CAPACITÀ, LIBERTÀ E DIRITTI: AMARTYA SEN E MARTHA

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CAPACITÀ, LIBERTÀ E DIRITTI: AMARTYA SEN E MARTHA
CAPACITÀ, LIBERTÀ E DIRITTI:
AMARTYA SEN E MARTHA NUSSBAUM
Sergio Filippo Magni
Quella che segue è una discussione delle nozioni di capacità e libertà,
e del loro rapporto con i diritti, in alcuni saggi di Amartya Sen e di Martha
Nussbaum. Procederò attraverso una breve illustrazione della teoria eticopolitica da loro sostenuta (§ 1), e del modo in cui Sen (§ 2) e Nussbaum (§ 3)
caratterizzano il rapporto della libertà e della capacità con i diritti, per
mettere infine in discussione questo rapporto (§§ 4 e 5).
1. «Approccio delle capacità» è la formulazione con cui, a partire dalla
Tanner Lecture del 1979, Equality of what?1 (nel quale compare per la
prima volta quest’espressione), viene comunemente caratterizza la proposta
normativa sostenuta da Amartya Sen e poi ripresa da Martha Nussbaum, e
che ha trovato applicazione negli Human Development Reports del
Programma di sviluppo delle Nazioni Unite. Questo approccio all’etica
pubblica (definito anche «etica della capacità» – capability ethics2), si
presenta come una teoria normativa di carattere consequenzialista (una
teoria per la quale, cioè, la valutazione delle azioni dipende dalle
conseguenze da esse realizzate, piuttosto che dal rispetto di determinate
norme o doveri, come nelle teorie di carattere deontologico), con un
insieme di oggetti di valore costituito dalle capacità (capabilities) degli
individui e dai loro funzionamenti (functionings), cioè quello che essi
riescono a fare o essere3 (sebbene la Nussbaum privilegi, per evitare
conseguenze illiberali, le capacità sui funzionamenti – ma è un punto che
non si potrà toccare in questa sede).
Il testo costituisce la relazione presentata il 17 febbraio 2003 al «Seminario di teoria del
diritto e filosofia pratica» dell’Università di Modena e Reggio Emilia. Ringrazio Gianfrancesco
Zanetti, Thomas Casadei e Paolo Ligutti.
1
A. Sen, Equality of what?, trad. it. Uguaglianza, di che cosa?, in Id., Scelta, benessere,
equità, Bologna, Il Mulino, 1986.
2
D. Crocker, Functioning and Capability. The Foundation of Sen’s and Nussbaum’s
Development Ethic, in «Political Theory», 20, n. 4, 1992.
3
«I funzionamenti rappresentano – dice Sen – parti dello stato di una persona – in
particolare le varie cose che essa riesce a fare o a essere nel corso della sua vita»; «la
«capacità» di una persona non è che l’insieme delle combinazioni alternative di funzionamenti
che essa è in grado di realizzare». Rispettivamente: A. Sen, Capability and Well-Being, trad. it.,
Capacità e benessere, in Id., Il tenore di vita. Tra benessere e libertà, Venezia, Marsilio, 1993,
p. 95; e A. Sen, Development as Freedom, trad. it. Lo sviluppo è libertà, Milano, Mondadori,
2000, p. 79. Sui concetti di capacità e funzionamento in Sen cfr. G.A. Cohen, Equality of
What? On Welfare, Goods, and Capabilities, in M. Nussbaum – A. Sen ed., The Quality of
FILOSOFIA POLITICA / a. XVII, n. 3, dicembre 2003
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Sergio Filippo Magni
Un assetto sociale o una determinata politica pubblica sono tanto
migliori quanto più consentono agli individui di avere maggiori capacità di
conseguire funzionamenti di valore: «l’approccio della capacità – dice Sen
– è fondamentalmente attento all’identificazione degli oggetti di valore e
concepisce lo spazio di valutazione in termini di funzionamenti e di
capacità di funzionare»4; «la scelta fra diversi assetti sociali deve essere
influenzata dalla loro attitudine a promuovere le capacità umane»5.
