Untitled - Confindustria Veneto SIAV

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LEONARDO DA VINCI - TACITUS
Cooperazione Intergenerazionale: come operare con le persone e le imprese
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LEONARDO DA VINCI - TACITUS
Cooperazione Intergenerazionale: come operare con le persone e le imprese
Cooperazione
Intergenerazionale
Come operare con le
persone e le imprese
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LEONARDO DA VINCI - TACITUS
Cooperazione Intergenerazionale: come operare con le persone e le imprese
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LEONARDO DA VINCI - TACITUS
Cooperazione Intergenerazionale: come operare con le persone e le imprese
Contenuti
Pag.
1. Il Programma Leonardo ed il Progetto Tacitus
Introduzione al programma, gli obiettivi principali del
progetto Tacitus e lo scopo di questa pubblicazione
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2. Cos’è la Cooperazione Intergenerazionale
Multilivello? Perché è importante?
Nelle organizzazioni spesso il vecchio ed il nuovo
convivono e non sempre l’innovazione si afferma. La
cooperazione intergenerazionale vista come questione di
cultura organizzativa può rappresentare un sostegno
all’impresa in un mercato turbolento e poco prevedibile.
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3. I Saperi Taciti nell’Economia dell’Innovazione
Nell’economia “pilotata dall’innovazione” la creazione di
conoscenza è una necessità per focalizzare l’Impresa su
processi che “creino valore”: di conseguenza le due forme
della conoscenza: “Esplicita” e “Tacita” devono venire
bilanciate trasferendo la seconda nella prima tutte le volte
che ciò si renda utile.
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4. Identità e cultura nelle PMI
La cultura aziendale nelle PMI si basa su due vettori: la
cultura della proprietà e quella di gruppo che unite
formano una “squadra” forte e cooperativa. Generalmente
essa è flessibile e adattabile: se correttamente gestita
indirizza l’azienda in coerenza con i suoi obiettivi, dandole
un vantaggio competitivo
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5. Il ruolo della Cooperazione Intergenerazionale:
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Novizio - Esperto
La circolazione del “sapere esperto” all’interno delle
organizzazioni riveste una primaria importanza quando
coinvolge un “Novizio” ed un “Esperto”: la relazione tra di
loro è da considerarsi nell’ambito del “management delle
diversità”
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Cooperazione Intergenerazionale: come operare con le persone e le imprese
1. Il Programma Leonardo da Vinci ed il Progetto
Tacitus
Il
Programma
Leonardo
da
Vinci
promosso dall’Unione Europea ha come
scopo l’implementazione delle politiche di
formazione
in
ambito
Comunitario,
appoggiando e sostenendo le iniziative
prese dai singoli Stati Membri. La sua
seconda fase copre il periodo che va dal
2000 al 2006.
Il Programma Leonardo da Vinci mira a sviluppare la
qualità, l’innovazione e la dimensione europea dei sistemi e
delle pratiche della Formazione Professionale grazie alla
cooperazione transnazionale.
Più
in
dettaglio,
Leonardo
persegue
tre
obiettivi
fondamentali:
•
migliorare le abilità e le competenze delle persone nel
campo della Formazione Professionale iniziale a tutti i
livelli;
•
incrementare la qualità e le possibilità di accesso alla
Formazione Continua, in modo da acquisire abilità e
competenze lungo tutto l’arco della vita per sviluppare
ed
incrementare
l’adattabilità,
in
particolare
per
consolidare i processi di cambiamento sia tecnologico
che organizzativo;
•
promuovere
e
rafforzare
il
contributo
della
Formazione Professionale al processo di innovazione,
con
l’obiettivo
di
migliorare
la
competitività
e
l’imprenditorialità. Particolare attenzione viene posta
a favorire la cooperazione tra le istituzioni che
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Cooperazione Intergenerazionale: come operare con le persone e le imprese
operano in ambito formativo, comprese le Università,
e le Imprese, particolarmente quelle di medie e
piccole dimensioni.
Il Programma Leonardo da Vinci cofinanzia progetti pilota,
azioni tematiche, sviluppo delle competenze linguistiche,
costituzione di reti transnazionali e produzione di materiali
di riferimento.
In questo contesto il Progetto “Tacitus –
Incremento
e
trasferimento
degli
apprendimenti non formali” costituisce un
progetto di rete transnazionale focalizzato sul tema dello
sviluppo
della forza lavoro e della popolazione anziane.
