Galleria Liber Il tempo

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Galleria Liber Il tempo
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Memento - rivista del Mensa Italia - n. 2/2005
Il tempo
di Nefeli Misuraca
R
icordo come fosse ieri la prima
volta che ho incontrato il Tempo. Stavo lì, al crocevia, come
sempre ad aspettare Rossella, sempre
in ritardo, sempre di più. Guardo l’orologio, una due tre volte, col gesto meccanico di chi aspetta ed ha la testa tanto presa dall’attesa da non registrare
nella mente che ore siano, nonostante
non faccia che guardare l’orologio. Mi
guardo intorno, meccanicamente cerco un orologio fuori da qualche negozio, che so, o uno di quelli all’antica su
pali di lampione. Guardo. Confronto.
Porto il mio orologio all’orecchio - tanto è automatico.
A un certo punto un signore che mi
osservava, e che io credevo stesse
cercando di ammazzare il tempo mentre aspettava l’autobus, mi si avvicina
e mi chiede: “Posso aiutarla?”
Io lo guardo. Distinto, con barba e baffi accuratamente cesellati attorno a un
volto sottile ma anche largo, negli zigomi. I suoi occhi erano curiosi e un
pò inquieti.
“No, grazie,” rispondo come spinto dal
bisogno di tranquillizzarlo, “sto aspettando qualcuno.”
“Vedo. Ha problemi col suo orologio?”
“Oh, no,” ribatto e a questo punto desidero più che altro che l’omino mi la-
Galleria Liber
«Nella vita, o si vive, o si scrive»
M
otto, a quanto pare, di Luigi Pirandello. E non parrebbe neanche
strano, che questo modo d’intendere vita e scrittura come divise
da una profonda scissura, fosse suo. Se si osserva l’enorme mole
degli scritti pirandelliani, dalle novelle ai romanzi alle opere teatrali, si
potrebbe dire che Pirandello non ha vissuto, ha scritto. Quanti fogli devono
avere visto, da sotto in su, la sua faccia seria, antica, straordinariamente
simile a quella di Sigmund Freud, chinata a guardarli mentre scriveva, e
quanto pochi contatti umani deve aver avuto, da un certo punto della sua
vita in poi. A scrivere, s’impara scrivendo molto e leggendo altrettanto.
Come Pirandello, ad esempio. Ma non sono “lezioni”, queste mie, me ne
guarderei bene. Solo, così, considerazioni senza nessuna pretesa, volte
semmai a d esprimere la grande ammirazione che provo per i grandi
scrittori della mia terra. Scrittori che comunque, proprio perché del secolo
scorso, presentano un tipo di scrittura antica, con tematiche oggi non
adatte alla scrittura, quei piccoli mondi antichi fatti di marsine strette, di
ombrelli contesi fra sorelline, di lumi dell’altra casa osservati curiosamente.
E’ chiaro che la scrittura, oggi, vada svecchiata e sfrondata da modi di dire,
parole e tematiche desuete, cadute ormai in disuso. Ma risulta sempre utile,
leggere chi prima di noi ha lasciato scritti egregi, universalmente riconosciuti
come classici. E dai classici, lì sì, c’è sempre da imparare.
Loredana Bua
sci in pace: ho la mia ansia da nutrire,
io. Non ho mica tempo da perdere!
“No, no. Così, volevo vedere che ora
fosse esattamente.”
“Questo glielo posso dire io. Dove siamo?”
Lo guardai basito. “Dove…? Siamo a
Roma, direi.”
“Roma, bene bene, primavera, non mi
dica il giorno che c’arrivo da solo. Sono
le 16 e 22 minuti.” E fece un sorriso
soddisfatto come un bambino che si
sia ricordato tutte le capitali d’Europa.
I suoi occhi erano più tranquilli ora.
“Mi faccia un’altra domanda.”
“Scusi, sa, ma veramente non ho tempo ora.”
“Beh, non direi proprio. A me pare che
la sola cosa che lei abbia adesso sia
proprio il tempo. Ma lasci che mi presenti: piacere, sono il Tempo.”
!!
l’Altra Copertina
“Eva”, di Loredana Bua
Mi “intrometto” nella Galleria perché ho chiesto alla “titolare” di pubblicare un suo lavoro che ho avuto
occasione di vedere: Loredana mi ha detto che si tratta di una sorta di esercitazione, anche parzialmente
incompleta, ma a me è piaciuto davvero molto. E’ un disegno, realizzato “a matita morbida”, per dirla
in termini semplici, con un tratteggio di tipo incrociato (meno usuale di quello unidirezionale ma molto
apprezzato da artisti del calibro di Michelangelo e Andrea del Sarto), tecnica che offre un effetto simile alla stampa da
incisione. Ho convinto Loredana, restia a pubblicare su Liber per via del suo incarico redazionale, a fare un’eccezione e
condividere con noi questa sua creazione. La ringrazio per aver accettato.
