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APPROCCIO AI DIFETTI CHERATOSEBORROICI
D.-N. CARLOTTI
Aquivet Clinique Vétérinaire, PA Mermoz, F-33320 Eysines (Bordeaux), France (EU)
Se si passa in rassegna la storia recente dello studio delle dermatosi nelle quali la desquamazione è un
segno clinico maggiore si riscontrano tre tappe nosologiche. Peter Ihrke sviluppò all’inizio il concetto
di “seborrea”[1-3]. In Francia, in seguito al congresso GEDAC (Gruppo di Studio in Dermatologia
degli Animali da Compagnia della CNVSPA-AFVAC), organizzato a Parigi il 13 marzo 1983, e al
quale partecipò il Prof. Escande, si prese l’abitudine di parlare di sindrome o stato cheratoseborroico
(EKS), termine che lo stesso professore inventò in tale occasione e che venne in seguito ampiamente
utilizzato almeno nella lingua francese [4]. Infine poco dopo l’inizio degli anni ‘90, si incominciò a
parlare di disturbi della cheratinizzazione, in seguito ai lavori fondamentali di K. Kwochka [5]. Con il
tempo la moda è cambiata ma si tratta sempre della stessa sindrome cronica, caratterizzata da una
produzione eccessiva di scaglie e da un’alterazione dei lipidi di superficie (di origine sebacea e
epidermica). Questi due aspetti sono più o meno preponderanti secondo i casi, ma sono sempre
associati.
1. ALTERAZIONE DEL FILM LIPIDICO DI SUPERFICIE
Il film cutaneo è composto di un’emulsione, sintetizzata a partire dai prodotti di degradazione
dell’epidermide, in particolare lo strato corneo e dalla secrezione delle ghiandole sebacee.
La composizione del sebo è complessa ed è variabile secondo le specie animali (forse le razze) e la
regione del corpo presa in considerazione. Nel cane il sebo è composto principalmente da steroli
(colesterolo), da cere (sottoforma di diesteri) e da acidi grassi liberi [1]. Gli acidi grassi liberi, presenti
in piccola quantità sulla cute normale, derivano dall’idrolisi enzimatica dei lipidi ad opera dei batteri
saprofiti di superficie. Intervengono nella regolazione del pH cutaneo, che nel cane varia da 5,2 a 7,2.
Questo pH è molto più alcalino rispetto a quello dell’uomo (ciò giustifica dunque l’utilizzo di topici a
pH neutro specificatamente studiati per la dermatologia dei carnivori domestici). La regolazione della
secrezione sebacea è complessa e sembra essere innanzitutto soggetta all’influsso ormonale [6,7]. Il
testosterone sottoforma di un metabolita, il diidrotestosterone, gioca un ruolo primordiale
nell’attivazione principalmente delle mitosi e della sintesi di sebo. Il ruolo degli estrogeni, del
progesterone e degli ormoni corticosteroidei è ancora da chiarire. Oltre a questi ormoni, altri fattori
intervengono in questa regolazione: fattori ereditari, che potrebbero spiegare certe predisposizioni
razziali nei disturbi primari della cheratinizzazione; fattori intrinseci, in particolare metabolici (acido
linoleico, vitamina A nel gatto, vitamina E); fattori estrinseci, cioè ambientali (la secrezione sebacea
sarebbe influenzata da agenti climatici quali la temperatura e l’umidità), ricordando che i cani
sopportano male le temperature troppo elevate [7].
Il film lipidico di superficie ha molteplici ruoli [6]. In condizioni normali, assicura la protezione, la
coesione e la morbidezza dell’epidermide. Gioca anche un ruolo di “lubrificante” dando un aspetto
lucido al pelo normale. Permette l’impermeabilizzazione del tegumento, ruolo particolarmente
importante in tutte le zone muco-cutanee dove sono prodotte differenti secrezioni e escrezioni acquose.
Ha anche un’azione di protezione chimica e termica.
In corso di EKS, si ha una diminuzione delle cere, un aumento degli acidi grassi liberi e del colesterolo
[1]. La diminuzione delle cere e l’aumento degli acidi grassi liberi favoriscono l’aumento del pH
cutaneo fanno diventare il pH della pelle più alcalino, che raggiunge valori variabili tra 8,2 e 8,6 e per
questo è interessante utilizzare dei topici cutanei a pH più acido per controllare il fenomeno. Queste
modificazioni del sebo favoriscono la proliferazione batterica cutanea che crea frequentemente delle
infezioni secondarie. Il numero dei batteri è spesso moltiplicato per 50 o 100 [8]. La loro attività
lipolitica aumenta ulteriormente la produzione di acidi grassi liberi, i quali favoriscono l’ipercheratosi
ortocheratosica (e talvolta paracheratosica), che, associata ad un aumento del turnover epidermico,
contribuisce all’apparizione di scaglie [4]. Le scaglie derivano dagli strati cellulari cheratinizzati
prodotti in quantità eccessiva e dal sebo che li agglomera.
L’alterazione dei lipidi di superficie è senza dubbio responsabile dell’odore dei cani e dei gatti con
tendenza seborroica. Questo odore è molto caratteristico (grasso rancido), ed è molto accentuato nella
seborrea grassa. Questa potrebbe essere aggravata dalle infezioni batteriche e fungine (Malassezia
pachydermatis). Tale patologia viene evidenziata immediatamente dal veterinario appena questi cani
entrano nella sala per la consultazione. In verità l’odore può costituire un fastidio notevole per il
proprietario dell’animale e diventare dunque il principale motivo della visita.
