Il Cimone N. 04

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Il Cimone N. 04
TRIMESTRALE - ANNO XXXIII - Nuova serie N. 4 - SETTEMBRE/OTTOBRE/NOVEMBRE 2011 - Tariffa R.O.C. Iscrizione n° 10621: “Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento
Postale D.L.353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 N° 46) art. 1, comma 1, DCB Modena - Tassa Riscossa - L’abbonamento riservato ai soci di Euro 2,00 è stato assolto nella quota associativa.
La nostra Sezione, tenuto conto delle grandi problematiche inerenti alla necessarie ricerche ed attuazioni di impianti per la produzione di Fonti
Energetiche alternative, nell’immediato e nel prossimo futuro, tenuto conto delle esperienze finora acquisite, delle conseguenti ripercussioni ambientali
sul territorio naturale montano dell’Alto Appennino modenese e Regionale, visto l’attivismo della Giunta Regionale dell’Emilia Romagna in merito al
raggiungimento dei parametri posti dal Consiglio Europeo entro il 2020 per l’abbattimento dei valori, una riduzione del 20% dei consumi energetici
derivanti da combustione di prodotti fossili, organizza con il Patrocinio del Gruppo Regionale del Club Alpino Italiano, per
martedì 27 settembre, ore 21.00
presso la Sala della Comunità Montana del Frignano in via P. Giardini, 9 - Pavullo
Una conferenza pubblica sul tema
CAI
G.R. E.R.
“Le posizioni del Club Alpino Italiano,
in merito alle Fonti energetiche alternative,
nell’Appennino Emiliano Romagnolo”
Incontro con l’Assessore Regionale con deleghe ad Attività produttive, Economia verde, Edilizia,
Autorizzazione unica integrata, Gian Carlo Muzzarelli
Interverranno:
• il Presidente delle Sezioni C.A.I. Emilia Romagna, Paolo Borciani • il Presidente della Sezione di Modena, Giuliano Cavazzuti
• il Presidente della Commissione Regionale di Tutela Ambiente Montano (TAM), Valeria Ferrioli
• il Consigliere della Commissione Nazionale T.A.M., Giorgio Maresi
• il Presidente della Comunità Montana del Frignano Luciana Serri e il Sindaco del Comune di Pavullo, Romano Canovi
Pranzo sociale Soci “Maturi” e conferimento
del distintivo “Socio 60 anni”
Sabato 4 giugno, in un ristorante
alla estrema periferia cittadina, ha
avuto luogo il programmato Pranzo
Soci
“maturi”,
con
la
partecipazione di una ventina di
persone. L’incontro si è svolto in
un clima di simpatica allegria: è
stata anche l’occasione per il
conferimento agli aventi diritto del
raro e prestigioso distintivo CAI
“Socio 60 anni”, un attestato di
fedeltà e di attaccamento al
Sodalizio mai prima d’ora tributato.
segue a pagina 9
venerdì 18 novembre, ore 21
presso la Circoscrizione Centro Storico, Piazza Redecocca, n° 1
Conferenza e presentazione del libro-guida storico escursionistica:
Sulle tracce della Linea Gotica
Il fronte invernale dal Tirreno
all’Adriatico in 18 tappe
Una guida storico-escursionistica
lungo quel fronte invernale della
Linea Gotica che dall’autunno del
1944 all’aprile del 1945 correva dalle
spiagge a nord della Versilia a quelle
a nord di Ravenna, attraversando
la Toscana e l’Emilia-Romagna.
Suddivisa in 18 tappe con 2 importanti deviazioni e 3 appendici, supportata da 24 mappe e 270 immagini
e utilizzando fonti archivistiche e
iconografiche anche inedite, la guida
permette la visita a luoghi e siti
particolarmente significativi offrendo
una descrizione dettagliata di tutti i
segni e le tracce sedimentate nella
memoria di quei territori. Non solo:
essa vuole essere una proposta e
uno strumento per far conoscere in
tutta la sua ricchezza (paesaggio,
ambiente, architettura, storia e
tradizioni) quel tratto del nostro
paese che la tragedia della guerra
travolse segnando il destino di intere
popolazioni.
segue a pagina 9
Il CAI Modena
alla 17ª Fiera
dell’Economia
Montana - Pavullo
Dal 16 al 19
g i u g n o
scorsi si è
tenuta a
Pavullo nel
Frignano la
17ª Fiera
dell’Economia Montana, evento di grande
rilievo nel
panorama economico frignanese.
Nell’ambito di questa manifestazione
si è inoltre tenuto l’Energy Day, una
intera giornata dedicata al tema
dell’energia e della sostenibilità. La
partecipazione ai 4 giorni di fiera è
stata molto nutrita in termini di pubblico
e ampia è stata l’offerta da parte di
imprese, enti ed associazioni operanti
nel territorio del Frignano.
segue a pagina 9
All’interno:
Natale in Musica 2011
pag. 3
A un passo dalla vetta
pag. 6
Trekking sulle tracce
della Divisione partigiana
Modena Montagna
pag. 6
9° Concorso Fotografico
Un sentiero alla volta
pag. 7
pag. 10
COMMISSIONE ESCURSIONISMO
CAI
ES
CU
sabato 17 e domenica 18 settembre
domenica 2 ottobre
Val de la Mare (E)
Parco dei Cento Laghi (E)
L’itinerario che andiamo a proporre si
snoda completamente all’interno del
Parco Nazionale dello Stelvio, che si
estende su di una superficie di oltre
130.000 ettari, nel cuore delle Alpi
Centrali, e comprende i gruppi
montuosi dell’Ortles e del Cevedale e
delle relative valli laterali. Durante i
movimenti orogenetici che portarono
alla nascita delle Alpi questa zona è
stata oggetto di movimenti tettonici
assai marcati con fenomeni forti che
ci danno ora la possibilità di trovare
rocce di origini diverse in zone assai
vicine tra loro: ecco quindi gli scisti
della Val Venosta, il famoso marmo di
Lasa e della Val Canè, lo gneiss del
Tonale, fasce quarzifere in Val d’Ultimo
ed in Val Martello fino a rocce calcaree
e dolomia nella zona dell’Ortles. Il
primo giorno da Malga Mare dapprima
attraverso un bosco misto di aghifoglie
in cui possiamo ammirare anche alcuni
esemplari centenari di pino cembro,
e poi risalendo l’evidente vallone
glaciale, superate alcune fasce di rocce
montonate, raggiungiamo il rifugio
Larcher posto proprio alla base del
ghiacciaio che scende dal Cevedale
e dal Palon de la Mare. La mattina
successiva saliamo alle spalle del
rifugio verso Cima Marmotta ed il
relativo sottostante laghetto e sempre
per ottimo sentiero superiamo il Lago
Nero, il Lago Lungo fino al bacino
artificiale del Lago di Careser alla base
della omonima vedretta. Se facciamo
attenzione, e silenzio, il percorso ci
consentirà di fare incontri ravvicinati
con diversi abitanti della zona
(marmotte, pernici bianche, ermellini).
Dal lago Careser per ripido sentiero
ritorniamo a Malga Mare.
D.G. Tomacs Turbiarz
domenica 2 ottobre
Sentiero attrezzato di Cima Rocca (EEA)
(Alto Garda)
Nella Grande Guerra del 1915/18 lo
sbarramento “Alto Garda” della linea
difensiva austriaca, correva dalla Tagliata del Ponale fino allo spartiacque
Rocchetta-Cima D’Oro. Il percorso attrezzato, non particolarmente difficile,
che si snoda lungo le pendici meridionali di Cima Rocca è uno tra gli itinerari
più interessanti per l’appassionato di
fortificazioni campali realizzate durante
il conflitto. In 6/7 ore si ha l’opportunità
di visitare l’esteso sistema di gallerie
austriaco sullo Sperone di Cima Rocca
completamente ripristinato e ammirare
contestualmente lo stupendo panorama sul Garda e sulle valli circostanti.
La solitudine che ti accompagna per
questi tunnel e trinceramenti, bui e
umidi, in un primo tempo sembra ango-
sciarti, ma poi li superi facendoti prendere dalla curiosità e dall’immaginazione sentendoti appagato nel farti
invadere da tante emozioni e dalle
sensazioni che questi resti storici riescono a trasmettere. Mentre osservi
e cammini pensi che ti trovi in sostanza
a casa del “nemico”, quello con cui i
nostri nonni e bisnonni hanno combattuto. Riaffiorano quindi nella mente
sentimenti ed emozioni ma soprattutto
il rispetto per quei poveri soldati che
quasi cento anni fa popolavano queste
gallerie e che mai fecero ritorno a
casa.
Dal punto di vista escursionistico il
percorso proposto parte da Biacesa:
si sale al bivio di Caregna, fino alla
Chiesetta di San Giovanni. Seguendo
il sentiero della Rocca si giunge
all’ingresso della prima galleria e si
prosegue lungo trincee e altre gallerie
sino al sentiero che conduce alla
sommità dello Sperone o Cima Rocca.
Un itinerario divertente che affronta
una serie di cenge non troppo esposte
e con un dislivello complessivo in salita
intorno ai 550 metri.
D.G. Remo Dai Prà
Gita in uno dei periodi in cui l’Appennino si presenta più fascinoso che
mai ed offre suggestioni e spunti per
camminate e foto con i suoi sentieri
accessibili a tutti. Andremo alla
scoperta del crinale dell’alta Val di
Parma ovvero del “Parco dei Cento
Laghi” come è più nota questa zona,
termine che fa riferimento ai segni
dell’ultima glaciazione, che si manifestano nelle varie pozze temporanee, nelle torbiere e nei numerosi laghi e laghetti che punteggiano
il comprensorio di ben 12600 ettari
di Parco al confine tra Emilia e
Toscana. In mattinata presenzieremo
ai festeggiamenti della Giornata
Regionale dei Sentieri, proposta dal
Gruppo Regionale CAI Emilia
Romagna che, per l’occasione,
celebra anche l’“Anno internazionale
R SIONISMO
delle foreste” promosso dall’ONU.
Come è noto il nostro Appennino è
ricco di habitat forestali di castagni,
abeti e faggi: importante patrimonio
da salvaguardare! Non a caso la
scelta del luogo: qui, in particolare,
esistono faggete autoctone di
suggestiva bellezza. Adagiato in una
conca di origine glaciale e circondato
da faggete, ci aspetta il Lago Santo
Parmense, il più ampio lago naturale
dell’Appennino e l’adiacente Rifugio
Mariotti (1573 m) e, da qui, la salita
al crinale per raggiungere le vette
del Monte Orsaro (1830 m), del
Monte Marmagna (1851 m) e del
Monte Braiola (1819 m) che affronteremo in base alle condizioni
atmosferiche e alla stanchezza. Oltre
all’interesse paesaggistico e al
fascino naturale, diversi sono i
rimandi storico culturali soprattutto
medioevali. Valle dei Cavalieri in
quanto zona che per la sua naturale
collocazione sfuggì al controllo dei
grandi poteri fino al 1448. Per quanto
riguarda la via del sale, bisogna
ricordare che i percorsi che
collegavano la Liguria e la Toscana
all’Emilia, alla Lombardia e al Piemonte, erano molteplici ma attraversavano sempre valichi montuosi per
evitare i terreni acquitrinosi e soprattutto i briganti e preservare così il
“prezioso carico”. Come dare torto
ai nostri predecessori che grazie
anche a questo hanno saputo creare
il prosciutto di Parma e il Parmigiano
Reggiano?
