Il Cimone N. 04
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Il Cimone N. 04
TRIMESTRALE - ANNO XXXIII - Nuova serie N. 4 - SETTEMBRE/OTTOBRE/NOVEMBRE 2011 - Tariffa R.O.C. Iscrizione n° 10621: “Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale D.L.353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 N° 46) art. 1, comma 1, DCB Modena - Tassa Riscossa - L’abbonamento riservato ai soci di Euro 2,00 è stato assolto nella quota associativa. La nostra Sezione, tenuto conto delle grandi problematiche inerenti alla necessarie ricerche ed attuazioni di impianti per la produzione di Fonti Energetiche alternative, nell’immediato e nel prossimo futuro, tenuto conto delle esperienze finora acquisite, delle conseguenti ripercussioni ambientali sul territorio naturale montano dell’Alto Appennino modenese e Regionale, visto l’attivismo della Giunta Regionale dell’Emilia Romagna in merito al raggiungimento dei parametri posti dal Consiglio Europeo entro il 2020 per l’abbattimento dei valori, una riduzione del 20% dei consumi energetici derivanti da combustione di prodotti fossili, organizza con il Patrocinio del Gruppo Regionale del Club Alpino Italiano, per martedì 27 settembre, ore 21.00 presso la Sala della Comunità Montana del Frignano in via P. Giardini, 9 - Pavullo Una conferenza pubblica sul tema CAI G.R. E.R. “Le posizioni del Club Alpino Italiano, in merito alle Fonti energetiche alternative, nell’Appennino Emiliano Romagnolo” Incontro con l’Assessore Regionale con deleghe ad Attività produttive, Economia verde, Edilizia, Autorizzazione unica integrata, Gian Carlo Muzzarelli Interverranno: • il Presidente delle Sezioni C.A.I. Emilia Romagna, Paolo Borciani • il Presidente della Sezione di Modena, Giuliano Cavazzuti • il Presidente della Commissione Regionale di Tutela Ambiente Montano (TAM), Valeria Ferrioli • il Consigliere della Commissione Nazionale T.A.M., Giorgio Maresi • il Presidente della Comunità Montana del Frignano Luciana Serri e il Sindaco del Comune di Pavullo, Romano Canovi Pranzo sociale Soci “Maturi” e conferimento del distintivo “Socio 60 anni” Sabato 4 giugno, in un ristorante alla estrema periferia cittadina, ha avuto luogo il programmato Pranzo Soci “maturi”, con la partecipazione di una ventina di persone. L’incontro si è svolto in un clima di simpatica allegria: è stata anche l’occasione per il conferimento agli aventi diritto del raro e prestigioso distintivo CAI “Socio 60 anni”, un attestato di fedeltà e di attaccamento al Sodalizio mai prima d’ora tributato. segue a pagina 9 venerdì 18 novembre, ore 21 presso la Circoscrizione Centro Storico, Piazza Redecocca, n° 1 Conferenza e presentazione del libro-guida storico escursionistica: Sulle tracce della Linea Gotica Il fronte invernale dal Tirreno all’Adriatico in 18 tappe Una guida storico-escursionistica lungo quel fronte invernale della Linea Gotica che dall’autunno del 1944 all’aprile del 1945 correva dalle spiagge a nord della Versilia a quelle a nord di Ravenna, attraversando la Toscana e l’Emilia-Romagna. Suddivisa in 18 tappe con 2 importanti deviazioni e 3 appendici, supportata da 24 mappe e 270 immagini e utilizzando fonti archivistiche e iconografiche anche inedite, la guida permette la visita a luoghi e siti particolarmente significativi offrendo una descrizione dettagliata di tutti i segni e le tracce sedimentate nella memoria di quei territori. Non solo: essa vuole essere una proposta e uno strumento per far conoscere in tutta la sua ricchezza (paesaggio, ambiente, architettura, storia e tradizioni) quel tratto del nostro paese che la tragedia della guerra travolse segnando il destino di intere popolazioni. segue a pagina 9 Il CAI Modena alla 17ª Fiera dell’Economia Montana - Pavullo Dal 16 al 19 g i u g n o scorsi si è tenuta a Pavullo nel Frignano la 17ª Fiera dell’Economia Montana, evento di grande rilievo nel panorama economico frignanese. Nell’ambito di questa manifestazione si è inoltre tenuto l’Energy Day, una intera giornata dedicata al tema dell’energia e della sostenibilità. La partecipazione ai 4 giorni di fiera è stata molto nutrita in termini di pubblico e ampia è stata l’offerta da parte di imprese, enti ed associazioni operanti nel territorio del Frignano. segue a pagina 9 All’interno: Natale in Musica 2011 pag. 3 A un passo dalla vetta pag. 6 Trekking sulle tracce della Divisione partigiana Modena Montagna pag. 6 9° Concorso Fotografico Un sentiero alla volta pag. 7 pag. 10 COMMISSIONE ESCURSIONISMO CAI ES CU sabato 17 e domenica 18 settembre domenica 2 ottobre Val de la Mare (E) Parco dei Cento Laghi (E) L’itinerario che andiamo a proporre si snoda completamente all’interno del Parco Nazionale dello Stelvio, che si estende su di una superficie di oltre 130.000 ettari, nel cuore delle Alpi Centrali, e comprende i gruppi montuosi dell’Ortles e del Cevedale e delle relative valli laterali. Durante i movimenti orogenetici che portarono alla nascita delle Alpi questa zona è stata oggetto di movimenti tettonici assai marcati con fenomeni forti che ci danno ora la possibilità di trovare rocce di origini diverse in zone assai vicine tra loro: ecco quindi gli scisti della Val Venosta, il famoso marmo di Lasa e della Val Canè, lo gneiss del Tonale, fasce quarzifere in Val d’Ultimo ed in Val Martello fino a rocce calcaree e dolomia nella zona dell’Ortles. Il primo giorno da Malga Mare dapprima attraverso un bosco misto di aghifoglie in cui possiamo ammirare anche alcuni esemplari centenari di pino cembro, e poi risalendo l’evidente vallone glaciale, superate alcune fasce di rocce montonate, raggiungiamo il rifugio Larcher posto proprio alla base del ghiacciaio che scende dal Cevedale e dal Palon de la Mare. La mattina successiva saliamo alle spalle del rifugio verso Cima Marmotta ed il relativo sottostante laghetto e sempre per ottimo sentiero superiamo il Lago Nero, il Lago Lungo fino al bacino artificiale del Lago di Careser alla base della omonima vedretta. Se facciamo attenzione, e silenzio, il percorso ci consentirà di fare incontri ravvicinati con diversi abitanti della zona (marmotte, pernici bianche, ermellini). Dal lago Careser per ripido sentiero ritorniamo a Malga Mare. D.G. Tomacs Turbiarz domenica 2 ottobre Sentiero attrezzato di Cima Rocca (EEA) (Alto Garda) Nella Grande Guerra del 1915/18 lo sbarramento “Alto Garda” della linea difensiva austriaca, correva dalla Tagliata del Ponale fino allo spartiacque Rocchetta-Cima D’Oro. Il percorso attrezzato, non particolarmente difficile, che si snoda lungo le pendici meridionali di Cima Rocca è uno tra gli itinerari più interessanti per l’appassionato di fortificazioni campali realizzate durante il conflitto. In 6/7 ore si ha l’opportunità di visitare l’esteso sistema di gallerie austriaco sullo Sperone di Cima Rocca completamente ripristinato e ammirare contestualmente lo stupendo panorama sul Garda e sulle valli circostanti. La solitudine che ti accompagna per questi tunnel e trinceramenti, bui e umidi, in un primo tempo sembra ango- sciarti, ma poi li superi facendoti prendere dalla curiosità e dall’immaginazione sentendoti appagato nel farti invadere da tante emozioni e dalle sensazioni che questi resti storici riescono a trasmettere. Mentre osservi e cammini pensi che ti trovi in sostanza a casa del “nemico”, quello con cui i nostri nonni e bisnonni hanno combattuto. Riaffiorano quindi nella mente sentimenti ed emozioni ma soprattutto il rispetto per quei poveri soldati che quasi cento anni fa popolavano queste gallerie e che mai fecero ritorno a casa. Dal punto di vista escursionistico il percorso proposto parte da Biacesa: si sale al bivio di Caregna, fino alla Chiesetta di San Giovanni. Seguendo il sentiero della Rocca si giunge all’ingresso della prima galleria e si prosegue lungo trincee e altre gallerie sino al sentiero che conduce alla sommità dello Sperone o Cima Rocca. Un itinerario divertente che affronta una serie di cenge non troppo esposte e con un dislivello complessivo in salita intorno ai 550 metri. D.G. Remo Dai Prà Gita in uno dei periodi in cui l’Appennino si presenta più fascinoso che mai ed offre suggestioni e spunti per camminate e foto con i suoi sentieri accessibili a tutti. Andremo alla scoperta del crinale dell’alta Val di Parma ovvero del “Parco dei Cento Laghi” come è più nota questa zona, termine che fa riferimento ai segni dell’ultima glaciazione, che si manifestano nelle varie pozze temporanee, nelle torbiere e nei numerosi laghi e laghetti che punteggiano il comprensorio di ben 12600 ettari di Parco al confine tra Emilia e Toscana. In mattinata presenzieremo ai festeggiamenti della Giornata Regionale dei Sentieri, proposta dal Gruppo Regionale CAI Emilia Romagna che, per l’occasione, celebra anche l’“Anno internazionale R SIONISMO delle foreste” promosso dall’ONU. Come è noto il nostro Appennino è ricco di habitat forestali di castagni, abeti e faggi: importante patrimonio da salvaguardare! Non a caso la scelta del luogo: qui, in particolare, esistono faggete autoctone di suggestiva bellezza. Adagiato in una conca di origine glaciale e circondato da faggete, ci aspetta il Lago Santo Parmense, il più ampio lago naturale dell’Appennino e l’adiacente Rifugio Mariotti (1573 m) e, da qui, la salita al crinale per raggiungere le vette del Monte Orsaro (1830 m), del Monte Marmagna (1851 m) e del Monte Braiola (1819 m) che affronteremo in base alle condizioni atmosferiche e alla stanchezza. Oltre all’interesse paesaggistico e al fascino naturale, diversi sono i rimandi storico culturali soprattutto medioevali. Valle dei Cavalieri in quanto zona che per la sua naturale collocazione sfuggì al controllo dei grandi poteri fino al 1448. Per quanto riguarda la via