Il SIStEMa DEllE FontI all`IntERno DEl DIRItto DEll`unIonE

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Il SIStEMa DEllE FontI all`IntERno DEl DIRItto DEll`unIonE
Capitolo IV
Il sistema delle fonti all’interno
del diritto dell’Unione
Sommario: 4.1. Il diritto primario – 4.2. Il procedimento di revisione dei Trattati – 4.3. La ripartizione
di Competenze tra Unione e Stati Membri – 4.4. I principi dell’Unione – 4.5. Il diritto derivato – 4.6. Gli atti vincolanti: regolamento, direttiva, decisioni – 4.7. I requisiti degli atti vincolanti:
motivazione, base giuridica, efficacia nel tempo – 4.8. Gli atti non vincolanti: raccomandazioni e
pareri – 4.9. Atti atipici – 4.10. La diretta applicabilità e l’efficacia diretta delle direttive
4.1. Il diritto primario
Le fonti del diritto dell’Unione, dove per fonti si intendono fatti o atti
cui l’ordinamento giuridico collega la nascita di norme giuridiche, comprendono:
– il diritto primario;
– i diritti fondamentali;
– i principi generali del diritto comunitario;
– gli accordi internazionali
– il diritto derivato.
Nel diritto primario rientrano anzitutto le norme convenzionali, contenute nei trattati istitutivi delle Comunità europee e negli accordi internazionali che
successivamente sono stati stipulati per modificare ed integrare i primi. Attualmente
vanno considerate norme primarie: il Trattato sull’Unione europea, il Trattato sul
funzionamento dell’Unione europea gli atti posti in essere dal Consiglio, ma oggetto di procedure costituzionali di adattamento nei singoli Stati membri, al pari
degli accordi.
Insieme ai principi non scritti, i trattati istitutivi e gli atti del Consiglio, soggetti
a procedure di adattamento all’interno dei singoli Stati vanno a formare il concetto
ormai comune all’interno del diritto dell’Unione di Costituzione della Comunità, una formulazione molto vicina alle esperienze nazionali statali e ribadita successivamente dal parere 1/91 sullo spazio economico europeo in cui si rimarca che
“Trattato..., benché sia stato concluso in forma di accordo internazionale, costituisce la Carta
costituzionale di una comunità di diritto”.
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Compendio di Diritto dell’Unione Europea
Tali norme regolano in via primaria la vita di relazione all’interno della Comunità:
– creando situazioni giuridiche soggettive in capo agli Stati membri, alle istituzioni comunitarie e ai singoli;
– atti posti in essere dalle Istituzioni comunitarie sono posti in posizione subalterne all’insieme, in quanto essi traggono la loro validità e forza dall’insieme
di norme del diritto primario. Anche se alcune di esse sono state già richiamate,
è utile avere un quadro globale delle principali normative convenzionali:
–Trattato CECA (comunità europea carbone e acciaio) firmato a Parigi il 18
aprile 1951;
–Trattati CEE e CEEA (comunità europea dell’energia atomica) firmati a Roma
il 25 marzo 1957;
–Trattato sulla fusione degli esecutivi (Consiglio e Commissione), firmato a Bruxelles l’8 aprile 1965;
– L’Atto unico europeo 1986;
–Il Trattato sull’Unione Europea (TUE) o Trattato di Maastricht 7 febbraio
1992;
–Il Trattato di Amsterdam;
– La Carta dei diritti fondamentali, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000;
–Il Trattato di Nizza, firmato il 26 febbraio 2001;
–Il Trattato di adesione di Cipro, Estonia, Lettonia, Lituania, Malta, Rep. Ceca,
Polonia, Slovenia, Slovacchia e Ungheria, firmato nel 2003;
–Il Trattato di adesione di Bulgaria e Romania (2007).
–Trattato di Lisbona firmato il 13 dicembre 2007 (vigore 1 dicembre 2009) che
oltre a modificare il Trattato sull’Unione europea, ha modificato e sostituito il
trattato CE con il trattato sul funzionamento dell’Unione europea ed ha attribuito lo stesso valore dei Trattati alla Carta dei diritti fondamentali.