D.G. Paola Miolato
domenica 9 ottobre
Via Ferrata Crench (EEA)
Ci troviamo nelle Prealpi Bresciane
nel sottogruppo del Manos-Zingla per
risalire la pressoché verticale parete
sud di Punta Pelada (632 m) che insieme alla vicina Cima Crench (778 m)
ci appaiono come un grosso sperone
roccioso calcareo a strapiombo sulla
sponda sud orientale del lago d’Idro.
La ferrata è stata costruita nel 2007
dal Gruppo Sentieri Attrezzati di Idro
e sfrutta tutta una serie di pilastrini
rocciosi addossati tra loro ed uniti da
piccole cengette, brevi sentierini e
piccoli salti che ci permetteranno di
risalire la ripida parete. Il percorso
risulta sempre ottimamente attrezzato
ma occorre prestare attenzione alla
friabilità della roccia. Raggiunta la cima
di Punta Pelada per ripido sentiero si
raggiunge la Cima Crench, piccola
vetta ma dalla cui sommità si può
godere della vista dell’intera vallata di
Idro.
A.E. Enrico Pinelli
sabato 15 e domenica 16 ottobre
Traversata della Grigna meridionale (EE) (Prealpi lecchesi)
...quel ramo del lago di Como che
volge a mezzogiorno tra due catene
non interrotte di monti tutto a seni e
golfi, a seconda dello sporgere e del
rientrare...
Cari Soci viandanti, se mai qualcuno
di voi ha letto questi passi del Manzoni,
2
nell’opera più famosa de “I Promessi
sposi”, e se mai si fosse chiesto a che
cosa pensasse o a che cosa si riferisse
l’Autore, partecipando a questa due
giorni risolverà questo bel dilemma e
vedrà con gli occhi di Alessandro. Il
Gruppo delle Grigne è interamente
composto da rocce calcareodolomitiche, che nel loro dissolversi
sovente si trasformano in guglie,
campanili, torri, aghi, sigari e creste
seghettate. La Grigna meridionale, o
più comunemente la Grignetta ne è la
conferma assoluta. Nei nostri due
giorni, aggireremo dapprima la parte
occidentale, quella che si specchia
nelle acque azzurre del lago di Lecco,
e a sera rivedremo dal Rifugio Rosalba
(1730 m) le luci che contornano “tutto
a seni e golfi, a seconda dello sporgere
e del rientrare...”, e il nostro
romanticismo sarà combattuto solo
dalla materialistica pancia piena dei
pizzoccheri cucinati dall’amico Mauro.
La domenica, chi si alzerà con il canto
del gallo, scoprirà le ragioni del
toponimo del rifugio... Saliremo per
uno dei tanti sentieri attrezzati, con
funi metalliche e catene, sulla
frequentatissima lombarda Grignetta
(2177 m), dalla cui cima oltre a
Pontida, lo sguardo spazia sui
sottostanti laghi comaschi-lecchesi,
su tutta la Brianza, Milano e partendo
da ovest, il Viso, il Rosa, il Disgrazia,
il Bernina, ecc. ecc. ecc. P.S. “l’affare”
metallico posto sulla cima, non è di un
E. T., ma una delle diverse atipiche
curiosità che la Grignetta offre ai suoi
viandanti... Una gita e un luogo
veramente particolare, dove ci
confronteremo come sempre con gli
escursionisti tradizionali delle Grigne,
e noi come al solito appariremo nel
nostro incedere come degli impacciati
pellegrini... La gita è per escursionisti
esperti e il viaggio sarà in pullman.
A.E. Giuliano Cavazzuti
domenica 13 novembre
sabato 10 dicembre
La novembrata (E)
Fiori del Baldo by night (EAI)
Anche quest’anno a conclusione della
stagione escursionistica la Commissione di Escursionismo propone la
consueta escursione finale con ritrovo
conviviale attorno ad una tavola imbandita di prodotti tipici delle nostre montagne a fine escursione. Quale miglior
periodo se non l’autunno per veder i
colori del bosco che ormai si spoglia?
Sarà il tempo di fare i bilanci delle atti-
vità del 2011 e parlare dei progetti futuri, dei Corsi, delle attività del CAI per
il 2012. L’escursione si svolgerà la
mattina, su un percorso di bassa
difficoltà e medio dislivello, adatto a
tutte le persone che si uniranno
all’escursione. Familiari ed amici che
non vorranno effettuare l’escursione
si potranno unire per il pranzo.
D.G. Stefano Aravecchia
escursione notturna con luna piena
in collaborazione con il Gruppo Over50
Proponiamo un’interessante escursione
notturna, lungo la dorsale che separa la Val
Lagarina dal Lago di Garda sino a raggiungere
il rifugio Fiori del Baldo, sicuri di ammirare
durante il tragitto un mare di luci sull’intero
Garda e la Pianura Padana. Se l’aria sarà
limpida, raggiungeremo con lo sguardo anche
le montagne dell’alto Appennino, che si
riflettono o si nascondono alla luna piena con
un gioco di chiaroscuri. Un botto, un brindisi,
un fetta di panettone e tutti a casa...
A.E.I. Giuliano Cavazzuti
venerdì 9 dicembre, ore 21.00
presso la Chiesa di Santa Maria delle Grazie in via Sant’Agostino, 40 - Modena
Natale In Musica
Serata natalizia augurale di canti di montagna e
suite natalizia con “il Coro La Secchia - Gruppo Alpini”
Tradizionale serata organizzata dalla nostra Sezione in collaborazione con la Confraternita
di San Geminano Patrocinata dalla Circoscrizione n° 1 - Centro Storico, aperta a tutti i soci,
famigliari e la cittadinanza modenese.
E come si dice... “è già Natale”... e il Club Alpino Italiano, pronto per l’evento, organizza
anche quest’anno per i Soci ed i Cittadini Modenesi il Concerto di Canti di Montagna e Canti
Natalizi, in collaborazione con la Circoscrizione n° 1 e la Confraternita San Geminiano che
gestisce la Chiesa delle Grazie e che da sei anni ci ospita. Una novità però c’è quest’anno:
la presenza, all’interno del Coro, di un nutrito gruppo di Alpini. Quale miglior augurio per la
nostra Associazione?
Ora alcune note biografiche sul Coro La Secchia - Gruppo Alpini. Fondato a Modena
nell’autunno 1986, dal 1° gennaio 2004 vede affidata la Direzione al Maestro Grazioso Boschelle. A seguito dell’accordo con il Gruppo Alpini dell’ANA di
Modena, dal novembre del 2010 il Coro assume la denominazione di Coro La Secchia - Gruppo Alpini Modena. L’organico è attualmente di 30 elementi
e i canti eseguiti sono composti per coro a quattro voci, che nel nostro caso sono voci maschili. Esigenze organizzative hanno però suggerito l’inserimento
di un gruppo di voci femminili. Il repertorio attinge sia ai canti popolari che di montagna, sia ai brani dialettali modenesi, che ai brani liturgici e di atmosfera
natalizia (per occasioni particolari come questa). Il Coro ha partecipato a molte Rassegne Nazionali e Concorsi corali ottenendo numerosi riconoscimenti.
Annualmente, nel mese di giugno, organizza al Parco “Enzo Ferrari” di Modena, la prestigiosa Manifestazione “Modena in Coro”, rassegna di canti popolari
e di montagna, articolata su tre serate, che vede la partecipazione di Cori provenienti da varie Regioni italiane e che, quest’anno, è arrivata alla 12ª
edizione. Il Coro ha inciso e distribuisce il CD intitolato “Ghirlandeina” contenente 12 canti con coro e solisti.
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Ivana Taverni
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E col motto “In musica gli auguri suonano meglio” vi aspettiamo
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GRUPPO SENIORES OVER 50
giovedì 15 settembre
giovedì 6 ottobre
Monte Ventasso (E)
Cascate di Molina (EE) (Lessinia)
Escursione Naturalistica
Il monte Ventasso, a forma piramidale,
è la parte culminale della lunga elevata
cresta spartiacque fra i bacini dell’Enza
e del Secchia. La posizione isolata e
la notevole altitudine fanno di questa
montagna un punto panoramico
privilegiato da cui, con un colpo
d’occhio, si abbracciano le cime del
crinale e le valli reggiane. Il Ventasso,
oltre ad essere una delle cime più
importanti dell’Appennino Reggiano,
è un monte di notevole interesse geologico. Suo elemento caratterizzante
è la totale esposizione ai raggi del sole
e agli eventi meteorologici che determinano la straordinaria variabilità ambientale delle sue pendici corrispondente ad una grande variabilità di
specie floristiche e faunistiche.
L’itinerario che percorreremo non comporta nessuna particolare difficoltà; il
sentiero inizia nei pressi del campeggio
del Lago Calamone a quota 1330 metri
dove inizia la strada forestale chiusa
al traffico che in pochi minuti ci fa
giungere al lago, situato in un’ampia
conca morenica sul versante nord
occidentale del monte. Il lago è
alimentato da un immissario e da tre
sorgenti ed in corrispondenza di una
briglia ponte ha origine l’emissario, il
Rio Lonza, affluente dell’Enza.
Costeggiando il lago si perviene alla
punta meridionale e, seguendo il
tracciato di una vecchia mulattiera, si
attraversano faggete governate a
ceduo alternate a radure dove sorgono
esemplari isolati di faggio di grandi
dimensioni. Più in alto si incontrano
pietraie in continuo movimento ai cui
margini vegetano abbondanti distese
di mirtillo nero, l’aquilegia e l’euforbia
delle faggete. Proprio in prossimità
della grande pietraia è possibile
scorgere il nucleo autoctono di abete
bianco il cui verde più scuro si staglia
netto contro lo sfondo più chiaro delle
pendici del Monte Ventasso. A questo
punto decideremo se continuare verso
la vetta del Monte Ventasso oppure
ritornare al Lago Calamone.
