Sui banchi di scuola: redigere e comporre in italiano e in francese Il
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Éducation et Sociétés Plurilingues n°28-juin 2010 Sui banchi di scuola: redigere e comporre in italiano e in francese Stefano CORNO Les exercices de rédaction diffèrent en France et en Italie par leurs méthodes: la dissertation, à laquelle travaillent les élèves français, est codifiée selon des critères bien précis, qui diffèrent de ceux que les élèves italiens vont suivre lorsqu’ils s’apprêtent à composer un tema. Ceci comporte une double difficulté pour les élèves et les étudiants italiens qui étudient en France (et vice versa). Outre l’écueil linguistique, ils doivent faire face à une nouvelle méthode, qui reflète une conception différente de rédaction dans les deux pays et une hiérarchie différente des valeurs: d’un côté (Italie), l’importance du sujet en soi, de l’autre (France), la force de la rhétorique et la capacité de débattre. Cette différence dans les méthodes et parfois dans les objectifs se remarque également dans l’enseignement des Lettres classiques dans les deux pays. L’auteur a essayé d’imaginer un intitulé de rédaction littéraire et de se mettre alternativement dans la peau d’un élève italien et d’un élève français pour essayer de montrer leur démarche différente. Written composition in France and Italy uses different methods: French students work on dissertations, which are codified along very strict criteria, quite different from those followed by Italian students as they get ready to compose their tema. This represents a double difficulty for Italian pupils and students studying in France (and vice versa). Aside from linguistic pitfalls, they have to befriend a new method that reflects a different conception of writing in the two countries and a different set of values: in Italy, the subject has an importance of its own; in France, what counts is the strength of the rhetoric and the argument. These differences are equally apparent when teaching the classics in both countries. The author has tried to imagine what an Italian and a French pupil experience as they confront a subject in classical literature, to try and show their different ways of approaching it. Il contenuto di quest’articolo non concerne direttamente il tema del bilinguismo, né del plurilinguismo, né esso si presenta come uno studio completo ed esaustivo su un tema linguistico ben definito. Raccoglie, invece, libere riflessioni che ho maturato nel corso di alcuni anni passati dapprima nella preparazione dei concorsi (CAPES externe e Agrégation externe) finalizzati all’assunzione nel corpo insegnante in Francia e in seguito all’insegnamento della lingua italiana nelle scuole secondarie e negli atenei francesi. La mia non è sicuramente un’esperienza eccezionale e la condivido con quanti si sono trovati a dover scrivere composizioni in una lingua straniera. È quanto accade, ad esempio, agli studenti Erasmus, che sempre più numerosi viaggiano alla scoperta dei sistemi d’insegnamento dei vari Paesi europei. Infatti la storia e la cultura di ogni Paese ha – com’è ovvio – condizionato il modo di esprimersi: oltre ad influenzare scelte lessicali e S. Corno, Sui banchi di scuola: redigere e comporre in italiano e in francese sintattiche, ciò si è tradotto anche nell’arte della retorica. Quest’ultima, che tanto peso aveva nell’Antichità e nel Medioevo, oggi sembra un’arte in disuso e la parola stessa richiama in italiano l’idea di qualcosa di noioso ed artefatto. In realtà la retorica ci permette di strutturare le idee nei nostri scritti, sicché se confrontiamo due redazioni (ad esempio di un francese e di un italiano) sullo stesso argomento, ci accorgeremo che le due composizioni presentano una struttura diversa e che (al di là dell’obiettiva competenza del soggetto scrivente) rispondono diversamente all’enunciato proposto. La prova di composizione per eccellenza in Francia è la “dissertazione”, strutturata secondo regole piuttosto rigide: si apre con un’introduzione che permette soprattutto di porre una problématique, alla