del sale, bisogna ricordare che i percorsi che collegavano la Liguria e la Toscana all’Emilia, alla Lombardia e al Piemonte, erano molteplici ma attraversavano sempre valichi montuosi per evitare i terreni acquitrinosi e soprattutto i briganti e preservare così il “prezioso carico”. Come dare torto ai nostri predecessori che grazie anche a questo hanno saputo creare il prosciutto di Parma e il Parmigiano Reggiano? D.G. Paola Miolato domenica 9 ottobre Via Ferrata Crench (EEA) Ci troviamo nelle Prealpi Bresciane nel sottogruppo del Manos-Zingla per risalire la pressoché verticale parete sud di Punta Pelada (632 m) che insieme alla vicina Cima Crench (778 m) ci appaiono come un grosso sperone roccioso calcareo a strapiombo sulla sponda sud orientale del lago d’Idro. La ferrata è stata costruita nel 2007 dal Gruppo Sentieri Attrezzati di Idro e sfrutta tutta una serie di pilastrini rocciosi addossati tra loro ed uniti da piccole cengette, brevi sentierini e piccoli salti che ci permetteranno di risalire la ripida parete. Il percorso risulta sempre ottimamente attrezzato ma occorre prestare attenzione alla friabilità della roccia. Raggiunta la cima di Punta Pelada per ripido sentiero si raggiunge la Cima Crench, piccola vetta ma dalla cui sommità si può godere della vista dell’intera vallata di Idro. A.E. Enrico Pinelli sabato 15 e domenica 16 ottobre Traversata della Grigna meridionale (EE) (Prealpi lecchesi) ...quel ramo del lago di Como che volge a mezzogiorno tra due catene non interrotte di monti tutto a seni e golfi, a seconda dello sporgere e del rientrare... Cari Soci viandanti, se mai qualcuno di voi ha letto questi passi del Manzoni, 2 nell’opera più famosa de “I Promessi sposi”, e se mai si fosse chiesto a che cosa pensasse o a che cosa si riferisse l’Autore, partecipando a questa due giorni risolverà questo bel dilemma e vedrà con gli occhi di Alessandro. Il Gruppo delle Grigne è interamente composto da rocce calcareodolomitiche, che nel loro dissolversi sovente si trasformano in guglie, campanili, torri, aghi, sigari e creste seghettate. La Grigna meridionale, o più comunemente la Grignetta ne è la conferma assoluta. Nei nostri due giorni, aggireremo dapprima la parte occidentale, quella che si specchia nelle acque azzurre del lago di Lecco, e a sera rivedremo dal Rifugio Rosalba (1730 m) le luci che contornano “tutto a seni e golfi, a seconda dello sporgere e del rientrare...”, e il nostro romanticismo sarà combattuto solo dalla materialistica pancia piena dei pizzoccheri cucinati dall’amico Mauro. La domenica, chi si alzerà con il canto del gallo, scoprirà le ragioni del toponimo del rifugio... Saliremo per uno dei tanti sentieri attrezzati, con funi metalliche e catene, sulla frequentatissima lombarda Grignetta (2177 m), dalla cui cima oltre a Pontida, lo sguardo spazia sui sottostanti laghi comaschi-lecchesi, su tutta la Brianza, Milano e partendo da ovest, il Viso, il Rosa, il Disgrazia, il Bernina, ecc. ecc. ecc. P.S. “l’affare” metallico posto sulla cima, non è di un E. T., ma una delle diverse atipiche curiosità che la Grignetta offre ai suoi viandanti... Una gita e un luogo veramente particolare, dove ci confronteremo come sempre con gli escursionisti tradizionali delle Grigne, e noi come al solito appariremo nel nostro incedere come degli impacciati pellegrini... La gita è per escursionisti esperti e il viaggio sarà in pullman. A.E. Giuliano Cavazzuti domenica 13 novembre sabato 10 dicembre La novembrata (E) Fiori del Baldo by night (EAI) Anche quest’anno a conclusione della stagione escursionistica la Commissione di Escursionismo propone la consueta escursione finale con ritrovo conviviale attorno ad una tavola imbandita di prodotti tipici delle nostre montagne a fine escursione. Quale miglior periodo se non l’autunno per veder i colori del bosco che ormai si spoglia? Sarà il tempo di fare i bilanci delle atti- vità del 2011 e parlare dei progetti futuri, dei Corsi, delle attività del CAI per il 2012. L’escursione si svolgerà la mattina, su un percorso di bassa difficoltà e medio dislivello, adatto a tutte le persone che si uniranno all’escursione. Familiari ed amici che non vorranno effettuare l’escursione si potranno unire per il pranzo. D.G. Stefano Aravecchia escursione notturna con luna piena in collaborazione con il Gruppo Over50 Proponiamo un’interessante escursione notturna, lungo la dorsale che separa la Val Lagarina dal Lago di Garda sino a raggiungere il rifugio Fiori del Baldo, sicuri di ammirare durante il tragitto un mare di luci sull’intero Garda e la Pianura Padana. Se l’aria sarà limpida, raggiungeremo con lo sguardo anche le montagne dell’alto Appennino, che si riflettono o si nascondono alla luna piena con un gioco di chiaroscuri. Un botto, un brindisi, un fetta di panettone e tutti a casa... A.E.I. Giuliano Cavazzuti venerdì 9 dicembre, ore 21.00 presso la Chiesa di Santa Maria delle Grazie in via Sant’Agostino, 40 - Modena Natale In Musica Serata natalizia augurale di canti di montagna e suite natalizia con “il Coro La Secchia - Gruppo Alpini” Tradizionale serata organizzata dalla nostra Sezione in collaborazione con la Confraternita di San Geminano Patrocinata dalla Circoscrizione n° 1 - Centro Storico, aperta a tutti i soci, famigliari e la cittadinanza modenese. E come si dice... “è già Natale”... e il Club Alpino Italiano, pronto per l’evento, organizza anche quest’anno per i Soci ed i Cittadini Modenesi il Concerto di Canti di Montagna e Canti Natalizi, in collaborazione con la Circoscrizione n° 1 e la Confraternita San Geminiano che gestisce la Chiesa delle Grazie e che da sei anni ci ospita. Una novità però c’è quest’anno: la presenza, all’interno del Coro, di un nutrito gruppo di Alpini. Quale miglior augurio per la nostra Associazione? Ora alcune note biografiche sul Coro La Secchia - Gruppo Alpini. Fondato a Modena nell’autunno 1986, dal 1° gennaio 2004 vede affidata la Direzione al Maestro Grazioso Boschelle. A seguito dell’accordo con il Gruppo Alpini dell’ANA di Modena, dal novembre del 2010 il Coro assume la denominazione di Coro La Secchia - Gruppo Alpini Modena. L’organico è attualmente di 30 elementi e i canti eseguiti sono composti per coro a quattro voci, che nel nostro caso sono voci maschili. Esigenze organizzative hanno però suggerito l’inserimento di un gruppo di voci femminili. Il repertorio attinge sia ai canti popolari che di montagna, sia ai brani dialettali modenesi, che ai brani liturgici e di atmosfera natalizia (per occasioni particolari come questa). Il Coro ha partecipato a molte Rassegne Nazionali e Concorsi corali ottenendo numerosi riconoscimenti. Annualmente, nel mese di giugno, organizza al Parco “Enzo Ferrari” di Modena, la prestigiosa Manifestazione “Modena in Coro”, rassegna di canti popolari e di montagna, articolata su tre serate, che vede la partecipazione di Cori provenienti da varie Regioni italiane e che, quest’anno, è arrivata alla 12ª edizione. Il Coro ha inciso e distribuisce il CD intitolato “Ghirlandeina” contenente 12 canti con coro e solisti. i.m o. it Ivana Taverni ww w. ca E col motto “In musica gli auguri suonano meglio” vi aspettiamo 3 GRUPPO SENIORES OVER 50 giovedì 15 settembre giovedì 6 ottobre Monte Ventasso (E) Cascate di Molina (EE) (Lessinia) Escursione Naturalistica Il monte Ventasso, a forma piramidale, è la parte culminale della lunga elevata cresta spartiacque fra i bacini dell’Enza e del Secchia. La posizione isolata e la notevole altitudine fanno di questa montagna un punto panoramico privilegiato da cui, con un colpo d’occhio, si abbracciano le cime del crinale e le valli reggiane. Il Ventasso, oltre ad essere una delle cime più importanti dell’Appennino Reggiano, è un monte di notevole interesse geologico. Suo elemento caratterizzante è la totale esposizione ai raggi del sole e agli eventi meteorologici che determinano la straordinaria variabilità ambientale delle sue pendici corrispondente ad una grande variabilità di specie floristiche e faunistiche. L’itinerario che percorreremo non comporta nessuna particolare difficoltà; il sentiero inizia nei pressi del campeggio del Lago Calamone a quota 1330 metri dove inizia la strada forestale chiusa al traffico che in pochi minuti ci fa giungere al lago, situato in un’ampia conca morenica sul versante nord occidentale del monte. Il lago è alimentato da un immissario e da tre sorgenti ed in corrispondenza di una briglia ponte ha origine l’emissario, il Rio Lonza, affluente dell’Enza. Costeggiando il lago si perviene alla punta meridionale e, seguendo il tracciato di una vecchia mulattiera, si attraversano faggete governate a ceduo alternate a radure dove sorgono esemplari isolati di faggio di grandi dimensioni. Più in alto si incontrano pietraie in continuo movimento ai cui margini vegetano abbondanti distese di mirtillo nero, l’aquilegia e l’euforbia delle faggete. Proprio in prossimità della grande pietraia è possibile scorgere il nucleo autoctono di abete bianco il cui verde più scuro si staglia netto contro lo sfondo più chiaro delle pendici del Monte Ventasso. A questo punto decideremo se continuare verso la vetta del Monte Ventasso oppure ritornare al Lago Calamone. D.G. Ivana Taverni domenica 23 ottobre Madonna dei Laghi Rifugio Barana al Telegrafo (E) Il parco naturale della Lessinia occupa un vasto altopiano a Nord di Verona, collegato alla pianura da strette valli longitudinali simili a canyon di origine fluviale. Il territorio del parco, definito a nord dal confine regionale con il Trentino Alto Adige, è delimitato dalla Val d’Adige a ovest e dalle valli del Chiampo e dell’Agno a est, mentre a sud continua con rilievi e valli pedemontani situati a nord dalla città di Verona e della