Esso riunisce 15 differenti Organizzazioni di sette Paesi
Europei, operanti
nei
campi
della
Formazione e del
supporto alle Imprese nel cambiamento e nell’innovazione.
Gli
Organismi
sono:
Confindustria
Veneto
SIAV
(promotore), Regione del Veneto, DIMEG - Università di
Padova,
CISL
Veneto,
ECIPA,
EUROSPORTELLO,
OBR
(Italia), BBW (Germania), UEB, SVO (Belgio), CEISET
(Portogallo), CEFORALP (Francia), Università di Reykjavik
(Islanda), Università Politecnica di Timisoara, Technical
College di Timisoara (Romania).
Le tematiche affrontate dalla rete sono la forza lavoro
anziana ed il trasferimento delle conoscenze. Infatti il
progressivo invecchiamento della forza lavoro diventa
sempre più evidente in molte aree produttive d’Europa a
causa
del
sempre
minore
numero
di
giovani
nuovi
occupati. Questo andamento è dovuto al basso tasso di
natalità che riguarda tutti gli Stati dell’U.E., sia pure con
caratteristiche diverse tra loro e non viene compensato né
dalla maggiore presenza nel mercato del lavoro delle
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donne, né dall’incremento del tasso di immigrazione. Ciò
significa che, in particolare nelle piccole imprese, per
continuarne e salvaguardarne l’attività, sia gli imprenditori
che i lavoratori devono trovare le vie ed i mezzi per
trasferire le conoscenze pratiche e le competenze tacite in
loro possesso agli altri operatori. Conoscenze pratiche e
competenze tacite, unite alle abilità tecniche ed operative,
vengono così a rappresentare dei valori fondamentali per la
prosecuzione dell’attività.
Per raggiungere questo scopo la rete ha identificato delle
metodologie volte a strutturare dei percorsi di Formazione
Continua specificatamente tarati su gruppi specifici (come
quelli composti da lavoratori anziani e giovani) in modo da
favorire l’interazione e lo scambio di esperienze fra
“esperti” e “novizi”,
proponendo una nuova strategia di
gestione dell’età. Il Progetto “Tacitus” ha così sviluppato un
modello di intervento tarato sugli specifici bisogni delle
P.M.I. per il ricupero delle competenze.
Questo dossier rappresenta uno
degli strumenti messi a
punto per testare il modello nelle imprese e con gli esperti,
strumenti che comprendono una Guida alla cooperazione
intergenerazionale nelle imprese e da una serie di dossier
tematici sulle modalità operative per gestire la forza lavoro
anziana ed il trasferimento delle competenze, oltre che su
come operare con i singoli e con le imprese in ambito di
cooperazione intergenerazionale per il trasferimento di
saperi esperti in campo tecnico, di innovazione e di
cambiamento.
Un’articolata strategia per la valorizzazione dei risultati
ottenuti nel corso della vita del progetto li rende disponibili
ad Istituzioni, Professionisti ed Imprese.
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Cooperazione Intergenerazionale: come operare con le persone e le imprese
2.
Cos’è
la
Cooperazione
Intergenerazionale
Multilivello e perché è Importante?
Viviamo in un mondo che cambia molto velocemente e le
imprese sono parte di queste trasformazioni almeno in due
sensi diversi:
promuovono le trasformazioni attraverso la proposta di
nuovi prodotti e servizi per essere protagoniste nel loro
mercato di riferimento;
devono adeguarsi ai mutamenti introdotti da altri per non
esserne travolte.
Ma questi cambiamenti non sono lineari, il vecchio e il
nuovo convivono per molto tempo e non sempre le
innovazioni si affermano. Questo avviene anche all’interno
delle organizzazioni nelle quali:
i lavoratori anziani incorporano le esperienze di lavoro
consolidate, le buone pratiche che hanno dimostrato di
funzionare bene, le modalità
organizzative che sono
diventate fluide abitudini operative, un prudenza operativa
che
funziona
da
filtro
verso
le
innovazioni
troppo
improvvisate e rischiose;
i giovani novizi mancano di esperienza, ma portano
apertura mentale, motivazione, energie fresche e spesso
una preparazione scolastica aggiornata e approfondita.
