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Da un lato Ronald Reagan, dall’altro Yurii Andropov. All’inizio degli anni Ottanta i rapporti
tra le due superpotenze, Usa e Urss, stavano attraversando una fase molto delicata. Quand’ecco affacciarsi, nella notte del 26 settembre, addirittura il rischio di un conflitto atomico. All’epoca soltanto gli addetti ai lavori ne vennero a conoscenza, ma dopo 25 anni è oggi
possibile ricostruire l’incidente con grande precisione
1983: quando il mondo
rischiò la catastrofe
iandando con la memoria agli inizi della
R
presidenza Reagan, le prime cose che
vengono in mente sono il riarmo e la decisa
postura assunta nei confronti dell’Unione
Sovietica (ma in realtà ci si dimentica che
questo processo era iniziato con Jimmy
Carter) e l’Iniziativa di difesa strategica
(Ids), il progetto di scudo anti-missile giornalisticamente noto come “guerre stellari”.
L’Ids si fondava su una convinzione ben
radicata in Reagan, sul fatto che capacità
tecnologiche e produttive dell’economia
americana fossero grandemente superiori a
quelle sovietiche e che in una corsa di que-
Corbis
di Fernando Orlandi
Grazia Neri_Tass photo
STORIA
sto genere Mosca si sarebbe trovata con il
fiato decisamente corto.
Washington era parimenti ben consapevole
del ritardo tecnologico dell’Urss e una
importante conferma la fornì su un piatto
d’oro il colonnello Vladimir Vetrov,
“Farewell”. Al momento della sua defezione
in Francia, tra i molti segreti che portò in
dote, c’era anche la “lista della spesa”, l’elenco delle tecnologie di cui l’Unione
Sovietica cercava di impadronirsi con lo
spionaggio.
Grazie a questa lista la Cia approntò una
sofisticata operazione clandestina, subito
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Corbis
1983: QUANDO IL MONDO RISCHIÒ LA CATASTROFE
approvata da Reagan, che faceva leva su
questa vulnerabilità. Gli americani riuscirono a far compiere alcune brillanti operazioni al Kgb, che ottenne così tecnologia indispensabile per il gasdotto in costruzione
verso l’Europa occidentale. Ma il software e
i progetti di pompe, valvole e turbine erano
stati artatamente manipolati. L’effetto fu
disastroso. Thomas C. Reed, già segretario
per l’aviazione, in un suo recente libro ha
descritto il successo ottenuto: il risultato fu
la più monumentale esplosione non nucleare mai vista dallo spazio.
Insomma, tra Mosca e Washington la contesa era davvero serrata e senza esclusione
di colpi. Al Cremlino, nel novembre 1982
allo scomparso Leonid Brezhnev era succeduto Yurii Andropov, per molti anni alla
testa del KGB, ma già gravemente malato.
_Fu il tenente colonnello Stanislav Petrov a evitare che
l’errore di lettura di alcuni strumenti scatenasse una
guerra atomica. Ma l’Unione Sovietica non giudicò eroico
il suo comportamento e fu giudicato e prepensionato
stava preparando attivamente per la guerra
nucleare. Il congiungimento della retorica
reganiana con la paranoia sovietica stava
partorendo un mostro.
RYaN sarà la più grande operazione di spionaggio realizzata dall’Urss in tempo di pace.
Il GRU, lo spionaggio militare, aveva il
compito di monitorare ogni preparativo
militare, mentre al KGB era assegnato il
compito di ottenere ogni tipo di informazione che potesse fornire un segnale di
allarme sulla decisione politica di sferrare
l’attacco nucleare.
