Una telespettatrice particolare: una counselor alla corte di Maria
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Una telespettatrice particolare: una counselor alla corte di Maria
ACCADEMIA PER LA RIPROGRAMMAZIONE CORSO IN COUNSELING DELLA RIPROGRAMMAZIONE EMS DIRETTORE DOTT. MARIO PAPADIA TESI DI DIPLOMA IN C O U N S E L I N G D E L L A R I P R O G R A M M A Z I O N E E S I S T E N Z I AL E Una telespettatrice particolare: una counselor alla corte di Maria di Pasqua Legrottaglie ANNO ACCADEMICO 2012-2013 INDICE INTRODUZIONE ............................................................................... pag. 1 CAPITOLO 1 LA TELEVISIONE E IL “MONDO” DI MARIA DE FILIPPI 1.1 Dalla paleotelevisione alla tv 2.0 ................................................... » 3 1.2 Due generi del nuovo contesto televisivo: il talk show e il reality show ............................................................................... » 8 1.3 La televisione di Maria De Filippi.................................................... » 12 2.1 La struttura spazio-temporale del programma............................... » 17 2.2 I protagonisti................................................................................... » 20 2.3 Le dinamiche ................................................................................... » 23 3.1 Il counseling professionale secondo il modello della Riprogrammazione Esistenziale................................................. » 29 3.2 L’analisi di “Amici di Maria De Filippi” in termini di counseling......... » 37 3.3 Il counseling popolare .................................................................... » 47 CONCLUSIONI .................................................................................. » 51 BIBLIOGRAFIA ................................................................................. » 54 CAPITOLO 2 “AMICI DI MARIA DE FILIPPI” CAPITOLO 3 UNA NUOVA VISIONE DEL COUNSELING Alla mia famiglia. Con immenso amore. INTRODUZIONE Perché scrivere una tesi su “Amici di Maria De Filippi”? Per sfida, innanzitutto con me stessa, perché ho sempre condiviso le tesi popperiane di “Cattiva maestra televisione”1 e, aprioristicamente, mi sono definita un’ “antiMaria”, e anche perché amo andare a fondo nelle cose che mi incuriosiscono. Nel momento in cui mi è stata proposta questa tematica ho avvertito un brivido e, probabilmente, avrò fatto qualche smorfia, dato che il Professor Papadia mi ha apostrofata dicendo “Ah già, tu sei un’intellettuale!”. Ebbene sì, sono una persona che non tollera la tv trash, quella diseducativa, fatta di battibecchi, linguaggio volgare e mercificazione del corpo, ma sto terminando un percorso di formazione in Counseling per la Riprogrammazione e questa prova sarà lo strumento del mio nuovo programma2. Ho investito tempo ed energie nella mia laurea da educatrice professionale e nel percorso dei miei studi pedagogici e credo fermamente nella formazione delle persone, per cui mi sono chiesta come tutto questo potesse collimare con la televisione della De Filippi e, quest’ultima, con il counseling. Quando ho cominciato la mia indagine, il programma si avviava verso la fase conclusiva, ma grazie al sito web ufficiale, a facebook, twitter, ai vari forum e 1 La critica che Karl Popper rivolge alla televisione si incentra soprattutto sulla violenza presente nelle diverse trasmissioni, che induce i più giovani e i più deboli ad adottare comportamenti antisociali. La televisione, infatti, fa parte dell’ambiente che viviamo quotidianamente e, proprio per questo, è in grado di influenzarci. “Di questo si dovranno rendere conto, volenti o nolenti, tutti coloro che sono coinvolti dal fare televisione: agiscono come educatori perché la televisione porta le sue immagini sia davanti ai bambini e ai giovani che agli adulti. Chi fa televisione deve sapere di aver parte nella educazione degli uni e degli altri”. K. Popper, Cattiva maestra televisione, Marsilio Editore, 2002, Venezia. 2 Secondo il modello della Riprogrammazione: serie di istruzioni che stabiliscono l’ordine e i modi in cui devono accadere una serie di eventi per ottenere un determinato risultato. M. Papadia, La riprogrammazione esistenziale. Psicoterapia, counseling, medicina naturale, Armando Editore, 2001, Roma. -1- ai canali youtube ho potuto ricostruire la programmazione di Amici 12 (l’ultima edizione) e rivedere qualche spezzone delle scorse edizioni, al fine di avere una panoramica della storia e dell’evoluzione del programma stesso. Dopo aver cominciato ad osservare è stato naturale spaziare all’interno dell’intero “mondo De Filippi”, perché le produzioni della conduttrice/autrice sono rami di un unico albero: “Amici”, che nasce negli anni ’90. Il talk show spopolò tra i giovani per la novità che portava nel contesto della neotelevisione italiana, finalmente una trasmissione che parlasse ai ragazzi e alle ragazze, di loro e tra loro. Nell’elaborato proporrò una visione generale di “Amici”, “Uomini e donne” e “C’è posta per te” e dedicherò il secondo capitolo ad un’analisi più dettagliata di “Amici di Maria De Filippi”, delle dinamiche interne e del ruolo della conduttrice. In chiusura presenterò la professione del counselor e prospetterò l’osservazione del format televisivo dal punto di vista del counseling, i punti di forza e i limiti, che si combinano e creano un nuovo approccio: il counseling popolare. La conclusione sarà il cambio di punto di vista per me e per il lettore, perché abbandonando i preconcetti e ascoltando attivamente, senza filtri, la realtà che ci circonda, si scoprono possibilità alternative che consentono la propria crescita personale e la pratica di modi innovativi con cui affrontare ogni giorno l’esistenza. -2- CAPITOLO 1 LA TELEVISIONE E IL MONDO DI MARIA DE FILIPPI 1.1 DALLA PALEOTELEVISIONE ALLA TV 2.0 Nel 1931, in Italia, cominciano i primi esperimenti televisivi, che, a causa del succedersi di vari avvenimenti, come la seconda guerra mondiale, vengono interrotti, concentrando l’attenzione sui mezzi di comunicazione già esistenti (ad es. la radio). Al termine del conflitto mondiale la Rai (Radio Audizioni Italia) decise di riprendere le sperimentazioni nel tentativo di metterle finalmente in pratica, acquistando tutte le costose attrezzature tecniche, basilari per la trasmissione e la diffusione dei programmi televisivi. Tra il 1952 e il 1953 la Rai diede il via alle prove generali della programmazione, con un palinsesto quotidiano di trasmissioni televisive, che potevano essere viste solo in poche case nell’area vicino a Roma. La televisione nasce ufficialmente il 3 gennaio 1954 con un palinsesto fruibile sull’intero territorio nazionale. Vi è una netta distinzione tra paleotelevisione e neotelevisione (termini coniati da Umberto Eco, in un articolo nella rubrica la “Bustina di Minerva”, inserita su L’Espresso nel 19831). 1 Umberto Eco afferma: “Il modello classico televisivo ha subito dei profondi cambiamenti a causa della moltiplicazione dei canali, della privatizzazione, dell’avvento di nuove diavolerie elettroniche”. -3- La paleotelevisione, dal 1954 fino alla metà degli anni '70, era la televisione di Stato, che mirava a svolgere la funzione di servizio pubblico, sociale e di divulgazione culturale, instaurando un rapporto paternalistico e pedagogico con il telespettatore. La sua struttura, quindi, era: informazione, intrattenimento e cultura. Nella sua programmazione essa vide una continuità con la radio fascista, come per quest’ultima, infatti, anche per la televisione le due parole fondamentali erano educazione ed intrattenimento (lo slogan del periodo era “educare divertendo”). L’intrattenimento divenne il genere televisivo più seguito dal popolo italiano (il Festival di Sanremo e gli eventi sportivi determinarono l’aumento delle vendite di televisori) e in esso si registrò la presenza di molte restrizioni, poiché, anche in questo genere, vi erano fini educativi, per questo motivo non si poteva utilizzare un linguaggio trasgressivo, non si potevano fare allusioni alla sfera sessuale, i costumi e le scenografie dovevano essere molto casti, le donne non dovevano far vedere le proprie gambe, ecc. Nel corso degli anni questi limiti cominciarono a venir meno, ma la trasgressione era comunque molto limitata rispetto a ciò che si vede oggi in televisione. L’intento educativo era molto presente anche nell’informazione, infatti, anche in questo genere non si poteva usare un linguaggio scurrile, i costumi erano sempre molto casti, non si potevano fare riferimenti a fatti molto scabrosi e soprattutto riferimenti di carattere più o meno espliciti alla sfera sessuale2. 2 Un esempio di tutto ciò è il modo in cui lo speaker annunciò l’approvazione della legge Merlin: nel testo, da lui letto, non compaiono mai i termini “prostituzione” e “case chiuse”. -4- Coloro che facevano televisione non dimenticarono mai l’importanza dell’educazione e, quindi, il ruolo pedagogico sul quale avevano voluto costruire il mezzo di comunicazione. Fino al 1975 esistevano solo Rai uno e Rai due e le trasmissioni andavano in onda, esclusivamente, in determinate fasce orarie: dalle 12:00 all’ora di pranzo e dalle 17:00 a mezzanotte. Il progetto di “mamma RAI” era chiaro, guidare l’Italia verso la ricostruzione, proponendo dei modelli comunicativi improntati a una logica pedagogica e moralistica. Nella pratica questo si traduceva in una netta separazione dei generi televisivi per fasce orarie e pubblico, pensando a sigle che scandivano l’alternarsi dei programmi. La televisione di allora stabiliva con i telespettatori una relazione che era la diretta divulgazione della cultura cattolica (in quel periodo al governo del paese). Il nuovo mezzo era amato dal popolo, ma temuto dallo Stato, preoccupato che la deriva consumistica, già in atto nella tv americana, travalicasse i confini nazionali. La paleotelevisione morì negli anni Settanta, nel momento in cui iniziarono a fiorire le televisioni commerciali (la prima ad affacciarsi sul mercato fu la Fininvest di Silvio Berlusconi) che puntavano al guadagno più che al servizio, alla quantità e non necessariamente alla qualità e, soprattutto, rifiutavano l’approccio pubblicitario stile “Carosello”, che dava maggiore importanza al siparietto, che non al prodotto stesso. Fu allora che anche la Rai dovette, suo malgrado, adeguarsi. La neotelevisione ha essenzialmente i caratteri della serialità e della trasgressività, si abbandona l’impronta pedagogica per creare una differente relazione con il pubblico, con uno stile più colloquiale si crea -5- un nuovo rapporto di complicità e convivialità con lo spettatore, essa diventa un’amica che accompagna durante il corso della giornata, si concentra su nuove strategie per conquistare sempre più audience ed è dotata di una forte carica emotiva, per cui non vuole educare, bensì intrattenere. Nella nostra società, con