Galleria Liber Il tempo
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liber Memento - rivista del Mensa Italia - n. 2/2005 Il tempo di Nefeli Misuraca R icordo come fosse ieri la prima volta che ho incontrato il Tempo. Stavo lì, al crocevia, come sempre ad aspettare Rossella, sempre in ritardo, sempre di più. Guardo l’orologio, una due tre volte, col gesto meccanico di chi aspetta ed ha la testa tanto presa dall’attesa da non registrare nella mente che ore siano, nonostante non faccia che guardare l’orologio. Mi guardo intorno, meccanicamente cerco un orologio fuori da qualche negozio, che so, o uno di quelli all’antica su pali di lampione. Guardo. Confronto. Porto il mio orologio all’orecchio - tanto è automatico. A un certo punto un signore che mi osservava, e che io credevo stesse cercando di ammazzare il tempo mentre aspettava l’autobus, mi si avvicina e mi chiede: “Posso aiutarla?” Io lo guardo. Distinto, con barba e baffi accuratamente cesellati attorno a un volto sottile ma anche largo, negli zigomi. I suoi occhi erano curiosi e un pò inquieti. “No, grazie,” rispondo come spinto dal bisogno di tranquillizzarlo, “sto aspettando qualcuno.” “Vedo. Ha problemi col suo orologio?” “Oh, no,” ribatto e a questo punto desidero più che altro che l’omino mi la- Galleria Liber «Nella vita, o si vive, o si scrive» M otto, a quanto pare, di Luigi Pirandello. E non parrebbe neanche strano, che questo modo d’intendere vita e scrittura come divise da una profonda scissura, fosse suo. Se si osserva l’enorme mole degli scritti pirandelliani, dalle novelle ai romanzi alle opere teatrali, si potrebbe dire che Pirandello non ha vissuto, ha scritto. Quanti fogli devono avere visto, da sotto in su, la sua faccia seria, antica, straordinariamente simile a quella di Sigmund Freud, chinata a guardarli mentre scriveva, e quanto pochi contatti umani deve aver avuto, da un certo punto della sua vita in poi. A scrivere, s’impara scrivendo molto e leggendo altrettanto. Come Pirandello, ad esempio. Ma non sono “lezioni”, queste mie, me ne guarderei bene. Solo, così, considerazioni senza nessuna pretesa, volte semmai a d esprimere la grande ammirazione che provo per i grandi scrittori della mia terra. Scrittori che comunque, proprio perché del secolo scorso, presentano un tipo di scrittura antica, con tematiche oggi non adatte alla scrittura, quei piccoli mondi antichi fatti di marsine strette, di ombrelli contesi fra sorelline, di lumi dell’altra casa osservati curiosamente. E’ chiaro che la scrittura, oggi, vada svecchiata e sfrondata da modi di dire, parole e tematiche desuete, cadute ormai in disuso. Ma risulta sempre utile, leggere chi prima di noi ha lasciato scritti egregi, universalmente riconosciuti come classici. E dai classici, lì sì, c’è sempre da imparare. Loredana Bua sci in pace: ho la mia ansia da nutrire, io. Non ho mica tempo da perdere! “No, no. Così, volevo vedere che ora fosse esattamente.” “Questo glielo posso dire io. Dove siamo?” Lo guardai basito. “Dove…? Siamo a Roma, direi.” “Roma, bene bene, primavera, non mi dica il giorno che c’arrivo da solo. Sono le 16 e 22 minuti.” E fece un sorriso soddisfatto come un bambino che si sia ricordato tutte le capitali d’Europa. I suoi occhi erano più tranquilli ora. “Mi faccia un’altra domanda.” “Scusi, sa, ma veramente non ho tempo ora.” “Beh, non direi proprio. A me pare che la sola cosa che lei abbia adesso sia proprio il tempo. Ma lasci che mi presenti: piacere, sono il Tempo.” !! l’Altra Copertina “Eva”, di Loredana Bua Mi “intrometto” nella Galleria perché ho chiesto alla “titolare” di pubblicare un suo lavoro che ho avuto occasione di vedere: Loredana mi ha detto che si tratta di una sorta di esercitazione, anche parzialmente incompleta, ma a me è piaciuto davvero molto. E’ un disegno, realizzato “a matita morbida”, per dirla in termini semplici, con un tratteggio di tipo incrociato (meno usuale di quello unidirezionale ma molto apprezzato da artisti del calibro di Michelangelo e Andrea del Sarto), tecnica che offre un effetto simile alla stampa da incisione. Ho