D.G. Ivana Taverni
domenica 23 ottobre
Madonna dei Laghi
Rifugio Barana al Telegrafo (E)
Il parco naturale della Lessinia occupa
un vasto altopiano a Nord di Verona,
collegato alla pianura da strette valli
longitudinali simili a canyon di origine
fluviale. Il territorio del parco, definito
a nord dal confine regionale con il
Trentino Alto Adige, è delimitato dalla
Val d’Adige a ovest e dalle valli del
Chiampo e dell’Agno a est, mentre a
sud continua con rilievi e valli pedemontani situati a nord dalla città di
Verona e della pianura padana. Nel
parco si trovano alcuni siti di eccezionale interesse naturalistico,
geologico e paleontologico, in particolare il museo nei pressi di Campo
Silvano e Monte Purga, le cascate di
Molina. La vastità del territorio costituita
da tratti boschivi, prati verdi e da rocce
sedimentarie di diverso tipo, rappresenta un ottimo habitat per la pratica
dei pascoli d’alpeggio. Le cascate di
Molina e il canyon che noi proponiamo
in questa escursione fanno parte di
un’oasi naturalistica ricca di bellezze
paesaggistiche di notevole interesse
e suggestione. Un vorticoso torrente
forma spumeggianti cascate, numerosi
salti d’acqua e piccoli laghetti. L’azione
della corrente ha sagomato nella roccia
marmitte d’erosione, solchi e nicchie
di varie forme e dimensioni. Di notevole
interesse archeologico sono le cavità
presenti nel vicino Vajo delle Scalucce,
tra cui spicca la Grotta di Fumane,
uno straordinario archivio della storia
evolutiva dell’uomo: in essa manufatti
in selce, resti di mammiferi, focolari,
accumuli di rifiuti e dipinti su pietra,
rappresentano la frequentazione da
parte dell’uomo di Neanderthal. Tutto
questo a meno di due ore di viaggio,
quindi una giornata a contatto con la
natura e con la storia dell’uomo in un
territorio che non ha nulla da inviare
alle grandi vette.
D.G. Remo Dai Prà
domenica 13 novembre
Le cascate del Lavacchiello (E)
(Val d’Ozola - Ligonchio)
La catena del Monte Baldo si allunga
per diverse decine di chilometri da
nord-est a sud-est, fra la depressione
di Loppio (che unisce la zona di
Rovereto a Riva del Garda) e la piana
di Caprino Veronese. I due versanti
della catena hanno un aspetto molto
differente. Quello occidentale, che
guarda al lago di Garda, si erge ripido
e fittamente ricoperto di vegetazione,
con pareti, torrioni e valloni incassati.
Il pendio orientale appare invece meno
roccioso e ricco di praterie; non scende
direttamente all’Adige ma si rialza
prima in un anticrinale parallelo alla
cresta principale, formando così il
vallone dove sorgono Spiazzi e Ferrara
di Monte Baldo, per precipitare quindi
verso il fondovalle atesino. Il Baldo
presenta un clima mite caratterizzato
da temperature medie abbastanza
elevate e da precipitazioni concentrate
in primavera e autunno. Tali condizioni
climatiche sono chiaramente
determinate dalla posizione geografica
della catena alpina, a diretto contatto
con la pianura, e dall’effetto
termoregolatore della gran massa
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d’acqua del Garda. L’itinerario proposto
parte dal “Dosso dei Cavalli”, Cima
Mandra, a pochi chilometri dalla località
di Prada. Il sentiero inizialmente
attraversa un bosco di faggi, sale
comodamente in quota verso nord per
continuare dritto sulla mulattiera che
risale interamente il fondo della Val di
Naole, passa accanto all’omonima
malga e al vicino forte militare di
Bocchetta di Naole (1648 m). Si
prosegue per un crinale panoramico
sul Garda, con qualche breve tratto
che richiede un po’ di attenzione.
Continuando a salire si apprezza
sempre più lo splendido paesaggio
del lago di Garda e le montagne
circostanti, fino a raggiungere il Passo
del Camino (a pochi metri dalla cime
del Coal Santo) dove si ripassa sul
ripidissimo versante orientale. La
mulattiera corre in piano e a ridosso
del crinale fino al vicino rifugio
Telegrafo (2147 m), in questo periodo
chiuso fino all’omonima cima (2200 m)
dalla quale possiamo osservare i due
versanti del Baldo.
D.G. Remo Dai Prà
Risalendo la valle dell’Ozola si arriva
in vista del canale del Lavacchiello
che, ricevendo le acque del fosso
Lama Cavalli, dà origine a una bella
serie di cascate, particolarmente
spettacolari all’epoca dello
scioglimento delle nevi. Le acque
veloci e impetuose hanno scavato e
modellato la roccia, creando alla base
anche una splendida pozza larga un
paio di metri. Le vette del Monte Prado,
del Monte Cusna e dell’Alpe di Succiso
superano i 2000 metri di quota e, così
come le linee di crinale più alte, sono
caratterizzate dal paesaggio delle
praterie, dove le distese di nardi,
giunchi delle creste, anemoni narcissine, astri alpini e genziane purpuree,
sono punteggiate da affioramenti
rocciosi con una flora erbacea
caratteristica, più simile a quella alpina.
Il territorio, collocato all’interno del
Parco Nazionale dell’Appennino ToscoEmiliano, rappresenta una grande
varietà di esposizioni e di quote
altimetriche, caratteristiche che hanno
generato diversi ambienti, da quelli
più freddi e nudi, alle foreste, alle
colline, nelle quali l’uomo nei secoli si
è inserito in maniera significativa. Per
queste ragioni è facile trovare antiche
mulattiere e percorsi selciati, i cui
tracciati hanno segnato il paesaggio
di questi territori da secoli, da quando
i mercanti, i pellegrini ed anche i
briganti passavano dal versante
padano a quello tirrenico e viceversa,
attraverso i Passi del Lagastrello, del
Cerreto e di Pradarena. Da questo
ambiente naturale nasce un mosaico
di paesaggi infinitamente complesso,
da ammirare e scoprire partendo dalla
morfologia, dalla copertura del suolo,
sino alle cime più o meno marcate che
contrastano con le guglie aguzze delle
Alpi Apuane. Un’altra particolarità è
data dalle testimonianze delle
glaciazioni del Quaternario, soprattutto
nei versanti esposti a settentrione,
quelli più freddi, dalle valli glaciali ai
circhi, dai depositi morenici ai laghi e
alle torbiere. L’itinerario qui proposto
prevede quella che è una meta
classica dell’escursionismo nel gruppo
del Monte Cusna, vetta principale
dell’Appennino reggiano e del Parco
Nazionale dell’Appennino toscoemiliano, giacché costituisce un
sistema di assoluta imponenza, il più
vasto e complessivamente elevato di
questa regione.
D.G. Remo Dai Prà
domenica 27 novembre
Monte Belvedere
Percorsi della Memoria (E)
Durante la 2ª guerra mondiale, la Linea
Gotica o Linea Verde ha attraversato
anche i nostri territori e in particolare
è rimasta a lungo sul Monte Belvedere
in comune di Montese. Il Gruppo
Seniores vuole dedicare una camminata, un ricordo, un ringraziamento
ai tanti che vi hanno perso la vita. Il
27 novembre le giornate si saranno
già accorciate e percorreremo soltanto
una parte del Percorso Belvedere,
cioè da Maserno o piuttosto da
Monteforte, fino al Monte Belvedere.
Potremo fermarci ad ammirare gli
affreschi del XV secolo nell’Oratorio
di Monteforte e i resti del suo antico
castello, i castagni secolari di Malalbergo e la Chiesa dell’Emigrante di
Ronchidoso. Da qui inizia l’Itinerario
della Memoria sul sentiero di crinale
che porta al Monte Belvedere, dove i
cartelli didattici indicano trincee,
camminamenti e le posizioni degli
eserciti contrapposti.
D.G. Maria Luisa Severi
CONVERSAZIONI
IN MONTAGNA
di filosofia, letteratura, psicologia e altro ancora anno sesto
a cura di Alberto Meschiari
GRUPPO FRIGNANO
sabato 24 e domenica 25 settembre
Campocatino - Monte Tambura (E)
(Alpi Apuane)
L’anello Campocatino - Monte Tambura
si trova sulle Alpi Apuane, attraversa
una grande varietà di ambienti e
colpisce per la maestosità dei panorami che si godono. Il sabato pomeriggio ci trasferiamo a Vagli dove si
cena con piatti Toscani e si pernotta.
L’escursione ha inizio domenica dalla
conca di Campocatino (1000 m), uno
dei luoghi più belli delle Apuane.
Questa località non fu mai stabilmente
abitata, non ebbe una sua chiesa o
campanile tanto che negli anni ‘60 fu
costruita una cappella, divenuta
l’eremo di San Viano. Circondati dal
monte Roccandagia, ci incamminiamo
all’interno del villaggio aggirando la
conca erbosa con i “caselli”, un tempo
usati dai pastori, e i terrazzamenti, ora
non più coltivati. Lasciati i prati risaliamo il versante del Monte Tombaccia
(1365 m). Siamo circondati da alte
montagne ma sopratutto si nota,
imponente e spettacolare, la cima del
Monte Pisanino (1946 m) da dove ha
origine il Fosso dell’Acqua Bianca, poi
tra tratti di bosco e faggi secolari si
attraversa la Carcaraia, ambiente
carsico d’alta quota, ricco di pozzi e
grotte di notevole importanza speleolo-
gica e dove antiche leggende parlano
anche di abissi abitati da streghe e
spiriti. Giunti al Passo della Focolaccia
(1642 m) incontriamo lo storico bivacco
Aronte, primo ricovero eretto dal CAI
nel lontano 1902. Purtroppo notiamo
che le cave di marmo hanno preso il
posto a quello che era un passo d’alta
quota ricco di pascoli e tranquillità.
Seguendo la cresta, sassosa ma molto
bella, come il sottostante pendio della
Carcaraia, appoggiato sotto i bastioni
della Roccandagia, senza eccessive
pendenze si arriva alla Vetta della
Tambura (1890 m) da cui possiamo
osservare tutto il litorale da Viareggio
alle Cinque Terre, tutte le cime delle
Apuane e del nostro Appennino. Scendendo al Passo Tambura (1620 m)
imbocchiamo la Via Vandelli, costruita
nel XVIII secolo per collegare Massa
a Modena. Lungo la discesa un
cartello ci avverte di un breve tratto
attrezzato ma i cavi presenti, danno
la necessaria sicurezza. L’escursione
giunge ormai al termine, siamo
stanchi ma appagati di questa
giornata vissuta tra queste montagne
dall’aspetto lunare.
D.G. Graziano Boilini
domenica 18 settembre
sabato 8 e domenica 9 ottobre
Lago Santo - Monte Giovo (E)
Val dei Mocheni-Bernstol
alle porte dei Lagorai (E)
(Appennino modenese)
Incastonato nell’Appennino modenese,
il Lago Santo, raggiungibile da Pievepelago, è situato a 1500 metri di quota.
