06-09-95 - Ore 23. 39, esplode la Bomba di Chirac L`"istante zero" è
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06-09-95 - Ore 23. 39, esplode la Bomba di Chirac L’"istante zero" è scattato alle 23 e 39 di ieri notte. La testata nucleare, inserita nel pozzo profondo 1,2 chilometri sotto l’atollo di Mururoa, è esplosa, mentre sulle acque del Pacifico ecologisti e pacifisti protestavano. In pochi millesimi di secondo si è liberata tutta l’energia della reazione nucleare: la temperatura ha raggiunto i 100 mila gradi e la Francia ha sfidato il mondo, dimostrando di non volersi piegare davanti alle proteste internazionali. Come aveva annunciato il presidente Jaques Chirac lo scorso 13 giugno, e come avevano ripetuto nei giorni scorsi i militari francesi, sotto le acque azzurre della Polinesia è stato portato a termine quell’esperimento che la "flotta della pace" ambientalista aveva tentato di impedire. Pochi minuti dopo il colonnello Abel Moittie ha confermato l’esplosione, che ha avuto una potenza inferiore alle 20 chilotonnellate. E ha aggiunto che presto sarà disponibile un filmato di sei minuti con le immagini riprese a Mururoa. "È un oltraggio osceno. È completamente inaccettabile", ha subito reagito il portavoce di "Greenpeace" in Nuova Zelanda, Michael Szabo. Quella di Mururoa è anche una bomba diplomatica. Gli Stati Uniti hanno espresso "disapprovazione e rammarico" per l’esperimento. L’Australia ha avuto parole molto dure per bocca del suo ministro degli Esteri, Gareth Evans: "Questo non è il comportamento di un buon membro della comunità internazionale. Questa non è l’azione di un buon vicino. Noi ci opponiamo in modo totale agli esperimenti nucleari". Ieri notte a Mururoa, infatti, è stata messa la parola fine a una moratoria di tre anni osservata da tutte le potenze nucleari, con l’eccezione della Cina. Russia, Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia, infatti, tra il 1991 e il 1992 si erano impegnate a non portare più a termine test atomici in modo da consentire una più serena elaborazione di quel trattato internazionale che attualmente è in discussione a Ginevra e che entro l’anno prossimo dovrebbe venire firmato dalle potenze nucleari, regolando la materia. L’allora presidente francese François Mitterrand lo aveva firmato e rispettato. Ma Chirac, subito dopo la sua elezione, aveva fatto retromarcia. Ieri lo stesso Chirac, in un' intervista alla televisione francese, aveva promesso che i test nucleari finiranno "molto prima" del 31 maggio '96, la data inizialmente prevista, e il loro numero potrebbe, almeno in teoria, essere ridotto dopo aver esaminato i risultati dei primi esperimenti. Se saranno sufficienti per mettere a punto la cosiddetta "tecnica di laboratorio" non c’è ragione di continuare, aveva detto Jacques Chirac, aprendo uno spiraglio: i test atomici, anziché sette o otto, potrebbero essere tre o quattro. Jacques Chirac è cosciente dell’isolamento della Francia. Ha detto che immaginava le reazioni internazionali perché "quando si parla di problemi nucleari l’emozione fa sempre premio sui ragionamenti". Ma ha giustificato la sua scelta in nome della sicurezza che, oggi come ieri, riposa sulla dissuasione nucleare. La fine della guerra fredda non ha ridotto i pericoli. Anzi, li ha paradossalmente resi più consistenti: basta guardare alle testate atomiche disseminate nei Paesi dell’ex Unione Sovietica. I test di Mururoa servono per dare credibilità ed efficacia alla dissuasione nucleare francese. La maggioranza dei francesi è contro, gli è stato detto: "È vero, ma quanti francesi, alla metà degli anni Trenta, avrebbero approvato l’opzione carri armati per fronteggiare il riarmo della Germania di Hitler?". Anche se Chirac si è mostrato comprensivo, la Francia si è mossa diplomaticamente per mettere un argine alle proteste antinucleari. Ieri, gli ambasciatori di Giappone e di Svezia a Parigi sono stati convocati al Quai d'Orsay. Hanno ricevuto una nota di protesta del governo francese per la partecipazione, a Papeete, di un ministro giapponese e di uno svedese a una manifestazione antifrancese. In più, gli ambasciatori francesi in Giappone e Svezia sono stati trattenuti a Parigi per consultazioni. Non siamo alla rottura delle relazioni diplomatiche, ma che il clima sia teso non ci sono dubbi. Sul fronte interno, invece, tutto fa pensare che gli attentati di Parigi siano opera degli estremisti islamici algerini. Ma Jacques Chirac ha confessato: "Non abbiamo prove, ancora non sappiamo chi è il nostro nemico". Ha elogiato l’impegno delle forze dell’ordine, e soprattutto la calma dei francesi. Da oggi, comunque, saranno intensificati i controlli alle frontiere al di la' degli accordi Schengen che la Francia, del resto, non ha ancora applicato. Non è escluso che sotto accusa sia l’Italia. Sotto attacco anche la stampa, scritta e televisiva: "Io non giudico, mi limito a constatare: la deriva dei mass media, che non ha equivalenti al mondo, ha certamente superato le speranze dei terroristi nella loro folle impresa di destabilizzazione". (Corriere della Sera)