Loredana Bua
Natalia Buzzi
Coordinatrice SIG Accademia Alighieri, Redattrice di Liber, è nata a Palermo nel 1968. Diplomata con merito sia al Liceo Artistico che come
Restauratrice, studia al Dams. Ha collaborato ad Universitas, Euromediterraneo, Cntn. Varie partecipazioni a concorsi letterari. Ha conseguito
con merito altri attestati, fra cui uno di Scrittura Creativa. Ha pubblicato il racconto Le scarpe di piombo. Nel 2000 ha presentato il suo racconto
Lo sfregio alla trasmissione radiofonica Il Baco del Millennio, su Radio Uno RAI, ottenendo l’encomio del critico letterario ed anglista Claudio
Gorlier. Nel 2001 ha vinto il concorso letterario Venti righe per un racconto, col suo Il viandante, pubblicato a cura del C.L. di Scienze della
Comunicazione di Palermo. Nel 2002 ha fatto parte delle giuria del II° concorso letterario Mensa Italia. Ha seguito seminari sul cinema, tenuti dai
registi Gianni Amelio e Frederick Wiseman, e da Michel Chion, docente dell’Università Paris III. Ha vinto dei concorsi d’arte (Unione Quartieri
Palermo) e ha partecipato ad un paio di esposizioni collettive a Palermo.
Galleria Liber è uno spazio espositivo aperto alle vostre creazioni artistiche.
Se volete, inviate a [email protected] le foto in formato gif o jpg. Saranno pubblicate (in 4ª di copertina) e commentate.
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Mi sfuggì un sorrisetto, ma, chissà perché, l’idea non mi parve poi tanto peregrina.
“E poi,” aggiunse, “sono solo dodici
minuti che aspetta. Non mi pare il caso
di allarmarsi.”
“Sarà pure, ma tanto lo so che lei avrà
almeno un’altra mezz’ora di ritardo. È
sempre così. È per questo che mi secca di dover constatare ogni volta che
guardo l’orologio che il tempo scorra
così lentamente. Mi potrebbe mandare direttamente a tra mezz’ora così ci
risparmiamo l’attesa?”
L’uomo sorrise e fece una piccola “o”
con le labbra. “Affascinante, affascinante. E poi? Mi dica, mi dica.”
Mi cominciai a innervosire. “Cosa, mi
dica cosa? Lei è il Tempo, no? E allora
mi porti avanti di mezz’ora!”
“Eh, eheh…” ridacchiò, “e no, questo
non lo posso fare. Ma lei sì. Può dormire per mezz’ora, ecco, per esempio.”
“Ma Lei è pazzo. Dormire, qui? Ma lasci perdere.” E feci un gesto seccato.
Mi allontanai di qualche passo, ma poi
mi voltai di nuovo verso di lui. “Ma scusi, che ci sta a fare qui? Appare solo a
poveri sfortunati come me che non ci
basta quello che dobbiamo sopportare per conto nostro?”
L’uomo sospirò e si fece un po’ triste.
“No, niente, niente, me ne vado.
L’albero nella foresta. il rumore, l’esistenza.” e si incamminò verso il semaforo.
L’albero? “Un attimo,” gli gridai, “aspetti!” Gli corsi incontro. “Che vuol dire l’albero?”
L’uomo sospirò. “Vede, vi lamentate
sempre voi uomini di non avere tempo, di desiderare che scorra più in fretta o più lentamente e non vi rendete
conto di niente. Ecco, per esempio. Io
sono qui, accanto a lei, e tutto quello
che lei sa fare è chiedermi di farla saltare di mezz’ora. Un numero da circo,
insomma. Non è carino, no, non è dignitoso.”
Mi dispiacque un po’ di aver trattato
così alla spicciola un signore che, in
Memento - rivista del Mensa Italia - n. 2/2005
Salvador Dalì - La persistenza della memoria - 1931
fondo, sembrava tanto solo. “Be’, ha
ragione, mi scusi.” Riflettei. “Però, mi
dica. Ma allora, se noi uomini comunque le chiediamo sempre qualcosa, e
soprattutto qualcosa di triviale, che ci
viene a fare qui in mezzo a noi?”
“Eh, l’albero, caro amico, l’albero.” Lo
guardai interrogativo. “Se l’è mai posto lei il problema dell’albero nella foresta?” Continuavo a non capire.
“Ma sì, quello: se un albero cade in
mezzo alla foresta e nessuno è lì ad
ascoltarlo, ha fatto rumore?”
“Ah, sì, sì. L’ho sentito, è un indovinello orientale senza soluzione, no?”
“Eh, già. Senza soluzione. Ma, mettiamo che lei sia il Suono, mh? Che ne
penserebbe dello stesso problema?