la posizione del sé individuale al centro di ogni interesse e la crisi delle istituzioni educative (la famiglia e la scuola), la televisione conquista un nuovo ruolo neopedagogico, con cui lo spettatore può confrontarsi in solitudine ed eventualmente trarre spunto per affrontare situazioni analoghe nella propria quotidianità. Il palinsesto “a singhiozzo”, tipico del passato, è sostituito con una programmazione “a flusso”, le pause concesse al telespettatore, tra uno show d’intrattenimento e una soap opera, si fanno sempre più brevi, infatti, è proprio la nuova natura della pubblicità, con i suoi break, a scandire e interrompere il trascorrere della giornata televisiva, che ormai prosegue 24 ore su 24. La natura commerciale della neotelevisione influenza tout court le scelte di programmazione, le trasmissioni sono pensate per un pubblico di consumatori che, affascinati dalle immagini, dalle musiche e dalla bellezza degli interpreti, scelgono i prodotti da comprare grazie ai “consigli per gli acquisti”. Si assiste ad una proliferazione dell’offerta televisiva, il telecomando diventa indispensabile e si moltiplicano anche i termini entrati nel gergo comune: zapping, auditel, live, televoto, audience, nomination, televendita, fiction, ecc. La neotelevisione si rivolge ad un target generalista e lo fa impastando discorsi diversi, compresi quelli che la riguardano, finendo per parlare di -6- se stessa. Si è passati così dal macro-genere al meta-genere: programmi ibridi che, tra il serio e il faceto, intrattengono il pubblico, ospitando anche personaggi televisivi di altre trasmissioni (uno per tutti “Buona Domenica”). Oggi la tv generalista è sfidata da quella tematica o a pagamento, che è completamente diversa, perché organizzata secondo consumi di nicchia (sport, cinema, informazione, ecc.), e dalla neonata tv in streaming o 2.0, che si avvale della rete internet per la trasmissione dei programmi e che, spesso, è disponibile gratuitamente sia da casa con il computer, che attraverso smartphone e tablet ovunque si voglia. Le nuove tecnologie rendono lo spettacolo sempre più a portata di mano, attraverso il web è possibile continuare a fruire dei propri programmi preferiti anche quando terminano e lo spettatore appassionato può interagire con altri fans nelle community dedicate, sui siti ufficiali e sui forum, fino a creare da sé uno spazio per rendere omaggio ai propri beniamini, attraverso siti web e blog. Zygmunt Bauman definisce la nostra epoca modernità liquida3, in effetti, tutto quello che è fluido, non mantiene una forma costante ed è incline a cambiarla, la televisione ha fatto esattamente questo, adeguandosi ai tempi e ai costumi di una società che, freneticamente, si evolve. 3 Z. Bauman, Modernità liquida, Laterza, 2002, Roma-Bari. -7- 1.2 DUE GENERI DEL NUOVO CONTESTO TELEVISIVO: IL TALK SHOW E IL REALITY SHOW Il talk show, importato in Italia dalla televisione americana, è una forma d’intrattenimento parlato, fondato sull’interazione verbale tra conduttore e pubblico. In esso è riprodotta la logica della conversazione borghese e il ruolo del presentatore è essenziale, dialoga sia con l'ospite, che con il pubblico, facendolo sentire fondamentale e parte integrante dello spettacolo. Si passa quindi dalla “tv di testo” alla “tv di parola”. Il testo è un sistema chiuso, che non è interrotto e che va in onda con atto di distanza (la paleotelevisione era di testo e proponeva programmi senza interazione), mentre nella neotelevisione (di parola) è la televisione stessa che si fa testo, non produce più per il pubblico, ma con il pubblico. Oggetto fondamentale, ed esempio, per rappresentare il primo contatto con l'esterno fu il telefono, utilizzato in programmi come “Pronto Raffaella”. Il primo talk show, nel palinsesto italiano, si ebbe nel 1977, era condotto da Maurizio Costanzo e trasmesso sulla Rai alle 22:45, si chiamava “Bontà loro” ed è stato il capostipite di una serie di altri programmi del genere. Il pubblico diventa una componente di assoluta rilevanza e il ruolo del conduttore si trasforma da performer professorale ad artefice di legame (e quindi fidelizzazione) tra lo spettatore, sia in studio sia a casa, e le dinamiche presentate dagli ospiti, nei programmi delle varie emittenti. Il ruolo del pubblico in studio assume una nuova centralità, che Anna -8- Grazia Manzato4 descrive con queste parole: “Il pubblico in studio è in primo luogo un elemento del discorso, parte del disposto spettacolare, ingrediente dell’allestimento del programma, partecipe della dimensione televisiva, in quanto incarna concretamente il simulacro di spettatore progettato dal programma: gli atteggiamenti, le reazioni, le risposte di chi è presente in studio, concorrono a formare le istruzioni per l’uso del programma”. Le trasmissioni di Maria De Filippi, che approfondirò in seguito, nascono negli anni ’90 con la caratteristica della centralità del pubblico live. In questo genere televisivo, ispirato al modello greco dell’agorà pubblica, tutti hanno diritto di parola ed opinione, assumendosi la responsabilità di quello che si esprime. La parola è la centralità del concetto di talk show e il veicolo con cui trasmettere idee, ma anche emozioni, sentimenti e dinamiche della propria sfera intima e privata. Il mezzo televisivo diviene l’interlocutore intimo del pubblico, che in questi programmi si mostra, rendendo pubblici i problemi privati. Il telespettatore vive questa intimità su tre livelli: percettivo (lo spettatore viene chiamato a guardare il mostrato), cognitivo (lo spettatore viene a sapere quello che gli si vuole comunicare) e patemico (la posizione emotiva che lo spettatore è chiamato ad assumere)5. L’intimità del talk show si ritrova anche nel reality show, prodotto statunitense che approda in Italia nel 2000 ed è riconosciuto 4 A.G. Manzato, Lo spettatore televisivo, in F. Colombo, R. Eugeni (a cura di), Il prodotto culturale. Teorie, tecniche di analisi, case histories, Carocci, 2001, Roma, pp. 286-287. 5 N. Barretta, M. E. Santon, La signora della tv. Fenomenologia di Maria De Filippi, Edizioni Unicopli, 2013, Milano. -9- ufficialmente attraverso la prima edizione del “Grande Fratello”. Si tratta di un genere televisivo che permette l’osservazione dei comportamenti e delle emozioni di gente comune (come appunto il “Grande fratello”) o di vip (ad es. “L’isola dei famosi”) in contesti e situazioni reali. Secondo la definizione di Aroldi e Villa la reality Tv comprende “produzioni ispirate ad una forte aderenza con la realtà quotidiana, colta sia nei suoi aspetti più drammatici, sia in quelli più banali, grazie ad un coinvolgimento sempre più stretto del pubblico e delle persone comuni (la cosiddetta gente)”6. Bisogna considerare, però, che di realtà ci sia ben poco, perché molto spesso si esibiscono convivenze forzate tra persone che non si conoscono, anche in ambienti particolarmente scomodi, in cui si altera la percezione del tempo, creando un notevole distacco dalla quotidianità e, a proposito di questo, Michele Sorice afferma che il reality show “non è la ricognizione indagatoria sulla realtà, bensì la televisizzazione della realtà; con il reality si frantumano tutte le cornici e la tv non è più il medium che parla della realtà, ma di se stesso, o meglio della realtà come è stata rappresentata dallo stesso discorso televisivo”7. In quest’ambito sono rappresentate situazioni reali, con tutte le dinamiche connesse, in ambienti creati ad hoc; è definito show, perché si tratta di una spettacolarizzazione della realtà, che è presentata senza filtri linguistici; motivo per cui è distinto dalla real tv, che trasmette, invece, situazioni vere in ambienti reali. 6 P. Aroldi, M.Villa, Reality Television. Dalla tv della realtà alla tv delle emozioni. Rivista Ikon, Franco Angeli, 1997. 7 M. Sorice, Lo specchio magico. Linguaggi, formati, generi, pubblici della televisione italiana, Editori Riuniti, 2002, Roma. - 10 - Il reality è un’espansione del talk, che, invece, risulta più discreto; il fatto non è più solo raccontato, ma anche visto, stimolando il coinvolgimento dello spettatore; con le puntate in prime time (puntata intera della prima serata) e le strisce del day time (frammenti della durata di trenta o sessanta minuti trasmessi quotidianamente nella fascia pomeridiana) il programma è onnipresente nella vita di chi lo segue televisivamente. Dal prodotto generico reality show si sono sviluppate diverse varianti. Alcuni dei programmi di questo genere sono definiti anche reality game, perché hanno una parte di competizione che, attraverso prove e sfide settimanali, sfocia nel raggiungimento della vittoria finale di uno dei concorrenti, con relativo premio. I programmi in cui i concorrenti sono dei personaggi famosi si definiscono celebrity show e, in questi, l’approccio voyeuristico del pubblico fa si che si ridimensioni la figura del vip, riconoscendolo pari a se stesso, con limiti e fragilità che, nelle altre trasmissioni, sono nascoste da lustrini e paillettes. Col tempo si è affacciato sul panorama degli spettacoli televisivi il talent show, distinto in due tipologie: quello in cui si ricerca il talento nei candidati che si propongono ad una giuria composta da volti noti della tv (ad esempio “Italia’s got talent”, condotto da Gerry Scotti, Maria De Filippi e Rudy Zerbi) e quello in cui è presentato un percorso di formazione e apprendimento di abilità spettacolari (in “Amici di Maria De Filippi” sono il canto e la danza in tutti i loro aspetti, in “X factor” è il canto, l’interpretazione e il portamento sul palco) e in cui i concorrenti sono seguiti da professionisti incaricati di educarli nelle proprie discipline. - 11 - La struttura dei reality permette al pubblico di affezionarsi ai diversi concorrenti, che segue sia nei momenti di gioia, che in quelli di difficoltà, durante il duro training per la realizzazione del proprio obiettivo. La distinzione tra i due generi concerne la fruizione di questi contesti da parte di un pubblico che, nel reality, s’identifica perché si riconosce nelle dinamiche vissute dai partecipanti, mentre nel talent si riconosce con la voglia di realizzare i propri sogni. 