Da un punto di vista clinico, si distinguono [1-5, 7, 9, 10]:



La seborrea secca (seborrea sicca): la cute e il pelo hanno un aspetto ceroso (al tatto, dopo
essersi lavati le mani, si ha la sensazione di raccogliere la “cera delle candele” sui
polpastrelli).
La seborrea grassa (seborrea oleosa): la cute e il pelo hanno un aspetto grasso, talvolta
anche molto grasso (oleoso) ; i peli possono essere incollati tra di loro in un ammasso di
sostanza grassa.
La dermatite seborroica: si tratta di lesioni focali e multifocali. La lesione caratteristica è
una macchia più o meno nera, parzialmente alopecica e lichenificata, circondata da un
anello eritematoso con molte scaglie e/o da un collaretto epidermico; l’infezione batterica
gioca un ruolo senza dubbio importante nella genesi di queste lesioni, come in certi casi la
proliferazione di Malassezia pachidermatis. Queste lesioni, riscontrate spesso nei cani con
seborrea grassa generalizzata, sono frequenti sul torace e possono anche espandersi.
Questa classificazione è arbitraria, infatti le tre forme possono coesistere nello stesso animale. La
stessa dermatosi può infatti determinare uno stato cheratoseborroico secco o grasso secondo i casi, con
un’eventuale evoluzione verso uno stato secco o grasso in relazione all’instaurarsi di una specifica
patologia (esempio: DAP, rogna sarcoptica) [3]. Al contrario certe dermatosi possono creare o una
seborrea secca (esempio:cheyletiellosi) o una seborrea grassa (esempio: dismetabolismo della vitamina
A) [3].
2. DESQUAMAZIONE (PRODUZIONE ECCESSIVA DI SCAGLIE)
La cheratinizzazione implica un insieme di processi morfologici e biochimici che permettono ai
cheratinociti degli strati profondi dell’epidermide di trasformarsi (o di differenziarsi) in corneociti che
contribuiscono alla formazione dello strato corneo e che conferiscono alla pelle il ruolo di barriera
epidermica [4, 5, 7, 11]. La buona organizzazione dello strato corneo è assicurata dalla sua frazione
lipidica, dagli stessi corneociti e dal suo tasso di idratazione [12].
Nel corso di questa questo processo di differenziazione si assiste a diversi fenomeni biologici e
biochimici [5,13].

Sintesi e espressione di differenti cheratine, unite in macrofilamenti da una matrice proteica, la
filaggrine;
Formazione di un astuccio corneo di cellule grazie alla polimerizzazione di proteine specifiche:
involucrina, cheratolina, laricrine, filaggrine;
 Formazione di un cemento lipidico intercellulare a partire da lipidi neutri e da enzimi prodotti
dai corneociti, il quale assicura la coesione e le funzioni dello strato corneo.
Questo cemento assicura la principale barriera che impedisce la perdita d’acqua transepidermica. È
composto da ceramidi e da idrossiacidi che formano delle lamelle tra le cellule (strutture dette in
cristalli liquidi), e da acidi grassi liberi che formano uno strato intermediario [13].

I disturbi della cheratinizzazione sono dovuti a delle alterazioni della proliferazione, della
differenziazione o della desquamazione o alla combinazione di questi differenti disturbi del normale
processo di cheratogenesi [7, 14].
E’ anche possibile dividere in modo schematico i disturbi della cheratinizzazione in due gruppi:


Le ipercheratosi da ritenzione, le quali derivano da un’alterazione della desquamazione dei
corneociti causato da modificazioni biochimiche dei lipidi che compongono il cemento tra i
corneociti per esempio in corso di distruzione delle ghiandole sebacee (leishmaniosi, adenite
sebacea granulomatosa).
Le ipercheratosi da proliferazione, le quali derivano da un’accelerazione brutale della cinetica
epidermica con una conseguente difettosa maturazione (differenziazione) dei cheratinociti
presente in tutti i processi infiammatori (ipersensibilità a manifestazione cutanea,
ectoparassitosi…).
I due disturbi sopra descritti possono manifestarsi anche simultaneamente.
Tuttavia si nota che certi disturbi della cheratinizzazione possono avere come causa un’estesa necrosi
epidermica la quale dà origine a delle scaglie-croste di grandi dimensioni (come nel caso dell’eritema
multiforme, delle dermatosi autoimmuni e della micosi fungoide).
Il tasso di rinnovamento dei cheratinociti nel cane si effettua in media in 22 giorni [11]. Nel gatto, fino
ad oggi nessuno studio è stato pubblicato. In corso di disturbi della cheratinizzazione nel cane, tale
tasso diminuisce fino ad arrivare ad una durata di 8 giorni [11].
Questi disturbi della cheratinizzazione hanno diverse conseguenze sugli aspetti clinici degli stati
cheratoseborroici:
 La cheratinizzazione rapida e incompleta determina una perdita idrica responsabile di un
aspetto sbiadito del mantello, e in particolare della secchezza dello strato corneo; il ruolo di
barriera non viene più assicurato [4, 5, 15];
 L’aumentata liberazione dei lipidi di membrana negli spazi intercellulari dell’epidermide
aumenta le alterazioni del film lipidico di superficie [16];
 I corneociti eliminati molto rapidamente hanno una grandezza e una conformazione anormale,
dando così origine alla formazione di scaglie macroscopicamente visibili più o meno di grandi
dimensioni.