convinto Loredana, restia a pubblicare su Liber per via del suo incarico redazionale, a fare un’eccezione e condividere con noi questa sua creazione. La ringrazio per aver accettato. Loredana Bua Natalia Buzzi Coordinatrice SIG Accademia Alighieri, Redattrice di Liber, è nata a Palermo nel 1968. Diplomata con merito sia al Liceo Artistico che come Restauratrice, studia al Dams. Ha collaborato ad Universitas, Euromediterraneo, Cntn. Varie partecipazioni a concorsi letterari. Ha conseguito con merito altri attestati, fra cui uno di Scrittura Creativa. Ha pubblicato il racconto Le scarpe di piombo. Nel 2000 ha presentato il suo racconto Lo sfregio alla trasmissione radiofonica Il Baco del Millennio, su Radio Uno RAI, ottenendo l’encomio del critico letterario ed anglista Claudio Gorlier. Nel 2001 ha vinto il concorso letterario Venti righe per un racconto, col suo Il viandante, pubblicato a cura del C.L. di Scienze della Comunicazione di Palermo. Nel 2002 ha fatto parte delle giuria del II° concorso letterario Mensa Italia. Ha seguito seminari sul cinema, tenuti dai registi Gianni Amelio e Frederick Wiseman, e da Michel Chion, docente dell’Università Paris III. Ha vinto dei concorsi d’arte (Unione Quartieri Palermo) e ha partecipato ad un paio di esposizioni collettive a Palermo. Galleria Liber è uno spazio espositivo aperto alle vostre creazioni artistiche. Se volete, inviate a [email protected] le foto in formato gif o jpg. Saranno pubblicate (in 4ª di copertina) e commentate. 3 liber Mi sfuggì un sorrisetto, ma, chissà perché, l’idea non mi parve poi tanto peregrina. “E poi,” aggiunse, “sono solo dodici minuti che aspetta. Non mi pare il caso di allarmarsi.” “Sarà pure, ma tanto lo so che lei avrà almeno un’altra mezz’ora di ritardo. È sempre così. È per questo che mi secca di dover constatare ogni volta che guardo l’orologio che il tempo scorra così lentamente. Mi potrebbe mandare direttamente a tra mezz’ora così ci risparmiamo l’attesa?” L’uomo sorrise e fece una piccola “o” con le labbra. “Affascinante, affascinante. E poi? Mi dica, mi dica.” Mi cominciai a innervosire. “Cosa, mi dica cosa? Lei è il Tempo, no? E allora mi porti avanti di mezz’ora!” “Eh, eheh…” ridacchiò, “e no, questo non lo posso fare. Ma lei sì. Può dormire per mezz’ora, ecco, per esempio.” “Ma Lei è pazzo. Dormire, qui? Ma lasci perdere.” E feci un gesto seccato. Mi allontanai di qualche passo, ma poi mi voltai di nuovo verso di lui. “Ma scusi, che ci sta a fare qui? Appare solo a poveri sfortunati come me che non ci basta quello che dobbiamo sopportare per conto nostro?” L’uomo sospirò e si fece un po’ triste. “No, niente, niente, me ne vado. L’albero nella foresta. il rumore, l’esistenza.” e si incamminò verso il semaforo. L’albero? “Un attimo,” gli gridai, “aspetti!” Gli corsi incontro. “Che vuol dire l’albero?” L’uomo sospirò. “Vede, vi lamentate sempre voi uomini di non avere tempo, di desiderare che scorra più in fretta o più lentamente e non vi rendete conto di niente. Ecco, per esempio. Io sono qui, accanto a lei, e tutto quello che lei sa fare è chiedermi di farla saltare di mezz’ora. Un numero da circo, insomma. Non è carino, no, non è dignitoso.” Mi dispiacque un po’ di aver trattato così alla spicciola un signore che, in Memento - rivista del Mensa Italia - n. 2/2005 Salvador Dalì - La persistenza della memoria - 1931 fondo, sembrava tanto solo. “Be’, ha ragione, mi scusi.” Riflettei. “Però, mi dica. Ma allora, se noi uomini comunque le chiediamo sempre qualcosa, e soprattutto qualcosa di triviale, che ci viene a fare qui in mezzo a noi?” “Eh, l’albero, caro amico, l’albero.” Lo guardai interrogativo. “Se l’è mai posto lei il problema dell’albero nella foresta?” Continuavo a non capire. “Ma sì, quello: se un albero cade in mezzo alla foresta e nessuno è lì ad ascoltarlo, ha fatto rumore?” “Ah, sì, sì. L’ho sentito, è un indovinello orientale senza soluzione, no?” “Eh, già. Senza soluzione. Ma, mettiamo che lei sia il Suono, mh? Che ne penserebbe dello stesso problema? Voglio dire, insomma, questo pone una seria ipoteca sulla