1.3 LA TELEVISIONE DI MARIA DE FILIPPI Maria De Filippi esordisce in televisione nell’autunno del 1992, succedendo a Lella Costa nella conduzione del talk show “Amici”. Il suo ruolo nei primi mesi di programmazione era di autrice del programma, in seguito ne divenne la conduttrice e tale è rimasta, per tutta la durata dello stesso, fino al 1997. La sua presenza in tv è diventata costante nel corso degli anni, fino ad essere riconosciuta semplicemente come “Maria”, e in alcuni casi, addirittura definita “la Maria nazionale”8. “Amici” si configura come novità assoluta del palinsesto televisivo italiano perché introduce, nella quotidianità degli spettatori, un elemento innovativo: il disagio giovanile raccontato dagli adolescenti e discusso tra loro. I protagonisti, di età compresa tra i 14 e i 24 anni, portano in 8 Un esempio della sua predominanza televisiva è stato durante il Festival di Sanremo 2013: quando fu annunciata la cantante Maria Nazionale, il pubblico si stupì di non veder entrare in scena la De Filippi. (fonti varie dal web) - 12 - televisione problematiche relative all’ambito familiare, personale o amicale e ne discutono con i ragazzi del pubblico, sotto la supervisione obiettiva della conduttrice, che Aldo Grasso descrive così: “La conduttrice, il cui atteggiamento contenuto rappresenta il virtuale contrappunto allo straripamento emotivo e psicologico delle confessioni dei ragazzi, anima e regola la discussione senza indulgere in falsi sentimentalismi”9. Si tratta di un vero e proprio talk show, incentrato sulla parola. Il programma è trasmesso nel primo pomeriggio e la scena è costruita in modo da somigliare ad un salotto: al centro sono poste due panchine poste una di fronte all’altra, per i protagonisti della storia, e intorno si distribuiscono i giovani con i quali avverrà il dibattito. E’ concessa l’opportunità a genitori e adulti coinvolti di intervenire sia in studio, sia telefonicamente. A proposito della dimensione familiare, la stessa De Filippi descrive “Amici” come “Un luogo di sfogo del disagio familiare giovanile, una specie di “telefono azzurro” dell’adolescenza. Parlavano di tutto, ma i veri protagonisti erano le relazioni difficili all’interno di un panorama familiare movimentato, fatto di padri distratti e gelosi, di madri impegnate, di fidanzate del padre e di fidanzati della madre, di figli ignorati e soffocati, torturati da divieti o abbandonati a loro stessi. Abbiamo compreso, con il tempo, che il tarlo di tante famiglie è l’incapacità di comunicare, di dirsi le cose in faccia, di chiarire i propri rapporti, di arrivare ad un confronto”10. 9 A. Grasso, Enciclopedia della televisione, Garzanti, 2008, Milano. 10 M. De Filippi, Amici di sera. Gli adolescenti e la famiglia, Oscar Mondadori, 1998, Milano. - 13 - Le dinamiche familiari della gente comune sono a portata di tutti e si smascherano i limiti che conducono alla crisi dell’istituzione famiglia. Il successo della trasmissione è dovuto alla possibilità di riconoscersi nelle storie presentate e di non sentirsi più i soli a vivere ed affrontare tali problematiche. Il mezzo televisivo, fondato sulla comunicazione, diviene lo strumento del paradosso: una denuncia dell’incomunicabilità relazionale umana nella società contemporanea. Nel 1996 si inaugura su Canale 5 un nuovo prodotto creato dalla De Filippi: “Uomini e donne”, che si propone come il naturale proseguimento di “Amici”. La differenza tra i due talk è nel target degli utenti, ora ci si vuole rivolgere ad un pubblico adulto e trattare anche i problemi di coppia o quelli relativi al lavoro, che immancabilmente si ripercuotono sul clima familiare. La struttura è simile al talk precedente e si stabilizza ulteriormente il ruolo del pubblico parlante, per un confronto amicale che consenta di dare origine a spunti di riflessione. Il fine di queste trasmissioni non è fornire una soluzione al problema, ma parlarne affinché i protagonisti stessi possano decidere il da farsi. Con l’edizione del 2001/2002 si ha una svolta dell’aspetto del format: resta centrale il tema della coppia, ma si affronta attraverso il corteggiamento. Alcuni uomini e alcune donne, definiti “tronisti”, cercano nuove conoscenze, ed eventualmente il partner, attraverso il dialogo con dei pretendenti scelti dalla redazione, chiamati “corteggiatori”. Questi ultimi nel corso delle puntate sono eliminati dai tronisti fino a ridurre la rosa dei candidati a due persone. La scelta finale spetta a chi è corteggiato, ma l’ultima parola è del corteggiatore, che - 14 - decide se iniziare o no una storia. Nel 2000 la nostra autrice presenta un nuovo programma, che ottiene fin da subito un gran successo di ascolti e che ancora oggi resta immutato: “C’è posta per te”. La mission della trasmissione è l’incontro e il confronto tra persone, che per svariati motivi, nel corso degli anni, hanno interrotto i rapporti. Le tematiche sono diverse, litigi che hanno allontanato i parenti, persone anziane che vorrebbero rincontrare familiari lontani o vecchi amici, gente che vorrebbe ritrovare una vecchia fiamma o ragazzi che vorrebbero conoscere i loro beniamini. Uno dei protagonisti della storia scrive alla redazione, la quale fa recapitare da un “postino”, a casa dell’altro, la lettera di convocazione. Sarà il destinatario a decidere se partecipare alla trasmissione. Nel momento in cui si arriva in studio viene aperta una grande busta con uno schermo, che permette di vedere chi è il mittente della richiesta e il ricevente decide se permettergli di parlare. Dopo aver ascoltato il messaggio si apre un dibattito in cui la De Filippi è mediatrice; non si cerca necessariamente la conclusione felice, ma si propongono tutti i suggerimenti possibili per giungere ad una conclusione che sia il più favorevole possibile per entrambe le parti. Dice la stessa conduttrice “Maurizio (Costanzo, ndr) mi ha insegnato di avere rispetto per chi ho di fronte. Il rispetto per il pubblico, cercare di non tradirlo, di dire la verità anche a costo di sembrare non quella che loro vogliono. Il telespettatore è cambiato, prima subiva la tv, ora la usa. Quando si rivolgono a C’è posta per te, lo fanno per risolvere situazioni che non avrebbero mai risolto. Decidono di fare una cosa in modo molto forte ed emblematico, chiedere scusa davanti a milioni di spettatori. Le storie di - 15 - “C’è posta” le scelgo personalmente. Mi raccontano le loro cose, è faticoso per loro e per me, che ho rispetto verso le loro storie.”11 Il programma si connota come generalista, perché i protagonisti sono persone comuni, abbraccia uno spettro di pubblico più ampio possibile e rientra nel genere televisivo del people show. L’ultimo grande successo della De Filippi è “Amici di Maria”, che analizzerò nel prossimo capitolo. La genesi del successo di Maria, quindi, si ha con “Amici”, che in seguito ha diviso in una trilogia dal carattere unitario: “Uomini e donne”, “C’è posta per te” e “Amici di Maria”. L’unicum è rappresentato da un percorso narrativo dell’identità, sia in relazione con la propria soggettività, sia in relazione alla comunità. Ognuno di questi programmi incarna un’origine antropologica, che possiamo identificare con la formazione personale (autoaffermazione) in “Amici di Maria”, con la competizione per il raggiungimento della conquista del partner (solidarietà extraparentale e riproduzione) in “Uomini e donne” e con la riconciliazione per vivere una comunità unita (solidarietà parentale ed extraparentale) in “C’è posta per te”. 11 Intervista condotta da F. Fazio in Che tempo che fa, marzo 2013, Rai 3. - 16 - CAPITOLO 2 “AMICI DI MARIA DE FILIPPI ” “Amici” nasce nel 2001 ed è trasmesso su Italia 1 col nome “Saranno famosi”1. Dalla successiva edizione ad oggi il format è stato trasferito su Canale 5 con la denominazione, che porta attualmente, “Amici di Maria De Filippi”, più semplicemente detta “Amici”. È una vera e propria accademia, in cui i ragazzi sono formati per entrare a far parte del mondo dello spettacolo. La nascita del programma viene dal desiderio della De Filippi di creare una nuova proposta televisiva in cui ci fosse l’unione della scuola con lo spettacolo. 2.1 LA STRUTTURA SPAZIO - TEMPORALE DEL PROGRAMMA I due elementi principali su cui si fonda il format e in cui si sviluppano le varie dinamiche, che hanno contribuito al successo della trasmissione, sono il tempo e lo spazio. 1 Il titolo è stato cambiato per problemi di diritto d’autore nei confronti dell’omonima serie televisiva americana. - 17 - Il tempo si suddivide in tre categorie: a) il tempo circolare: “Amici” è un programma senza fine, la conclusione di una stagione televisiva è seguita dai casting per la nuova formazione della classe; nonostante si tratti di una scuola, in realtà non rispecchia il tempo scolastico della nostra realtà, perché al termine del percorso si proclama un vincitore e la classe non esiste più, si ricomincia la ricerca di nuovi talenti per l’anno successivo. Rispecchia, invece, la vita “normale” di ogni persona, in cui non c’è mai una sospensione, ma ogni fine è seguita da un nuovo inizio; b) il tempo progressivo: trattandosi di un talent in stile reality la striscia quotidiana, il day time, permette allo spettatore di seguire i ragazzi durante tutto il periodo educativo fino all’esibizione delle varie prove e del serale. La puntata del sabato è il culmine della preparazione settimanale, il momento delle interrogazioni e delle sfide, ma, a differenza degli altri programmi del genere, in questo tempo l’eliminazione da sfida non comporta la rottura del tempo formativo, perché si continua a lavorare per la formazione della classe e degli allievi. c) il tempo decisivo: il serale è il momento cruciale, in cui si decide chi sarà il vincitore. In questa fase della trasmissione ha più importanza la performance artistica, la bravura degli allievi e quanto siano migliorati nel corso della stagione. L’effetto suspance è determinato dall’imprevedibilità del momento, perché si è giunti al punto in cui la permanenza nel talent è decisa anche dal gradimento del pubblico, che, essendo impreparato tecnicamente, non garantisce il voto alla - 18 - preparazione, quanto al modo d’essere e alla personalità. Siamo nel tempo della dimostrazione, del confronto e dell’affermazione. Lo spazio è il luogo fisico in cui si vive il periodo di formazione e di confronto: a) il living space (lo spazio della preparazione): sono gli ambienti in cui i ragazzi vivono quotidianamente il loro percorso formativo e personale, ci sono le aule per le lezioni e le sale prova in cui gli allievi si preparano alle sfide sotto la guida degli insegnanti, professionisti del settore. Gli spazi neutri servono al confronto tra i ragazzi, permettono la nascita di amicizie e scontri, s’impara a conoscere se stessi e gli altri. Questo spazio è quello del tempo progressivo, della striscia quotidiana del programma; b) il palcoscenico (lo spazio dell’esibizione): è l’anima del programma, il posto in cui ci si mette in gioco. Assume diverse funzioni, seguendo le fasi: 1) arena: nella fase iniziale è lo spazio neutro in cui gli aspiranti concorrenti mostrano il loro talento alla giuria dei professori per conquistare un posto nella scuola. È la dimensione del “passaggio” per arrivare a qualcos’altro e dell’“isolamento”, perché ognuno dei partecipanti si mostra per sé, senza alcun legame di appartenenza; 2) classe: lo spazio neutro si riempie con i banchi degli allievi da un lato e il tavolo dei professori dall’altro, al centro c’è il luogo dell’esibizione. In questa fase emergono le tre peculiarità dello show: l’aspetto formativo, il senso di appartenenza nelle diverse categorie e - 19 - l’opposizione con l’altro versante, cioè la dimensione polemica con gli insegnanti; 3) agone: siamo nella fase del serale, è terminata la preparazione, la diatriba dialettica tra allievi e insegnanti e tra gli allievi stessi. Lo spazio si svuota per accogliere la sfida e la dimostrazione dei talenti e delle loro nuove competenze. Gli alunni sono diventati giovani artisti chiamati ad esibire la loro preparazione in uno spazio competitivo che è luogo del confronto. 