Educare per una cittadinanza globale. Costruire un mondo giusto a
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Educare per una cittadinanza globale. Costruire un mondo giusto a
EDUCARE PER UNA CITTADINANZA GLOBALE INDICE DEL TESTO Introduzione, 7 PRIMA PARTE - Educare per una cittadinanza globale nella scuola. Riflessioni utili Verso un’educazione trasformatrice - Antonio Nanni, 17 Cittadinanza e intercultura oggi - Franco Cambi, 20 Sfide dell’Educazione per il cambiamento sociale – Oscar Jara Holliday, 29 L’educazione per una cittadinanza globale nella scuola di oggi - Testo collettivo, 47 Lavorare in rete: tessere complicità e punti di forza - Oscar Jara Holliday, 64 SECONDA PARTE - Esperienze educative per formare cittadini globali Lo scambio di esperienze per costruire insieme le conoscenze, 71 Conectando Mundos: un’esperienza telematica di Educazione per una Cittadinanza Globale - Anna Duch, 75 Un’esperienza nell’ambito di Conectando Mundos: “cambiamento climatico” a Malta – Marisa Pace, 93 Testi originali per una discussione sulle tematiche di educazione ambientale, solidarietà, uguaglianza, multiculturalità - Joaquim Veiga, 98 Garantire una dimensione globale all’Educazione alla Cittadinanza: un approccio cooperativo all’apprendimento degli alunni all’interno di Conectando Mundos – Maria Montebello, 101 Imparare-Facendo - Isilda Monteiro, 106 La scuola come spazio di dialogo. Un cammino di speranza – Desiderio de Paz Abril, 109 Riflessioni su un viaggio appena intrapreso – Manuela Morelli, 114 Tu di là, io di qua: qui siamo! - M. Isabel M. Fernandes, 118 Progetto Socrates-Comenius 1.1. “ONU/ONG: i laboratori di Pace” - Patricia Quijano, 122 Progetto “Consumare meno per consumare tutti” – Marina Lisetti, 128 L’Educazione per una Cittadinanza Globale a partire dalle Classi di accoglienza - Joan Gratacós Guillén, 132 Raccolta differenziata - Mariella Gavarini, 137 Esperienza educativa: “La mia scuola contro la discriminazione” - Rosa Beliz, 141 Del tornare a sognare - Francisco Javier Moreno Reyes, 145 Come perdere ogni certezza e sentirsi forte (a volte) – Dora Ruberto, 149 Autoformazione in gruppi di lavoro - Santiago García Mora, 152 Per non concludere: costruendo il futuro, 157 Manifesto internazionale. Educare per una Cittadinanza Globale, 160 Riferimenti bibliografici, 165 Le ONG promotrici della pubblicazione, 168 Introduzione “Può l’educazione aiutare bambini, bambine e giovani a prendere coscienza di sé stessi e del mondo in cui vivono? Deve aiutarli a comprendere le cause della povertà, degli interessi che portano alla distruzione dell’ambiente? Deve aiutarli a combattere il razzismo, il maschilismo, l’omofobia e qualunque tipo di esclusione? Aspiriamo, mediante l’educazione, a coltivare nei nostri giovani un certo senso di rispetto, di interdipendenza e di responsabilità globale?”. (Desiderio de Paz Abril, Escuelas y educación para la ciudadanía global. Una mirada transformadora, 2007) Siamo entrati in un’epoca nuova caratterizzata da numerosi fenomeni e processi che risultano particolarmente complessi da interpretare, che hanno introdotto nelle nostre vite numerose e pervasive novità non solamente materiali, ma anche concettuali e addirittura paradigmatiche. Infatti, per i più, questo nostro tempo è caratterizzato da insicurezza, instabilità, senso di angoscia a livello lavorativo, a livello di riconoscimento e ruolo sociale, persino al livello delle relazioni interpersonali. Come sottolineano alcuni tra i pensatori più caustici dei nostri tempi, in nome dell’aumento delle libertà individuali – vere o sedicenti tali – i dispositivi di tutela del singolo da parte della collettività vengono meno uno dopo l’altro, alimentando l’ansia e la paura che sono così “sbalzate” nella dimensione della sicurezza personale a causa dello smottamento dovuto al crollo della certezza e della sicurezza collettiva. In tale contesto, mentre le tecnologie sembrerebbero poter risolvere qualsiasi problema, aumentano invece le differenze fra chi ha la possibilità di accedere alle conoscenze e alle tecnologie stesse e chi non ce l’ha. Se da un lato aumentano le possibilità di spostamento, dall’altro si diffonde il senso di precarietà. Mentre il mercato globalizzato dà la possibilità di procurarsi prodotti provenienti da luoghi lontani e disparati, le differenze fra ricchi e poveri si acuiscono, e non senza conseguenze. Nello stesso momento in cui ci sembra di conoscere bene persone che non abbiamo mai incontrato, ci ritroviamo a non avere l’abitudine di condividere opinioni e cose con chi