Sen ritiene che una delle ragioni del rifiuto del ragionamento
consequenziale da parte dell’etica normativa degli ultimi decenni sia
derivata dalla grande attenzione da essa prestata al tema dei diritti.
Concentrare l’attenzione sulle conseguenze dell’azione è parso rendere i
diritti «evanescenti e indebitamente contingenti», perciò essi sono sembrati
difendibili solo all’interno di una concezione di carattere deontologico,
come «vincoli a cui gli altri devono semplicemente obbedire»6. Questo per
Sen è un pregiudizio dovuto alla non distinzione fra consequenzialismo e
utilitarismo: una teoria morale, o politica, basata sui diritti se non può
coesistere con i due elementi tipici dell’utilitarismo, vale a dire il
welfarismo (che è la teoria del bene insita nell’etica utilitarista:
l’identificazione dell’utilità come criterio per valutare la bontà di uno stato
di cose – nei vari modi in cui l’utilità è concepita, come piacere, felicità o
soddisfazione di desideri e preferenze) e l’ordinamento-somma (che misura
l’utilità di uno stato di cose con la somma complessiva delle singole utilità
individuali), può però benissimo farlo col consequenzialismo7.
L’intento di Sen e Nussbaum è appunto quello di delineare una teoria
normativa, in cui il ragionamento consequenziale si accompagni al
riconoscimento di diritti e di libertà fondamentali. Per fare questo
propongono di adottare una concezione larga delle conseguenze, così da
includere in esse il rispetto di alcuni diritti: tanto ampia, cioè, da
comprendere «il valore delle azioni effettuate o il disvalore della violazione
dei diritti»8. I diritti andrebbero allora considerati essi stessi fini, o parte
dei fini, dell’azione. Si avrebbe così un sistema di carattere consequenziale
che considera, dice Sen, i «diritti come scopi» (goal-rights system). Esso
«incorpora, fra le altre cose, alcuni tipi di diritti nella valutazione degli stati
di cose, e [...] riconosce a questi diritti influenza nella scelta delle azioni,
Life, Oxford, Clarendon Press, 1993; e B. Williams, The Standards of Living: Interests and
Capabilities, in A. Sen, The Standard of Living, Cambridge, Cambridge University Press, 1987.
4
A. Sen, Inequality Reexamined, trad. it., La diseguaglianza. Un riesame critico, Bologna,
Il Mulino, 1994, p. 68.
5
A. Sen, La libertà individuale come impegno sociale, in AA. VV. La dimensione etica
nelle società contemporanee, Torino, Edizioni della Fondazione Giovanni Agnelli, 1990, p. 34;
poi Id., La libertà individuale come impegno sociale, Roma-Bari, Laterza, 1997.
6
A. Sen, On Ethics and Economics, trad. it. Etica ed economia, Roma-Bari, Laterza,
20002, p. 90.
7
Ivi, p. 94. Per una presentazione delle critiche di Sen all’utilitarismo, mi permetto di
rinviare a S.F. Magni, Utilità e capacità. Un esame dell’etica sociale di Amartya Sen, in «Il
dubbio. Rivista di critica sociale», III, n. 1, 2002.
8
Ivi, p. 95.
Sen e Nussbaum: capacità, libertà e diritti
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attraverso la valutazione dei conseguenti stati di cose»9. Si delinea così una
teoria normativa di carattere misto, in grado di recepire all’interno di un
impianto consequenzialista elementi desunti dal deontologismo.
2. L’«approccio delle capacità» dovrebbe essere in grado, per Sen (e
così anche per la Nussbaum, si vedrà nella prossima sezione), di rendere
possibile un tale allargamento senza eccessivo sforzo. Esso riuscirebbe a
farlo perché concentrandosi sulle capacità effettive degli individui è insieme
una prospettiva di libertà. La capacità di una persona, dice Sen, è la sua
«libertà sostanziale»10: «dall’insieme delle capacità di una persona si riflette
la sua libertà di condurre differenti tipi di vita»11. Si è, in questa
prospettiva, liberi di fare una certa cosa in quanto si è dotati della capacità
di farla, dotati del «potere effettivo di acquisire ciò che si sceglierebbe»12.