Il quadro di riferimento del sistema normativo comunitario è definito attualmente dai trattati istitutivi, così come modificati recentemente a Lisbona, e dalla
carta dei diritti fondamentali esplicitamente citata dal Trattato di Lisbona, che ha
assunto il carattere di norma primaria e quindi vincolante per tutti gli Stati membri.
(art. 6, comma 2, TUE).
La natura giuridica dei trattati istitutivi è quella di accordi internazionali, questo comporta che nella fase di interpretazione e sul regime giuridico
generale dei trattati comunitari varranno le regole del diritto internazionale
pattizio.
A sottolineare, però, la peculiarità dell’ordinamento comunitario e la differenzazione dagli organismi internazionali all’interno del panorama del diritto internazionale sono alcune specifiche caratteristiche che vanno ad accentuare la particolare natura dell’Unione europea. Infatti, l’Unione inizialmente presentava nella sua
fase istitutiva tutte le specificità tipiche di un’organizzazione internazionale con la
previsione di un trattato istitutivo che sancisce il complesso istituzionale della Comunità con le rispettive competenze e gli ambiti di intervento destinati all’azione
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dell’ente, gradualmente essa si è differenziata assumendo caratteristiche e funzioni
più ampie rispetto ad una organizzazione internazionale disciplinata dalle norme
internazionali.
Infatti le principali differenze si possono scorgere per:
– L’ampliamento delle finalità in capo alla Comunita o Unione durante il processo
di integrazione che ha visto il passaggio dalla creazione del mercato unico ad un
sistema di cooordinamento di politiche più generalizzato riguardante materie
non inerenti al mercato unico ma essenziali all’interno dell’Unione.(ruolo fondamentale in tal senso è stato svolto dalla Corte di Giustizia)
– un’incidenza diretta ed immediata sulla situazione giuridica soggettiva, oltre che dello stesso ente e degli Stati membri, anche dei singoli. Quest’ultimo
aspetto è particolarmente importante perché comporta che ai singoli cittadini
non fanno capo solo diritti ma precisi obblighi anche se non menzionati dal
Trattato.
– previsione di un meccanismo di controllo giurisdizionale, imperniato
sulla Corte di Giustizia e sulla cooperazione tra questa e i giudici nazionali.
L’interpretazione dei trattati segue preferibilmente il criterio teleologico, sancito anche dalla Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati e largamente utilizzato agli inizi della Comunità Europea dalla massima corte comunitaria, in base
al quale il Trattatto va interpretato tenendo presente gli obbiettivi enunciati dal
trattato, non soffermandosi troppo sul dettame letterale. Tale principio implica che
le norme comunitarie, e in particolare quelle che impongono obblighi agli Stati
membri, siano interpretate nel senso più favorevole al processo di integrazione.(in
dubius pro comunitate). Va specificato che agli inizi della Comunità europea, l’interpretazione estensiva dei trattati era dettata dalla volontà di rafforzare l’ordinamento
giuridico di breve nascita e quindi di allargare le sfere di competenza dell’Unione,
tale attivismo della Corte di Lussembrugo ha fatto parlare di derive giurisprudenziali della Corte di Giustizia.
Nonostante i Trattati comunitari siano redatti in tutte le lingue ufficiali della
Comunità, occorre tendere ad un’interpretazione uniforme, sì che nessuna versione linguistica possa prevalere sulle altre. La lettura deve ispirarsi alla reale volontà
sottesa alle norme ed allo scopo da queste perseguito.
La sfera di applicazione territoriale del diritto comunitario coincide con
quella dell’insieme dei diritti nazionali. L’art. 52 TUE enumera per esteso gli
Stati membri in cui si applica. Le competenze della Comunità possono essere
esercitate fin dove si estende la giurisdizione degli Stati membri e dunque nei
limiti sanciti dalle rispettive disposizioni costituzionali. Nella sfera di applicazione territoriale del diritto comunitario, pertanto, sono comprese le zone di
mare e gli spazi aerei sui quali si esercita legittimamente il potere di governo
degli Stati membri, nonché i territori europei di cui uno Stato membro abbia
la rappresentanza nei rapporti esterni (com’è il caso di Gibilterra rispetto al
Regno Unito).