2.2 I PROTAGONISTI I protagonisti sono tutti gli attori della trasmissione: a) gli amici: sono i ragazzi che si avviano alla realizzazione del loro sogno, i talenti che devono formarsi e che hanno voglia di migliorarsi. Ognuno di loro incarna in sé l’alunno, il compagno, l’amico, il confidente, il concorrente e l’artista, sono persone giovani e la maggior parte si trova per la prima volta di fronte alle telecamere, vivono il faticoso percorso della formazione e la tensione delle prove, lottano contro le proprie paure e si scontrano con i colleghi, per raggiungere la vittoria, e con i professori che, a volte, peccano di simpatie esplicite e richieste che pretendono qualità fisiche e canoni non sempre presenti nei ragazzi. La maggior parte di loro sono adolescenti, che vivono le crisi tipiche della loro età e che devono confrontarsi con il mondo dello spettacolo, ancora sconosciuto, ma che già li vive come protagonisti. - 20 - Queste figure hanno tre parti fondamentali: quella relazionale e sentimentale, tipica del reality show, quella della dimostrazione delle proprie capacità, tipica degli show d’abilità, e quella della componente formativa nel rapporto con gli insegnanti, che li educano nella loro crescita umana e professionale; b) gli insegnanti: sono la novità della televisione italiana, una presenza importante e, per certi versi, contrastante nella scuola di “Amici”. Sono allo stesso tempo docenti e giudici, chiamati a verificare e valutare il proprio operato sugli allievi. Possiamo definirli i coprotagonisti della trasmissione, che con la loro componente professionale e umana, spesso si scontrano con gli allievi, in alcuni casi perdono di vista la neutralità del loro ruolo attaccando i ragazzi e creando il rapporto dialettico su cui ruota tutto il programma; c) la conduttrice: Maria De Filippi ha uno stile informale e molto semplice, si rivolge agli allievi, ai docenti e al pubblico in modo amichevole, con una postura rilassata. Assume il ruolo di mediatrice nelle relazioni tra corpo docente e classe, smorzando i toni quando diventano irriverenti e, spesso, chiede chiarimenti agli insegnanti2, perché entra in empatia con il pubblico e cerca di creare una logica che sia il più fruibile possibile per tutti. Per i ragazzi è un’amica, disponibile, ma autorevole, li sostiene e li ammonisce quando sono nel torto, aiutandoli a riflettere e a comprendere i loro atteggiamenti. È super partes, mantiene l’equilibrio del programma, cerca di garantire giustizia e parità. È anche la classica conduttrice di talk show, che gestisce i turni 2 Durante la puntata del 19/03/2008 Maria De Filippi chiede al Maestro Jurman di spiegare il significato del termine “suono schiacciato”, da lui più volte usato per correggere i ragazzi. - 21 - dei protagonisti e i ritmi dello show. Il suo ruolo si può definire un punto di riferimento chiarificatore per lo spettatore; d) gli opinionisti: sono delle figure di mezzo, i mediatori della trasmissione, che esprimono idee più obiettive, rispetto a quelle del corpo docente, sulle dinamiche interne al programma ed hanno una visione generale più razionale rispetto a quella emotivamente più coinvolta del pubblico; e) il pubblico: si divide in due tipologie, quello in studio, rumoroso, visibile e partecipativo, che permette ai ragazzi di raccontare se stessi attraverso le reazioni a opinioni anche scortesi, e quello a casa, nascosto, assente e silenzioso, ma che determina il successo di ascolto della trasmissione. Sono speculari e rappresentano la platea virtuale degli spettatori; f) il giudice lontano: è il pubblico attivo a casa, che segue la trasmissione nei suoi tempi e determina l’andamento delle eliminazioni attraverso il televoto. Il legame tra concorrente e pubblico diventa diretto e il giudizio diviene quantitativo. La validità della formazione si basa sul principio dei numeri, che si trasfigura in qualità. Il riconoscimento è nel pubblico e nel suo voto. Nell’ultima edizione di “Amici” il televoto è stato relegato, come forma di giudizio, solo nelle serate della semifinale e della finale, per la proclamazione del vincitore. - 22 - 2.3 LE DINAMICHE a) l’ingresso: è il momento del vuoto e della tensione, nessuno si conosce e, la sensazione, è di trovarsi in un cantiere, perché, in effetti, si sta costruendo il programma e il pubblico partecipa attivamente già in questo pre-inizio, è presente in studio e comincia a conoscere i nuovi allievi. I candidati si esibiscono, contando solo sulle proprie capacità e sul proprio talento, cercando di comunicare tutto quel che possono per convincere la giuria dei docenti del loro valore, per frequentare la scuola. Si costituisce il gruppo classe lungo un asse di aggregazione (appartenere allo stesso progetto), di opposizione (il contrasto con gli insegnanti) e di contorno/compensazione (il pubblico)3; b) la sfida: la classe che si forma in seguito alle selezioni è solo un primo nucleo, che si compone definitivamente nel corso delle sfide. Gli allievi sono costantemente sottoposti a tensioni fisiche ed emotive, perché, di volta in volta, devono dimostrare di essere migliorati e di essere i più bravi agli insegnanti che li valutano, alla giuria e agli occhi del pubblico a casa, che, attraverso il televoto, stila una classifica di gradimento. Gli ultimi in classifica sono “sfidabili” da ragazzi esterni, che vogliono tentare l’ingresso nella scuola; in questa fase l’errore ha la sua peculiarità, perché diventa il fattore di eliminazione, ed è speculare alla realtà quotidiana, in cui, soprattutto in campo professionale, non ci sono sconti per le defaillance; 3 S. Patriarca, Il mistero di Maria. La filosofia, la De Filippi e la televisione, Mimesis Edizioni, 2012, Milano-Udine. - 23 - c) la classe: al termine delle sfide si compone la classe definitiva, che comincia il percorso formativo fino a decretarne il vincitore. Nel gruppo si sviluppa il senso di appartenenza e cominciano a delinearsi relazioni di simpatie e antipatie, che animeranno il corso del programma. Lo spirito competitivo è un incentivo al miglioramento continuo delle competenze e delle doti personali, senza le quali il talento non emerge; d) la classifica: si tratta di un vero e proprio strumento per la decisione dell’andamento della trasmissione, è il pubblico a casa che la redige, attraverso il proprio gradimento. I concorrenti sono immediatamente a conoscenza dei risultati e creano strategie ed alleanze per ottenere maggiore visibilità e riscontro dal pubblico. La novità introdotta da “Amici” è il potere decisionale nelle mani del grande assente/presente, che si somma al giudizio degli insegnanti; e) l’esame: è il tempo del confronto con i docenti, che insegnano e poi valutano l’apprendimento (proprio come a scuola) attraverso l’esibizione artistica degli allievi. Durante il corso dell’anno si affrontano diverse interrogazioni e diversi esami, ma con pesi differenti, perché si va dalla semplice esibizione per avere un voto, all’esame per l’accesso alla fase serale. Il giudizio è espresso pubblicamente, quindi i ragazzi vivono un intenso momento di attesa, mentre affrontano l’alterità del corpo docente, che li forma anche dal punto di vista umano, per affrontare la realtà estranea e professionale, con cui si confronteranno nell’immediato futuro. In questo frangente capita che si creino scontri dialettici tra le due categorie, l’autorità del docente è messa in crisi dal vissuto emotivo dell’allievo, che si sente autorizzato a controbattere per affermare la propria competenza e preparazione. Oltretutto la valutazione - 24 - professionale è confrontata con la classifica di gradimento del pubblico, perdendo ulteriormente il suo valore; f) il serale: siamo nel “tempo decisivo”, non si tratta più solo di migliorare, ma bisogna dimostrarlo. L’ammissione al serale comporta una visibilità maggiore, perché il pubblico è più numeroso e per gli allievi è una forma di riconoscimento del proprio talento e della propria bravura. Essere ammessi vuol dire essere competenti e, a differenza di chi non passa alle selezioni iniziali, che può sempre ritentare l’anno successivo, essere bocciati in questa fase vuol dire aver fallito. Quest’aspetto è fondamentale nella formazione, perché pone i giovani talenti di fronte alla possibilità della non riuscita, che, per quanto possa essere umiliante e angosciante, è pur sempre un fattore di crescita personale; g) la squadra: da qualche anno è stata impostata la divisione della classe in due squadre (bianca e blu) che si affrontano per la vittoria della puntata e per garantire la permanenza di tutti i propri membri fino alle fasi finali. La squadra perdente dovrà eliminare uno dei compagni (nell’edizione 12 la nomination per l’eliminazione spettava ai componenti della squadra avversaria e al proprio caposquadra). Il significato di questa dinamica è fondare nei ragazzi il senso di appartenenza e lo sviluppo di una dialettica positiva del concetto di singolarità-collettività: la squadra è la trasfigurazione del gruppo per il raggiungimento di un obiettivo, in cui si procede insieme, ma anche per se stessi; - 25 - h) la vittoria: il vincitore è uno, al centro della scena. Tutti hanno partecipato alla sua proclamazione ed è stato scelto dagli insegnanti, dagli opinionisti e soprattutto dal pubblico a casa attraverso il televoto (cui spetta la decisione finale). Un giovane talento ora è un vero artista, riconosciuto dalla stampa, dai media e dai telespettatori. Un adolescente con un sogno nel cassetto, che realizza il proprio obiettivo con fatica e che, alla fine del percorso, ottiene un contratto lavorativo. La scaletta che ho presentato è la descrizione generica del programma, nel corso delle varie edizioni ci sono stati continui cambiamenti che hanno reso lo spettacolo sempre più avvincente e fruibile da parte del pubblico. Nella dodicesima edizione la classe è formata solo da titolari e non ci sono sfide esterne per l’ingresso nel corso dell’anno formativo, è introdotta la maglia grigia, che sostituisce l'esame di sbarramento, consegnata nel momento in cui un docente percepisce delle carenze in un allievo, ed ha diverse possibilità: “Rimani”, “Sei in sfida”, “Sei in sfida immediata”, “Sei eliminato” (se il professore sceglie quest'ultima dovrà avere il consenso degli altri due professori di categoria, altrimenti l'alunno