Ecco allora che il massimo valore aggiunto organizzativo si
può ottenere riuscendo a combinare con accortezza giovani
e anziani nei gruppi di lavoro in modo da integrare in modo
equilibrato la necessità della conservazione di quello che
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funziona con la necessità dell’innovazione per quello che
non funziona più.
Questo approccio è molto diverso rispetto a quello che
prevede la semplice sostituzione degli anziani con i giovani,
pensando che i primi siano solo un fattore di rigidità e che i
secondi costino di meno e siano più disponibili. In questo
modo
si
rischia
che
l’intera
organizzazione
perda
sistematicamente esperienza invece che accumularla.
2.1 Un valore nascosto
Di solito si pensa che il valore degli anziani consista solo
nella loro maggiore esperienza, ma esiste anche un
secondo valore che dovrebbe essere meglio conosciuto.
Quando una persona ha avuto la capacità e la fortuna di
avere avuto una vita lavorativa soddisfacente raggiunge
spesso un grande equilibrio personale, un maturità del
carattere che gli permette di affrontare situazioni anche
molto difficili in modo equilibrato ed efficace. Gli anziani
non rischiano facilmente di essere travolti dall’ambizione o
di sviluppare una competitività esasperata e distruttiva
come a volte invece succede nei giovani che vogliono fare
carriera rapidamente. La parola saggezza è impegnativa,
ma è di questo che si tratta.
2.2 Quale organizzazione?
Le organizzazioni non sono tutte uguali. Alcune hanno
sviluppato un modello produttivo ben collaudato, ma rigido
e non riescono a cambiarlo facilmente se muta l’ambiente
competitivo. Questo avviene specialmente nelle imprese
che si fondano su produzioni ad alta intensità di manod’opera, bassi costi di produzione e scarso valore aggiunto
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Cooperazione Intergenerazionale: come operare con le persone e le imprese
del prodotto. In questo contesto le risorse umane non
hanno un grande valore.
Altre sono orientate su prodotti o servizi ad alto valore
aggiunto,
a
competere
sull’innovazione
continua,
alle
forme organizzative snelle, poco gerarchiche, reticolari. In
questi contesti la “mente-d’opera” e quindi le persone e i
gruppi di lavoro sono la risorsa produttiva per eccellenza.
Esistono molte sfumature intermedie tra i due modelli e
nessuna azienda reale probabilmente realizza al 100% uno
dei due estremi, ma man mano che si passa dal primo al
secondo l’importanza della cooperazione intergenerazione
aumenta. La fig.1 mostra le diverse responsabilità dei
novizi nei due casi estremi.
Figura 1 - Il novizio e contesti organizzativi
Deve adattarsi
passivamente
se
Organizzazione stabile
in un ambiente stabile
Deve contribuire
All’evoluzione
se
Organizzazione mutevole in
un ambiente mutevole
Novizio
2.3 Governare il processo
Perché la cooperazione intergenerazionale funzioni e dia i
suoi
frutti
migliori
non
è
sufficiente
mescolare
semplicemente giovani e anziani e stare a vedere che cosa
succede. Le differenze potrebbero essere tali da creare
incomprensioni e conflitti difficilmente recuperabili. Questo
processo
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deve
essere
presidiato
e
sostenuto
dal
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management, dai capi intermedi, dai formatori, attraverso
lo sviluppo di una professionalità specifica, ma anche dalla
chiara consapevolezza che è una questione di cultura
organizzativa, cioè della necessità di modificare convinzioni
e pregiudizi molto radicati e poco consapevoli. La fig.2
riassume i fattori chiave che è necessario presidiare per
riuscire a combinare in modo efficace l’esperienza degli
anziani con le potenzialità dei novizi:
Figura 2 – Dall’adattamento allo sviluppo
Apprendimento come adattamento
Apprendimento come sviluppo
Trasferimento di capacità
Sviluppo di capacità
Inserimento
Coinvolgimento
Insegnare, valutare
Guidare, sostenere
Adattarsi
Interagire
Conoscenza intesa come
informazioni
Progettazione + controllo
Potenziale da sviluppare e
valorizzare
Orientare, indirizzare
Come si vede la cooperazione intergenerazionale è una
vera e propria strategia avanzata di gestione delle risorse
umane adatta a sostenere in modo efficace le necessità
delle imprese innovative che si muovono in un ambiente
turbolento e poco prevedibile. Non è invece soltanto (e non
solo) un modo di risolvere il problema sociale causato
dall’invecchiamento della popolazione, che pure è rilevante
ma la cui soluzione compete solo in modo indiretto alle
imprese.