Riprendendo la ripartizione di Isaiah Berlin13, Sen distingue fra due
concezioni della libertà. La nozione di libertà può essere usata «in senso
negativo», come «libertà da», la quale «si concentra precisamente
sull’assenza di una classe di vincoli che una persona può esercitare su di
un’altra, o che lo Stato può imporre sugli individui»14; e «in senso
positivo», come «libertà di», la quale «si concentra su ciò che una persona
può scegliere di fare o conseguire, piuttosto che sull’assenza di ogni
particolare tipo di restrizione che la previene dal fare una cosa o
un’altra»15. L’una è libertà solo «formale», l’altra è «libertà sostanziale»16.
Nell’approccio delle capacità la nozione di libertà viene adoperata
principalmente nel senso positivo: «le capacità sono nozioni di libertà, nel
senso positivo del termine: quali opportunità reali si hanno per quanto
riguarda la vita che si può condurre»17.
Sen tiene poi a distinguere fra almeno due modi di concepire la libertà
positiva: il primo la intende come possesso di merci o di beni18: si è in
questo senso liberi, quando si è in possesso dei mezzi necessari per fare le
cose che si ritengono degne di essere perseguite; l’altro come la capacità
effettiva della persona di fare le cose che ritiene di valore: si è in questo
senso liberi di fare qualcosa, quando si ha la capacità di farla. Il primo
9
A. Sen, Rights and Agency, in S. Scheffler ed., Consequentialism and its critics, Oxford,
Oxford University Press, 1988, p. 187.
10
A. Sen, Lo sviluppo è libertà, cit., p. 78.
11
A. Sen, Capacità e benessere, cit., p. 100.
12
A. Sen, La diseguaglianza. Un riesame critico, cit., p. 101.
13
Cfr. I. Berlin, Two concepts of liberty, trad. it. Due concetti di libertà, Feltrinelli,
Milano, 2000. Ma la distinzione fra libertà negativa e positiva era già nel ’25 in G. De
Ruggiero, Storia del liberalismo europeo, Roma-Bari, Laterza, 19953, p. 371.
14
A. Sen, Freedom of Choice. Concept and Content, in «European Economic Review», 32,
p. 272.
15
Ivi, p. 272. Cfr. anche A. Sen, La libertà individuale come impegno sociale, cit., p. 24.
16
A. Sen, Lo sviluppo è libertà, cit., pp. 70 s.
17
A. Sen. The Standard of Living: Lecture 1 Concepts and Critiques and Lecture 2, Lives
and Capabilities, trad. it. Il tenore di vita, in Id., Il tenore di vita. Tra benessere e libertà, cit.,
p. 87.
18
A. Sen, Freedom of Choice. Concept and Content, cit., pp. 276 s.
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senso non viene considerato sufficiente perché troppo limitato: è il secondo
senso che viene preferito, in quanto in grado di comprendere anche l’altro.
Se, infatti, essere capace di fare qualcosa implica, per Sen, essere in
possesso dei mezzi per farla, il semplice possesso dei mezzi non garantisce
di per sé anche quello della capacità. C’è anzi, nota Sen, una grande
differenza fra gli individui nella capacità effettiva di usare i beni di cui essi
sono in possesso: diversi sono i bisogni e diverse le caratteristiche fisiche,
culturali, ecc. Un individuo con un alto tasso di metabolismo o con una
grande taglia corporea, ad esempio, può avere bisogno di una maggiore
quantità di cibo per raggiungere lo stesso livello nutrizionale di un altro
individuo con un tasso di metabolismo o una taglia corporea inferiore19.