rimane nella scuola) e sono introdotti due nuovi generi nelle categorie di canto e danza: il rap e la break dance. I risultati, per l’accesso alle fasi conclusive, degli allievi sono presentati attraverso l’uso di un “semaforo” controllato dai professori: nel caso sia verde, l'allievo accede direttamente al serale, nel caso sia arancione, l'allievo prosegue la sua corsa al serale e nel caso il semaforo sia rosso l'alunno deve abbandonare la scuola. Gli alunni che passano alla fase del serale - 26 - sono divisi in due squadre, Blu e Bianca, capitanate da due direttori artistici o capisquadra (Emma Marrone - ex talento di Amici - e Miguel Bosé – noto cantautore e presentatore internazionale di esperienza decennale) che sceglieranno, di volta in volta, chi si esibirà e su quali prove. Per ognuna delle squadre sono assegnati i professori: Rudy Zerbi, Luciano Cannito e Garrison Rochelle con Miguel Bosé per la Squadra Blu e Alessandra Celentano, Grazia Di Michele e Mara Maionchi con Emma Marrone per la Squadra Bianca. Il vincitore è unico, ma è premiato anche l'ultimo allievo rimasto in gara dell'altra categoria. La maggiore novità di questa edizione è il giudizio delle prove da parte di una giuria di qualità, composta da due attori (Sabrina Ferilli e Luca Argentero), un dj di fama internazionale (Gabry Ponte) e una guest star diversa per ogni puntata (Harrison Ford, Al Pacino, Robert De Niro), anziché dal consolidato e onnipresente televoto, perché “Era diventato come fumare una sigaretta - spiega Maria De Filippi - ogni volta dovevo dire tutte le cose negative, che poteva comportare, prima di lanciarlo”. “Dopo dodici anni sono cambiata e con me deve cambiare il programma. I sedici giovani talenti che fanno parte delle due squadre, blu e bianca, avevano otto anni quando cominciò questa avventura e mi sono sentita in dovere di inventare qualcosa di nuovo. Mai avrei pensato di snocciolare i dati di Publitalia, anziché quelli dell’Auditel. In un momento in cui si tagliano così tanto gli investimenti pubblicitari È motivo di orgoglio già esserci e, soprattutto, partire con gli spazi pubblicitari venduti. Molto più dell’auditel, oggi conta quanto un programma è vendibile e non si - 27 - deve dimenticare internet, che permette di essere ancor più appetibili. Al mondo di “Amici” e al suo sito che sta segnando numeri in continua ascesa, da qualche mese ho avvicinato la novità di www.wittytv.com e, anche lì, c’è spazio per un’infinità di contenuti interessanti per la pubblicità…È così che sta andando il nostro modo di pensare e di lavorare e se ieri le tele promozioni mi davano quasi fastidio, oggi dico che senza di esse questo programma non esisterebbe”4. (Maria De Filippi) Queste innovazioni sono state introdotte a causa della crisi economica che ha colpito anche il mondo della televisione, una riduzione dei costi rilevante, ma che la conduttrice del talent rileva sia stata fatta anche per garantire l’indipendenza del programma dalle case discografiche. ““Amici” è rimasto l’unico talent non legato a nessuna casa discografica. “X Factor” e “Italia’s Got Talent” sono legati a Sony e “The Voice” a Universal”, spiega la conduttrice, che considera come “la negazione del talent, anche perché le case discografiche investono solo su un ragazzo alla volta. Io preferisco invitarle tutte a scegliere tra i nostri ragazzi”. Una scelta che finora ha dato riscontri positivi, poiché il 70% di loro, ad oggi, ha trovato uno sbocco reale nel mondo dello spettacolo5. 4 L. Dondoni, Stasera la dodicesima stagione del talent show di Maria De Filippi, in Gli speciali de La Stampa, www.lastampa.it, 6 Aprile 2013. 5 F. Cerutti, Amici 12 riparte in versione low budget, senza scaletta ma ancora indipendente, in Gli speciali de La Stampa, www.lastampa.it, 6 Aprile 2013. - 28 - CAPITOLO 3 UNA NUOVA VISIONE DEL COUNSELING 3.1 IL COUNSELING PROFESSIONALE SECONDO IL MODELLO DELLA RIPROGRAMMAZIONE Il counseling è una professione che si afferma intorno al 1885 negli Stati Uniti come tentativo di orientamento scolastico, per valutare le idoneità degli studenti, definendone le potenzialità. Negli anni ’50, dopo i due grandi conflitti mondiali, si avverte il bisogno di sostenere e reintegrare nella vita civile, in modo rapido e con una spesa pubblica irrisoria, un gran numero di reduci di guerra, così ci si avvicina anche al tema della morte creando delle task force (gruppi di lavoro con professionisti della relazione d’aiuto); in questi anni Carl Rogers propone un nuovo approccio delle professioni d’aiuto nei confronti dell’utenza, concentrando il percorso di consulenza sul cliente. Negli anni ’70 il counseling approda in Europa: in Inghilterra i counselor e gli psicologi/terapeuti sono considerati sullo stesso piano. In Germania la figura professionale si specializza in tre tipologie: socio-assistenziale, psico-sociale e psico-pedagogica. In Italia si sviluppa intorno agli anni ’80/’90, convogliandosi soprattutto sulla condizione lavorativa della popolazione. Il termine counseling indica un'attività professionale, che tende a - 29 - orientare, sostenere e sviluppare le potenzialità del cliente, promuovendone la crescita e l'autonomia attraverso una relazione di elevata qualità, che stimoli l'affiorare delle risorse interiori e incoraggi le capacità di scelta. Si occupa di problemi contingenti (prendere decisioni, migliorare le relazioni interpersonali, ecc.) e contestualmente circoscritti (famiglia, lavoro, scuola, ecc.), fino ad aprirsi a contesti allargati, quali i gruppi sociali. È una risposta professionale ad una società pressata dallo stress, che si propone come un processo centrato e limitato in breve tempo. L’attività professionale si struttura sulla relazione tra persone e il principale strumento di lavoro è la comunicazione, per la maggior parte verbale, attraverso cui si cerca di decretare un rapporto di fiducia con il cliente, per comprenderne innanzitutto il problema, per consentirgli di osservare la vicenda anche da altri e nuovi punti di vista, per studiarne insieme le possibili evoluzioni, per spronarlo al cambiamento e guidarlo nel percorso di attivazione delle sue risorse verso nuove soluzioni, basate su convinzioni e valori autentici dell’essere umano. La comunicazione si basa su tre aspetti principali: il soggetto con cui si comunica, il contenuto e il ruolo dei partecipanti. La base di questa professione è il riconoscimento della capacità di ogni persona di essere padrona della propria libertà di cambiare e la consapevolezza di non essere inevitabilmente schiavi di fattori esterni. Ogni individuo è considerato unico e speciale e come tale gli viene dedicata la massima attenzione, per coglierne la sua peculiarità e aiutarlo a esprimerla pienamente. Le capacità di ascolto ed empatia sono tra le qualità fondamentali del - 30 - counselor, che non è certo un semplice consigliere, ma un sostegno, come dimostra l’etimologia del termine (dal latino consulo-ĕre, traducibile in "consolare", "confortare", "venire in aiuto", si compone di cum e solĕre, "alzarsi insieme", sia propriamente come atto, che nell'accezione di "aiuto a sollevarsi". È corrispondente un altro verbo latino: consulto-āre, iterativo di consultum, participio passato di consulo, col significato di "consigliarsi", "deliberare", "riflettere"). Essere counselor “richiede una profonda empatia, la comprensione del carattere e delle tensioni interne della personalità, la capacità di accettare e rispettare gli altri senza falsi moralismi, l’umiltà di non imporre le proprie scelte di vita”1. Il rapporto tra professionista e cliente, all’interno della consulenza, è paritario e la prestazione desiderata è contrattata insieme all'inizio del percorso, che non prevede una cura, perché alla base non vi è una malattia, ma una richiesta di orientamento, di sostegno e di guida. Decidere di fare consulenza con un counselor è una scelta personale e comporta la disponibilità a lavorare su se stessi prima ancora che sulla situazione esterna, un percorso che difficilmente può essere imposto, ci si avvicina a questa realtà professionale non per avere delle risposte, delle interpretazioni o delle diagnosi, ma per imparare a stare meglio con se stessi e, quindi, con la realtà circostante e con le situazioni nelle quali bisogna vivere e operare. Il lavoro di crescita personale è il primo passo, anche quando i problemi da affrontare sono estremamente pratici e sembrano dipendere 1 R. May, L’arte del counseling. Il consiglio, la guida, la supervisione, Astrolabio - Ubaldini Editore, 1991, Roma. - 31 - esclusivamente da avvenimenti esterni: un licenziamento, la perdita di una persona cara, un incidente d'auto, ecc. Il counselor è un facilitatore con capacità di gestire situazioni conflittuali e deve agire prima di tutto sull'atteggiamento, cercando di trovare un punto di vista della vicenda, che lasci spazio ad una possibile crescita, che non chiuda ogni possibilità di dialogo con la realtà e che possa, così, trasformarsi in un'opportunità di ampliamento di orizzonti, anche interiori. Il suo compito è, infatti, quello che dovrebbe essere il compito della famiglia e della scuola: aiutare le persone a diventare consapevoli degli strumenti a propria disposizione, in quanto essere umano e in quanto individuo, per imparare ad operare consapevolmente e costruttivamente nella propria esistenza. Per diventare un professionista riconosciuto occorre frequentare un corso di formazione triennale, in cui sono studiate la teoria e la pratica del modello e in cui si segue un percorso personale, e si termina con un tirocinio e un esame finale, con elaborazione di una tesina, per conseguire il diploma, che darà accesso al registro delle professioni regolamentate senza albo. Negli anni si sono distinti diversi modelli di counseling, ognuno con il proprio approccio e il proprio ambito. I più riconosciuti sono: - psicodinamico - transazionale - cognitivo – comportamentale - umanistico – esistenziale - sistemico - 32 - - bioenergetico - pnl - filosofico - riprogrammazione esistenziale Secondo la Riprogrammazione Esistenziale del Professor Papadia “il counseling è un servizio d’appoggio alla persona, per la soluzione di problemi contingenti, determinati dalle sue strategie esistenziali, dalla sua filosofia di valori, dai suoi obiettivi specifici in quella determinata situazione, dalle risorse bioenergetiche e di salute, emotive e ideative a sua disposizione”. Il modello è genetico/informativo, evoluzionistico darwiniano, e considera la persona governata dal codice genetico e dalle istruzioni insite nel dna, considerato l’algoritmo dell’evoluzione, che garantisce adattamento e sopravvivenza grazie alle unità informative da cui è costituito: i geni. L’aspetto evoluzionistico ci consente di guardare i disagi come dati appartenenti alla selezione naturale e, quindi, allontanarli dalle interpretazioni “patocratiche”, molto