PoB - il Movimento Lento

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PoB - il Movimento Lento
La guida non ufficiale del “Peaks of the Balkans” (un viaggio di Andrea Polo, Francesco “Checco” Gori e Lorenzo Del Savio) L’itinerario “Peaks of the Balkans” (PoB), ideato da un gruppo di appassionati locali e sviluppato con la collaborazione dell’agenzia di cooperazione internazionale della Germania, rende percorribile una serie di sentieri e strade forestali che attraversano i gruppo montuosi condivisi da Montenegro, Albania e Kosovo. Si tratta di una zona che, per lunghi anni, è rimasta inaccessibile ai visitatori e riserva sorprendenti scenari e incontri al camminatore. Noi abbiamo percorso questi sentieri nell’estate 2013 e qui li descriviamo un po’ in dettaglio per promuovere il percorso e condividere con altri questa notevole esperienza. L’Albania settentrionale, nella zona di confine con il Montenegro, è caratterizzata da un possente gruppo di montagne calcaree, il Prokletije (MN) o Bjeshkët e Namuna (AL) (=montagne maledette). Si tratta di un sistema montuoso solcato da enormi fondovalle glaciali e svettanti con guglie, pareti e innumerevoli sistemi di crode, paragonabili per morfologia e tipo di roccia alle Alpi Giulie. A tale paesaggio severo si oppongono le vette, altrettanto elevate, del gruppo della Djeravica – la cima più alta del Kosovo. La natura silicea di questi rilievi le rende affatto diverse: si tratta di morfologie più dolci, punteggiate di laghi alpini e coperte alle quote più basse da grandi foreste ed enormi pascoli. Il carattere selvaggio di questi luoghi è del tutto diverso da quello di alcuni remoti luoghi alpini: non si deve pensare a zone disabitate o abbandonate ma ad un’area che in estate è popolata, seppur in modo sparso, e nella quale funziona ancora l’economia pastorale. Mancano invece tutte quelle infrastrutture – impianti di risalita e vie di comunicazione principali -­‐ che deturpano altri sistemi di montagne più noti. L’impressione è quella di non trovarsi mai soli malgrado la distanza con le cittadine principali (es. Bajram Curri, AL) sia in alcuni casi proibitiva e la zona resti estrememante conservata dal punto di vista naturalistico: sarà difficile che incontriate orsi, lupi e linci, ma talvolta ne avvertirete la presenza scorgendone le tracce. Il “Peaks of the Balkans” unisce sapientemente alcuni dei villaggi più abitati della zona, nei quali di solito si pernotta, e permette dunque di incontrare famiglie e pastori locali. Si tratta in questo senso di un’esperienza del tutto diversa dalle comuni alte vie che, restando in quota, cercano soprattutto la solitudine e gli scenari più incantevoli. Qui i valichi, le vette e i pascoli, d’altronde del tutto sorprendenti, sono soprattutto delle strutture che dividono e collegano le persone e i loro paesi alpestri e permettono di allevare capre, mucche e pecore. Grazie all’accoglienza sincera di tutti quelli che abbiamo incontrato sulla nostra strada, anche noi, pur appassionati di montagna e solitudine, ci siamo piacevolmente calati nell’atmosfera pastorale. Tutti ci hanno dato quello che, in quel momento, poteva esserci utile: la conoscenza di una fonte un po’ nascosta, del latte di pecora appena munto, qualche indicazione sul sentiero, un passaggio in jeep non richiesto, del pane e un po’ di verdura oppure un po’ di riposo all’ombra per scambiare qualche parola curiosa. Qui dovremmo dire dell’interesse antropologico dell’area, abitata da montenegrini ortodossi, slavi musulmani e albanesi cattolici, e della sua violenta instabilità del recente passato . Quello di cui ci ricorderemo è, invece, il formaggio acido (“Sir”, MN – “Djathé”, AL) che ci è stato offerto e la simpatica consuetudine con il viandante che tutti ci hanno dimostrato. Note tecniche. Durata. Il percorso ufficiale prevede 10 tappe. Noi abbiamo impiegato 8 giorni di cammino effettivo, accorpando due tappe e tagliandone una a causa del caldo e del tempo disponibile. Nella guida allegata alla cartina ufficiale si suggerisce di spezzare alcune delle tappe più lunghe: ciò è senz’altro sempre possibile perché l’accantonamento non ha controindicazioni di sorta in nessuno dei luoghi attraversati dal percorso. Noi consigliamo di riservare questa scelta alle sole emergenze: le tappe dei tracciatori originari sono oltremodo logiche e permettono di passare le nottate in luoghi abitati. Ciò è non solo indispensabile per motivi logistici (cibo) ma, soprattutto, ripaga della fatica grazie all’universale ospitalità dei locali: dopotutto, questa è la cifra del percorso e la caratteristica che lo rende, oltre che una soddisfacente impresa sportiva di impegno non del tutto elementare, un vero e proprio viaggio a piedi. Impegno complessivo. Noi abbiamo camminato almeno 9-­‐10 ore ogni giorno, includendo le soste per mangiare e