pianura padana. Nel parco si trovano alcuni siti di eccezionale interesse naturalistico, geologico e paleontologico, in particolare il museo nei pressi di Campo Silvano e Monte Purga, le cascate di Molina. La vastità del territorio costituita da tratti boschivi, prati verdi e da rocce sedimentarie di diverso tipo, rappresenta un ottimo habitat per la pratica dei pascoli d’alpeggio. Le cascate di Molina e il canyon che noi proponiamo in questa escursione fanno parte di un’oasi naturalistica ricca di bellezze paesaggistiche di notevole interesse e suggestione. Un vorticoso torrente forma spumeggianti cascate, numerosi salti d’acqua e piccoli laghetti. L’azione della corrente ha sagomato nella roccia marmitte d’erosione, solchi e nicchie di varie forme e dimensioni. Di notevole interesse archeologico sono le cavità presenti nel vicino Vajo delle Scalucce, tra cui spicca la Grotta di Fumane, uno straordinario archivio della storia evolutiva dell’uomo: in essa manufatti in selce, resti di mammiferi, focolari, accumuli di rifiuti e dipinti su pietra, rappresentano la frequentazione da parte dell’uomo di Neanderthal. Tutto questo a meno di due ore di viaggio, quindi una giornata a contatto con la natura e con la storia dell’uomo in un territorio che non ha nulla da inviare alle grandi vette. D.G. Remo Dai Prà domenica 13 novembre Le cascate del Lavacchiello (E) (Val d’Ozola - Ligonchio) La catena del Monte Baldo si allunga per diverse decine di chilometri da nord-est a sud-est, fra la depressione di Loppio (che unisce la zona di Rovereto a Riva del Garda) e la piana di Caprino Veronese. I due versanti della catena hanno un aspetto molto differente. Quello occidentale, che guarda al lago di Garda, si erge ripido e fittamente ricoperto di vegetazione, con pareti, torrioni e valloni incassati. Il pendio orientale appare invece meno roccioso e ricco di praterie; non scende direttamente all’Adige ma si rialza prima in un anticrinale parallelo alla cresta principale, formando così il vallone dove sorgono Spiazzi e Ferrara di Monte Baldo, per precipitare quindi verso il fondovalle atesino. Il Baldo presenta un clima mite caratterizzato da temperature medie abbastanza elevate e da precipitazioni concentrate in primavera e autunno. Tali condizioni climatiche sono chiaramente determinate dalla posizione geografica della catena alpina, a diretto contatto con la pianura, e dall’effetto termoregolatore della gran massa 4 d’acqua del Garda. L’itinerario proposto parte dal “Dosso dei Cavalli”, Cima Mandra, a pochi chilometri dalla località di Prada. Il sentiero inizialmente attraversa un bosco di faggi, sale comodamente in quota verso nord per continuare dritto sulla mulattiera che risale interamente il fondo della Val di Naole, passa accanto all’omonima malga e al vicino forte militare di Bocchetta di Naole (1648 m). Si prosegue per un crinale panoramico sul Garda, con qualche breve tratto che richiede un po’ di attenzione. Continuando a salire si apprezza sempre più lo splendido paesaggio del lago di Garda e le montagne circostanti, fino a raggiungere il Passo del Camino (a pochi metri dalla cime del Coal Santo) dove si ripassa sul ripidissimo versante orientale. La mulattiera corre in piano e a ridosso del crinale fino al vicino rifugio Telegrafo (2147 m), in questo periodo chiuso fino all’omonima cima (2200 m) dalla quale possiamo osservare i due versanti del Baldo. D.G. Remo Dai Prà Risalendo la valle dell’Ozola si arriva in vista del canale del Lavacchiello che, ricevendo le acque del fosso Lama Cavalli, dà origine a una bella serie di cascate, particolarmente spettacolari all’epoca dello scioglimento delle nevi. Le acque veloci e impetuose hanno scavato e modellato la roccia, creando alla base anche una splendida pozza larga un paio di metri. Le vette del Monte Prado, del Monte Cusna e dell’Alpe di Succiso superano i 2000 metri di quota e, così come le linee di crinale più alte, sono caratterizzate dal paesaggio delle praterie, dove le distese di nardi, giunchi delle creste, anemoni narcissine, astri alpini e genziane purpuree, sono punteggiate da affioramenti rocciosi con una flora erbacea caratteristica, più simile a quella alpina. Il territorio, collocato all’interno del Parco Nazionale dell’Appennino ToscoEmiliano, rappresenta una grande varietà di esposizioni e di quote altimetriche, caratteristiche che hanno generato diversi ambienti, da quelli più freddi e nudi, alle foreste, alle colline, nelle quali l’uomo nei secoli si è inserito in maniera significativa. Per queste ragioni è facile trovare antiche mulattiere e percorsi selciati, i cui tracciati hanno segnato il paesaggio di questi territori da secoli, da quando i mercanti, i pellegrini ed anche i briganti passavano dal versante padano a quello tirrenico e viceversa, attraverso i Passi del Lagastrello, del Cerreto e di Pradarena. Da questo ambiente naturale nasce un mosaico di paesaggi infinitamente complesso, da ammirare e scoprire partendo dalla morfologia, dalla copertura del suolo, sino alle cime più o meno marcate che contrastano con le guglie aguzze delle Alpi Apuane. Un’altra particolarità è data dalle testimonianze delle glaciazioni del Quaternario, soprattutto nei versanti esposti a settentrione, quelli più freddi, dalle valli glaciali ai circhi, dai depositi morenici ai laghi e alle torbiere. L’itinerario qui proposto prevede quella che è una meta classica dell’escursionismo nel gruppo del Monte Cusna, vetta principale dell’Appennino reggiano e del Parco Nazionale dell’Appennino toscoemiliano, giacché costituisce un sistema di assoluta imponenza, il più vasto e complessivamente elevato di questa regione. D.G. Remo Dai Prà domenica 27 novembre Monte Belvedere Percorsi della Memoria (E) Durante la 2ª guerra mondiale, la Linea Gotica o Linea Verde ha attraversato anche i nostri territori e in particolare è rimasta a lungo sul Monte Belvedere in comune di Montese. Il Gruppo Seniores vuole dedicare una camminata, un ricordo, un ringraziamento ai tanti che vi hanno perso la vita. Il 27 novembre le giornate si saranno già accorciate e percorreremo soltanto una parte del Percorso Belvedere, cioè da Maserno o piuttosto da Monteforte, fino al Monte Belvedere. Potremo fermarci ad ammirare gli affreschi del XV secolo nell’Oratorio di Monteforte e i resti del suo antico castello, i castagni secolari di Malalbergo e la Chiesa dell’Emigrante di Ronchidoso. Da qui inizia l’Itinerario della Memoria sul sentiero di crinale che porta al Monte Belvedere, dove i cartelli didattici indicano trincee, camminamenti e le posizioni degli eserciti contrapposti. D.G. Maria Luisa Severi CONVERSAZIONI IN MONTAGNA di filosofia, letteratura, psicologia e altro ancora anno sesto a cura di Alberto Meschiari GRUPPO FRIGNANO sabato 24 e domenica 25 settembre Campocatino - Monte Tambura (E) (Alpi Apuane) L’anello Campocatino - Monte Tambura si trova sulle Alpi Apuane, attraversa una grande varietà di ambienti e colpisce per la maestosità dei panorami che si godono. Il sabato pomeriggio ci trasferiamo a Vagli dove si cena con piatti Toscani e si pernotta. L’escursione ha inizio domenica dalla conca di Campocatino (1000 m), uno dei luoghi più belli delle Apuane. Questa località non fu mai stabilmente abitata, non ebbe una sua chiesa o campanile tanto che negli anni ‘60 fu costruita una cappella, divenuta l’eremo di San Viano. Circondati dal monte Roccandagia, ci incamminiamo all’interno del villaggio aggirando la conca erbosa con i “caselli”, un tempo usati dai pastori, e i terrazzamenti, ora non più coltivati. Lasciati i prati risaliamo il versante del Monte Tombaccia (1365 m). Siamo circondati da alte montagne ma sopratutto si nota, imponente e spettacolare, la cima del Monte Pisanino (1946 m) da dove ha origine il Fosso dell’Acqua Bianca, poi tra tratti di bosco e faggi secolari si attraversa la Carcaraia, ambiente carsico d’alta quota, ricco di pozzi e grotte di notevole importanza speleolo- gica e dove antiche leggende parlano anche di abissi abitati da streghe e spiriti. Giunti al Passo della Focolaccia (1642 m) incontriamo lo storico bivacco Aronte, primo ricovero eretto dal CAI nel lontano 1902. Purtroppo notiamo che le cave di marmo hanno preso il posto a quello che era un passo d’alta quota ricco di pascoli e tranquillità. Seguendo la cresta, sassosa ma molto bella, come il sottostante pendio della Carcaraia, appoggiato sotto i bastioni della Roccandagia, senza eccessive pendenze si arriva alla Vetta della Tambura (1890 m) da cui possiamo osservare tutto il litorale da Viareggio alle Cinque Terre, tutte le cime delle Apuane e del nostro Appennino. Scendendo al Passo Tambura (1620 m) imbocchiamo la Via Vandelli, costruita nel XVIII secolo per collegare Massa a Modena. Lungo la discesa un cartello ci avverte di un breve tratto attrezzato ma i cavi presenti, danno la necessaria sicurezza. L’escursione giunge ormai al termine, siamo stanchi ma appagati di questa giornata vissuta tra queste montagne dall’aspetto lunare. D.G. Graziano Boilini domenica 18 settembre sabato 8 e domenica 9 ottobre Lago Santo - Monte Giovo (E) Val dei Mocheni-Bernstol alle porte dei Lagorai (E) (Appennino modenese) Incastonato nell’Appennino modenese, il Lago Santo, raggiungibile da Pievepelago, è situato a 1500 metri di quota. È il maggior lago naturale dell’Appennino modenese e il secondo dell’intero Appennino settentrionale. Di origine mista, glaciale e di frana, è alimentato da tre immissari: uno che scende dalla Boccaia, un altro dalla costiera della Serra e il terzo dal terrazzo della Borra dei Porci. La zona del parcheggio, a pochi minuti di cammino dal lago, è chiamata “Pian de remi”, perché da qui passava l’antica “via dei remi”, su cui venivano