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Compendio di Diritto dell’Unione Europea
Per alcuni territori degli Stati membri sono previsti regimi particolari:
–Alcuni di essi sono sottratti del tutto all’applicazione dei trattati (ad es. le zone
di Cipro sottoposte al Regno Unito);
–Altri vi sono sottoposti solo nei limiti espressamente sanciti dai conferenti trattati di adesione (isola di Man e isole Normanne);
–I dipartimenti francesi d’oltremare, nonché le Azzorre, Madeira e le Canarie possono
essere oggetto di misure specifiche in relazione alle condizioni geoeconomiche;
–I cc.dd. Paesi e territori d’oltremare di cui all’allegato II del Trattato, sono sottoposti allo speciale regime di associazione e dunque esclusi alla sfera di applicazione del Trattato, salvo il caso di un espresso riferimento.
L’art. 355 TFUE non esclude che le norme comunitarie possano produrre effetti
anche al di fuori del territorio della Comunità. È il caso ad es. delle norme sulla
concorrenza e i loro effetti giuridici che si producono nel mercato comune pur
quando gli accordi sono realizzati con Paesi terzi.
4.2. Il procedimento di revisione dei trattati
La revisione dei trattati comunitari è prevista nei casi in cui si voglia ampliare o
restringere le competenze dell’Unione e l’art. 48 TUE prevede:
– una procedura di revisione ordinaria;
– due procedure di revisione semplificate.
La procedura di revisione ordinaria può essere attivata da:
– uno Stato membro;
– dal Parlamento;
– dalla Commissione.
Il Consiglio, destinatario del progetto di modifica da parte di una o più isituzione su un trattatto isituzionale dell’Unione, consulta il Parlamento e all’occorrenza la Commissione, e per le modifiche istituzionali nel settore monetario anche
la BCE, successivanmente il Presidente del Consiglio convoca una conferenza
di rappresentanti dei governi degli Stati membri, dei Parlamenti nazionali, dei capi
di Stato o di governo degli Stati membri, del Parlamento europeo e della Commissione (conferenza intergovernativa), al fine di stabilire di comune accordo le
modifiche da apportare e di coinvolgere il più possibile tutti gli organi comunitari
e soprattutto nazionali nel processo di revisione. Elaborato il progetto di modifica
da parte della conferenza, esso viene ratificato da tutti gli Stati membri secondo
le modalità prescritte da ciascuno ordinamento statale. Qualora dopo i due anni
dalla firma del Trattato di revisione, sui 4/5 degli Stati che hanno ratificato, uno o
più Stati trovino difficoltà nel processo di revisione la questione viene sottoposta al
Consiglio europeo.
Le procedure semplificate attribuiscono un ruolo preminente al Consiglio
europeo ed escludono la convocazione tanto della convenzione quanto della conferenza dei rappresentanti.
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1) La prima di queste procedure è prevista per la modifica esclusiva della parte
terza del TFUE, relativa alle politiche ed alle azioni interne dell’Unione che
prevedono una riduzione e non un ampliamento delle competenze dell’Unione. I progetti sono inoltrati al Consiglio europeo da qualsiasi Stato membro, dal
Parlamento o dalla Commissione. Il Consiglio adotta una decisione deliberando
all’unanimità previa consultazione con Parlamento o la BCE quando il progetto riguarda il settore monetario. La decisione entra in vigore previa approvazione (non ratifica) degli Stati membri conformemente alle rispettive norme
costituzionali.
2) La seconda di queste procedure invece contempla 2 ipotesi:
2.a) Possibilità che il Consiglio deliberi a maggioranza qualificata e non all’unanimità nell’adozione di decisioni relative al TFUE o alla parte V del TUE
salvo che ci siano implicazioni militari.
