I disturbi della cheratinizzazione nel cane e nel

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I disturbi della cheratinizzazione nel cane e nel
SOCIETA’
ITALIANA DI
DERMATOLOGIA
VETERINARIA
…………………………………………...
Cremona, 16 Ottobre 2005
ATTI
I disturbi della
cheratinizzazione nel cane e
nel gatto
1
SOCIETA’ ITALIANA DI DERMATOLOGIA VETERINARIA
16 OTTOBRE 2005
PALAZZO TRECCHI, CREMONA
…………………………………………………………………..
Sponsors
DORADO
La SIDEV e’ grata agli sponsors per aver contribuito alla realizzazione di
quest’incontro ed alla SCIVAC per la collaborazione organizzativa e la
stampa degli atti
……………………..…………………………………………..
Edizione a cura di: R. Cerundolo
2
Moderatore: Dr. Fabrizio Fabbrini
DOMENICA 16 OTTOBRE 2005
08:30-09:25
Registrazione dei partecipanti e verifica presenze
09:25-09:30
Saluto ai partecipanti, presentazione dei relatori ed inizio dei lavori
09:30-10:45 FISIOPATOLOGIA DEL PROCESSO DI CHERATINIZZAZIONE E CORNEIFICAZIONE
CUTANEA
Luca Mechelli
10:45-11:30
I disturbi di cheratinizzazione primari e secondari: la seborrea
Chiara Noli
Pausa caffe’
11:30-12:00
12:00-13:00
Assemblea Soci Sidev
Pausa pranzo
13:00-14:00
14:00-14:45
Trattamento topico e sistemico delle anomalie di cheratinizzazione
Fabrizio Fabbrini
15:00-15:20
Adenite sebacea in tre cani di razza Hovawart
Luisa Cornegliani, Antonella Vercelli, L Tronca
15:20-15:40
Test di valutazione dell’apprendimento e discussione finale
Consegna degli attestati di partecipazione e termine della giornata
INDICE
FISIOPATOLOGIA DEL PROCESSO DI CHERATINIZZAZIONE E CORNEIFICAZIONE
Pag.
1
I disturbi di cheratinizzazione primari e secondari: la seborrea
“
9
Trattamento topico e sistemico delle anomalie di cheratinizzazione
“
14
Adenite sebacea in tre cani di razza Hovawart
“
23
CUTANEA
3
FISIOPATOLOGIA DEL PROCESSO DI CHERATINIZZAZIONE E
CORNEIFICAZIONE CUTANEA
Luca Mechelli
Universita’ degli Studi di Perugia
INTRODUZIONE
L'epidermide rappresenta lo strato di rivestimento esterno della cute. Tale struttura è costituita da un epitelio
pavimentoso pluristratificato cheratinizzato privo di vasi, nel quale il nutrimento raggiunge le cellule diffondendo dal
letto capillare dermico attraverso la membrana basale.
I cheratinociti che la costituiscono soggiacciono ad un complesso fenomeno differenziativo che consente alle cellule
dello strato basale, dotate di attività germinativa, di lasciare le porzioni profonde dell’epidermide per raggiungere
quelle più superficiali sotto forma di elementi cheratinizzati desquamanti. Il tempo necessario all'intero processo di
maturazione cheratinocitaria viene indicato essere, per i cani di razza Beagle, di circa 22 giorni. Durante questo
periodo le cellule modificano totalmente gli elementi strutturali e funzionali di cui sono costituite, per divenire dei
corpi desquamanti anucleati, interamente cheratinizzati, indicati con il termine di corneociti.
Numerosi fattori possono intervenire nel controllo di questo processo, alcuni accentuando i fenomeni proliferativi del
comparto germinativo, altri incrementando quelli differenziativi degli strati soprabasali.
BIO-MORFOLOGIA CUTANEA: EPIDERMIDE
In base alle caratteristiche morfo-funzionali, l'epidermide offre a considerare un compartimento germinativo (strato
basale), in cui non è rara l’osservazione di figure mitotiche, ed un compartimento di differenziazione o post-mitotico
(strato spinoso, granuloso e corneo).
In alcune regioni del corpo (ad es. i cuscinetti plantari) è presente anche un quinto strato, detto strato lucido, in grado
di conferire una certa capacità impermeabilizzante alla struttura epidermica.
Strato basale e membrana basale
Lo strato basale rappresenta la porzione germinativa dell'epidermide ed è costituito da elementi di forma cilindrica o
cubica, con asse maggiore perpendicolare alla membrana basale, nucleo rotondeggiante od ovalare piuttosto
voluminoso e basofilia marcata. Tali cellule appaiono spesso eterogenee: alcune di esse sono "dentellate" e
fortemente ancorate alla giunzione dermo-epidermica, altre sono "non dentellate" e rappresentano gli elementi con
maggior potenziale proliferativo.
Le cellule dello strato basale sono saldamente ancorate alla membrana basale, una struttura interposta tra le cellule
epidermiche e lo stroma connettivale del derma alla cui sintesi partecipano sia i cheratinociti che i fibroblasti. La
membrana basale, oltre a rappresentare un supporto meccanico per l’epidermide, ne modula la crescita e la
differenziazione e ne regola gli scambi metabolici con il derma. Il suo spessore è di circa 40-60 nm ed è visibile al
microscopio ottico mediante l'uso di particolari tecniche di colorazione (P.A.S.). Nell'ambito di questa complessa
struttura vengono descritti un numero considerevole di costituenti molecolari:
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a) componenti fondamentali quali, il collagene di tipo IV, espresso soltanto nelle membrane basali, la laminina di tipo
1, il nidogeno, i proteoglicani (perlecano, condroitin solfato, eparan solfato) ed il collagene di tipo V, coinvolti
principalmente nella costituzione della lamina densa;
b) proteine fibrillari di ancoraggio, rappresentate dalla fibronectina, dal complesso epiligrina-calinina-niceina
(BM600 o laminina di tipo 5), dalla unceina e dalla laminina di tipo 6 (o k-laminina), responsabili dell’ancoraggio
dell’epitelio alla membrana basale;
c) fibrille di ancoraggio, costituite da collagene di tipo VII, che connettono la sub-lamina densa alle placche di
ancoraggio del derma sottostante; linchina e tenascina sono due costituenti minori (Figura 2).
La superficie basale delle cellule germinative è ancorata alla membrana basale attraverso particolari strutture
giunzionali, gli emidesmosomi, che hanno come sede di attacco il collagene di tipo IV della membrana stessa.
Tabella 1 - Principali costituenti molecolari della membrana basale e cellule di origine.
Laminino
Fibronectina
Collagene IV e VII
Collagene V
Unceina
Perlecano
Eparan e Condroitin-solfato
Cheratinociti
+
+
+
n.c.
+
+
+
Fibroblasti
+
+
+
+
n.c.
n.c.
+
Strato spinoso
Rappresenta il primo degli strati soprabasali ed è costituito da un numero di piani cellulari variabile (da uno a quattro)
con cellule poliedriche, leggermente eosinofile e legate le une alle altre da numerosi desmosomi (aspetto "spinoso"
all'osservazione microscopica). Il citoplasma appare più voluminoso di quello delle cellule basali, il contenuto in
tonofilamenti è maggiore e gli organuli citoplasmatici sono più numerosi.1, 8 Rispetto ai cheratinociti basali, queste
cellule mostrano nel loro citoplasma nuove strutture:
- Corpi lamellari (cheratinosomi, "membrane coating granules" o “corpi di Odland”): rappresentano strutture
granulari discoidali, costituiti di materiale prevalentemente lipidico (fosfolipidi, glicosfingolipidi, steroli liberi,
enzimi idrolitici e ioni calcio), che verranno liberati negli spazi intercellulari superiori per formare un complesso
lamellare pericellulare. Questo complesso svolgerà un importante compito di barriera e di regolazione del processo di
desquamazione nello strato corneo.
- Granuli cheratoialini: sono contenuti nelle cellule spinose e granulose, rappresentando la sede di stoccaggio della
profillagrina, precursore inattivo della fillagrina.
- Precursori dell'envelope corneificato: si tratta di proteine che vengono polimerizzate nel corso della maturazione
epidermica per l'intervento dell'enzima transglutaminasi.
