23/03/2002 - 5° - trascrizione - Opera Omnia di Giacomo B. Contri

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23/03/2002 - 5° - trascrizione - Opera Omnia di Giacomo B. Contri
«COMMEDIE» DEL PENSIERO
23 MARZO 2002
5° LEZIONE
Personaggi s-pensierati
o la decapitazione della civiltà
L’Anticristo e LA mALedizione deL cristiAnesimo secondo
Nietzsche
GIACOMO B. CONTRI
Dico subito che non mi sono messo d’accordo con Maria Delia Contri e con Alberto Colombo, ma
tant’è, potrebbe sembrare.
A mio parere serve sapere, senza fare gli intelligentini che non conviene mai, che nella pietra scartata
che è quella, la pietra scartata dalla spensieratezza — il pensiero della spensieratezza è quello — è bene
sapere che nella pietra scartata così come l’abbiamo scritta, esisteva già e coscientemente, quasi
dichiaratamente — io a volte alcune dichiarazioni le lascerei andare soltanto perché alcune volte provo il
desiderio di provare a essere un po’ più spicci, un po’ più solleciti nei movimenti, provare a guadagnare il
tempo, a riscattare il tempo — in quella formula era già abbastanza esplicitamente dichiarato un importante
riferimento a Nietzsche e alcuni che c’erano allorché era in Cattolica che ci riunivamo, alcuni ricorderanno
che ciò che sto dicendo era anche stato scritto alla lavagna. Intendo dire che in quell’epoca, in quegli anni
avevo letto il Nietzsche di Heidegger e da alcune pagine ero stato aiutato appunto nel perfezionamento di
questa nostra formula; in quelle pagine in cui Heidegger chiarisce che la volontà di potenza di Nietzsche è la
condensazione, la coincidenza, l’unione di volere e potere in un medesimo individuo. Ossia, fuori da ogni
rapporto.
Io ricordo che nella nostra formula con la freccia  e la freccia  avevo scritto «potere» sotto e
«volere» sopra. Ossia, che volere e potere — buona cosa il poter potere, buona cosa il poter volere — non
c’è poter potere, né poter volere, né poter potere nella volontà di potenza, che c’è il poter potere, il poter
volere allorché si tratta dell’ennesimo caso di divisione del lavoro.
Nel suo atto il soggetto mette un altro in condizione di potere e un altro mette il primo in condizione di
volere.
Avevamo già risposto: utilizzato Nietzsche, utilizzato Heidegger, e passati un po’ oltre con una certa
sollecitudine.
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Testo non rivisto dall’Autore
CORSO DI STUDIUM ENCICLOPEDIA 2001-2002
UNA IDEA SEMPLICE. LA PIETRA SCARTATA. IL PENSIERO
Mi era già capitato di dire della condensazione in un medesimo individuo di potere e volere: basta
questa premessa per sia clinicamente, osservativamente, sia inferenzialmente scoprire cos’è l’impotenza.
Parlo proprio dell’impotenza: l’impotenza intellettuale, non riuscire neanche a leggere un libro, l’impotenza
sessuale… Unite il potere e volere in un medesimo individuo e avrete i fenomeni clinici dell’impotenza.
Mi era già capitato di osservare che un individuo abbastanza sano, ossia con quella specie di
razionalità, acquisita o riconquistata, che designiamo anche con la parola salute, anche un miscredente
reciterebbe il Padre nostro come preghiera del mattino, unito alla celebre Gazzetta, si diceva un tempo, non
la Gazzetta dello sport.
Ora — e non abbandono il seminato — vi faccio vedere dove nel Padre nostro c’è il volere e il
potere, quelli stessi di cui stiamo parlando.
«Venga il tuo regno» seguito da «sia fatta la tua volontà». Che cosa è stato fatto nel corso dei tempi?
Io ho riscontrato ciò in tutta la mia esperienza pluridecennale. Provate a pensare alla vostra cognizione del
Padre nostro. «Venga il tuo regno»: potere di Dio; «sia fatta la tua volontà»: volere di Dio. Ci risiamo alla
condensazione di volere e potere in una stessa persona. Dio stesso sarebbe il primo degli impotenti. Per di
più a ciò è stata data anche un’articolazione ulteriore: «Venga il tuo regno», disegno generale, «sia fatta la
tua volontà», la volontà individuale di Dio su me come individuo. Mani e piedi legati, non solo in Dio ma
anche in me. Impotenza universale.
Provate, fate l’esercitazione, la meditazione personale di scrivere sulla freccia in basso «Venga il tuo
regno» e sulla freccia in alto «Sia fatta la tua volontà»: le conseguenze sono notevoli e decisamente
rallegranti. E se dico questo è perché il Padre nostro che altro è se non il pensiero di Cristo? E il pensiero di
Cristo è «venga il tuo regno» nella freccia sotto, «Sia fatta la tua volontà nella freccia sopra».
Detto non solo a Dio, ma a qualsiasi individuo con cui io abbia o desideri avere rapporto, o con cui
desideri statuire rapporto.