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3. I saperi taciti nell’economia dell’innovazione
3.1 Saperi taciti e conoscenze esplicite
Tutti i dipendenti, compresi quelli delle PMI, accumulano
una notevole quantità di conoscenze durante la loro vita
lavorativa. Questa raccolta di conoscenze non si limita
solamente alle conoscenze tecniche in generale, bensì
comprende anche i saperi relativi ad un'azienda, ad
esempio
le
esperienze
relative
alla
produzione,
alle
specifiche dei prodotti, alle norme di controllo qualità, ad
atteggiamenti e valori dell'azienda, ecc.
La conoscenza è un concetto bidimensionale: da una parte
ci sono i saperi taciti, dall'altra i saperi espliciti.
Nella vita di tutti i giorni si utilizzano perlopiù saperi
taciti. Essi sono essenziali per le nostre attività lavorative
quotidiane. Le persone utilizzano questo tipo di conoscenza
“subconscia” e le relative pratiche di lavoro in tutti i
processi organizzativi. Nonaka afferma che i saperi taciti
passano da un individuo all'altro grazie ad un processo di
socializzazione.
I saperi taciti sono considerati per molti aspetti come un
valore, un fattore positivo, perché le aziende preferiscono
che la loro esperienza specifica non sia esplicitata al di
fuori
dell'ufficio
specifico
o
non
esca
dalle
mura
dell'azienda. In altre parole, questa esperienza deve essere
condivisa solamente dai membri dell'azienda o di un suo
reparto. Ciononostante, quando lo si ritiene necessario, i
saperi
taciti
possono
diventare
conoscenze
attraverso un processo di “esternalizzazione”
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esplicite
anche se è
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Cooperazione Intergenerazionale: come operare con le persone e le imprese
difficile formalizzare e trasmettere i saperi taciti.
Le conoscenze esplicite sono più facili da comunicare,
almeno in determinate circostanze. Più affini sono le
persone,
più
si
riesce
facilmente
a
condividere
le
conoscenze in modo dettagliato, attuando un trasferimento
di conoscenze esplicite.
Tuttavia, esiste un limite all'uso delle conoscenze esplicite.
Con
i
flussi
di
informazioni
che
giungono
nelle
organizzazioni aziendali, le persone cominciano ovviamente
a porsi le seguenti domande: “Ma queste informazioni
servono davvero?” oppure: “È questo il modo migliore per
ottenerle?” Quando aumenta la percentuale di conoscenze
esplicite, si ha un forte rallentamento del lavoro, poiché
molte
attività
formalizzate.
quotidiane
Sarebbe,
sono
quindi,
o
devono
inappropriato
essere
utilizzare
conoscenze esplicite ovunque.
3.2 Innovazione per tutti
Oggigiorno, tutte le imprese operano in una economia
"guidata dall'innovazione”, e l'innovazione colpisce tutti gli
aspetti della vita di un'azienda. Gli approcci innovativi sono
necessari per la strategia aziendale, per la gestione delle
risorse umane, le attività di marketing, lo sviluppo dei
prodotti, gli aspetti finanziari ecc. L'innovazione è una
realtà, e tutte le PMI devono convivere con essa: ciò
richiede la capacità di reagire e una strategia per ogni
azienda.
Per questo motivo, le PMI devono dare il meglio di se
stesse per capire completamente questa tendenza e
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Cooperazione Intergenerazionale: come operare con le persone e le imprese
riuscire a gestirne l'impatto, anche quando l'innovazione
influisce sulla struttura dell'organizzazione, ad esempio
quando la necessità di collaborazione con partner esterni
diventa una opportunità fondamentale di sviluppo. È una
realtà che, fra le PMI, hanno più successo quelle che
attuano iniziative di networking e collaborano con i partner
su basi innovative.
3.3 Dalla gestione del non sapere alla gestione del
sapere.
Gestire la raccolta delle informazioni in un'azienda non è
un compito semplice.
Le aziende non si trovano solamente nel mezzo di
un'economia guidata dall'innovazione, ma sono anche
esposte a contesti affaristici volatili, e maggiore è questa
tendenza, maggiori sono le informazioni e le conoscenze
che devono acquisire. In un certo modo, le aziende
dovrebbero piuttosto sviluppare la loro capacità di gestire
la loro "ignoranza", piuttosto che sviluppare la capacità di
gestire le loro conoscenze implicite.