quale l’autore cercherà di rispondere nel seguito della trattazione, generalmente secondo un sistema tripartito derivato dalla tradizione cartesiana (tesi, antitesi, sintesi) e si chiude con la conclusione, che tira le fila del ragionamento. In Italia gli studenti sono sottoposti al “tema”, che non ha di per sé una struttura fissa: parte da un’introduzione generale e si sviluppa in modo vario per rispondere al quesito posto nell’enunciato. In un tema lo studente italiano deve cercare di essere esauriente, di portare quante più prove a sostegno delle proprie idee con un linguaggio fluido ed appropriato e d’altra parte deve cercare una coerenza interna, evitando voli pindarici. In genere lo studente prepara una scaletta degli argomenti da affrontare. Così se proviamo a mettere a confronto uno studente italiano ed uno francese su uno stesso argomento, ritengo che il primo si porrà la domanda: che cosa scrivo?, e cercherà quante più idee, esempi e controesempi, mentre il secondo si chiederà piuttosto: come lo scrivo?, cercando per prima cosa di ordinare le idee in modo da formare gli assi principali del proprio ragionamento, se possibile in chiave dialettica (tesi, antitesi, sintesi). Come appare evidente, anche dato lo stesso enunciato, due elaborati redatti in questi modi daranno risultati decisamente diversi, frutto della loro diversa impostazione. Infatti da parte italiana avremo elaborati ricchi di dati, ma disomogenei e a volte imprevedibili. Un francese che legge un elaborato di questo tipo in genere reagisce dicendo: On ne voit pas où il veut en venir. In effetti il lettore francese ha l’abitudine di sapere già dall’introduzione quali saranno i contenuti generali che leggerà nelle pagine successive (pur senza conoscere nei dettagli l’esito finale del ragionamento). Questo è aberrante per un italiano che, invece, non annuncia niente in apertura di tema; anzi, 34 S. Corno, Sui banchi di scuola: redigere e comporre in italiano e in francese uno scritto brillante è proprio quello che, attraverso il ragionamento, permette al lettore di scoprire a poco a poco il punto di vista dell’autore sull’argomento in oggetto. Se vogliamo, il risultato è simile per entrambe, ma in una dissertazione è anticipato in parte nell’introduzione, mentre in un tema arriva più improvviso. D’altra parte, se un italiano legge una dissertazione, ne ricava spesso un sentimento di forzatura, perché sente che l’autore (soprattutto se si tratta di uno studente liceale o ai primi anni d’Università) cerca ad ogni costo di costruire un discorso opponendo due termini dell’enunciato e di disquisire su di essi. Questo sentimento di forzatura è sentito soprattutto in una dissertazione letteraria: infatti il metodo dissertativo nasce dal ragionamento filosofico e forse si adatta meno a redazioni di carattere letterario. Per dare un esempio concreto, uno studente all’ultimo anno di liceo, svolgerà normalmente una dissertazione di filosofia dal titolo È lecito dire bugie ai bambini? in tre parti strutturate nel modo seguente: 1) sì; 2) no; 3) né sì, né no, bisogna cercare una via di mezzo. (Ovviamente uno schema così grossolano è improponibile a livelli superiori al liceo). In questa sede non è mia intenzione dare giudizi di valore su questi due tipi di esercizio, né ritracciare la loro storia o i loro fondamenti filosoficoretorici. Mi sembra, però, interessante notare che essi sembrano essere il segno di una diversa gerarchia dei valori nell’insegnamento francese e in quello italiano. Nel primo si tende a dare maggiore importanza al metodo: non solo gli insegnanti sono più attenti a quest’aspetto, ma gli studenti stessi fanno particolarmente attenzione al cadre entro il quale si sviluppa il loro ragionamento. La dovizia di particolari che uno studente italiano inserisce nella propria redazione è spesso vista in sede istituzionale francese come un’incapacità di discernimento: lo studente vuole scrivere nel tema tutto quello che sa, senza fare cernite. Per quanto ciò sia un problema reale (che si osserva nella redazione di temi-fiume senza capo, né coda da