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UN PROBLEMA IN DUE PAGINE
Per affrontare con consapevolezza gli aspetti gestionali della professione
a cura di Carla Frigieri Franzelli
IVA e prestazioni sanitarie.
Sotto la lente d’ingrandimento la Risoluzione 87/E
e la Sentenza di Cassazione n. 21703 del 2010
In tema d’imponibilità o esenzione dall’imposta Iva in campo sanitario siamo passati, nel corso degli anni, da una quasi totale permissività esentativa per qualsiasi prestazione
sanitaria a chiusure incomprensibili che contrastano fortemente con le norme comunitarie.
Risale al 1979, l’inserimento del punto 18 nel DPR 633/72 (il decreto che ha istituito l’Iva in Italia), che dispone l’esenzione per “le prestazioni sanitarie di diagnosi, cura e riabilitazione rese alla persona nell'esercizio delle professioni e arti sanitarie soggette a vigilanza, ai sensi dell'articolo 99 del testo Unico delle leggi sanitarie, approvato con regio decreto 27 luglio
1934, n. 1265, e successive modificazioni, ovvero individuate con decreto del Ministero della Sanità, di concerto con il Ministero delle Finanze”.
Da allora, e fino a tutto il 2004, avevamo assistito a una forma generalizzata di esenzione per quasi tutte le prestazioni rese da medici nelle varie discipline senza che la nostra
Amministrazione ci proponesse un’interpretazione corretta delle regole comunitarie che, a mia opinione, paiono estremamente chiare la ove attestano: “L’esenzione va riconosciuta esclusivamente a quelle prestazioni mediche che sono dirette alla diagnosi, alla cura e, nella misura possibile, alla guarigione di malattie e di problemi di salute”.
Per rendersi conto di quanta confusione albergasse nella mente dei nostri basta considerare che fino ad allora gli anatomopatologi fatturavano in esenzione con quale beneficio per la salute dei loro pazienti/cadaveri non è dato sapere.
Avevamo tutti sperato, con la circolare 4/E del 2005 (che accoglieva i dettati della sentenza unificata riferita alle cause 307/01 e 212/01 della Corte di Giustizia europea), che
l’interprete italiano delle norme comunitarie avesse finalmente capito i contenuti fondanti delle norme europee sempre tese alla tutela dell’equità di trattamento nei confronti
dei pazienti che necessitano di cure sanitarie.
Analizzando la risoluzione 87/E dell’agosto 2010 ci rendiamo conto che si trattava di una mera illusione e che ancora sfugge totalmente, alla nostra Amministrazione
Finanziaria, il senso delle norme e delle sentenze della Corte di Giustizia secondo cui l’applicabilità dell’esenzione IVA alle prestazioni mediche deve essere valutata oggettivamente, ponendo sempre particolare riguardo e attenzione alla natura delle prestazioni fornite (cfr. Corte di Giustizia CE, sentenza 10 settembre 2002, C-141/00).
A meno di non incorrere in uno svarione epocale, la lettura della risoluzione in esame, mi provoca grande disagio e turbamento e mi pone un quesito della coscienza e mi
domando: ”possibile, stante anche il totale silenzio in tal senso da parte degli interessati diretti, che io sia una delle poche che ravvisa terribili discrasie in questa risoluzione?”.
Vediamo insieme i fatti che hanno determinato la Risoluzione 87/E 2010 che tanto mi sconcerta.
Una clinica polispecialistica ALFA, non convenzionata con il SSN ma con autorizzazione sanitaria, propone Interpello all’Agenzia delle entrate per sapere se la prassi seguita
nella fatturazione e tenuta contabile delle prestazioni di cui al DPR 633/72 punto 18 e punto 19 era da ritenersi corretta.
Chiariva, altresì, che emetteva fattura nei confronti del paziente per le prestazioni sanitarie di diagnosi e cura erogate da medici e paramedici operanti come liberi professionisti
all’interno della casa di cura.
Gli stessi sanitari, a loro volta, emettevano fattura nei confronti della casa di cura per le prestazioni sanitarie erogate, con analitica indicazione dei nominativi delle persone nei
confronti delle quali erano state rese.
Le suddette prestazioni erano fatturate in regime di esenzione IVA ai sensi dell’articolo 10, punto 18, sia dalla casa di cura che dai liberi professionisti.
La casa di cura ALFA chiedeva se la modalità di fatturazione attuata era corretta e se le prestazioni di diagnosi e cura svolte da operatori sanitari, liberi professionisti, nell’ambito
della clinica, fatturate dalla stessa nei confronti del paziente, potessero essere considerate esenti da IVA.