Strato granuloso
E' costituito da due o tre piani di cellule caratterizzate dalla presenza di numerosi corpi lamellari sottomembranosi e
di granuli cheratoialini. Le cellule granulose assumono una forma modicamente appiattita, con asse maggiore
parallelo alla superficie epidermica. Nel punto di transizione tra lo strato granuloso e lo strato corneo i corpi lamellari
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si aggregano in clusters e si fondono con la membrana plasmatica riversando il loro contenuto nello spazio
intercellulare. In prossimità del nucleo e a livello della membrana plasmatica, infine, sono presenti depositi omogenei
elettrondensi che contengono alcuni precursori proteici dell'envelope corneificato.
Strato corneo
Rappresenta lo strato più superficiale dell'epidermide ed è costituito da diversi piani di cellule (corneociti) che
possono essere più o meno numerosi a seconda della regione anatomica considerata e che aderiscono reciprocamente
mediante i corneodesmosomi e la matrice lipidica intercellulare.
La transizione fra lo strato granuloso e lo strato corneo è caratterizzata da una serie di trasformazioni che iniziano con
la lisi dei nuclei e degli organuli citoplasmatici.
I corneociti sono cellule anucleate, piatte, con un citoplasma occupato da un complesso fibro-amorfo costituito da
filamenti di cheratina immersi in una matrice densa, delimitato da una spessa parete detta envelope corneificato.
Questa struttura membranosa, contrapposta alla faccia interna della membrana plasmatica, evidenzia due porzioni
fondamentali: una interna proteica ed una esterna costituita da lipidi complessi. Nelle porzioni più superficiali dello
strato corneo il protoplasma viene definitivamente degradato e la coesione intercellulare scompare, consentendo la
realizzazione del fenomeno desquamativo.
STRUTTURE GIUNZIONALI CELLULARI
Si tratta di strutture specializzate in grado di garantire una coesione adeguata tra cellula e cellula e tra cellula e
matrice extracellulare. La loro presenza è fondamentale per il mantenimento del normale assetto dell'epidermide, per
la regolazione del processo di migrazione e maturazione dei cheratinociti, nonchè per l'esfoliazione dei corneociti.
L'adesione intercheratinocitaria o cheratinocitario-connettivale (membrana basale) si realizza mediante l' azione di
due categorie principali di sistemi di connessione:
1) EMIDESMOSOMI e ADESIONI FOCALI, responsabili dell’ancoraggio dei cheratinociti dello strato germinativo
alla membrana basale (ADESIONE CELLULA-MATRICE EXTRACELLULARE);
2) DESMOSOMI e GIUNZIONI ADERENTI, responsabili dell’adesione intercheratinocitaria nei diversi strati
epidermici (ADESIONE CELLULA-CELLULA).
Gli emidesmosomi ed i desmosomi sono strutture di adesione stabili, mentre le adesioni focali e le giunzioni aderenti
sono responsabili di un’adesione solo transitoria. Il loro numero, infatti, risulta significativamente aumentato nel
corso del processo di cicatrizzazione delle ferite.
Tutti i tipi di giunzioni sono costituiti da una porzione recettoriale transmembranaria e da una placca citoplasmatica in
connessione con il citoscheletro cellulare. Quest’ultimo è rappresentato da filamenti intermedi,
nel caso di
emidesmosomi e desmosomi, e da filamenti di actina nel caso delle adesioni focali e delle giunzioni aderenti. Alla
costituzione molecolare delle strutture di giunzione partecipano due famiglie di molecole di adesione, le INTEGRINE
e le CADERINE, le quali svolgono un ruolo fondamentale regolando il processo di crescita e differenziazione
epidermica, condizionando la formazione di strutture di giunzione e determinando la polarità cellulare.
Le INTEGRINE sono
molecole eterodimeriche in grado di influenzare alcune attività biologiche cellulari
(migrazione, proliferazione, secrezione, etc.) grazie alla loro connessione con il citoscheletro.
A livello epidermico, le integrine sono espresse in maniera prevalente sulla superficie basale delle cellule dello strato
germinativo e, in quantità molto più modesta, sulla loro superficie laterale ed apicale. Questa localizzazione, insieme
6
al tipo di substrati a cui si legano (collagene IV, laminina 1, laminina 5, nidogeno, fibronectina), suggeriscono per le
integrine il ruolo di recettori coinvolti in legami eterotipici (cioè tra cellula e matrice extracellulare) e, in misura
molto minore, omotipici (cellula-cellula).
Le CADERINE sono proteine calcio-dipendenti, coivolte in legami di tipo omofilico ed omotipico ( la caderina posta
sulla superficie di una cellula si lega ad una molecola identica posta sulla cellula adiacente). Le caderine sono
connesse al citoscheletro dei cheratinociti attraverso una molecola intermedia, la catenina, che permette la
trasmissione di segnali all'interno del citoplasma.
1) ADESIONE CELLULA-MATRICE EXTRACELLULARE
1.a Emidesmosomi
Gli emidesmosomi sono situati sulla superficie basale delle cellule germinative ed ancorano queste cellule alla
membrana basale sottostante. Tra i numerosi costituenti degli emidesmosomi, quelli di maggior interesse nello studio
delle malattie autoimmuni bollose sono: la placoglobina, l' α6β4 - integrina, l’antigene del pemfigoide bolloso di tipo
I (BFAG I) e di tipo II (BFAG II o collagene XVII), la plectina e la proteina associata ai filamenti intermedi (IFAP
300).
1.b Adesioni focali
Sono strutture giunzionali di piccole dimensioni localizzate lungo la superficie basale delle cellule dello strato
germinativo e responsabili di un legame per lo più transitorio.
2) ADESIONE CELLULA-CELLULA
2.a Desmosomi
Sono le strutture fondamentali del contatto intercellulare grazie a cui viene assicurata la coesione fra elementi di tipo
epiteliale e la continuità funzionale tra i filamenti intermedi di cellule epiteliali adiacenti. Pur essendo istologicamente
evidenziabili soprattutto negli strati soprabasali (strato spinoso e granuloso), i desmosomi sono presenti, in numero e
costituzione variabile, a livello di tutti gli strati epidermici. A livello dello strato corneo i desmosomi sono ancora
presenti e sembrano responsabili della adesione che persiste tra i corneociti degli strati più profondi. Nel punto di
transizione tra strato granuloso e strato corneo, i desmosomi si arricchiscono di una nuova proteina, la
corneodesmosina, in grado di proteggere i desmosomi dalla degradazione.
Nella loro costituzione possono essere individuate tre frazioni principali: a) una frazione citoplasmatica (placca
desmosomiale o placca d'adesione) su cui s'inseriscono i filamenti di cheratina; b) una frazione transmembranaria; c)
una frazione extracellulare, la desmoglea o core.
I filamenti di cheratina presenti nel citoplasma dei cheratinociti non sono ancorati direttamente alla placca di
adesione. Esiste infatti una zona intermedia detta "satellite" in cui si trovano le catenine (α, β, γ), proteine calciodipendenti responsabili di mediare il legame tra i filamenti intermedi di cheratina e le proteine di placca.
2.b Giunzioni aderenti
Sono particolari strutture di adesione intercellulare che permettono la coesione di cellule adiacenti attraverso un
legame calcio-dipendente dei filamenti di actina. Le componenti proteiche coinvolte nella formazione di questo tipo
di giunzione appartengono alla famiglia delle caderine e possono essere distinte in proteine transmembranarie e
proteine intracellulari.
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Rappresentazione schematica di
un desmosoma
Molecole giunzionali
PROCESSO DI DIFFERENZIAZIONE DEI CHERATINOCITI
Il complesso delle modificazioni che si realizzano nell'ambito della popolazione cheratinocitaria epidermica durante
la differenziazione cellulare può essere suddiviso in tre momenti fondamentali: proliferazione (A), differenziazione
(B), desquamazione (C).
A. PROLIFERAZIONE
Le cellule dell'epidermide mostrano un continuo rinnovamento legato all'attività mitotica delle cellule basali. In
condizioni di normalità, gli eventi proliferativi sono in equilibrio con quelli desquamativi. I fattori che esercitano
un'azione di modulazione sulla proliferazione epidermica possono essere individuati in due tipi fondamentali e cioè
quelli ad azione stimolante e quelli ad azione inibente. Va comunque ricordato che, la maggior parte di essi, svolge la
propria azione biologica in relazione alla concentrazione con cui è presente.