Voglio dire, insomma, questo pone una
seria ipoteca sulla sua stessa esistenza, non Le pare?”
“Mah, forse, sì posso concederglielo.
E allora?”
“È la stessa cosa per me, il Tempo. Se
non ci fossero gli uomini intorno a me
a contarmi, calcolarmi, maledirmi, invocarmi e sfuggirmi, io, dico proprio
io come lei mi vede, esisterei?” Riflet-
tei. “Tutto qui?” sbottai alla fine. “No,
dico, ma Lei non lo sa da solo di esistere? Non lo sente che Lei esiste?”
“Mi ascolti bene, amico caro. Per esistere, bisogna esistere nel tempo, o nel
Tempo, se preferisce. Lo si può attraversare in corsa, a nuoto, inseguiti o
inseguendo, a passo lento e col naso
in sù o carponi, cercando qualcosa di
introvabile. Ma si deve percorrerlo. Voi
esistete perché tutti i vostri piedini mi
attraversano e mi saggiano in tutte le
direzioni. Io, d’altro canto, io… non
sono nel tempo.”
Mi fece tenerezza e lo abbracciai. Lui
mi prese le mani con gli occhi lucidi.
“Mi permetterà, qualche volta, di rubare questi attimi di preziosissima, meravigliosa esistenza che avete voi uomini? Mi permetterà di starLe accanto
e di respirare un po’ d’esistenza di seconda mano?”
“Ma certo, anzi, resti ora qui con me,
fino all’arrivo di Rossella.”
L’uomo sorrise, si asciugò una lacrima e poi mi disse: “Allora, me la fa una
domanda?”
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Sig Accademia
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edicato ai Soci Mensa che vogliono approfondire la
conoscenza della lingua italiana ed il suo corretto uso
sintattico e lessicale. Curiosità su un sostantivo, sull’origine
di un verbo, sull’opportunità o meno di ricorrere ad una
perifrasi al posto di un’altra?
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Accademia Alighieri è il luogo indicato per chiedere. Vi è
anche uno spazio dedicato alle opere in prosa e in poesia
dei Soci stessi.
Per informazioni e per iscriversi alla mailing list scrivere alla
coordinatrice: Loredana Bua, [email protected].
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Memento - rivista del Mensa Italia - n. 2/2005
La leggenda di
Colei-che-piangee-che-ride
di Alberto Atti
L
’Uomo-che-fa-vedere-i-sogni si
fermò un attimo per annusare
l’aria del bosco. La brezza fresca della notte gli portò l’odore dei funghi che stavano crescendo sotto le foglie umide. Si guardò intorno lentamente, assaporando la natura con tutti i pori
della sua pelle. Un sorriso di luna accese i riflessi di mille gocce di rugiada.
Tutto era calmo. Un’intima e serena
soddisfazione arrestò la danza vivace
delle sue pupille. Con passo leggero si
incamminò verso la grande quercia.
Al suo apparire il vecchio gufo stiracchiò pigramente le robuste ali. “Salve,
Uomo-che-fa-vedere-i-sogni! (1) Stai cercando nuovi sogni per la tua gente, non
è così?”.
“Salute a te, nonno Bubo! (2) Per la
verità, è proprio come tu dici! Gli anziani hanno molto bisogno dei miei
sogni, perché devono raccontare delle storie sempre nuove ai bambini del
villaggio. E così, per accontentarli tutti,
ho sempre molto da fare la notte…”
“Eh! lo so, lo so, mio buon amico. Ma
dimmi ora, perché sei venuto a trovarmi? Posso fare qualcosa per aiutarti?”
“Ti ringrazio, nonno Bubo. Lo sapevo
che avresti capito! Se ti è possibile,
vorrei proprio che tu mi raccontassi la
leggenda di Colei-che-piange-e-che-ride.
E soprattutto, vorrei sapere come posso fare per incontrarla.”
“Te la racconterò volentieri, perché so
che di te mi posso fidare. Ma prima
dimmi: chi ti ha parlato di lei? Tu lo sai
che noi custodiamo molto gelosamente i segreti e le leggende del nostro
bosco.”
“Sì sì, lo so! E’ stato il Salta-Picchio a
parlarmene.”
“Ah! Quel piccolo malandrino pettegolo! Farebbe molto meglio a non mettere il suo becco intrigante in cose che
non lo riguardano! E che cosa ti ha
detto, esattamente?”
“Oh! Non molto, per la verità. Mi ha
detto soltanto che è possibile incontrarla lungo il torrente, poco prima dell’alba. E che sicuramente conosce delle
bellissime storie per i miei sogni. Storie che fanno piangere e storie che fanno ridere.”
“Ti ha detto il vero! Ed ora siediti e
ascolta. Colei-che-piange-e-che-ride è la
fata del torrente, ma nessuno sa da
dove venga e né quando sia arrivata.