sua stessa esistenza, non Le pare?” “Mah, forse, sì posso concederglielo. E allora?” “È la stessa cosa per me, il Tempo. Se non ci fossero gli uomini intorno a me a contarmi, calcolarmi, maledirmi, invocarmi e sfuggirmi, io, dico proprio io come lei mi vede, esisterei?” Riflet- tei. “Tutto qui?” sbottai alla fine. “No, dico, ma Lei non lo sa da solo di esistere? Non lo sente che Lei esiste?” “Mi ascolti bene, amico caro. Per esistere, bisogna esistere nel tempo, o nel Tempo, se preferisce. Lo si può attraversare in corsa, a nuoto, inseguiti o inseguendo, a passo lento e col naso in sù o carponi, cercando qualcosa di introvabile. Ma si deve percorrerlo. Voi esistete perché tutti i vostri piedini mi attraversano e mi saggiano in tutte le direzioni. Io, d’altro canto, io… non sono nel tempo.” Mi fece tenerezza e lo abbracciai. Lui mi prese le mani con gli occhi lucidi. “Mi permetterà, qualche volta, di rubare questi attimi di preziosissima, meravigliosa esistenza che avete voi uomini? Mi permetterà di starLe accanto e di respirare un po’ d’esistenza di seconda mano?” “Ma certo, anzi, resti ora qui con me, fino all’arrivo di Rossella.” L’uomo sorrise, si asciugò una lacrima e poi mi disse: “Allora, me la fa una domanda?” " Sig Accademia D edicato ai Soci Mensa che vogliono approfondire la conoscenza della lingua italiana ed il suo corretto uso sintattico e lessicale. Curiosità su un sostantivo, sull’origine di un verbo, sull’opportunità o meno di ricorrere ad una perifrasi al posto di un’altra? 4 Accademia Alighieri è il luogo indicato per chiedere. Vi è anche uno spazio dedicato alle opere in prosa e in poesia dei Soci stessi. Per informazioni e per iscriversi alla mailing list scrivere alla coordinatrice: Loredana Bua, [email protected]. liber Memento - rivista del Mensa Italia - n. 2/2005 La leggenda di Colei-che-piangee-che-ride di Alberto Atti L ’Uomo-che-fa-vedere-i-sogni si fermò un attimo per annusare l’aria del bosco. La brezza fresca della notte gli portò l’odore dei funghi che stavano crescendo sotto le foglie umide. Si guardò intorno lentamente, assaporando la natura con tutti i pori della sua pelle. Un sorriso di luna accese i riflessi di mille gocce di rugiada. Tutto era calmo. Un’intima e serena soddisfazione arrestò la danza vivace delle sue pupille. Con passo leggero si incamminò verso la grande quercia. Al suo apparire il vecchio gufo stiracchiò pigramente le robuste ali. “Salve, Uomo-che-fa-vedere-i-sogni! (1) Stai cercando nuovi sogni per la tua gente, non è così?”. “Salute a te, nonno Bubo! (2) Per la verità, è proprio come tu dici! Gli anziani hanno molto bisogno dei miei sogni, perché devono raccontare delle storie sempre nuove ai bambini del villaggio. E così, per accontentarli tutti, ho sempre molto da fare la notte…” “Eh! lo so, lo so, mio buon amico. Ma dimmi ora, perché sei venuto a trovarmi? Posso fare qualcosa per aiutarti?” “Ti ringrazio, nonno Bubo. Lo sapevo che avresti capito! Se ti è possibile, vorrei proprio che tu mi raccontassi la leggenda di Colei-che-piange-e-che-ride. E soprattutto, vorrei sapere come posso fare per incontrarla.” “Te la racconterò volentieri, perché so che di te mi posso fidare. Ma prima dimmi: chi ti ha parlato di lei? Tu lo sai che noi custodiamo molto gelosamente i segreti e le leggende del nostro bosco.” “Sì sì, lo so! E’ stato il Salta-Picchio a parlarmene.” “Ah! Quel piccolo malandrino pettegolo! Farebbe molto meglio a non mettere il suo becco intrigante in cose che non lo riguardano! E che cosa ti ha detto, esattamente?” “Oh! Non molto, per la verità. Mi ha detto soltanto che è possibile incontrarla lungo il torrente, poco prima dell’alba. E che sicuramente conosce delle bellissime storie per i miei sogni. Storie che fanno piangere e storie che fanno ridere.” “Ti ha detto il vero! Ed ora siediti e ascolta. Colei-che-piange-e-che-ride è la fata del torrente, ma nessuno sa da dove venga e né quando sia arrivata. Era già qui molto prima di noi. La conosciamo molto bene perché non ha paura di mostrarsi ai piccoli abitanti del bosco. Ma ti avverto: per