Sintesi delle riflessioni sulla Teologia del Corpo

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Sintesi delle riflessioni sulla Teologia del Corpo
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EDUCARE
ALL’AMORE
ottobre 2015 – gennaio 2016
Sintesi della “Teologia del Corpo”
Il piano di Dio sull’amore umano
1 - IL PROGETTO DI DIO ALLE ORIGINI
Mt 19,3-8
Cosa è lecito e cosa non è lecito? Gesù respinge il legalismo morale, basato su regole e divieti, comoda
scappatoia per “sentirsi a posto”; ci raccomanda invece di decidere i nostri comportamenti in base al “principio”, il progetto del creatore, che è descritto nella Bibbia, nei racconti delle origini.
Primo racconto delle creazione: Genesi 1,26-28 - 1,31
Secondo racconto delle creazione: Genesi 2,7 - 2,18-25
Questi racconti non appartengono al genere storico, ma al genere mitico. Attraverso racconti simbolici dicono
una verità sulle origini e sul significato della vicenda umana.
L’uomo è la sola creatura capace di stupirsi, di interrogarsi sul senso delle cose. Questo lascia intravedere
una dimensione spirituale. È posto da Dio al vertice del creato, ha la potestà di assegnare il nome alle altre
creature (il nome non è solo uno strumento per indicare le cose, ma in qualche modo ne “contiene” la
realtà). Da queste cose si capisce che l’uomo è
creato a immagine e somiglianza di Dio, come
attesta il racconto biblico; ma c’è un altro importante elemento che contribuisce a formare questa immagine: l’uomo è un essere sessuato.
La “differenza sessuale” è proprietà primaria della persona umana. L’uomo è creatura sessuata,
vuol dire che è fatto per la relazione. Perciò la differenza sessuale è elemento fondamentale
dell’immagine di Dio. Infatti Dio è Trinità, quindi è
“relazione” nel mistero più profondo del suo essere.
Importanza e dignità del corpo: la differenza sessuale è anzitutto una differenza corporea. Quindi l’immagine
e somiglianza di Dio è impressa nel nostro corpo.
Pari dignità dell’uomo e della donna. L’uomo e la donna non sono due parti incomplete di umanità, ma due
modi compiuti e differenti di realizzare l’essere umano.
Nel disegno di Dio il corpo ha un significato sponsale. Con queste parole Giovanni Paolo II intende dire che
nel corpo sessuato l’uomo scopre la vocazione (= chiamata) al dono. Un dono non si esaurisce nell’oggetto
donato, ma “significa” sempre un dono di sé stesso.
Lo sguardo dell’uomo prima del peccato è capace di cogliere il significato sponsale nei segni corporei della
mascolinità e della femminilità. Nell’innocenza, la nudità viene percepita così come Dio l’ha ideata, nella bellezza che deriva dal suo significato di dono: non c’è motivo di vergogna.
Cantico dei cantici 4,1 - 4,3 - 4,5 - 4,9-12 - 4,16
Il Cantico dei Cantici è uno dei libri della Bibbia, quindi per il credente è ispirato da Dio. È un canto d’amore,
amore erotico. Eppure sono immagini e parole di una purezza unica. Cosa ci mostra Dio nel Cantico? Ci fa
vedere come sarebbe stato l’amore corporeo nel piano di Dio, nell’innocenza delle origini: la bellezza dell’eros,
l’importanza del corpo, la naturalezza con cui si percepisce il suo significato sponsale.
Il disegno di Dio sull’amore umano è un progetto di grande bellezza.
L’uomo è immagine di Dio per il suo corpo, non solo per la sua dimensione spirituale.
La sessualità è la via per fare di noi un dono, realizzando così pienamente l’immagine di Dio.
La logica del dono richiede a volte fatica e rinuncia, specialmente nella nostra situazione attuale, segnata dal peccato. Ma è una fatica gioiosa.
Con la generazione dei figli, il dono reciproco dei corpi tra l’uomo e la donna diventa fecondità,
partecipazione alla potenza creatrice di Dio.
A questo progetto l’uomo e la donna collaborano con ruoli diversi ma con pari dignità.
Il piacere sessuale è dono di Dio che arricchisce di gioia la nostra collaborazione al suo disegno.
Unica condizione posta da Dio: la nostra accettazione libera.
2 - IL PECCATO
Genesi 2,8-9 - 3,1-7 - 3,16-19
Il peccato originale segna il limite tra un prima, l’umanità delle origini, e un dopo,
l’uomo storico, segnato dalle conseguenze del peccato.
Dio comanda all’uomo di «non mangiare il frutto dell’albero della conoscenza del
bene e del male». Decidere ciò che è bene e ciò che è male è prerogativa di
Dio. Vivere secondo il progetto di Dio è il “bene” che ci fa vivere e ci rende felici.