Ci sono, inoltre, buone ragioni per imparare ciò che non si
conosce già. Il futuro di un'azienda dipende dalla capacità
di individuare rischi e opportunità, al di là dello scenario
circostante in cui opera l'azienda. Ciò di cui si ha bisogno è
la capacità, interna all'azienda, di acquisire e sviluppare
una esperienza umana che possa trasformare percezioni in
giudizi e decisioni giuste. L'acquisizione della conoscenza
deve,
inoltre,
valorizzare
la
capacità
di
predisporre
strutture adeguate e durevoli nell'azienda. Il processo di
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Cooperazione Intergenerazionale: come operare con le persone e le imprese
acquisizione delle conoscenze può contribuire a focalizzare
la strategia dell'azienda su processi che generano valore.
Di conseguenza, quando cambia un'organizzazione, o
quando la gestione di un'azienda passa alla generazione
successiva,
le
conoscenze
esplicite
diventano
più
importanti, e l'attenzione deve essere orientata sulla
generazione di conoscenza, oltre che sul trasferimento dei
saperi taciti ed impliciti.
3.4 Generare conoscenza: una necessità
La conoscenza esplicita si genera non solo attraverso un
processo di scambio, di riconfigurazione, di addizione, di
nuova categorizzazione delle conoscenze esistenti, bensì
abbraccia
tutti
all'introduzione
i
di
comportamenti
nuove
associati
conoscenze.
anche
Pensiamo,
ad
esempio, alle dinamiche operative legate a quella che noi
etichettiamo come "innovazione". Nella maggior parte dei
casi, infatti, la conoscenza penetra nell'organizzazione
attraverso un'ampia serie di meccanismi, molti dei quali
non sono facilmente individuabili. Facciamo alcuni esempi:
quando si assume un nuovo dipendente, in realtà si
ottiene in quel momento l'accesso ad alcune porzioni di
conoscenza di quella persona
quando si installa un nuovo software di gestione dei
clienti, si ottiene l'accesso agli artefatti di conoscenza
inseriti in quel software o relativamente alla metodologia
quando le aziende formano alleanze, una parte delle
conoscenze possedute da una delle due aziende viene
messa a disposizione dell'altra.
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Cooperazione Intergenerazionale: come operare con le persone e le imprese
3.5 Trasferimento dei saperi taciti: fin dove arrivare,
senza andare troppo lontano
In ogni caso, ci saranno sempre dei saperi taciti da
trasformare in conoscenze esplicite. Si può comunque
affermare con chiarezza che trasformare tutti i saperi taciti
in espliciti non è un modo efficace di sfruttare il tempo a
disposizione nelle organizzazioni aziendali. È necessario,
invece,
selezionare
i
saperi
taciti
utili,
relativi
alle
dinamiche operative attuali e fondamentali, e agli obiettivi
commerciali attuali e futuri dell'azienda.
Un percorso di formazione completa, intrapreso da un
esperto e da alcuni “apprendisti", è il modo migliore per
effettuare un trasferimento significativo dei saperi taciti: se
la
collaborazione
tra
esperto
e
apprendista,
in
un
determinato periodo di tempo, rappresenta la pietra miliare
nel processo di esplicitazione degli incarichi svolti in un
determinato
ruolo,
è
anche
possibile
introdurre
altri
"metodi indiretti" per un trasferimento efficace di un tipo
più ampio di conoscenza, rappresentata ad esempio da
valori e atteggiamenti, da standard di qualità dell'azienda
e, in generale, da tutti gli aspetti relativi all'innovazione.
Per questo motivo, è utile:
•
innanzitutto
individuare
dove
si
trova
questa
conoscenza e se c’è la volontà di condividerla
•
una
volta
individuata
la
conoscenza,
avviare
"metodi" per rafforzare la collaborazione e per
diffondere le informazioni
•
incoraggiare i dipendenti a comunicare le loro
esperienze positive o a raccontare fatti
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Cooperazione Intergenerazionale: come operare con le persone e le imprese
•
organizzare incontri con i colleghi durante la prima
colazione
•
avviare sessioni di brainstorming relativamente a
determinati argomenti
•
promuovere
la
collaborazione
intorno
ad
un
progetto.