te sarà molto difficile vederla, e forse impossibile parlarle.” “Com’è fatta? Puoi descrivermela?” – Chiese l’Uomo-che-fa-vedere-i-sogni, al colmo della curiosità. “Sì, se vuoi. Ma la mia descrizione non ti servirà a niente, se lei deciderà di non mostrarsi a te. Alcuni dicono che viva dentro al torrente. Altri pensano invece che lei stessa sia il Torrente. Nessuno sa esattamente dove viva, ma sicuramente il torrente è l’unico posto dove la potrai incontrare. La sua intima essenza è l’acqua fresca e sorgiva. E la sua immagine è sempre tremula come acqua che scorre. Sua sorella forse è la Luna, sono spesso insieme. E potrai vederla solo quando il sorriso di questa illumina la notte. Ha un corpo morbido e flessuoso come una sirena. E le spalle coperte da un lungo mantello, trapunto di lacrime-perle, che tesse appositamente per lei il ragno d’acqua. Capelli finissimi, come alghe di fiume. La sua voce, sussurro dolce e carezzevole, è il mormorio stesso del torrente. E chissà quante volte l’hai udita, senza capire, nemmeno se ascoltavi attentamente… E’ l’amica dei pastori, e ride con loro quando rincorrono le pecore per farle bere. E’ nemica dei pescatori, e piange quando uccidono i suoi piccoli amici. Se lei potesse sapere che sei nostro amico, forse sarebbe felice di conoscerti. Ma purtroppo non lo sa, e diffida di tutti gli uomini.” “Ma allora?, come posso…?” “Zitto! E lasciami continuare! Forse conosco un modo, ma devi promettermi che farai e dirai esattamente tutto quello che ti dirò.” “Promesso!!!” “Bene! Allora ascolta… – continuò il vecchio gufo – Va’ lungo il greto poco prima del levarsi del sole. Siediti e guarda il torrente. Vedrai solo acqua che / / / / di Giuseppe Provenza / / Sento il canto all’animo / Che eterno scende / Da vacue farfalle, / / e soavi sentieri / d’intime gioie, / e il profumar intenso / che dentro si spande / / e risveglia corde obliate, / e il rimirar silente / d’ogni placido volo antico / e pur novello, / vaghe sembianze / / di sentir lontani / e pur ambiti / in tanto buio. / / So che ogni buio che scende / ha luce e bellezza / e attendo l’alba. / ///////////////////// Attesa scorre. Prendi un sasso, il più bianco che trovi, e gettalo davanti a te invocando il suo nome per tre volte. Se vedi che l’acqua continua a scorrere allegramente, significa che forse non ti ha sentito. Riprova con un altro sasso e chiamala ancora. Se anche questa volta non succede niente, significa che ti ha sentito ma non desidera mostrarsi. Non provare una terza volta! Si offenderebbe a morte, ed ogni altro tentativo sarebbe inutile. In questo caso è molto più saggio che tu te ne ritorni a casa e che riprovi un altro giorno. Se invece deciderà di mostrarsi, ecco quello che succederà. I primi uccelli del mattino smetteranno di cantare, e all’improvviso ti sentirai immerso in un silenzio innaturale. Vedrai l’acqua arrestare il suo corso e tramutarsi in lucido specchio. L’incantesimo sarà così compiuto. Dovrai soltanto fissare l’acqua e attendere: lei ti apparirà in tutta la sua argentea bellezza. A questo punto dovrai stare molto attento a non commettere errori. Per prima cosa ricordati di non allungare le mani per cercare di toccarla. Sarebbe inutile! Inoltre devi sapere che non vedrai il suo corpo come se fosse immerso dentro al torrente; ma vedrai solo la sua immagine riflessa, esattamente come se lei fosse in piedi dietro di te. E così sarà, infatti… !! 5 liber Memento - rivista del Mensa Italia - n. 2/2005 Ma ad un tratto, l’acqua iniziò nuovamente ad incresparsi, e l’immagine divenne tremula. L’Uomo-che-fa-vederei-sogni non esitò un solo istante, ed intonò subito il suo canto con voce forte e chiara. L’immagine allora tornò a stabilizzarsi, come in attesa… Mentre lui cantava: Eleonora Sollazzo - Sogno nostalgico Ed in quel preciso momento, io lo so, tu proverai un fortissimo desiderio di girarti indietro per guardarla e toccarla. Non lo fare! Continua a fissare la sua immagine riflessa e domina il tuo desiderio! Per nessun motivo dovrai girarti a guardarla! Se tu lo facessi, la sua immagine svanirebbe