comuni nella nostra società, considerandoli opportunità di crescita dal punto di vista bioenergetico, mentale e spirituale. L’evoluzione dell’uomo è avvenuta per interesse personale, da non considerarsi come egoismo, poiché questo fattore non esclude il beneficio per gli altri individui. Gli elementi agenti sono stati la selezione naturale, la casualità della variazione genetica, l’adattamento all’ambiente circostante e ai propri simili, mediante gli scopi biologici, - 33 - tra cui, quello fondamentale, è la sopravvivenza (conservazione della salute psicofisica), perseguita con l’utilizzo di due strategie: strategia di coalizione che prevede la riproduzione (garanzia della trasmissione dei propri geni), la solidarietà parentale (vicinanza con i membri del proprio gruppo) ed extraparentale (scambio d’informazioni e favori con membri di gruppi esterni al proprio) e strategia di competizione attraverso l’autoaffermazione e la conquista del territorio (questi ultimi due sono specifici del singolo). L’individuo è un ologramma del proprio dna, una proiezione spazio temporale delle tre programmazioni (bioenergetica, mentale e spirituale) che creano un campo vitale e si coordinano nella formazione individuale e collettiva del soggetto. La programmazione bioenergetica è la strategia degli istinti e delle emozioni, la ritroviamo nel codice genetico, si manifesta attraverso il linguaggio analogico, l’empatia, il transfert che invia e consente la sopravvivenza e l’autoaffermazione, creando un campo bioenergetico, in cui l’individuo entra in risonanza e si lega a soggetti simili a sé. La programmazione mentale riguarda il pensiero umano organizzato, è una struttura complessa il cui funzionamento è geneticamente acquisito e consente di ordinare le esperienze interne ed esterne. Il campo mentale si manifesta attraverso segni, idee, argomenti, valori, ecc. e si esprime con il linguaggio digitale. La programmazione spirituale è un ulteriore sviluppo della mente, che consapevole dei propri limiti spazio-temporali afferma l’incomprensibile come trascendenza. Il campo spirituale si esprime tramite riti ed enunciati. - 34 - La tridimensionalità dell’essere umano è la risultante di due programmazioni: individuale e collettiva. La prima dipende dall’interazione tra caratteristiche genetiche, situazioni precedenti ed esercizio della libertà e si sviluppa nell’intero arco della vita attraverso dieci tappe: concepimento, vita uterina, nascita, fase primaria, socializzazione infantile, sessualizzazione, innamoramento, maturità, decondizionamento e sconfinamento. La seconda è strutturata dall’insieme di simboli, linguaggi, valori, comportamenti tipici di una collettività e, in questa, rientrano anche le programmazioni familiari. Il setting secondo il modello della Riprogrammazione è strutturato in cinque fasi: indagine, definizione dell’obiettivo, deprogrammazione, riprogrammazione e recupero/valorizzazione delle risorse. Riprogrammarsi significa introdurre un cambiamento ottimale in un programma esistenziale. L’inizio di un percorso di consulenza avviene con l’indagine, il counselor tiene bene a mente l’assunto2 “ciò che mi accade è ciò che io sono” e procede, nella prima parte, con un ascolto attivo ed empatico. Come già detto l’empatia è basilare in una relazione d’aiuto, perché permette alle parti che vi partecipano di entrare in sintonia, l’ascolto attivo è un atteggiamento ricettivo di tutti sensi del counselor, con cui indaga nella narrazione del cliente, senza interromperlo e senza pregiudizi, sentendosi parte della sua storia. Quando termina la narrazione del cliente si procede con l’indagine, attraverso la formulazione di domande mirate a definire il vero problema, che a volte non è quello che viene portato in consulenza dal cliente. 2 Per assunto si intende un’affermazione difficilmente dimostrabile, mentre l’assioma è un enunciato il cui contenuto è condiviso dagli interlocutori. - 35 - Occorre, quindi, stabilire se esso sia nell’obiettivo, nella strategia o nelle risorse. Dopo aver definito il problema contingente, l’indagine prosegue alla scoperta del programma3 operante, cioè capire quali siano gli atteggiamenti, la filosofia di vita, i valori, ecc. che il cliente mette in atto, in quella determinata situazione, e al suo inserimento nella mappa esistenziale della persona, per valutare l’incidenza del problema nella sua quotidianità. Si procede con la chiarificazione dell’obiettivo della consulenza secondo l’assunto “il cambiamento trascende il mio contingente” e la stipulazione del contratto. “Non c’è evoluzione senza cambiamento strategico” è l’assioma su cui si fonda la deprogrammazione, attraverso cui il professionista destruttura il programma del cliente, servendosi di tecniche quali la disaggregazione (emozionale), la disconnessione (confutazione delle credenze) e creazione di non senso. Nel momento in cui il cliente entra in crisi e diventa consapevole del proprio fallimento comincia la riprogrammazione. “Il cambiamento è influente quando è significativo”: il counselor introduce il nuovo programma, lavorando con quote d’amore e inserimento di nuove istruzioni nella mappa esistenziale e nella memoria. La tecnica ideale in questa fase è la maieutica, con la quale si tirano fuori dal cliente le idee e le potenzialità per la risoluzione del problema. Giunti alla messa in pratica della competenza si recuperano o si creano le risorse necessarie, perché “non c’è cambiamento senza energia”. 3 Il sostantivo è ripreso dall’informatica, che, attraverso un’analogia, chiarisce efficacemente il senso dell’uso della parola per la descrizione della personalità dell’essere umano. Nel modello della Riprogrammazione il termine “programma” indica una serie di istruzioni, interne all’individuo, di origine genetica ed ambientale (programmazioni). - 36 - 3.2 L’ANALISI DI “AMICI DI MARIA DE FILIPPI” IN TERMINI DI COUNSELING a) I protagonisti Sarebbe un azzardo, ma forse non proprio improbabile, guardare il format come un setting di consulenza (dato che il percorso formativo potrebbe essere considerato un’analogia del percorso di consulenza, purtroppo mancherebbero momenti necessari, che sono tipici del counseling), ma, per giungere ad una conclusione chiara e forte nel suo fondamento, analizzerò la trasmissione nelle dinamiche e nei ruoli dei protagonisti. Amici è strutturato come una vera e propria Accademia di spettacolo, con importanti professionisti in veste di docenti e molte ore di lezione. I ragazzi che vi partecipano sono per la maggior parte adolescenti, con tanta passione e un sogno da realizzare. Osservando con gli occhi di un counselor l’attenzione si focalizza immediatamente sul desiderio di raggiungere un obiettivo. Nella nostra società, molto spesso, si guarda ai reality come una forma di scorciatoia per raggiungere il successo, “Amici” è impostato diversamente, infatti, per raggiungere l’ambita meta occorre impegno e sacrificio, non basta farsi notare in tv per essere riconosciuti come artisti, ma bisogna trasformare il potenziale, e quindi talento e passione, in competenze tali da permettere, ai protagonisti, l’ingresso nel mondo dello spettacolo da veri professionisti. - 37 - Il raggiungimento di un obiettivo è strettamente correlato ad una buona strategia operativa, scandita da piccoli obiettivi intermedi. Le interrogazioni e gli esami, dopo aver seguito ore di lezione individuale e collettiva, sono gli step cui si sottopongono gli allievi e in cui devono dimostrare di aver raggiunto un nuovo livello di competenza. I ragazzi arrivano nel talent con le loro programmazioni individuali, frutto della genetica e delle programmazioni familiari, quindi, provenendo da background diversi, è naturale che si generino situazioni conflittuali, sia con l’autorità del corpo docente, che nel gruppo dei pari. Nel momento in cui si compone la classe, si forma, naturalmente, un nuovo sistema4, che deve convivere nello stesso ambiente per un tempo stabilito, dando origine ad una nuova programmazione strategica collettiva (gli allievi si relazionano tra loro strutturando strategie innovative, valorizzando o creando risorse utili per il raggiungimento dell’obiettivo finale e stabilendo un campo bioenergetico, mentale e spirituale). Nel corso delle lezioni si accumulano tensioni che poi sfociano in modo plateale durante le esibizioni e, gli scontri più rilevanti, sono tra allievi ed insegnanti. Qualsiasi percorso formativo vive una “rivalità” tra queste due elementi, tipica del periodo adolescenziale, perché l’insegnante incarna l’autorità dell’adulto, che è confrontata con il modello genitoriale da cui spesso, l’adolescente, è ostacolato nell’espressione della propria libertà. Si distinguono due tipi di docenti, gli autorevoli e gli autoritari. I primi conquistano la classe con la loro empatia e con la garanzia del sostegno costante e sono seguiti e ammirati. I secondi 4 Un sistema è un insieme di elementi talmente in interazione tra loro che una qualsiasi modificazione di uno di essi comporta una modifica di tutti gli altri. - 38 - creano un clima di tensione con gli allievi e sono oggetti di critiche e boicottaggi. Nella storia della scuola di “Amici” un esempio di docente autoritario è Alessandra Celentano (insegnante di danza), mentre uno autorevole è Grazia Di Michele (insegnante di canto), quest’ultima, anche quando riprende gli allievi per correggerli, magari usando toni duri, inserisce quote d’amore che alleggeriscono il rimprovero, tanto da essere accettato con serenità. In un confronto tra Greta e la docente Di Michele, dopo una prova di canto, quest’ultima le dice “Sono sicura che tu stai lavorando su quello che ti ho detto, ma credo tu ancora non sia arrivata”, si nota l’incisività della dichiarazione, “ammorbidita” dalla fiducia e dalla quota d’amore dell’insegnante nei confronti della ragazza. In seguito ad un’altra esibizione dell’allieva, la stessa insegnante le dà un responso negativo. Greta resta in silenzio, esterrefatta. Sono secondi lunghissimi che la Di Michele interrompe, spiegando: "Tu non meriti di essere un terno al lotto, perché devi riuscire a dare sempre lo stesso valore a quello che fai, con la stessa energia e la stessa credibilità, non soltanto quando senti di farlo". L’ultimo esempio riportato è un momento di deprogrammazione attraverso la disaggregazione, la docente scioglie il legame tra il vissuto emotivo di Greta, durante il canto, e la performance artistica. Trattandosi di un talent show, connubio di talk e reality, la comunicazione è la base su cui ruotano tutti gli sviluppi della trasmissione e quando si presentano docenti autoritari, che instaurano rapporti conflittuali con gli allievi, probabilmente il problema dell’idiosincrasia è nella modalità con cui essa si realizza. I principali problemi legati alla comunicazione - 39 - sono: doppio messaggio, interpretazione impropria