Tutto ciò che è importante per i dipendenti deve essere a
loro disposizione. In tale contesto, un buon responsabile
della conoscenza e, più specificatamente, un buon sistema
di trasferimento dei saperi taciti valgono tanto oro quanto
pesano.
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Cooperazione Intergenerazionale: come operare con le persone e le imprese
4. Identità e cultura nelle PMI
4.1 Il ritratto dell’impresa
La cultura dell’impresa ritrae la personalità unica o il
carattere
di
un’azienda
specifica.
Essa
rappresenta
l’insieme di valori condivisi e di etica aziendale, le regole di
comportamento e le pratiche del management e del
personale.
Di base, essa può essere descritta dalla frase: “ come si
fanno le cose qui”. Essa guida il modo in cui il personale
pensa, agisce e “sente”.
La cultura d’impresa può essere espressa da una “mission”
o da altre forme di comunicazione; ma può anche essere
materializzata dallo stile architettonico o da come gli uffici
sono arredati, da ciò che il personale indossa per lavorare,
da come le persone si rivolgono le une alle altre, dai titoli
che vengono attribuiti ai vari lavoratori.
La cultura d’impresa è importante perché è il principale
vettore per la creazione di un team coeso e cooperativo.
4.2 Due dimensioni
Le aziende che operano in attività differenti hanno culture
differenti. Ma, parlando in termini generali, esiste quella
cultura nota come “tipica cultura d’impresa per le PMI”,
basata principalmente su due fattori:
- i valori e le pratiche del proprietario o dell’imprenditore.
In
realtà, molte piccole imprese vengono
avviate e
crescono grazie alle capacità e all’intuito di una singola
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Cooperazione Intergenerazionale: come operare con le persone e le imprese
persona o di una famiglia. Questa è la base della “cultura
familiare”, tipica delle realtà produttive di piccole e medie
dimensioni. A causa delle dimensioni contenute, i valori e
le
pratiche
sono
trasferibili
più
facilmente
agli
altri
lavoratori, poiché ognuno di loro ha contatti personali con il
“capo”.
- la cultura di gruppo, che coinvolge ogni individuo che
lavora in una piccola o media impresa.
La cultura
d’impresa attribuisce al personale di una PMI non solo un
forte senso di appartenenza, ma anche il rafforzamento del
singolo nel gruppo, poiché in una piccola organizzazione
ognuno conosce il proprio ruolo e ha la percezione chiara
che questo ruolo è essenziale.
4.3 La Cultura d’impresa: la culla dell’adattamento e
dell’innovazione di successo
Le due dimensioni ora ricordate hanno un vantaggio
rilevante, se la
cultura
d’impresa
è
sufficientemente
flessibile.
L’ambiente nel quale l’impresa opera (leggi, regole, clima
aziendale,…), è in continuo cambiamento. Gli imprenditori
di piccole e medie aziende non possono più evitare di
adattarsi alla realtà attuale. Il fatto che il mercato
“domestico” di una PMI si estenda fino alle frontiere dell’UE
ed anche oltre, può costringere l’impresa ad una revisione
e razionalizzazione globale della propria struttura. Le
piccole imprese debbono acquisire competenze molto
specializzate nelle IT, nel marketing e nella tecnologia. Le
aziende con una cultura aperta all’adattamento, collegata
agli obiettivi aziendali, di norma superano le performance
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LEONARDO DA VINCI - TACITUS
Cooperazione Intergenerazionale: come operare con le persone e le imprese
dei
concorrenti.
correttamente
Una
gestita,
cultura
crea
d’impresa
flessibile,
consapevolezza
in
se
tutta
l’azienda sui cambiamenti in corso. Ciò può trasformare un
processo necessario in un processo razionale. Per questo
ogni
piccola
e
media
azienda
dovrebbe
insistere
a
sviluppare il proprio capitale di conoscenza tacita, in modo
da essere completamente consapevole della propria cultura
d’impresa.
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LEONARDO DA VINCI - TACITUS
Cooperazione Intergenerazionale: come operare con le persone e le imprese
5. Ruoli della cooperazione intergenerazionale: il
novizio e l’esperto.