rifornirci d’acqua e le tante occasioni in cui ci siamo attardati a chiacchierare con qualche pastore che voleva indicarci una fonte o scambiare qualche parola. Quasi ogni giorno abbiamo affrontato più di mille metri di dislivello e più di 20 km di strada: ciò richiede un discreto allenamento, soprattutto perché tali distanze vanno affrontate con lo zaino da viaggio (vedi sotto) e in zone remote. Nel complesso, preparatevi a percorrere poco meno di 200 km e 10.000 m di dislivello. Malgrado non ci sia alcuna difficoltà tecnica di progressione (difficoltà CAI massima: E), la difficoltà del percorso è medio-­‐alta, soprattutto a causa della logistica, della fatica fisica e delle possibili difficoltà di orientamento (le quali comunque diminuiranno se il percorso avrà fortuna, come ci auguriamo). Orientamento. Il segnavia, tranne in alcune tappe più frequentate (es. Thethi-­‐Valbone e Babino Polje-­‐Plav), potrebbe non soddisfare chi è abituato a standard alpini. D’altronde, perdersi tra baranceti, altipiani carsici di quota o scoscese forre è stata una parte importante della nostra esperienza e ringraziamo i tracciatori per non aver addomesticato troppo il percorso: ritrovare dopo molte ore il segnavia o -­‐ meglio -­‐ incontrare un pastore che nomina una località che fino ad allora conoscevamo solo dalla carta ha reso il nostro viaggio molto più intenso e interessante. La scala della mappa generale fornita dagli organizzatori non è la più indicata per l’escursionismo (1:60.000), ma -­‐ con un po’ di intuito -­‐ si riesce sempre a localizzare la propria posizione e la direzione da seguire. L’unica avvertenza riguarda il maltempo: noi siamo stati oltremodo fortunati e il sole ci ha accompagnato per l’intero percorso, ma ci siamo spesso ritrovati ad osservare che la nebbia avrebbe reso impossibili alcune sezioni dell’itinerario. In particolare, ci sentiamo di sconsigliare in caso di maltempo la cresta della Vrh Bora fra Plav e Vusanje (MN), la zona del valico presso il Maja e Arapit fra Vusanje e Thethi (AL), la dorsale del Lumbhardit fra Milishevc e la valle della Rugova (RKS) e la zona fra il Passo di Scutari e la Jelenka (RKS) nella tappa di rientro in Montenegro. In tutti questi luoghi abbiamo perso il segnavia con visibilità perfetta e abbiamo ritrovato il percorso grazie ai punti notevoli presenti sulla carta, strategia ovviamente impossibile in caso di nebbia. Logistica. Sono indispensabili tenda ed equipaggiamento per cucina con alcune scorte (es. cibo liofilizato). In molti punti tappa non abbiamo trovato alcuna possibilità di pernottamento in strutture predisposte (Vusanje, Milishevc, Babino Polje). In altri villaggi si può piantare la tenda liberamente, pagando una piccola quota in campeggi predisposti (es.Thethi) o usufruendo dei servizi di attività adiacenti (es. Hotel Guri i Kuq nella valle della Rugova). L’acqua non è mai un problema: vi sarà indicato (dove non è ovvio) dove e come riempire le borracce. Oltre alle fonti e ai rubinetti nei luoghi abitati, si segnala che, trattandosi di un territorio per lo più incontaminato, in molti casi è possibile rifonirsi direttamente dall’acqua dei ruscelli che si incontrano lungo il percorso. Per rifornirsi di cibo, invece, oltre a Plav, c’è un piccolo punto vendita a Vusanje (ricavato all’interno di un container metallico di colore blu elettrico e aperto in orari invero un po’ misteriosi), altrimenti si può confidare nel cibo fornito sottobanco nei bar di Thethi, nei panini preparati all’Hotel Guri i Kuq o nelle strutture della valle della Rugova. Per il resto occorre accordarsi con i locali e bussare a qualche porta: lasciando qualche euro o lek sarete coperti di formaggio acido, pane fatto in casa e verdure cresciute nell’orto o trasportate con le jeep da Bajram Curri o Plav. In molti casi, ci è stata apparrecchiata la tavola con gioia senza chiedere nulla in cambio: per ovvi motivi non possiamo consigliare questa alternativa, che peraltro è stata cruciale in alcuni momenti del viaggio. Pianificate per alcuni pranzi indipendenti e affidatevi al cammino: come ci è stato detto un giorno a Valbona: “Nessuno, qui, vi lascerà per strada”. Lingua. Una minima conoscenza di alcune parole chiave di albanese e serbo-­‐croato è consigliata ma non indispensabile: in breve imparerete un vocabolario essenziale che vi servirà per chiedere della direzione, presentarvi al prossimo e domandare informazioni su cibo e pernottamento. Con molti bambini e ragazzi si è parlato inglese, che talvolta padroneggiano egregiamente. Con ragazzi e adulti, che spesso hanno esperienze d’emigrazione alle spalle, si può invece provare anche con il tedesco, il francese e l’italiano. Con gli anziani,come sempre accade, saprete farvi capire e loro vi capiranno. Periodo consigliato. Noi abbiamo percorso il PoB nelle prime due settimane di Agosto. Secondo