È il maggior lago naturale dell’Appennino modenese e il secondo dell’intero
Appennino settentrionale. Di origine
mista, glaciale e di frana, è alimentato
da tre immissari: uno che scende dalla
Boccaia, un altro dalla costiera della
Serra e il terzo dal terrazzo della Borra
dei Porci. La zona del parcheggio, a
pochi minuti di cammino dal lago, è
chiamata “Pian de remi”, perché da
qui passava l’antica “via dei remi”, su
cui venivano convogliati fino al mare
i tronchi tagliati all’Abetone e a
Cutigliano, che avrebbero fornito i remi
alle navi. Il Monte Giovo (1991 m) è
tra le più alte vette dell’Appennino
Tosco-Emiliano. Posto tra i comuni di
Pievepelago dalla parte modenese e
Barga, dalla parte della Valle del fiume
Serchio, sovrasta con uno strapiombo
di 600 metri il Lago Santo. Intorno a
noi ci faranno compagnia il Monte
Rondinaio, il Sasso Tignoso e l’Alpe
delle Tre Potenze.
domenica 2 ottobre
Monte Gazza (E) (Trentino)
Il Monte Gazza (1985 m) sorge a Sud
di Molveno, fra il Bondone e il Brenta.
La sua catena montuosa delimita a
Ovest la Valle dei Laghi. Dal parcheggio nel paese di Margone (980 m),
attraverso il bosco di faggi e macchie
di pino silvestre giungeremo alla
quota 1590 m. Da qui in mezz’ora
giungiamo ai vasti prati del Monte
Gazza (1680 m), dove godremo di un
bel panorama sul Brenta e sul Lago
di Molveno. Brevi tratti esposti si
trovano sul sentiero del ritorno, che ci
offrirà splendidi panorami sul Bleggio
e i laghi di Toblino, Cavedine e Garda.
A pochi chilometri da Trento, lungo la
Valsugana, si apre poco conosciuta
quanto misteriosa la valle dei Mocheni,
un’antica popolazione di origine germanica che vi si trasferì nel 1300-1400
per lavorare nelle miniere di argento,
rame e piombo. Dopo l’abbandono
delle miniere, la popolazione locale
non ha lasciato la valle, bensì ha
valorizzato il territorio ridestinandolo
alla coltivazione dei piccoli frutti: i
famosi frutti di bosco di Sant’Orsola
Terme. Un popolo attaccato alla valle
e alla cultura di origine a tal punto da
far nascere leggende e dicerie sulla
sua stranezza, ora aperto e ospitale
per fare conoscere i tesori preziosi di
un piccolo angolo di Trentino rimasto
abbastanza intatto e a misura d’uomo.
In questa due giorni avremo modo di
conoscere sia la parte ambientale delle
montagne a nord/nord-est che si
affacciano sulla catena dei Lagorai,
sia la parte culturale e storica, degustando i prodotti tipici, apprezzando
i particolarissimi “masi”, in alcuni
casi con i mulini annessi, e
visitando, se possibile, i musei delle
miniere e della cultura Mochena.
L’itinerario ci porterà al Rifugio Sette
Selle, una piccola dimora rurale sita
in una splendida conca prativa
all’ombra del crinale delle cime Sette
Selle, Sasso Rotto e Sasso Rosso,
per poi condurci in un interessante
itinerario che toccherà la dorsale e
i laghi naturali, tra cui lo splendido
Endermolo e le miniere. Splendida
la vista sulla catena dei Lagorai a
Nord e sulle Dolomiti di Brenta a
Ovest.
D.G. Serena Muracchini
sabato 5 e domenica 6 novembre
Cinque Terre (E) (La Spezia)
Le Cinque Terre sono una delle aree
mediterranee naturali più incontaminate della Liguria e della costa
Tirrenica; sono Parco Nazionale e dal
1997 Patrimonio dell’Umanità tutelato
dall’Unesco; cinque miglia di costa
rocciosa racchiuse da due promontori,
cinque paesini (Riomaggiore, Manarola, Corniglia, Vernazza, Monterosso) sospesi tra mare e terra,
aggrappati su scogliere a strapiombo,
regno di natura e profumi selvaggi,
conservatosi com’era in passato. La
viticoltura, tipica della zona, ha
contribuito a creare un paesaggio
unico al mondo con i tipici muri a
secco, caratteristici delle colline a
strapiombo sul mare cristallino con
baie, anfratti ed incantevoli spiaggette
tra gli scogli. Il sentiero, segnalato da
una striscia bianca e una azzurra,
unisce i cinque borghi marinari ed è il
percorso più famoso e suggestivo delle
Cinque Terre. In alcuni punti il percorso
si rivela una vera e propria mulattiera
che si snoda lungomare regalando
panorami da favola. La difficoltà è
molto bassa, ma lungo il cammino si
possono trovare restringimenti, tratti
scivolosi e dirupi. L’itinerario è lungo
circa 12 km e la quota massima di 200
metri si riscontra a Prevo, bella frazione
di Vernazza.
D.G. Serena Muracchini
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ALPINISMO GIOVANILE
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SCUOLA C.A.I.
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A UN PASSO DALLA VETTA
UN TREKKING - UN’AVVENTURA IN PIÙ
Partire per un trekking significa partire
per un’avventura che mette alla prova,
abbiamo vissuto dunque un’esperienza
di gruppo che evidenzia al massimo
grado le differenze individuali. Una
gita del genere mostra di che pasta si
è fatti; non testa solo quindi la propria
resistenza fisica, ma anche quella
emotivo-psicologica. In questi tre
giorni, dal 17 al 19 giugno, infatti i
gruppi erano di soli tre componenti,
perciò, secondo la dura legge che
meno si è più viene messo in risalto
la propria attitudine verso gli altri ed il
proprio carattere, è stata una novità
anche per chi come noi si conosceva
già da tempo immemore ed aveva
lunghe esperienze di soggiorni e
merende insieme. Questa è stata tutta
un’altra storia: armati solo di cartina e
bussola, e sotto il peso di uno zaino
in cui si era cercato di stivare tutto
l’occorrente e forse anche qualche
cosina in più, siamo partiti per una
trasmigrazione dall’Appennino
Parmense a quello Modenese o
viceversa, a seconda del gruppo. Le
tappe erano ardue ma il sentiero facile
poiché seguivamo sempre lo 00 del
crinale tosco emiliano. La prima
giornata è volata grazie anche alle
energie ancora fresche ed al tempo
splendido che permetteva un’ampiezza
di visuale che ci lasciava spaziare tra
il tipico paesaggio del nostro crinale.
La sera però si è stati ben contenti di
piantare una tenda, fermare i piedi e
godersi una meritata cenetta a base
di... liofilizzati e carne in scatola; e
guai a questo punto se per sbaglio si
rovescia la scatola del risotto, perché
i nervi sono già così surriscaldati che
si rischia un linciaggio!! Il secondo
giorno con le membra intorpidite e
nelle orecchie ancora i belati delle
capre, compagne indesiderate di
nottata, siamo ripartiti alla volta del
solito 00, ma a differenza del giorno
precedente troviamo una nuvola e
vento forte ad accoglierci. Nonostante
che veniamo immersi in una nebbia
fredda e bagnata però, senza perderci
d’animo, proseguiamo lentamente,
grazie anche alle nostre comprovare
capacità alpinistiche, lungo il dorso
roccioso dei monti a quasi 2.000 metri
d’altezza per poi buttarci giù per pratoni
e conquistare un’altra volta la meta
notturna. Ma il terzo mattino, complice
il vento che fischiava e sbatteva la
tenda contro i paletti tutta notte, la
fatica e le ossa rotte, non più baldi e
gai come in precedenza riprendiamo
a fatica il sentiero, per poi imboccare
la prima strada che ci permettesse di
essere recuperati e ricondotti a casa,
come reduci da una lunga battaglia.
Ritorniamo dunque alla civiltà come
selvaggi che riscoprono il buon cibo
caldo e sostanzioso ed il comodo letto
di casa. Ma oltre alla fatica portiamo
a casa anche soddisfazioni, e
certamente una conoscenza più
approfondita dei nostri compagni di
viaggio che sono stati come
inseparabili appendici del nostro corpo
per tutti questi giorni, altrettanto
indispensabili nel bene e nel male.
Ora è nata in noi una nuova sfida:
rifare lo stesso percorso ed arrivare
fino alla meta finale, senza sconti, e
magari partire un po’ più preparati su
cosa ci aspetta. Perciò ci possiamo
ben augurare di fare altri simili trekking
per migliorare ed ampliare il nostro
orizzonte di montanari.
Monica Salvioli
per giovani nati dal 1993 al 1997 - nella seconda decade di settembre
In occasione del 150° dell’Unità d’Italia
Trekking sui percorsi di sganciamento dai nazifascisti
della divisione partigiana “Modena Montagna”
da Montefiorino a Lizzano in Belvedere
Trekking di 4 giorni, che percorre i luoghi dove il pavullese Mario Ricci, detto “Armando”, Generale della Divisione Partigiana “Modena Montagna”, sganciandosi
dai territori dell’ex Repubblica di Montefiorino a Lizzano in Belvedere, condusse 600 uomini al di là del Fronte di combattimento della “Linea Gotica”. È il tempo
della tragica epopea della guerra partigiana dell’inverno del 1944, dove una intera generazione di giovani in prevalenza dai 16 ai 22 anni, in maggior parte
del nord Italia, furono costretti a decidere da quale parte schierarsi. Raggiungeremo le zone di passaggio, i luoghi degli scontri, leggeremo i nomi di quei giovani
sulle lapidi e troveremo ancora le testimonianze di chi quei momenti li ha vissuti sulla propria pelle: ricordi indelebili, brucianti. Una storia minuta, una storia
senza sconti, una storia poco ufficiale, spesso sconosciuta, ma la storia siamo anche noi per imparare a riflettere su ieri, per oggi e per domani, per essere
una Nazione che sa cos’è, e sa difendere la democrazia. (Foto tratte “Sulle Tracce della Linea Gotica” Vito Paticchia - Marco Boglione).
Giovani partigiane e partigiani a Montefiorino
nell'estate 1944
6
Vidiciatico (Lizzano in Belvedere), 13 aprile 1945. Il comandante "Armando" parla ai partigiani
prima dell'attacco finale contro i tedeschi
Montefiorino (MO), estate 1944. Giovani
partigiane in posa per una foto-ricordo
9° Concorso Fotografico
La Sezione organizza per il 9° anno
consecutivo il Concorso Fotografico,
per permettere a tutti i Soci di esporre
le proprie foto, scattate nelle attività
personali o con in attività sociali con
il CAI, e di concorrere all’assegnazione
di ambìti premi oltre che vedere le
proprie foto pubblicate sulle pagine
del Cimone. Dopo l’exploit di Tomecs
della scorsa edizione, siamo fiduciosi
che siano numerosi i Soci disposti a
raccogliere la sfida per strappagli il
“titolo” di fotografo dell’anno. Partecipare è semplice ed è possibile consegnare più foto (fino a 4) per cercare di
stregare la giuria “sociale”, ovvero
costituita dagli altri Soci della Sezione.
