6. Analisi preliminari di alcune sepolture rinvenute nella

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6. Analisi preliminari di alcune sepolture rinvenute nella
6. ANALISI PRELIMINARI DI ALCUNE SEPOLTURE RINVENUTE NELLA CHIESA
DI S. PIETRO A GROSSETO (Fig. 3)
L’indagine tafonomica1 eseguita sull’area della Chiesa di San Pietro nel
centro storico di Grosseto ha messo in luce una serie di inumazioni di diversa
tipologia, appartenenti anche a momenti cronologici differenti. L’estrema
vicinanza di molti individui, spesso deposti l’uno sull’altro, in momenti cronologici diversi, permette di ipotizzare che il cimitero doveva essere di una
certa rilevanza.
Le continue modifiche apportate all’area in esame hanno comportato lo
sconvolgimento delle sepolture più antiche e quindi l’impossibilità di definire
puntualmente le varie fasi di deposizione.
Sono state evidenziate sepolture primarie, sia in spazio pieno che in
cassa lignea, di cui molto spesso sono stati rintracciati frammenti ancora in
loco, ed anche due aree adibite ad ossari.
Dopo la rimozione del piano pavimentale, nella parte centrale della
struttura, in posizione quindi privilegiata2, è apparsa la sepoltura S1 (US
12187), l’ultima dal punto di vista cronologico in quanto riferibile ad epoca
moderna. L’inumato, di cui erano ancora visibili la cassa lignea e gli abiti, è
un individuo adulto di sesso maschile; deposto in posizione primaria, era
supino, con gli arti superiori piegati, le mani incrociate sull’addome e gli arti
inferiori distesi simmetricamente lungo la cassa. La decomposizione è avvenuta in spazio vuoto, anche se gli abiti ancora intatti hanno mantenuto strette
connessioni anatomiche3.
Le due aree di deposizione secondaria sono situate lungo le pareti esterne
della struttura più antica; erano visibili elementi ossei riferibili ad almeno 8
individui, secondo il calcolo dell’osso monolaterale più rappresentativo (nel
nostro caso il femore destro)4. Tutto il materiale proveniente dalle deposizioni
secondarie, ad esclusione dei crani che hanno subito modificazioni rilevanti,
1
Eseguita da Cinzia Mantello, Daniela Bimbi e Simona Marongiu del Laboratorio di
Antropologia Fisica dell’Università di Siena a Grosseto.
2
Si veda ARIES 1980, in particolare le sepolture “apud sanctos”.
3
DUDAY, SELLIER 1990.
4
BOKONYI, 1970.
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A
B
C
Fig. 3 – Le sepolture rinvenute all’interno della chiesa: A (US 12209), B (US
12028), C (US 12251)
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appare integro e ben conservato, proveniente verosimilmente da sepolture in
spazio vuoto. A conferma di tale ipotesi è stata anche evidenziata un’area in
cui sono stati rintracciati frammenti lignei, carboncini, chiodi di varie dimensioni e segni di combustione (US 12175-A563): si tratta probabilmente del
punto in cui, dopo lo svuotamento delle strutture tombali precedenti, sono
stati bruciati i resti delle casse lignee.
Una parte delle sepolture in cassa lignea sono comunque rimaste in loco:
S9 (US 12126-A601), S10 (US 12191-A585), S5 (US 12134-A585), ed S6 (US
12166-A599). Lo stato di conservazione delle ossa è pessimo: i crani sono
estremamente frammentati, la gabbia toracica è quasi assente, mentre tutte le
ossa lunghe sono ridotte ad esigui frammenti. Le tombe contenevano tutte un
unico individuo, in giacitura primaria e posizione supina; data la frammentarietà del materiale, non è comunque possibile stabilire la posizione esatta del
cadavere, né se la decomposizione è avvenuta in spazio vuoto.