convogliati fino al mare i tronchi tagliati all’Abetone e a Cutigliano, che avrebbero fornito i remi alle navi. Il Monte Giovo (1991 m) è tra le più alte vette dell’Appennino Tosco-Emiliano. Posto tra i comuni di Pievepelago dalla parte modenese e Barga, dalla parte della Valle del fiume Serchio, sovrasta con uno strapiombo di 600 metri il Lago Santo. Intorno a noi ci faranno compagnia il Monte Rondinaio, il Sasso Tignoso e l’Alpe delle Tre Potenze. domenica 2 ottobre Monte Gazza (E) (Trentino) Il Monte Gazza (1985 m) sorge a Sud di Molveno, fra il Bondone e il Brenta. La sua catena montuosa delimita a Ovest la Valle dei Laghi. Dal parcheggio nel paese di Margone (980 m), attraverso il bosco di faggi e macchie di pino silvestre giungeremo alla quota 1590 m. Da qui in mezz’ora giungiamo ai vasti prati del Monte Gazza (1680 m), dove godremo di un bel panorama sul Brenta e sul Lago di Molveno. Brevi tratti esposti si trovano sul sentiero del ritorno, che ci offrirà splendidi panorami sul Bleggio e i laghi di Toblino, Cavedine e Garda. A pochi chilometri da Trento, lungo la Valsugana, si apre poco conosciuta quanto misteriosa la valle dei Mocheni, un’antica popolazione di origine germanica che vi si trasferì nel 1300-1400 per lavorare nelle miniere di argento, rame e piombo. Dopo l’abbandono delle miniere, la popolazione locale non ha lasciato la valle, bensì ha valorizzato il territorio ridestinandolo alla coltivazione dei piccoli frutti: i famosi frutti di bosco di Sant’Orsola Terme. Un popolo attaccato alla valle e alla cultura di origine a tal punto da far nascere leggende e dicerie sulla sua stranezza, ora aperto e ospitale per fare conoscere i tesori preziosi di un piccolo angolo di Trentino rimasto abbastanza intatto e a misura d’uomo. In questa due giorni avremo modo di conoscere sia la parte ambientale delle montagne a nord/nord-est che si affacciano sulla catena dei Lagorai, sia la parte culturale e storica, degustando i prodotti tipici, apprezzando i particolarissimi “masi”, in alcuni casi con i mulini annessi, e visitando, se possibile, i musei delle miniere e della cultura Mochena. L’itinerario ci porterà al Rifugio Sette Selle, una piccola dimora rurale sita in una splendida conca prativa all’ombra del crinale delle cime Sette Selle, Sasso Rotto e Sasso Rosso, per poi condurci in un interessante itinerario che toccherà la dorsale e i laghi naturali, tra cui lo splendido Endermolo e le miniere. Splendida la vista sulla catena dei Lagorai a Nord e sulle Dolomiti di Brenta a Ovest. D.G. Serena Muracchini sabato 5 e domenica 6 novembre Cinque Terre (E) (La Spezia) Le Cinque Terre sono una delle aree mediterranee naturali più incontaminate della Liguria e della costa Tirrenica; sono Parco Nazionale e dal 1997 Patrimonio dell’Umanità tutelato dall’Unesco; cinque miglia di costa rocciosa racchiuse da due promontori, cinque paesini (Riomaggiore, Manarola, Corniglia, Vernazza, Monterosso) sospesi tra mare e terra, aggrappati su scogliere a strapiombo, regno di natura e profumi selvaggi, conservatosi com’era in passato. La viticoltura, tipica della zona, ha contribuito a creare un paesaggio unico al mondo con i tipici muri a secco, caratteristici delle colline a strapiombo sul mare cristallino con baie, anfratti ed incantevoli spiaggette tra gli scogli. Il sentiero, segnalato da una striscia bianca e una azzurra, unisce i cinque borghi marinari ed è il percorso più famoso e suggestivo delle Cinque Terre. In alcuni punti il percorso si rivela una vera e propria mulattiera che si snoda lungomare regalando panorami da favola. La difficoltà è molto bassa, ma lungo il cammino si possono trovare restringimenti, tratti scivolosi e dirupi. L’itinerario è lungo circa 12 km e la quota massima di 200 metri si riscontra a Prevo, bella frazione di Vernazza. D.G. Serena Muracchini 5 ALPINISMO GIOVANILE - - SCUOLA C.A.I. A G L I P O I V N A I N S I M L O E MO DEN A A UN PASSO DALLA VETTA UN TREKKING - UN’AVVENTURA IN PIÙ Partire per un trekking significa partire per un’avventura che mette alla prova, abbiamo vissuto dunque un’esperienza di gruppo che evidenzia al massimo grado le differenze individuali. Una gita del genere mostra di che pasta si è fatti; non testa solo quindi la propria resistenza fisica, ma anche quella emotivo-psicologica. In questi tre giorni, dal 17 al 19 giugno, infatti i gruppi erano di soli tre componenti, perciò, secondo la dura legge che meno si è più viene messo in risalto la propria attitudine verso gli altri ed il proprio carattere, è stata una novità anche per chi come noi si conosceva già da tempo immemore ed aveva lunghe esperienze di soggiorni e merende insieme. Questa è stata tutta un’altra storia: armati solo di cartina e bussola, e sotto il peso di uno zaino in cui si era cercato di stivare tutto l’occorrente e forse anche qualche cosina in più, siamo partiti per una trasmigrazione dall’Appennino Parmense a quello Modenese o viceversa, a seconda del gruppo. Le tappe erano ardue ma il sentiero facile poiché seguivamo sempre lo 00 del crinale tosco emiliano. La prima giornata è volata grazie anche alle energie ancora fresche ed al tempo splendido che permetteva un’ampiezza di visuale che ci lasciava spaziare tra il tipico paesaggio del nostro crinale. La sera però si è stati ben contenti di piantare una tenda, fermare i piedi e godersi una meritata cenetta a base di... liofilizzati e carne in scatola; e guai a questo punto se per sbaglio si rovescia la scatola del risotto, perché i nervi sono già così surriscaldati che si rischia un linciaggio!! Il secondo giorno con le membra intorpidite e nelle orecchie ancora i belati delle capre, compagne indesiderate di nottata, siamo ripartiti alla volta del solito 00, ma a differenza del giorno precedente troviamo una nuvola e vento forte ad accoglierci. Nonostante che veniamo immersi in una nebbia fredda e bagnata però, senza perderci d’animo, proseguiamo lentamente, grazie anche alle nostre comprovare capacità alpinistiche, lungo il dorso roccioso dei monti a quasi 2.000 metri d’altezza per poi buttarci giù per pratoni e conquistare un’altra volta la meta notturna. Ma il terzo mattino, complice il vento che fischiava e sbatteva la tenda contro i paletti tutta notte, la fatica e le ossa rotte, non più baldi e gai come in precedenza riprendiamo a fatica il sentiero, per poi imboccare la prima strada che ci permettesse di essere recuperati e ricondotti a casa, come reduci da una lunga battaglia. Ritorniamo dunque alla civiltà come selvaggi che riscoprono il buon cibo caldo e sostanzioso ed il comodo letto di casa. Ma oltre alla fatica portiamo a casa anche soddisfazioni, e certamente una conoscenza più approfondita dei nostri compagni di viaggio che sono stati come inseparabili appendici del nostro corpo per tutti questi giorni, altrettanto indispensabili nel bene e nel male. Ora è nata in noi una nuova sfida: rifare lo stesso percorso ed arrivare fino alla meta finale, senza sconti, e magari partire un po’ più preparati su cosa ci aspetta. Perciò ci possiamo ben augurare di fare altri simili trekking per migliorare ed ampliare il nostro orizzonte di montanari. Monica Salvioli per giovani nati dal 1993 al 1997 - nella seconda decade di settembre In occasione del 150° dell’Unità d’Italia Trekking sui percorsi di sganciamento dai nazifascisti della divisione partigiana “Modena Montagna” da Montefiorino a Lizzano in Belvedere Trekking di 4 giorni, che percorre i luoghi dove il pavullese Mario Ricci, detto “Armando”, Generale della Divisione Partigiana “Modena Montagna”, sganciandosi dai territori dell’ex Repubblica di Montefiorino a Lizzano in Belvedere, condusse 600 uomini al di là del Fronte di combattimento della “Linea Gotica”. È il tempo della tragica epopea della guerra partigiana dell’inverno del 1944, dove una intera generazione di giovani in prevalenza dai 16 ai 22 anni, in maggior parte del nord Italia, furono costretti a decidere da quale parte schierarsi. Raggiungeremo le zone di passaggio, i luoghi degli scontri, leggeremo i nomi di quei giovani sulle lapidi e troveremo ancora le testimonianze di chi quei momenti li ha vissuti sulla propria pelle: ricordi indelebili, brucianti. Una storia minuta, una storia senza sconti, una storia poco ufficiale, spesso sconosciuta, ma la storia siamo anche noi per imparare a riflettere su ieri, per oggi e per domani, per essere una Nazione che sa cos’è, e sa difendere la democrazia. (Foto tratte “Sulle Tracce della Linea Gotica” Vito Paticchia - Marco Boglione). Giovani partigiane e partigiani a Montefiorino nell'estate 1944 6 Vidiciatico (Lizzano in Belvedere), 13 aprile 1945. Il comandante "Armando" parla ai partigiani prima dell'attacco finale contro i tedeschi Montefiorino (MO), estate 1944. Giovani partigiane in posa per una foto-ricordo 9° Concorso Fotografico La Sezione organizza per il 9° anno consecutivo il Concorso Fotografico, per permettere a tutti i Soci di esporre le proprie foto, scattate nelle attività personali o con in attività sociali con il CAI, e di concorrere all’assegnazione di ambìti premi oltre che vedere le proprie foto pubblicate sulle pagine del Cimone. Dopo l’exploit di Tomecs della scorsa edizione, siamo fiduciosi che siano numerosi i Soci disposti a raccogliere la sfida per strappagli il “titolo” di fotografo dell’anno. Partecipare è semplice ed è possibile consegnare più foto (fino a 4) per cercare di stregare la giuria “sociale”, ovvero costituita dagli altri Soci della Sezione. Il tema è, ovviamente, la montagna in tutte le sue sfaccettature e la sua bellezza e questo include tutti gli aspetti che la caratterizzano e tutto ciò che “la vive”, la flora, la fauna, gli altri escursionisti e alpinisti... L’autunno è un buon momento per fare fotografie e partecipare alle attività della Sezione è sicuramente il modo migliore per scoprire ambienti nuovi e avere nuovi soggetti, oltre che compagni di “safari fotografici” di montagna. 