parte di studenti italiani), la mia esperienza personale mi ha però insegnato che in Francia si tende a liquidare come mero nozionismo ogni particolare secondario che non serva alla discussione in oggetto. Un’insegnante di cui ho seguito le lezioni paragonava la composizione letteraria alle ossa di un dinosauro in un museo di scienze naturali: in un tema all’italiana vedremo le ossa sparse a terra (che quindi non danno l’idea di quale fosse la forma del grosso rettile), mentre una dissertazione ha l’ambizione di ricostruirne l’ossatura, lo scheletro. Vorrei controbattere dicendo che, per contro, in alcune dissertazioni, per mancanza di dettagli, rischiamo di vedere solo due o tre ossa che, anche se posizionate al posto giusto, non daranno l’idea della struttura ossea del dinosauro. 35 S. Corno, Sui banchi di scuola: redigere e comporre in italiano e in francese Giunto a questo punto proverò a sviluppare a grandi linee una traccia di argomento letterario in due modi, cercando di mettermi alternativamente nei panni di uno studente in Italia e di uno studente in Francia. Parlo di Italia e Francia e non di studente italiano o francese, perché il tipo di composizione non dipende dalla cittadinanza, ma dal Paese in cui si compone, per cui ovviamente un Italiano che abbia seguito in Francia tutto il suo cursus scolastico non avrà problemi a ragionare secondo i termini richiesti da una dissertazione e viceversa.Si tratta di un tentativo a cui mi sottopongo senza pretesa di esaustività e con uno spirito più da maturando che da correttore. Ho scelto un enunciato su Dante: Quale peso ha avuto la passione per la politica fiorentina all’interno dell’opera letteraria di Dante? È possibile immaginare un Dante poeta senza un Dante cittadino? (Per esigenze di sintesi e dal momento che non è posta qui la questione di dibattere sul pensiero dantesco, in entrambi i casi sintetizzerò un tipo di introduzione e di svolgimento, al fine di mostrare come tenderanno ad operare gli studenti nelle due situazioni). Tema Lo studente comincerà la trattazione con una frase introduttiva che presenti la struttura politica di Firenze ai tempi di Dante e confermi l’importanza dell’impegno politico per lo scrittore, per esempio: “Nel Duecento Firenze era un Comune. Scacciati i nobili, la città era divisa in varie consorterie e, per quanto fosse indipendente, si riconoscevano al suo interno i partiti dei guelfi e dei ghibellini. All’interno del partito guelfo, a sua volta diviso in due fazioni, militava anche il poeta Dante Alighieri, che ricoprì importanti cariche comunali prima di essere costretto all’esilio in seguito alla disfatta, nel 1302, della parte bianca, a cui aderiva.” Svilupperà in seguito dapprima un discorso sulle peregrinazioni di città in città, durante le quali il poeta scrisse la Commedia, poi passerà ad evidenziare lo stretto legame che unisce alcuni personaggi descritti nel poema e che profetizzano il suo esilio e la sua vicenda biografica (Ciacco, Farinata degli Uberti, Sordello, Cacciaguida per citarne solo alcuni). Il candidato dovrà fare attenzione a non elencare semplicemente i personaggi, ma a scegliere quelli più significativi, citando, anche ad sensum, qualche passo del testo. Un altro elemento che segna l’importanza dell’esperienza politica per Dante è il trattato, scritto anch’esso durante l’esilio, De Monarchia, nel 36 S. Corno, Sui banchi di scuola: redigere e comporre in italiano e in francese quale sviluppa un proprio progetto politico: anche ad esso (e alla figura di Arrigo VIII) è bene concedere qualche paragrafo. Dopo aver passato in rassegna i vari motivi per cui la politica costituisce un elemento determinante dell’opera dantesca, il candidato concluderà dicendo che, per quanto mostrato sopra, il Dante poeta non è opposto al Dante cittadino, ma anzi i due personaggi convivono, si rafforzano e il cittadino contribuisce a dare un’immagine a tutto tondo del poeta. In un tema di questo tipo lo studente in genere non cercherà di sminuire l’importanza della politica per Dante (come invece tenderà a fare l’autore di una