i locali, le temperature sono state eccezionalmente alte (fino a 30° nei fondovalle): noi non le abbiamo mai trovate proibitive, dunque l’intero periodo estivo sembra adeguato al trekking. Obbligatoria la crema solare. Pericoli. Non abbiamo incontrato né vipere né zecche (gli unici animali in qualche modo pericolosi in queste zone) ma non possiamo escluderne la presenza. I grossi cani da pastore sono del tutto inoffensivi e indifferenti al camminatore. Per il resto, i pericoli sono quelli che si possono incontrare in qualsiasi escursione alpina: malgrado la zona sia stata caratterizzata da tensioni estremamente violente nel passato e resti comunque una delle aree più povere d’Europa, l’impressione di sicurezza è stata totale, irrobustita dall’accoglienza generosa e le parole di saluto che – senza eccezione – tutti ci hanno riservato. Descrizione tappe. Nota: il percorso si può iniziare da uno qualsiasi dei paesi attraversati, partendo da Plav (MN), la valle della Rugova nei pressi di Pejë (RKS) o Thethi (AL). Noi abbiamo scelto Plav perché più facilmente raggiungibile in auto dall’Italia (via Bihać -­‐ Sarajevo – Priboj [SRB] – Berane). Si tratta inoltre di una scelta conveniente perché la cittadina è dotata di servizi (market, farmacia), un camping ove lasciare l’auto (2 euro a notte) e ottime kavana e cevabdzinca. Di seguito si descrivono le tappe in dettaglio, con particolare attenzione alle zone dove l’orientamento non è facilissimo. Evitiamo di dare indicazioni precise sui tempi di percorrenza perché soggettivi e dipendenti dalle variabili imprevedibili del viaggio. Partendo intorno alle sette del mattino, dovreste comunque essere in grado di arrivare al punto di tappa successivo nel tardo pomeriggio o, comunque, prima del buio. 1° tappa. Plav-­‐ Vusanje La prima tappa lascia la cittadina di Plav e il suo lago risalendo lungo l’evidente costone a SW del centro abitato fino alla sommità di un massiccio montuoso minore (Vrh Bora, 2106 m) da cui si gode uno splendido panorama sulla Zla Kolata, vetta calcarea di cui il PoB toccherà le falde albanesi a Valbona. Si tratta di un’escursione facile ma nel complesso faticosa. L’orientamento non è semplicissimo e richiede un po’ d’attenzione. E’ un’ottima introduzione alle caratteristiche complessive del PoB: dislivelli importati, segnavia scarsi, panorami immensi ed incontri inaspettati. Noi descriviamo il percorso per come l’abbiamo fatto, avvertendo che per l’intera salita non abbiamo trovato alcun segnavia e, con ogni probabilità, abbiamo deviato alquanto dal percorso originario. Dalla rotonda nei pressi dell’ufficio informazioni del Parco Nazionale Prokletije e di un’antica moschea dal minareto ligneo (cartelli gialli del PoB), percorrere in piano la strada che si stacca a SW fino ai pressi di una non lontana seconda moschea e ad un bivio (altri cartelli gialli del PoB). Percorrere per qualche decina di metri la strada di destra, indi svoltare a sin. tra le abitazioni su quella che, in breve, diviene una carrareccia che si innalza lungo il sopracitato costone, rimanendo sul versante del lago. La stradina, affiancata dai noccioli, giunge ad una sorta di passo sul quale incontra una carrabile proveniente da sin. dalla frazione di Završ: qui occorre evitare i due rami che scollinano sui due versanti e, invece, proseguire in salita (leggermente a des. da dove siamo arrivati, indi a sin.). Dopo un’abitazione pastorale c’è un complesso incrocio con tornanti, presso il quale un pastore ci ha dato indicazioni decisive: occorre svoltare a des al primo bivio e, dopo ca. 50 m, immediatamente a sin. La carrabile risale ora lungamente un fitto bosco di abeti: occorre prestare attenzione perchè la direttrice principale – l’unica a salire tortuosamente lungo il poco accentuato crinale della montagna – è tagliata da molte strade forestali ed occorre talvolta indovinare quale sia il ramo principale (noi ci siamo trovati almeno una volta nel fondo cieco di queste stradine di servizio) Si perviene dopo ca. un’ora di cammino dall’incrocio ad un pascolo, ove c’è una piccola costruzione pastorale con fonte, probabilmente la località che sulla mappa è denominata “Karaula Feratovića”). Da qui, seguendo le indicazioni degli abitanti della costruzione, siamo saliti all’evidentissima forcella verdeggiante sulla sin., probabilmente lasciando quello che nelle intenzioni dei tracciatori doveva essere il percorso originale. Dalla forcella, scendere ad una bellissima conca per ca. 50 m e poi attraversare lungamente fino ad un altro valico verde, dal quale si cominciano a scorgere le cime calcaree della Zla Kolata. Attraversando ancora lungamente (mantenersi a des. ad un bivio), si punta ad un ampio passo verdeggiante, che si guadagna per tracce di passaggio dove il crinale divide due laghetti gemelli sui due versanti. La cima della Vrh Bora