Il tema è, ovviamente, la montagna
in tutte le sue sfaccettature e la sua
bellezza e questo include tutti gli aspetti
che la caratterizzano e tutto ciò che
“la vive”, la flora, la fauna, gli altri
escursionisti e alpinisti...
L’autunno è un buon momento per
fare fotografie e partecipare alle attività
della Sezione è sicuramente il modo
migliore per scoprire ambienti nuovi e
avere nuovi soggetti, oltre che compagni di “safari fotografici” di montagna.
1° classificato 2011: Tomasz Turbiarz
“Nel Rosso dipinto di blu”
Regolamento
1. possono partecipare i Soci del C.A.I. in regola con l’iscrizione per il 2011
2. l’iscrizione e la partecipazione al Concorso è gratuita, previa compilazione del modulo d’iscrizione e accettazione del regolamento
3. ogni Socio può presentare un massimo di 4 fotografie di sua proprietà e da lui realizzate
4. le fotografie dovranno essere presentate su carta fotografica e dovranno avere dimensione di 20x30 cm (per le foto digitali - se segnalato - è accettato
il formato più prossimo al 20x30 cm) prive di bordo bianco
5. le fotografie dovranno essere attinenti ad attività in montagna e a tutto ciò che riguarda l’ambiente montano
6. ogni opera dovrà recare sul retro della stampa le seguenti indicazioni: nome e cognome dell’autore, il titolo, la data, il recapito telefonico ed indirizzo mail
(se disponibile)
7. le opere dovranno pervenire, insieme alla scheda di partecipazione, entro venerdì 25 novembre 2011
8. sono ammesse soltanto fotografie inedite
La partecipazione al concorso è subordinata all’accettazione di questo
Regolamento. Con l’iscrizione al Concorso, il Socio cede al CAI il diritto di
riprodurre e utilizzare le foto per fini associativi, sul sito internet e sulle
pubblicazioni della Sezione. Per facilitare la pubblicazione e l’uso da parte
della Sezione delle fotografie, è possibile consegnare, insieme alla versione
stampata (obbligatoria), una copia elettronica su CD o chiavetta USB (che
verranno restituiti allo stesso modo delle foto a fine concorso) oppure inviandole
per posta elettronica all’indirizzo [email protected] alla massima risoluzione
possibile (minimo 1024x768).
Ogni Socio è direttamente responsabile di quanto forma oggetto delle immagini
da lui presentate. Le fotografie che non rispettano le regole qui riportate
verranno escluse dal concorso.
Le opere saranno esposte presso la Sede Sociale e potranno essere
votate dai Soci dal 13 dicembre 2011 al 16 marzo 2012. I vincitori saranno
decretati dal voto dei Soci della Sezione di Modena che potranno esprimere
fino a 3 preferenze.
La premiazione delle opere vincitrici sarà effettuata in occasione dell’Assemblea dei Soci a marzo 2012.
Le opere presentate non saranno restituite al termine del Concorso e andranno
ad arricchire l’archivio fotografico sezionale.
Il Coordinatore Alberto Papotti
il cimone
1° classificato 2010: Daniele Lucca - “Tempesta
Croda Rossa d’Ampezzo”
www.cai.mo.it
Notiziario della Sezione di Modena del Club Alpino Italiano
Via 4 Novembre, 40 - 41123 Modena - Tel. 059/826914 - Fax 059/826978
Internet Home Page: http://www.cai.mo.it - E-mail: [email protected]
Direttore Responsabile: Maria Teresa Rubbiani
Fotocomposizione e stampa: Borghi - Via Grandi, 63/65 - 41123 Modena
Autorizz. del Tribunale di Modena n. 605 del 29 settembre 1977
Il notiziario è aperto alla collaborazione dei soci e simpatizzanti,
ma gli articoli dei singoli autori non impegnano la redazione nè il Consiglio
Direttivo del sodalizio. La pubblicazione può essere parziale.
Anche se non pubblicati i testi non saranno restituiti.
LA SEDE È APERTA NEI GIORNI DI
MERCOLEDÌ E VENERDÌ (DALLE 17,00 - ALLE 19,30)
E DI MARTEDÌ (DALLE 20,30 - ALLE 23,00).
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PO
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CAI
SPELEOLOGICO
IL IA
GR
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MODENA
GRUPPO SPELEOLOGICO EMILIANO
domenica 25 settembre
Abisso Mornig (Buco del Gatto)
I gessi di Rontana e Castelnuovo, nei
pressi di Brisighella (Ravenna) sono
interessati da un unico grande sistema
carsico, che vede nella grotta Fantini
la cavità più frequentata della zona.
Numerose altre grotte si aprono in
questo tratto della vena del gesso, tra
le quali la risorgente di Rio Cavinale,
l’abisso Peroni, l’abisso Garibaldi e
l’abisso Mornig. Quest’ultimo è
intitolato al triestino Giovanni Mornig,
che può essere considerato il pioniere
della speleologia in Romagna. Pozzo
80 anni di attività speleologica: Ferdinando Malavolti, Mario Bertolani ed
altri alle risorgenti del Fontanino di Pradole, 23 agosto 1945.
domenica 9 ottobre
Bus del Diaol - una grotta per tutti
E arrivò il giorno del Bus del Diaol, un
momento che aspettavo da un paio di
mesi, non tanto per la sua facilità di progressione e le sue ridotte dimensioni,
ma per la curiosità che ha suscitato in
me, soprattutto notando il largo e ampio
ingresso ad antro che lascia presagire
un importante passato di scorrimento
acque al suo interno. Il contatto per
arrivarci e la descrizione li avevo già
gentilmente ottenuti da Alessandro del
gruppo speleo di Rovereto (TN) e in
una delle mie rapide incursioni nella
Valle del Sarca ho trovato l’ingresso, a
cui si accede dopo una corta ma ripida
risalita di una piccola valletta formata
dalla risorgenza sotterranea della nostra
grotta. L’occasione era buona per
ampliare la gamma delle cavità dove il
nostro gruppo speleo può organizzare
uscite didattiche. La grotta ci piace
subito, dopo il primo sifone diventa
un’ampia galleria semiorizzontale.
Notevoli i segni morfologici come
marmitte a soffitto e impronte di flusso
sulle pareti ad indicare la condotta a
pieno carico. Con grande sorpresa, ho
anche notato un’ammonite ad altezza
d’occhio, che fortuna! Si arriva velocemente ad un’ampia sala dove la grotta
sembra terminare, ma in realtà prosegue verso il basso tra alcuni piccoli
passaggi, giungendo ad un cancello
che conduce alla parte più concrezionata e spettacolare e ovviamente da
salvaguardare. La parete si presenta
veramente bella e attiva, tanto che
l’acqua disegna sul piano concrezionato
uno scorrimento a grande effetto, degno
delle migliori fontane. A conclusione
della giornata ci aspetta qualcosa di
caldo da bere in compagnia, mettendoci
tutti d’accordo sul buon esito dell’escursione, oltre ad essere consapevoli che,
a volte, il semplice e il bello esistono
anche nel campo speleologico: strano
ma vero!
Marcello
domenica 13 novembre
Grotta ai Cocchi
Ma che grotta carina e interessante,
una vera chicca nel panorama delle
cavità vicentine e su cui presto qualcuno metterà le mani per la realizzazione di un progetto fotografico.
L’avvicinamento è tra i più brevi mai
conosciuti e l’accesso verticale del primo
saltino è un vero invito per partire con
il piede giusto anche per chi come Mirco,
Jessika e Giuseppe assaporano le
prime grotte da esperti... dopo essere
stati allievi fino a pochi giorni prima. Il
salto di 6 metri iniziale precede un
ambiente di crollo e l’abbondante concrezionamento di alcune sale costeggiate dal ruscello interno. Perdiamo
subito quest’ultimo, abbandonando la
via attiva più bassa e inoltrandoci per
il ramo principale alto. Aumenta il fango
nella nostra progressione vista la
presenza di varie salette dove
precedenti laghetti temporanei lasciano
il segno sul nostro abbigliamento e sui
nostri attrezzi. Era qualche tempo che
la melma non si vedeva cosi massiccia,
l’affinità ai nostri gessi romagnoli è più
che mai evidente, se non fosse per
qualche colata di calcite alquanto
scivolosa. Io e Massimo arriviamo per
primi finalmente in ambiente largo e
importante. La condotta alta e rettilinea
8
ha il fondo ingombro di massi ed è
superata dapprima armando un saltino
con la nostra corda poi salendo verso
l’alto sulla zona di crollo, fino ad
incrociare altre diramazioni che
chiudono, di fatto, la nostra galleria.
Stupore per tutti sulla metamorfosi della
grotta, le concrezioni spariscono per
lasciare il posto ad evidenti fenomeni
di erosione idrica. Alcune diramazioni
a destra danno anche idee di vere e
proprie condotte freatiche. Giungiamo
ad una grande sala, dopo vari passaggi
anche in frana, e rivediamo il nostro
ruscello dove affiorano qua e là rocce
nere basaltiche. A testimonianza dello
sviluppo orizzontale e ben contenuto,
la grotta rimane chiusa da due livelli
basaltici impermeabili che ne
impediscono anche i collegamenti con
le principali cavità sovrastanti. Poco
oltre la sala individuiamo varie vie per
proseguire sia verso il ramo attivo che
sul ramo principale, ma ormai la via per
tornare sembra la più ovvia per tutti. Il
meteo fuori tiene ancora, facciamo
quindi una foto ricordo dei magnifici 9
infangati vicino al nostro vero amico di
oggi: il ruscello della grotta nella sua
fase di risorgente.
Marcello
del pensionato, Sala del disperso,
Sassi neri, Pozzo Farolfi sono alcune
zone di questa piacevole cavità, che
si sviluppa per 400 metri e una
profondità di 70, tra facili pozzi,
comode gallerie e incredibili cristalli di
gesso, fino alla sala terminale dove
confluiscono 3 torrenti, provenienti da
un imponente sistema idrico sotterraneo, posto a monte della grotta. La
grotta non è impegnativa, ma è
comunque riservata a chi abbia già
esperienza speleologica.
domenica 23 ottobre
Abisso di Trebiciano
Verso la metà del XIX secolo,
Friedrich Lindner, funzionario
dell’impero austro-ungarico, decise
di cercare il corso sotterraneo del
fiume Timavo, allo scopo di fornire
alla città di Trieste una maggior
quantità d’acqua per usi civili. Oggi
come allora, infatti, il fiume sparisce
sotto terra a San Canziano, in
Slovenia, nella zona carsica a est
del capoluogo friulano, e riappare
a nord, a Duino, poco prima di
sfociare nel mar Adriatico. Lindner
cominciò così a esplorare tutti gli
abissi del Carso che si trovavano
lungo quello che, secondo lui,
doveva essere il percorso
sotterraneo del Timano. Molte volte
arrivò sul fondo senza scoprire nulla
e solo esplorando l’abisso di
Trebiciano ebbe successo. All’epoca
certamente non esistevano le
attrezzature che utilizziamo oggi per
calarci nelle profondità della terra,
quindi dobbiamo immaginarci lui e
i suoi collaboratori alle prese con
mezzi di fortuna e di scarsa
affidabilità. La sua si rivelò un’impresa inutile anche se sicuramente
epica, perché proprio con quella
discesa avventurosa nell’abisso Trebiciano nacque la speleologia moderna. Da allora, nonostante infinite
altre esplorazioni nel Carso che
sovrasta il golfo di Trieste, in nessun
altro abisso si è mai incontrato il
misterioso corso del fiume sotterraneo. Oggi, scendere nell’abisso
di Trebiciano è un’escursione del
tutto facile e tranquilla, grazie al
sistema di scale e cavi metallici
sistemati di recente dalla Società
Adriatica di Speleologia, in
sostituzione di quelli in legno che
risalivano all’inizio del 1900 (e fino
ad allora si era scesi ancora con
quelli posti da Lindner). Dal punto
di vista morfologico, l’abisso è diviso
in due settori: il primo è formato da
una serie di pozzi verticali che
scendono dalla botola di ingresso,
con brevi cunicoli e ponti sospesi;
il secondo è costituito dalla caverna
Lindner, nella quale scorre il Timavo.
