GöDEL ESISTE

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GöDEL ESISTE
GöDEL ESISTE 8 Agosto 2016 L'asfalto bagnato e le vetrine di un negozio di elettrodomestici si rimpallano i bagliori delle quattro frecce accese. Il taxi è fermo in terza corsia e nessuno ci farebbe caso, è spettacolo normale in Corso Vercelli, se non fosse per il capannello di gente che circonda la macchina senza avvicinarsi più di tanto. Arriviamo a sirene non spiegate, la spiegazione è semplice: mancanza di fondi e magazzino senza lampadine di ricambio. Freniamo di colpo inzaccherando una signora e il suo carlino imbacuccato che non ci hanno sentito arrivare. Scivolo fuori dall'auto, giro attorno al taxi e infilo la testa dentro il finestrino mettendo fine al gioco stroboscopico delle luci rosse sulla mia pelata bagnata. "Chi è?", domando al poliziotto dall'altra parte della macchina. "Davide Muratore, aveva preso la licenza da dieci giorni. Due colpi al petto. A occhio gli hanno sparato dal finestrino" "Testimoni?" "Nessuno" "Trovato qualcosa d’interessante?" "Un taccuino e una penna. Le ultime frasi che stava scrivendo sono coperte di sangue" Sbircio il foglio aperto sul sedile: “Gianna sfila un lungo e affilato coltello dalla gonna e si lancia all'inseguimento del gatto”. "Una serial kitter! Questa mi sembra di averla già letta da qualche parte" "Scusi commissario?" "Niente, niente. Leggevo il taccuino del tassista. Stava scrivendo un racconto." "Una serial che?" "In inglese... lasciamo stare. E' la storia di una che ammazza i gatti. Storia e stile a prima vista sembrano atroci. Magari è stato qualche critico letterario incarognito”. 22 Agosto 2016 La donna è stesa sulla scrivania, le braccia aperte a croce. Dalla finestra aperta entrano i richiami di due corvacci che fanno l'ispezione mattutina del quartiere. Giro attorno alla pozza di sangue che s'è formata sulla moquette marrone. "Quando è successo?" "Il medico dice ieri sera, tra le otto e mezzanotte. Non prima delle sette comunque, fino alle sei e mezzo era in tribunale. Due colpi alla schiena. Niente testimoni. La porta del terrazzino era spalancata, sono entrati di lì probabilmente.”. L'omicidio dell'avvocatessa mi è rimasto sul gozzo quasi quanto i pranzi e le cene di questo gelido agosto milanese: gli untuosi panini del kebabbaro di via Rubens. E' l'unico bar aperto nel raggio di due chilometri, tutti in Grecia o Sardegna a parte lui che quando mi vede entrare col bavero tirato su, sorride sornione e da giorni mi accoglie con la stessa citazione colta che non so da dove gli sia piovuta in testa: "L'inverno più freddo della tua vita è un'estate a Milano". "Abdul. Non stressarmi anche tu con questa storia dell'ammazza scrittori, per favore. Ne ho abbastanza in ufficio. Preparami il solito." "Non mi chiamo Abdul, sono anni che glielo dico" risponde lui cominciando a tagliare le fette di carne dallo spiedo rotante. "E tu non stressarmi, Abdul". L'unico filo che lega i due morti sono i racconti insanguinati e un corso di scrittura che avevano entrambi seguito più di dieci anni fa. 22 Settembre 2016 Sei di mattina. Ipotesi di aurora sopra i tetti di coppo del caseggiato di fronte: un’altra giravolta per il sassolino terra, un’altra notte in bianco per me. E’ arrivata l’estate con tre mesi di ritardo ed è arrivato anche il terzo morto. Un altro tassista e io ho tutti addosso anche per colpa del giornalista de “La Stampa” che ha affibbiato il nomignolo giusto al presunto serial killer: Uber. Ma ovviamente l’avvocata non quadra. Riabbasso gli occhi dalla finestra al computer. Il tassista era un tipo metodico, catalogava tutto per data. L’ultimo racconto che aveva scritto s’intitolava “Sangue e Miele”. Altro giallo, come gli altri due. E stesso corso di scrittura. Il cerchio si stringe, ma più sulla mia testa che sul colpevole. Mettere sotto protezione tutti gli ex corsisti è impossibile, sono quasi un migliaio. L’unica traccia è che il secondo tassista il racconto l’aveva finito e l’ha pure mandato a un concorso online. Giallomilanese. Bazzico un po’ sul sito. I racconti online sono qualche centinaio, ne leggo qualcuno prima di andare in ufficio. Per tutta la giornata non riesco a concentrarmi, ho quella sensazione di aver visto di sfuggita un fatto importante e di essermelo fatto scappare. Solo verso sera, quando la mente stanca si lascia andare, la connessione emerge dalla nebbia: uno dei nomi dei partecipanti a Giallomilanese era anche nella lista dei corsisti. Una veloce ricerca al computer mi da la conferma. Telefono a casa, mi risponde una voce femminile dal vago accento genovese. “Stasera non c’è, legge un suo racconto a un concorso. Chi devo dire?”. Riattacco veloce. Maledizione! Mi sono perso che stasera c’è la prima serata del concorso. Le sette e un quarto, chiamo a gran voce il brigadiere Musumeci e ci lanciamo verso il locale dove si leggono i racconti. Sta proprio di fronte a San Bernardino Alle Ossa, centro pieno, col traffico della sera ci mettiamo comunque venti minuti nonostante le sirene finalmente spiegate. Quando entro nel locale vedo un testone biondo che ciondola verso un microfono mentre una voce femminile annuncia il racconto: “ ‘Gödel esiste’, legge Fabio Valente”. Comincia a leggere con una dizione approssimativa e un tono soporifero, ma il contenuto mi fa rizzare i peli delle braccia fin dalla prima frase: ‘L'asfalto bagnato e le vetrine di un negozio di elettrodomestici si rimpallano i bagliori delle quattro frecce accese. Il taxi è fermo in terza corsia e nessuno ci farebbe caso, è spettacolo normale in Corso Vercelli, se non fosse per il capannello di gente che circonda la macchina senza avvicinarsi più di tanto’. Ascolto il racconto del mio ultimo mese infernale quasi in trance, la storia segue un percorso a me già noto, mi scuoto solo verso il finale, per mettere a posto il pezzo che mi manca. Nel momento in cui mi scuoto dal torpore, il testone biondo si alza dai fogli. Il finale lo recita a memoria. ‘Così commissario il colpevole l'ha trovato. E adesso, per completare l'opera vorrà trovare pure una spiegazione. E' il suo lavoro. Una sfida tra amici andata un po’ oltre? Uno scrittore impazzito dai troppi fallimenti che fa una strage per arrivare al racconto perfetto? La risposta non posso dargliela io. La stessa legge che pilota la mia vita governa anche il mio racconto: si chiama incompletezza’.