si guadagna risalendo per 10 min ca. verso N l’ampia cresta prativa: intorno a noi si squaderna a W la lunga teoria di acrocori calcarei che caratterizza le Alpi Albanesi, a S le ripide pareti della Zla Kolata e ad E le verdeggianti vette del Kosovo, dalle quali torneremo a Plav al termine del viaggio. Dal valico, scendere sul versante opposto mantenendosi alquanto in quota per pascoli: con un po’ d’intuito si imbocca il sentiero che porta ai vasti pascoli del Katun Grlata (fonte), in bellissima posizione ai piedi di un caratteristico ed enorme panettone roccioso a grossi strati nel gruppo della Zla Kolata. Da qui il sentiero scende con ottimo segnavia verso WNW, seguendo dapprima il Bjelićki Potok, torrentello che funge da confine geologico fra le erosioni carsiche della sin. orografica e i versanti silicei da cui proveniamo. Attraversati alcuni pascoli, il sentiero diventa via via più largo, fino ad immettersi quale mulattiera nel paesino di Vusanje, termine della tappa. Nei pressi della moschea svoltare a sin. (cartelli del PoB) e scendere, oltrepassando una piccola costruzione metallica blu (market), fino all’impressionante salto in forra del torrente Skavkać, che – prima placido – si inabissa inaspettatamente in un ascondito canyon. 2° tappa. Vusanje – Thethi La tappa da Vusanje a Thethi è la più spettacolare del PoB in termini paesaggistici: si attraversa un confine rimasto chiuso per molti anni in una zona remotissima, attraverso un fondovalle del tutto risparmiato dalle attività dell’uomo se si esclude la povera pastorizia che caratterizza la zona sommitale. Il nostro primo incontro con le genti albanesi è stato con un pastore che ci ha offerto del latte di pecora appena munto che stava riscaldando per ottenere il tipico formaggio. Intorno, l’ambiente è caratterizzato da affilatissime guglie e grandi sistemi di pareti calcaree che sovrastano il lago di confine e le ampie valli glaciali di Thethi (AL) e della Ropojana (MN). Dalla cascata nei pressi di Vusanje risalire la valle Ropojana lungo la strada di sin. al bivio immediatamente successivo all’area di sosta. La carrozzabile sale lungamente senza pendenza per alcuni km. Nei pressi di un bivio c’è la possibilità di evitare i tornanti della strada per un sentierino sulla des. che risale il letto asciutto di un piccolo rio. Subito dopo aver guadagnato nuovamente la strada, si raggiunge un prato da cui si gode una bella vista sul solitario lago di Jezerce (Liqeni Geshtares), che deve essere oltrepassato sulla sin. per tracce di sentiero (segnavia) in una zona battuta dalle valanghe. Senza accorgersene, si attraversa il confine raggiungendo, superato un pascolo sulla sin. per tracce di passaggio, un sentiero che si inerpica per una costa in bosco di faggi. Questa permette di raggiungere rapidamente i pascoli di Runices, monticati in estate. Seguendo le tracce del sentiero e i segnavia si oltrepassano delle costruzioni pastorali in lamiera e nylon per giungere in vista di un valico, che in realtà è il bordo di un complesso altipiano carsico: lo si raggiunge con ripida salita su evidente traccia a sin delle ripe calcaree solcate da rivoli. Dal passo, prestare attenzione perché una deviazione a des potrebbe indurvi in errore e condurvi nel labirintico sistema carsico che caratterizza questa zona, magnificamente incastonata fra il Maja e Arapit a des. (che si intravede sin dall’inizio della tappa) e il gruppo del Maja Jezercës a sin.: noi ci siamo persi lungamente per ritrovare infine il segnavia nei pressi del laghetto Liqeni i Pejës.Si consiglia, al riguardo, di ignorare i segnavia che piegano a destra verso le ripide pareti del Maja e Arapit per poi perdersi nel campo carsico; seguire invece l’evidente traccia di sentiero – probabile percorso preferenziale dei pastori, ma non segnata sulla mappa – che lo aggira tenendosi sulla sinistra. Dal suddetto specchio d’acqua risalire in breve al passo Qafa e Pejës, dal quale si scorge la valle di Thethi nella sua parte superiore. Il sentiero scende rapidamente per tornanti sull’altro versante, sfruttando l’unica rampa accessibile all’escursionista (e ai muli dei pastori): tra i pini loricati emerge a des. l’imponente parete S del Maja e Arapit, mentre si sorpassa un’incombente parete sulla sin. caratterizzata da imponenti e strapiombanti stratificazioni giallastre. Un ultimo tratto nella pineta permette di raggiungere il fondovalle e di cominciare la lunga discesa della placida valle glaciale in sin. orografica. Superato l’abitato di Okol si raggiunge infine – dopo un bivio che sarà necessario raggiungere nuovamente il giorno successivo – al caratteristico borgo di Thethi, dove ci sono alcune strutture ricettive. 