Da un punto di vista clinico, la presenza di un’eccessiva desquamazione è il secondo aspetto delle
dermatosi cheratoseborroiche.
Le scaglie sono delle pellicole biancastre o grigiastre corrispondenti ad una perdita più o meno
importante di elementi dello strato corneo. Si descrivono due tipi di scaglie secondo il loro spessore e
la loro grandezza:


Le scaglie psoriasiformi: di grandi dimensioni e relativamente spesse ;
Le scaglie pitiriasiformi: piccole e sottili .
Una tale distinzione sebbene chiaramente evidente in teoria, è talvolta difficile da determinare in un
animale nel quale possono coesistere scaglie di differenti dimensioni. In più la stessa dermatosi può
all’inizio generare l’apparizione di scaglie pitiriasiformi e poi di scaglie psoriasiformi; è il caso delle
dermatiti allergiche.
Tuttavia esistono delle dermatosi nelle quali la desquamazione è veramente di tipo pitiriasiforme (per
esempio: demodicosi, alopecia del pelo diluito) e delle dermatosi nelle quali invece è veramente di tipo
psoriasiforme (per esempio: cheyletiellosi, leishmaniosi).
3. COMEDONI E TAPPI FOLLICOLARI
Una produzione eccessiva di cheratina si può avere anche nei follicoli piliferi ed essere associata ad
un’ipersecrezione sebacea. In certi casi induce la formazione di comedoni e tappi follicolari.
I comedoni sono dei tappi di cheratina e di sebo che dilatano i follicoli piliferi. Il loro colore è nero se
sono aperti e bianchi se sono chiusi e possono essere osservati in molte dermatosi cheratoseborroiche
come la demodicosi, le disindocrinie, l’acne.
I tappi follicolari sono più rari: si tratta di scaglie che aderiscono e circondano il pelo. Si trovano in
modo particolare nell’adenite sebacea (dove le ghiandole sebacee spariscono), nella seborrea idiopatica
del bordo delle orecchie, nella demodicosi e dermatofitosi [3, 17].
4. CLASSIFICAZIONE EZIOLOGICA DEI DISORDINI CHERATOSEBORROICI
Una classificazione eziologica è molto utile nella pratica ed è la chiave di un approccio clinico al
paziente affetto dalla seborrea. Quando il termine seborrea era usato, le classificazioni, varie e spesso
molto simili, distinguevano le seborree secondarie dalle seborree primarie. I disturbi seborroici
secondari sono legati ad una dermatosi precisa e ben conosciuta, che si manifesta anche con altri segni
clinici. Invece i disturbi cheratoseborroici primari possono essere causati da un disturbo metabolico,
che rappresenta la causa diretta della seborrea, o possono essere dovuti ad un processo patologico non
identificato da un punto di vista eziologico (seborrea primaria idiopatica). Da quando il termine
disturbo di cheratinizzazione è in uso, la distinzione tra disturbi primari e secondari è effettuata
diversamente nei cani. I disturbi secondari sono causati da una dermatosi sottostante mentre nei
disturbi primari c’è un’anomalia apparente della cheratinizzazione le cui cause possono anche essere
sconosciute. Queste ultime includono un’anomalia apparente della cheratinizzazione, di eziologia
sconosciuta, oppure un’anomalia della cheratinizzazione di eziologia conosciuta (alterazione degli
stessi cheratinociti, ipercheratosi da ritenzione). Si tratta probabilmente di dermatosi di origine
genetica, associate ad un’alterazione metabolica.
Idisturbi cheratoseborroici secondari includono (per i cani e i gatti):
- Ectoparassiti (rogna sarcoptica, cheyletiellosi, demodicosi, pitiriasi)
- Dermatiti allergiche (DAP, dermatite atopica sensu stricto, allergie e intolleranze alimentari)
- Piodermiti
- Infezioni fungine (dermatofitosi, dermatite da Malassezia)
- Disendocrinie
- Leishmaniosi
- Dermatosi autoimmuni e a mediazione immune
-
Neoplasie (in particolare micosi fungoide)
I disturbi primari chetaseoborroici dei cani includono:
Seborrea primaria idiopatica
Distrofie follicolari (alopecia del pelo diluito, displasia dei follicoli piliferi neri, distrofia follicolare
del Doberman)
- Dismetabolismo della vitamina A
- Dismetabolismo dello zinco
- “Displasia epidermica”o dermatite iperplasica idiopatica
- Adenite sebacea
- Dermatosi psoriasiforme lichenoide e dermatite lichenoide idiopatica
- Sindrome comedonica dello Schnauzer
- Ittiosi
- Ipercheratosi naso-digitale
- Seborrea del bordo delle orecchie
- Acne
-
Bisogna sottolineare che i disturbi secondari della cheratinizzazione sono molto più frequenti di quelli
primari. Nei gatti, i disturbi cheratoseborroici primari sono rari tanto quanto nei cani e vi si include la
dermatite esfoliativa, l’adenite sebacea, l’ittiosi e soprattutto l’acne. L’età, la razza e altri segni clinici
sono importanti per definire la diagnosi dei disturbi cheratoseborroici secondari. Naturalmente degli
esami complementari appropriati saranno necessari per stabilire la diagnosi. L’età in cui il disturbo
primario cheratoseborroico colpisce l’animale è variabile ma molti studi concordano nel dire che i
disturbi sono genetici all’origine e appaiono nei cucciolo e nei cani adulti. Infine, nei disturbi primari
della cheratinizzazione ci sono delle predisposizioni razziali nette [3]. Citiamo come esempio la
seborrea primaria idiopatica del Cocker Spaniel [18] e la carenza della vitamina A, la dermatite
iperplasica idiopatica del West Highland White Terrier, la carenza dello zinco nelle razze nordiche,
l’alopecia del pelo diluito del Dobermann, l’adenite sebacea granulomatosa del Barboncino e del
Samoiedo, la seborrea del bordo delle orecchie del Bassotto… Dopo aver escluso i disturbi secondari
attraverso vari esami specifici, la conferma di una malattia primaria dovrebbe essere fatta attraverso
una biopsia cutanea. Infatti, la dermatopatologia mostrerà delle lesioni compatibili o piu spesso molto
diagnostiche [19].