Questa attenzione alla libertà positiva non comporta tuttavia una
sottovalutazione di quella negativa (dei diritti e delle garanzie che li
tutelano). La concezione negativa della libertà è infatti per Sen
un’accezione «stretta» della libertà, concentrandosi solo sull’assenza di
impedimenti, mentre quella positiva è una concezione «larga» o
«generale»20, identificando la libertà con la possibilità di fare del soggetto,
e comprendendo quindi tanto l’aspetto negativo (l’assenza di impedimenti),
quanto l’aspetto positivo (il possesso del potere).
Libertà negativa e positiva dunque non si contrappongono, né sono
considerati concetti radicalmente separati (nel senso che se si dà l’una si
può anche non dare l’altra, se si toglie l’una si può non togliere l’altra).
Anziché ditinguere nettamente le due libertà (la strada di Berlin, ma anche
quella di Oppenheim e di Bobbio21), Sen ribadisce una «connessione
reciproca fra la libertà positiva e quella negativa»22. È vero che una
violazione della libertà positiva non implica quella della libertà negativa: la
mancanza di una capacità non incide sul possesso di una sfera di non
interferenza («se io non fossi in grado di passeggiare liberamente nel parco
perché invalido – dice – questa sarebbe una carenza della mia libertà
positiva, ma non vi è alcuna traccia di violazione della mia libertà
negativa»); tuttavia non è vero, per Sen, il contrario: «una violazione della
libertà negativa implica una violazione della libertà positiva»23. Se non
posso passeggiare nel parco non perché sia invalido ma perché mi
assalirebbero i malviventi, allora si ha una violazione di entrambe le libertà,
negativa e positiva24. Per questa ragione le due libertà devono essere
considerate «inestricabilmente e profondamente interrelate»25.
19
È la base della critica a Rawls: per questa ragione non è sufficiente il possesso di beni
primari come elemento su cui impostare considerazioni di giustizia distributiva, cfr. Justice:
Means versus Freedoms, in «Philosophy and Public Affairs», n. 2, 1990.
20
Ivi, p. 272.
21
Cfr. I. Berlin, Due concetti di libertà, cit.; N. Bobbio Uguaglianza e libertà, Torino,
Einaudi, 1995; F.E. Oppenheim, Dimensions of Freedom, trad. it., Dimensioni della libertà,
Milano, Feltrinelli, 19822.
22
A. Sen, La Libertà individuale come impegno sociale, cit., p. 25.
23
Ivi, p. 24.
24
Ibidem.
25
Ivi, p. 38.
Sen e Nussbaum: capacità, libertà e diritti
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L’«approccio delle capacità», poiché concepisce le conseguenze
rilevanti in termini di possesso e accrescimento delle capacità e poiché la
presenza di una coercizione è ritenuta compromettere il possesso di queste
capacità, è quindi in grado di incorporare immediatamente al proprio
interno la prospettiva delle libertà negative, dei diritti e delle garanzie della
persona: la mancanza di diritti lede non solo la libertà negativa ma anche
quella positiva. In questo modo portare in primo piano il concetto di
capacità, di libertà positiva, è insieme riconoscere l’importanza dei diritti e
delle garanzie di non interferenza con l’attività dell’individuo.
Una volta adottata questa prospettiva, i diritti stessi vengono
caratterizzati come una relazione fra un individuo e una capacità, piuttosto
che come una relazione fra due parti, fra due o più individui: così il diritto
al movimento viene inteso, dice Sen, come «la capacità della persona i di
muoversi senza danno»26. Vengono cioè intesi come «diritti a certe
capacità». In questo modo tutti i diritti riguardano la libertà positiva, e si
«oscura la distinzione fra i diritti che mettono in relazione alle cosiddette
libertà positive e quelli correlati alle libertà negative»27.