3° tappa. Thethi -­‐ Valbona La tappa fra Thethi e Valbona, in Albania, è senz’altro la più frequentata del viaggio: congiunge infatti le due località più famose delle montagne albanesi: due valli glaciali affiancate da imponenti e lontani massicci calcarei. In questa tappa non c’è alcun problema di orientamento e potrete godere del sorprendente spettacolo con tutta tranquillità: lungo il sentiero stanno sorgendo dei caratteristici chioschi che rendono ancor più rilassante questa zona di valico. Da Thethi risalire lungo la carrareccia dalla quale si è arrivati il giorno prima per ca. 2 km, fino ad un bivio che si prende a des. (indicazione per Valbona). Il percorso è sempre ben segnalato: si tratta di una traversata classica molto frequentata nel quale vi capiterà di imbattervi in altri escursionisti, circostanza forse unica nell’intero itinerario. Il sentiero sale lungo una stradina fino a delle case, dove si inerpica ripido sulla sin. fino ad un bosco di faggi, che supera in salita fino ad un rio: poco oltre vi è un chiosco dove potrete rifornirvi di bibite e torte locali. Il sentiero risale ancora per bosco e poi attraversa decisamente a des. fino al passo Qafa e Valbones. Consigliamo la risalita al punto panoramico sulla des. (5 min), da cui si gode un panorama bellissimo su entrambi i versanti. Il sentiero scende nell’altro versante verso sin. e, superata una zona rocciosa, scende velocemente ad un pascolo, che porta rapidamente ad un secondo chiosco. Per ripida faggeta si perviene dunque all’abitato di Rragami e, quindi, al fondovalle alluvionale, che occorre attraversare lungamente per strada carrabile entro il rovente (in caso di tempo buono) impluvio del torrente Valbona, qui secco. Si giunge infine ad una strada asfaltata nei pressi dell Hotel Valbona, termine della tappa ufficiale. Noi consigliamo di scendere ancora, almeno fino all’abitato sparso di Valbona: noi abbiamo pernottato presso una guesthouse nei pressi di un grazioso laghetto carsico (non segnalato sulla mappa, ma molto apprezzato dai turisti locali) che si incontra ancora più a valle, che merita senz’altro una visita per il colore cristallino delle sue acque. Se volete seguire il nostro itinerario, calcolate circa 1h30/2h di cammino su strada asfaltata rispetto al punto tappa originario. Tappa 4°. Da Valbona a Dobërdol. Questa tappa accorpa due sezioni che i tracciatori originari consigliano di percorrere in due giorni. E’ una tappa centrale nell’intero percorso: si lascia il paesaggio decisamente dolomitico delle Alpi Albanesi per portarsi quasi a ridosso dei tre confini, in una zona verdeggiante caratterizzata da ampi pascoli e villaggi di pastori relativamente grandi e densamente abitati, con l’abitato di Çeremi proprio sulla faglia che distingue queste due zone marcatamente distinte. Si tratta di un percorso lungo (più di 30 km e 1500 m di dislivello) in cui i numerosi incontri certo vi ripagheranno della fatica. Dalla guesthouse nei pressi del lago carsico sopra menzionato scendere ancora lungo la strada asfaltata fin dove essa si porta in sin. Orografica (circa 1km). Dopo una costruzione ci sono delle indicazioni che indicano il sentiero sulla sin., che permette di evitare il lungo tornante che occorrerebbe compiere se si decidesse di risalire a Çeremi lungo la camionabile: attenzione a non mancare questa deviazione La traccia inizia dal fondo del torrente e si inerpica sulla des. orografica della valle, ora vicino al torrente, ora molto lontano, fino a riguadagnare dopo ca. 2 h di percorrenza la suddetta camionabile. La valle è molto selvaggia e interessante e tale impressione è confermata dalla presenza – ca. a metà – di una trappola fotografica per grandi carnivori. Dall’innesto sulla strada si raggiunge in ca. 2 km lo sparso abitato di Çeremi. Si attraversa il fiume verso des. tralasciando la valle sulla sin. (che è quella che si conlcude al passo Qafa i Borit sfiorato nella prima tappa sul versante Montenegrino). Il sentiero, qui ben segnalato, sale prima per tornanti in una faggeta e poi in un magnifico e panoramico pascolo fino ad una carrabile che si imbocca verso des. Ad un bivio occorrerebbe svoltare a sin. per percorrere l’itinerario suggerito dalla carta, ma il segnavia, posto su una roccia troppo prima del bivio dà adito a fraintendimenti, e i locali ci indirizzano sulla des., evidentemente l’opzione carrabile, certa ma molto pià lunga. Ciò ci porterà a compiere una lunga deviazione fino al Markofces, una sorta di altipiano abitato presso il quale una famiglia ci ospita per il pranzo. Lasciata la strada si punta decisamente verso sin. ad una cresta dalla quale si gode una stupenda visuale in ogni direzione, e quindi ancora a sin. per una strada che raggiunge un punto di valico e scende ripidamente sull’altro versante, da cui in breve si ritrova il sentiero proveniente da sin. (Montenegro) precedentemente abbandonato. Qui si lascia la strada verso des. su un’ottima mulattiera, per la quale si perviene al pittoresco villaggio