Influenza dei fibroblasti dermici sulla crescita dei cheratinociti
I fibroblasti dermici influenzano la proliferazione e la differenziazione dei cheratinociti attraverso diversi
meccanismi: a) sintetizzano e degradano le proteine della matrice extracellulare; b) sintetizzano le fibre collagene; c)
producono fattori di crescita come il b-FGF e l’IGF I.
B. DIFFERENZIAZIONE
La differenziazione delle cellule epidermiche si realizza attraverso un processo continuo ed irreversibile
caratterizzato da due fasi fondamentali: la sintesi e l'aggregazione della cheratina da un lato e la formazione
dell'envelope corneificato dall’altro.
8
B.1 Sintesi ed aggregazione della cheratina
Le cheratine rappresentano la componente strutturale principale dei cheratinociti e sono presenti in tutti gli strati
epidermici. Organizzate in tonofilamenti, le cheratine appartengono alla classe dei filamenti intermedi (8-10 nm di
diametro) e, con i microfilamenti di actina (6 nm) ed i microtubuli (23 nm), costituiscono il citoscheletro di tutte le
cellule epiteliali.
Chimicamente, sono proteine fibrose con struttura α-elicoidale che possono essere suddivise in due tipologie
principali:
- cheratine di tipo I, acide, comprendenti il gruppo K10 - K20; sono le più leggere, con p.m. di 40-56.5 kD;
- cheratine di tipo II, basiche, comprendenti il gruppo K1 - K9; sono le più pesanti, con p.m. di 52-67 kD.
La differenziazione epidermica si accompagna a modificazioni quali-quantitative della loro espressione intracellulare
(30% delle proteine nelle cellule basali, 85% nei corneociti), con un progressivo aumento della densità dei
tonofilamenti e con modificazioni chimico-fisiche particolarmente evidenti a livello dello strato corneo. Infatti,
l'espressione delle cheratine varia in funzione del grado di maturazione delle cellule epidermiche, con i cheratinociti
basali che contengono cheratine del tipo K14 (50 kD) e K5 (58 kD) mentre, negli strati soprabasali, compaiono
cheratine basiche del tipo K1 (67 kD) e K2 (65 kD) e cheratine acide del tipo K10 (56.5 kD) e K11 (56 kD), indicate
come cheratine terminali. Queste proteine fibrose elicoidali sono responsabili del mantenimento dell’integrità
strutturale cellulare ed operano in favore delle comunicazioni intercellulari attraverso le strutture desmosomiali.
Mentre i filamenti di actina e le strutture microtubulari cellulari sono presenti nella gran parte dei tessuti, le cheratine
mostrano una spiccata epitelio-specificità che può raggiungere una connotazione antigenica ulteriore in base al tipo di
epitelio, al grado di differenziazione cellulare ed al suo stato fisiologico. In corso di iperplasia epidermica le cellule
epiteliali esprimono spesso la presenza di cheratine atipiche del tipo K6 e K16, assenti nei cheratinociti normali.
L'analisi immunoistochimica delle cheratine è di fondamentale importanza per lo studio di malattie scagliose
iperproliferative cutanee. Queste proteine, a motivo della variabilità che le contraddistingue e per la loro peculiare
localizzazione, rappresentano dei markers fondamentali nello studio della differenziazione cheratinocitaria e nella
identificazione di precise tipologie neoplastiche epiteliali.
Nello strato granuloso vengono "attivate" alcune proteine fondamentali alla differenziazione cellulare, quali la
fillagrina e la transglutaminasi, che consentono ai cheratinociti intermedi di trasformarsi in corneociti. A tale
proposito è importante ricordare come, a questa maturazione cellulare, si associ l’attivazione di una lunga catena
metabolica di proteine ricche in istidina di cui la profillagrina, presente a livello dello strato granuloso, rappresenta il
precursore principale.
La fillagrina, derivata dal suo precursore per defosforilazione e proteolisi, è anch'essa ricca in istidina e compare nei
piani più profondi dello strato corneo. L'attività biologica principale svolta dalla fillagrina è quella di catalizzare la
formazione di ponti disolfuro permanenti tra i filamenti di cheratina nelle cellule dello strato corneo. Questo consente
la formazione di robusti macrofilamenti che sopravvivono alla distruzione cellulare osservata nel corso della
costituzione dello strato corneo, conferendo resistenza e solidità alle cellule desquamanti.
Il proteolisato della fillagrina si riscontra nei piani medi e superficiali dello strato corneo ed appare costituito da un
"pool" di amminoacidi, quali l'acido urocanico e l'acido carbossilico-pirrolidone, che svolgono un'efficace protezione
nei confronti delle radiazioni ultraviolette ed un'azione idratante cutanea grazie al loro carattere spiccatamente
idrofilo.
9
B.2 Formazione dell’envelope corneificato
La costituzione dell'envelope corneificato rappresenta la tappa finale della differenziazione cheratinocitaria verso la
costituzione dei corneociti maturi. Queste cellule desquamanti, infatti, sono costituite da una matrice citoplasmatica
denso-filamentosa senza più alcuna struttura nucleare e sono circondate da un envelope proteico caratteristico,
l'envelope corneificato, che ha uno spessore di circa 15 nm. Le proteine reclutate per la sintesi dell'envelope
corneificato sono rappresentate da : loricrina, involucrina, cheratolinina (o cistatina A), tricoialina, sciellina, proteina
di 195 kD, CREP (Cystin - rich Envelope Protein) e SPRRs (Small Proline-rich Proteins) quali cornifina e
pancornulina.
Alla costituzione dell'envelope prenderebbero parte anche fillagrina, cheratina K10 e, grazie all'intervento della
transglutaminasi, alcune proteine derivate dalla lisi di organuli cellulari ed indicate come "dust-bin". L’envelope
corneificato, disposto lungo la porzione interna della membrana plasmatica, fornisce al corneocita una notevole
resistenza grazie alla formazione di legami covalenti che si realizzano tra i diversi precursori molecolari per l'azione
di due diverse transglutaminasi (TGasi) e cioè, la TGasi 1, localizzata in tutti gli strati epidermici e soprattutto in
quello granuloso e la TGasi 3, localizzata nello strato granuloso e sintetizzata in forma proenzimatica. Per
l'attivazione di questi enzimi (in particolare per la TGasi 3) è indispensabile la presenza di ioni calcio al cui
incremento intracellulare, verosimilmente riconducibile ad un aumento della permeabilità membranaria, corrisponde
un aumento della formazione di ponti ε− (γ−glutamil ) - lisina.
L'esterificazione di proteine con i lipidi della porzione esterna dell'envelope viene a rafforzare la funzione di barriera
svolta dagli strati più superficiali dell'epidermide.
Qualsiasi condizione patologica in grado di modificare il processo di sintesi e di aggregazione della cheratina o la
formazione dell'envelope corneificato, può essere responsabile dello sviluppo di malattie scagliose. A questo
proposito può essere ricordata una particolare dermatopatia dell’Uomo, la psoriasi, in cui si osserva una marcata
iperproliferazione epidermica, una produzione di citocheratine atipiche, una ridotta sintesi di profillagrina e fillagrina,
con conseguente riduzione di spessore dell’envelope ed una transglutaminasi con ridotta capacità enzimatica.
C. DESQUAMAZIONE
Con questo termine si indica il normale processo di esfoliazione dei corneociti dalla superficie cutanea. In questa
fase, i corpi lamellari svolgono un ruolo fondamentale riversando nello spazio interstiziale il loro contenuto costituito
da glicolipidi, steroli liberi, fosfolipidi, lipasi, glicosidasi, calcio ed enzimi idrolitici e proteolitici. Nello spazio
intercellulare la composizione lipidica si modifica grazie all’intervento delle lipasi e delle glicosidasi esocitate, la cui
azione risulta nella formazione di molecole maggiormente idrofobiche (sfingolipidi, ceramidi, colesterolo solfato,
acidi grassi liberi).
Questo materiale, organizzandosi in doppi strati, si rende responsabile di due importanti eventi biologici: a) la
coesione tra i corneociti più profondi, che consente di mantenere integra la funzione di barriera; b) la desquamazione
"programmata" delle cellule più superficiali dello strato corneo.
Inoltre, la colesteril-solfatasi, la fosfatasi acida, la carbossipeptidasi ed un enzima idrolitico ad azione catepsina-B
simile, sembrano essere responsabili della desquamazione e del distacco dei corneociti epidermici dalla superficie
cutanea, ultimo atto di una lunga serie di eventi bio-molecolari complessi.