e comunicazione paradossale. Il doppio messaggio è l’incoerenza tra contenuto del messaggio e comportamento che lo accompagna (es. un allievo sostiene di aver studiato, ma arriva impreparato all’interrogazione). L’interpretazione impropria è, appunto, l’interpretazione di un comportamento secondo una tendenziosità dell’osservatore (es. se un allievo è pigro, l’insegnante darà per scontato che l’impegno sarà scarso). La comunicazione paradossale si divide in ingiunzione (in cui la comunicazione è contraddittoria in sé, es. “Rilassati!”) e predizione (intendere il presente come un’anticipazione in conflitto con il futuro, es. “tanto lo so che mi boccerà!”). Mi sembra doveroso osservare la collisione da un punto di vista alternativo. È possibile considerare lo scontro tra docenti e alunni come riprogrammazione, perché, dato che l’accademia li forma anche sul fronte della personalità, lo scontro “simulato” diventa una predizione degli avvenimenti che, molto probabilmente, potranno capitare all’esterno della scuola, quando i ragazzi dovranno affrontare da soli i professionisti dello spettacolo. L’insegnante autoritario, a questo punto, è chi inserisce nuove informazioni nella mappa esistenziale degli studenti, per prepararli al confronto con il mondo vero, quello in cui non ci saranno adulti pronti a difenderli, perché quegli adulti saranno loro stessi. In questa edizione i professori, durante il serale, siedono in seconda fila, per cedere il centro della scena agli allievi, affidando i tempi e le scelte delle performance ai capisquadra Emma Marrone (ex allieva della scuola, oggi affermata cantante) e Miguel Bosé (cantautore di fama internazionale), che svolgono la funzione di coach, preparano i ragazzi - 40 - per le varie prove e li motivano costantemente nel corso del periodo formativo: dopo una sfida tra Verdiana e Moreno, il ragazzo, uscito sconfitto, si mostra dispiaciuto ed Emma lo rincuora dicendogli "Ti sei sentito responsabile e mi è dispiaciuto vederti giù. Ma quando capiterà di nuovo ricordate che, al di là della giuria che ci sta giudicando, noi stiamo cantando per il pubblico e la gente a casa". In una striscia pomeridiana, il giorno dopo un serale impegnativo, Emma premia la sua squadra "Mi avete sbalordito, bravi! A parte un po' di cose da sistemare, ma è normale perché siamo all'inizio. Vi siete accorti di quanto è dura. Siamo andati a perdere, ma per me erano importanti le esibizioni". Nel corso di una pausa pubblicitaria, sullo sfondo, Edwyn, dopo aver perso una sfida con Costanzo, ha avuto paura di uscire e la rabbia per la sconfitta ha avuto il sopravvento. Il suo Direttore Artistico Bosé, l'ha affrontato a muso duro: "Questo atteggiamento e questa faccia non voglio vederli mai più nella mia squadra. Non sto scherzando, non voglio facce così. Sei bravo, hai del potenziale; devi fare di più. L'hai fatta benissimo. Ma così è la vita!". Messaggio recapitato, che l'interessato commenta quasi commosso: "…dietro c'era tanta passione e tanta volontà; è stato molto affettuoso e paterno (riferendosi al suo caposquadra)". Ho definito il counselor un facilitatore, ma è anche (e soprattutto) un mediatore tra il cliente e il suo disagio, quindi, a parer mio, in questa situazione il ruolo spetterebbe a Maria De Filippi, perché, come detto in precedenza, è la mediatrice tra tutti i protagonisti della trasmissione e con il pubblico a casa. - 41 - Maria De Filippi è laureata in legge con il massimo dei voti, un percorso che ha poco a che fare con l’ambito delle relazioni umane, perché molto tecnico, eppure questa donna ha saputo reinventarsi in una veste completamente nuova. Sicuramente il merito è anche di suo marito, Maurizio Costanzo, pioniere dei talk show, che ha saputo suggerirle tutte le tecniche necessarie affinché potesse diventare l’icona empatica che è oggi. La prima caratteristica che si nota, in questa “anomala” conduttrice, è la sua presenza defilata, la maggior parte del tempo è seduta al lato dello spazio scenico. Osserva e interviene dall’esterno. Sono rari i momenti in cui si sposta al centro della scena: in apertura di trasmissione, prima di un’esibizione (mentre accoglie l’allievo e lo presenta) e subito dopo (quando accanto a lui o lei ascolta il giudizio degli insegnanti e della giuria), ponendosi come sostegno, e in compresenza agli ospiti della puntata. Il portamento è elegante e umile al contempo, le spalle sono leggermente chine e in apertura accenna un inchino al pubblico, ai membri della giuria e del corpo docente. La voce è monotòno, quasi ipnotica, parla lentamente e scandisce ogni parola, questo per permettere a tutti di comprenderla, sia in studio sia a casa. Le caratteristiche citate le hanno consentito di diventare l’“amica” di tutto il suo pubblico, trasmette una sensazione di tranquillità, che fa sentire a proprio agio chiunque si relazioni con lei, ma mantiene un distacco autorevole, che le consente di proporsi empaticamente come guida e come educatrice nello stesso momento. Nel corso della stagione televisiva Maria media non solo all’interno delle dinamiche proprie del programma, ma si fa portavoce dei messaggi che i - 42 - familiari dei ragazzi inviano alla redazione, leggendo lettere che contengono parole di vicinanza, di sostegno, spesso richieste di perdono (nel caso in cui in passato i genitori non hanno creduto ai sogni dei figli) e di complimenti verso i sacrifici che i loro ragazzi fanno per coronare il grande sogno. Queste missive colpiscono i giovani allievi nella loro parte emotiva. Il rapporto della conduttrice con gli allievi è di sostegno, con frasi incoraggianti "Domani sera inizierà la vostra avventura rendete onore al vostro talento; questo è il vostro studio, questo è il vostro palcoscenico, in bocca al lupo” in occasione della vigilia della prima puntata del serale, oppure in apertura della “prima”, in cui inizialmente fa un richiamo alle parole di speranza del Papa e poi, rivolgendosi a quei giovani che sono dentro lo studio, che sperano di «fare del talento la loro professione», e a quelli fuori che hanno difficoltà a crearsi un futuro: “Abbiamo, parlo della mia generazione, tolto la speranza. Dobbiamo provare a ricostruirla”. Un’assunzione di responsabilità, in cui lei si pone come rappresentate di una generazione adulta che ha commesso degli errori, che scontano le nuove. La De Filippi lascia il segno, mantiene sempre un atteggiamento obiettivo e distante dalle situazioni poco gradevoli, che possono verificarsi, ad esempio quando difende la sua trasmissione in un’intervista con Fabio Fazio a “Che tempo che fa”, sostenendo che “In Italia, quando c’è un genere nuovo, dilaga. Al di là di tutto, dei talent si è detto molto male all’inizio. Non vogliamo mai vedere positivo, sempre negativo. Parlare male dei talent è una moda, c’è una specie di snobismo radical-chic ma queste persone non sono mai andate a vedere - 43 - la macchina talent. I nostri ragazzi studiano canto e ballo tutti i sacrosanti giorni per cinque ore. Quest’aspetto non viene mai messo in evidenza.” Ogni persona che ha potuto conoscerla e frequentarla ha ottimi ricordi e parole molto dolci nei suoi confronti, un esempio è Costanzo che, una volta uscito dallo show, dice “Per me è stata come una mamma, e il fatto di sapere di poter contare su di lei in qualsiasi momento mi ha dato coraggio. Di lei conserverò per sempre un ricordo eccezionale, anche perché mi ha permesso di portare ad “Amici” la mia passione per la breakdance. Questa esperienza che mi ha permesso di crescere moltissimo e di lavorare a stretto contatto con straordinari professionisti”. Anche nel mondo dei social network è pronta al confronto e risponde con puntualità a chiunque le ponga quesiti sulla sua attività professionale. Maria c’è sempre e ovunque, regina del sabato in prime time, dei pomeriggi feriali, dei social network. b) La musica Osservati i ruoli e le dinamiche della trasmissione, è necessario soffermarsi sulla sua componente principale: la musica. Tutto il programma si fonda su di essa, attraverso il canto, la danza, i jingle, gli intermezzi, ecc., ma come inserirla in relazione al counseling? Io la definirei una tecnica, perché si conferma come un linguaggio e un'esperienza universale, accessibile a tutti. Darwin definì la musica "uno dei doni più misteriosi di cui l'uomo sia dotato" e tentò di dare una spiegazione: la musica, o meglio il canto, - 44 - avrebbe a che vedere con la verbalizzazione e sarebbe stata utilizzata, in principio, per comunicare emozioni; è una delle forme espressive, affermatesi nel corso dell'evoluzione, favorenti la socializzazione5. Un recente studio americano ha fatto notare che gli esperti della musica e i musicisti la ascoltano con un approccio analitico, in modo diverso, invece, i semplici appassionati, che la sentono emotivamente. Gli studiosi suggeriscono un contributo biologico alla percezione del suono e all'ascoltare musica. Forniscono una prova molecolare sulla funzione della musica nella comunicazione sociale e nell'evoluzione della specie umana, essa è da sempre parte integrante della storia dell’uomo: segna i momenti più importanti della vita, racconta i vissuti, caratterizza le culture, i popoli e le epoche storiche. Il fascino subìto dall’ascolto di una melodia è indiscutibile e, certamente, il suo potere non risiede solo nella semplice suggestione; per questo motivo i neuroscienziati hanno iniziato ad interrogarsi sull’origine della sensazione di benessere procurata dall’ascolto di un’armonia di note. Il piacere originato dall’esperienza musicale trova la sua spiegazione all’interno dei processi fisiologici, che disciplinano l’attività cerebrale, ossia nella produzione di dopamina, un neurotrasmettitore responsabile della sensazione di piacere, associata al sistema di ricompensa cerebrale. Secondo il professor Flaminio Cattabeni6 ascoltare la nostra canzone preferita fa bene al cervello: “Si impara in fretta e si riascolta all’infinito perché va dritta al cervello, ‘accendendo’ le aree del piacere. Si sa infatti che un brano musicale capace di darci dei brividi attiva gli stessi circuiti sollecitati da tutti i 5 D. Pietrafitta, Musica ed evoluzione, in www.dubito.it, 26 Gennaio 2013. 