Era già qui molto prima di noi. La conosciamo molto bene perché non ha
paura di mostrarsi ai piccoli abitanti del
bosco. Ma ti avverto: per te sarà molto
difficile vederla, e forse impossibile
parlarle.”
“Com’è fatta? Puoi descrivermela?” –
Chiese l’Uomo-che-fa-vedere-i-sogni, al
colmo della curiosità.
“Sì, se vuoi. Ma la mia descrizione non
ti servirà a niente, se lei deciderà di non
mostrarsi a te. Alcuni dicono che viva
dentro al torrente. Altri pensano invece che lei stessa sia il Torrente. Nessuno sa esattamente dove viva, ma sicuramente il torrente è l’unico posto
dove la potrai incontrare.
La sua intima essenza è l’acqua fresca e sorgiva. E la sua immagine è
sempre tremula come acqua che scorre. Sua sorella forse è la Luna, sono
spesso insieme. E potrai vederla solo
quando il sorriso di questa illumina la
notte.
Ha un corpo morbido e flessuoso
come una sirena. E le spalle coperte
da un lungo mantello, trapunto di lacrime-perle, che tesse appositamente per
lei il ragno d’acqua. Capelli finissimi,
come alghe di fiume. La sua voce,
sussurro dolce e carezzevole, è il mormorio stesso del torrente. E chissà
quante volte l’hai udita, senza capire,
nemmeno se ascoltavi attentamente…
E’ l’amica dei pastori, e ride con loro
quando rincorrono le pecore per farle
bere. E’ nemica dei pescatori, e piange quando uccidono i suoi piccoli amici.
Se lei potesse sapere che sei nostro
amico, forse sarebbe felice di conoscerti. Ma purtroppo non lo sa, e diffida di
tutti gli uomini.”
“Ma allora?, come posso…?”
“Zitto! E lasciami continuare! Forse
conosco un modo, ma devi promettermi che farai e dirai esattamente tutto quello che ti dirò.”
“Promesso!!!”
“Bene! Allora ascolta… – continuò il
vecchio gufo – Va’ lungo il greto poco
prima del levarsi del sole. Siediti e guarda il torrente. Vedrai solo acqua che
/
/
/
/ di Giuseppe Provenza
/
/ Sento il canto all’animo
/ Che eterno scende
/ Da vacue farfalle,
/
/ e soavi sentieri
/ d’intime gioie,
/ e il profumar intenso
/ che dentro si spande
/
/ e risveglia corde obliate,
/ e il rimirar silente
/ d’ogni placido volo antico
/ e pur novello,
/ vaghe sembianze
/
/ di sentir lontani
/ e pur ambiti
/ in tanto buio.
/
/ So che ogni buio che scende
/ ha luce e bellezza
/ e attendo l’alba.
/
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Attesa
scorre. Prendi un sasso, il più bianco
che trovi, e gettalo davanti a te invocando il suo nome per tre volte. Se vedi
che l’acqua continua a scorrere allegramente, significa che forse non ti ha
sentito. Riprova con un altro sasso e
chiamala ancora. Se anche questa
volta non succede niente, significa che
ti ha sentito ma non desidera mostrarsi. Non provare una terza volta! Si offenderebbe a morte, ed ogni altro tentativo sarebbe inutile. In questo caso è
molto più saggio che tu te ne ritorni a
casa e che riprovi un altro giorno.
Se invece deciderà di mostrarsi, ecco
quello che succederà. I primi uccelli del
mattino smetteranno di cantare, e all’improvviso ti sentirai immerso in un
silenzio innaturale. Vedrai l’acqua arrestare il suo corso e tramutarsi in lucido
specchio. L’incantesimo sarà così
compiuto. Dovrai soltanto fissare l’acqua e attendere: lei ti apparirà in tutta
la sua argentea bellezza.
A questo punto dovrai stare molto attento a non commettere errori. Per prima cosa ricordati di non allungare le
mani per cercare di toccarla. Sarebbe
inutile! Inoltre devi sapere che non vedrai il suo corpo come se fosse immerso dentro al torrente; ma vedrai solo la
sua immagine riflessa, esattamente
come se lei fosse in piedi dietro di te.
E così sarà, infatti…
!!
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Memento - rivista del Mensa Italia - n. 2/2005
Ma ad un tratto, l’acqua iniziò nuovamente ad incresparsi, e l’immagine divenne tremula. L’Uomo-che-fa-vederei-sogni non esitò un solo istante, ed
intonò subito il suo canto con voce
forte e chiara. L’immagine allora tornò
a stabilizzarsi, come in attesa…
Mentre lui cantava:
Eleonora Sollazzo - Sogno nostalgico
Ed in quel preciso momento, io lo so,
tu proverai un fortissimo desiderio di
girarti indietro per guardarla e toccarla.