1° classificato 2011: Tomasz Turbiarz “Nel Rosso dipinto di blu” Regolamento 1. possono partecipare i Soci del C.A.I. in regola con l’iscrizione per il 2011 2. l’iscrizione e la partecipazione al Concorso è gratuita, previa compilazione del modulo d’iscrizione e accettazione del regolamento 3. ogni Socio può presentare un massimo di 4 fotografie di sua proprietà e da lui realizzate 4. le fotografie dovranno essere presentate su carta fotografica e dovranno avere dimensione di 20x30 cm (per le foto digitali - se segnalato - è accettato il formato più prossimo al 20x30 cm) prive di bordo bianco 5. le fotografie dovranno essere attinenti ad attività in montagna e a tutto ciò che riguarda l’ambiente montano 6. ogni opera dovrà recare sul retro della stampa le seguenti indicazioni: nome e cognome dell’autore, il titolo, la data, il recapito telefonico ed indirizzo mail (se disponibile) 7. le opere dovranno pervenire, insieme alla scheda di partecipazione, entro venerdì 25 novembre 2011 8. sono ammesse soltanto fotografie inedite La partecipazione al concorso è subordinata all’accettazione di questo Regolamento. Con l’iscrizione al Concorso, il Socio cede al CAI il diritto di riprodurre e utilizzare le foto per fini associativi, sul sito internet e sulle pubblicazioni della Sezione. Per facilitare la pubblicazione e l’uso da parte della Sezione delle fotografie, è possibile consegnare, insieme alla versione stampata (obbligatoria), una copia elettronica su CD o chiavetta USB (che verranno restituiti allo stesso modo delle foto a fine concorso) oppure inviandole per posta elettronica all’indirizzo [email protected] alla massima risoluzione possibile (minimo 1024x768). Ogni Socio è direttamente responsabile di quanto forma oggetto delle immagini da lui presentate. Le fotografie che non rispettano le regole qui riportate verranno escluse dal concorso. Le opere saranno esposte presso la Sede Sociale e potranno essere votate dai Soci dal 13 dicembre 2011 al 16 marzo 2012. I vincitori saranno decretati dal voto dei Soci della Sezione di Modena che potranno esprimere fino a 3 preferenze. La premiazione delle opere vincitrici sarà effettuata in occasione dell’Assemblea dei Soci a marzo 2012. Le opere presentate non saranno restituite al termine del Concorso e andranno ad arricchire l’archivio fotografico sezionale. Il Coordinatore Alberto Papotti il cimone 1° classificato 2010: Daniele Lucca - “Tempesta Croda Rossa d’Ampezzo” www.cai.mo.it Notiziario della Sezione di Modena del Club Alpino Italiano Via 4 Novembre, 40 - 41123 Modena - Tel. 059/826914 - Fax 059/826978 Internet Home Page: http://www.cai.mo.it - E-mail: [email protected] Direttore Responsabile: Maria Teresa Rubbiani Fotocomposizione e stampa: Borghi - Via Grandi, 63/65 - 41123 Modena Autorizz. del Tribunale di Modena n. 605 del 29 settembre 1977 Il notiziario è aperto alla collaborazione dei soci e simpatizzanti, ma gli articoli dei singoli autori non impegnano la redazione nè il Consiglio Direttivo del sodalizio. La pubblicazione può essere parziale. Anche se non pubblicati i testi non saranno restituiti. LA SEDE È APERTA NEI GIORNI DI MERCOLEDÌ E VENERDÌ (DALLE 17,00 - ALLE 19,30) E DI MARTEDÌ (DALLE 20,30 - ALLE 23,00). 7 PO EM UP CAI SPELEOLOGICO IL IA GR NO MODENA GRUPPO SPELEOLOGICO EMILIANO domenica 25 settembre Abisso Mornig (Buco del Gatto) I gessi di Rontana e Castelnuovo, nei pressi di Brisighella (Ravenna) sono interessati da un unico grande sistema carsico, che vede nella grotta Fantini la cavità più frequentata della zona. Numerose altre grotte si aprono in questo tratto della vena del gesso, tra le quali la risorgente di Rio Cavinale, l’abisso Peroni, l’abisso Garibaldi e l’abisso Mornig. Quest’ultimo è intitolato al triestino Giovanni Mornig, che può essere considerato il pioniere della speleologia in Romagna. Pozzo 80 anni di attività speleologica: Ferdinando Malavolti, Mario Bertolani ed altri alle risorgenti del Fontanino di Pradole, 23 agosto 1945. domenica 9 ottobre Bus del Diaol - una grotta per tutti E arrivò il giorno del Bus del Diaol, un momento che aspettavo da un paio di mesi, non tanto per la sua facilità di progressione e le sue ridotte dimensioni, ma per la curiosità che ha suscitato in me, soprattutto notando il largo e ampio ingresso ad antro che lascia presagire un importante passato di scorrimento acque al suo interno. Il contatto per arrivarci e la descrizione li avevo già gentilmente ottenuti da Alessandro del gruppo speleo di Rovereto (TN) e in una delle mie rapide incursioni nella Valle del Sarca ho trovato l’ingresso, a cui si accede dopo una corta ma ripida risalita di una piccola valletta formata dalla risorgenza sotterranea della nostra grotta. L’occasione era buona per ampliare la gamma delle cavità dove il nostro gruppo speleo può organizzare uscite didattiche. La grotta ci piace subito, dopo il primo sifone diventa un’ampia galleria semiorizzontale. Notevoli i segni morfologici come marmitte a soffitto e impronte di flusso sulle pareti ad indicare la condotta a pieno carico. Con grande sorpresa, ho anche notato un’ammonite ad altezza d’occhio, che fortuna! Si arriva velocemente ad un’ampia sala dove la grotta sembra terminare, ma in realtà prosegue verso il basso tra alcuni piccoli passaggi, giungendo ad un cancello che conduce alla parte più concrezionata e spettacolare e ovviamente da salvaguardare. La parete si presenta veramente bella e attiva, tanto che l’acqua disegna sul piano concrezionato uno scorrimento a grande effetto, degno delle migliori fontane. A conclusione della giornata ci aspetta qualcosa di caldo da bere in compagnia, mettendoci tutti d’accordo sul buon esito dell’escursione, oltre ad essere consapevoli che, a volte, il semplice e il bello esistono anche nel campo speleologico: strano ma vero! Marcello domenica 13 novembre Grotta ai Cocchi Ma che grotta carina e interessante, una vera chicca nel panorama delle cavità vicentine e su cui presto qualcuno metterà le mani per la realizzazione di un progetto fotografico. L’avvicinamento è tra i più brevi mai conosciuti e l’accesso verticale del primo saltino è un vero invito per partire con il piede giusto anche per chi come Mirco, Jessika e Giuseppe assaporano le prime grotte da esperti... dopo essere stati allievi fino a pochi giorni prima. Il salto di 6 metri iniziale precede un ambiente di crollo e l’abbondante concrezionamento di alcune sale costeggiate dal ruscello interno. Perdiamo subito quest’ultimo, abbandonando la via attiva più bassa e inoltrandoci per il ramo principale alto. Aumenta il fango nella nostra progressione vista la presenza di varie salette dove precedenti laghetti temporanei lasciano il segno sul nostro abbigliamento e sui nostri attrezzi. Era qualche tempo che la melma non si vedeva cosi massiccia, l’affinità ai nostri gessi romagnoli è più che mai evidente, se non fosse per qualche colata di calcite alquanto scivolosa. Io e Massimo arriviamo per primi finalmente in ambiente largo e importante. La condotta alta e rettilinea 8 ha il fondo ingombro di massi ed è superata dapprima armando un saltino con la nostra corda poi salendo verso l’alto sulla zona di crollo, fino ad incrociare altre diramazioni che chiudono, di fatto, la nostra galleria. Stupore per tutti sulla metamorfosi della grotta, le concrezioni spariscono per lasciare il posto ad evidenti fenomeni di erosione idrica. Alcune diramazioni a destra danno anche idee di vere e proprie condotte freatiche. Giungiamo ad una grande sala, dopo vari passaggi anche in frana, e rivediamo il nostro ruscello dove affiorano qua e là rocce nere basaltiche. A testimonianza dello sviluppo orizzontale e ben contenuto, la grotta rimane chiusa da due livelli basaltici impermeabili che ne impediscono anche i collegamenti con le principali cavità sovrastanti. Poco oltre la sala individuiamo varie vie per proseguire sia verso il ramo attivo che sul ramo principale, ma ormai la via per tornare sembra la più ovvia per tutti. Il meteo fuori tiene ancora, facciamo quindi una foto ricordo dei magnifici 9 infangati vicino al nostro vero amico di oggi: il ruscello della grotta nella sua fase di risorgente. Marcello del pensionato, Sala del disperso, Sassi neri, Pozzo Farolfi sono alcune zone di questa piacevole cavità, che si sviluppa per 400 metri e una profondità di 70, tra facili pozzi, comode gallerie e incredibili cristalli di gesso, fino alla sala terminale dove confluiscono 3 torrenti, provenienti da un imponente sistema idrico sotterraneo, posto a monte della grotta. La grotta non è impegnativa, ma è comunque riservata a chi abbia già esperienza speleologica. domenica 23 ottobre Abisso di Trebiciano Verso la metà del XIX secolo, Friedrich Lindner, funzionario dell’impero austro-ungarico, decise di cercare il corso sotterraneo del fiume Timavo, allo scopo di fornire alla città di Trieste una maggior quantità d’acqua per usi civili. Oggi come allora, infatti, il fiume sparisce sotto terra a San Canziano, in Slovenia, nella zona carsica a est del capoluogo friulano, e riappare a nord, a Duino, poco prima di sfociare nel mar Adriatico. Lindner cominciò così a esplorare tutti gli abissi del Carso che si trovavano lungo quello che, secondo lui, doveva essere il percorso sotterraneo del Timano. Molte volte arrivò sul fondo senza scoprire nulla e solo esplorando l’abisso di Trebiciano ebbe successo. All’epoca certamente non esistevano le attrezzature che utilizziamo oggi per calarci nelle profondità della terra, quindi