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11
I DISTURBI DI CHERATINIZZAZIONE PRIMARI E SECONDARI
LA SEBORREA
Chiara Noli
Libero professionista, Borgo S. Dalmazzo (CN)
DEFINIZIONE DI SEBORREA
Il termine “seborrea” letteralmente indica un’eccessiva produzione di sebo, sebbene con questo termine si indichino
sia una sovrapproduzione di sebo (seborrea grassa) sia una eccessiva produzione di scaglie (seborrea secca).
SEBORREA SECCA
Nello strato corneo i cheratinociti cornificati e anucleati (corneociti) aderiscono strettamente l’uno all’altro grazie ai
lipidi intercellulari. Questi sono protetti dall’ambiente da una barriera lipidica formata da un’emulsione di sebo,
prodotto dalle ghiandole sebacee, e sudore, prodotto dalle ghiandole apocrine. Grazie all’azione dell’enzima
colesterolo-chinasi, che digerisce i lipidi intercellulari negli strati più superficiali dello strato corneo, i corneociti più
esterni si staccano individualmente e sono persi nell’ambiente, mentre i nuovi cheratiniciti dagli stati più profondi
dell’epidermide si differenziano in corneociti salendo in superficie. Questo processo è perfettamente in equilibrio
nell’epidermide normale, e i singoli corneociti sono troppo piccoli per essere visibili ad occhio nudo.
Nella seborrea secca i corneociti si staccano in grossi aggregati che sono visibili ad occhio nudo e riconoscibili come
scaglie o forfora. Il pelo non sembra unto o sporco come nel caso della seborrea grassa. Le maggiori cause di seborrea
secca sono un aumento della produzione di strato corneo, una barriera lipidica difettosa una riduzione nell’attività
enzimatica di digestione dello strato corneo.
Eccessiva produzione
Nella maggior parte dei casi la seborrea secca è causata da un’eccessiva produzione di strato corneo. Un eccesso di
corneificazione può essere un difetto congenito, una risposta ad un insulto interno o esterno, o dovuto a cause
metaboliche.
Cause Congenite
Seborrea secca del dobermann e del golden retriever
Un’eccessiva esfoliazione, lieve o moderata, è spesso osservabile in alcune razze, come per esempio nei dobermann.
In questi animali piccole scaglie bianche si possono facilmente osservare sul tronco dorsalmente. Nel golden retriever
si osserva una condizione simile, ma con scaglie di dimensioni maggiori.
Seborrea primaria del cocker
Il cocker spaniel americano, e in misura minore l’europeo, può soffrire di una forma primaria idiopatica di seborrea
secca. In questi animali il turnover cellulare epidermico è molto superiore rispetto a quello dei cani normali. Gli
animali colpiti manifestano clinicamente un’eccessiva esfoliazione, specialmente nelle aree interdigitali, e cast
follicolari.
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Ittiosi
L’ittiosi è una malattia congenita caratterizzata da ipercheratosi, che può essere grave in alcune forme. Due forme di
ittiosi, l’ipercheratosi epidermolitica e l’ittiosi lamellare, sono caratterizzate dalla eccessiva proliferazione
epidermica. L’aspetto istologico delle ittiosi è molto variabile (diverse forme), in genere si osserva ipergranulosi,
iperplasia strato germinativo, vacuolizzazione dei granulociti epidermici, paracheratosi diffusa, e/o ipercheratosi
ortocheratotica.
Risposta a insulti esterni.
L’epidermide è capace di difendersi dagli insulti dell’ambiente esterno reagendo con iperplasia e aumentato turnover
cellulare. Le cellule raggiungono la superficie epidermica prima che siano completamente mature e viene prodotto
uno strato corneo difettoso. Le cellule possono conservare il loro nucleo (paracheratosi) e formare uno strato corneo
eccessivamente spesso (ipercheratosi), che può essere perso in larghe scaglie (esfoliazione). Insulti esterni possono
esseri rappresentati da traumi fisici e agenti infettivi.
Traumi fisici.
L’ispessimento dell’epidermide e dello strato corneo è un importante meccanismo di difesa nei confronti dei traumi
fisici esterni, come pressione meccanica e frizione (leccamento, grattamento) o luce solare.
Agenti infettivi.
Lo stesso processo avviene come difesa nei confronti di agenti infettivi, come batteri, Malassezia, acari, e come
reazione ai loro metaboliti irritanti (batteri o lieviti) o alla loro attività di alimentazione (acari). Aumentando il
turnover cellulare, il corpo cerca di elimare questi agenti patogeni dalla superficie cutanea.
Risposta a insulti interni.
Un disturbo di cheratinizzazione può essere il risultato di un infiltrato infiammatorio localizzato all’interno
dell’epidermide. Questo infiltrato può formare pustole o collarette o può essere presente come dermatite
dell’interfaccia.
Pustole e collarette.
Le malattie esfoliative diffuse, come la piodermite superficiale (in particolare la “superficial spreading pyoderma”) e
il penfigo fogliaceo, si caratterizzano per la presenza di larghi e secchi collarettes che possono apparire come scaglie.
I collarettes sono bordi di pustole o vescicole rotte, o seccate al centro. Solitamente le lesioni sono distribuite in
maniera ciclica, policiclica o serpiginosa, e possono avere una modesta essudazione sui bordi. In questi casi si può
ottenere diagnosi effettuando un esame citologico per impressione dalla superficie.
Esocitosi linfocitaria.
Alcune rare malattie, come il linfoma epiteliotropo, la dermatite lupoide esfoliativa del pointer tedesco, la dermatite
paraneoplastica felina associate a timoma ed alcune forme di eritema multiforme sono caratterizzate per un’intensa
esfoliazione, e microscopicamente da una dermatite dell’interfaccia linfocitaria. Le cause della esfoliazione non sono
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chiare: si sospetta di un danno subletale ai cheratiniciti basali. Per questo gruppo di malattie la diagnosi è sempre
istologica.
Cause metaboliche
La carenza di zinco e di amminoacidi (come nella necrolisi epidermica metabolica, anche chiamata sindrome
epatocutanea o eritema necrolitico migrante, e come nella dermatosi da cibo di scarsa qualità) possono causare
un’iperproliferazione epiteliale con una maturazione dei cheratinociti e formazione di strato corneo difettose.
Istologicamente sono visibili spessi strati di iper- e paracheratosi, evidenti macroscopicamente come scaglie aderenti.
La localizzazione sul corpo delle lesioni è molto simile per tutto questo gruppo di malattie, ad esempio intorno ad
occhi, labbra, cuscinetti, per ragioni sconosciute. La diagnosi è sempre istologica.
Dermatosi rispondente allo zinco
Sono conosciute due genodermatosi causate da carenza dello zinco: l’acrodermatite letale del bull terrier e la
dermatosi rispondente allo zinco. La prima è una malattie letale tipica del bull terrier, nella quale un mal
assorbimento dello zinco è associato a lesioni cutanee ulcerative ed ipercheratosi. La dermatosi rispondente allo zinco
è una malattia non grave osservata nelle razze nordiche che si manifesta con scaglie e croste in sede perilabiale,
perioculare e sui cuscinetti plantari e padiglioni auricolari.
Necrolisi metabolica dell’epidermide
Le lesioni della necrolisi epidermica metabolica sono simili a quelle della dermatosi rispondente allo zinco, anche se
le lesioni dei cuscinetti sono più gravi. Esse sono spesso associate a malattie dell’ultimo stadio del fegato o a
glucagonoma, e possono essere solo temporaneamente migliorate con l’assunzione di aminoacidi.
Barriera lipidica difettosa e disidratazione cutanea
Carenza di acidi grassi essenziali.
Questa condizione è estremamente rara ed è stata descritta principalmente in condizioni sperimentali. Una carenza di
enzimi cutanei della famiglia delle desaturasi, che causa un’insufficiente conversione degli acidi grassi essenziali, è
descritta in alcuni cani atopici. Negli animali con carenza di EFA il pelo può essere secco e la cute presenta eccessiva
esfoliazione. Gli acidi grassi sono parte dei lipidi intercellulari e dello strato di rivestimento superficiale, che protegge
la cute dall’eccessiva disidratazione. Per questo motivo una barriera lipidica difettosa può portare a disidratazione
cutanea e formazione di scaglie.
Alterazioni dell’equilibrio idrico.
Negli animali che vivono in condizioni climatiche estremamente secche, in case con riscaldamento o aria
condizionata, un’ eccessiva perdita di acqua può causare desquamazione. Paradossalmente lo stesso può succedere in
cani bagnati troppo spesso, troppo a lungo o lavati con shampoo aggressivi.