A chi vuole avventurarsi alla
scoperta del corso sotterraneo del
Timavo si richiede solo un minimo
di allenamento per scendere e
soprattutto risalire gli oltre 320 metri
di... scalini.
domenica 11 dicembre
Bus della Genziana
Scoperta nel 1966 a 1020 metri di
quota durante l’allargamento di una
strada nel comune di Fregona, sul
Pian del Cansiglio, la grotta si apre
con una stretta fessura e un
pozzetto. La parte iniziale è dal 1987
una riserva naturale ipogea, gestita
dal Corpo Forestale dello Stato, con
laboratori biospeleologici per lo
studio degli artropodi cavernicoli
delle prealpi venete. Una serie di
pozzi e di gallerie sub-orizzontali
conducono al sifone terminale, a
585 metri di profondità. La gita è
molto tecnica e adatta a speleologi
esperti.
Per informazioni e per partecipare alle
attività del Gruppo giovedì sera in sede.
Il nostro indirizzo email è
[email protected]
Il CAI Modena alla 17ª Fiera
dell’Economia Montana - Pavullo
segue dalla prima
La nostra Sezione, ad opera del
“Gruppo C.A.I. Frignano” coadiuvato
da alcuni Soci provenienti dalle
“terre basse”, ha partecipato
attivamente all’iniziativa con un
proprio stand in cui sono state
illustrate e presentate tutte le attività
che con successo la Sezione
propone
sul
territorio.
Escursionismo, sentieri, il Giardino
Esperia, le attività dell’Alpinismo
Giovanile sono state raccontate dai
nostri volontari a coloro che si
fermavano, attirati da una raccolta
di immagini e fotografie delle attività
svolte. Tra questo il prossimo “Corso
di Escursionismo” con doppia sede
a Modena e Pavullo, in programma
tra settembre e ottobre di
quest’anno, che ha ottenuto il
patrocinio della “Comunità Montana
del Frignano”. Il risultato è stato
ottimo per riscontro di interesse dei
partecipanti e tanto è stato il
materiale distribuito, facendo ben
sperare per il prosequio delle attività.
Un doveroso ringraziamento a
quanti hanno partecipato
attivamente per la buona riuscita di
questo evento.
Giordano Chiodi
venerdì 18 novembre, ore 21
presso la Circoscrizione Centro Storico, Piazza Redecocca, n° 1
Conferenza e presentazione del libro-guida storico escursionistica:
Sulle tracce della Linea Gotica. Il fronte invernale
dal Tirreno all’Adriatico in 18 tappe
segue dalla prima
Ne sono autori Vito Paticchia (storico,
funzionario dell’Istituto Beni Culturali,
socio CAI) e Marco Boglione (studioso
di fortificazioni militari, giornalista della
rivista “Camminare”, Guida alpina) che
in 18 mesi di lavoro, hanno percorso
e descritto minuziosamente quella
linea difensiva che partendo da
Cinquale, affrontava le Alpi Apuane e
la Garfagnana, percorreva il crinale
tosco-emiliano da Passo del Saltello
a Monte Spigolino passando per
Abetone; si affacciava sulla valle del
Dardagna dall’alto dei Monti della Riva
e proseguiva per il Belvedere,
Ronchidos, Monte Castello fino a
Monte Pero; attraversava il fiume Reno
inerpicandosi a Monte Caprara e
Monte Sole; superava il Setta e saliva
a Monte Adone utilizzando il
contrafforte pliocenico come barriera
fino alla valle del Sillaro; percorreva
la Vena del Gesso da Monte Penzola
a Sasso Letroso; giungeva in pianura
arroccandosi a Riolo per poi incanalarsi
lungo gli argini del Senio verso il fiume
Reno e l’Adriatico.
Per ogni tappa, una scheda dettagliata
con dislivelli, tempi di percorrenze,
accessi, rifugi, B&B e alberghi per
aiutare l’escursionista a percorrere in
tutta tranquillità un tracciato continuo
e ininterrotto, da Cinquale a
Sant’Alberto di Ravenna, percorribile
anche solo parzialmente. Un viaggio
in territori straordinari, talvolta
incontaminati, ma soprattutto un
viaggio nella storia, nel cuore della
seconda guerra mondiale.
Pranzo sociale Soci “Maturi” e conferimento
del distintivo “Socio 60 anni”
segue dalla prima
Sei Socie e Soci su undici hanno voluto
e potuto essere presenti: per la
consegna agli altri cinque mancanti
per motivi famigliari o problemi di salute
il Consiglio Direttivo programmerà un
altro momento di festa. Uno degli assenti, il Socio Pietro Gibellini di Fiorano,
ha voluto telefonarci proprio al momento dell’entrata al ristorante con
Làbaro CAI e Presidente sezionale in
testa, per esprimere la sua commossa
partecipazione all’evento, seppur a
distanza. Inutile dire che questo pensiero e bel gesto ci ha fatto un enorme
piacere. Nella foto in alto è ritratto il
gruppo dei partecipanti al Pranzo
sociale, nell’altra i 6 Soci e Socie
percettori e percettrici dello speciale
distintivo “Socio 60 anni”. Da sinistra
a destra Arrigo Gambigliani Zoccoli,
Silvio Etro, Raffaele Bianchi, Carla
Spagnoli (nostra Socia Decana),
Marisa Bossetti, Maria Teresa Bernabei. I Soci/e che hanno ricevuto il
distintivo potranno ritirare in biblioteca
la foto che li ritrae, insieme al Presidente Cavazzuti, all’atto del conferimento ufficiale. Anche gli altri partecipanti, se lo vorranno, riceveranno la
foto di gruppo. Ringraziamo il dottor
Arrigo Gambigliani Zoccoli, fotografo
ufficiale della manifestazione, che ha
deciso di farcene gentile omaggio.
Ritornando alla seconda foto si precisa
che il Notiziario “Il Cimone” non è uso
a cedere al pettegolezzo o come si
dice oggi al gossip... ma siccome tutti
se lo saran chiesto: “mo’ di chi son le
gambe che spuntano sotto al
Làbaro?”... ebbene sì, ve lo diciamo:
esse appartengono alla nostra
carissima Socia Luciana Lugli che per
l’occasione fungeva da vessillifera.
Il Comitato organizzatore
9
Gruppo
sentieri
Segnatori bicolori e... tricolori!
Il bianco e rosso dei nostri segni nel
verde delle foglie sono proprio i colori
della nostra bella bandiera: un modo
in più per festeggiare il 150mo
dell’Unità d’Italia! E anche in autunno
i festeggiamenti continuano, anche se
le foglie dal verde passano alle diverse
tonalità di giallo e rosso. In mezzo a
questo tripudio di colori, i nostri segni
vogliono essere comunque una
costante che ci guida per i monti... Le
attività, dunque, continuano... dopo il
Soggiorno del Segnatore e le gite che
si sono fatte sempre più “roventi” tra
luglio e agosto, si ritorna alla cadenza
mensile tipica delle mezze stagioni. A
Modena gli incontri si terranno il primo
martedì del mese (6/9, 4/10 e 8/11)
con la gita la successiva domenica
(11/9, 9/10 e - anticipando una settimana per evitare la... neve - 6/11). A Pavullo ci incontreremo i mercoledì che
precedono le escursioni che saranno
le domeniche 25/9, 23/10 e 27/11.
L’incontro di settembre sarà l’occasione per raccogliere le segnalazioni
di tutti gli escursionisti che si sono
avventurati sui sentieri nel corso dell’estate... anche per decidere cosa
fare in autunno! La raccolta delle
esperienze e delle problematiche in
cui vi siete avventurati o - speriamo!!!
- dei complimenti per un sentiero tenuto bene, ci permettono di svolgere al
meglio la nostra attività e di confermare
che questa è davvero utile agli
escursionisti... e non solo a bici, moto
e quad. Nell’incontro di ottobre faremo
anche i progetti per l’anno prossimo
e daremo forma al nuovo calendario
perchè i Segnatori non si fermano mai!
Qualche idea? Qualche proposta?
Come sapete, le nostre attività sono
aperte alla collaborazione di tutti i Soci
interessati a darci una mano nella
manutenzione dei sentieri ma anche
nella scoperta e riscoperta del nostro
territorio. Non è un’attività di nicchia,
come molti credono, non serve aver
fatto corsi di chissà quale livello o avere
chissà quali competenze, ma è
sufficiente un po’ di curiosità e di voglia
di fare. Più pratica che teoria, come i
nostri corsi. Le regole, in fondo, sono
poche e semplici e i veri Segnatori si
fanno sul campo! La carta, la bussola,
il pennello e via... per di là! Ah, no... per
di qua... o no? Beh, scopriamolo insieme!
Per maggiori informazioni e per partecipare all’attività, a Modena il martedì
sera (in particolare il primo martedì
del mese) mentre a Pavullo l’appuntamento è per il mercoledì che precede
le gite. Il nostro indirizzo di posta
elettronica è:
[email protected]
Andrea Gasparini
Un sentiero alla volta
Da Bellagamba al Libro Aperto per il Monte Lagoni:
quando l’Appennino non è solo faggi e prati
Quest’escursione raggiunge il Monte
Libro Aperto, sul crinale tra Emilia e
Toscana, un balcone dal quale si può
godere un panorama maestoso.
L’ambiente è quello tipico dell’alto
appennino con prati e praterie d’alta
quota alternate a fasce rocciose. Alcuni
tratti di roccette rendono particolarmente divertente la parte finale della
salita ma richiedono particolare
attenzione in presenza di umidità. Oltre
ad osservare una gran varietà di fiori,
sono frequenti gli incontri ravvicinati
con le marmotte e con i rapaci. L’inizio
dell’estate è il periodo migliore.