Nel novembre 1981 dalla Lubyanka, il centro del Kgb di Mosca, si iniziano a inviare
RYaN
istruzioni alle residenze del Kgb in
Nel 1981, Andropov aveva dato il via
Occidente. Dalla testimonianza di Oleg
all’operazione RYaN (l’acronimo sta per
Raketno-Yadernoe Napadenie, ovvero attac- Gordevskii sappiamo che gli agenti sul
campo soppesarono con una dose di scetticico missilistico nucleare). Nel maggio,
smo le istruzioni ricevute. Ma a nessuno
dinanzi a una platea di alti funzionari del
Kgb, Brezhnev e Andropov si erano scaglia- passava per la testa di questionare le valuti violentemente contro Reagan. Andropov tazioni: “RYaN creò un circolo vizioso fra
aveva sostenuto senza mezzi termini che la raccolta di informazioni e valutazione delle
stesse. Alle residenze era richiesto di riferinuova amministrazione statunitense si
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STORIA
_Secondo il Cremlino i missili Pershing-2, dispiegati in
Europa quale risposta agli SS-20 sovietici, avevano aumentato il pericolo di guerra nucleare. Questo perché si
pensava potessero colpire Mosca in pochi minuti
re informazioni allarmanti anche se si era
scettici. Il centro si allarmava debitamente
per quello che veniva riferito e richiedeva
ulteriori informazioni”.
Pershing-2
All’inizio di febbraio 1983 le condizioni
di salute di Andropov si erano deteriorate
in modo preoccupante, al punto di non
esser più in grado di lavorare regolarmente.
Il 17 febbraio 1983, proprio nel momento in
cui Reagan stava discutendo con i suoi collaboratori dell’Ids, il Kgb inviò nuove e più
dettagliate istruzioni alle residenze da cui si
evinceva che a Mosca l’allarme per un possibile attacco nucleare statunitense era
accresciuto ulteriormente.
Mosca inoltre manifestava una particolare
preoccupazione per i Pershing-2 e i Cruise,
i missili che venivano dispiegati in Europa,
quale risposta all’istallazione degli SS-20
sovietici. Secondo il Cremlino, questi avevano aumentato il pericolo di guerra
nucleare e la vulnerabilità dell’Unione
Sovietica perché pensavano potessero colpire Mosca e altri centri strategici in un lasso
di quattro-sei minuti, impedendo così ogni
possibile reazione. Sarebbero stati, pertanto,
una letale arma da primo colpo. Ma era una
valutazione errata.
Secondo lo storico Dmitrii Volkogov, che ha
goduto di un accesso particolare ad archivi
ancora oggi inaccessibili agli studiosi,
Andropov aveva una preoccupazione tale
per questo sistema di arma da averlo in
cima alla lista delle priorità. I missili dovevano essere istallati in Germania nel dicembre 1983 (saranno efficienti il mese successivo) e in quell’anno dedicò gran parte delle
sue poche energie a questa faccenda ossessionante. Enormi risorse vennero investite
dall’Urss per mobilitare l’opinione pubblica
mondiale e in particolare quella europea
contro la decisione della Nato, una scelta
sofferta nella quale l’Italia svolse un ruolo
importante.
Le preoccupazioni del Cremlino non portarono solo alla mobilitazione del Kgb e del
Gru, ma anche a quella dei servizi segreti di
tutti i Paesi del blocco comunista. Markus
Wolf, il capo dello spionaggio della Ddr,
ricorda l’ossessione moscovita, le istruzioni
ricevute per scoprire i piani degli occidentali e la costituzione di una speciale unità di
crisi.
Il 23 marzo Reagan annuncia l’Ids. Quattro
giorni dopo l’annuncio Andropov rilascia
alla “Pravda” una dichiarazione senza precedenti: accusa senza mezzi termini gli Usa
di prepararsi a un primo colpo nucleare
contro il suo Paese, di essere intenzionati a
scatenare una guerra nucleare, e accusa
Reagan di mentire deliberatamente sul
potenziale militare sovietico.
KAL 007
Nell’estate del 1983 le tensioni divengono più acute. Il 16 giugno Andropov si
rivolge al Comitato centrale del Pcus in
toni più che allarmati. L’11 agosto il Kgb
sollecita le residenze all’estero ad una
nuova allerta sui preparativi bellici
dell’Occidente.