Ad epoca moderna risalgono anche le sepolture S2 (US 12330), S3 (US
12331), S7 (US 12109-A602) ed S12 (US 12251-A513). Quasi tutte le tombe,
ad esclusione della S7, sono collocate lungo le pareti esterne della chiesa più
antica, alcune sul lato Nord, S2 ed S3, ed una sul lato Sud, S12. Si tratta di
inumazioni in fossa terragna, in posizione primaria e decomposizione in spazio
pieno. Gli individui sono stati deposti tutti nella posizione consuetudinaria
ovvero supini, con gli arti superiori simmetricamente flessi e le mani incrociate sull’addome, gli arti inferiori distesi ed i piedi poggiati contro la parete
esterna. I tagli operati per le deposizioni sono di difficile individuazione, sia
perché sono stati in parte asportati in fasi successive, sia perché queste tombe
spesso si impostano su tagli precedenti. La sepoltura S7, ad esempio, riempie
il taglio precedentemente operato per accogliere la sepoltura S9, in cui sono
ancora visibili parte della gabbia toracica, gli arti superiori, il cinto pelvico ed
un femore dell’inumato. Le altre ossa attribuibili allo stesso individuo, adulto
di sesso maschile, sono state ritrovate in riduzione lungo le pareti del taglio
(US 12135), ai lati dell’individuo deposto nella fase successiva. La decomposizione del corpo è avvenuta in spazio vuoto, come si evince dalle connessioni
anatomiche tutte allentate, e sono ancora visibili molti frammenti della cassa
lignea che in origine doveva contenere il corpo. La sepoltura S7 (Fig. 3A)
contiene, invece, un individuo in giacitura primaria, in spazio pieno, deposto
supino. Il cranio, asportato durante gli interventi successivi operati sull’area
in esame, era posto su un cuscino funerario (mattone), ancora visibile.
Lo spazio funerario oggetto di analisi attesta la presenza di due tombe
che riutilizzano le sepolture più antiche in fase con la seconda chiesa (pieno
IX secolo), in prossimità dell’abside (vedi infra Vanni). Oltre ad alcuni elementi ossei riferibili a due individui in giacitura secondaria, la prima tomba,
S8 (US 12028 – Fig. 3B) conteneva un unico individuo in età giovanile, come
si evince dall’osservazione delle epifisi delle ossa lunghe non ancora saldate.
Lo stato di conservazione del corpo appare mediocre: i numerosi interventi
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apportati sull’area in epoca moderna hanno asportato parte della struttura
tombale ed il cranio. L’individuo era deposto in posizione supina, con le mani
incrociate sull’addome; la decomposizione è avvenuta in spazio vuoto, ma
le ridotte dimensioni della tomba hanno effettuato un “effetto parete” sulle
spalle, sui coxali e sui piedi. Le connessioni anatomiche degli arti sono quindi
solo allentate, mentre le costole e le vertebre sono spostate5.
La seconda tomba, S13 (US 12251 – Fig. 3C), conteneva invece un unico
individuo, adulto di sesso maschile. La decomposizione del corpo è avvenuta
in spazio vuoto: il cranio, adagiato su un cuscino funerario, dopo la decomposizione delle parti molli, in assenza di sostegni, è ruotato in alto; il calvario
e la mandibola non conservano connessioni anatomiche, così come l’atlante
e l’occipite. La gabbia toracica è appiattita verso il basso e le clavicole sono
verticalizzate. Gli arti superiori non sono simmetricamente incrociati sull’addome, ma il braccio destro è piegato ad angolo retto all’altezza del gomito,
mentre il sinistro è piegato in alto con la mano poggiata sulla clavicola sinistra.
Il bacino è leggermente inclinato a sinistra, dove il coxale ha subito l’effetto
parete. Gli arti inferiori sono invece flessi lungo la superficie della tomba.