come nebbia al sole. L’incanto si spezzerebbe e perderesti per sempre l’occasione di parlarle. Non dimenticarlo!” “Stai tranquillo nonno Bubo. Me ne ricorderò!” - rispose l’Uomo-che-fa-vedere-i-sogni. “Bene! Ora stai attento: poco prima che la sua immagine svanisca per sempre, dovrai intonare il Canto dell’Attesa. Lei allora capirà che tu desideri parlarle. E dopo che tu avrai cantato non potrà più rifiutarsi dal farlo. Questo è tutto! Ora va’, e fa’ esattamente tutto quello che ti ho detto. La strada per scendere al torrente è lunga e tortuosa, ma se parti subito, arriverai giusto giusto poco prima dell’alba”. “Ti ringrazio, nonno Bubo. Sei stato per me un vero amico!” - E si incamminò nella notte. ~~~ L’Uomo-che-fa-vedere-i-sogni giunse in vista del torrente, proprio quando gli uccelli iniziarono il loro canto. Il sorriso della luna stava cominciando a svanire, smorzato dal chiarore diffuso. Si sedette sul greto del torrente ed eseguì alla lettera i consigli del vecchio gufo. Gettò un sasso, poi un altro e… “Dio, com’è bella! – pensò estasiato – Nonno Bubo non aveva di certo esagerato nel descriverla!” Nella penombra della notte che fuggiva, lei sembrava quasi brillare di luce propria. L’Uomo-che-fa-vedere-i-sogni provò un fortissimo desiderio di girarsi a guardarla, ma non lo fece. Trattenne il respiro, nel timore di rompere l’incantesimo, e restò in attesa… 6 Se tu mi guardi sono la libellula azzurra che volteggia fra le canne. Se tu mi parli sono il sasso bianco che ascolta, immutabile e fermo. Se tu mi sorridi sono come il ragno che scivola agile e lieve sull’acqua senza incresparla. Se tu piangi sono il salice che ti accarezza e ti avvolge fra i suoi rami. Se tu mi ami Sono il fiore che si nasconde fra i tuoi capelli. Ma se mi respingi sono come una foglia morta che il fiume trascina lontano e la corrente dissolve… “Salve, Uomo-che-fa-vedere-i-sogni!” Disse lei alla fine del canto. “Mi conosci ? – Le chiese stupito – Chi ti ha detto il mio nome?”. “Sì, ti conosco – confermò lei – Come conosco tutti quelli che sono venuti anche solo una volta a bagnarsi qui, nella mia acqua. Ma ora dimmi: perché sei venuto ed hai chiesto di parlarmi?” “Se veramente mi conosci, come tu dici, allora di certo saprai perché sono venuto ed ho chiesto di parlarti…” - e le sorrise. “Sì, hai ragione. Lo ammetto – si scusò lei – So anche questo. Ma ti avverto! Se veramente vorrai conoscere tutte le mie storie, per raccontarle alla tua gente, ti ci vorrà del tempo! Molto tempo...” “Non preoccuparti! – la rassicurò lui – Ho tempo per ascoltarti. Ho tutto il tempo che vuoi…” “Forse non mi sono spiegata – insisté lei pazientemente – Ma io sono qui da molto prima di tutti voi. La Luna è mia sorella ed il Tempo è mio fratello. Io conosco la vita e le storie di tutti quelli che sono vissuti qui sin dall’inizio dei tempi. E sono tante, tantissime storie… Sei proprio sicuro che avrai il tempo di ascoltarle tutte?” “Sì, Colei-che-piange-e-che-ride. Ne sono più che sicuro!” ~~~ In un certo bosco, molto molto lontano, cresce uno strano albero bianco chiamato l’Albero-che-rompe-la-scure (3). Vegeta prevalentemente lungo i torrenti, e la sua particolarità è quella di protendere i suoi rami sull’acqua. Quasi a volerne carpire i suoni, i rumori, la voce… Gli abitanti del luogo tengono quest’albero nella massima considerazione. In parte perché il suo tronco è costituito da un legno durissimo: che questi usano per scolpire rozzi ma robusti utensili da lavoro. Ma soprattutto perché dalla sua corteccia essi estraggono un potente allucinogeno (4). Viene quindi venerato come un albero sacro. Un albero che fa vedere i sogni: un dono degli dei. Ma i vecchi del villaggio raccontano una storia diversa. Sostengono che l’Albero-che-rompe-la-scure non è sempre stato un albero. Dicono che una volta, all’inizio di tutti i tempi, fosse addirittura un uomo. Un uomo buono e un po’ strano, che girava per i villaggi raccontando delle storie meravigliose. Un giorno quest’uomo scese al torrente per dissetarsi e per riposare. Ed il Torrente iniziò a raccontargli alcune