In questo contesto, il 1° settembre il volo di
linea sudcoreano KAL 007, per un malfunzionamento del sistema di guida automatico
va fuori rotta e viene abbattuto dall’aviazione sovietica nei pressi dell’isola di
Sakhalin. Il Boeing 747 viola ripetutamente
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lo spazio aereo sovietico sorvolando la penisola della Kamchakta. Era stato intercettato
da un Sukhoi SU-15 pilotato da Gennadii
Osipovich, che aveva sparato dei colpi di
avvertimento con il cannoncino. Non essendo mescolati a traccianti l’equipaggio sudcoreano non se ne era accorto. A quel quel
punto il pilota riceve l’ordine di abbatterlo
e lancia due missili. Intervistato a molti
anni di distanza dirà: “Sapevo che era un
Boeing. Sapevo che era un aereo civile. Ma
per me questo non significava molto. È facile trasformare un aereo civile in uno militare”.
Osipovich pensava che si trattasse di un
aereo spia. Invece era il volo di linea New
York-Seoul, 269 passeggeri a bordo, fra cui
12 bambini e il congressista Lawrence
McDonald. Nessun sopravvissuto.
Mosca tacque e mentì sulla vicenda per
lunghi giorni, mentre l’offensiva pubblica
di Washington proseguiva impietosa.
Reagan disse: “Questa è l’Unione Sovietica
contro il mondo e i precetti morali che
regolano ovunque i rapporti fra le persone.
È stato un atto di barbarie, il prodotto di
una società che deliberatamente disprezza i
diritti individuali e il valore della vita
umana e costantemente cerca di espandersi
e dominare altre nazioni”.
Insomma, la prova del nove che l’Unione
Sovietica era davvero “l’impero del male”,
come aveva detto il presidente americano in
un discorso oltremodo famoso, pronunciato
a Orlando, Florida, solo qualche mese
prima, l’8 marzo.
Stanislav Petrov
In questa situazione di altissima tensione e crisi la notte del 26 settembre si arriva
alla soglia della catastrofe. La scena è la stazione di prima allerta di Serpukhov-15, una
istallazione top secret a sud di Mosca. La
stazione raccoglie le informazioni trasmesse
dai sette satelliti militari destinati a controllare le attività missilistiche statunitensi.
I dati raccolti venivano elaborati da un M10, all’epoca uno dei migliori supercomputer dell’Urss.
Quella notte il satellite Oko-5 raggiunge
l’apogeo della sua orbita. Il suo compito è
rilevare la traccia di calore lasciata da un
missile dopo il lancio.
Sono trascorsi quindici minuti dalla mezzanotte quando un allarme inizia a suonare e
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Non furono la crisi di
Berlino o, nell’ottobre
1962, quella dei missili
di Cuba, i momenti più
critici in tema
di guerra nucleare.
Fu il 1983 l’anno più
caldo, anche se
nessuno al momento
ebbe questa
consapevolezza
un pannello solitamente inattivo improvvisamente si illumina: lancio. Il sistema
segnala il lancio di un missile balistico e la
segnalazione è altamente attendibile. Non
era mai accaduto prima.
Quella sera al comando è il tenente colonnello Stanislav Petrov, vice capo del
Dipartimento algoritmi di combattimento
delle Forze missilistiche strategiche. Sta
sostituendo un collega.
Petrov ordina agli operatori di controllare
l’intero sistema, vuole capire se si è di fronte a un falso allarme. È un’operazione di
una decina di minuti, un tempo lunghissimo, esiziale, nel caso di un attacco nucleare.
Sui monitor, tuttavia, non compare alcun
missile. A Petrov è stato insegnato che una
guerra nucleare inizia con un lancio massiccio di missili, non con uno solo.
Chiama i superiori e riferisce di un falso
allarme. È ancora al telefono quando arriva
la segnalazione di un secondo lancio. Poi un
terzo, il quarto, il quinto... Per il sistema si
tratta di un attacco missilistico in piena
regola e scatta la procedura di segnalazione
automatica ai più alti comandi militari.
Se l’allarme trova conferma chi risponde è
lo Stato maggiore. Il tempo stringe; è questione davvero di poco. Petrov prende una
decisione, basata non sulle informazioni
STORIA
_Nel settembre 1983 un volo di linea sudcoreano venne
abbattuto dall’aviazione sovietica. Mosca tacque e mentì
sulla vicenda per molti giorni, mentre l’offensiva pubblica di Washington proseguiva impietosa
ricevute bensì sull’esperienza e l’istinto:
ribadisce che è un falso allarme. Aveva
ragione.
