendosi coonestare la pretesa della ricorrente circa la natura transattiva della sottoscrizione
dell’atto di quietanza dell’assicurazione, da ricondursi ad una giuridicamente erronea
rappresentazione di un atto che altro non era se non una formale accettazione dell’indennità a fronte
del furto, con effetto liberatorio nei soli confronti della compagnia assicurativa, giammai nei riguardi
dell’utilizzatrice ricorrente. Inoltre, se una transazione presuppone tra le parti un accordo atto a porre
termine ad eventi litigiosi insorti o a prevenirne di futuri, nel caso in lite nessun dissidio aveva
preceduto la sedicente offerta transattiva, con che sarebbero difettati gli stessi presupposti per
invocare tale fattispecie. Concludeva pertanto il resistente, domandando a questo Arbitro la reiezione
del ricorso oltre al saldo di € 25.808,77.
DIRITTO
Il contendere origina da un dissidio ermeneutico.
Ad avviso della società ricorrente, infatti, ogni debito della stessa, nascente dal contratto di
finanziamento stipulato per l’acquisto di un autoveicolo, dovrebbe ritenersi estinto in ragione
dell’intervenuta sottoscrizione, da parte dell’intermediario resistente, della documentazione di
quietanza emessa dalla compagnia assicurativa a fronte della liquidazione del danno derivante dal
furto del veicolo in questione. Argomenta la ricorrente tale suo convincimento dalla circostanza che,
alla sua proposta, rivolta per iscritto e tramite legale, al resistente di definire transattivamente la
pendenza trasferendo l’intero ricavo di indennizzo assicurativo al resistente, quest’ultimo avrebbe
aderito per fatti concludenti, ossia mediante l’incondizionata sottoscrizione delle quietanze
assicurative emesse dalla compagnia. A sua volta il resistente obietta che giammai un accordo
transattivo potrebbe ritenersi concluso nel caso di specie vuoi perché, per un verso, non sarebbe mai
insorta contestazione alcuna fra le parti, vuoi perché, per altro verso, la sottoscrizione della
quietanza assicurativa non potrebbe che leggersi come atto di ricevuta esplicante effetti liberatori nei
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confronti della sola compagnia assicuratrice, dunque insuscettibile di produrre effetti nei confronti
della ricorrente.
Ritiene questo Arbitro che l’interpretazione suggerita dalla ricorrente, per quanto suggestiva, non
possa trovare accoglimento.
Occorre muovere da un dato certo e inequivoco, rappresentato dall’art. 3.4 del contratto di
finanziamento in essere fra le parti. Tale norma prevede che, in caso di furto del bene, la ricorrente
sia tenuta a corrispondere le rate periodiche sino alla liquidazione del sinistro da parte
dell’assicuratore con conseguente, successiva estinzione del finanziamento in essere relativo al
bene, e solo al bene, oggetto di furto. Tuttavia la stessa norma ha cura di precisare che, ove
l’indennizzo liquidato sia insufficiente a garantire la copertura dell’intero importo mutuato, la
ricorrente è tenuta a saldare la differenza (mentre un eventuale eccedenza costituirebbe oggetto di
trasferimento in favore della ricorrente).
Il tenore della disposizione è limpido nell’escludere che la liquidazione del sinistro possa costituire di
per sé motivo di soddisfacimento delle ragioni del resistente finanziatore. Il che d’altronde coincide
con un ovvio e più che legittimo diritto di quest’ultimo a non veder pregiudicato l’esito del
finanziamento erogato a motivo dell’evento accidentale che vada a colpire il bene: la liquidazione
dell’indennizzo viene dunque correttamente scomputata dal debito residuo che tuttavia non può – né
logicamente potrebbe – venir meno per il semplice motivo che la mancata fruizione del bene
conseguente alla sua sottrazione non è fatto ascrivibile alla condotta del resistente.
Giova osservare, con ciò accogliendosi la prima eccezione sollevata dal resistente, che parte
ricorrente non ha sollevato alcuna contestazione né sull’esistenza né sull’efficacia della norma
contrattuale dianzi menzionata, sicché non può dirsi sussistere, in origine, alcun dissidio che la
ritenuta transazione avrebbe dovuto comporre.
Ne consegue che, nella specie, la proposta della ricorrente deve intendersi siccome protesa non già
a sedare un’inesistente controversia, bensì a derogare al contenuto pattizio. Una tal deroga ben
potrebbe formarsi, in astratto, non necessariamente attraverso uno scambio epistolare che avrebbe
suggellato il mutato avviso dei paciscenti, ma anche mediante la combinazione della formulata
proposta con un correlato comportamento concludente da parte del resistente. Senonché è in
concreto che siffatto comportamento non può dirsi per accertato.
Il silenzio osservato dal resistente a fronte della proposta non è (salvo quanto si noterà in prosieguo)
di per sé significativo, in base all’ovvio principio per il quale, in assenza di una specifica pattuizione in
tal senso, l’inerzia di uno dei contraenti non può equivalere ad accettazione della proposta dell’altro,
costituendo il silenzio un comportamento di per sé inespressivo di qualsivoglia determinazione
negoziale. Non maggior pregio può rivestire la circostanza che il resistente abbia rilasciato quietanza
alla compagnia assicuratrice a fronte della liquidazione del sinistro. In effetti, pur prescindendo dalla
circostanza per cui la quietanza è atto liberatorio rivolto alla compagnia di per sé insuscettibile di
produrre effetti nei confronti del ricorrente, resta il fatto che la percezione dell’indennizzo soddisfa
comunque un diritto contrattualmente pattuito in favore del resistente, sicché l’incasso dell’importo
costituisce normale esecuzione parziale del contratto originario, non potendosi per ciò solo
riqualificare alla stregua di tacita accettazione della proposta di deroga avanzata dalla ricorrente.
Non può insomma ragionevolmente desumersi dal comportamento del resistente, proteso ad
accettare parte della prestazione contrattualmente pattuita, una implicita accettazione del patto
derogativo proposto che avrebbe limitato l’esborso della ricorrente a quella sola parte.
Ne consegue che nessun accordo, né transattivo né derogativo, può ritenersi concluso, con che la
domanda del resistente non può trovare accoglimento.
Tanto deciso, il Collegio non può tuttavia esimersi dal rimarcare come, nella prospettiva di un
miglioramento delle relazioni fra clienti e intermediari, una più trasparente scelta comunicativa non
solo sia certamente preferibile e auspicabile, ma possa rivelarsi tale da scongiurare rischi di equivoci,
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contestazioni e contenziosi. Nello specifico, ove il resistente avesse chiaramente, con un pur breve
scritto, replicato al legale della ricorrente escludendo qualsivoglia accettazione della proposta,
l’odierno procedimento non avrebbe avuto ragione di promuoversi. Un tale riscontro non integra
ovviamente un obbligo giuridico, ma semplicemente, oltre che un atto di cortesia, anche un semplice
ed economico strumento di accrescimento del livello di trasparenza del rapporto e di riduzione delle
occasioni di contenzioso.
P.Q.M.
Il Collegio non accoglie il ricorso.
IL PRESIDENTE
firma 1
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