L’Agenzia invece di rispondere solo alla Clinica e restringere il campo applicativo solo alla stessa, ritiene il quesito di natura rilevante e decide di diramare una Risoluzione che
ha valore per tutti coloro che operano nelle stesse condizioni.
Nella sua analisi l’Agenzia distingue le prestazioni sanitarie fornite dalla clinica AlFA in due diverse fattispecie: quelle fornite ambulatoriamente e quelle fornite in regime di ricovero.
L’Agenzia così si pronuncia: “Alla luce delle argomentazioni sin qui svolte, si ritiene corretto che la società istante emetta fattura in esenzione da IVA, nei confronti del paziente, in relazione alle prestazioni di diagnosi, cura e riabilitazione rese ambulatorialmente, per conto della struttura sanitaria, dai medici e paramedici che operano all’interno della casa di cura stessa.
Le prestazioni della casa di cura non convenzionata rese nei confronti dei soggetti ricoverati, invece, dovranno essere assoggettate all’imposta sul valore aggiunto”
E per i metodi di fatturazione così si pronuncia: “Le modalità di fatturazione raccomandate dalla Regione, secondo cui “… solo chi gestisce l’attività sanitaria, in quanto titolare dell’autorizzazione ad esercitare suddetta attività, può fatturare le prestazioni erogate dalla struttura”, sono da intendersi riferite alle prestazioni rese direttamente al paziente dalla struttura
sanitaria privata, per il tramite del professionista.
Diversamente, per le prestazioni di natura sanitaria rese dal professionista, presso i locali messi a disposizione dalla casa di cura, in esecuzione di un rapporto intrattenuto direttamente
con il paziente, è tenuto ad emettere fattura, nei confronti del paziente, il professionista stesso; e ciò anche se i compensi vengono riscossi dalla struttura sanitaria in base al disposto di cui
all’articolo 1, comma 38, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (cfr. anche circolare 15 marzo 2007, n. 13/E). Resta inteso che per le suddette prestazioni, rese nell’ambito di un rapporto
diretto tra il medico ed il paziente, la fattura potrà essere emessa altresì dalla struttura sanitaria in nome e per conto del professionista. “
"
In sintesi e secondo il parere dell’Agenzia nelle strutture private non convenzionate, l’esenzione si applica alle sole prestazioni rese in ambulatorio da medici e paramedici. Sono,
invece, da ritenersi imponibili le prestazioni che la struttura eroga in regime di ricovero. Il libero professionista che presta la sua attività nell’ambulatorio della casa di cura
dovrebbe emettere fattura, in esenzione, in modo autonomo e direttamente nei confronti del paziente, anche se i compensi finiscono nelle casse della struttura privata.
Personalmente dissento da tali interpretazioni che si allontanano sideralmente dagli obbiettivi di equità verso il paziente che la Corte di Giustizia europea persegue e richiama
in ogni sua sentenza quando afferma testualmente che “l'obbiettivo comune delle esenzioni previste dall'art. 13, n 1, lett. b) e c) della sesta direttiva è quello di ridurre il costo delle
spese sanitarie e rendere pertanto le cure mediche accessibili ai singoli.”
Vediamo la VI direttiva
“3 L’art. 13, A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva dispone quanto segue:
1. Fatte salve le altre disposizioni comunitarie, gli Stati membri esonerano, alle condizioni da essi stabilite per assicurare la corretta e semplice applicazione delle esenzioni previste in
appresso e per prevenire ogni possibile frode, evasione ed abuso:
(omissis)
b) l’ospedalizzazione e le cure mediche nonché le operazioni ad esse strettamente connesse, assicurate da organismi di diritto pubblico oppure, a condizioni sociali analoghe a quelle
vigenti per i medesimi, da istituti ospedalieri, centri medici e diagnostici e altri istituti della stessa natura debitamente riconosciuti”.
c) le prestazioni mediche effettuate nell'esercizio delle professioni mediche e paramediche quali sono definite dagli Stati membri interessati".
Anno IV - n°3 - giugno 2011
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PERIODICO DI ODONTOIATRIA GENERALE
Come si può verificare dal contenuto della direttiva al punto b) non si fa distinzione tra ospedalizzati o meno. Il richiamo che la direttiva pone è che gli erogatori delle prestazioni
forniscano le stesse a condizioni sociali analoghe a quelle vigenti per i medesimi, da istituti ospedalieri, centri medici e diagnostici e altri istituti della stessa natura debitamente riconosciuti” e
che le stesse siano eseguite da professionisti abilitati al punto c).