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Alterazioni delle ghiandole sebacee.
Il sebo è un importante costituente del film lipidico di superficie e contiene prodotti antibatterici. La mancanza di
lipidi di superficie può favorire la disidratazione cutanea e la colonizzazione batterica. In entrambe le situazioni si
può osservare seborrea secca. Ci sono almeno tre cause comuni di alterazioni delle ghiandole sebacee.
Adenite sebacea
In questa malattia, rara nei cani, con predilezione per barboncini, akita, viszla e descritta in molte altre razze, le
ghiandole sebacee sono colpite da un infiltrato piogranulomatoso/granulomatoso e in alcuni casi possono addirittura
sparire. Una produzione di sebo diminuita o assente causa una desquamazione alterata, specie nell’infundibolo
follicolare. Questo fenomeno è visibile macroscopicamente come scaglie che circondano il fusto del pelo, chiamate
tappi follicolari. La diagnosi della malattia è istologica.
Leishmaniosi
I cani affetti dalla forma esfoliativa di leishmaniosi possono mostrare dal punto di visto istologico un infiltrato
granulomatoso incentrato sulle ghiandole sebacee, e possono manifestare clinicamente la presenza di larghe scaglie
“asbestiformi” che aderiscono strettamente alla superficie cutanea o al fusto pilifero. Queste scaglie possono essere
causate dall’infiltrato infiammatorio sulle ghiandole sebacee, ma sono differenti da quelle dell’adenite sebacea,
probabilmente a causa della presenza del parassita nel derma superficiale e alla dermatite dell’interfaccia. La diagnosi
della leishmaniosi è basata sulla ricerca del parassita nelle biopsie cutanee, nel midollo osseo, linfonodi, test
sierologici o PCR.
Iperadrenocorticosurrenalismo
In questa malattia endocrina possono essere osservate l’ipotrofia delle ghiandole sebacee e ipoproduzione di sebo. La
cute sembra molto asciutta con esfoliazione secca. Inoltre l’epidermide può essere molto sottile ed è spesso comune la
cheratosi lamellare. Altri segni tipici di iperadrenocorticosurrenalismo, come poliuria, polidipsia, polifagia, addome
pendulo, cute sottile e alopecia simmetrica non infiammatoria possono aiutare anella diagnosi, che deve essere
confermata da specifici test diagnostici ormonali e da test di diagnostica per immagini.
Altre malattie metaboliche
Gli animali col diabete (specie i gatti) possono avere seborrea secca e pelo secco. Questo può essere causato da
alterazioni del metabolismo dei lipidi e delle proteine.
Minore distruzione dello strato corneo
Congenite
Alcuni tipi di ittiosi, dovute alla minore distruzione dello strato corneo, sono state descritte nell’uomo. In queste
malattie è stato dimostrato un difetto nei lipidi di superficie, come per esempio una deficienza di colesterolo-solfatasi
nell’ittiosi legata al gene X. Condizioni simili sono state descritte negli animali domestici e sono per lo più fatali.
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6. TRATTAMENTO TOPICO E SISTEMICO DELLE ANOMALIE DI
CHERATINIZZAZIONE
Fabrizio Fabbrini
Libero professionista, Milano
PREMESSE
Le malattie capaci d’indurre anomalie nel processo di cheratinizzazione sono numerose (potenzialmente ogni malattia
che interessi la cute), e diverse nell’eziopatogenesi (parassitarie, infettive, immunomediate, neoplastiche, endocrine,
congenite, etc.), ma hanno parecchi segni clinici spesso in comune: presenza sulla superficie cutanea di scaglie e/o di
grassi in eccesso, di croste, di comedoni, di cilindri follicolari, di lichenificazione/ipercheratosi (naso digitale), di
eritema, di xerosi o di iperidrosi, e di cattivo odore.
Alla base di questi segni clinici ci sono alterazioni transitorie o permanenti (genetiche/congenite/idiopatiche) a carico
dei processi di proliferazione, differenziazione ed esfoliazione delle cellule epiteliali dell’epidermide e delle
ghiandole annesse, capaci di modificare la struttura anatomo funzionale dello strato corneo (funzioni barriera) e
favorire un accumulo di detriti cheratoseborroici in superficie, e un aumento della perdita d’acqua transepiteliale (la
perdita in superficie dovendo essere ripristinata dall’acqua proveniente dagli strati epidermici più profondi e dal
derma, induce disidratazione cutanea). Tali alterazioni modificano il microclima cutaneo (aumento di umidità, lipidi,
pH e temperatura) e favoriscono la crescita incontrollata dei microrganismi (batteri e lieviti) ivi presenti.
In conclusione i pazienti che si presentano con quadri clinici riferibili ad anomalie del processo di cheratinizzazione,
spesso hanno in associazione flogosi ed infezioni batteriche o da Malassezia spp. secondarie.
Recentemente Christopher Chesney, durante una relazione al congresso ESVD tenutosi in Grecia, citava la seguente
frase letta sui muri di una facoltà di medicina: “Se trovi una cute umida essicala, se la trovi secca umidificala; Bene,
ora sei un Dermatologo!”, tale affermazione seppur riduttiva racchiude qualcosa su cui riflettere.
Gli obbiettivi che il clinico deve porsi nella gestione dei difetti di cheratinizzazione sono:
•
identificare, eliminare e prevenire le infezioni, batteriche o da lieviti, presenti
•
eliminare/gestire la sintomatologia presente (seborrea, prurito e cattivo odore)
•
identificare, eliminare/gestire le malattie (primarie o secondarie) sottostanti
•
favorire il ripristino del microclima cutaneo e delle funzioni barriera dello strato corneo
Saranno presi in esame le opzioni terapeutiche, tralasciando le metodiche e l’iter diagnostico delle malattie, oggetto
della relazione di Chiara Noli.
TERAPIA TOPICA
La terapia topica è indicata in corso d’anomalie del processo di cheratinizzazione (primarie e secondarie), sia da sola
che in associazione a terapia sistemica.
Si tratta dell’applicazione in piccole aree o su tutta la superficie corporea, di medicamenti veicolati tramite diverse
modalità: pomate, creme, lozioni, gel, unguenti, emulsioni, spray, spugnature, e shampoo. Naturalmente se la malattia
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in atto coinvolge una superficie da trattare molto ampia, saranno utilizzate le spugnature, lo spray e sopratutto lo
shampoo, mentre le altre modalità saranno più adatte per malattie che interessano piccole aree corporee (es. acne del
mento, lupus cutaneo, ipercheratosi naso digitale idiopatica, ecc..).
Gli shampoo medicati. Sono soluzioni acquose con una base pulente formata da tensioattivi detergenti/surfattanti o
da lipoaminoacidi, a cui sono aggiunte sostanze ad attività cheratolitica, charatoplastica, antiseborroica, antisettica,
antipruriginosa od emolliente/reidratante.
Nella maggior parte degli shampoo in commercio il tempo di contatto tra cute e principio attivo è limitato, a causa
della rimozione del medicamento durante il risciacquo; e tale caratteristica è auspicabile in alcune situazioni (evitare
l’assorbimento di sostanze potenzialmente pericolose come gli antiparassitari, od il catrame, oppure lo sviluppo di
reazioni irritative, ad esempio all’acido salicilico o al solfuro).
Nelle formulazioni più recenti, alcuni shampoo sono dotati di sistemi a lento rilascio dei principi attivi, utilizzando
innovazioni tecnologiche quali le microvescicole multistratificate (es. novasome, spherulites e chitosanide) che oltre a
prolungare la durata d’azione del principio attivo veicolato, presentano anche attività idratante cutanea.
L’efficacia della terapia topica dipende da:
1.