dissertazione, cfr. infra), aggiungendo al limite semplicemente che l’ardore politico a volte si mostra in contraddizione con l’iter mentis ad Deum che il poeta compie nella Commedia al fine di purificarsi dalle disposizioni peccaminose della sua vita terrena. Dissertazione Lo studente comincerà con un’introduzione assai simile a quella presentata qui sopra, ma più ricca e completa: “Nel Duecento Firenze era un Comune. Scacciati i nobili, la città era divisa in varie consorterie e, per quanto fosse indipendente, si riconoscevano al suo interno i partiti dei guelfi e dei ghibellini. All’interno del partito guelfo, a sua volta diviso in due fazioni, militava anche il poeta Dante Alighieri, che ricoprì importanti cariche comunali prima di essere costretto all’esilio in seguito alla disfatta, nel 1302, della parte bianca, a cui aderiva. “In effetti possiamo dire che per Dante la politica fiorentina fosse una vera e propria passione, nel doppio senso di “occupazione privilegiata” e di “sofferenza”. Essa ha influenzato la sua opera letteraria al punto che possiamo chiederci in quale misura questa passione abbia determinato temi e modi della produzione letteraria dantesca.” Per rispondere a questo quesito, vedremo in primo luogo come la politica sia stata per Dante uno stimolo continuo e centrale nella sua produzione. In un secondo tempo analizzeremo come, soprattutto nella produzione poetica, egli cerchi in realtà di ridurre l’influsso che la politica, come altri temi prettamente terreni, esercita sulla sua produzione. Per finire, inquadreremo come questo combattimento fra pulsioni terrene e esigenze spirituali si risolve sull’opera dell’autore. Come si può notare, l’introduzione riprende e discute una parola chiave dell’enunciato, la parola passione, chiarendone il senso grazie all’etimologia (qui il doppio senso di passione, quello corrente di 37 S. Corno, Sui banchi di scuola: redigere e comporre in italiano e in francese “occupazione privilegiata” e quello etimologico di “sofferenza”, < latino patior, ‘soffrire’). In realtà si attende un’analisi linguistica di questo tipo da studenti a un livello di educazione superiore, a candidati all’Agrégation, non certo da studenti liceali, che per giunta, a differenza di quanto accade in Italia, non hanno normalmente alcuna nozione di greco o di latino e si trovano quindi nella conseguente incapacità di formulare analisi etimologiche. Quest’analisi permette all’autore di porre la problematica centrale attorno alla quale ruota tutta la sua composizione (‘possiamo chiederci in quale misura questa passione abbia determinato temi e modi della produzione letteraria dantesca’). Infatti l’autore si propone di rispondere alla problematica posta e normalmente si consiglia uno schema o, se vogliamo, una “scaletta” (in francese, un plan) in tre parti. Nello svolgimento da me proposto, abbiamo lo sviluppo che segue: 1) la politica ha un ruolo centrale nella produzione letteraria dantesca (tesi); 2) in realtà Dante cerca di liberarsi dai condizionamenti terreni per essere più libero nel proprio iter mentis ad Deum (antitesi); 3) bisogna distinguere fra trattatistica, in cui Dante appare come un professionista della politica (cfr. De Monarchia) e la poesia, dove Dante cittadino ha comunque un ruolo importante (sintesi). Seguirà una conclusione, che potrebbe focalizzare sul fatto che [...] nell’opera poetica, che costituisce la parte per cui lo scrittore è principalmente ricordato e considerato fra i Padri della Letteratura italiana, Dante cittadino non viene a coincidere con Dante poeta, ma costituisce solo un aspetto della sua personalità. Per quanto il poeta cerchi di liberarsi dalle pulsioni che lo legano all’agire terreno, sentiamo costantemente come egli non riesca a staccarsi completamente dall’azione politica e dal desiderio di partecipare direttamente alle sorti della sua città: quest’aspetto sottolinea l’umanità del personaggio e del poeta [...] Se mettiamo a confronto le due redazioni, vediamo che la dissertazione alla francese pone una maggiore attenzione alla scelta dell’argomento: è necessario