Non risulta che l’Agenzia abbia chiesto alla clinica ALFA quali siano le condizioni sociali ed economiche che la stessa attua per verificare se sono diverse da quelle prestate da enti
ospedalieri convenzionati, né se le tariffe sulle prestazioni rese in regime di ospedalizzazione presentino differenze economiche sostanziose da quelle fornite ambulatoriamente.
Il punto b) della direttiva è chiaro: se vi sono condizioni sociali analoghe, le prestazioni ospedaliere sono esenti.
Non si ravvisa in nessun atto della Corte che la stessa abbia mai fatto distinzioni tra pazienti ambulatoriali e pazienti ospedalizzati continuando a richiamare sempre e soltanto l’oggetto delle prestazioni che deve essere diretto “alla diagnosi, alla cura e, nella misura possibile, alla guarigione di malattie e di problemi di salute” per entrare nell’ambito dell’esenzione.
Per la Corte di Giustizia è necessario individuare il contesto in cui le prestazioni sono rese per stabilire quale sia il loro scopo principale e, quindi, verificare se sussistano i motivi dell’esenzione.
Inoltre, con questa risoluzione l’Agenzia disconosce se stessa e due sue precedenti risoluzioni (119/E e la 167/E del 2003), nelle quali stabiliva che per determinare l’eventuale
esenzione “si deve attentamente valutare il carattere oggettivo delle prestazioni fornite prescindendo dalla forma giuridica rivestita dal soggetto che le fornisce. “
Una recente sentenza della nostra Corte di Cassazione, di poco successiva alla risoluzione 87/E esaminata, mi conforta nelle valutazioni fin qui espresse.
Sentenza n. 21703, Corte di Cassazione, 22 ottobre 2010
Motivi del ricorso
Una Centro Stomatologico campano (costituitosi in s.n.c.) aveva ricevuto un avviso di rettifica dal fisco per il recupero dell’Iva relativa agli anni fiscali 1993 e 1994.
L’Amministrazione finanziaria contestava le fatture emesse dai medici al Centro per le prestazioni da essi effettuate in favore dei pazienti che, a parere dell’amministrazione, andavano fatturate dagli stessi direttamente ai pazienti per godere dell’esenzione e per conseguenza contestava anche le fatture rilasciate dal Centro ai pazienti che, secondo l’Agenzia, non
potevano godere dell'esenzione Iva.
Anche a parere del giudice della commissione tributaria locale di Benevento le fatture emesse dai professionisti nei confronti del centro avrebbero dovuto essere assoggettate ad
aliquota ordinaria perché non direttamente intestate ai pazienti.
Il centro ricorre in Commissione regionale inserendo (ingenuamente e stupidamente) nella richiesta esentativa anche le prestazioni fornite da tale A.V. privo di necessaria abilitazione a esercitare la professione medica (un abusivo).
Tra ricorsi e controricorsi, con parziali riconoscimenti esentativi, si arriva in Cassazione.
Motivazioni della sentenza
Gli Ermellini condannano giustamente l’operato dell’abusivo V.A.,le cui prestazioni non possono essere esenti poiché per le norme Iva le prestazioni devono essere effettuate da
soggetti abilitati, e per il resto arriva al nocciolo del problema che a noi sta a cuore: la regolarità della fatturazione del professionista alla struttura se esente o meno e l’esenzione
della struttura stessa sulle prestazioni erogate ai pazienti.
Ecco alcuni brani significativi della decisione dei giudici di Cassazione che sovente si richiama alle norme della VI direttiva comunitaria:
“(omissis)
va premesso in fatto che, come risulta dalla sentenza impugnata, il Centro organizzava l'attività di cura, conferendo alla struttura i beni strumentali e consentendo a medici convenzionati di
effettuare prestazioni sanitarie; le prestazioni effettuate dai medici ai pazienti venivano quindi fatturate dalla società ai pazienti, mentre i medici, a loro volta, fatturavano le loro singole prestazioni al Centro.
Nell'uno e nell'altro caso l'Ufficio finanziario ha contestato l'applicazione delle esenzioni iva prevista dalla disposizione di legge sopra citata, nell'un caso perché le fatture venivano rilasciate dal
Centro, soggetto non abilitato alla professione medica, nell'altro in quanto esse erano rilasciate dai medici non ai propri pazienti ma al Centro
Tanto precisato, il ragionamento svolto dalla Commissione tributaria regionale, che ha affermato la non spettanza in questi casi del diritto all'esenzione atteso che le fatture (da intendersi quelle emesse dal Centro) provenivano da soggetto privo di autorizzazione all'esercizio della professione medica non appare condivisibile.