vive “materialmente” con noi lo spazio quotidiano. Mentre ci sembra di avere sempre un parere su tutto ciò che accade nel mondo, consideriamo spesso la politica un “reparto riservato” a pochi soggetti che prendono le decisioni importanti... Le dinamiche del mondo contemporaneo e la nostra condizione attuale di esseri umani ci impongono un ripensamento delle stesse basi su cui poggiano i nostri concetti di individuo, di società, di solidarietà, di cittadinanza, di identità. Intanto, cresce la consapevolezza dell’insostenibilità dell’attuale modello di sviluppo il quale ha portato e continua a portare a una lunga serie di scompensi e di “controindicazioni” tanto a livello culturale, quanto a livello economico, a livello sociale e politico, così come a livello ecologico. E l’educazione in tutto ciò è cambiata? Sta cambiando o dovrebbe cambiare? Educare oggi può essere considerato un compito identico a quello che era qualche decennio fa? Se nel recente passato la scuola ha giocato un ruolo fondamentale nella costruzione dell’identità nazionale (attraverso la creazione, nelle diverse aree di ciascuno stato, di un comune humuslinguistico e culturale), oggi ha bisogno senz’altro di far proprie le analisi che evidenziano le consistenti novità del mondo globalizzato: l’inadeguatezza (o perlomeno la grande difficoltà) degli stati-nazione a fornire le soluzioni ai problemi globali; l’impassedemocratica creata dallo scarto fra rappresentatività e potere politico-economico; le dinamiche che influiscono nel nostro contesto locale e nella nostra stessa vita; il significato del termine “identità” che oggi (in società multiculturali e “mediatizzate”) l’educazione formale non può evitare di rivedere in profondità. Ma come si può costruire e praticare un’educazione adeguata ai tempi che stiamo vivendo? Come far sì che questa educazione, in prospettiva di medio termine, contribuisca sostanzialmente a migliorare i nostri stessi contesti e il contesto globale? La scuola ha bisogno di mettere al centro queste domande, di approfondire quelle analisi che permettono di leggere criticamente il nostro presente e di riflettervi pedagogicamente per elaborare nuovi modi di svolgere a pieno il suo compito socioculturale; non può rimanere isolata da ciò che accade fuori da essa; deve collegarsi alla vita del territorio in cui si trova ma in una prospettiva che tenga ben presente l’inevitabile rapporto fra dimensione locale e dimensione globale. C’è bisogno che la scuola si ponga nelle dinamiche complesse del mondo di oggi come parte della soluzione e non come parte del problema: proponendosi di formare dei soggetti autonomi e critici, dall’immaginario libero, indipendente, non omologato. C’è bisogno di far sì che il concetto sociologico di socializzazionenon sia sinonimo di assunzione acritica della cultura dominante. Al contrario, solo dall’educazione (e innanzitutto da quella formale) può nascere un cambiamento significativo: l‘educazione è una delle strategie (forse l’unica) che permettono di generare cambiamenti nei valori, negli atteggiamenti e nei comportamenti della società. In quest’ottica, considerando il ruolo fondamentale giocato dall’istituzione-scuola, il punto centrale diventa la formazione che le nuove generazioni hanno la possibilità di costruirsi lungo il proprio percorso scolastico. E dunque diventa cruciale il discorso sugli obiettivi educativi che la scuola si pone e sui percorsi attraverso i quali si propone di raggiungerli. Da qui sorge l’urgenza di una riflessione critica sulla scuola che abbiamo, sui concetti, sugli approcci, sull’organizzazione su cui essa si basa, sul “terreno” pedagogico e didattico nel quale essa si radica, sui contenuti che essa trasmette e sulle forme che tale “trasmissione” (e, per fortuna in diversi casi, “costruzione”) assume. Ma, anche, risulta sostanziale soffermare la propria attenzione sulla relazione tra la scuola stessa e il contesto-mondo-società in cui essa si pone. Diventa, quindi, necessario riflettere con rigore sui nessi che sembrerebbero collegare la tendenza attuale del modello educativo dominante a obiettivi educativi assoggettati alle richieste del mercato, più che diretti verso i valori e la società che vogliamo costruire. È proprio in conseguenza di tale “addomesticamento”, ci pare, che oggi conviviamo con una concezione tecnocratica, frammentata e disumanizzata dell’azione educativa, la quale – inevitabilmente – forma delle persone che rispecchiano tale tendenza. Però, questo che potrebbe sembrare un circolo vizioso non implica necessariamente una mancanza