carne e vini d`italia: un matrimonio (anche) in bianco la

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carne e vini d`italia: un matrimonio (anche) in bianco la
A Vinitaly, fino a domani a Veronafiere
CARNE E VINI D’ITALIA: UN MATRIMONIO (ANCHE) IN BIANCO
LA FANTASIA DEI MACELLAI E DEGLI CHEF DEL RISTORANTE D’AUTORE
Verona, 8 aprile 2014. Rosso, ma non sempre. Preferibilmente del territorio, ma anche in questo caso non
è una regola ferrea. Veronafiere ha chiesto agli chef che animeranno il Ristorante d’autore durante Vinitaly
e ad alcuni maestri macellai, che hanno scelto di abbinare al tradizionale negozio anche la fase della
ristorazione, di abbinare ad alcuni piatti di carne il vino più adatto.
Una scelta soggettiva, chiaramente, che non vuole essere un mero esercizio di stile, ma focalizzare
l’attenzione sulla forza di Veronafiere nel comparto agroalimentare, dove detiene oltre il 45 per cento
dell’offerta fieristica italiana. Fra poco più di un anno, in particolare, Verona tornerà a essere il punto di
riferimento internazionale per il settore «Meat», grazie Eurocarne, in programma dal 10 al 13 maggio. Il
salone triennale dedicato alla filiera e all’industria della carne si avvicina alla 26ª edizione.
I cuochi del Ristorante d’autore.
Piero Bertinotti, chef del ristorante Pinocchio di Borgomanero (Novara), propone gli agnolotti quadrati con
tre arrosti bianchi (vitello, maiale e pollame), da abbinare con un nebbiolo delle colline novaresi. Con il
capretto porchettato (disossato, spolverato con erbe e spezie e cotto al forno) suggerisce «un pinot nero
trentino per i sentori speziati, ma anche un cannonau sardo (più corposo) o un sagrantino di Montefalco
giovane, vinoso».
Herbert Hirtner chef del ristorante Zur Rose di San Michele - Appiano (Bolzano) e la moglie Margot Hirtner,
sommelier, propone «un Lagrein dell’Alto Adige con una sella di cervo in salsa al vino». Il merlot, invece, è
la scelta per accompagnare altra selvaggina pregiata come la pernice rosolata in padella e cotta al forno. Un
San Valentin barricato si abbina, secondo Margot Hirtner per il petto di faraona ai carciofi. Sul versante
della carne bianca, una sella di vitello con erba cipollina e radici primaverili si sposa in maniera eccellente
con il pinot nero.
Stefano Cerveni, maestro di cucina del ristorante Due Colombe di Borgonato di Cortefranca (Brescia),
propone al Vinitaly il manzo all’olio con polenta morbida, piatto simbolo della tradizione bresciana. Anche
in questo caso vince il territorio e l’abbinamento privilegiato è con un «pinot nero di Franciacorta, anche se
potrebbe andare bene un altoatesino, con passaggio leggero in barrique, possibilmente poco tannico e dai
sentori erbacei».
Una preparazione particolare è quella del «filetto di vitello cotto a bassa temperatura, demì-glace al tartufo
nero e con un purè di sedano rapa, che dà un tocco di acidità al sapore del piatto, trova l’abbinamento
ideale con un Franciacorta brut millesimato con lungo affinamento».
Rimane connesso al territorio anche l’accoppiamento studiato per l’insalata di pollo biologico, sarde
essicate del Sebino, salsa verde, pop-corn di pollo, ottenuti dalla pelle del pollo, piatto per il quale Cerveni
propone un Franciacorta Pas-Dosè, millesimato, di intensa sapidità ed acidità.
Scivola in Piemonte, con un «Barolo o un Barbaresco non eccessivamente invecchiati, con tannino presente
per sgrassare al palato il sapore intenso del piatto» l’accompagnamento alla coda di Bue Parmentier, che
prevede «una lunga cottura nel vino rosso, verdure e spezie della coda intera; poi disossata ed assemblata
in tortino con una patata bollita schiacciata e condita con il succo di cottura ristretto e da una purea liquida
di patate».