Uno degli
obiettivi
intergenerazionale
più importanti
è
la
della cooperazione
circolazione
della
conoscenza
esperta all’interno delle organizzazioni, attuata attraverso
l’emersione della conoscenza tacita dei lavoratori esperti e
il suo trasferimento verso i colleghi più giovani.
L’importanza di questo obiettivo è legata al riconoscimento
del valore economico del sapere esperto. Tale valore può
essere evidenziato grazie all’analisi di alcuni parametri
relativi all’uso del sapere esperto a al suo trasferimento;
alcuni di questi parametri sono: la durata (che considera la
rapida obsolescenza della conoscenza); il livello (relativo ai
livelli del sapere esperto, come la capacità di realizzare un
compito sulla base di una procedura prestabilita o della
volontà di migliorare la qualità delle proprie abilità); la
valutazione della performance (con riferimento specifico ai
criteri
usati
performance);
dalle
il
organizzazioni
trasferimento
per
(che
valutare
le
riguarda
la
considerazione che i contesti nei quali il sapere esperto può
essere
trasferito
sono
molto
variabili
e
difficili
da
esaminare); il tempo (che si riferisce al tempo necessario
per inserire il lavoratore giovane in un ruolo professionale).
Un secondo argomento fondamentale da considerare è che
la
relazione
fra
esperto
e
novizio,
finalizzata
al
trasferimento del sapere esperto, non dovrebbe essere
limitata alla conoscenza tecnica e pratica. Il senso di
appartenenza,
l’etica
del
lavoro,
i
valori
radicati
nell’organizzazione sono elementi collegati al processo di
crescita personale realizzato nel corso del tempo dai
lavoratori esperti, che in tal modo divengono portatori di
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Cooperazione Intergenerazionale: come operare con le persone e le imprese
“saggezza” maturata attraverso l’esperienza che non può
essere classificata nell’area della competenza tecnica.
Questa saggezza arricchisce e connota il sapere esperto al
punto che bisogna ritenere fondamentali le componenti
generazionali e intergenerazionali, che non debbono essere
sottostimate
o
ignorate.
Di
conseguenza,
bisogna
considerare la relazione fra esperto e novizio nel contesto
della gestione delle diversità, piuttosto che mirare alla
standardizzazione e all’omologazione. In effetti, l’età e il
lavoratore anziano sono ciò che fa la differenza per
contribuire al miglioramento e al potenziamento della
conoscenza.
Detto questo, consideriamo più in dettaglio il rapporto fra
esperto e novizio; prima di tutto, cos’è un esperto ?
L’esperto può essere considerato una persona che sa
ottenere risultati di primario rilievo in un determinato
contesto,
tramite
risultati
criteri
che
specifici
sono
chiaramente
appropriati
per
identificabili
quel
compito
specifico. Per esempio, un tecnico di manutenzione è un
esperto se può identificare la causa di un guasto in un
numero molto elevato di casi. Similarmente, un venditore
esperto è quello che produce vendite al di sopra della
media dei suoi colleghi.
Qual è la causa di questa eccellenza ? Secondo alcuni
studiosi, ciò che fa la differenza è l’abilità di organizzare le
percezioni e le informazioni secondo alcuni modelli che
hanno un collegamento specifico con l’obiettivo stabilito.
L’esperto è costantemente alla ricerca di stimoli
situazioni
problematiche
che
egli
considera
da
occasioni
d’apprendimento e di ulteriore miglioramento del suo
sapere esperto.
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LEONARDO DA VINCI - TACITUS
Cooperazione Intergenerazionale: come operare con le persone e le imprese
Ma per fare si che l’esperto sappia come risolvere i
problemi utilizzando una strategia efficace di ragionamento
e azione, l’organizzazione di appartenenza deve adottare
un
approccio
specifico
per
offrire
sostegno
e
riconoscimento.
D’altra parte, anche il novizio rappresenta un punto di vista
importante, anche se questo viene spesso negletto da
parte delle analisi sul sapere esperto e sul trasferimento
della conoscenza tacita. In effetti, c’è la tendenza a
considerare il modo in cui l’esperto agisce e ragiona come
l’unica cosa importante, mentre al novizio è lasciato
soltanto il ruolo di adeguarsi alle procedure di inserimento
nel ruolo che lo riguarda.
Al contrario, bisogna tenere a mente che il novizio ha già
una conoscenza costruita, abilità già sviluppate, abitudini e
abilità ad apprendere, un quadro culturale che lo guida
nell’interpretazione del mondo e, di conseguenza, anche
della nuova situazione lavorativa in cui si trova.