Una corretta scelta da parte del veterinario, che in base al quadro clinico del paziente opterà per prodotti ad
attività:
a.
cheratolitica, (es. acido salicilico, disolfuro di selenio) che favoriscono l’eliminazione dello strato
corneo in eccesso tramite una maggior esfoliazione (per danno cellulare diretto) oppure diminuendo
la coesione intercellulare: lo strato corneo si ammorbidisce e viene rimosso facilmente, permettendo
un miglior controllo della formazione di scaglie cutanee. Indicati in corso d’ipercheratosi, di
dermatiti esfoliative/seborroiche secche (seborrea primaria, ittiosi, D seborroica del margine
dell’orecchio, D. zinco sensibile,..)
b.
cheratoplastica (es. catrame, lattato d’ammonio, solfuro) che favoriscono il ripristino di un normale
turnover cellulare del processo di cheratinizzazione/corneificazione, inibendo tramite effetti
citostatici l’indice mitotico delle cellule dello strato basale. Indicati in corso di difetti primari di
cheratinizzazione (es. seborrea primaria, ittiosi,..), nelle dermatiti accompagnate da lichenificazione
(es. D. allergiche croniche, D da Malassezia,..)
c.
antiseborroica (es. benzoil perossido, disolfuro di selenio, gluconato di zinco) che inibiscono o
riducono le secrezioni delle ghiandole sebacee e ne tengono i dotti escretori pervi. Indicati in corso
di Dermatiti esfoliative oleose o seborroiche (es. seborrea primaria dei cocker, D. da Malassezia,
demodicosi, adenite sebacea).
d.
Antipruriginosa (es. idrocortisone 1%, fluocinolone 0,01%, pramoxina 1%, aloe vera, colloidi
d’avena) che contengono sostanze antinfiammatorie, o anestetiche. Indicati come coadiuvanti in
corso di malattie allergiche, parassitarie o di D da Malassezia.
e.
Antisettica (es. clorexidina, iodiopovidone, lattato d’etile, piroctone olamina, octopirox,
miconazolo, chetoconazolo) utilizzata per abbassare la popolazione di batteri, lieviti e miceti
presenti sulla cute tramite azione citotossica diretta, oppure
interferendo con la permeabilità
citoplasmatica dei microrganismi o inibendone la proliferazione tramite l’abbassamento del pH
cutaneo. Indicata in corso di follicoliti batteriche, dermatofitosi, D. da Malassezia.
18
f.
Immunomodulatrice (es. mono e oligosaccaridi, acidi grassi polinsaturi, tacrolimus). Indicati in
corso di D allergiche.
g.
Idratanti/emollienti (es. acidi grassi polinsaturi, glicole propilenico, ac. lattico, glicerina,
chitosanide). Gli idratanti reidratano e ammorbidiscono la cute, gli emollienti non lipidici oltre a
reidratare, migliorano l’aspetto del mantello e riducono il cattivo odore presente. Sono sempre
indicati in corso di D. esfoliative/seborroiche secche e durante l’uso di prodotti essicanti
(antiseborroici, cheratoplastici,..). Alcuni sono utilizzati come balsamo in fase di risciacquo, altri
spruzzati come spray tra uno shampoo e l’altro.
2.
il corretto utilizzo da parte del proprietario:
a.
Che nei cani a mantello lungo, farà eseguire un’adeguata tricotomia, prima di procedere alla terapia
topica
b.
Che applicherà i prodotti secondo le prescrizioni fornite dal veterinario
c.
Che porterà regolarmente il suo cane ai controlli indicati, visto che i prodotti ad uso topico possono
favorire lo sviluppo d’effetti collaterali indesiderati (xerosi, aumento della seborrea, D.
irritativa/allergica da contatto) tali da richiedere modifiche del trattamento in atto.
Di seguito sono segnalati i principali principi attivi presenti negli shampoo e le loro indicazione d’uso:
Il solfuro ha un’importante azione cheratoplastica e una modica attività cheratolitica e agisce anche come modesto
antibatterico e antifungino. È indicato nelle dermatiti seborroiche (sia secche che oleose) e deve essere sempre
associato, in fase di risciacquo, a reidratanti/emollienti. E’ spesso utilizzato negli shampoo in associazione all’acido
salicilico (entrambi al 2%) per la loro azione sinergica. Gli effetti collaterali indesiderati segnalati sono irritazione
cutanea accompagnata da eritema, prurito ed aumento della seborrea, (effeto rebound) per l’eccessiva azione
essicante.
L’acido salicilico oltre ad abbassare il pH cutaneo (inibendo la proliferazione batterica), presenta principalmente
attività cheratolitica e una modesta azione antinfiammatoria e antipruriginosa. È indicato nelle dermatiti seborroiche
(sia secche che oleose) in associazione al solfuro. Gli effetti collaterali segnalati sono irritazione cutanea
accompagnata da eritema e prurito.
Il catrame e i suoi derivati contengono migliaia di costituenti attivi diversi. Negli shampoo la percentuale di catrame
presente non supera il 2%; alcune ditte lo commercializzano in associazione con il solfuro e con l’acido salicilico.
Presenta azione cheratoplastica, cheratolitica, antipruriginosa e vaso costrittiva. E’ indicato per la terapia della
seborrea oleosa primaria essendo un ottimo agente “sgrassante”. Si consiglia di usarlo in associazione ad emollienti e
reidratanti a causa della sua eccessiva azione disidratante.
Gli effetti indesiderati segnalati sono irritazione o allergia cutanea accompagnata da eritema e prurito, follicoliti e
fotoreazioni; nell’uomo l’uso della molecola è oggetto di revisione critica a causa di una sua possibilile attività
cancerogena. Non deve essere mai utilizzato nei gatti.
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Il solfuro di selenio presenta azione cheratolitica (rimuove le scaglie adese), cheratoplastica e antiseborroica.
Purtroppo induce secchezza cutanea. E’ raccomandato per la terapia della seborrea oleosa primaria e per la D da
malassezia. Si consiglia di usarlo in associazione ad emollienti e reidratanti a causa della sua eccessiva azione
essicante (causa dell’effetto rebound con aumento della seborrea). Altri effetti collaterali indesiderati segnalati sono
irritazione cutanea per la xerosi, accompagnata da eritema e prurito e colorazione del mantello. Non usare nei gatti.
Perossido di benzoile. Questa molecola è metabolizzata nella cute producendo acido benzoico e radicali perossidi
liberi. L’acido benzoico abbassa il pH cutaneo mentre i perossidi liberi attaccano le membrane cellulari dei batteri.
Presenta un’azione antibatterica ad ampio spettro che perdura per almeno 48 ore dopo l’applicazione. In letteratura è
spesso segnalata la sua azione di “detersione o lavaggio” follicolare. Presenta inoltre attività antiseborroica e
cheratoplastica.
É indicato in corso di follicoliti batteriche, displasie follicolari, demodicosi, acne, adenite sebacea, sindrome
comedonosa, ma anche nelle seborree (oleose e non) per la sua azione “sgrassante”. Non deve essere utilizzato su
ferite aperte e su animali con cute molto sensibile (es. dobermann).
Si consiglia di utilizzarlo sempre in associazione a reidratanti/emollienti .
Gli effetti collaterali segnalati sono irritazione cutanea (in particolare se usato a concentrazioni superiori al 2-3% o
per tempi lunghi), può candeggiare gli abiti. Tossico nei gatti.
Il lattato d’ammonio. Presenta attività cheratolitica e cheratoplastica. Riduce la produzione eccessiva di scaglie, forse
correggendo i difetti presenti nella moltiplicazione e maturazione dei corneociti. Grazie alle sue eccellenti qualità
idratanti ed ottima tollerabilità, è molto indicato in corso di disturbi seborroici.
Gluconato di zinco. Presenta attività antiseborroica, riducendo l’attività della ghiandola sebacea tramite l’azione
inibitrice dello zinco sull’enzima 5-alfa riduttasi di tipo 1. Presenta attività sinergica con la vitamina B6.
La clorexidina presenta un’azione battericida ad ampio spettro (ad eccezione di Pseudomonas e Serratia) e anche,
seppure di minore entità, un’azione antifungina. Agisce attaccando le membrane cellulari dei microrganismi e
coagulando le loro proteine citoplasmatiche. Presenta attività residuale, anche in presenza di detriti organici, e non è
irritante o tossica.
È indicata nel corso d’infezioni batteriche in cani e gatti. L’attività antifungina è più controversa in vivo. Shampoo a
base di clorexidina e miconazolo in associazione, presentano un’azione superiore contro funghi e lieviti. Sono
segnalate rare reazioni irritanti locali.
Il Lattato di etile una volta raggiunto i follicoli piliferi o le ghiandole sebacee, viene scisso da lipasi batteriche in
etanolo (che rende solubile i lipidi) e acido lattico (che abbassa il pH cutaneo). La sua emivita in vivo è molto breve.
È indicato per le infezioni batteriche di lieve entità; talvolta è irritante per la cute.
