REGDOC 13-2008.qxd

Transcript

REGDOC 13-2008.qxd
I
L
aicità e religioni secondo Sarkozy
l presidente della Repubblica francese, Nicolas Sarkozy, è
tornato più volte negli ultimi mesi sul tema del rapporto
tra laicità dello stato e religioni, aprendo in patria un acceso
dibattito. Dopo il discorso in S. Giovanni Laterano (20.12.2007;
Regno-doc. 5,2008,170) che voleva presentare – a suo stesso
dire – una «concezione di laicità dove la collocazione della religione fosse definita in termini maggiormente positivi», in
occasione di un viaggio in Arabia Saudita ha poi sviluppato
una «concezione aperta e tollerante della religione» (Discorso al corpo diplomatico, Parigi, 18.1.2008) anche per rispondere a chi lo accusava di voler sminuire il principio di laicità.
Presentiamo qui alcuni stralci del discorso pronunciato da
Sarkozy a Riyad il 14.1.2008 davanti ai membri del Majliss Asshoura, istanza consultiva saudita che raggruppa 150 esperti
nominati dal re Abdallah.
Senza dubbio musulmani, ebrei e cristiani non credono in
Dio allo stesso modo (…). Ma chi, alla fin fine, potrebbe negare
che è il medesimo Dio al quale rivolgono le loro preghiere? (…)
Che è il medesimo bisogno di sperare che indirizza i loro sguardi
e le loro mani verso il cielo per implorare la misericordia di Dio, il
Dio della Bibbia, il Dio dei Vangeli e il Dio del Corano?
In definitiva, l’unico Dio delle religioni del Libro. Il Dio trascendente che è nel pensiero e nel cuore di ciascun uomo. Il Dio
che rende l’uomo non schiavo ma libero. Il Dio che è il baluardo
contro l’orgoglio smisurato e la follia degli uomini. Il Dio che, al di
là di tutte le differenze, non smette mai di dare a tutti gli uomini un messaggio di umiltà e di amore, un messaggio di pace e fraternità, un messaggio di tolleranza e di rispetto.
Un messaggio che spesso è stato snaturato, sviato. Molti crimini che lungo la storia sono stati commessi in nome della religione, in realtà non avevano niente a che vedere con essa, erano
un suo rinnegamento, un suo tradimento.
I crimini commessi in nome della religione non sono stati
dettati dalla pietà, dal sentimento religioso, dalla fede, ma dal
settarismo, dal fanatismo, dalla volontà di potenza senza limiti.
Spesso il sentimento religioso è stato strumentalizzato, spesso è
servito come pretesto per ottenere altri obiettivi e per soddisfare altri interessi. (…) Il pericolo non è il sentimento religioso. È
il suo sfruttamento a fini politici regressivi a servizio di una nuova barbarie (…). [Per questo] non si può condannare il sentimento religioso perché esiste il fanatismo così come non si può condannare il sentimento nazionale perché esiste il nazionalismo.
In quanto capo di uno stato che si basa sul principio di separazione della Chiesa dallo stato, non posso esprimere una mia
preferenza per una credenza rispetto a un’altra. Le devo rispettare tutte, devo garantire che ciascuno possa liberamente credere o non credere, che ciascuno possa praticare il proprio culto dignitosamente (…). Ma ho anche il dovere di preservare l’eredità di
una lunga storia, di una cultura e, se posso osare, la parola di una
civiltà.
E non conosco paese la cui eredità, o cultura, o civiltà non
abbiano radici religiose. Non conosco una cultura o civiltà in cui
la morale, anche se essa incorpora molti altri influssi filosofici,
non abbia poco o molto un’origine religiosa. Al fondo di ciascu-
na civiltà c’è qualcosa di religioso, qualcosa che viene dalla religione. E in ogni civiltà vi è anche qualcosa d’universale, qualcosa
che la lega a tutte le altre civiltà (…). Tutte le civiltà sono un prodotto di incroci (métissage). L’Occidente ha raccolto l’eredità
greca grazie alla civiltà musulmana. E quello che fu la civiltà della
Grecia antica lo deve in larga parte a quello che aveva ereditato
dall’Egitto e dall’Oriente.
E forse è proprio nel dato religioso che il dato universale presente in ogni civiltà è più forte. Sono le religioni che, malgrado
tutti gli errori che sono stati compiuti nel loro nome, ci hanno insegnato per prime i principi della morale universale, l’idea universale della dignità umana, il valore universale della libertà e della responsabilità, dell’onestà e della rettitudine (…). Questa verità
che esiste in tutte le religioni, le credenze e le culture ha qualcosa d’universale che permette a tutti gli uomini di riconoscersi come facenti parte dell’umanità, di parlarsi, di comprendersi, di rispettarsi, d’amarsi (…).
Noi tutti, sia in Arabia Saudita sia in Francia, abbiamo il dovere di promuovere questa verità perché è attraverso di essa che
potremo vincere la crudeltà di quei barbari che non riconoscono nessun valore alla vita e alla dignità della persona umana. Abbiamo il dovere di far conoscere questa verità perché il suo riconoscimento è la condizione della pace, la condizione della fraternità e la condizione del progresso umano.
L’uomo non è sulla Terra per distruggere la vita, ma per donarla. L’uomo non è sulla Terra per odiare, ma per amare. L’uomo
non è sulla Terra per trasmettere ai propri figli meno di quanto
ha ricevuto, ma di più. Questo è in sintesi ciò che insegnano tutte le grandi religioni e tutte le grandi filosofie. È l’essenza di ogni
cultura e ogni civiltà. È su questo che dobbiamo fondare la politica di civiltà di cui il mondo oggi ha urgente bisogno. Allora (…)
non si tratta di cercare d’imporre un modello unico di civiltà (…).
O negare le identità, facendo il gioco di tutti gli estremismi, (…)
perché non c’è niente di più pericoloso di un’identità ferita o
umiliata (…). Se la globalizzazione provoca così tante critiche, irrigidimenti, rifiuti è innanzitutto perché essa è troppo spesso
percepita come una minaccia per le identità (…).
Una politica di civilità è una politica che si dà come scopo di civilizzare la globalizzazione. È una politica che integra
le dimensioni intellettuale, morale e spirituale. È una politica
che cerca di scongiurare la minaccia dello scontro tra civilità
mettendo l’accento su ciò che unisce gli uomini, più che su
quello che li divide (…).
Ciascuno, riandando alle fonti di ciò che è e di ciò in cui crede, ritroverà le origini comuni, ciò che unisce le religioni del Libro
e le civiltà che ne sono derivate e tutti insieme, – lo sottolineo –
eredi del giudaismo, del cristianesimo e dell’islam (…), impareremo a parlare a una sola voce a tutti gli uomini del grande sogno
di civiltà più forte (…) dell’odio.
Una politica di civiltà è fatta da tutti coloro che, anche all’interno dell’islam – come delle altre religioni – lottano contro il
fanatismo e contro il terrorismo, tutti coloro che fanno riferimento ai valori fondamentali dell’islam per combattere l’integralismo. L’integralismo è la negazione dell’islam (…).
NICOLAS SARKOZY
IL REGNO -
DOCUMENTI
13/2008
453