2.b) Possibilità per il Consiglio di adottare atti legislativi secondo la procedura legislativa ordinaria e non secondo una procedura legislativa speciale ove
prevista.
In entrambi i casi l’iniziativa è presa dal Consiglio europeo all’unanimità
previa approvazione del Parlamento che si pronuncia a maggioranza dei membri che lo compongono. La proposta di modifica è poi trasmessa ai Parlamenti
nazionali che entro 6 mesi possono respingerla (non adottata) o in assenza di
opposizione la decisione è adottata dal Consiglio europeo senza ulteriore ratifica
o approvazione.
Tale procedura non può essere applicata:
– Per l’adozione della decisione di nuove categorie di risorse proprie.
– Per la decisione di sospensione dei diritti di voto di uno Stato membro.
Il Trattato di Lisbona ha previsto il diritto di recesso, (art. 50 TUE) istituto
tipico del diritto internazionale. Si tratta di una procedura dettagliata e precisa per
cui ogni Stato membro può decidere di recedere dal sistema dell’Unione europea
conformemente alle proprie norme costituzionali. L’intenzione di recedere va notificata al Consiglio europeo che formula specifici orientamenti a tal riguardo. Si
apre quindi un negoziato volto a definire un accordo sulle modalità del recesso. Il
Consiglio è tenuto a deliberare, previa approvazione del Parlamento, a maggioranza
qualificata richiesta ovvero il consenso di almeno il 72% dei membri del Consiglio
presenti che rappresentino almeno il 65% della popolazione di tali Stati. Lo Stato
recedente non sarà più membro dell’Unione.
Per quanto concerne, invece, la procedura di ammissione di nuovi Stati membri
all’Unione europea essa è regolata dall’articolo 49 TUE il quale prevede due fasi.
La prima fase si svolge nel quadro delle istituzioni europee, la seconda coinvolge,
invece, gli Stati membri. Il procedimento prende avvio dall’iniziativa dello Stato che
intende aderire all’Unione europea.
Essa prevede due requisiti per l’adesione: il primo di natura geografica, in quanto
lo Stato candidato deve appartenere all’Europa, e il secondo di natura politica, nel
senso che lo Stato deve rispettare e promuovere i valori, enunciati dall’art. 2 TUE,
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Compendio di Diritto dell’Unione Europea
sui quali si fonda l’Unione. Il primo criterio viene constatato da parte delle istituzioni dell’Unione, il secondo implica un giudizio, una valutazione (discrezionale)
ad opera sempre di tali istituzioni.
Sull’ammissione il Consiglio deve deliberare all’unanimità; la sua pronuncia fa seguito al parere (obbligatorio ma non vincolante) della Commissione e
all’approvazione del Parlamento. Tuttavia mentre il parere della Commissione è
obbligatorio, il che significa che il Consiglio è tenuto giuridicamente a consultarla (anche se il parere della Commissione non vincola il Consiglio che può
discostarsene), il parere del Parlamento è configurato come conforme; ciò significa che l’atto del consiglio può essere adottato solo se coincide con la volontà
espressa dal Parlamento.
La seconda fase si conclude con la stipulazione di un contratto tra lo Stato aderente e gli Stati membri, contenente le condizioni di ammissione e gli adattamenti
dei Trattati. L’ingresso dello Stato richiedente nell’Unione ha luogo solo al momento in cui entra in vigore l’accordo di adesione; e tale entrata in vigore è subordinata
alla ratifica degli Stati contraenti.
Le due fasi del procedimento tendono a sovrapporsi e a concludersi simultaneamente.
4.3. La ripartizione di competenze tra l’Unione e gli Stati membri
Le competenze tra gli Stati membri e l’Unione sono stati esplicitamenti previsti
dal Trattato di Lisbona, rimediando ad una lacuna evidenziata nei precedenti trattati
in cui non si citava esplicitamente la ripartizione di competenze ma si deducevano
dagli obbiettivi posti dall’Unione e di conseguenza dagli atti posti in essere dalle
istituzioni.