3. Si possono trovare tesi analoghe anche in Martha Nussbaum, la cui
teoria normativa propone, come obiettivo per l’etica sociale, il
raggiungimento di una soglia minima di alcune capacità individuali
fondamentali (anziché di una completa uguaglianza della capacità come in
Sen). Questa proposta è ancorata ad una metaetica antirelativistica di
carattere naturalistico e di ispirazione aristotelica: «la concezione delle
capacità fondamentali – dice la Nussbaum – si basa sulla forza dell’idea
intuitiva del funzionamento autenticamente umano»28. Ciò consente di
formulare un elenco definito di capacità fondamentali e quindi,
diversamente da Sen, un esplicito quadro etico-normativo.
La Nussbaum non fa diretto riferimento alla distinzione fra libertà
negativa e positiva, usa piuttosto in senso molto ampio la nozione di
capacità. Le dieci voci della lista di capacità fondamentali da lei proposte
(vita, salute, integrità fisica, uso dei sensi e del pensiero, uso dei sentimenti,
uso della ragione pratica, rispetto delle forme di appartenenza, relazione
con altre specie, gioco, controllo del proprio ambiente politico e
26
A. Sen, Rights and Agency, cit., p. 200.
Ibidem.
28
M. Nussbaum, Women and Human Development. The Capabilities Approach, trad. it.
Diventare persone. Donne e universalità dei diritti, Bologna, Il Mulino, 2001, p. 120. Cfr.
anche Id., Non-relative Virtues. An Aristotelian Approach, trad. it. Virtù non relative. Un
approccio aristotelico, in M. Mangini (a c. di), L’etica della virtù e i suoi critici, Napoli, La città
del sole, 1996. Sulla metaetica di Nussbaum, cfr. P. Donatelli, Valore e possibilità di vita:
Martha Nussbaum, in E. Lecaldano – S. Veca, La qualità della vita, in «Rivista di filosofia», n.
1, 2001; per una presentazione generale della sua teoria etico-politica cfr. E. Greblo, Dai
diritti alle capacità. L’universalismo contestuale di Martha Nussbaum, in «Filosofia politica», n.
2, 2002.
27
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materiale29) comprendono, infatti, cose che non hanno a che fare
direttamente con la capacità: viene inserito nell’elenco anche la protezione
contro l’aggressione sessuale, la violenza e la discriminazione razziale o
religiosa, così come la difesa della libertà di parola, di associazione, di
partecipazione politica, e dei diritti di proprietà.
La Nussbaum usa, per riferirsi a questa accezione larga della nozione
di capacità, l’espressione «capacità combinate»30, con cui riformula,
migliorandola, quella di «capacità esterne» adoperata precedentemente –
una specie di ossimoro – (poiché, diceva la Nussbaum, c’è un tipo di
capacità che «si riferisce alla presenza di condizioni esterne per i
funzionamenti in questione, chiamo questo tipo capacità-E e lo definisco
così: una persona è E-capace di esercitare un funzionamento A al tempo t,
se e solo se a t la persona è I-capace [cioè ha la capacità interna] di A e
non ci sono circostanze presenti che impediscono o prevengono l’esercizio
di A»31). Come le capacità esterne, anche le capacità combinate sono
distinte dalle «capacità interne». Tutte le capacità sono, in quanto stati
fisici o mentali degli individui, interne, ed anche le capacità combinate (in
quanto capacità) sono interne, ma appunto combinate con circostanze
esterne favorevoli: «capacità interne combinate con condizioni esterne
adatte a esercitare quel particolare funzionamento»32. «Una donna che non
è mutilata, ma che è vedova dall’infanzia ed a cui è stato proibito di
risposarsi – dice la Nussbaum –, ha la capacità interna, ma non la capacità
combinata di espressione sessuale […]. I cittadini di regimi non
democratici e repressivi hanno la capacità interna, ma non la capacità
combinata di esprimere pensiero e parola secondo le loro coscienze»33. In
questo modo la lista della Nussbaum pone richieste esigenti: non solo
garantire il possesso delle capacità interne ma anche creare le condizioni
esterne favorevoli al possesso ed all’uso di esse: «per garantire una capacità
a una certa persona non è sufficiente produrre stati interni di disponibilità
ad agire. È almeno altrettanto necessario predisporre l’ambiente materiale e
istituzionale in modo che le persone siano effettivamente in grado di
funzionare»34.