di Balqini, che si supera in discesa fin ca. a metà. Prestare attenzione ai segni e imboccare il sentiero che, ora in quota ora in discesa, fra pascoli e peccete, porta verso Dobërdol: il percorso richiede comunque ancora un paio d’ore e non sempre il segnavia è agevole da seguire. La direttrice del percorso è d’altronde del tutto evidente e sicuramente incontrerete persone a cui poter chiedere informazioni preziose. Un ultimo strappo in salita permette di immettersi nel verdeggiante scenario di Dobërdol, nel quale troverete chi vi indicherà un punto di sosta ottimamente attrezzato da una famiglia del posto. Si tratta di una costruzione pastorale tradizionale in muri a secco, pavimento in terra battura e tavolacci tagliati con la motosega nel quale potrete dormire con le coperte fornite dal gestore e gustare le ottime prelibatezze a base di latte che vi saranno servite per cena e colazione (tutto a 15 euro). Tappa 5°. Da Dobërdol a Milishevc (RKS) In questa sezione si tocca il punto più elevato del trekking nei pressi dei tre confini e si prosegue per una lunga dorsale panoramica. E’ una tappa fisicamente non impegnativa, ancorché lunga. A Milishevc ci siamo accampati nei pressi di un torrente, accolti ottimamente da due famiglie che abbiamo incontrato sul far della sera: accordatevi con loro per ottenere del cibo. Dal punto tappa di Dobërdol raggiungere su indicazioni del gestore le indicazioni sentieristiche del PoB. Da qui puntare decisamente al verde valico a sin. di una piccola vetta (Trekufiri) per ripidissima rampa (segnalato). Da qui si consiglia una deviazione per cresta sino alla detta vetta, dove si incontrano i tre paesi attraversati dal percorso. Si tratta di un luogo altamente simbolico, centro dell’intero itinerario, nel quale è obbligatorio fermarsi per le foto, per accorgersi che tale centro l’avete lasciato da ca. due ore e si intravede laggiù come reticolo di palizzate e capanne. . Il sentiero segue in modo del tutto intuitivo la verde cresta che funge da confine tra Kosovo e Montenegro. Ad un passo si imbocca una strada che insiste sul versante sin. di un massiccio montuoso (due tornanti) e guadagna un passo ulteriore, dal quale si vedono due bandiere albanesi. Qui la strada scende decisamente verso des. (Kosovo): ignorarla imboccare invece l’evidente traccia che si diparte, dopo ca. 100 m di discesa, sulla sinistra che porterà, prima in quota, poi in decisa discesa e infine con una breve salita, al bel passo del Roshkdoli, dal quale si vede la valle del torrente Decani che dovremo scendere. Di fronte a noi, lo spallone del Ravno Brdo, che incontreremo fra due tappe: tenete a mente questo paesaggio perché potrebbe esservi utile per l’orientamento nei giorni successivi. Il sentiero scende in des. orografica ma è facile perderlo: è comunque impossibile sbagliarsi perché occorre semplicemete ridiscendere lungamente l’ampia valle fino al paese di Roshkdol, primo paese Kosovaro attraversato dall’itinerario. Superatolo in discesa lungo una carrozabile, ci si mantiene sulla direttrice princiaple che sale a sin. (evitare ad un bivio presso il torrente la strada di des.). Dopo due tornanti si giunge ad una conca abitata, da dove la carrareccia sale moto ripidamente ad un passo con monumento dell’UCK e cartello segnaletico. Scopriremo a posteriori che il cartello segnaletico indica il sentiero da percorrere il giorno successivo, ma la mappa è lievemente imprecisa e decidiamo di scendere lungamente verso il paese di Milishevc, che in realtà è una lunga valle (si conclude a Pëje) sparsamente abitata. Dopo circa un paio d’ore di peregrinazioni, fuorviati dai numerosi segnavia che sono misteriosamente ricomparsi lungo la carrareccia, decidiamo di accantonarci nei pressi del torrente vicino ad una casa nella quale un ceppo d’albero è stato colorato di rosso. Tappa 6°. Milishevc – Hote Guri i Kuq nella Valle della Rugova. E’ una tappa notevole per impegno fisico e, inoltre, è quella che ci ha creato più problemi con l’orientamento. Con un po’ di cautela in più è probabilmente possibile seguire il percorso segnalato, si deve comunque affrontare una decisa salita e una lunghissima discesa, nonché risalire lungamente la strada asfaltata (e trafficata) della Valle della Rugova, sulla quale gli automobilisti insisteranno per darvi un passaggio. La tappa si conclude comodamente all’Hotel Guri i Kuq (cucina), presso il quale potete accamparvi. In questa sezione abbiamo tagliato la deviazione verso il villaggio di Reka e Allëges, prevista dal tracciato originario: rimandiamo alla descrizione originaria per questo tratto di itinerario. Dai pressi della casa con ceppo rosso saliamo decisamente per pascoli e tracce di passaggio puntando direttamente alla cresta e, poi, ad un costone alberato sulla des. sfruttando le zone non invase dai mughi. I locali sapranno darvi