Non lo fare! Continua a fissare la sua
immagine riflessa e domina il tuo desiderio! Per nessun motivo dovrai girarti
a guardarla! Se tu lo facessi, la sua
immagine svanirebbe come nebbia al
sole. L’incanto si spezzerebbe e perderesti per sempre l’occasione di parlarle. Non dimenticarlo!”
“Stai tranquillo nonno Bubo. Me ne ricorderò!” - rispose l’Uomo-che-fa-vedere-i-sogni.
“Bene! Ora stai attento: poco prima che
la sua immagine svanisca per sempre,
dovrai intonare il Canto dell’Attesa. Lei
allora capirà che tu desideri parlarle. E
dopo che tu avrai cantato non potrà
più rifiutarsi dal farlo. Questo è tutto!
Ora va’, e fa’ esattamente tutto quello
che ti ho detto. La strada per scendere
al torrente è lunga e tortuosa, ma se
parti subito, arriverai giusto giusto poco
prima dell’alba”.
“Ti ringrazio, nonno Bubo. Sei stato per
me un vero amico!” - E si incamminò
nella notte.
~~~
L’Uomo-che-fa-vedere-i-sogni giunse in
vista del torrente, proprio quando gli
uccelli iniziarono il loro canto. Il sorriso della luna stava cominciando a svanire, smorzato dal chiarore diffuso. Si
sedette sul greto del torrente ed eseguì alla lettera i consigli del vecchio
gufo. Gettò un sasso, poi un altro e…
“Dio, com’è bella! – pensò estasiato –
Nonno Bubo non aveva di certo esagerato nel descriverla!” Nella penombra della notte che fuggiva, lei sembrava quasi brillare di luce propria. L’Uomo-che-fa-vedere-i-sogni provò un fortissimo desiderio di girarsi a guardarla, ma non lo fece. Trattenne il respiro,
nel timore di rompere l’incantesimo, e
restò in attesa…
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Se tu mi guardi
sono la libellula azzurra
che volteggia fra le canne.
Se tu mi parli
sono il sasso bianco
che ascolta,
immutabile e fermo.
Se tu mi sorridi
sono come il ragno
che scivola agile e lieve
sull’acqua senza incresparla.
Se tu piangi
sono il salice
che ti accarezza
e ti avvolge
fra i suoi rami.
Se tu mi ami
Sono il fiore
che si nasconde
fra i tuoi capelli.
Ma se mi respingi
sono come una foglia morta
che il fiume trascina lontano
e la corrente dissolve…
“Salve, Uomo-che-fa-vedere-i-sogni!” Disse lei alla fine del canto.
“Mi conosci ? – Le chiese stupito – Chi
ti ha detto il mio nome?”.
“Sì, ti conosco – confermò lei – Come
conosco tutti quelli che sono venuti
anche solo una volta a bagnarsi qui,
nella mia acqua. Ma ora dimmi: perché sei venuto ed hai chiesto di parlarmi?”
“Se veramente mi conosci, come tu
dici, allora di certo saprai perché sono
venuto ed ho chiesto di parlarti…” - e
le sorrise.
“Sì, hai ragione. Lo ammetto – si scusò lei – So anche questo. Ma ti avverto! Se veramente vorrai conoscere tutte le mie storie, per raccontarle alla tua
gente, ti ci vorrà del tempo! Molto tempo...”
“Non preoccuparti! – la rassicurò lui –
Ho tempo per ascoltarti. Ho tutto il tempo che vuoi…”
“Forse non mi sono spiegata – insisté
lei pazientemente – Ma io sono qui da
molto prima di tutti voi. La Luna è mia
sorella ed il Tempo è mio fratello. Io
conosco la vita e le storie di tutti quelli
che sono vissuti qui sin dall’inizio dei
tempi. E sono tante, tantissime storie…
Sei proprio sicuro che avrai il tempo di
ascoltarle tutte?”
“Sì, Colei-che-piange-e-che-ride. Ne
sono più che sicuro!”
~~~
In un certo bosco, molto molto lontano, cresce uno strano albero bianco
chiamato l’Albero-che-rompe-la-scure (3). Vegeta prevalentemente lungo i
torrenti, e la sua particolarità è quella
di protendere i suoi rami sull’acqua.
Quasi a volerne carpire i suoni, i rumori, la voce…
Gli abitanti del luogo tengono quest’albero nella massima considerazione. In
parte perché il suo tronco è costituito
da un legno durissimo: che questi usano per scolpire rozzi ma robusti utensili da lavoro. Ma soprattutto perché
dalla sua corteccia essi estraggono un
potente allucinogeno (4). Viene quindi
venerato come un albero sacro. Un
albero che fa vedere i sogni: un dono
degli dei.