Esplorando il nuovo contesto (l’impresa), il novizio deve
entrare in un territorio sconosciuto senza avere una mappa
affidabile: ad esempio, ogni novizio apprende presto che
l’organizzazione descritta ufficialmente negli organigrammi
aziendali non corrisponde perfettamente all’organizzazione
reale
e
che
nessuna
di
queste
due
corrisponde
all’organizzazione che il novizio si aspettava di trovare.
Pertanto, il novizio ha bisogno di qualcuno che lo aiuti a
sviluppare le sue opportunità. In altre parole, l’esperto non
deve semplicemente pensare a trasferire il suo sapere
esperto a qualcuno, ma aiutare il novizio a sviluppare il suo
sapere esperto. In questo modo, il novizio può confrontare
le caratteristiche di valore del sapere esperto con le
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caratteristiche innovative che provengono da altre fonti,
come i suoi studi, la formazione, ecc.
Se considerato in questo modo, il processo di facilitazione
dell’apprendimento
dall’esperienza
evita
di
ridurre
l’apprendimento alla ripetizione infinita di modelli obsoleti
di
sapere
esperto
o
di
modelli
che
non
sono
completamente utilizzabili in un ambiente contraddistinto
da
circostanze
rapidamente
dell’apprendimento
mutevoli.
dall’esperienza
è
Questa
molto
visione
differente
dall’approccio educativo tradizionale; essa dovrebbe essere
strutturata
in
modo
da
facilitare
i
processi
di
apprendimento che comprendono sia attività formative
specifiche,
sia
la
considerazione
degli
aspetti
sociali
rilevanti.
Pertanto, i punti chiave dell’apprendimento dall’esperienza
sono:
il novizio dovrebbe sempre sapere cosa ci si attende da lui.
Ciò significa che i criteri di valutazione dovrebbero essere
espliciti e compresi.
I risultati richiesti dovrebbero essere definiti in termini di
performance in contesti
operativi, non in termini
di
conoscenza teorica, di informazioni memorizzate o di
modelli concettuali.
Il novizio dovrebbe sempre ricevere un feedback adeguato,
frequente ed esplicito, per discutere con l’esperto le ragioni
che lo conducono al successo o al fallimento e, con l’aiuto
dell’esperto, per cercare i miglioramenti necessari.
Il novizio dovrebbe avere tempo per sviluppare i necessari
meccanismi di risposta; in altre parole, dovrebbe avere la
possibilità di ripetere molte volte le azioni da imparare o le
procedure da seguire. Il livello di pratica che egli sarà in
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grado di raggiungere è correlato direttamente al tempo che
potrà dedicare a esercitarsi.
Perché l’apprendimento dall’esperienza
sia efficace, il
novizio dovrebbe avere l’opportunità di sperimentare tutte
le varianti della situazione che dovrà padroneggiare.
Da un punto di vista operativo, l’esperto dovrebbe avere
capacità specifiche per realizzare le seguenti attività:
“modellizzazione”;
l’esperto
mostra
al
novizio
come
realizzare un compito e gli spiega in modo esaustivo le
ragioni per le quali ha agito in tal modo, per dare al suo
esempio un significato chiaro;
“scaffolding” (letteralmente, costruzione di un ponteggio: è
un’attività di supporto o sostegno); l’esperto fornisce al
novizio aiuto concreto per realizzare il compito e lo aiuta in
vari modi, finché il giovane collega raggiunge un livello
sufficiente a realizzarlo da solo;
“scomparsa”; l’esperto valuta i progressi del novizio e
limita gradualmente il suo aiuto;
esplorazione; l’esperto colloca il novizio in una situazione
di problem setting, non solo di problem solving. Lo scopo è
di
incoraggiare
il
novizio
a
sviluppare
una
natura
esplorativa che caratterizza lo stesso esperto;
“riflessione”; l’esperto stimola il novizio a riflettere sulle
sue strategie di problem solving e a compararle con quelle
degli altri.
Non badando alla propria condizione di lavoratore anziano,
l’esperto
può
sperimentare
direttamente
processi
di
apprendimento in situazione che trasformano il novizio in
un esperto e può usare questa esperienza per guidare quei
novizi che gli sono stati affidati.
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