Cesare Carbone, titolare del ristorante Manuelina di Recco (Genova) a Vinitaly presenta la cima di vitello
alla genovese (un piatto della tradizione ligure, tipicamente primaverile, dove la pancia del vitello viene
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riempita di uova, verdure, erbe aromatiche, lessata, messa in forno e tagliata a fette) e benedice il vitigno
locale con un «normeasco, vino rosso del ponente ligure».
Un bicchiere di rossese di dolceacqua, rosso delicato del ponente ligure, potrebbe abbinarsi alla vitella
all’uccelletto (straccetti saltati in padella con olio, aglio e carciofi), mentre per una tagliata di manzo alle
erbe aromatiche con salsa bernese Carbone propone un chianti classico o rosso di Montalcino.
Il macellaio in cucina.
Fra i primi a proporre insieme con Carlo Petrini la degustazione salumi e vino nel Gran Menù di Vinitaly,
negli anni Novanta, Stefano Bencistà Falorni, titolare del tempio della carne «Antica macelleria Falorni» a
Greve in Chianti, da alcuni anni si è attrezzato con due «bistromacellerie», una delle quali a Firenze. In
questo modo ha chiuso la filiera, che parte dall’allevamento di suini a San Piero d’Uzzano.
Nell’abbinamento dei suoi ricercati salumi, ma anche dell’arista di maiale al limone e della tartara, piatti
espressi che si possono trovare nei due punti vendita (dove sono disponibili circa 200 etichette e la
macchina Enomatic per i vini a bicchiere), Bencistà Falorni propone innanzitutto vini «glocal». Famosi in
tutto il mondo, come il Chianti classico, ma appunto locali, di quell’area produttiva nota come «la conca
d’oro», fra le colline del torrente Pesa sopra Panzano. Una delle poche eccezioni al consumo locale - anche
lo porta in Friuli Venezia Giulia, «per un cormons da accompagnare con la galantina di pollo; ma anche uno
chardonnay toscano potrebbe andare bene».
Dario Cecchini, il macellaio che declama Dante mentre cucina nella sua «Antica macelleria Cecchini», a
Panzano in Chianti - dove si trovano altri locali satellite per degustazioni più snelle - si lancia in un
abbinamento audace: «costata alla fiorentina con Martini cocktail, anche se la prima scelta rimane il chianti
classico, meglio se di Panzano e meglio se bio».
Con il suo «sushi del Chianti, che è una tartara di manzo all’olio, ci sta molto bene un Gewurtztraminer,
mentre il musetto di manzo con aglio, prezzemolo e limone lo accompagnerei a un Meriggio di Fontodi». Un
nobile di Montepulciano è la scelta per il «fritto del macellaio, a base di salvia, polpettine al limone e lombo
di maiale fritto a tondini». Il macellaio, secondo Cecchini, «è un artigiano, l’unico che sa trattare la carne
con rispetto e che ne conosce i segreti per una corretta preparazione».
Per gli amanti del quinto quarto, Giuliano Rivera, cuoco del Circolo Novecento, ristorante di Guidizzolo
(Mantova) propone un «risotto alle erbette fini con lumache di vigna e leggera salsa all’aglio, insieme al un
Quarz Sauvignon di Terlano; con le animelle di vitello rosolate su asparagi croccanti e salsa all’aceto
balsamico, invece, suggerirei di bere un chianti classico». Si vola nelle Marche, con un verdicchio dei Castelli
di Jesi per la «sella di coniglio ripiena di olive taggiasche e con patate lesse e leggera salsa al basilico»,
mentre una «tagliata di petto d’anatra all’arancia con cipolle borettane in agrodolce chiama l’Amarone
della Valpolicella».
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