canalizzare le idee, scegliere un argomento da discutere nei suoi aspetti positivi e negativi e pervenire ad una conclusione, in qualche sorta ad un risultato finale. Nel tema all’italiana, invece, la scelta degli argomenti è più libera e più vasta; esiste effettivamente il rischio di fare un fuori tema se non si canalizzano correttamente le idee. 38 S. Corno, Sui banchi di scuola: redigere e comporre in italiano e in francese Vedo, però, un’altra grande differenza: la finalità della composizione italiana è quella di presentare l’opera di Dante. Per valutare l’importanza della politica all’interno dell’opera dantesca, occorrerà fare riferimenti a tutta l’opera, inquadrare il tema della politica nell’ambito più vasto dell’opera nel suo complesso. Nel caso della dissertazione, quello che viene richiesto è essenzialmente di dibattere su un’affermazione riguardante il tema della politica. I riferimenti esterni devono essere correttamente dosati e comunque sporadici. Detto in altri termini, più che un discorso sul tema della politica in Dante, una dissertazione richiede un giudizio su un enunciato che riguarda il tema della politica in Dante. La differenza può sembrare minima, la distinzione capziosa, ma i risultati dei due elaborati, come possiamo vedere sopra, partiranno e si svilupperano da angolazioni diverse. Del resto, altre differenze nelle tecniche d’insegnamento sono apprezzabili nelle lingue classiche. Bisogna premettere che l’insegnamento del greco e del latino in Francia è sempre meno diffuso, con un conseguente abbassamento del livello di cultura umanistica e generale, che tocca livelli più che preoccupanti. Se però seguiamo un corso di latino in Francia e uno in Italia, noteremo che l’obiettivo della traduzione latino-francese è sempre la resa in un francese corretto ed elegante, mentre in Italia l’accento è posto sulla comprensione del fenomeno grammaticale soggiacente. Ad esempio, se prendiamo la frase: Caesari tres fratres sunt che presenta un dativo di possesso, l’insegnante pretenderà la traduzione: César a trois frères. Invece l’insegnante italiano che si rivolga ad un pubblico di debuttanti tenderà a sottolineare che la traduzione letterale è: a Cesare sono tre fratelli, che equivale alla frase più corretta in italiano: Cesare ha tre fratelli. Quest’atteggiamento è all’origine del versionese, ovvero di quell’italiano pesante e sgrammaticato che viene richiesto dagli insegnanti ginnasiali e liceali per verificare che le strutture sintattiche della lingua classica in oggetto (greco o latino) siano state ben capite. Spesso si chiede all’alunno di tradurre letteralmente e di aggiungere eventualmente fra parentesi una traduzione più libera. (Ovviamente questo procedimento non riguarda tutte 39 S. Corno, Sui banchi di scuola: redigere e comporre in italiano e in francese le strutture sintattiche; il dativo di possesso, ad esempio, mostrato nella frase qui sopra, è considerato come acquisito fin dai primi mesi di studio della lingua latina). È possibile moltiplicare all’infinito esempi di questo tipo, in particolare nello studio di lingue antiche. Alcuni anni di lavoro nell’ambito dello studio del sanscrito mi hanno mostrato come questa lingua avesse una predilezione per costruzioni passive ed impersonali. Anche in ambito universitario l’abitudine invalsa era di giustificare la traduzioni di frasi, anche semplici (es: Parlai in questo modo) in forma letterale, per quanto il risultato potesse essere estremamente pesante (In questo modo fu parlato da me), al fine di spiegare e giustificare la struttura morfologica e sintattica della frase. La traduzione in un italiano corretto e più fluido arrivava solo dopo quest’analisi puntigliosa, ma necessaria per pervenire ad una buona padronanza della grammatica della lingua in questione. Quest’esempio dimostra che l’insegnamento italiano pone in primo piano la conoscenza filologico-grammaticale della lingua di partenza, mentre l’insegnamento francese ha come obiettivo la resa finale e quindi direi, ancora una volta, l’aspetto retorico del procedimento di traduzione. 40