La determinazione del sesso si basa sui caratteri del calvario e delle ossa
coxali descritti da FEREMBACH et alii 1979; per gli individui che non conservano
questi elementi scheletrici e per le ossa sparse è stato possibile soltanto prendere
in considerazione la loro morfologia generale e le loro dimensioni.
L’età alla morte è stata stabilita, per gli individui adulti, a causa dell’incompletezza di tutte le entità scheletriche, in base al grado di usura dentaria
ed a quello delle sinostosi delle suture craniche6. Solo per il soggetto della S9
è stato possibile prendere in considerazione il grado di saldatura della sinfisi
pubica7, che rappresenta il criterio più attendibile per la determinazione
dell’età. Per l’unico individuo in età infantile l’età di morte è stata stabilita
secondo il metodo di Pineau e Olivier8.
Lo stato di conservazione delle ossa non ha permesso una dettagliata
indagine antropometrica e paleopatologica di tutti i soggetti. Sono stati analizzati i resti di 12 individui in giacitura primaria e di 8 in giacitura secondaria.
La determinazione del sesso è stata possibile solo per le sepolture complete: 7
sono gli individui di sesso maschile, 3 gli individui di sesso femminile e 2 gli
indeterminabili. Quasi tutti gli individui sono adulti, ad esclusione dell’infante
della S6 e del giovane della S8.
All’interno della sepoltura S6 sono state rinvenute le ossa pertinenti ad
un individuo in età perinatale (US 12166-A599). Il cranio è rappresentato
MALLEGNI 2005
LOVEJOY 1985
7
Secondo UBELAKER 1978
8
OLIVIER, PINEAU 1960.
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da alcuni esigui frammenti di volta, dalla rocca petrosa s, da frammenti della
mandibola s con in bolla il 1° e 2° incisivo ed il 1° e 2° molari decidui. Del
post-craniale si conservano alcuni frammenti di coste, la diafisi dell’omero
d, un terzo distale dell’omero s, l’ulna d lunga circa 61 mm, il radio d privo
di un terzo prossimale, l’ileo ed il pube d e s, il femore d lungo 79 mm ed
il sinistro lungo 80 mm, le due tibie e le due fibule estremamente frammentarie. Dal grado di maturazione dentaria e dallo sviluppo delle ossa lunghe
si evince che la morte sia sopraggiunta o al momento della nascita o dopo
pochi giorni di vita.
L’individuo S8 è invece un giovane di circa 16 anni: le epifisi delle ossa
lunghe non sono ancora perfettamente saldate. Il cranio è stato asportato in
seguito a interventi precedenti, pertanto non è stato possibile considerare il
grado di usura dentaria, che avrebbe ulteriormente confermato l’età alla morte.
Sebbene si tratti di un individuo in giovane età, le ossa presentano caratteri
ergonomici evidenti, soprattutto a carico degli arti inferiori e delle ossa tarsali. Tali alterazioni, le cosiddette “faccette da squatting”, sembrano dovute
soprattutto all’abitudine di mantenere una posizione accovacciata.
Per quanto riguarda lo studio antropologico degli individui adulti, sebbene si tratti di dati molto limitati e quindi non fruibili da un punto di vista
statistico, è stata osservata una certa omogeneità nell’incidenza dei caratteri
metrici, morfologici ed ergonomici.
L’incompletezza e le precarie condizioni della maggior parte dei reperti
cranici hanno permesso di rilevare i caratteri metrici solo su due soggetti:
S9 ed S13. Le forme craniche sono molto regolari: crani poco lunghi e poco
stretti9. La forma della volta è, in ambedue i casi, curva10, mentre il contorno
è ovoide11. I calvari presentano leggere bozze parietali; le larghezze minime e
le larghezze massime della fronte sono tendenzialmente uniformi. Le orbite
hanno forma rettangolare, gli zigomi sono robusti e le protuberanze all’altezza
della glabella sono marcate. Sebbene si noti l’assenza di calvari integri attribuibili a soggetti di sesso femminile, dall’osservazione degli esigui frammenti si
denota uno scarso dimorfismo sessuale a livello cranico, soprattutto riguardo
alla robustezza della mandibola ed alla grandezza della mastoide, non particolarmente sviluppate neppure negli uomini.