Nel Trattato di Lisbona, invece, il Titolo I della parte I del TFUE è dedicato
espressamente all’enunciazione di “categorie e settori di competenza dell’Unione”ed in
particolar modo alla art. 5, 1° comma TUE vengono elencate le competenze della
stessa Unione in base al principio di attribuzione ed in particolar modo l’art. 5.
2° comma TUE stabilisce: “L’Unione agisce esclusivamente nei limiti delle competenze
che le sono attribuite dagli Stati membri nei Trattati per realizzare gli obiettivi da questi
stabiliti”.
Il TFUE, invece, fornisce un elenco di tali competenze:
– L’art. 3 enumera i settori in cuiè prevista la competenza esclusiva dell’Unione.
– L’art. 4 i settori in cui la competenza dell’Unione è concorrente con quella degli
Stati membri.
– L’art. 4, nn. 3 e 4, e gli artt. 5 e 6 enumerano i settori in cui l’Unione ha competenza per svolgere azioni intese a sostenere, coordinare o completare l’azione
degli Stati membri.
– L’art. 2, par. 4 ricorda infine che l’Unione ha competenza per definire e attuare
una politica estera e di sicurezza comune.
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L’elencazione delle competenze ha carettere generale ed non è esaustiva in quanto non specifica le competenze che essa effettivamente esercita in quei settori che
si possono dedurre solo da specifici articoli dei Trattati. È significativo che alcuni
articoli del Trattato non delimitano con esattezza i confini delle varie competenze, e
per questo sul principio di attribuzione è intervenuta la giurisprudenza della Corte,
la quale ha ampliato le competenze della Comunità, privilegiando un’interpretazione sistemica o teleologica delle disposizione del Trattato.
La Corte, infatti, ha anche affermato che la competenza a creare nuovi organismi dell’Unione (agenzie) deve ritenersi compresa nei poteri conferiti alle
istituzioni. In via più generale la Corte ha ribadito il principio secondo cui,
quando una disposizione dei Trattati affida alle istituzioni un compito preciso,
si deve ammettere, se non si vuole privare di efficacia detta disposizione, che
il Trattato attribuisce alle istituzioni i poteri indispensabili per svolgere questa
missione (es. nel caso si ponga la necessità di concludere accordi internazionali
con Stati terzi).
Con Lisbona e in base al principio di attribuzione da un lato vengono enunciate le competenze dell’Unione, riconoscendo alle istituzioni europee il potere
di adottare i provvedimenti necessari o utili in relazione agli obiettivi dei trattati,
ma d’altra parte viene sottolineata la potestà degli Stati nell’attribuzione delle competenze e in particolare modo che qualsiasi competenza non attribuita
all’Unione dai trattati appartiene agli Stati membri (il principio residuale è a
vantaggio delle entità statuali).
La rigidità del potere di attribuzione viene mitigato dalla clausola di flessibilità prevista all’art. 352 TFUE.
Tale previsione permette l’ampliamento dei poteri dell’Unione che seppur non
espressamente previsti o non desumibili dalle disposizioni del Trattato, sono tuttavia
necessari per il raggiungimento dei fini assegnati all’Unione da parte dei Trattati
istitutivi. Essa consiste nel seguire una rigorosa procedura in cui il Consiglio ha il
potere di adottare all’unanimità su proposta della Commissione e previa approvazione del Parlamento, una decisione resasi necessaria per raggiungere i fini assegnatogli dall’Unione. Tale calusola, proprio perché va a bilanciare il principio di attribuzione non può essere utilizzata su disposizioni che vanno a modificare il Trattato
o inerenti alla Politica estera di sicurezza comune.
In sintesi le competenze dell’Unione possono essere:
• Esclusive: è stabilito che soltanto l’UE può emanare atti giuridicamente vincolanti ma è altresì specificato che gli Stati membri, previa autorizzazione, possono
autonomamente legiferare oppure dare attuazione agli atti dell’Unione.
Settori:
–Unione doganale.
– Definizione delle regole di concorrenza del mercato interno.
– Politica monetaria.
– Conservazione delle risorse biologiche del mare.
– Politica commerciale comune.
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