5. TERAPIA TOPICA PER IL PAZIENTE CHERATOSEBORROICO
La terapia topica (locale) è importante nella gestione di molti stati dermatologici, come i disturbi
cheratoseborroici, perché la cute è più direttamente accessibile per le cure. Diverse formulazioni sono
disponibili al veterinario per le prescrizioni e possono includervi diversi ingredienti attivi. Gli
ingredienti attivi penetrano nella cute attraverso gli spazi intercellulari (molecole lipofile e idrofile),
attraverso le cellule epidermiche (composti ionici) e soprattutto attraverso i follicoli pilferi negli
animali, in particolar modo attraverso la ionizzazione delle molecole. La cute canina come quella
felina è spesso molto più sensibile rispetto alla cute umana a causa di differenze fisiologiche e
anatomiche che includono delle differenze nella spessore dello statum corneum, del pH (relativamente
più alcalino) e dellla densità dei follicoli piliferi (più importante) cosa che può facilitare la
penetrazione cutanea degli ingredienti attivi.
Le formulazioni di shampoo tradizionali sono composte da tensioattivi (detersivi, agenti schiumogeni e
idratanti), così come da addensanti, ammorbidenti, agenti sequestranti, conservanti, profumi e talvolta
opacizzanti e coloranti [20,21]. I Tensioattivi sono molecole anfifiliche, cioè molecole con una affinità
doppia, sia per acqua e olio. I Tensioattivi sono composti da una parte idrofila (testa" idrofila ") e una
parte lipofila ("coda lipofila"). Essi sono chiamati tensioattivi (ingredienti attivi in superficie) a causa
della loro capacità di assorbimento a diverse interfacce (olio / acqua, aria / acqua ...), modificando le
proprietà dell'interfaccia (diminuzione della tensione di interfaccia e stabilizzazione dell'interfaccia). I
tensioattivi possono essere classificati in quattro gruppi, a seconda della loro natura ionica:. anionici,
cationici, non ionici e anfoteri che hanno varie proprietà di detersione, schiumogne, di idratazione e
di tollerabilità locale. In acqua i tensioattivi formano delle strutture chiamate micelle. Queste strutture
corrispondono a una disposizione spontanea molecolare delle molecole anfifiliche: l'obiettivo è di
ridurre al minimo il contatto della parte lipofilica con l'ambiente acquoso. Il processo di formazione di
micelle spiega molte delle proprietà tensioattive e soprattutto la loro capacità di emulsionare, rendere
solubile e staccare oli e sporco, facilitando la loro eliminazione con l'acqua. Il processo di
emulsionamento eseguito dai tensioattivi é riassunto nella figura 1. La parte lipofila della molecola del
tensioattivo circonda i composti oleosi (comprese detriti) per formare una micella.
Figura 1. Diagramma del processo di emulsionamento
Gli Shampoo usati per trattare i disturbi cheratoseboroici contengono agenti particolari e devono essere
utilizzati in modo approrpriato [22,23] .
Gli agenti cheratomodulatori agiscono in due modi differenti [7,20, 22-24]. Possono:

normalizzare la moltiplicazione dei cheratinociti e restaurare il processo di cheratinizzazione,
probabilmente per effetto citostatico sulle cellule basali, diminuendone il loro ritmo di
divisione (agenti cheratoplastici chiamati anche cheratomodulatori);

favorire l’eliminazione dello strato corneo in eccesso con un aumento della desquamazione o
con la diminuzione della coesione intercellulare (agenti cheratolitici).
L’acido salicilico è un agente cheratolitico (alle concentrazioni presenti negli shampoo) che riduce il
pH cutaneo determinando un aumento:

della quantità d’acqua che viene assorbita dalla cheratina con un aumento dell’idratazione dello
stratum corneum,

della desquamazione, per azione diretta sul cemento intercellulare.
Queste azioni provocano un rammollimento dello strato corneo. L’acido salicilico agisce in sinergia
con lo zolfo, ed è spesso presente in piccole quantità negli shampoo (meno del 2%). La sua efficacia
varia in funzione delle concentrazioni utilizzate.
Il catrame o catrame di petrolio, è un agente cheratoplastico (citostatico), perché diminuisce la sintesi
degli acidi nucleici negli strati basali dell’epidermide [24,25]. Possiede anche delle azioni antisettiche
e antipruriginose. Esistono diverse origini e composizioni di questo principio attivo.