qualche indicazione preziosa. In realtà, converrebbe puntare piuttosto a sin., ad un passo valicato dal sentiero segnalato, ma noi ci atteniamo alle indicazioni ottenute e guadagnamo faticosamente la cresta, tenendoci sempre sulla destra, in direzione est. Arrivati in cresta ci accorgiamo che il sentiero valica oltre 1 km a N/O rispetto a dove ci troviamo. Da qui si scorge la vetta del Guri i Kuq molto sulla sin. (rocce rossastre), nonché il sentiero, al di là di una valleta coperta da un’intricata mugheta che si alterna per brevi tratti ad altrettanto insidiose radure carsiche e salti di roccia punteggiati da salici delle capre. Ancorchè vicino, dunque, raggiungerlo è oltremodo difficile: noi abbiamo seguito la cresta verso sin. (Ovest) fino ad un passo, poi in quota tra corridoi naturali fra i mughi e, infine, un po’ disperatamente, galleggiando nel baranceto in decisa discesa: se siete fortunati questa operazione potrebbe richiedere solo una decina di minuti di fatiche (per ca. 50 metri), dunque valutate bene la direzione da seguire. Dal fondo della valletta raggiungere il sentiero ed un passo sulla des. (paletto segnaletico del PoB), presso il Pusa i Margave, una pozza fangosa usata quale abbeveratoio del bestiame. Seguire ora l’evidente traccia, che scende placidamente in versante Rugova fino a delle costruzioni pastorali: se le raggiungerete sarete già fuoristrada perché il sentiero di discesa si diparte sulla sin., difficile da trovare. La traccia carrozabile porta invece a Pëje, come ci informa il pastore. Credendo di seguire le sue indicazioni ci portiamo nuovamente a sin. lungo il limitare dell’altipiano e imbocchiamo una buonissima traccia che scende in discesa fra i mughi. Scopriremo poi che il percorso è ancora più a sin. ma il danno è fatto e raggiungiamo una fonte, dove oltre la quale il sentiero diventa decisamente più esile, fino a perdersi nella rigogliosa macchia poche decine di metri dopo. Decidiamo di tentare la discesa per la ripida e umida forra, che per fortuna non ci riserva salti o passaggi particolarmente pericolosi: si tratta comunque di un’esperienza da evitare perché eventuali incidenti avrebbero gravi conseguenze, è infatti un luogo oltremodo isolato nel quale non ci sono tracce di passaggio alcuno e la vegetazione impedisce la visuale. Si giunge infine ad una strada forestale, che si imbocca a sin. incrociando subito dopo i segnavia del tracciato corretto provenienti in discesa da sin (vi consigliamo di non discendere la forra e spendere qualche minuto in più nella ricerca del sentiero). Scendere mantenendosi sulla sin. per la polverosa stradina fino ad un pascolo che si affaccia sulla Rugova: da qui la strada taglia lungamente quasi in quota tutto il versante boscato verso sin., per scendere più decisamente verso a fine (tornanti, sorgente). Ci sono alcuni bivi minori ma è impossibile sbagliarsi perché occorre semplicemente scendere fino al lontano fondovalle. Si giunge infine alla strada di fondovalle della Rugova, che si comincia a risalire faticosamente, soprattutto in caso di temperature elevate. Si supera un ponte e uno stabilimento per l’imbottigliamento dell’acqua, nonché alcune deviazioni per i villaggi che si toccherebbero nella tappa che non abbiamo percorso. Infine, si giunge al bivio di Kuchiste, dove si imbocca la strada bianca di sin. Questa è la strada che originariamente collegava Plav con Pëje ma ora è evidentemente chiusa, e la direttrice principale è quella che si diparte sulla sin. (ponte): seguite le indicazioni per l’Hotel Guri i Kuq. Ad un ultimo bivio si imbocca la strada di des. per raggiungere in breve il complesso dell’albergo, invero molto accogliente, dove è possibile rifocillarsi abbondantemente per una cifra ragionevole e (nel caso non si voglia prendere una stanza) piantare gratuitamente la tenda nei prati circostanti Tappa 7°. Hotel Guri i Kuq – Babino Polje (MN) Questa soprendente tappa riserva meravigliosi panorami in ogni direzione e l’attraversamento di una valle caratterizzata da emersioni dolomitiche e splendide fioriture. Nella descrizione ufficiale è segnalata qualche difficoltà di orientamento nella zona del Passo di Scutari: noi ci siamo in effetti persi ma il sentiero è generalmente ben segnalato e, con un po’ d’attenzione, dovrebbe essere semplice percorrere il percorso originario. Dal complesso turistico dell’Hotel Guri i Kuq, percorrere in salita la stradina che sale attraverso il piccolo villaggio e lasciarla immediatamente a des. dopo le ultime abitazioni seguendo gli evidenti segnavia nella pineta. Il sentiero sale verso una valletta caratterizzata a des. da un pilastro roccioso e attraversa una zona con alberi morti. Alla sommità, si raggiunge il lago di Kuchiste, splendido specchio d’acqua che si costeggia sulla sin. per entrare in quota in una pecceta. Si scende brevemente per