dobbiamo immaginarci lui e i suoi collaboratori alle prese con mezzi di fortuna e di scarsa affidabilità. La sua si rivelò un’impresa inutile anche se sicuramente epica, perché proprio con quella discesa avventurosa nell’abisso Trebiciano nacque la speleologia moderna. Da allora, nonostante infinite altre esplorazioni nel Carso che sovrasta il golfo di Trieste, in nessun altro abisso si è mai incontrato il misterioso corso del fiume sotterraneo. Oggi, scendere nell’abisso di Trebiciano è un’escursione del tutto facile e tranquilla, grazie al sistema di scale e cavi metallici sistemati di recente dalla Società Adriatica di Speleologia, in sostituzione di quelli in legno che risalivano all’inizio del 1900 (e fino ad allora si era scesi ancora con quelli posti da Lindner). Dal punto di vista morfologico, l’abisso è diviso in due settori: il primo è formato da una serie di pozzi verticali che scendono dalla botola di ingresso, con brevi cunicoli e ponti sospesi; il secondo è costituito dalla caverna Lindner, nella quale scorre il Timavo. A chi vuole avventurarsi alla scoperta del corso sotterraneo del Timavo si richiede solo un minimo di allenamento per scendere e soprattutto risalire gli oltre 320 metri di... scalini. domenica 11 dicembre Bus della Genziana Scoperta nel 1966 a 1020 metri di quota durante l’allargamento di una strada nel comune di Fregona, sul Pian del Cansiglio, la grotta si apre con una stretta fessura e un pozzetto. La parte iniziale è dal 1987 una riserva naturale ipogea, gestita dal Corpo Forestale dello Stato, con laboratori biospeleologici per lo studio degli artropodi cavernicoli delle prealpi venete. Una serie di pozzi e di gallerie sub-orizzontali conducono al sifone terminale, a 585 metri di profondità. La gita è molto tecnica e adatta a speleologi esperti. Per informazioni e per partecipare alle attività del Gruppo giovedì sera in sede. Il nostro indirizzo email è [email protected] Il CAI Modena alla 17ª Fiera dell’Economia Montana - Pavullo segue dalla prima La nostra Sezione, ad opera del “Gruppo C.A.I. Frignano” coadiuvato da alcuni Soci provenienti dalle “terre basse”, ha partecipato attivamente all’iniziativa con un proprio stand in cui sono state illustrate e presentate tutte le attività che con successo la Sezione propone sul territorio. Escursionismo, sentieri, il Giardino Esperia, le attività dell’Alpinismo Giovanile sono state raccontate dai nostri volontari a coloro che si fermavano, attirati da una raccolta di immagini e fotografie delle attività svolte. Tra questo il prossimo “Corso di Escursionismo” con doppia sede a Modena e Pavullo, in programma tra settembre e ottobre di quest’anno, che ha ottenuto il patrocinio della “Comunità Montana del Frignano”. Il risultato è stato ottimo per riscontro di interesse dei partecipanti e tanto è stato il materiale distribuito, facendo ben sperare per il prosequio delle attività. Un doveroso ringraziamento a quanti hanno partecipato attivamente per la buona riuscita di questo evento. Giordano Chiodi venerdì 18 novembre, ore 21 presso la Circoscrizione Centro Storico, Piazza Redecocca, n° 1 Conferenza e presentazione del libro-guida storico escursionistica: Sulle tracce della Linea Gotica. Il fronte invernale dal Tirreno all’Adriatico in 18 tappe segue dalla prima Ne sono autori Vito Paticchia (storico, funzionario dell’Istituto Beni Culturali, socio CAI) e Marco Boglione (studioso di fortificazioni militari, giornalista della rivista “Camminare”, Guida alpina) che in 18 mesi di lavoro, hanno percorso e descritto minuziosamente quella linea difensiva che partendo da Cinquale, affrontava le Alpi Apuane e la Garfagnana, percorreva il crinale tosco-emiliano da Passo del Saltello a Monte Spigolino passando per Abetone; si affacciava sulla valle del Dardagna dall’alto dei Monti della Riva e proseguiva per il Belvedere, Ronchidos, Monte Castello fino a Monte Pero; attraversava il fiume Reno inerpicandosi a Monte Caprara e Monte Sole; superava il Setta e saliva a Monte Adone utilizzando il contrafforte pliocenico come barriera fino alla valle del Sillaro; percorreva la Vena del Gesso da Monte Penzola a Sasso Letroso; giungeva in pianura arroccandosi a Riolo per poi incanalarsi lungo gli argini del Senio verso il fiume Reno e l’Adriatico. Per ogni tappa, una scheda dettagliata con dislivelli, tempi di percorrenze, accessi, rifugi, B&B e alberghi per aiutare l’escursionista a percorrere in tutta tranquillità un tracciato continuo e ininterrotto, da Cinquale a Sant’Alberto di Ravenna, percorribile anche solo parzialmente. Un viaggio in territori straordinari, talvolta incontaminati, ma soprattutto un viaggio nella storia, nel cuore della seconda guerra mondiale. Pranzo sociale Soci “Maturi” e conferimento del distintivo “Socio 60 anni” segue dalla prima Sei Socie e Soci su undici hanno voluto e potuto essere presenti: per la consegna agli altri cinque mancanti per motivi famigliari o problemi di salute il Consiglio Direttivo programmerà un altro momento di festa. Uno degli assenti, il Socio Pietro Gibellini di Fiorano, ha voluto telefonarci proprio al momento dell’entrata al ristorante con Làbaro CAI e Presidente sezionale in testa, per esprimere la sua commossa partecipazione all’evento, seppur a distanza. Inutile dire che questo pensiero e bel gesto ci ha fatto un enorme piacere. Nella foto in alto è ritratto il gruppo dei partecipanti al Pranzo sociale, nell’altra i 6 Soci e Socie percettori e percettrici dello speciale distintivo “Socio 60 anni”. Da sinistra a destra Arrigo Gambigliani Zoccoli, Silvio Etro, Raffaele Bianchi, Carla Spagnoli (nostra Socia Decana), Marisa Bossetti, Maria Teresa Bernabei. I Soci/e che hanno ricevuto il distintivo potranno ritirare in biblioteca la foto che li ritrae, insieme al Presidente Cavazzuti, all’atto del conferimento ufficiale. Anche gli altri partecipanti, se lo vorranno, riceveranno la foto di gruppo. Ringraziamo il dottor Arrigo Gambigliani Zoccoli, fotografo ufficiale della manifestazione, che ha deciso di farcene gentile omaggio. Ritornando alla seconda foto si precisa che il Notiziario “Il Cimone” non è uso a cedere al pettegolezzo o come si dice oggi al gossip... ma siccome tutti se lo saran chiesto: “mo’ di chi son le gambe che spuntano sotto al Làbaro?”... ebbene sì, ve lo diciamo: esse appartengono alla nostra carissima Socia Luciana Lugli che per l’occasione fungeva da vessillifera. Il Comitato organizzatore 9 Gruppo sentieri Segnatori bicolori e... tricolori! Il bianco e rosso dei nostri segni nel verde delle foglie sono proprio i colori della nostra bella bandiera: un modo in più per festeggiare il 150mo dell’Unità d’Italia! E anche in autunno i festeggiamenti continuano, anche se le foglie dal verde passano alle diverse tonalità di giallo e rosso. In mezzo a questo tripudio di colori, i nostri segni vogliono essere comunque una costante che ci guida per i monti... Le attività, dunque, continuano... dopo il Soggiorno del Segnatore e le gite che si sono fatte sempre più “roventi” tra luglio e agosto, si ritorna alla cadenza mensile tipica delle mezze stagioni. A Modena gli incontri si terranno il primo martedì del mese (6/9, 4/10 e 8/11) con la gita la successiva domenica (11/9, 9/10 e - anticipando una settimana per evitare la... neve - 6/11). A Pavullo ci incontreremo i mercoledì che precedono le escursioni che saranno le domeniche 25/9, 23/10 e 27/11. L’incontro di settembre sarà l’occasione per raccogliere le segnalazioni di tutti gli escursionisti che si sono avventurati sui sentieri nel corso dell’estate... anche per decidere cosa fare in autunno! La raccolta delle esperienze e delle problematiche in cui vi siete avventurati o - speriamo!!! - dei complimenti per un sentiero tenuto bene, ci permettono di svolgere al meglio la nostra attività e di confermare che questa è davvero utile agli escursionisti... e non solo a bici, moto e quad. Nell’incontro di ottobre faremo anche i progetti per l’anno prossimo e daremo forma al nuovo calendario perchè i Segnatori non si fermano mai! Qualche idea? Qualche proposta? Come sapete, le nostre attività sono aperte alla collaborazione di tutti i Soci interessati a darci una mano nella manutenzione dei sentieri ma anche nella scoperta e riscoperta del nostro territorio. Non è un’attività di nicchia, come molti credono, non serve aver fatto corsi di chissà quale livello o avere chissà quali competenze, ma è sufficiente un po’ di curiosità e di voglia di fare. Più pratica che teoria, come i nostri corsi. Le regole, in fondo, sono poche e semplici e i veri Segnatori si fanno sul campo! La carta, la bussola, il pennello e via... per di là! Ah, no... per di qua... o no? Beh, scopriamolo insieme! Per maggiori informazioni e per partecipare all’attività, a Modena il martedì sera (in particolare il primo martedì del mese) mentre a Pavullo l’appuntamento è per il mercoledì che precede le gite. Il nostro indirizzo di posta elettronica è: [email protected] Andrea Gasparini Un sentiero alla volta Da Bellagamba al Libro Aperto per il Monte Lagoni: quando l’Appennino non è solo faggi e prati Quest’escursione raggiunge il Monte Libro Aperto, sul crinale tra Emilia e Toscana, un balcone dal quale si può godere un panorama maestoso. L’ambiente è quello tipico dell’alto appennino con prati e praterie d’alta quota alternate a fasce rocciose. Alcuni tratti di roccette rendono particolarmente divertente la parte finale della salita ma richiedono particolare attenzione in presenza di umidità. Oltre ad osservare una gran varietà di fiori, sono frequenti gli incontri ravvicinati con le marmotte e con i rapaci. L’inizio dell’estate è il periodo migliore. Descrizione itinerario Si parte dalla località Bellagamba (1298 m.), raggiungibile in auto da Casa Ruggeri lungo la strada comunale Fiumalbo - Abetone. Si segue il segnavia 493 che nel primo tratto coincide con il 495 (che percorreremo al ritorno) su bella mulattiera tra muretti a secco. In breve si raggiunge un bivio al quale si abbandona il 495 per prendere a sinistra e si discende al Rio Borgognone (1262 m., ore 0,15). Lo si attraversa e si prosegue in salita prima su mulattiera poi su sentiero e di nuovo su mulattiera fino alla quota 1450 m. (ore 0,30 - 10 0,45) A questo punto si abbandona il sentiero principale seguendo i segnavia verso sinistra e si continua in salita. L’ambiente si fa più aperto e dopo aver oltrepassato due faggi isolati si esce definitivamente dalla vegetazione. Si continua a salire in direzione del Monte Lagoni, fino ad arrivare su una fascia rocciosa che impedisce l’accesso diretto alla cima (ore 1 - 1,45). Si piega decisamente a sinistra lungo un tratturo che seguendo una cengia ci porta ad una sella erbosa dalla quale appare improvvisa e maestosa la vetta del Cimone. Svoltando ora a destra si risale un canale che ci porta all’ometto di sassi sulla cima del Monte Lagoni (1962 m., ore 0,30 - 2,15). Ci troviamo ora sul crinale che collega il monte Cimone al Libro Aperto e separa la valle di Fiumalbo da quella di Fellicarolo. La vista ripaga della fatica fatta fino ad ora. Si prosegue in direzione sud seguendo il 447 prima per praterie poi per divertenti roccette fino a raggiungere l’incrocio di quota 1900 con i sentieri 495, 433 e 435 (ore 0,30 - 2,45). Si prosegue in salita superando un tratto divertente di roccette fino a quota 1931, si scende leggermente fino ad arrivare alla paretina finale poco sotto la cima. Questo ultimo tratto, molto breve ma delicato ed esposto, richiede attenzione soprattutto se bagnato. Si giunge infine sulla vetta del Libro Aperto (1936 m., ore 0,20 - 3,05). Questa cima deve il suo nome alla sua forma: due punte rocciose separate da una sella erbosa che ricordano appunto le pagine di un libro aperto. Peccato che per vederle ci si debba recare in Toscana! Non rimane che consolarci con il panorama: lo sguardo può spaziare a 360 gradi, a nord il Cimone e dietro la pianura padana, a sud la toscana e da est a ovest tutte le cime del crinale. Dalla cima si possono seguire due itinerari: o si ritorna sui propri passi seguendo il 495 affrontando in discesa il passaggio esposto, oppure lo si può evitare seguendo lo 00 che scende ripidamente verso ovest fino alla selletta del Libro Aperto a quota 1857 dalla quale si può ritornare sul 495 che passa nella conca a nord (ore 0,25 - 3,30). Il sentiero scende tra praterie d’alta quota fino a raggiungere una sorgente: ci troviamo nella testata della valle del Rio Borgognoni. Siamo in presenza di un bell’esempio di circo d’origine glaciale. La valletta che ha origine dal circo e si spinge in basso, ha il fondo inciso a gradini, ricoperto di detriti e con il solco dell’erosione al centro. Depositi morenici si trovano a quote più basse e merita una visita il minuscolo lago della risaia (1549 m.) d’origine intermorenica. Quest’ultimo si trova nelle vicinanze di una presa dell’acquedotto che s’incontra poco prima della Serra delle Motte, occorre fare attenzione perché non è visibile dal sentiero. Abbandoniamo le praterie per entrare nel bosco e raggiungiamo tramite una carrareccia la località Serra delle Motte (1502 m.; ore 0,40 - 4,10) sul crinale all’incrocio con lo 00 ed alcuni sentieri che salgono dalla toscana. Si abbandona subito il crinale sempre seguendo il 495 in direzione nord. Si attraversano bei prati fioriti e si rientra nel bosco, lasciandoci alle spalle la vetta del Libro Aperto. La mulattiera ci riporta velocemente a Bellagamba che si raggiunge subito dopo aver incrociato, sulla destra il 493 seguito in salita (ore 0,30 - 4,40). Alberto Martignani Bibliografia: Marchiorri A., L’Alto Appennino Modenese, C.A.I. Sez. Modena, 1995 Le nostre radici Per la pratica dello sci, tanto per farsi un po’ di corredo, nell’ottobre del ‘27 la Sezione decide A parte la parentesi sciistica relativa alla organizzazione dell’Inaugurazione del Campo sciatorio delle Piane di Mocogno che costituì l’evento più pubblicizzato oltre che partecipato e sofferto, l’attività della rinata Sezione CAI di Modena nei suoi primi dieci anni di vita fu eminentemente a carattere escursionistico. Zona d’elezione fu ovviamente l’Appennino modenese. Oltre l’ascensione al Monte Cimone, una classica era la “Tagliole - Lago Santo - Monte Giovo”. Si partiva da Modena il sabato pomeriggio-sera, si percorreva tutta la Giardini e si pernottava alle Tagliole. La domenica mattina, dopo la Messa officiata dal Parroco di Tagliole (all’epoca c’era ancora abbondanza di preti...) via lungo la mulattiera per il Lago Santo (la strada carrozzabile Tagliole-Lago Santo venne costruita solo agli inizi degli anni ‘60). Al Lago Santo breve refezione e poi salita al Giovo, discesa nel primo pomeriggio a Tagliole e rientro a notte fatta a Modena. Tanto per la cronaca diremo che l’itinerario di cui sopra fu il primo sentiero segnato al minio dalla nostra Sezione. Un’altra classica d’impegno era la Fanano Libro Aperto - Cimone - Fanano; anche in questo caso tra sabato e domenica si pernottava a Fanano. In quegli anni si lavorava anche il sabato e non erano stati ancora inventati i “week-end” e “ponti” oggi tanto desiderati e intensamente vissuti... Per andare sulle Alpi si approfittava di 3 o 4 giorni a Ferragosto: si programmava un “tour” da rifugio a rifugio in Brenta, in zona Cortina - Misurina oppure in Val Gardena raggiungibile completamente in ferrovia con l’ultima tratta sul mitico “Trenino della Val Gardena” dismesso nel 1960. Di alpinismo vero e proprio non se ne faceva a livello sezionale: solo alcuni Soci e Socie che avevano la possibilità di far vacanza estiva in centri alpini si concedevano le prestazioni di Guide alpine patentate per fare un po’ di Scuola di roccia e per qualche bella ‘classica’ su difficoltà medie. Un’altra occasione per frequentare l’alta montagna erano gli attendamenti del Touring Club Italiano: questi campeggi offrivano ai partecipanti più di una possibilità: tranquille (o robuste) escursioni ma anche qualche salita alpinistica su vie normali di misto sopra quota 3000. La foto che vi proponiamo fu scattata il 31 luglio 1931 sulla cima dell’Adamello: da notare la bella figura della Guida alpina seduta in primo piano, la robusta signora o signorina all’estrema sinistra, la ciclopica macchina fotografica con relativo operatore in alto. Il secondo da destra, alto e segaligno, sorridente con occhialoni sulla fronte è il Ragionier Lorenzo Bossetti, uno dei nostri Padri Rifondatori dal cui archivio personale è stata tratto questo prezioso documento fotografico. Alla fine degli anni ‘20 approdarono a Modena due Soci del CAI Torino, entrambi anche Accademici del CAI: Mario Bordone e l’Ingegner Francesco Parea. Facendo leva sulla loro pratica e esperienza alpinistica la Sezione cercò di promuovere, almeno come immagine, l’alpinismo in terra modenese. Evento clou fu la “traversata alla tirolese” tra le due punte principali dei sassi di Roccamalatina, la prima volta nel 1929 e la seconda due anni dopo, l’ultima domenica di giugno del 1931. La bella foto che pubblichiamo si riferisce a questa seconda prestazione: in traversata è il Bordone, mentre il Parea assicura il compagno. Larga eco ebbe questa performance anche sui quotidiani e periodici locali che non lesinarono plausi, apprezzamenti e meraviglia per questa impresa. Illustre precedente dell’utilizzo di questa tecnica, per la verità più funambolesca e acrobatica che prettamente alpinistica, fu la celebre traversata della Guglia De Amicis nel Gruppo del Cristallo compiuta nel 1906 dal grande Tita Piaz: non fu però la prima in assoluto: essa fu preceduta da quella alla Torre del Diavolo nel Cadini di Misurina del 1903 realizzata dalla cordata Dimai, Siorpaes, Verzi che guidavano le intrepide baronessine Ilona e Rolanda von Eoetvoes. La nostra Sezione, con esplicita dichiarazione di intento pubblicata sulle pagine de ‘Il Cimone’, elesse i Sassi di Roccamalatina a palestra per l’avviamento all’arrampicata dei Soci CAI Modena, ma la compagine sociale si dimostrò ancora impreparata: i tempi non erano ancora maturi e poi tutto l’interesse e energie si volsero all’edificando Rifugio in vetta al Cimone, un ‘tormentone’ che durò più di vent’anni... Della palestra ai Sassi di Roccamalatina non se ne fece nulla; soltanto successivamente, quasi trent’anni dopo, si iniziarono regolari Corsi Roccia ai Sassi di Varana. (Continua) - ALESSANDRO MARCHIORRI 11 NOVITÀ IN BIBLIOTECA di Alessandro Marchiorri “Spegniamo il televisore e apriamo un libro!” M. Rigoni Stern Massimo Mila “L’ALTRA FACCIA DELLA MIA PERSONA - STORIE DI VETTE E ALPINISTI” - Ed. Vivalda Massimo Mila (1910-1988) fu persona di spicco nella cultura e nella vita pubblica del secolo scorso. Docente di Storia della Musica al Conservatorio e all’Università di Torino, musicologo, critico musicale su giornali e riviste come l’Unità, L’Espresso, La Stampa, Mila militò nella Resistenza nelle formazioni di ‘Giustizia e Libertà’ e successivamente nel Partito d’Azione. Fu ottimo alpinista e sci-alpinista e fece parte del C.A.A.I. (Club Alpino Accademico Italiano). Il testo che ci viene proposto, integrato da alcune pagine di presentazione e di chiusura, non è altro che la riproposizione della Storia dell’Alpinismo dalla Fondazione del Club alpino Italiano al 1963, storia pubblicata nel ponderoso volume “I cento anni del Club Alpino Italiano”, pubblicato proprio in quell’anno. È una storia scritta con freschezza e scorrevolezza, sintetica ma completa, un eccellente