Il catrame è un miscuglio complesso di idrocarburi aromatici che comprende numerosi costituenti (più
di 10000). È difficile determinare quello (o quelli) responsabile (i) degli effetti terapeutici. La
standardizzazione è quindi difficile ed è necessario ricorrere a dei preparati di qualità. L’odore e la
consistenza delle preparazioni commerciali rendono talvolta difficile la sua utilizzazione. Ma sono
disponibili in medicina veterinaria delle preparazioni inodori. Ad alte concentrazioni (più del 3%) sono
stati rilevati degli effetti secondari come secchezza cutanea, colorazione dei peli, irritazione [20]. La
sua indicazione è sconsigliata nella specie felina. Il catrame è ora vietato nei cosmetici umani (a causa
dei rischi tossicologici, teratogeni e di fotosensibilizzazione). Shampoo a base di catrame sono stati
sostituiti da altri prodotti (ad esempio, shampoo a base di olio essenziale di Melaleuca (Tea Tree), di
gluconato di zinco e vitamina B6). Gli shampoo a base di catrame sono stati anche abbandonati in
veterinaria [26].
Lo zolfo è cheratolitico grazie alla formazione di solfato di idrogeno nello strato corneo, e possiede
numerose proprietà, soprattutto di natura antiseborroica (vedi sotto). È anche cheratoregolatore
(cheratoplastico) a causa dell’effetto citostatico diretto e/o grazie alla sua interazione con la cisteina
epidermica, la quale è all’origine della cistina, composto importante dello strato corneo [7,10,24,25]. È
anche antisettico ma rende secca la cute.. Esercita attività sinergica con l’acido salicilico. Questa
sinergia appare ottimale quando entrambe le sostanze sono incorporati nella shampoo in pari
concentration [27].Viene progressivamente sostituito nei prodotti topici da altri cheratomodulatori più
efficaci e con meno effetti secondari (come per esempio nell’iperseborrea da reazione). La sospensione
di una terapia efficace, determina non solo una ricaduta dello stato patologico ma anche
un’aggravazione.
Il disolfuro di selenio è cheratolitico e cheratoregolatore/cheratoplastico (diminuzione del turnover
epidermico e interferenza nella formazione dei ponti disolfuro della cheratina). È antiseborroico
[7,10,24], responsabile, come lo zolfo, di un’iperseborrea da reazione, è talvolta irritante e favorisce la
secchezza della cute. È controindicato nel gatto.
Il lattato di ammonio ha un’attività cheratoplastica (cheratoregolatrice) e cheratolitica. Ha dimostrato
la sua efficacità nel controllo degli stati discheratosici nell’uomo grazie alla sua attività cheratoplastica
che permette la scomparsa delle scaglie in eccesso [28]. I suoi meccanismi di azione non sono stati
ancora ben studiati negli stati cheratoseborroici. Sembra però che tale molecola regoli il ricambio
epidermico, correggendo i difetti nella moltiplicazione e maturazione dei corneociti. Favorisce così la
fase di differenziazione dei cheratinociti, garantendo una desquamazione fisiologica [29]. Grazie alle
sue proprietà idratanti, il lattato d’ammonio è particolarmente indicato dei disordini seborroici [29].
Numerosi studi clinici nell’uomo mostrano che tale sostanza è molto ben tollerata anche in caso di un
uso prolungato [28,29].
Fitosfingosina è un proceramide (ceramidi sono componenti dei fogli di lipidi extracellulari nello
strato corneo) e un componente naturale dell'epidermide, con effetti anti-infiammatori e antimicrobicI,
utilizzati nell’ acne umana [30]. Promuove la differenziazione dei cheratinociti umani [31]. Uno studio
non pubblicato suggerisce un effetto comparabile di uno shampoo contenente fitosfingosina e uno
contenente lattato di ammonio (Bourdeau PJ, Bruet V, Proc. 21rst NAVDF, Palm Springs, 2006, 174).
Gli agenti antiseborroici inibiscono o diminuiscono la produzione di sebo delle ghiandole sebacee e
riducono anche l’ingombro del loro canale. Lo zolfo (vedi sopra) è un antiseborroico classico, ma
favorisce la secchezza cutanea e ha un effetto rebound. Il disolfuro di selenio (vedi sopra) è
antiseborroico, ma possiede anche un effetto rebound.
Il benzoil perossido oltre alla sua azione antibatterica, è antiseborroico grazie all’idrolisi del sebo e
alla diminuzione dell’attività delle ghiandole sebacee. Uno studio ha dimostrato che uno shampoo al
3% di perossido di benzoile aumenta la perdita di acqua transepidermica e diminuisce la
concentrazione superficiale di lipidi della cute e la conta dei corneociti (Campbell KL et al, Proc 10
Aavd / ACVD incontro, Charleston, 1994, 85). Possiede un effetto di “flushing” follicolare, che rende
molto interessante il suo utilizzo in presenza di comedoni e/o in caso di ipercheratosi follicolare
importante [10,24,32,33]. Degli effetti secondari (irritazioni, rash eritematoso) sono stati evidenziati
con questa molecola a concentrazioni superiori a 5% [5]. È stata notata anche una secchezza cutanea e
quindi è indicato il ricorso a emollienti dopo l’uso di tale molecola.