Cheget
I militari aprono immediatamente una
inchiesta su quanto è accaduto quella notte
a Serpukhov-15. Per quanto concerne l’errore del sistema si stabilirà che si è trattato
di un raro fenomeno naturale, causato da
un particolare allineamento del sole, che ha
generato una rifrazione anomala “letta”
come un missile.
Per quanto riguarda Petrov, non viene trovato molto eroico il suo comportamento.
Ha violato le procedure e fatto correre un
rischio al Paese. Viene così pensionato in
anticipo. Le pressioni e la tensione cui è
sottoposto nel corso delle indagini gli fanno
subire un tracollo nervoso e la sua salute ne
risente. La segretezza che ha sempe avvolto
le questioni militari dell’Unione Sovietica
(e che in parte è rimasta anche nella Russia
di oggi) ha fatto sì che di questa vicenda
nulla si conoscesse per molti anni.
La dottrina militare sovietica prevedeva in
caso di attacco nucleare dell’avversario
l’immediato controattacco, non appena rilevato. Una procedura altamente pericolosa1.
Della lezione di quel settembre 1983 non ci
è dato sapere quanto sia stato fatto tesoro.
Certo è che il 25 gennaio 1995 i militari
russi commisero un altro errore di rilevazione, scambiando il missile Black Brant
XII, lanciato a fini di ricerca scientifica da
un’isola della Norvegia, per un missile balistico. Venne attivata “Cheget”, la valigetta
nucleare del presidente Boris El’tsin, che
Mikhail Gorbachev non aveva mai usato.
Nel 1995 i rapporti fra Mosca e
Washington erano particolarmente buoni,
ma la mentalità da Guerra Fredda negli alti
comandi forse non era venuta meno2.
Nel corso degli anni Novanta i sistemi di
allerta russi hanno continuato a deteriorarsi. I progetti dell’amministrazione Clinton
di migliorare sia i sistemi di allerta statunitensi che quelli russi non hanno avuto
seguito.
Quando si pensa ai momenti in cui il
mondo ha corso i maggiori pericoli in tema
di guerra nucleare, usualmente il pensiero
va alla crisi di Berlino o all’ottobre 1962,
alla crisi dei missili di Cuba. In realtà quello
non è stato il momento critico né quello più
pericoloso nella storia della Guerra Fredda.
Il rischio maggiore per l’umanità forse è
stato corso in anni a noi molto più vicini. È
il 1983 a essere stato un anno davvero
molto caldo, sebbene al momento nessuno
abbia avuto questa consapevolezza.
1. Questo articolo era già stato scritto quando sabato 19
gennaio il canale televisivo via cavo Vesti-24, gestito
dallo Stato, ha mandato in onda un ampio servizio su
una conferenza militare, trasmettendo anche il discorso
del generale Yurii Baluevskii.
Baluevskii è un uomo che conta nelle forze armate russe.
Divenuto Capo di Stato Maggiore nel luglio 2004,
quando il presidente Vladimir Putin attuò una piccola
epurazione nelle alte gerarchie militari, Baluevskii
ricopre anche l’incarico di primo vice ministro della
Difesa. Nel suo discorso il generale Baluevskii ha
sottolineato che la Russia si riserva il diritto di ricorrere
ai propri arsenali nucleari anche in via preventiva: “Non
stiamo pianificando di attaccare nessuno, ma i nostri
interlocutori debbono capire con molta chiarezza che, se
necessario, le forze armate saranno impiegate per
proteggere la sovranità e l'integrità territoriale della
Federazione Russa e dei suoi alleati, anche in forma
preventiva, compreso il ricorso alle armi nucleari”.
2. Ancora una volta ha fatto capolino una preoccupante
postura. Secondo il noto analista militare Pavel
Felgenhauer la Russia si trova costretta ad agitare l’arma
nucleare in ragione della sua debolezza negli armamenti
convenzionali: “Noi minacciamo l’Occidente e, in caso di
un serio conflitto, utilizzeremmo quasi immediatamente
le armi nucleari”. Se questo è il caso, è ancora più
preoccupante.
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