La stima dei caratteri metrici del distretto post-cranico è stata possibile
solo su alcuni omeri e alcuni femori, mentre tutto il resto del materiale si mostrava incompleto e quindi non misurabile. L’altezza media, per gli individui di
sesso maschile è stata stimata sui 174,5 cm, mentre per gli individui di sesso
femminile corrisponde a 161,9 cm.
MARTIN, SALLER 1956-59.
MALLEGNI 1973.
11
STROUHAL, JURGWIRDTH 1984.
9
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A livello dello scheletro post-craniale si nota la scarsa incidenza di caratteri discontinui, quali un unico esempio di apertura del setto nella fossa
olecranica, di processo sopracondiloideo nell’omero e di terzo trocantere nel
femore. Si osservano alterazioni diafisarie a carico degli arti superiori piuttosto
evidenti: gli omeri, sia destri che sinistri, presentano sezioni molto schiacciate
(platibrachia) in entrambi i sessi. Non dovrebbe trattarsi di alterazioni genetiche, perchè l’incidenza di altri caratteri, quali tuberosità deltoidee grandi e
rugose negli omeri e linee aspre evidenti nei femori, permette di ipotizzare
che tali modificazioni siano di tipo ergonomico. L’intenso esercizio fisico tende
infatti a produrre una notevole massa muscolare, quindi l’osso, sollecitato, si
modella in modo da offrire la maggiore superficie possibile alle masse muscolari, assumendo una forma spigolosa ed una sezione trasversale appiattita12.
Oltre a questi caratteri ergonomici, nel campione di Grosseto non sono state
rilevate patologie ossee di particolare entità. Le alterazioni entesopatiche sono
localizzate solo nei punti di inserzione dei muscoli e dei legamenti, soprattutto
sulle epifisi distali di ulna e radio e sulle epifisi distali di tibia e perone. Alcuni
individui sono affetti da periostite, soprattutto a livello delle gambe, lesione
che, associata alla presenza di esostosi al tendine di achille sul calcagno, permette di ipotizzare non solo una forte sollecitazione dei muscoli impegnati
nel camminamento per terreni accidentati, ma anche l’abitudine ad assumere
spesso una posizione accovacciata13.
In conclusione, l’età media alla morte del campione in studio, 40-45 anni
circa, quindi già in fase matura, era piuttosto alta. Ad un esame macroscopico,
le ossa non presentano lesioni attribuibili a particolari patologie rintracciabili
nei vari distretti scheletrici; quindi, sulla base delle analisi antropologiche
effettuate, sembra di poter affermare che lo stato di salute del campione sia
stato buono. La statura dei soggetti rientra nella classe alta e, anche se potrebbe
essere legata a fattori genetici, permette di ipotizzare un apporto alimentare
buono fin dalla giovane età. Tale ipotesi è confermata dall’assenza sulle ossa
lunghe di strie di Harris e sul cranio di cribra crania et orbitalia. Anche lo
stato di salute dei denti è ottimale: scarsa incidenza di carie e tartaro, assenza
di ipoplasia dello smalto e nessuna perdita intra vitam. Le modificazioni della
struttura ossea in base ad attività ergonomica, limitate agli arti superiori e, in
misura minore, a quelli inferiori, non sono di grado elevato e perciò esse non
hanno comportato particolari formazioni entesofitiche.
In definitiva, il campione in oggetto, doveva avere un buon regime di
vita, una alimentazione equilibrata, un’attività fisica laboriosa ma non particolarmente gravosa.
CINZIA MANTELLO, FULVIO BARTOLI
12
13
BASS 1971.
CAPASSO, KENNEDY, WILCZAK 1999.
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