rimontare infine al più piccolo lago di Drelaj. Da qui, seguire le indicazioni in salita tra prati e macchie di mugo. Si giunge infine ad una conca dal quale si intravede a sin. la zona del passo di Scutari, al termine di una valletta affiancata da pareti dalle particolari forme dolomitiche (fungo, doppio arco). Il sentiero, prima di valicare, piega decisamente a des. (in quota) per raggiungere l’ampio passo di terra rossastra a fianco della Jelenka. Noi, per errore, abbiamo invece guadagnato l’ampia valetta che si distende oltre il passo di Scutari fin dove essa si interrompe sul versante di Roshkdol: per ripidissimo prato abbiamo rimontato ad una selletta sulla des. da cui un canalone precipita in basso verso dei pascoli: la vetta della Jelenka (2420) non è lontana e consigliamo di visitarla per l’amplissimo panorama che permette di abbracciare. Raggiunto per errore il punto più alto dell’intero viaggio, si rientra facilmente per ripido pendio al sentiero originario, che taglia uno scosceso pendio in versante montenegrino fino a raggiungere una pozza di cresta usata quale abbeveratoio. Con un po’ di attenzione si può trovare una fonte d’acqua poche decine di metri a valle rispetto al sentiero, ca. a metà fra il passo rossastro e detta pozza: a noi è stata indicata da Syl, un gentile pastore di Roshkdol. Dalla pozza seguire lungamente ora sul costone ora sui suoi fianchi la lunga dorsale che conduce al passo del Ravno Brdo e al confine Montenegrino (indicazioni). Dal cartello segnaletico abbassarsi per pascoli seguendo ora sulla des. poi sulla sin. un ripido rio (rari segnavia): dopo averlo attraversato il sentiero precipita velocemente, quasi per linea azimutale, verso alcune costruzioni pastorali (ignorare le tracce che attraversano a sin. verso un bosco). Dalle costruzioni, il segnavia conduce in una zona di bosco schiantato e difficile da attraversare: è probabilmente preferibile scendere per pascolo alquanto sulla sin. ma il percorso non è obbligato. Occorre comunque guadagnare il fondovalle e superare il torrente fino a raggiungere la carrozzabile, che si imbocca verso des. All’imbocco della carrozzabile è presente una fonte dove è possibile rinfrescarsi e fare rifornimento d’acqua. Poco dopo il bivio a sin. con una carrareccia che imboccheremo nella prossima tappa, c’è un punto tappa predisposto per l’itinerario, che noi abbiamo trovato chiuso e abbiamo comunque scelto quale luogo di accantonamento. Tappa 8°. Babino Polje-­‐Plav La tappa finale evita i 7,5 km che separano per strada carrozzabile Babino Polje e Plav e risale lungamente in una splendida foresta fino al lago alpino di Hridsko Jezero, circondato da una riserva integrale del parco Montenegrino di Prokletije che protegge una notevolissima pineta a Pinus peuce d’altura, al cospetto del massiccio siliceo dello Hridski Krš. L’intero percorso è ottimamente segnalato. Dal bivio con cartelli segnaletici salire a lungo attraverso una pecceto-­‐abetaia fino all’abitato del Katun Bajrović. Da qui si lascia la carrozabile e si segue lungo un sentiero ben segnato attraverso la pineta sommitale a Pinus peuce. Superati alcuni esemplari secolari si risale ad una zona con sassi silicei e quindi al sorprendente specchio d’acqua dello Hrdisko Jezero, dal diametro di ca. 200 m, di cui si può compiere l’interessante periplo. Il sentiero affianca sulla sin. il lago fra massi ricoperti di licheni giallastri e sale ad un bivio, al quale si tralascia il sentiero a sin. per la vetta del Krš. Il nostro sentiero risale ancora e, dopo una piramide di roccia, guadagna verso des. una carrozzabile che si imbocca a des. in discesa. La strada si mantiene dapprima in cresta, poi scende verso des. con due tornanti e supera un torrentello, dopo il quale ci sono alcune costruzioni con fonte. La famiglia che abita questa località ci consiglia una scorciatoia per raggiungere il fondovalle: è in questo punto che lasciamo il percorso segnato sulla mappa, convinti dai nostri simpatici ospiti di accorciare il cammino. Il ritorno per carrozzabile sarà invece più lungo del previsto. Seguendo le indicazioni dei locali, dunque, lasciamo la carrareccia e prendiamo sulla des. discendendo fino al limitare del bosco verdi pascoli punteggiati da piccole costruzioni e covoni. Nei pressi del torrente (sulla sin. idrografica) c’è una traccia che si inoltra nel bosco (segnavia) che, seguita in discesa ignorando le numerose deviazioni (la direttrice è del tutto intuitiva: occorre scendere), permette di raggiungere la strada asfaltata Babino Polje – Plav. Ci separano dalla cittadina da cui siamo partiti otto giorni prima ca. 6 km di strada asfaltata in una piacevole valletta. Verso il termine dell’itinerario, le costruzioni si fanno più diffuse e, dopo il cimitero islamico, si scende al paese, nel quale ci si può ristorare in una delle numerose Kavana.