storie… A quest’uomo piacquero talmente tanto che decise di fermarsi per sempre, per poterle ascoltare tutte. Così mise le radici e si trasformò in un grande albero bianco. Ma nella sua infinita bontà, non volle privare gli uomini di tutte quelle storie bellissime. Ed insegnò loro come fare per poterle estrarre dalla sua stessa corteccia. Nessuno sa come prendano forma certe strane leggende. Forse dal niente. O forse dai sogni… " Appellativo che anticamente veniva dato allo Sciamano del villaggio (2) Bubo Bubo Ascàlaphus = Gufo Reale (3) Aspidosperma Quebraco (4) Quebrachina (1) liber Memento - rivista del Mensa Italia - n. 2/2005 Dal diario di un medico: Cena degli auguri di Cecilia Deni T barzellettiere feroce a deliziarci. A seguire, i racconti di quando eravamo in guardia, ch’è più feroce delle barzellette la povera realtà. L’altra sera eravamo in un locale dove si mangia bene ma molto scarso, come usa oggi: due cucchiai di passato di broccoli e venti grammi di purea di baccalà per primo, con due grammi di bietoline rosse da guarnizione, e dimenticavo l’antipasto: tre canocchie pelate e cotte a vapore con una colatina di aceto balsamico e due minuzie di pomodoro spellato. Di secondo una pallina di purea di fegato, 15 grammi di fegato d’agnello e 20 di carne dello stesso animale, un angolino di frittatina di brutt’aspetto, tutto decorato comme il faut, c’est vrai, ah la Belle France, mais on mange mieux chez nous! E comunque pazienza per la patetica e pretenziosa cucina visto che c’era un Una volta, racconta una collega, m’ha chiamato un marito nel mezzo della notte, la moglie è svenuta sul letto. Esco nella notte gelata, ghiaccio sulla strada, la 127 – ve le ricordate quelle macchinacce della Usl 104 con le gomme quasi sempre lisce ed il serbatoio invariabilmente vuoto alle due del mattino? – la 127 parte miracolosamente e mi trascina bene o male ad un palazzotto vecchio di periferia, terzo piano senza ascensore, entro nell’ingresso ed ho una visione tutta in rosa a fiorellini di carta da parati sterminata, l’attraverso e vengo introdotta nella camera: un boudoir! Pizzi, pizzi, pizzi, copriletto tutto una frappa, letto in ottone infiocchettato, poltroncine ricoperte in rosa e oro ed una variante di carta da parati rosa a fiorellini incombente, mentre le rose centifolie sommergono la finestra in un tripudio di controtende e mantovane. empo di Natale, cene degli auguri tra colleghi e tra amici, che per i medici è la stessa cosa, dai 18 anni in poi non riesci a frequentare altro che futuri colleghi prima e colleghi poi, con un qualche farmacista imboscato, e gli amici di infanzia per qualcuno che ancora vive nello stesso paese in cui è cresciuto. Sul letto vaporoso sta una donnina scialba, gemente, in deliquio, sospirosa ed affranta, vagamente e diffusamente dolente in ogni dove della minuta anatomia. La collega, dopo accurata visita e disamina, si ritira in tinello per compilare una ricetta di valium nobilitato da un nome esotico, accolta ancora da sorprendente variazione sul tema tappezzeria rosa a fiorellini/tende/controtende/cuscini. Ma la misera la richiama. Senza marito, please. Il marito espulso rimane nel nido rosato del tinello, mentre la collega si prepara ad accogliere scabrose confidenze nel boudoir. “E’ partito!, comunica la dolente, m’ha lasciata!” “Chi?” “E’ andato a Milano! Per sempre ha detto. Non lo vedrò mai più!” “...?...” “E non riesco a pensare ad altro, soffro, soffro, tutto me lo ricorda....” “Ma chi, chi?” “Il mio amante, il tappezziere.....” " I precedenti numeri di Liber (questo che state leggendo è il 12°) sono disponibili nell’area riservata del sito mensa.it. Nefeli Misuraca Nefeli Misuraca è nata a Roma il 16 giugno 1972. Si è laureata in Lettere all’Università La Sapienza di Roma. Ha conseguito un Ph. D. in Letteratura ed Arte all’Università di Yale, negli Stati Uniti. A Yale, ha inoltre insegnato Lingua, Letteratura e Arte taliana e ha lavorato in vari centri di ricerca universitari. È sceneggiatrice e montatrice cinematografica. È scrittrice in prosa e in poesia. E’ iscritta