di sbocco verso una concreta possibilità di miglioramento della società (anche globale) in direzione di solidarietà e corresponsabilità. In effetti, a partire dalla scuola – luogo istituzionalmente deputato alla formazione delle giovani generazioni – e grazie all’impegno di tutti quei professionisti e professioniste dell’educazione che credono nella centralità del proprio ruolo a livello socioculturale e politico, è possibile invertire un cammino che sembrerebbe dover condurre l’umanità (e in primisi poveri della Terra) sempre più in una condizione “disumana” e di divisione, violenza, separazione, competizione, contrapposizione. Sostenere un nuovo modello di cittadinanza vuol dire andare oltre le frontiere degli stati e basare la propria azione sulla piena coscienza della dignità intrinseca all’essere umano, sulla sua appartenenza a una comunità locale e globale e sul suo impegno attivo per costruire un mondo più giusto e sostenibile. Vuol dire sostenere (e praticare) un’idea (e un ideale) di Cittadinanza Globale. Noi abbiamo la consapevolezza che un cambiamento in tal senso è possibile, ma va costruito con tanto lavoro, professionalità, passione e convinzione. La cittadinanza globale alla quale tendiamo, come ideale e come pratica, può e deve essere trattata proprio a partire dalla scuola. Ciò per due semplici ragioni: –perché essa non sorgerà mai spontaneamente. Al contrario: nel nome dell’autonomia del bambino, del non-indottrinamento e della libertà, stiamo seriamente rischiando di lasciare in mano agli oligopoli della comunicazione e del tempo libero la formazione ai valori, agli atteggiamenti e ai comportamenti delle nuove generazioni; –perché per molti alunni e alunne quello della scuola sarà uno dei pochi spazi della vita (se non l’unico) in cui poter trarre beneficio da esperienze positive di solidarietà verso e con gli altri. Certo, l’educazione alla cittadinanza e alla partecipazione implica una concezione diversa della scuola e dell’azione educativa. Si tratta di praticare un modello educativo coerente con il mondo a cui aspiriamo e che vogliamo costruire. È ciò che abbiamo chiamato Educazione per una Cittadinanza Globale. Ed è proprio su ciò che questo nostro ragionamento si concentra. Esso rappresenta il risultato della riflessione e della pratica di numerosi educatori e educatrici che, già da alcuni decenni, stanno sviluppando nelle scuole – accompagnati spesso dal lavoro di Organizzazioni Non Governative (ONG) – diversi esempi di modelli educativi alternativi alle pratiche tecnocratiche che esprimono il modello socioeconomico dominante: si tratta dell’educazione allo sviluppo, dell’educazione interculturale, dell’educazione popolare, dell’educazione ai valori, ai diritti umani, alla sostenibilità, alla pace, alla parità di genere ecc. La proposta pedagogica dell’Educazione per una Cittadinanza Globale aspira, dunque, a integrare in una visione coerente e problematizzante tutte queste “educazioni a”, mantenendo uno stretto legame fra questi ambiti e tenendo in considerazione l’interdipendenza sempre maggiore – fra gli esseri umani in un pianeta la cui sostenibilità è minacciata. Tali riflessioni (e questo stesso libro) sono il frutto di un processo innescato da quattro ONG di sviluppo europee (Cidac, Inizjamed, Intermón Oxfam e Ucodep) le quali – nell’ambito di un progetto cofinanziato dalla Commissione Europea – si erano poste l’obiettivo di promuovere il riconoscimento e l’inserimento dei contenuti e dell’approccio dell’educazione per una cittadinanza globale nelle istanze educative ufficiali dei rispettivi paesi, per rendere possibile l’inizio di processi di trasformazione negli atteggiamenti, nei valori, nelle convinzioni degli alunni e delle alunne. A partire dalle azioni cui queste quattro Organizzazioni hanno dato vita, attraverso vari incontri e seminari svoltisi negli ultimi tre anni in Spagna, Italia, Portogallo e Malta, gruppi di educatori e educatrici hanno potuto confrontarsi, scambiarsi esperienze e riflettere sul ruolo dell’educazione formale rispetto alle sfide che ci pone il nostro tempo. Durante questo percorso, nelle quattro Organizzazioni si è ulteriormente rafforzata la convinzione che i cambiamenti necessari nella scuola potranno vedere la luce solo se sorgeranno dalla base: dagli insegnanti (prima ancora che dagli alunni e dalle alunne e oltre che dalle famiglie). Anche se tutti gli attori coinvolti devono assumersi il proprio compito, sono innanzitutto i docenti quelli che possono dare impulso ai processi di trasformazione, alla ricerca, all’innovazione, ai