6 Farmacologo del Centro di eccellenza delle malattie neurodegenerative (Cend) dell’Università degli Studi di Milano. - 45 - comportamenti che provocano piacere. Per questo tendiamo a riascoltarlo più volte, mentre un motivo che non ci piace attiva zone cerebrali diverse e quindi non avremo la necessità di sentirlo di nuovo”. Ascoltare una specifica canzone, a volte, può essere come tornare nel passato e risvegliare diverse emozioni e diversi ricordi. È una cosa decisamente comune, a chi non è mai capitato? La musica, guidandoci verso la riconciliazione con i nostri ritmi vitali, specifici di ognuno di noi, allena l’emotività e ci rende più creativi, può favorire una metamorfosi, una rinascita, un cambiamento nel modo di comprendere noi stessi e l’altro, nel modo di rapportarsi alla vita. La funzione della musica risiede nel suo potere comunicativo, nella sua capacità di schiudere canali di comunicazione non verbali. In essa si decreta una relazione tra la nostra capacità di percepirci e quanto, di noi stessi, ancora ignoriamo; ecco perché il mondo sonoro possiede un risvolto curativo, una relazione che si origina sicuramente dai suoni, ma che trascende poi gli stessi. È in grado di evocare e stimolare nell’individuo una serie di reazioni il cui fine è di avvicinarci a qualcosa di assoluto, di appagarci, sia pure per un istante, dal nostro straordinario senso d’incompletezza. La grande forza della musica è di mettere in relazione finito e infinito (la stessa dicotomia che alcuni definiscono corpo-anima, altri natura-cultura), facendoli danzare attorno ad un tempo storico e mentale qual è la vita. La musica offre un’occasione di svago e di rilassamento. Aiuta la - 46 - persona ad esprimersi e a comunicare attraverso i suoni, oltre che alle parole, può renderci più aperti, più elastici, più empatici (la capacità di mettersi al posto dell’altro, di vedere il mondo come lo vede l’altro, comprendere i suoi bisogni come se fossero i propri, senza però dimenticare che in realtà non lo sono). Oltre l’aspetto emotivo, la musica stimola il problem solving, attraverso il miglioramento dell’elasticità mentale. Dalle valutazioni finali, di alcuni studi scientifici americani, è emerso che la musica non fa crescere l’intelligenza ma, appunto, la capacità di risolvere i problemi. Essa può migliorare la qualità della nostra vita in quanto, essendo una forma di espressione, ha una funzione educativa, perché arricchisce l’animo delle persone. È una delle molte forme di comunicazione che possono essere adoperate, raggiunge dentro e può sostenere nella comprensione dello stato d’animo di chi si ha di fronte, cosa vuole comunicare, e anche di se stessi. La musica arriva fin dove le parole possono non arrivare, non ha confini. È un modo illimitato di esprimersi. 3.3 IL COUNSELING POPOLARE È assolutamente impensabile improvvisarsi counselor, perché, come detto in precedenza, si tratta di una professione che richiede un percorso formativo di durata triennale, di un tirocinio che duri almeno cento ore e, assolutamente prioritario, un percorso personale che consenta al futuro - 47 - professionista di conoscere se stesso per aiutare gli altri in maniera empatica ed obiettiva. Allora perché parlare di counseling popolare? Dal lavoro svolto finora è emerso che, attraverso uno sguardo critico e privo di pregiudizi, si può scoprire il counseling anche nelle situazioni ritenute più improbabili. Il contesto formativo esige, a parer mio, esperienza di counseling e l’“Accademia di Amici” ne ha fornito un valido esempio, perché ogni personalità, che si affaccia ad un percorso di apprendimento, porta con sé la programmazione originaria e deve imparare a relazionarsi con le altre personalità con cui si condivide il percorso. In questo scenario occorre una figura mediatrice, capace di mantenere il giusto equilibrio nel gruppo e di gestire i ruoli dei diversi partecipanti, fino a coordinare i contenuti dei corsi per il raggiungimento degli obiettivi preposti. Osservare un programma televisivo e scoprire che, dietro l’aspetto di superficialità, c’è un mondo di relazioni, costruito secondo un ordine preciso di elementi, è la prova che davvero possiamo incontrare il counseling ovunque. L’elemento di novità è allargare la visione del concetto di counseling a tutte le situazioni e le dinamiche presenti in società, che si tratti di istituzioni scolastiche, familiari, religiose, oppure relazioni di coppia, amicali, di lavoro, in tutta la nostra quotidianità ne ritroviamo gli elementi, che vanno dall’ascolto attivo nei confronti di un interlocutore al suggerimento di strategia in un rapporto lavorativo. Si immagini una comitiva di persone a cena, ci sarà tanto vociare, qualche risata più sonora delle altre, probabilmente qualcuno seduto al tavolo accanto sbufferà infastidito, ma osservando le interazioni tra i - 48 - membri emergerà un conduttore della discussione, la persona che intavola il discorso e richiama all’ordine chi si sovrappone alla comunicazione dell’altro, che riconduce al tema del discorso e alla fine tira le somme, terminando con una frase effetto. Almeno una volta nella vita sarà capitato a tutti di vedere questa scena o viverla direttamente. La persona, che tiene le redini del gruppo, è un facilitatore “popolare”, coordina un gruppo dinamico, così come accade, in modo professionale, in un setting collettivo. Facendo una passeggiata nel parco sarà di sicuro capitato di incontrare una coppia di amiche, sedute su una panchina, immerse in una chiacchierata. Probabilmente una delle due sta esponendo un cruccio e la sua interlocutrice ascolta attentamente quanto le è detto, poi si relaziona con lei e le espone un nuovo punto di vista o una soluzione alternativa. All’ombra di una quercia si sta palesando un esempio di setting individuale, in cui è esposto un disagio e, uno dei due comunicanti, ascolta attivamente quanto narrato, attraverso empatia e assenza di pregiudizio. Un team di ingegneri deve realizzare un’opera, si riuniscono e preparano un progetto, che entro tempi precisi, sarà posto in essere. Stabiliscono una strategia di lavoro, formata da diverse tappe, che tende all’obiettivo, valutando costi e benefici e preventivando possibili ostacoli. Un adolescente torna da scuola e, buttando lo zaino in un angolo, corre a rinchiudersi in camera. Suo padre cerca un dialogo, lo ascolta sentendo lo stesso disagio del ragazzo, gli parla con semplicità e gli offre il proprio sostegno. In ogni momento suo figlio sa di poter contare su di - 49 - lui, ha piena fiducia nell’aiuto che potrà offrirgli. Viviamo in una società che corre ed è sempre sotto stress, sentiamo il bisogno di avere una guida che ci supporti, di avere un confronto aperto con gli altri, di sentirci compresi. Cerchiamo un Altro che non ci faccia sentire gli unici a vivere un disagio, così ci aggrappiamo a tutto quello che compensa il nostro senso di solitudine: gruppi di preghiera, televisione, partner, famiglia, istituzioni e qualsiasi cosa consideriamo utile a risollevare il senso d’angoscia. In tutto questo, privo di una metodologia scientifica, troviamo un po’ di counseling. Nel momento in cui parlo di “counseling popolare” intendo un approccio spontaneo tra persone che, inconsapevolmente, attuano e comprendono tecniche e strategie per la risoluzione dei problemi. In Italia, come professione, il counseling è ancora poco conosciuto. Si comincia a parlarne tra gli operatori nel settore delle relazioni d’aiuto, ma c’è molto da lavorare per renderlo noto alla gente comune, che potrà usufruirne ogni momento in tutti i contesti della propria esistenza. - 50 - CONCLUSIONI L’obiettivo che mi ero proposta all’inizio di questo lavoro era dimostrare che il counseling è vita e che possiamo ritrovarlo in tutte le circostanze cui ci avviciniamo. L’elemento innovativo, e che inizialmente mi lasciava perplessa, è stato prendere in considerazione una trasmissione televisiva, che sembra lontana anni luce dal discorso finora esaminato, e metterla in correlazione all’esperienza del counseling, eppure gli sviluppi sono stati stupefacenti. Io stessa sono rimasta sbalordita quando mi sono resa conto del potenziale di “Amici” nei confronti di un pubblico sempre più assopito e passivo. I telespettatori imparano qualcosa in ogni puntata, in ogni day time e nel complesso del format. Avere un sogno è una peculiarità dell’essere umano, ci diversifichiamo solo nella forza che impieghiamo per realizzarlo. In una società troppo indaffarata perché sieda ad organizzare un piano di riuscita, molto spesso si preferiscono le scorciatoie; peccato che queste non ci consentano di assaporare pienamente il traguardo, dato che in realtà non è tutto merito proprio. “Amici” ci insegna che ogni obiettivo è intriso di sudore e fatica, che c’è bisogno di impegno e costanza, che si devono affrontare momenti di riuscita e di fallimento, che occorre uscire dal guscio, confrontarsi col mondo, scendere a compromessi quando necessario e prendersi i meriti quando si è certi di guadagnarseli. A questo punto è necessario che questa considerazione diventi comune a tutti e far sì che i telespettatori ne diventino consapevoli, bisogna - 51 - educarli a vivere la televisione attivamente, a comprendere il proprio ruolo e i meccanismi che si attivano durante le fasi di identificazione e sostegno. Un pubblico consapevole è un pubblico che cresce e diventa una società migliore. Ammetto che, lavorando su questa tesi, mi sono affezionata alla figura di Maria De Filippi e mi sento un po’ infantile ripensando all’atteggiamento pregiudizievole che avevo, nei suoi confronti, qualche mese fa, ma sicuramente oggi sono cresciuta, perché ho imparato ancora meglio cosa vuol dire guardare da una nuova prospettiva. Ho vissuto sulla mia pelle un’esperienza di deprogrammazione e riprogrammazione con lo strumento della scrittura. Come counselor professionisti dovremmo impegnarci, affinché la nostra figura diventi un punto di riferimento per la popolazione, così come abbiamo un medico curante, dovremmo avere il nostro counselor di fiducia. Tutto è un percorso, la vita è un percorso. E il counseling è come l’acqua che disseta dopo una lunga passeggiata. “Se puoi sognarlo, puoi farlo” Walt Disney - 52 - RINGRAZIAMENTI Alla mia famiglia, che in questi tre anni mi ha sostenuta in tutto con sacrifici e pazienza. Al Prof. Papadia, per avermi aiutata a restituire un senso alla mia vita. A Maria Luce, per avermi dimostrato che l’esistenza si affronta con i sorrisi. Ai miei colleghi, per i confronti e gli spunti che mi hanno aiutata a diventare una persona migliore. A Raffaele, per le nottate intere davanti a tazze di caffè, ascoltandomi pazientemente. A Piergiuseppe, per tutto. Non ci sono parole per descrivere l’immensità che sento nel cuore. A chi è passato nella mia esistenza ed è andato via, a chi è rimasto, a chi è lontano, ma vicino con l’anima, a chi crede in me. GRAZIE! - 53 - BIBLIOGRAFIA BARRETTA N., SANTON M. E., La signora della tv. Fenomenologia di Maria De Filippi, Edizioni Unicopli, Milano 2013; BATESON G., Mente e natura, Adelphi Edizioni, Milano 2008; BAUMAN Z., Modernità liquida, Laterza, Roma-Bari 2002; BECHELLONI G. Televisione e valori, Fondazione Olivetti, 1993; BENCIVELLI S., Perché ci piace la musica. 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SITOGRAFIA www.facebook.it/amici.di.maria.de.filippi www.lastampa.it www.mariadefilippi.mediaset.it www.repubblica.it www.riprogrammazione.it www.twitter.it www.youtube.it Materiale didattico interno all’Accademia per La Riprogrammazione. - 56 -