Descrizione itinerario
Si parte dalla località Bellagamba
(1298 m.), raggiungibile in auto da
Casa Ruggeri lungo la strada
comunale Fiumalbo - Abetone. Si
segue il segnavia 493 che nel primo
tratto coincide con il 495 (che percorreremo al ritorno) su bella mulattiera
tra muretti a secco. In breve si raggiunge un bivio al quale si abbandona il
495 per prendere a sinistra e si
discende al Rio Borgognone (1262
m., ore 0,15). Lo si attraversa e si
prosegue in salita prima su mulattiera
poi su sentiero e di nuovo su mulattiera
fino alla quota 1450 m. (ore 0,30 -
10
0,45) A questo punto si abbandona il
sentiero principale seguendo i
segnavia verso sinistra e si continua
in salita. L’ambiente si fa più aperto e
dopo aver oltrepassato due faggi isolati
si esce definitivamente dalla
vegetazione. Si continua a salire in
direzione del Monte Lagoni, fino ad
arrivare su una fascia rocciosa che
impedisce l’accesso diretto alla cima
(ore 1 - 1,45). Si piega decisamente
a sinistra lungo un tratturo che
seguendo una cengia ci porta ad una
sella erbosa dalla quale appare
improvvisa e maestosa la vetta del
Cimone. Svoltando ora a destra si
risale un canale che ci porta all’ometto
di sassi sulla cima del Monte Lagoni
(1962 m., ore 0,30 - 2,15). Ci troviamo
ora sul crinale che collega il monte
Cimone al Libro Aperto e separa la
valle di Fiumalbo da quella di
Fellicarolo. La vista ripaga della fatica
fatta fino ad ora. Si prosegue in
direzione sud seguendo il 447 prima
per praterie poi per divertenti roccette
fino a raggiungere l’incrocio di quota
1900 con i sentieri 495, 433 e 435 (ore
0,30 - 2,45). Si prosegue in salita superando un tratto divertente di roccette
fino a quota 1931, si scende leggermente fino ad arrivare alla paretina finale
poco sotto la cima. Questo ultimo tratto,
molto breve ma delicato ed esposto,
richiede attenzione soprattutto se
bagnato. Si giunge infine sulla vetta del
Libro Aperto (1936 m., ore 0,20 - 3,05).
Questa cima deve il suo nome alla
sua forma: due punte rocciose
separate da una sella erbosa che
ricordano appunto le pagine di un libro
aperto. Peccato che per vederle ci si
debba recare in Toscana! Non rimane
che consolarci con il panorama: lo
sguardo può spaziare a 360 gradi, a
nord il Cimone e dietro la pianura
padana, a sud la toscana e da est a
ovest tutte le cime del crinale. Dalla
cima si possono seguire due itinerari:
o si ritorna sui propri passi seguendo
il 495 affrontando in discesa il
passaggio esposto, oppure lo si può
evitare seguendo lo 00 che scende
ripidamente verso ovest fino alla
selletta del Libro Aperto a quota 1857
dalla quale si può ritornare sul 495
che passa nella conca a nord (ore
0,25 - 3,30).
Il sentiero scende tra praterie d’alta
quota fino a raggiungere una sorgente:
ci troviamo nella testata della valle del
Rio Borgognoni. Siamo in presenza
di un bell’esempio di circo d’origine
glaciale. La valletta che ha origine dal
circo e si spinge in basso, ha il fondo
inciso a gradini, ricoperto di detriti e
con il solco dell’erosione al centro.
Depositi morenici si trovano a quote
più basse e merita una visita il
minuscolo lago della risaia (1549 m.)
d’origine intermorenica. Quest’ultimo
si trova nelle vicinanze di una presa
dell’acquedotto che s’incontra poco
prima della Serra delle Motte, occorre
fare attenzione perché non è visibile
dal sentiero.
Abbandoniamo le praterie per entrare
nel bosco e raggiungiamo tramite una
carrareccia la località Serra delle Motte
(1502 m.; ore 0,40 - 4,10) sul crinale
all’incrocio con lo 00 ed alcuni sentieri
che salgono dalla toscana.
Si abbandona subito il crinale sempre
seguendo il 495 in direzione nord. Si
attraversano bei prati fioriti e si rientra
nel bosco, lasciandoci alle spalle la
vetta del Libro Aperto. La mulattiera
ci riporta velocemente a Bellagamba
che si raggiunge subito dopo aver
incrociato, sulla destra il 493 seguito
in salita (ore 0,30 - 4,40).
Alberto Martignani
Bibliografia:
Marchiorri A., L’Alto Appennino
Modenese, C.A.I. Sez. Modena, 1995
Le nostre radici
Per la pratica dello sci, tanto per farsi un po’
di corredo, nell’ottobre del ‘27 la Sezione decide
A parte la parentesi sciistica relativa alla
organizzazione dell’Inaugurazione del Campo
sciatorio delle Piane di Mocogno che costituì
l’evento più pubblicizzato oltre che partecipato
e sofferto, l’attività della rinata Sezione CAI di
Modena nei suoi primi dieci anni di vita fu
eminentemente a carattere escursionistico. Zona
d’elezione fu ovviamente l’Appennino modenese.
Oltre l’ascensione al Monte Cimone, una classica
era la “Tagliole - Lago Santo - Monte Giovo”.
Si partiva da Modena il sabato pomeriggio-sera,
si percorreva tutta la Giardini e si pernottava
alle Tagliole. La domenica mattina, dopo la
Messa officiata dal Parroco di Tagliole (all’epoca
c’era ancora abbondanza di preti...) via lungo
la mulattiera per il Lago Santo (la strada
carrozzabile Tagliole-Lago Santo venne costruita
solo agli inizi degli anni ‘60). Al Lago Santo
breve refezione e poi salita al Giovo, discesa nel
primo pomeriggio a Tagliole e rientro a notte
fatta a Modena. Tanto per la cronaca diremo
che l’itinerario di cui sopra fu il primo sentiero
segnato al minio dalla nostra Sezione.
Un’altra classica d’impegno era la Fanano Libro Aperto - Cimone - Fanano; anche in questo
caso tra sabato e domenica si pernottava a Fanano. In quegli anni si lavorava anche il sabato e non erano stati ancora inventati i “week-end” e “ponti”
oggi tanto desiderati e intensamente vissuti... Per andare sulle Alpi si approfittava di 3 o 4 giorni a Ferragosto: si programmava un “tour” da rifugio a
rifugio in Brenta, in zona Cortina - Misurina oppure in Val Gardena raggiungibile completamente in ferrovia con l’ultima tratta sul mitico “Trenino della
Val Gardena” dismesso nel 1960. Di alpinismo vero e proprio non se ne faceva a livello sezionale: solo alcuni Soci e Socie che avevano la possibilità di
far vacanza estiva in centri alpini si concedevano le prestazioni di Guide alpine patentate per fare un po’ di Scuola di roccia e per qualche bella ‘classica’
su difficoltà medie. Un’altra occasione per frequentare l’alta montagna erano gli attendamenti del Touring Club Italiano: questi campeggi offrivano ai
partecipanti più di una possibilità: tranquille (o robuste) escursioni ma anche qualche salita alpinistica su vie normali di misto sopra quota 3000. La foto
che vi proponiamo fu scattata il 31 luglio 1931 sulla cima dell’Adamello: da notare la bella figura della Guida alpina seduta in primo piano, la robusta
signora o signorina all’estrema sinistra, la ciclopica macchina fotografica con relativo operatore in alto. Il secondo da destra, alto e segaligno, sorridente
con occhialoni sulla fronte è il Ragionier Lorenzo Bossetti, uno dei nostri Padri Rifondatori dal cui archivio personale è stata tratto questo prezioso
documento fotografico. Alla fine degli anni ‘20 approdarono a Modena due Soci del CAI Torino, entrambi anche Accademici del CAI: Mario Bordone e
l’Ingegner Francesco Parea. Facendo leva sulla loro pratica e esperienza alpinistica la Sezione cercò di promuovere, almeno come immagine, l’alpinismo
in terra modenese.
Evento clou fu la “traversata alla tirolese” tra le due punte principali dei sassi di Roccamalatina, la prima volta nel 1929 e la seconda due anni dopo, l’ultima
domenica di giugno del 1931. La bella foto che pubblichiamo si
riferisce a questa seconda prestazione: in traversata è il Bordone,
mentre il Parea assicura il compagno. Larga eco ebbe questa
performance anche sui quotidiani e periodici locali che non lesinarono
plausi, apprezzamenti e meraviglia per questa impresa. Illustre
precedente dell’utilizzo di questa tecnica, per la verità più funambolesca
e acrobatica che prettamente alpinistica, fu la celebre traversata della
Guglia De Amicis nel Gruppo del Cristallo compiuta nel 1906 dal
grande Tita Piaz: non fu però la prima in assoluto: essa fu preceduta
da quella alla Torre del Diavolo nel Cadini di Misurina del 1903
realizzata dalla cordata Dimai, Siorpaes, Verzi che guidavano le
intrepide baronessine Ilona e Rolanda von Eoetvoes.
La nostra Sezione, con esplicita dichiarazione di intento pubblicata
sulle pagine de ‘Il Cimone’, elesse i Sassi di Roccamalatina a palestra
per l’avviamento all’arrampicata dei Soci CAI Modena, ma la
compagine sociale si dimostrò ancora impreparata: i tempi non erano
ancora maturi e poi tutto l’interesse e energie si volsero all’edificando
Rifugio in vetta al Cimone, un ‘tormentone’ che durò più di vent’anni...
Della palestra ai Sassi di Roccamalatina non se ne fece nulla; soltanto
successivamente, quasi trent’anni dopo, si iniziarono regolari Corsi
Roccia ai Sassi di Varana.
(Continua) - ALESSANDRO MARCHIORRI
11
NOVITÀ IN BIBLIOTECA
di Alessandro Marchiorri
“Spegniamo
il televisore
e apriamo
un libro!”
M. Rigoni Stern
Massimo Mila
“L’ALTRA FACCIA DELLA MIA
PERSONA - STORIE DI VETTE E
ALPINISTI” - Ed. Vivalda
Massimo Mila (1910-1988) fu persona
di spicco nella cultura e nella vita
pubblica del secolo scorso. Docente
di Storia della Musica al Conservatorio
e all’Università di Torino, musicologo,
critico musicale su giornali e riviste
come l’Unità, L’Espresso, La Stampa,
Mila militò nella Resistenza nelle formazioni di ‘Giustizia e Libertà’ e successivamente nel Partito d’Azione. Fu
ottimo alpinista e sci-alpinista e fece
parte del C.A.A.I. (Club Alpino Accademico Italiano). Il testo che ci viene
proposto, integrato da alcune pagine
di presentazione e di chiusura, non è
altro che la riproposizione della Storia
dell’Alpinismo dalla Fondazione del
Club alpino Italiano al 1963, storia
pubblicata nel ponderoso volume “I
cento anni del Club Alpino Italiano”,
pubblicato proprio in quell’anno. È una
storia scritta con freschezza e scorrevolezza, sintetica ma completa, un
eccellente approccio per eventuali
successivi approfondimenti. Non sarebbe male che i Soci e Socie della
nostra sezione si facessero un po’ di
cultura in campo storico-alpinistico,
visto che fra due anni celebreremo i
150 anni della Fondazione del C.A.I..