Ma in fondo — accenno appena su come andrei avanti a sviluppare — pensiero significa che non c’è
bruto. Che il bruto, che l’animale, «Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza»,
pensiero significa che non c’è bruto né mai c’è stato.
Allattandomi mia madre mi ha… non presuppone alcun, neppure per un istante di bruto.
Allattandomi… significa che l’immediata conseguenza è l’inizio del pensiero di natura. Non c’è il passaggio
per un momento animale.
Il libro Aldilà che abbiamo fatto dice che non c’è un istante solo di passaggio per il momento
animale. Che non esiste il bisogno allo stato puro, etc. Avevamo veramente bisogno dell’anoressia per
scoprire queste cose. O dell’autismo infantile precocissimo a tre o quattro mesi. Ed è del tutto palese. Basta
guardare un bambino autistico per sapere che non esiste bruto. Esiste un aldilà: nel bambino autistico
precocissimo esiste un aldilà disastroso, ma un aldilà. Ancora ancora il bambino sano potrebbe far pensare
che c’è un momento di bruto, di animale; ma il bambino autistico neanche per sogno. È una catastrofe, ma
integralmente umana.
Che infelicità doversi accorgere, insita nel fatto che ci si accorge di queste elementari verità, che non
esiste bruto, ci risultano più facilmente intelligibili attraverso la patologia anziché attraverso la salute.
Ma la parola bruto, animale, in fin dei conti ancora ancora è di comodo.
Guardate che quello che ha perfezionato il presupposto dell’animale — come dicevamo l’amore
presupposto, l’animale presupposto: siamo sempre nel presupposto — è soltanto per dare copertura a un’altra
cosa, a un altro dualismo. Alberto Colombo ci ha parlato della serie dei dualismi. C’è un altro dualismo che
è quello che ci infama da tutta la storia del nichilismo, nel senso che abbiamo sentito illustrarci. Ed è il
dualismo psicologia-filosofia. Il pensiero di natura grazie a Freud per primo è l’abbattimento di questo divide
et impera. Fine del dualismo filosofia-psicologia, ma c’è un solo pensiero che è capace di discutere di
Nietzsche, di Kant, di Heidegger, di Gesù Cristo e al tempo stesso di curare e conoscere cos’è un sintomo.
In fondo il bruto significa soltanto una giustificazione della separazione tra filosofia e psicologia. A
mio parere, il massimo dei dualismi.
Ma tenevo al punto di prima del Padre nostro, fosse stata l’unica cosa che ho detto adesso. La
reinterpretazione del pensiero di Cristo diciamo nichilista.
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Adesso non c’è il tempo per fare un’articolazione fra il concetto di nichilismo e quello di volontà di
potenza, ma mi pare abbastanza chiaro, risultare chiarezza da questa collocazione ben diversa di volere e
potere secondo rapporto.
Io dico che bruto è la più filosofica delle parole. Non è una constatazione empirica. Non è mai
esistito l’animale nell’uomo. In questo un poco Aristotele si era avvicinato e il buon S. Tommaso aveva
lievemente perfezionato… Senza nessuna conseguenza, eh? È rimasto tutto come prima.
Finisco con una osservazione sulla duplicità della pietra scartata. Si tratta sempre del pensiero di
natura in quanto quel pensiero che la fa finita con la divisione, anche disciplinare, fra filosofia e psicologia,
che è la massima operazione che Kant abbia compiuto e perfezionato fino all’ultimo, per arrivare a quella
che io chiamo «la fanatica» kantiana. Kant usa per se stesso una parola più pulita: usa la parola «ascetica».
Se si va a vedere è una fanatica. Ricordo quando avevamo valorizzato in questa sede quell’articolo di
Tagliabue che diceva che alla fin fine Kant può cercare di demarcarsi da Swedenborg quanto vuole, ma alla
fin fine sta dalla stessa parte.
C’è una duplicità di pietra scartata: è sempre il pensiero di natura, ma idem è la psicopatologia. Fa
parte della pietra scartata. Do una definizione di psicopatologia: è un pensiero che si nega per affermarsi
come teoria. Si nega come pensiero per affermarsi come teoria. E la psicopatologia è quella conoscenza
senza la quale non c’è neanche conoscenza.
È stato questo uno dei nostri contributi di tutti questi anni. Ma constatiamo che la psicopatologia è e
resta e diventa sempre di più la pietra scartata dallo stato attuale della conoscenza e della teoria della
conoscenza.
Certo che è abbastanza grossa… Ma voi ditemi se conoscete una sola morale, proprio le morali che
dicono cosa si fa e cosa non si fa, una sola morale che non sia assertrice dei due classici istinti inesistenti:
l’istinto di conservazione individuale e l’istinto di conservazione della specie, o istinto sessuale, o sessualità
che dir si voglia. Non ce n’è una di morale… Il che significa che tutte le morali, anche le più sante, devono
partire da una bugia sulla costituzione umana.
© Studium Cartello – 2007
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