Ma i vecchi del villaggio raccontano una
storia diversa. Sostengono che l’Albero-che-rompe-la-scure non è sempre
stato un albero. Dicono che una volta,
all’inizio di tutti i tempi, fosse addirittura un uomo. Un uomo buono e un po’
strano, che girava per i villaggi raccontando delle storie meravigliose. Un giorno quest’uomo scese al torrente per
dissetarsi e per riposare. Ed il Torrente
iniziò a raccontargli alcune storie…
A quest’uomo piacquero talmente tanto che decise di fermarsi per sempre,
per poterle ascoltare tutte. Così mise
le radici e si trasformò in un grande
albero bianco. Ma nella sua infinita
bontà, non volle privare gli uomini di
tutte quelle storie bellissime. Ed insegnò loro come fare per poterle estrarre
dalla sua stessa corteccia.
Nessuno sa come prendano forma
certe strane leggende. Forse dal niente. O forse dai sogni…
"
Appellativo che anticamente
veniva dato allo Sciamano del villaggio
(2)
Bubo Bubo Ascàlaphus = Gufo Reale
(3)
Aspidosperma Quebraco
(4)
Quebrachina
(1)
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Dal diario di un medico: Cena degli auguri
di Cecilia Deni
T
barzellettiere feroce a deliziarci. A seguire, i racconti di quando eravamo in
guardia, ch’è più feroce delle barzellette la povera realtà.
L’altra sera eravamo in un locale dove
si mangia bene ma molto scarso,
come usa oggi: due cucchiai di passato di broccoli e venti grammi di purea
di baccalà per primo, con due grammi
di bietoline rosse da guarnizione, e dimenticavo l’antipasto: tre canocchie
pelate e cotte a vapore con una colatina di aceto balsamico e due minuzie
di pomodoro spellato. Di secondo una
pallina di purea di fegato, 15 grammi
di fegato d’agnello e 20 di carne dello
stesso animale, un angolino di frittatina di brutt’aspetto, tutto decorato comme il faut, c’est vrai, ah la Belle France, mais on mange mieux chez nous!
E comunque pazienza per la patetica
e pretenziosa cucina visto che c’era un
Una volta, racconta una collega, m’ha
chiamato un marito nel mezzo della
notte, la moglie è svenuta sul letto.
Esco nella notte gelata, ghiaccio sulla
strada, la 127 – ve le ricordate quelle
macchinacce della Usl 104 con le gomme quasi sempre lisce ed il serbatoio
invariabilmente vuoto alle due del mattino? – la 127 parte miracolosamente
e mi trascina bene o male ad un palazzotto vecchio di periferia, terzo piano senza ascensore, entro nell’ingresso ed ho una visione tutta in rosa a
fiorellini di carta da parati sterminata,
l’attraverso e vengo introdotta nella camera: un boudoir! Pizzi, pizzi, pizzi,
copriletto tutto una frappa, letto in ottone infiocchettato, poltroncine ricoperte in rosa e oro ed una variante di carta da parati rosa a fiorellini incombente, mentre le rose centifolie sommergono la finestra in un tripudio di controtende e mantovane.
empo di Natale, cene degli auguri tra colleghi e tra amici, che
per i medici è la stessa cosa,
dai 18 anni in poi non riesci a frequentare altro che futuri colleghi prima e
colleghi poi, con un qualche farmacista imboscato, e gli amici di infanzia
per qualcuno che ancora vive nello
stesso paese in cui è cresciuto.
Sul letto vaporoso sta una donnina
scialba, gemente, in deliquio, sospirosa ed affranta, vagamente e diffusamente dolente in ogni dove della minuta anatomia.
La collega, dopo accurata visita e disamina, si ritira in tinello per compilare
una ricetta di valium nobilitato da un
nome esotico, accolta ancora da sorprendente variazione sul tema tappezzeria rosa a fiorellini/tende/controtende/cuscini. Ma la misera la richiama.
Senza marito, please. Il marito espulso rimane nel nido rosato del tinello,
mentre la collega si prepara ad accogliere scabrose confidenze nel boudoir.
“E’ partito!, comunica la dolente, m’ha
lasciata!”
“Chi?”
“E’ andato a Milano! Per sempre ha
detto. Non lo vedrò mai più!”
“...?...”
“E non riesco a pensare ad altro, soffro, soffro, tutto me lo ricorda....”
“Ma chi, chi?”
“Il mio amante, il tappezziere.....”
"
I precedenti numeri di Liber (questo che state leggendo è il 12°) sono disponibili nell’area riservata del sito mensa.it.
Nefeli Misuraca
Nefeli Misuraca è nata a Roma il 16 giugno
1972. Si è laureata in Lettere all’Università La
Sapienza di Roma. Ha conseguito un Ph. D.
in Letteratura ed Arte all’Università di Yale,
negli Stati Uniti. A Yale, ha inoltre insegnato
Lingua, Letteratura e Arte taliana e ha lavorato in vari centri di ricerca universitari. È sceneggiatrice e montatrice cinematografica. È scrittrice in prosa e in poesia. E’ iscritta alla lista
Accademia Alighieri e non è socia Mensa.