cambiamenti politici, assumendo il ruolo di “intellettuali trasformatori” e “attori etico-sociali” diretti a conseguire un modello di cittadinanza responsabile rispetto all’umanità e al pianeta. Sulla base di queste prime idee, e spinti dalla necessità di riunirci fra insegnanti e altri educatori e educatrici, poco a poco abbiamo cominciato a dare un nome alle nostre aspirazioni: ciò che stavamo richiedendoci era lavorare in rete, la rete di educatori e educatrici per una cittadinanza globale. Come accennavamo in precedenza, anche questo testo è il frutto di tale esperienza che ha portato a ragionare e lavorare insieme insegnanti di vari paesi e diversi gradi scolastici con attivisti e attiviste di Organizzazioni Non Governative impegnate da anni in ambito educativo, oltre che nella cooperazione allo sviluppo. Esso raccoglie l’esperienza di “tessitura” di una rete che collega educatori e educatrici – coscienti dell’importanza strategica giocata dall’educazione formale – che si sono organizzati e si stanno organizzando in diversi paesi per formarsi, formare e contribuire alla trasformazione della società in direzione di equità e giustizia, a partire dalla scuola. In particolare, il testo raccoglie l’esperienza di un momento fondante che diversi fra tali educatori e educatrici hanno vissuto nel luglio 2008 a Cortona in provincia di Arezzo: l’esperienza portata nel primo incontro internazionale degli educatori e delle educatrici per una Cittadinanza Globale. Il primo, perché, infatti, quella di Cortona – a cui hanno partecipato una novantina di insegnanti provenienti da Spagna, Portogallo, Malta, Italia, Repubblica Dominicana e Costa Rica – non è stata che una delle tappe di un processo e di una relazione che vogliamo portare avanti ai livelli regionali, nazionali e internazionale. Nelle pagine che compongono il presente libro, quindi, possiamo trovare degli spunti teorici proposti a Cortona come sollecitazioni ai lavori di scambio e confronto di gruppi che hanno fatto seguito e caratterizzato tutto l’incontro, svoltosi in tre giornate. Giornate in cui ci si è confrontati sul discorso pedagogico e didattico alla base delle varie esperienze intorno alle quali si sono strutturati diversi laboratori di scambio, e in cui si è discusso sulle più efficaci strategie per lavorare in rete, favorendo lo sviluppo e la diffusione di un’educazione che contribuisca fortemente a creare cittadini globali coscienti, responsabili, attivi e solidali, con i piedi piantati nel nostro nuovo secolo e con lo sguardo rivolto (fattivamente) a un orizzonte di dignità umana, di giustizia ed equità. Teoria e pratica, come è sempre nell’educazione, contribuiscono entrambe a rielaborare il fare scuola, oggi. Basandosi su tale presupposto, anche questo testo è articolato in due parti: la prima parte è dedicata ai contributi di tipo teorico; la seconda parte invece si concentra su esperienze educative dei partecipanti. Nella prima parte, Antonio Nanni introduce efficacemente il tema centrale dell’esigenza di un’educazione che formi cittadini globali capaci di trasformazione. Le sue riflessioni aprono la strada ai contributi teorici di Franco Cambi e di Oscar Jara: il primo, sull’importanza di una “cultura interculturale” come chiave formativa di un cittadino capace di vivere responsabilmente allo stesso tempo una cittadinanza locale, nazionale e mondiale; il secondo, innanzitutto sull’educazione per il cambiamento sociale, a partire dall’esperienza latinoamericana, e successivamente sull’importanza del lavorare in rete per apprendere reciprocamente e per condividere la direzione in cui andare. Il terzo contributo teorico, elaborato collettivamente e prodotto da un confronto fra educatori e educatrici di diversi paesi, sintetizza le nostre prese di posizione sull’educazione per una cittadinanza globale a scuola. La descrizione delle pratiche è affidata, invece, alla seconda parte del volume. Essa si concentra su esperienze educative concrete svolte in Spagna, in Portogallo, in Italia, a Malta, e sulle riflessioni che alcune di esse hanno prodotto in chi le ha organizzate e sperimentate, mettendole al centro di un confronto collettivo. Partendo dall’esperienza di Cortona, che ci ha arricchiti di stimoli, di riflessioni e di motivazione, ci proponiamo di continuare a lavorare insieme, confrontandoci e apprendendo reciprocamente, decidendo insieme quali strade intraprendere per promuovere un’educazione trasformatrice, in prima linea nella lotta alle ingiustizie: in una parola, un’Educazione per una Cittadinanza Globale.