Lo Iodiopovidone presenta attività battericida, fungicida, sporicida e virucida. Lo iodio povidone è un complesso
costituito da iodio elementare coniugato ad una molecola di trasporto. È necessario diluirlo in acqua per ottenere la
dissociazione del complesso e l’attività dello iodio.
20
È un ottimo antisettico, indicato per le infezioni batteriche e fungine della cute. Purtroppo a causa della sua capacità
di colorare i mantelli viene sempre meno utilizzato negli animali da compagnia.
Gli effetti collaterali segnalati sono irritazione/ipersensibilità e disidratazione cutanea.
La scelta della shampoo terapia è influenzata dai seguenti fattori:
Tipo di paziente. La specie, la taglia, il tipo di mantello e il temperamento dell’animale condizionano la possibilità di
lavarli. In generale i gatti (anche se è possibile bagnarli attraverso le sbarre di una gabbia metallica) lo accettano
meno volentieri dei cani.
Quest’ultimi se di taglia grossa o a mantello lungo e folto, richiedono più tempo e costi maggiori. La riottosità e il
disagio del paziente possono influenzare negativamente il successo della terapia topica.
Dalla tipologia del proprietario. Le persone con poco tempo a disposizione hanno problemi ad eseguire con
regolarità le terapie topiche. Le persone distaccate dal proprio animale (contrariamente a quelle che lo considerano
come un membro della famiglia) saranno poco propense a collaborare e ad eseguire terapie “faticose, prolungate e
costose”.
Consigli utili
•
Al fine di evitare malintesi è consigliabile rilasciare istruzioni scritte, chiare e concise, su come eseguire
correttamente la terapia impostata.
•
E’ possibile utilizzare prodotti topici in pomata, creme, unguenti, gel (es. mupirocina, ac. fusidico,
tacrolimus, etretinoina, calcitriolo) per trattare piccole aree interessate da disturbi di cheratinizzazione
primari (es. acne del mento, ipercheratosi palmo plantare, seborrea del margine auricolare,..).
•
Si consiglia di toelettare o di tosare il paziente prima di sottoporlo a shampoo medicato in modo da eliminare
nodi, essudati, croste, e/o un mantello troppo folto (altrimenti di difficile gestione).
•
Al fine di risparmiare i prodotti medicati, è possibile far precedere a questi, un semplice shampoo detergente
atto ad eliminare lo sporco e i detriti presenti sul mantello.
•
Ogni shampoo presenta specifiche modalità d’uso che devono essere rispettate. La maggioranza richiede un
tempo medio di contatto di almeno dieci o quindici minuti durante i quali il paziente può essere massaggiato
o frizionato. Il risciacquo deve durare almeno dieci minuti ed eliminare completamente dalla cute i residui
del prodotto utilizzato.
•
Talvolta è necessario utilizzare nello stesso paziente prodotti con attività diversa in parti differenti del corpo:
ad esempio prodotti cheratoplastici solo nelle aree lichenificate, e prodotti antiseborroici/cheratolitici su tutto
il corpo.
•
In seguito alla fase di risciacquo sono sempre indicati i reidratanti/emollienti.
•
Si rammenti che una soluzione di glicole propilenico e acqua (50:50) spruzzata sulla cute, ha una attività
cheratolitica, antisettica (antibatterica e antifungina) e idratante.
•
La frequenza e durata della shampoo terapia è variabile da caso a caso, in linea di massima nel primo mese si
possono eseguire due o più bagni a settimana, riducendo poi gradualmente la frequenza di mantenimento
all’intervallo più lungo efficace (da uno a settimana a uno ogni due settimane).
•
Durante il periodo in cui si sottopone il paziente a shampoo terapia è necessario applicare i prodotti
antiparassitari più frequentemente.
21
TERAPIA SISTEMICA
La terapia sistemica è riservata alle anomalie primarie della cheratinizzazione che tendono a disseminarsi
rapidamente e a non rispondere alla sola terapia topica.
Si utilizzano molecole in grado di inibire/regolare la proliferazione e promuovere la differenziazione dei cheratinociti
come i retinoidi di sintesi, la vitamina A, ed il calcitriolo, un analogo della vitamina D.
Infine si rammenti che spesso è necessario impostare una terapia antibiotica o antifungina sistemica al fine di
controllare/gestire le infezioni opportuniste presenti in corso delle anomalie del processo di cheratinizzazione. Anche
il supporto nutrizionale, dato da acidi grassi essenziali omega 3 ed omega 6, ed oligoelementi come lo zinco, possono
essere indicati per favorire il ripristino della funzione barriera dello strato corneo ed impedire la perdita d’acqua
transepidermica (TEWL).
Nella seborrea primaria è importante mantenere il mantello corto, specie nelle aree più untuose/seborroiche,
utilizzare inizialmente shampoo 2-3 volte a settimana per poi diradare gradualmente la frequenza d’applicazione,
utilizzare antibiotici e/o antifungini per le infezioni secondarie ed integrare la dieta con dosi elevate di acidi grassi
omega 3 ed omega 6. Inoltre per modulare la proliferazione dei cheratinociti è possibile utilizzare l’isotretinoina a 1-3
mg/kg bid con risultati non sempre costanti oppure l’acitretina a 1 mg/kg sid.
I risultati si vedono dopo almeno 2 mesi di terapia e quando si ottengono è possibile cercare di diminuire il
trattamento a settimane alterne o a mesi alterni. Gli effetti collaterali più importanti oltre alla teratogenità, sono dati
dalla cherato congiuntivite secca, vomito, diarrea, anoressia, prurito, zoppia, alterato metabolismo lipidico
(ipertrigliceridemia e ipercolesterolemia) ed epatopatia. Durante la terapia si deve tenere sotto controllo la produzione
lacrimale, i trigliceridi, il colesterolo e gli enzimi epatici.
Secondo uno studio, anche il calcitriolo a 10 ng/kg sid ha dimostrato buoni risultati in circa il 60% dei cocker trattati.
Durante la terapia è necessario monitorare il calcio ed il fosforo ematico settimanalmente, poiché il calcitriolo
diminuisce il PTH.
In alternativa, è possibile somministrare prednisolone a 1-2 mg/kg die sino a ottenere un buon controllo della seborrea
per poi passare a giorni alterni (ma c’è sempre il rischio che con il tempo si sviluppi un Cushing iatrogeno). Esistono
segnalazioni aneddotiche sull’uso con buoni risultati di metotrexate e di azatioprina (a 2,2 mg/kg ogni 48 ore).
In corso di Adenite Sebacea, nelle forme lievi sono indicati trattamenti solo con shampoo cherotolitici seguiti da
balsami emollienti e soluzioni idratanti, nei casi più avanzati sono consigliate applicazioni locali di glicole
propilenico (50-75%) in soluzione acquosa sotto forma di balsamo o di spray, giornalmente o 2-3 volte a settimana, e
gli acidi grassi omega 3 e 6 che in alcuni casi possono essere d’aiuto. Nei casi gravi oltre alla terapia topica si
possono somministrare i retinoidi (isotretinoina a 1-2 mg/kg sid ed acitretina a 0,5-2 mg/kg sid) che solitamente in 12 mesi portano un miglioramento clinico in circa il 60% dei casi. In caso di fallimento con i retinoidi è possibile
utilizzare la ciclosporina a 5 mg/kg bid. Inoltre spesso si hanno follicoliti batteriche recidivanti, che richiedono
terapia antibiotica sistemica.
22
Dermatosi sensibile alla vitamina A. La terapia consiste nella somministrazione giornaliera di 10.000 U di vitamina
A con un pasto grasso. Il miglioramento clinico avviene mediamente in 3 settimane e la remissione della
sintomatologia in circa 2-4 mesi. La terapia và mantenuta a vita.
Ipercheratosi dei cuscinetti e del tartufo. Sono indicati trattamenti sintomatici a base di glicole propilenico: pediluvi
giornalieri in soluzione al 50% e applicazioni locali al 60% 2-3 volte al giorno, ma si ha recidiva con la sospensione
della terapia. Sono segnalati risultati incoraggianti con trattamenti topici a base di retinoidi.
Nella Ittiosi sono indicati frequenti bagni seguiti da trattamenti emollienti/idratanti (glicole propilenico in soluzione
acquosa al 50%). I retinoidi (isotretinoina a 1-2 mg/kg bid e acitretina a 0,5-1 mg/kg sid) possono essere molto utili,
ma spesso sono necessari più di 6 mesi di terapia prima di notare una risposta soddisfacente.