Il Gluconato di zinco ha proprietà antiseborroiche. Lo zinco, come inibitore di tipo 1 della 5αreduttasi, riduce la produzione di sebo, ed è utilizzato in dermatologia umana per il trattamento dell’
acne vulgaris, sia per via topica che orale [34].
La Vitamina B6 (piridossina) gioca anche un ruolo nella secrezione di sebo e vi è un effetto sinergico
del meccanismo non ancora conosciuto con lo zinco [35]. Uno shampoo veterinario contenente acido
salicilico, zinco gluconato, vitamina B6, acidi linoleico / gamma-linoleico, piroctone olamina (un
agente antibatterico e antimicotico) e olio di Melaleuca si é dimostrato efficace quanto una shampoo
contenente catrame, acido salicilico e zolfo, in uno studio randomizzato nel trattamento degli stati
cheratoseborroici [18] .
Diversi shampoo veterinari hanno incorporato degli acidi grassi essenziali per il loro effetto
ammorbidente e reidratante. Uno studio ha mostrato che nei cani seborroici, l’anormale perdita di
acqua transepidermica può essere compensata dall’applicazione di acido linoleico [16]. Certi shampoo
contengono normalmente nella formulazione delle sostanze idratanti: glicerina, acido lattico, poliesteri
degli acidi grassi. Le sostanze idratanti possono essere stoccate nelle strutture multilamellari a
liberazione prolungata (sferuliti) o mono/oligolamellari (liposomi) per assicurare un’idratazione
continua nel tempo.
Alcune linee guida danno dei consigli di utilizzazione degli shampoo nei disturbi cheratoseborroici:
- Ad esempio nei cani a pelo lungo,con gravi disturbi seborroici, questo potrebbe essere tagliato. La
tosatura determina una più efficace applicazione e una migliore distribuzione del principio attivo;
- Lo shampoo dovrebbe inizialmente essere applicato più volte alla settimana. Con il tempo, la
frequenza di applicazione può essere gradualmente ridotta per fornire il massimo intervallo nel quale il
trattamento è ancora efficace, solitamente circa 2 settimane;
- I casi devono essere controllati frequentemente. L'agente terapeutico spesso ha bisogno di essere
modificato a causa dello sviluppo di effetti collaterali, effetti rebondi o cambiamenti nella
presentazione clinica (ad esempio passaggio da una seborrea grassa a una secca).
Più grave è la dermatite, più attivo e potente lo shampoo deve essere e più frequenti saranno le
applicazioni. Per i disturbi cheratoseborroici lievi e/o pitiriasiformi, dovrebbero essere selezionati
agenti cheratolitici, mentre per i disturbi gravi e /o psoriasiformi, dovrebbero essere utilizzati degli
agenti cheratoregolatori (cheratoplastici). In tutti i casi, ma in particolare nell seborrea grassa, gli
agenti antiseborroici sono i piu utili.
Il miglioramento clinico è il criterio principale per valutare l'efficacia degli shampoo [21,36]. Il loro
uso è aumentato notevolmente in Nord America nel corso degli ultimi 25 anni, ma hanno tardato a
svilupparsi in Europa [10]. Tuttavia, essi sono ora ampiamente utilizzati in Europa, nonostante il fatto
che siano stati considerati come controindicati e perfino dannosi negli anni 60. Questo dogmatismo è
stato un errore e probabilmente ha ritardato notevolmente l'utilizzo degli shampoo ad uso terapeutico,
che ora sono considerati come indispensabili dalla comunità dermatologia veterinaria.
L’efficacia dello shampoo sull’ idratazione della cute, sul film lipidico di superficie e sullo strato
corneo, che sono di grande importanza nei disturbi cheratoseborroici, può essere valutata
oggettivamente utilizzando diverse tecniche. Queste includono: la misura della perdita d’acqua
(TEWL transepidermal water loss), la conta corneocitaria, la misura dello spessore dello strato corneo,
tecniche di stripping, analisi chimica del film lipidico ottenuto per solubilizzazione, misura del tenore
in acqua, biopsie di superficie e corneometria [37,38]. In uno studio, la corneometria è stata
considerata come riproducibile a differenza della TEWL [37]. In un altro studio la misura della TEWL,
la corneometria e la sebometria sono state considerate come non riproducibili e quindi inutili per
valutare gli effetti dei trattamenti topici nel cane [38]. La microscopia elettronica potrebbe essere
interessante [39] .
Numerosi progressi sono stati realizzati in questi ultimi anni nelle formulazioni galeniche, in modo
particolare per prolungare l’azione dei principi
attivi applicati sulla cute. Si tratta della
microincapsulazione (biglie multilamellari, liposomi, sferuliti) che permette una migliore disponibilità
delle molecole e conferisce delle proprietà idratanti immediate e rimanenti. La liberazione dei principi
attivi si effettua per erosione chimica, biochimica e/o meccanica successiva degli strati nel caso degli
sferuliti, e per rottura della membrana nel caso dei liposomi. Gli agenti tensioattivi degli sferuliti sono
molecole amfifiliche (che hanno due estremità opposte, una idrofila, l’altra idrofoba). Queste si
associano per formare delle fasi lamellari e si organizzano in strati concentrici grazie a una procedura
di fabbricazione specifica. Esse sono multilamellari e ogni membrana agisce come una barriera di
diffusione, che diminuisce la perdita delle molecole attive nell’ambiente esterno. Possono trasportare
un gran numero di principi attivi, idrofili o idrofobi (lipofili), liberati in maniera continua e progressiva
sulla superficie dei peli e della pelle. Questa formulazione a base di tensioattivi è molto interessante in
dermatologia, perché permette di introdurre dei principi attivi idrofili in un ambiente oleoso e
viceversa dei principi attivi idrofobi in un ambiente acquoso. Anche il tipo di tensioattivo è variabile.