L’uomo accetta la suggestione del serpente, che lo spinge a diffidare di Dio dipingendolo come un padrone geloso delle sue prerogative.
L’uomo vuole rubare quel bene che Dio gli aveva invece destinato come dono.
L’attrazione sessuale, non più guidata dalla logica del dono, diventa desiderio di
impossessarsi, cioè concupiscenza: cosa animalesca, bassa, che si può appena
tollerare come mezzo per la procreazione.
Compare la vergogna. Abbandonata la logica del dono, l’uomo non è più capace
di cogliere il significato sponsale del corpo, e il corpo perde in dignità. Anche
nell’altro intuisco uno sguardo di concupiscenza, uno sguardo che si impossessa,
che fa di me un oggetto, uno sguardo da cui è bene difendersi.
Non è in gioco soltanto il pudore sessuale, col peccato diventa più difficile parlarsi,
comunicare sé stessi, scoprire la propria intimità affettiva e spirituale.
La donna in tutti i secoli è stata dominata, resa proprietà, sfruttata e privata di capacità giuridica, usata dall’uomo per garantirsi una discendenza, ed asservita alle
esigenze del suo istinto. La donna a sua volta può esercitare un dominio più sottile
sull’uomo, usando la seduzione sessuale e sentimentale.
Matteo 5,27-28
L’adulterio del cuore: disunità tra sguardo e cuore, guardare per desiderare. Non il
desiderio buono corrispondente al disegno del creatore, ma lo sguardo concupiscente, che scruta per impossessarsi. Gesù ci dice che la vera radice del peccato
è la volontà del cuore, che non rispetta il significato sponsale del corpo. Non più dono l’uno per l’altro, le persone tendono ad utilizzarsi vicendevolmente per le proprie esigenze, quindi a trattarsi come oggetti.
La “concupiscenza” non è tanto l’eccessivo desiderio di piacere, ma la volontà di impossessarsi
del bene senza riceverlo come dono. L’albero della conoscenza del bene e del male: «Decido io
cosa è bene e cosa è male». Il vero peccato è la superbia.
La tentazione di sempre: dominare il progetto insito nella creazione.
La morale utilitaristica nega che nelle cose ci sia un significato, il significato lo decidiamo noi;
lo gnosticismo separa il corpo dalla mente, perché la mente possa decidere come usare il corpo.
Questo non avviene solo nei tempi moderni; il peccato è sempre esistito, ed è sempre consistito
nella pretesa di autonomia da Dio e dal suo progetto. Oggi ci sono un potere tecnico e culturale
che promuovono maggiormente questo modo di vedere.
È questo il terreno fertile su cui si è sviluppata l’ideologia del gender.
I risultati. Non c’è aumento della felicità, tutt’altro. Privi della logica del dono, i rapporti umani
sono avvelenati dall’asservimento reciproco e dal sospetto. Disprezzare il corpo che ci è dato,
rincorrendo il presunto diritto di costruirsi da sé l’identità, significa rinnegare sé stessi. Negare
di far parte di un disegno significa vivere senza una ragione, affondare nel nichilismo: ottimo
terreno per la depressione e la devianza sociale. E infine si scopre che la nostra autonomia è un
bluff. Ci siamo rifiutati di farci guidare dal disegno di Dio e ci ritroviamo a obbedire alla moda,
all’ideologia di turno, o alle esigenze di un sistema socio-economico basato sul consumo.
3 – LA REDENZIONE
Lettera di San Paolo agli Efesini 5,22-28
Col peccato abbiamo perduto l’innocenza originaria, la capacità di realizzare in noi il “principio”, il
disegno di Dio delle origini. Di questo disegno
l’uomo avverte tuttora le tracce, come un paesaggio intravisto nella nebbia. Ma non è capace di attuarlo, perché ostacolato dalla concupiscenza.
Con i sacramenti, e in particolare col sacramento
del matrimonio, Gesù ci offre il rimedio alla concupiscenza, non nel senso che il letto coniugale
diventi valvola di sfogo autorizzata per istinti che
non si riesce a reprimere, e neppure nel senso che gli effetti del peccato scompaiano: La Grazia dà agli sposi
la capacità di non esserne schiavi, mettendoli in grado di vivere secondo il progetto di Dio. E in questo modo,
la sessualità umana recupera la facoltà di essere immagine della Trinità. A condizione, ovviamente, che gli
sposi accolgano la Grazia, ci credano davvero e non le resistano.