BIBLIOGRAFIA
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Saunders Company, Philadelphia.
23
Terapia topica
Prodotti disponibili
Indicazioni d’uso
tetracicline, mupirocina,
neomicina, polimixina, ac.
fusidico
Acne,
follicolite/foruncolisi
localizzate (interdigitale,
calli infetti), intertrigine
Antifungini
clotrimazolo, econazolo,
enilconazolo, ketoconazolo,
miconazolo, terbinafina
Dermatofitosi, D. da
Malassezia e da Candida
Antisettici
Clorexidina, iodiopovidone,
permanganato di potassio,
follicoliti/foruncolosi,
intertrigine, impetigine, D
da Malassezia
Corticosteroidi
Idrocortisone, fluocinolone,
Lupus cutaneo, Pemfigo
foliaceo/eritematoso D
atopica, micosi fungoide,
D attinica
Analoghi della
Vitamina D
(inibiscono la
proliferazione e
promuovono la
differenziazione
dei cheratinociti)
Calcipotriolo
Difetti primari
Cheratolitici
Ac. Salicilico, benzoil perossido, Difetti primari
tretinoina.
Gruppo
Antibiotici
Immunosoppressivi Ciclosporina, tacrolimo
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Terapia sistemica
Gruppo
Antibiotici
Farmaco
Cefalessina, amoxi/clav,
enrofloxacina,
Indicazioni
piodermite,
piodemodicosi
Dermatofitosi
Dermatofitosi,
D da Malassezia
Antistaminici
Griseofulvina
Ketoconazolo
Itraconazolo
Terbinafina
Anti H1
MM allergiche
Antileprosici
Dapsone
Vasculiti
Antiprotozoari
N-metilmeglumina,
allopurinolo
Leishmaniosi
Corticosteroidi
Prednisone,
Prednisolone
Malattie vescicolo bollose
Connettiviti, vasculiti, MM
allergiche
Citotossici
Metotrexate
Azatioprina, clorambucile
MM autoimmuni e
immunomediate, adenite
sebacea
Immunosoppressivi
Ciclosporina
D atopica, seborrea
primaria
Retinoidi
(Etetrinato) Acitretina
Seborrea primaria, ittiosi,
adenite sebacea (akita e
samoiedo), displasia
follicolare, cheratosi
attinica, M fungoide
Antifungini
Sindrome comedonosa,
adenite sebacea
(barboni), ittiosi, acne,
cheratoacantoma, M
fungoide, adenoma e
iperplasia sebacea
Isotretinoina
Analoghi della vitamina D
Calcitriolo
Seborrea primaria
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ADENITE SEBACEA IN TRE CANI DI RAZZA HOVAWART
L. Cornegliani§, A. Vercelli§, L. Tronca*
§Amb. Vet. Ass. C.so Traiano 99/d, Torino; *Libero Professionista, Arcugnano, Vicenza.
Segnalamento
Tre cani di razza Hovawart appartenenti alla stessa linea genetica: madre di anni 7, fratello e sorella di anni 5.
Anamnesi dermatologica
In tutti i tre cani, le lesioni dermatologiche iniziali si manifestarono in età adulta raggiungendo il culmine intorno al
quinto anno di vita; furono caratterizzate da ipotricosi progressiva generalizzata, iperpigmentazione, scaglie ed
alopecia della coda (“coda di topo”).
Esame obiettivo generale e dermatologico
Al momento della visita tutti i cani erano in buone condizioni fisiche. L’esame obiettivo dermatologico evidenziava
ipotricosi generalizzata con maggior interessamento del tronco, iperpigmentazione delle aree alopeciche dei fianchi,
diffusa forfora a piccole scaglie, alopecia ed ipotricosi della coda.
Quadro riassuntivo dei problemi
Alopecia ed ipotricosi a prevalente localizzazione del tronco e della coda, iperpigmentazione e forfora.
Diagnosi differenziali
Demodicosi, dermatofitosi, displasia follicolare, ipotiroidismo, adenite sebacea, seborrea idiopatica, leishmaniosi,
linfoma epiteliotropo.
Esami complementari
In tutti i casi si eseguirono i seguenti esami dermatologici: esame tricoscopico, raschiati cutanei, esame con lampada
di Wood e colturale micologico, esame istopatologico. L’esame tricoscopico evidenziò agglomerati di cheratina
intorno al fusto dei peli. Gli esami per raschiato (superficiale e profondo) e gli esami colturali micologici risultarono
negativi. Furono eseguite biopsie cutanee multiple, processate in modo routinario e colorate con ematosillina-eosina.
L’esame istopatologico evidenziò un pattern avanzato d’adenite sebacea, con cheratosi follicolare marcata, infiltrato
infiammatorio misto perifollicolare a target e distruzione delle ghiandole sebacee. Il profilo biochimico completo e
l’esame emocromocitometrico, T4, fT4 e TSH erano tutti nella norma, come pure il test IFAT per la leishmaniosi che
risultò negativo.
Diagnosi
Adenite sebacea
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Terapia ed evoluzione clinica
La terapia instaurata si basò su un trattamento bisettimanale con shampoo cheratolitici, applicazioni giornaliere di
glicole propilenico 50% e “baby” oil. La somministrazione orale di 1 mg/kg di prednisone acetato ed 1 mg/kg/sid di
etretinato per 3 mesi diede solo un miglioramento parziale delle lesioni dermatologiche.
Discussione
L’adenite sebacea è una malattia rara caratterizzata da un processo infiammatorio cutaneo a carico delle ghiandole
sebacee. Questa malattia è stata riportata in varie specie (cane, gatto, coniglio, ecc) ed in più di 35 differenti razze
canine. Nei cani è stata segnalata principalmente negli Akita Inu, nei Barboncini, nei Samoiedo e nei Visla.
Attualmente si pensa che l’eziopatogenesi sia legata ad un difetto di sviluppo, geneticamente predeterminato, delle
ghiandole sebacee e/o ad una risposta immunitaria cellulomediata; un’altra ipotesi suggerisce un difetto di
cheratinizzazione delle ghiandole sebacee che provoca una progressiva ostruzione dei dotti con seguente
infiammazione delle ghiandole. Infine altri autori suggeriscono un’anormalità del metabolismo dei lipidi ed una
conseguente alterazione della cheratinizzazione.
La diagnosi di adenite sebacea in questi 3 cani Hovawart appartenenti alla stessa linea di sangue suggerisce una
predisposizione familiare. Per questo motivo fu suggerito di non fare riprodurre ulteriormente i cani affetti.
La diagnosi di adenite sebacea si ottiene attraverso la corretta esecuzione degli esami complementari e l’ausilio
dell’esame istopatologico.
La terapia varia in funzione della gravità della malattia. Nei casi “lievi” si suggerisce l’uso di emollienti e shampoo
cheratolitici. Il glicole propilenico in soluzione spray, rapporto di 1:1 con acqua, applicato giornalmente può fornire
ottimi effetti cosmetici. Nei casi più gravi si predilige la terapia a base di retinoidi (isotretinoina 1-2 mg/kg/sid/os,
acitretina o etritina 0.5-2 mg/kg/sid/os) o cortisonici (prednisone 1 mg/kg/sid/os). L’efficacia di tali trattamenti può
essere valutata dopo 1-2 mesi di somministrazione e deve poi essere generalmente continuata a vita. Questi farmaci
tuttavia hanno molti effetti collaterali, pertanto la loro somministrazione deve essere accuratamente discussa con il
proprietario. Recentemente la ciclosporina A ha fornito dati incoraggianti con qualche successo terapeutico e minori
effetti collaterali; il prezzo del farmaco tuttavia limita l’impiego di questa molecola.
Letture consigliate
1.
Guaguére E, Delmas C, Muller A: Utilisation de la ciclosporine en dermatologie du chien. Prat Méd Chir Anim
Comp 3: 105-118, 2005.
2.
Noli C, Scarampella F: Dermatologia del cane e del gatto. Poletto ed.
3.
Reichler IM, Hauser B, Schiller I, Dunstan RW, Credile KM, Binder H, Glaus T, Arold S: Sebaceous adenitis in
the Akita: clinical observations, histopathology and hereditary. Vet Derm 12, 5: 243-253, 2001.
4.
Scott DW, Miller WH, Griffin CE: Muller & Kirk’s Small Animal Dermatology 6th ed. WB Saunders 2001.
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