In certi casi (tensioattivi cationici) la loro carica è positiva e gli sferuliti si fissano preferenzialmente
sul pelo e la cute, in altri casi (tensioattivi non ionici) la carica è neutra e gli sferuliti possono penetrare
allora negli strati profondi della cute. Uno studio ha dimostrato che gli sferuliti non-ionici sono in
grado di penetrare l'epidermide, follicoli piliferi, ghiandole sebacee e derma (Barthe N et al, Proc 16
ESVD / ECVD Congresso, Helsinki, 1999, 156). La presenza di chitosanide permette di rinforzare la
fase cationica e ottenere delle eccellenti proprietà reidratanti (effetto film e inglobamento del pelo).
Le lozioni sono liquidi in cui sono disciolte o sospese degli agenti attivi. Le soluzioni concentrate
(rinses) a differenza delle lozioni devono essere diluite prima dell'uso. Esse sono utilizzate dopo lo
shampoo. Degli spray contenenti lozioni sono comunemente usati in dermatologia canina (sia dopo
che durante lo shampoo). Questi spray potrebbero diminuire la frequenza degli shampoo in certi casi.
Una formulazione spray anti-seborroica di tipo micro-emulsione contenente fitosfingosina potrebbe
sostituire lo shampoo corrispondente in una sequenza shampoo spray (3 shampoo seguiti da 2
pulverizzazioni contro 5 shampoo su un periodo di 15 giorni - Bourdeau PJ, Bruet V, Proc. 21rst
NAVDF, Palm Springs , 2006, 174). Le microemulsioni migliorano la biodisponibilità di principi
attivi, che diffondono facilmente, e hanno anche un efficace effetto detergente.
In tutti i disordini cutanei , e in particolare nelle seborree secche, è in uso umidificare con un agente
idratante la cute dell’animale dopo lo shampoo. Infatti è stato dimostrato che il tasso di idratazione
cutanea è più basso nei cani che presentano delle scaglie rispetto ai cani sani [15]. Gli agenti idratanti
lubrificano, idratano e ammorbidiscono la cute. In Francia sono tutti impropriamente raggruppati sotto
il termine di emollienti. Infatti questi agenti idratanti comprendono gli emollienti veri, gli
emollienti/emulsificanti, i bendaggi occlusivi e i reidratanti (= umettanti) [24].
In Europa solo gli agenti reidratanti si trovano in prodotti veterinari. Emulsificanti / emollienti e
bendaggi occlusivi non sono stati né utilizzati né commercializzati nel settore veterinario, quest'ultimo
a causa del rischio di macerazione. Emollienti e idratanti ammorbidiscono la pelle. Questi
ricostituiscono un film cutaneo artificiale. Diluiti in acqua sono applicati con un massaggio sulla cute
o come una lozione. Non diluiti, possono essere pulverizzati dopo lo shampoo. Non dovrebbero essere
risciacquati.
Gli emollienti contengono alcool a base di lanolina, olio di paraffina o oli minerali o vegetali che
diminuiscono la perdita di acqua transepidermica [7]. Sono stati presi in prestito dalla dermatologia
umana e sono oggi poco utilizzati. Usati come emulsione in acqua tiepida, migliorano la qualità del
pelo, ma il loro effetto untuoso è uno svantaggio. L'applicazione locale di acidi grassi essenziali è stato
raccomandato anche per ammorbidire e reidratare la cute riducendo cosi la perdita di acqua
transcutanea [16]. Non causano un grosso effetto occlusivo, e ciò è probabilmente dovuto
all’incorporazione degli acidi grassi essenziali (AGE) nelle ceramidi dello stratum corneum (in
particolare l’acido linoleico).
Gli Umettanti hanno delle proprietà reidratanti ed emollienti a causa delle loro caratteristiche
igroscopiche (che attirano l'acqua nello strato corneo, nell’epidemide e nel derma e anche
nell’'ambiente bien che l'umidità relativa sia superiore al 70%) [7]. Migliorano l’aspetto e l’odore del
pelo senza conferirgli un effetto untuoso. L’alto peso molecolare dei loro principi attivi, cosi come la
loro natura igroscopica, li rende efficaci come agenti idratanti e protettori delle superfici. Si possono
citare i seguenti agenti: acido lattico, glicerina, glicolepropilenico, urea, chitosanide. Il glicole
propilenico è un diolo. È un liquido incolore viscoso igroscopico. È un solvente, ma anche un
emolliente lipidico maggiore e può indurre una cheratolisi [7]. È efficace nella gestione dell’adenite
sebacea come soluzione concentrata dal 50 al 75% o applicato sottoforma di pulverizzazioni
giornaliere [7,24]. E 'stato anche segnalato come efficace alla concentrazione di 67% nella
paracheratosi nasale ereditaria del Labrador retrievers [40] e nella cheratodermia naso-plantare dei
Dogues de Bordeaux [41].