approccio per eventuali successivi approfondimenti. Non sarebbe male che i Soci e Socie della nostra sezione si facessero un po’ di cultura in campo storico-alpinistico, visto che fra due anni celebreremo i 150 anni della Fondazione del C.A.I.. AA.VV. - “APPENNINO TOSCO-EMILIANO - AMBIENTE, ARTE E CULTURA NELLE TERRE DEL PARCO NAZIONALE” - Ed. T.C.I. Segnaliamo con piacere questo volu- me della Collana “Guide d’Italia”, riguardante l’Alto Appennino parmense, lunigianese, reggiano e garfagnino facenti parte del Parco Nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano. Si tratta di una guida turistica compilata da Autori con competenza specifica nei vari settori indicati nel sottotitolo del volume. È un’opera molto valida per un approccio culturale a un territorio, almeno per la parte emiliana, assai noto e battuto dall’escursionismo e dall’alpinismo estivo e invernale. La raccomandiamo con insistenza all’attenzione e alla lettura dei nostri Soci. Emilie Vast “L’ERBARIO DI EMILIE VAST ALBERI DI LATIFOGLIE D’EUROPA” - Ed. Salani È un delizioso atlante che invita alla conoscenza dei tipi più comuni degli alberi di latifoglie (cioè a foglia cadùca) presenti alle nostre latitudini. Pur essendo un’opera per ragazzi, premiata con la Menzione Speciale al Bologna Ragazzi Award 2010 - categoria non fiction, è anche un eccellente strumento di conoscenza anche per chi ragazzo non è più. La accattivante soluzione grafica e cromatica delle sue pagine lo rendono un piccolo grande gioiello librario. Riproduce diciotto specie che si incontrano abitualmente nei nostri parchi e giardini cittadini così come negli ambienti naturali di collina e di montagna. Perchè lo raccomandiamo con tanto entusiasmo? Perché crediamo che non sia ammissibile che un Socio CAI non sappia distinguere un faggio da un càrpine, un ontano da un acero, un fràssino da un sorbo degli uccellatori... tanto per far qualche esempio in territorio appenninico. Le stesse considerazioni potrebbero esser fatte per le specie da fiore: un’aquilegia da un anemone, un astro da una sassifraga, una peonia da un geranio... anche queste conoscenze elementari vengono simboleggiate da quel binocolo che spunta dallo scudo del logo CAI. La nostra biblioteca sezionale è ricca di più di cento titoli di opere a livello sia scientifico che divulgativo riguardanti il mondo delle piante,dalle erbe ai fiori, dai cespugli agli alberi ad alto fusto. Chi vuole fruirne è sempre il benvenuto (o benvenuta) e con la sua visita e interessamento contribuirebbe anche a far sbadigliare un po’ meno il bibliotecario di turno... A ogni buon conto ci permettiamo di formulare una proposta: perché gli operatori del Giardino Botanico Esperia che comprende nella sua “ragione sociale” anche la specifica “didattico”, cioè la componente di insegnamento, e il Comitato Scientifico Ferdinando Malavolti, separatamente o d’intesa tra loro, non chiedono una pagina sul Notiziario sezionale “Il Cimone” per contribuire alla conoscenza del mondo vegetale? Oppure non elàborano un programma di serate con proiezioni e commento professionale? Potrebbero risultare iniziative di successo e perché no? - consentirebbero di dare una maggiore visibilità a due gloriose realtà sezionali che al momento appaiono un po’appannate. L.Ferranti “APPENNINO MERIDIONALECampania-Basilicata-Calabria” Ed: CAI-TCI È l’ultimo volume pubblicato della prestigiosa Collana “Guide Monti d’Italia”, il terz’ultimo per completare il piano dell’opera iniziato più di ottant’anni fa. All’appello mancano soltanto il volume “Alpi biellesi” e “CivettaMoiazza”. Questo libro-guida sull’Appennino meridionale ha certamente una grande importanza dal momento che mai prima d’ora era stata pubblicata, in un corpo unico, la descrizione dettagliata di un territorio montano così vasto come le montagne dell’Italia del Sud. Si parte dal Matese, al confine tra Campania e Molise per arrivare giù giù, fino all’Aspromonte. Molte son le sorprese per chi non conosce queste alpestri e mediterranee plaghe: ci son vie di roccia di diverse centinaia di metri e gagliardissime salite in invernale da far “tremar le vene e i polsi”... Dal punto di vista della struttura del volume qualche pecca c’è: le foto non son sempre di buona qualità e soprattutto quelle in bianco e nero lasciano piuttosto a desiderare. Le cartine sono di due tipi: quelle a colori si trovano insieme alle foto raggruppate a port-folio al centro del volume, altre, che riguardano gruppi montuosi minori, sono in bianco e nero e sono all’inizio della trattazione del singolo gruppo: poco male, si dirà, se non fosse che il richiamo alla cartina riportato in ogni pagina di testo rimanda solo a quelle a colori al centro. Concludiamo con qualche annotazione a margine: perché in copertina e frontespizio è riportato un Logo CAI ormai abbandonato da anni? (quello dalle linee più morbide e di design moderno incorniciato da un riquadro chiuso). Da alcuni anni poi questi volumi della Collana “Guida dei Monti d’Italia” vengono stampati in Cina: oh bella, non c’era nessuno da far lavorare in Brianza o in Lomellina senza dover scomodare l’Estremo Oriente? Eh, è la globalizzazione, bellezza! Perché da alcuni anni il Copyright è solo del Touring Club Italiano e non più, come prima, anche del Club Alpino Italiano? Da tempo ormai, le “grigie”, come affettuosamente venivano chiamate in gergo le Guide di questa Collana hanno perso la loro veste originaria: ora la copertina è in ‘plastica’ e il volume scivola tra le mani: un tempo erano in ruvida tela e trasmettevano un sottile piacere tàttile simulando la scabrosità di quel sasso, di quella pietra, di quella roccia che s’andava a toccare, ad afferrare, a ghermire, a accarezzare... qualche vecchio barbogio, impenitente romantico, potrebbe sospirare: “sic transit gloria mundi”. Esperienza e lettura di Alberto Meschiari In un articolo del 1949, Perchè si va in montagna, ripubblicato ora negli Scritti di montagna (Einaudi 1992), Massimo Mila distingueva tra un modo di conoscere che è “puramente mentale, una faccenda dell’intelligenza e basta” e un modo di conoscere “con i propri muscoli, con la propria carne, con la propria esperienza”. Il “fare” sarebbe così la forma di conoscenza propria ad es. dell’alpinista, che conosce la sua montagna tastandola palmo a palmo nella ricerca di un appiglio, di un sostegno sicuro, di una via praticabile. Questo giudizio concorda con un’osservazione che voglio sviluppare in queste poche righe. C’è un terzo modo di conoscere, probabilmente il più completo, che nasce dall’incontro tra esperienza diretta e lettura. Leggere ci aiuta a mettere a fuoco le nostre esperienze, a chiarirle, ad analizzarle confrontandole con quelle che sono argomento del nostro libro, a dar loro una voce, un nome, a ordinarle nella mente e nella nostra esperienza complessiva della vita, sia che si tratti dei moti più intimi dell’animo, sia che si tratti del nostro rapporto con la montagna. E questo vale, io credo, per ciascuno, indipendentemente dalle proporzioni più o meno esaltanti, più o meno modeste del nostro “fare”. L’esperienza diretta, dal canto suo, dà corpo e vitalità alle letture, ci fa avvicinare al testo con una qualche competenza, grande o piccola che sia, e ci innalza alla qualità di interlocutore attivo, dialogante. Quando, qualche anno fa, salito da Chamonix a Montenvers col trenino rosso a cremagliera, posai il mio piede sulla mer del glace, che cola a valle sullo scenario magico delle Grandes Jorasses, mi sembrò di posarlo nella storia dell’alpinismo. Ma ciò poté accadere perché questa semplice esperienza, alla portata di tutti, si caricava dei ricordi di lettura delle imprese pionieristiche settecentesche, delle figure leggendarie di De Saussure, Paccard, Balmat, scrutatori pazienti e temerari della mole del Monte Bianco alla ricerca di una via d’ascesa. Allo stesso modo, avere per le mani una piccozza o un moschettone, un chiodo da roccia, una corda, per farne magari anche soltanto un uso modestissimo, indossare gli scarponi un po’ consunti per una camminata, infilare un paio di sci, mi colloca diversamente di fronte alle pagine dello stesso Mila e di Frison Roche, per quanto narrino avventure fuori dalle mie possibilità di realizzazione. Perché quegli oggetti si caricano del fascino della lettura nel momento stesso in cui vestono le parole di un contenuto più concreto, di immagini più nitide, più precise. La narrazione allora non è più per me una finzione del tutto astratta, ma prende corpo e colore dalla mia modesta esperienza, dalla mia piccolissima conoscenza diretta. Le distanze si accorciano. Il fascino di quegli oggetti consiste nel fatto che mi portano al di là della realtà dell’uso scarsamente produttivo che io so fare di essi, diventano una base d’appoggio per il volo della mia immaginazione. Trascorrere una limpida notte sul Mont Chetif, che posso raggiungere agevolmente prima del buio, ad ammirare come se un immenso palcoscenico la catena del Monte Bianco, l’Aiguille blanche de Peteurey, le Dames anglaises, il Dente del Gigante, le luci del Rifugio Torino, ad ascoltare i tuoni dei seracchi che si staccano dal ghiacciaio della Brenva, mi fa gustare più intensamente i resoconti delle imprese di Walter Bonatti, che mi par quasi di vedere appeso alla verticalità del Grand Capucin di fronte a me, o a quelle del Dru, o sulla parete del Mont Maudit. O infine, per rientrare nei confini del fattibile, il ricordo di una tranquilla escursione valdostana su un dolce pendio fiorito, tra corsi d’acqua di fusione, con il fischio della marmotta per compagno, si fonde nella mia lettura con l’atmosfera vellutata delle memorie d’infanzia che Guido Rey affidò al delicatissimo quadretto di Alba Alpina.