La materia è disciplinata, oltre che dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 10, comma 1, n. 18 anche dall'art. 13, parte A, della Sesta Direttiva del Consiglio della Comunità europea del 17 luglio 1977,
n. 388, sull'armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relativa all'imposta sul valore aggiunto, che sul punto che qui interessa così stabilisce:
“'Fatte salve le altre disposizioni comunitarie, gli Stati membri esonerano, alle condizioni da essi stabilite per assicurare la corretta e semplice applicazione delle esenzioni previste in appresso e
per prevenire ogni possibile frode, evasione ed abuso:
b) l'ospedalizzazione e le cure mediche nonché le operazioni ad esse strettamente connesse, assicurate da organismi di diritto pubblico oppure, a condizioni sociali analoghe a quelle vigenti
per i medesimi, da istituti ospedalieri, centri medici e diagnostici e altri istituti della stessa natura debitamente riconosciuti;
c) le prestazioni mediche effettuate nell'esercizio delle professioni mediche e paramediche quali sono definite dagli Stati membri interessati".
La Corte di Giustizia CE, intervenuta in sede di interpretazione ed applicazione di tale disciplina, ha avuto modo di precisare che l'esenzione in discorso non dipende dalla forma giuridica del
soggetto passivo che fornisce le prestazioni mediche o paramediche ivi menzionate, con l'effetto che il diritto all'esenzione va riconosciuto ed applicato anche alle prestazioni di cura effettuate
da una società di capitali (sent., del 10.9.2002, causa C-141/00) o da una fondazione di diritto privato (sent. del 6.11.2003, causa C- 45/01) avvalendosi di personale abilitato.
In applicazione della normativa comunitaria e della giurisprudenza della Corte di Giustizia europea deve pertanto ritenersi che la circostanza che le fatture rilasciate ai pazienti, nel caso di
specie, fossero emesse dalla società che organizzava le prestazioni sanitarie e non dal singolo professionista, il quale a sua volta fatturava la propria prestazione alla società, e del tutto ininfluente ai fini del diritto all'esenzione.
(omissis)
La circostanza che le fatture fossero emesse dalla società, d'altra parte, non sembra avere alcun rilievo sul tema del diritto all'esenzione, sia, come si è visto, per il diritto comunitario, che, deve
aggiungersi, per il diritto nazionale, atteso, da un lato, che la normativa prevede il beneficio in favore delle prestazioni sanitarie rese da soggetto abilitato, ed in questo significato ha una valenza
oggettiva, e, dall'altro, che l'organizzazione e l'erogazione di prestazioni sanitarie da parte di una società, che si avvalga all'uopo di professionisti abilitati non appare vietata dalla legge.”
Sul sito della Cassazione (www.cassazione.it) si trova già la seguente Massima che consiglio di salvare:
Sent. n. 21703 del 22 ottobre 2010 (emessa il 12 luglio 2010) della Corte Cass., Sez.Trib. - Pres. Plenteda, Rel. Bertuzzi
LE PRESTAZIONI MEDICHE SONO SEMPRE ESENTI DA IVA
Massima:
IMPOSTA VALORE AGGIUNTO - IVA - PRESTAZIONI MEDICHE - ESENZIONE - PRESTAZIONI FATTURATE DA UNA STRUTTURA – SPETTANZA
Le prestazioni mediche effettuate da professionisti abilitati sono esenti da Iva, ai sensi del n. 18 dell’art. 10 D.P.R. n. 633 del 1972, anche quando i professionisti operino all’interno di una struttura e quindi emettano fatture a carico della struttura che a sua volta provveda ad emettere fatture nei confronti dei pazienti (questa esenzione non trova però applicazione quando le prestazioni mediche siano opera di professionisti non abilitati).
In conclusione
Dalla sentenza esaminata, che fa costanti richiami alla VI direttiva comunitaria, si evince che le fatture ai pazienti, fornite dalla struttura e non dal professionista (debitamente abilitato)
che invece fattura alla struttura, sono sempre e tassativamente in esenzione.
Questa sentenza nega, a mia opinione, qualsivoglia validità ad alcuni dei pareri espressi dall’Agenzia nella risoluzione 87/E.
Carla Frigieri Franzelli
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Anno IV - n°3 - giugno 2011
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