alla lista Accademia Alighieri e non è socia Mensa. Giuseppe Provenza Tesoriere del Mensa Italia e redattore di Liber, Giuseppe Provenza è nato a Catania il 29 settembre 1940. Laureato in Economia e Commercio, oggi pensionato e attivista di Amnesty International, è un appassionato di astronomia e poesia. Suoi passatempi preferiti la pesca, la vela e il canottaggio. Nel 1998 ha pubblicato sul periodico letterario L’APOSTROFO il suo racconto Parabola discendente, fra i vincitori del premio di narrativa indetto dal medesimo periodico. Il racconto è stato riproposto sulla newsletter di Accademia Alighieri, Il Convivio. Nel 1993 ha pubblicato la raccolta di versi dal titolo Sensazioni. Alberto Atti Segretario Regionale ed Assistente al Test nell’Emilia-Romagna, Alberto Atti è nato a Bologna l’11 giugno 1946. Socio Mensa dal 1988, è stato Segretario Nazionale e gestore della Boutique; attualmente è Coordinatore Sight. Per trentadue anni ha lavorato per la Telecom, e per dodici è stato contemporaneamente fotografo professionista. Per quindici anni ha allevato serpenti – non velenosi - e tartarughe. Per dieci anni, è stato anche Tesoriere dell’Associazione Culturale Italia Olanda Fiandre, con sede a Bologna. Dal 2002 ne è Vicepresidente. Da un anno è in pensione e passa l’inverno a Venezia e l’estate ai Lidi Ravennati. Attualmente è single. Per hobby ha scritto racconti, poesie e canzoni. Cecilia Deni Medico di famiglia con un migliaio di pazienti sparsi prevalentemente tra Lavino ed il Reno, Cecilia Deni è nata in Sardegna nel 1957. Cresciuta tra il Sarrabus ed il Campidano, ha frequentato a Cagliari il liceo classico ed il biennio di Medicina. Trasferitasi a Bologna, vi ha conseguito la laurea nel 1984, insieme ad una specializzazione in Medicina dello Sport, un’abilitazione in psicoterapia che però non utilizza, il biennio di formazione in Medicina Generale e un particolare genere di Master in comunicazione. Sposata a un bolognese, ha due figli, che definisce “i grandi amori della mia vita”. Si dichiara lettrice accanita, compulsiva, e molto istintiva: dalla narrativa di genere, soprattutto FS, a quella per ragazzi, saggistica, fumetti, classici, poesia, teatro, umoristica, di tutto un bel po’. Tranne il tedesco, ha imparato i fondamenti delle principali lingue europee – francese più che bene, poi inglese e spagnolo – e dice di aver viaggiato poco per cronica mancanza di denaro. Ama ascoltare musica, andare a teatro, fare lavori manuali, soprattutto ricamo e falegnameria; si definisce cuoca passabile ma appassionata. Eclettica come spesso molti Soci del Mensa, si interessa di cure palliative, tanatologia, bioetica. Infine, dice di sé: “Sono irrimediabilmente e piacevolmente golosa e grassa.” 7 liber spazio concorsi Da questo numero, Liber dà spazio ai concorsi letterari che Vorrete espressamente segnalare per la pubblicazione. Il Concorso letterario di cui si dà notizia in questo numero ci è stato segnalato dal socio Pierluigi Lenoci. Premio “Il Fiore” ~ Edizione 2005 Il fiore in ogni sua espressione Di seguito sono riportate solo alcune informazioni estratte del bando; si raccomanda pertanto la lettura del testo integrale (cfr recapiti oltre indicati). I l Comune di Chiesina Uzzanese (PT) bandisce la 24ª edizione del Premio Nazionale di Poesia “Il fiore” con tema “Il fiore in ogni sua espressione”. Al Premio ogni autore potrà concorrere con un massimo di tre poesie inedite, che non abbiano partecipato ad altri concorsi, in lingua italiana, chiaramente dattiloscritte. Le opere, redatte in sette copie e in forma anonima, dovranno pervenire in un plico raccomandato, alla segreteria del Premio, presso Associazione A.N.T.E.A.S. - casella postale n. 58 - ufficio postale di Chiesina Uzzanese, entro il 10 giugno 2005. Nella busta suddetta dovrà essere inserita anche una scheda contenente le indicazioni relative all’autore (nome e cognome, data e luogo di nascita, indirizzo completo di codice postale, recapito telefonico, brevi notizie bibliografiche). Nella stessa scheda i partecipanti dovranno sottoscrivere l’autorizzazione all’uso dei dati personali, ai sensi del Decreto Legislativo n. 196/ 2003, nonché l’attestazione con cui si dichiara che le opere presentate sono inedite e non hanno partecipato ad altri concorsi. Alla serata di premiazione interverranno Luciano Luisi (primo vincitore del premio) e il regista Carlo Lizzani che, se fosse impossibilitato ad intervenire, sarà sostituito da Mario Monicelli. Parteciperà anche Riccardo Moretti dal Conservatorio di Parma; presenterà Andrea Buscemi e interverranno due attori per leggere le poesie. 