I diritti stessi, secondo la Nussbaum, andrebbero considerati come
capacità combinate. Riconoscere dei diritti agli individui significa non solo
dotarli di garanzie e sfere di non interferenza, ma assegnare loro delle
capacità: «il diritto di partecipazione politica, il diritto alla libera pratica
religiosa, il dirtto alla libertà di parola, così come altri diritti, sono meglio
29
Ivi, pp. 97 ss; cfr. anche M. Nussbaum, Giustizia sociale e dignità umana. Da individui
a persone, Bologna, Il Mulino, 2002, pp. 75 ss.
30
Ivi, p. 103.
31
M. Nussbaum, Nature, Function, and Capability: Aristotle on Political Distribution, in
«Oxford Studies in Ancient Philosophy», volume supplementare, 1988, pp. 103 s.
32
M. Nussbaum, Diventare persone, cit., p. 103.
33
Ibidem.
34
M. Nussbaum, Giustizia sociale e dignità umana, cit., p. 82.
Sen e Nussbaum: capacità, libertà e diritti
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concepiti come capacità di funzionamento. In altre parole assicurare diritti
ai cittadini in queste aree significa porli in una posizione di capacità
combinata per funzionare in quell’area»35. La conseguenza è che, affinché
esista un diritto effettivo, non è sufficiente la semplice formulazione
giuridica, occorre garantire anche le condizioni esterne che rendono gli
individui in grado di esercitarlo.
4. Ci si può chiedere se questa inclusione dei diritti nella libertà
positiva, da parte di Sen, e nel concetto di capacità combinata, da parte
della Nussbaum, sia fondata. L’argomentazione di Sen appare valida solo
se si ammette una correlazione stretta fra i due sensi di libertà, negativa e
positiva, tanto stretta che la libertà positiva venga a comprendere al
proprio interno quella negativa. Tuttavia questo è un punto su cui si può
dubitare se si parte da una diversa definizione esplicativa dei due concetti.
Si potrebbe ad esempio insistere – con Berlin, Bobbio e Oppenheim – sulla
separazione fra le due libertà, e adottare, come ausilio, una coppia
concettuale elaborata nella discussione sul libero arbitrio: quella fra
opportunità (qui nell’accezione ristretta di assenza di impedimenti esterni al
soggetto) e capacità (come possesso di requisiti interni al soggetto) di agire
e di scegliere36. La libertà negativa indicherebbe il possesso della
opportunità di agire e di scegliere, cioè l’assenza di impedimenti esterni, la
libertà positiva invece il possesso della capacità di agire e scegliere, cioè il
possesso di determinati requisiti interni di carattere fisico o mentale. Il
vantaggio consisterebbe in un uso più chiaro e meno ambiguo delle due
accezioni di libertà.
Se si adotta questa griglia concettuale (opportunità-capacità, esternointerno), appare evidente come la limitazione di una forma di libertà non
implichi normalmente la limitazione dell’altra. Come, cioè, non solo una
limitazione della libertà positiva non implichi quella della libertà negativa,
ma, al contrario di quello che pensa Sen, anche una limitazione della
libertà negativa non implichi quella della libertà positiva. Anche in
presenza di minacce, di ostacoli legali, di costrizioni esterne (che tolgono la
libertà negativa), si resta in possesso della capacità di agire e scegliere, dei
requisiti fisici o mentali che e la garantiscono, capacità che invece
risulterebbe compromessa dalla presenza di patologie fisiche o psichiche
che fanno venire meno quei requisiti. Una limitazione della opportunità di
agire o di scegliere non implica cioè, solitamente, quella della capacità.