Giuseppe Provenza
Tesoriere del Mensa Italia e redattore di Liber,
Giuseppe Provenza è nato a Catania il 29
settembre 1940. Laureato in Economia e
Commercio, oggi pensionato e attivista di
Amnesty International, è un appassionato di
astronomia e poesia. Suoi passatempi preferiti la pesca, la vela e il canottaggio. Nel 1998
ha pubblicato sul periodico letterario L’APOSTROFO il suo racconto Parabola discendente, fra i vincitori del premio di narrativa indetto
dal medesimo periodico. Il racconto è stato
riproposto sulla newsletter di Accademia Alighieri, Il Convivio. Nel 1993 ha pubblicato la
raccolta di versi dal titolo Sensazioni.
Alberto Atti
Segretario Regionale ed Assistente al Test nell’Emilia-Romagna, Alberto Atti è nato a Bologna l’11 giugno 1946. Socio Mensa dal 1988,
è stato Segretario Nazionale e gestore della
Boutique; attualmente è Coordinatore Sight.
Per trentadue anni ha lavorato per la Telecom,
e per dodici è stato contemporaneamente fotografo professionista. Per quindici anni ha allevato serpenti – non velenosi - e tartarughe.
Per dieci anni, è stato anche Tesoriere dell’Associazione Culturale Italia Olanda Fiandre,
con sede a Bologna. Dal 2002 ne è Vicepresidente. Da un anno è in pensione e passa
l’inverno a Venezia e l’estate ai Lidi Ravennati. Attualmente è single. Per hobby ha scritto
racconti, poesie e canzoni.
Cecilia Deni
Medico di famiglia con un migliaio di pazienti
sparsi prevalentemente tra Lavino ed il Reno,
Cecilia Deni è nata in Sardegna nel 1957. Cresciuta tra il Sarrabus ed il Campidano, ha frequentato a Cagliari il liceo classico ed il biennio di Medicina. Trasferitasi a Bologna, vi ha
conseguito la laurea nel 1984, insieme ad una
specializzazione in Medicina dello Sport,
un’abilitazione in psicoterapia che però non
utilizza, il biennio di formazione in Medicina
Generale e un particolare genere di Master in
comunicazione. Sposata a un bolognese, ha
due figli, che definisce “i grandi amori della
mia vita”. Si dichiara lettrice accanita, compulsiva, e molto istintiva: dalla narrativa di genere, soprattutto FS, a quella per ragazzi, saggistica, fumetti, classici, poesia, teatro, umoristica, di tutto un bel po’. Tranne il tedesco,
ha imparato i fondamenti delle principali lingue europee – francese più che bene, poi inglese e spagnolo – e dice di aver viaggiato
poco per cronica mancanza di denaro. Ama
ascoltare musica, andare a teatro, fare lavori
manuali, soprattutto ricamo e falegnameria;
si definisce cuoca passabile ma appassionata. Eclettica come spesso molti Soci del Mensa, si interessa di cure palliative, tanatologia,
bioetica. Infine, dice di sé: “Sono irrimediabilmente e piacevolmente golosa e grassa.”
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liber
spazio concorsi
Da questo numero, Liber dà spazio ai
concorsi letterari che Vorrete espressamente segnalare per la pubblicazione.
Il Concorso letterario di cui si dà notizia in questo numero ci è stato segnalato dal socio Pierluigi Lenoci.
Premio “Il Fiore” ~ Edizione 2005
Il fiore in ogni
sua espressione
Di seguito sono riportate solo alcune
informazioni estratte del bando; si raccomanda pertanto la lettura del testo
integrale (cfr recapiti oltre indicati).
I
l Comune di Chiesina Uzzanese (PT)
bandisce la 24ª edizione del Premio
Nazionale di Poesia “Il fiore” con tema
“Il fiore in ogni sua espressione”.
Al Premio ogni autore potrà concorrere con un massimo di tre poesie inedite, che non abbiano partecipato ad altri concorsi, in lingua italiana, chiaramente dattiloscritte. Le opere, redatte
in sette copie e in forma anonima, dovranno pervenire in un plico raccomandato, alla segreteria del Premio, presso Associazione A.N.T.E.A.S. - casella
postale n. 58 - ufficio postale di Chiesina Uzzanese, entro il 10 giugno 2005.
Nella busta suddetta dovrà essere inserita anche una scheda contenente
le indicazioni relative all’autore (nome
e cognome, data e luogo di nascita,
indirizzo completo di codice postale,
recapito telefonico, brevi notizie bibliografiche). Nella stessa scheda i partecipanti dovranno sottoscrivere l’autorizzazione all’uso dei dati personali, ai
sensi del Decreto Legislativo n. 196/
2003, nonché l’attestazione con cui si
dichiara che le opere presentate sono
inedite e non hanno partecipato ad altri concorsi.