Due spot-on sono stati recentemente proposti per il trattamento dei disturbi cheratoseborroici Uno
contiene acidi grassi essenziali e vitamina E. Il secondo contiene fitosfingosina. L'autore non è
convinto che questa formulazione sia efficace come le lozioni e soprattutto gli shampoo. Il loro
vantaggio è la loro facilità di utilizzo. Un’impressione clinica dell'autore è che un nuovo spot-on
contenente un complesso di lipidi (ceramidi, acidi grassi e colesterolo) uscito sul mercato, e progettato
per la dermatite atopica può essere utile in alcuni disturbi cheratoseborroici (ad esempio per l’adenite
sebacea ).
Gels o creme possono anche essere utilizzati in disturbi cheratoseborroici localizzati. La vaselina è
moderatamente efficace per il trattamento della paracheratosi ereditaria nasale nei Labrador retrievers
[42]. Retinoidi sintetici (tretinoina, isotretinoina e più recentemente adapalene e tarazotene) vengono
talvolta applicati come gel o crema nel trattamento di lesioni localizzate [15]. La tretinoina esiste in
lozione ma è più utilizzata come crema. L’isotretinoina dà risultati relativamente buoni nelle lesioni
localizzate caratterizzate da comedoni (acne, ipercheratosi nasodigitale e seborrea del margine
dell’orecchio) [43]. I Principali effetti collaterali sono fotosensibilizzazione e una reazione irritante se
applicata troppo frequentemente [1].
6. TERAPIA SISTEMICA PER IL PAZIENTE CHERATOSEBORROICO
Due retinoidi sintetici sistemici sono particolarmente utili nel cane. L’isotretinoina (acido 13-cisretinoico) può essere somministrata alla dose di 1-2 mg / kg / giorno per 2-3 mesi. Acitretina è
utilizzata alla stessa dose. I retinoidi sono derivati della vitamina A e hanno molte proprietà
biologiche. Essi regolano la proliferazione e la differenziazione dei cheratinociti e determinano un
assottigliamento dello strato corneo (inibizione della transglutaminasi epidermica, formazione dello
strato corneale, sintesi del sulfato di colesterolo, e collagenasi, modulazione dell'espressione della
cheratina) [43]. Essi riducono la dimensione e la produzione delle ghiandole sebacee, oltre ad avere
un’azione antinfiammatoria, immunitaria e probabilmente antineoplastica. Con pochi casi
documentati, riguardanti il trattamento con retinoidi, i risultati restano deludenti e incoerenti.
L’isotretinoina sembra essere più efficace per le condizioni seborroiche che interessano il follicolo
pilifero e le anomalie delle ghiandole sebacee, mentre l’acitretina da migliori risultati per le
condizioni proliferative ipercheratosiche. Considerando il costo di questi prodotti e i loro possibili
effetti collaterali (eritema mucocutaneo giunzionale, blefarocongiuntivite, prurito auricolare, problemi
digestivi, epatopatia, pancreatite e, soprattutto, teratogenicità, che li rende del tutto controindicati negli
animali destinati alla riproduzione), il loro uso per il momento appare piuttosto limitato (sindrome
comedonica dello Schnauzer, adenite sebacea, ittiosi lamellare, seborrea primaria).
Un regolare monitoraggio di animali trattati con retinoidi è obbligatorio e include il test di Schirmer e
delle analisi ematologiche e biochimiche complete. Un trattamento di due o tre mesi è essenziale
prima che loro efficacia sia visibile.
Gli acidi grassi essenziali per os (EFA) sono considerati da alcuni autori come utili per il trattamento
delle condizioni seborroiche nei cani [7, 22].
CONCLUSIONE
Una buona conoscenza dell’aspetto istopatologico e della classificazione delle dermatosi
cheratoseborroiche è indispensabile. Un’anamnesi accurata, un esame clinico preciso e una scelta
giudiziosa degli esami collaterali porta sempre alla diagnosi.
La dermatopatologia sarà significativa per la diagnosi dei disturbi keratoseborroici primari. Con questo
approccio, il trattamento più appropriato ed efficace specifico e / o sintomatico può essere prescritto.
La terapia topica è sintomatica e / o complementare, e quindi usata spesso con trattamenti sistemici,
soprattutto specifici.
Le strategie terapeutiche e di prevenzione in dermatologia veterinaria spesso includono l'uso di
shampoo specifici, in particolare nei disturbi cheratoseborroici. Una formula appropriata, una selezione
giudiziosa dei principi attivi e la frequenza adeguata di applicazione é indispensabile. La prescrizione
varia a seconda dei casi e deve tener conto della natura e dell'estensione delle lesioni, di un trattamento
specifico concomitante, del temperamento dell'animale e della volontà del proprietario di dedicare il
tempo necessario, e della concentrazione e degli effetti collaterali dei principi attivi .
Il piano terapeutico deve essere definito sia a breve che a lungo termine per ottenere i migliori risultati,
la migliore compliance dei proprietari e per limitare gli effetti collaterali (Koch HJ, Proc. WCVD3
Edimburgo, 1996, 88-90). Anche con l’enorme e recente progresso nella dermatologia degli animali
da compagnia, c'è ancora una certa quantità di arte e scienza nel definire la migliore therapia [10]. La
comunicazione è importante e dovrebbe sottolineare il grande valore degli shampoo terapeutici per il
trattamento dei disordini cheratoseborroici di un animale che é dotato di peli.
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