Ma la redenzione di Gesù Cristo fa di più. Il Nuovo Testamento ci presenta Cristo come lo sposo, che ama la
propria sposa (la Chiesa) di un amore esclusivo, fino al sacrificio sulla croce: sono immagini nuziali. Col sacramento del matrimonio l’unione degli sposi diventa segno dell’amore tra Cristo e la sua Chiesa. Questo
avviene proprio con l’unione fisica degli sposi, unione necessaria perché il sacramento sia compiuto.
In questa logica sacramentale, comprendiamo bene come le parole di San Paolo sulla sottomissione della
donna non propongono l’asservimento della donna alla prepotenza maschile, ma invitano uomo e donna alla
sottomissione reciproca, al dono di sé fino al sacrificio, sotto la legge dell’amore.
Col sacramento, il matrimonio diventa via per la santità, anche e in particolare con l’unione sessuale. Gli sposi si santificano non “malgrado la sessualità”, ma proprio “grazie alla sessualità”.
Cos’è un vincolo carnale? Un padre e un figlio potranno restare lontani per anni, potranno
amarsi, o sopportarsi o perfino odiarsi, in tutti i casi tra loro esiste un legame che nessuno potrà
mai annullare. Non è un legame psicologico, né sentimentale. È un vincolo carnale. Ma non per
questo è superficiale. Ciò che tocca la mia carne tocca la mia anima, e può giungere più in profondità di ciò che colgo con la riflessione
Un vincolo carnale, attraverso la catena delle generazioni, unisce tutta l’umanità in una grande
famiglia solidale, una comunione nel bene (e purtroppo, col peccato, anche nel male).
Col mistero dell’incarnazione, Dio stesso diventa uomo, assume la carne umana. Non ci salva
innanzitutto con la predicazione di una saggezza o un esempio di virtù, ma entrando in quella
solidarietà umana fatta di vincoli carnali e facendovi circolare la vita divina. La massa di perdizione che noi formiamo in Adamo si tramuta in Corpo mistico di Cristo. La schiera dei peccatori
diventa comunione dei santi.
La sessualità umana è immagine della vita intima della Trinità. L’unione sessuale degli sposi
diventa sacramento dell’unione di Cristo con la Chiesa. Il letto nuziale diventa l’altare attraverso cui la Grazia raggiunge gli uomini. La sessualità è la via degli sposi per la santità.
DUE PAROLE IMPORTANTI NEL MATRIMONIO CRISTIANO
AMORE
Spesso si dice che l’amore è un sentimento. Vediamo l’analisi proposta da Giovanni Paolo II.
Ci sono quattro stadi progressivi della relazione, come i gradini di una scala.
Primo gradino: l’attrazione sensuale. Al centro dell’interesse sta la mia soddisfazione personale, ma a differenza di altre pulsioni, il desiderio sessuale spinge alla relazione, quindi induce ai gradini successivi.
Secondo gradino: il sentimento. La persona oggetto del mio sentimento mi ispira simpatia, tenerezza, ammirazione, perfino passione. È l’innamoramento. Ma attenzione! più che alla persona, sono interessato ai sentimenti che la persona evoca in me. Non è una base sufficiente per costruire una coppia solida. Al sentimento
non si comanda, fra un mese o fra un anno il sentimento potrà modificarsi. Non possiamo promettere una cosa che non dipende da noi. Ci vuole una base più solida, che troviamo nel …
… terzo gradino: quando scopriamo nell’amato un bene in sé stesso, indipendentemente anche dai difetti che
dovesse dimostrare nel tempo. Solo su questa base è possibile un «sì» che dura tutta la vita. Si tratta di guardare alla persona amata con lo sguardo di Dio. Che ce ne rendiamo conto o no, l’amore degli sposi parla di Dio.
Quando ci si rende conto di ciò, si raggiunge il quarto gradino:
la consapevolezza che il valore della persona amata ha origine
in Dio, che la persona amata è dono di Dio. Per il cristiano la
promessa del “per sempre” è fondata su Dio.
CASTITÀ
La castità è lo stile della sessualità vissuta cristianamente.
Potrebbe essere definita “purezza di cuore”.
La parola “castità” è comunemente intesa come rinuncia ai rapporti sessuali, ma non è così: anche gli sposi sono chiamati a
vivere nella castità la loro intimità sessuale.
Castità significa mantenere gli istinti, i sentimenti, la volontà, sempre al servizio dell’amore.
Non sempre è facile, occorre un autocontrollo che ci permetta di non farsi guidare dalla concupiscenza. Ma il
dominio su di sé non è la castità, è solo uno strumento al suo servizio (se lasciamo che l’autocontrollo diventi
l’obiettivo, si trasformerà in una fonte di ansia e di frustrazione).
La castità trasforma l’incontro sessuale da “incontro dei corpi” a “comunione delle persone”.
La castità, per il cristiano, è l’arte d’amare.