Alla serata di premiazione interverranno Luciano Luisi (primo vincitore del
premio) e il regista Carlo Lizzani che,
se fosse impossibilitato ad intervenire,
sarà sostituito da Mario Monicelli. Parteciperà anche Riccardo Moretti dal
Conservatorio di Parma; presenterà
Andrea Buscemi e interverranno due
attori per leggere le poesie.
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Memento - rivista del Mensa Italia - n. 2/2005
I Premi
La Storia
1° classificato € 600
2° classificato € 300
3° classificato € 200
(ai primi tre classificati andranno anche una targa e ospitalità completa di
un giorno per una persona);
menzione speciale (e premio di € 200)
all’opera di un poeta residente nella
provincia di Pistoia;
due riconoscimenti a poeti che si saranno particolarmente distinti.
La premiazione avrà luogo a Chiesina
Uzzanese il giorno 30.07.2005 alle ore
21.15, nella piazza centrale del paese.
E’ prevista per l’edizione 2005 del Premio di Poesia “Il Fiore” la pubblicazione di un’antologia contenente le opere
dei primi 30 autori classificati.
A parziale copertura delle spese di organizzazione, è richiesto ad ogni autore,
per la partecipazione al premio, un
contributo di € 10 da versare mediante bollettino sul conto corrente postale
n. 00120519, intestato al Comune di
Chiesina Uzzanese - Servizio Tesoreria.
La storia di Chiesina Uzzanese ci ricorda come questa terra sia stata sottratta al dominio delle acque e come, nel
tempo, sia andata incontro a grandi trasformazioni fino a diventare quello che
oggi possiamo vedere: una campagna
fertile, produttiva che ogni estate offre
uno spettacolo luminoso, pieno di colori e soprattutto dei colori dei fiori: rossi
e viola, rosati e bianchi, azzurri e arancioni, colori che sembrano presentarsi
quasi parlando con un volo preciso, un
carattere, un significato.
La Giuria
I Vincitori delle precedenti edizioni
Dino Carlesi, Dante Maffia, Gabriella
Sica, Fabio Simonelli, Rossano Vittori
Il Premio “Il Fiore” ha una storia importante anche per quanto riguarda la
composizione della giuria esaminatrice tra cui: Silvio Gigli, Elio Filippo Accrocca, Giorgio Saviane, Nantas Salvalaggio, Giovanni Gigliozzi, Nilo Negri, Pierfrancesco Listri, Maria Vittoria
Beneforti, Lalla Calderoni, Walter Meloni, William Tode, Manrico Testi, Lucia
Montis, Isabella Rondina, Maurizio Cucchi, Vivian Lamarque, Antonio Riccardi, Sergio Talenti, Francesco Pira.
Tra i vincitori de “Il Fiore” Aldo Fabrizi
nel 1983, Dino Verde (1985), Mario Luzi
(1989), Mario Tobino (1990), Dario Bellezza (1991), Arnoldo Foà (1992), Roberto Gervaso (1998), Adelio Rigamonti
(2000), solo per citarne alcuni.
Per richiedere il bando
Il regolamento completo, il bando del
concorso e i moduli di iscrizione sono
disponibili presso la segreteria o sul sito
dedicato al premio.
Segreteria del Premio
Piazza Vittorio Emanuele II, 2
51013 Chiesina Uzzanese (PT)
tel. 339/7189884
dal Lunedì al Venerdì (ore 15-18)
email: [email protected]
Sito: www.premiodipoesiailfiore.it
Forse furono proprio queste immagini, questi pensieri che suggerirono nell’estate del 1979 al Comune di Chiesina Uzzanese e all’Ente Provinciale del
Turismo di Pistoia in collaborazione
con Silvio Gigli della RAI di Firenze l’ideazione del Premio Nazionale di Poesia
“Il Fiore”. L’iniziativa ha avuto successo fin dalle prime edizioni collocandosi tra i più prestigiosi premi letterari della
penisola.
“Un fiore”, di Aldo Fabrizi - 1983
Nun ce passavo sin dar primo
amore:
oggi è riarso e infetto de benzina,
martire dell’incuria cittadina
povero prato è morto senza un fiore.
Me ne resi conto, con un gelo ar
core,
che a Roma pure l’aria t’assassina
e da quell’accidente de mattina
su la loggetta mia ce passo l’ore.
S’era insecchita ... adesso è un
giardinetto
la notte odora e appena er cielo
schiara
pe’ custodillo zompo giù dal letto
Quando se vive come un eremita
specie a un’età che cià quarch’ora
amara
abbasta un fiore pe’ addorcì la vita
"