Diversamente da Sen, i due sensi di libertà, non dovrebbero allora
essere considerati «profondamente intrecciati tra loro»37. Essi anzi
andrebbero distinti. Si potrebbe, ad esempio, sostenere che non solo sia
corretta la distinzione fra i due tipi di libertà politica, ma anche che il
35
36
M. Nussbaum, Diventare persone, cit., pp. 116 s.
Cfr. S. Landucci, Il libero arbitrio e il verbo «potere», in «Rivista di filosofia», n. 1,
1980.
37
A. Sen, La libertà individuale come impegno sociale, cit., p. 26.
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Sergio Filippo Magni
senso più rigoroso e meno ambiguo del termine sia quello negativo, che
interpreta la libertà come assenza di vincoli esterni posti da un altro
agente. E ciò in base ad un argomento desunto dal linguaggio comune, che
risale almeno fino ad Hobbes, e che fa leva sulla constatazione che di chi è
legato si dice che non è libero, mentre di chi non ha la capacità, come un
paralitico, si dice non può, piuttosto che non è libero38.
La conseguenza da trarre da questa ridefinizione esplicativa del
concetto di libertà sarebbe allora di fare a meno della nozione di libertà
positiva, sostituendola, più semplicemente, con quella di «capacità» o
«potere» – così ad esempio propone di fare Oppenheim. Vi è alle spalle di
questo suggerimento una distinzione, a cui anche Sen si richiama: quella fra
la definizione, di per sé neutrale dal punto di vista valutativo, e la
valutazione: la scelta di una definizione negativa di libertà non implica
riconoscere ad essa immediatamente un valore positivo, né, tantomeno,
ritenere che solo essa debba essere considerata di valore. Si può anzi
concordare con Sen che la presenza della sola libertà negativa, senza che al
contempo non venga garantito tanto il possesso dei beni o dei mezzi
necessari al compimento dell’azione, quanto quello della capacità e del
potere effettivo, sia ben poca cosa.
5. Allo stesso modo diventa problematica la concezione che interpreta i
diritti solo come diritti alla capacità. In questo caso appare troppo ampia la
nozione di capacità: il diritto al nutrimento è, infatti, – nell’impostazione di
Sen – sia il diritto ad una capacità, quella di conservare un livello fisico in
grado di recepire i benefici del nutrimento, sia il diritto a certe risorse, al
possesso cioè dei mezzi o dei beni necessari a nutrirsi, sia il diritto
all’assenza di impedimenti esterni posti da altri soggetti all’esercizio del
nutrimento. Cose, queste ultime due, che non andrebbero identificate con
la capacità.
Lo stesso argomento può essere utilizzato riguardo alla Nussbaum: per
riferirsi a condizioni esterne favorevoli sarebbe stato preferibile non far uso
della nozione di capacità combinata, e sostituirla con quella di opportunità.
Per riprendere i suoi esempi: ai sudditi di regimi repressivi non manca la
38
Cfr. T. Hobbes, Of Liberty and Necessity (1646), trad. it., Libertà e necessità, Milano,
Bompiani, 2000, p. 111: «la libertà è l’assenza di tutti gli impedimenti all’azione che non siano
contenuti nella natura e nella qualità intrinseca dell’agente. Così, ad esempio, si dice che
l’acqua discende liberamente o che ha la libertà di discendere per il letto del fiume, poiché
non c’è impedimento lungo quella direzione, ma non di traverso, poiché gli argini sono
impedimenti. E benché l’acqua non possa risalire, tuttavia non si dice che le manca la libertà
di risalire, bensì la facoltà o il potere, perché l’impedimento è nella natura dell’acqua, e
intrinseco. Allo stesso modo diciamo che colui che è legato non ha la libertà di andarsene,
poiché l’impedimento non è in lui, ma nei suoi legami; mentre non diciamo lo stesso di colui
che è malato o storpio, poiché l’impedimento sta in lui stesso». Per uno sviluppo di questa
argomentazione, mi permetto di rinviare a S.F. Magni, Libertà negativa e positiva in Bobbio.
Alcune osservazioni, in «Filosofia politica», 1, 2001; e Felix Oppenheim e l’analisi della libertà
sociale, in «Rivista di filosofia», in corso di pubblicazione.