8 Memento - rivista del Mensa Italia - n. 2/2005 I Premi La Storia 1° classificato € 600 2° classificato € 300 3° classificato € 200 (ai primi tre classificati andranno anche una targa e ospitalità completa di un giorno per una persona); menzione speciale (e premio di € 200) all’opera di un poeta residente nella provincia di Pistoia; due riconoscimenti a poeti che si saranno particolarmente distinti. La premiazione avrà luogo a Chiesina Uzzanese il giorno 30.07.2005 alle ore 21.15, nella piazza centrale del paese. E’ prevista per l’edizione 2005 del Premio di Poesia “Il Fiore” la pubblicazione di un’antologia contenente le opere dei primi 30 autori classificati. A parziale copertura delle spese di organizzazione, è richiesto ad ogni autore, per la partecipazione al premio, un contributo di € 10 da versare mediante bollettino sul conto corrente postale n. 00120519, intestato al Comune di Chiesina Uzzanese - Servizio Tesoreria. La storia di Chiesina Uzzanese ci ricorda come questa terra sia stata sottratta al dominio delle acque e come, nel tempo, sia andata incontro a grandi trasformazioni fino a diventare quello che oggi possiamo vedere: una campagna fertile, produttiva che ogni estate offre uno spettacolo luminoso, pieno di colori e soprattutto dei colori dei fiori: rossi e viola, rosati e bianchi, azzurri e arancioni, colori che sembrano presentarsi quasi parlando con un volo preciso, un carattere, un significato. La Giuria I Vincitori delle precedenti edizioni Dino Carlesi, Dante Maffia, Gabriella Sica, Fabio Simonelli, Rossano Vittori Il Premio “Il Fiore” ha una storia importante anche per quanto riguarda la composizione della giuria esaminatrice tra cui: Silvio Gigli, Elio Filippo Accrocca, Giorgio Saviane, Nantas Salvalaggio, Giovanni Gigliozzi, Nilo Negri, Pierfrancesco Listri, Maria Vittoria Beneforti, Lalla Calderoni, Walter Meloni, William Tode, Manrico Testi, Lucia Montis, Isabella Rondina, Maurizio Cucchi, Vivian Lamarque, Antonio Riccardi, Sergio Talenti, Francesco Pira. Tra i vincitori de “Il Fiore” Aldo Fabrizi nel 1983, Dino Verde (1985), Mario Luzi (1989), Mario Tobino (1990), Dario Bellezza (1991), Arnoldo Foà (1992), Roberto Gervaso (1998), Adelio Rigamonti (2000), solo per citarne alcuni. Per richiedere il bando Il regolamento completo, il bando del concorso e i moduli di iscrizione sono disponibili presso la segreteria o sul sito dedicato al premio. Segreteria del Premio Piazza Vittorio Emanuele II, 2 51013 Chiesina Uzzanese (PT) tel. 339/7189884 dal Lunedì al Venerdì (ore 15-18) email: [email protected] Sito: www.premiodipoesiailfiore.it Forse furono proprio queste immagini, questi pensieri che suggerirono nell’estate del 1979 al Comune di Chiesina Uzzanese e all’Ente Provinciale del Turismo di Pistoia in collaborazione con Silvio Gigli della RAI di Firenze l’ideazione del Premio Nazionale di Poesia “Il Fiore”. L’iniziativa ha avuto successo fin dalle prime edizioni collocandosi tra i più prestigiosi premi letterari della penisola. “Un fiore”, di Aldo Fabrizi - 1983 Nun ce passavo sin dar primo amore: oggi è riarso e infetto de benzina, martire dell’incuria cittadina povero prato è morto senza un fiore. Me ne resi conto, con un gelo ar core, che a Roma pure l’aria t’assassina e da quell’accidente de mattina su la loggetta mia ce passo l’ore. S’era insecchita ... adesso è un giardinetto la notte odora e appena er cielo schiara pe’ custodillo zompo giù dal letto Quando se vive come un eremita specie a un’età che cià quarch’ora amara abbasta un fiore pe’ addorcì la vita "