AA.VV. - “APPENNINO
TOSCO-EMILIANO - AMBIENTE,
ARTE E CULTURA NELLE
TERRE DEL PARCO
NAZIONALE” - Ed. T.C.I.
Segnaliamo con piacere questo volu-
me della Collana “Guide d’Italia”, riguardante l’Alto Appennino parmense,
lunigianese, reggiano e garfagnino
facenti parte del Parco Nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano. Si tratta
di una guida turistica compilata da
Autori con competenza specifica
nei vari settori indicati nel sottotitolo
del volume. È un’opera molto valida
per un approccio culturale a un territorio, almeno per la parte emiliana,
assai noto e battuto dall’escursionismo
e dall’alpinismo estivo e invernale. La
raccomandiamo con insistenza all’attenzione e alla lettura dei nostri Soci.
Emilie Vast
“L’ERBARIO DI EMILIE VAST ALBERI DI LATIFOGLIE
D’EUROPA” - Ed. Salani
È un delizioso atlante che invita alla
conoscenza dei tipi più comuni degli
alberi di latifoglie (cioè a foglia cadùca)
presenti alle nostre latitudini. Pur
essendo un’opera per ragazzi, premiata con la Menzione Speciale al Bologna Ragazzi Award 2010 - categoria
non fiction, è anche un eccellente
strumento di conoscenza anche per
chi ragazzo non è più. La accattivante
soluzione grafica e cromatica delle
sue pagine lo rendono un piccolo
grande gioiello librario. Riproduce diciotto specie che si incontrano abitualmente nei nostri parchi e giardini
cittadini così come negli ambienti naturali di collina e di montagna. Perchè
lo raccomandiamo con tanto entusiasmo? Perché crediamo che non sia
ammissibile che un Socio CAI non
sappia distinguere un faggio da un
càrpine, un ontano da un acero, un
fràssino da un sorbo degli uccellatori...
tanto per far qualche esempio in
territorio appenninico. Le stesse considerazioni potrebbero esser fatte per
le specie da fiore: un’aquilegia da un
anemone, un astro da una sassifraga,
una peonia da un geranio... anche
queste conoscenze elementari vengono simboleggiate da quel binocolo
che spunta dallo scudo del logo CAI.
La nostra biblioteca sezionale è ricca
di più di cento titoli di opere a livello
sia scientifico che divulgativo riguardanti il mondo delle piante,dalle erbe
ai fiori, dai cespugli agli alberi ad alto
fusto. Chi vuole fruirne è sempre il
benvenuto (o benvenuta) e con la sua
visita e interessamento contribuirebbe
anche a far sbadigliare un po’ meno il
bibliotecario di turno... A ogni buon
conto ci permettiamo di formulare una
proposta: perché gli operatori del
Giardino Botanico Esperia che
comprende nella sua “ragione sociale”
anche la specifica “didattico”, cioè la
componente di insegnamento, e il
Comitato Scientifico Ferdinando
Malavolti, separatamente o d’intesa
tra loro, non chiedono una pagina sul
Notiziario sezionale “Il Cimone” per
contribuire alla conoscenza del mondo
vegetale? Oppure non elàborano un
programma di serate con proiezioni e
commento professionale? Potrebbero
risultare iniziative di successo e perché no? - consentirebbero di dare
una maggiore visibilità a due gloriose
realtà sezionali che al momento
appaiono un po’appannate.
L.Ferranti
“APPENNINO MERIDIONALECampania-Basilicata-Calabria”
Ed: CAI-TCI
È l’ultimo volume pubblicato della
prestigiosa Collana “Guide Monti
d’Italia”, il terz’ultimo per completare
il piano dell’opera iniziato più di ottant’anni fa. All’appello mancano soltanto il volume “Alpi biellesi” e “CivettaMoiazza”. Questo libro-guida sull’Appennino meridionale ha certamente
una grande importanza dal momento
che mai prima d’ora era stata pubblicata, in un corpo unico, la descrizione
dettagliata di un territorio montano
così vasto come le montagne dell’Italia
del Sud. Si parte dal Matese, al confine
tra Campania e Molise per arrivare giù
giù, fino all’Aspromonte. Molte son le
sorprese per chi non conosce queste
alpestri e mediterranee plaghe: ci son
vie di roccia di diverse centinaia di
metri e gagliardissime salite in
invernale da far “tremar le vene e i
polsi”... Dal punto di vista della struttura
del volume qualche pecca c’è: le foto
non son sempre di buona qualità e
soprattutto quelle in bianco e nero
lasciano piuttosto a desiderare. Le
cartine sono di due tipi: quelle a colori
si trovano insieme alle foto raggruppate
a port-folio al centro del volume, altre,
che riguardano gruppi montuosi minori,
sono in bianco e nero e sono all’inizio
della trattazione del singolo gruppo:
poco male, si dirà, se non fosse che
il richiamo alla cartina riportato in ogni
pagina di testo rimanda solo a quelle
a colori al centro. Concludiamo con
qualche annotazione a margine:
perché in copertina e frontespizio è
riportato un Logo CAI ormai
abbandonato da anni? (quello dalle
linee più morbide e di design moderno
incorniciato da un riquadro chiuso).
Da alcuni anni poi questi volumi della
Collana “Guida dei Monti d’Italia”
vengono stampati in Cina: oh bella,
non c’era nessuno da far lavorare in
Brianza o in Lomellina senza dover
scomodare l’Estremo Oriente? Eh, è
la globalizzazione, bellezza! Perché
da alcuni anni il Copyright è solo del
Touring Club Italiano e non più, come
prima, anche del Club Alpino Italiano?
Da tempo ormai, le “grigie”, come
affettuosamente venivano chiamate
in gergo le Guide di questa Collana
hanno perso la loro veste originaria:
ora la copertina è in ‘plastica’ e il
volume scivola tra le mani: un tempo
erano in ruvida tela e trasmettevano
un sottile piacere tàttile simulando la
scabrosità di quel sasso, di quella
pietra, di quella roccia che s’andava
a toccare, ad afferrare, a ghermire, a
accarezzare... qualche vecchio
barbogio, impenitente romantico,
potrebbe sospirare: “sic transit gloria
mundi”.
Esperienza e lettura
di Alberto Meschiari
In un articolo del 1949, Perchè si va
in montagna, ripubblicato ora negli
Scritti di montagna (Einaudi 1992),
Massimo Mila distingueva tra un modo
di conoscere che è “puramente mentale, una faccenda dell’intelligenza e
basta” e un modo di conoscere “con
i propri muscoli, con la propria carne,
con la propria esperienza”. Il “fare”
sarebbe così la forma di conoscenza
propria ad es. dell’alpinista, che
conosce la sua montagna tastandola
palmo a palmo nella ricerca di un
appiglio, di un sostegno sicuro, di una
via praticabile. Questo giudizio concorda con un’osservazione che voglio
sviluppare in queste poche righe. C’è
un terzo modo di conoscere, probabilmente il più completo, che nasce
dall’incontro tra esperienza diretta e
lettura. Leggere ci aiuta a mettere a
fuoco le nostre esperienze, a chiarirle,
ad analizzarle confrontandole con
quelle che sono argomento del nostro
libro, a dar loro una voce, un nome, a
ordinarle nella mente e nella nostra
esperienza complessiva della vita, sia
che si tratti dei moti più intimi dell’animo, sia che si tratti del nostro
rapporto con la montagna. E questo
vale, io credo, per ciascuno, indipendentemente dalle proporzioni più
o meno esaltanti, più o meno modeste
del nostro “fare”. L’esperienza diretta,
dal canto suo, dà corpo e vitalità alle
letture, ci fa avvicinare al testo con
una qualche competenza, grande o
piccola che sia, e ci innalza alla qualità
di interlocutore attivo, dialogante.
Quando, qualche anno fa, salito da
Chamonix a Montenvers col trenino
rosso a cremagliera, posai il mio piede
sulla mer del glace, che cola a valle
sullo scenario magico delle Grandes
Jorasses, mi sembrò di posarlo nella
storia dell’alpinismo. Ma ciò poté
accadere perché questa semplice
esperienza, alla portata di tutti, si
caricava dei ricordi di lettura delle
imprese pionieristiche settecentesche,
delle figure leggendarie di De
Saussure, Paccard, Balmat, scrutatori
pazienti e temerari della mole del
Monte Bianco alla ricerca di una via
d’ascesa. Allo stesso modo, avere per
le mani una piccozza o un moschettone, un chiodo da roccia, una corda,
per farne magari anche soltanto un
uso modestissimo, indossare gli scarponi un po’ consunti per una camminata, infilare un paio di sci, mi colloca
diversamente di fronte alle pagine dello
stesso Mila e di Frison Roche, per
quanto narrino avventure fuori dalle
mie possibilità di realizzazione. Perché
quegli oggetti si caricano del fascino
della lettura nel momento stesso in
cui vestono le parole di un contenuto
più concreto, di immagini più nitide,
più precise. La narrazione allora non
è più per me una finzione del tutto
astratta, ma prende corpo e colore
dalla mia modesta esperienza, dalla
mia piccolissima conoscenza diretta.
Le distanze si accorciano. Il fascino
di quegli oggetti consiste nel fatto che
mi portano al di là della realtà dell’uso
scarsamente produttivo che io so fare
di essi, diventano una base d’appoggio
per il volo della mia immaginazione.
Trascorrere una limpida notte sul Mont
Chetif, che posso raggiungere agevolmente prima del buio, ad ammirare
come se un immenso palcoscenico la
catena del Monte Bianco, l’Aiguille
blanche de Peteurey, le Dames
anglaises, il Dente del Gigante, le luci
del Rifugio Torino, ad ascoltare i tuoni
dei seracchi che si staccano dal ghiacciaio della Brenva, mi fa gustare più
intensamente i resoconti delle imprese
di Walter Bonatti, che mi par quasi di
vedere appeso alla verticalità del Grand
Capucin di fronte a me, o a quelle del
Dru, o sulla parete del Mont Maudit. O
infine, per rientrare nei confini del
fattibile, il ricordo di una tranquilla
escursione valdostana su un dolce
pendio fiorito, tra corsi d’acqua di
fusione, con il fischio della marmotta
per compagno, si fonde nella mia lettura
con l’atmosfera vellutata delle memorie
d’infanzia che Guido Rey affidò al
delicatissimo quadretto di Alba Alpina.