Sen e Nussbaum: capacità, libertà e diritti
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capacità combinata di esprimere il proprio pensiero, piuttosto l’opportunità
esterna di esprimere una capacità di cui sono in possesso, o che potrebbero
anche non possedere senza per questo far venire meno l’importanza della
tutela di quella opportunità; alla vedova a cui è proibito di risposarsi non
manca la capacità combinata di espressione sessuale, piuttosto
l’opportunità di esprimere una capacità interna di cui è effettivamente in
possesso, opportunità che conserverebbe la propria importanza anche se la
donna fosse mutilata e quindi priva di quella capacità. Chiaramente la
tutela di sfere di non interferenza non si applica solo a chi ha la capacità, si
applica a tutti: il riconoscimento di sfere di non interferenza ha cioè un
valore indipendente rispetto al riconoscimento di capacità. Si corre
altrimenti il rischio di dare alle prime solo un valore strumentale rispetto
alle seconde, una cosa che certo la Nussbaum non accetterebbe: il ruolo
dei diritti politici, afferma, «non è meramente strumentale: essi hanno
valore in se stessi»39.
Anziché dire che «l’elenco è una lista di capacità combinate: realizzare
una delle voci delle lista significa per i cittadini di una nazione non solo la
promozione di uno sviluppo appropriato dei poteri interni, ma anche
preparare l’ambiente in modo che sia favorevole all’esercizio della ragion
pratica e di altri più importanti funzionamenti»40, si sarebbe allora potuto
dire che esso è una lista insieme di capacità (interne) e opportunità
(esterne). In questo modo, però, diventa meno agevole far rientrare i diritti
nella nozione di capacità: sicuramente, per riprendere una distinzione della
Nussbaum, i diritti di prima generazione (i diritti civili e politici), ma
anche, almeno in parte, quelli di seconda generazione (i diritti sociali ed
economici), come il diritto al nutrimento. Meglio allora limitarsi ad
affermare che il linguaggio delle capacità ed il linguaggio dei diritti «sono
complementari»41. E questo perché, come la Nussbaum stessa del resto
ammette, «si possono riconoscere le capacità fondamentali delle persone
eppure negare che questo comporti loro diritti, nel senso di giustificare
pretese a certi tipi di trattamento […] Appellarsi ai diritti comunica
qualcosa di più di quanto faccia il semplice appello alle capacità
fondamentali»42.
L’inserimento dei diritti nella prospettiva della capacità e della libertà
positiva non appare dunque così semplice. Se si vuole che «il valore del
rispetto delle libertà negative e il disvalore delle loro violazioni siano
incorporati in un sistema di valutazione etica sensibile alle conseguenze, in
modo – come dice Sen – che l’importanza della salvaguardia delle libertà
negative sia bene riflessa nella valutazione delle azioni e delle decisioni
riguardanti ciò che deve essere fatto»43, non basta portare all’attenzione il
39
40
41
42
43
M. Nussbaum, Diventare persone, cit., p. 115.
Ivi, p. 103.
M. Nussbaum, Giustizia sociale e dignità umana, cit., p. 92.
M. Nussbaum, Diventare persone, cit., p. 119.
A. Sen, Freedom of Choice. Concept and Content, cit., p. 274.
506
Sergio Filippo Magni
concetto di capacità, occorre anche includere la libertà negativa fra gli
oggetti di valore che costituiscono lo spazio di valutazione. Se oltre al
possesso delle capacità, del potere effettivo, si intende cioè dare valore
intrinseco al rispetto dei diritti e alle garanzie dell’individuo, questi ultimi
devono rientrare in quello spazio. L’approccio delle capacità, che ammette
come oggetti di valore la capacità ed i funzionamenti della persona, non
sarebbe in grado, altrimenti, di rendere conto dell’importanza di essi. O si
allarga, cioè, l’estensione dello spazio di valutazione, o si è incoerenti
nell’attribuire valore intrinseco a diritti e libertà negative.