René Char, Antologia poetica - La dimora del tempo sospeso

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René Char, Antologia poetica - La dimora del tempo sospeso
René Char
Antologia poetica
1
Giorgio Caproni
Tradurre René Char
“Perché ho tradotto, o cercato di tradurre nonostante i rischi, René Char? Quale
simpatia irresistibile mi ha spinto al tentativo – il più delle volte disperato, almeno per i
miei mezzi – d’un’imitazione italiana? Dico imitazione perché mi rendo conto che una
restituzione perfetta rimane sempre, quando si tratta di poesia traslata, una chimera, non
fosse che per l’inevitabile usura che le parole, come le monete, subiscono attraverso il
cambio.
Perché, dunque?
Sapessi rispondere, saprei definire la poesia di Char: che fra tutte le “poesie” da me
lette ed amate in questi ultimi anni, è la più lontana dall’ “idea di poesia” che ciascuno di
noi (per tradizione, per educazione, per abitudine) possiede, e la più stretta al cuore della
poesia stessa, dove la letteratura o la poesia-che-si-sapeva-già non porgono più alcun
soccorso al lettore, e questi, coinvolto da capo a piedi in quei bouts d’existence
incorruptibles che sono i poèmes, rimane perfettamente solo a sentirsi investito d’un potere
– d’interiore libertà: d’uno slancio vitale e d’un coraggio morale – che per un istante egli
crede di ricevere femminilmente dall’esterno, mentre poi s’accorge che tale ricchezza era
già in lui, sonnecchiante ma presente, come se il poeta altro non avesse fatto
che risvegliarla, non inventando ma scoprendo; e quindi suscitando un moto, più che
d’ammirazione, di gratitudine. Ho sottolineato i tre vocaboli non per ammiccare, ma
perché possono essere, penso, tre piccoli sesamo, offerti dallo stesso Char.
Quand on a mission d’éveiller – scrive in uno dei suoi lampeggianti aforismi, – on commence
par faire sa toilette dans la rivière. [Quando la nostra missione è quella di svegliare, si
comincia col lavare se stessi nel fiume.]
E altrove:
Celui qui invente, au contraire de celui qui découvre, n’ajoute aux choses, n’apporte aux êtres que des
masques, des entre-deux, une bouillie de fer. [Colui che inventa, diversamente da colui che
scopre, non aggiunge alle cose, non apporta agli esseri che delle maschere, sentieri a
metà, un boccone di ferro.]
Ma ancora:
La poésie est à la fois parole et provocation silencieuse, désesperée, de notre être-exigeant pour la
venue d’une réalité qui sera sans concorrente. Imputrescibile celle là. Impérissable, non; car elle court les
dangers de tous. Mais la seule qui visiblement triomphe de la mort matérielle. Telle est la Beauté
apparue dès les premiers temps de notre coeur, tantôt dérisoirement conscient, tantôt lumineusement
averti. [ La poesia è, di volta in volta, parola e provocazione silenziosa, disperata, del
nostro desiderare una realtà che non teme eguali. Immarcescibile. Imperitura, no; perché
corre i rischi di tutti. Ma la sola che visibilmente trionfa della morte materiale. Tale la
Bellezza: apparsa fin dai primi tempi del nostro cuore, ora risibilmente cosciente, ora
luminosamente attento.]
E infine:
La poésie me volera ma mort. [La poesia mi ruberà la mia morte]
E’ appunto per questa ritrovata missione del poeta come suscitatore di vita (quindi di
rivolta ininterrotta: non tramite la concione in versi, secondo la più banale formula
2
dell’engagement, ma tramite la vita stessa) che nell’angustiato e depresso mondo del
dopoguerra René Char – la cui opera, non esitò a scrivere Albert Camus, è quanto di più
sorprendente ci abbia dato la poesia francese dopo le Illuminations e gli Alcools – è forse
l’unica voce costruttiva, e vorrei dire, in senso proprio, edificante, nel cuore del generale
sfacelo. E’ la voce viva e quasi magica, nourriture semblable à l’anche d’un hautbois [nutrimento simile all’ancia di un oboe], d’un datore di speranza: d’un fautore
acerrimo di libertà, nel più vasto e limpido senso laico. E nel più umano. D’un
umanesimo che pianta le radici nello stesso suolo d’origine del poeta (L’Isle-sur-laSorgue, Valchiusa, circondario d’Avignone, dove Char è nato nel 1907) e che trae la sua
maggior forza di vivo alimento proprio dalla catastrofe della guerra e dall’oppressione
nazista, duramente sofferta e ormai sfondo morale del poeta, più d’ogni altro fratello dei
suoi fratelli nel cristallo del proprio amore infinito. Sfondo, insieme con quello della
lucente bellezza della terra (Char ha saputo ben fare sa toilette dans la rivière: e ogni sua
parola è un essere vivente, uomo o albero o fiume o trota o allodola che sia), che
nemmeno nelle poesie più schiettamente amorose verrà meno, sempre espresse con un
tal sentimento etico della parola da trovare pochi termini di confronto”.
(La nota è tratta da, René Char, Poesia e prosa, cura e traduzione di Giorgio Caproni,
Milano, Feltrinelli, “Biblioteca di Letteratura”, 1962. Il libro riproduce integralmente
l’edizione Poèmes et prose choisis [Poesie e prose scelte], Paris, Gallimard, 1957, con in più la
versione completa della sezione Feuillets d’Hypnos [Fogli d’Hypnos], dal volume Fureur et
Mystère [Furore e mistero], Paris, Gallimard, 1948, tradotta da Vittorio Sereni).
3
Antologia poetica
[Traduzioni di Francesco Marotta]
4
Da Feuillets d’Hypnos
[Fogli d’Hypnos]
(1943 – 1944)
5
5
Nous n’appartenons à personne sinon au point d’or
de cette lampe inconnue de nous, inaccessible à nous qui
tient éveillés le courage et le silence.
Non apparteniamo a nessuno, se non al lampo
di quella lampada ignota, inaccessibile,
che tiene svegli il coraggio e il silenzio.
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16
L’intelligence avec l’ange, notre primordial souci.
(Ange, ce qui, à l’intérieur de l’homme, tient à l’écart
du compromis religieux, la parole du plus haut silence,
la signification qui ne s’évalue pas. Accordeur de poumons qui dore le grappes vitaminées de l’impossible.
Connaît le sang, ignore le céleste. Ange: la bougie qui
se penche au nord du coeur.)
L’intelligenza con l’angelo – nostro primordiale pensiero.
(Angelo: ciò che nel profondo dell’uomo
tiene a distanza dal compromesso religioso,
parola del più alto silenzio, di un senso
inestimabile. Accordatore di respiri che indora
i grappoli vitali dell’impossibile.
Conosce il sangue, ignora il cielo.
Angelo: il lume
che si protende verso il nord del cuore.)
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39
Nous sommes écartelés entre l’avidité de connaître
et le désespoir d’avoir connu. L’aiguillon ne renonce pas
à sa cuisson et nous à notre espoir.
Siamo divisi tra la brama di conoscere
e la disperazione di aver conosciuto.
La spina non rinuncia al suo morso,
noi alla nostra speranza.
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83
Le poète, conservateur des infinis visages du vivant.
Il poeta,
custode degli infiniti volti di tutto ciò che vive.
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86
Les plus pures récoltes sont semées dans un sol qui
n’existe pas. Elles éliminent la gratitude et ne doivent
qu’au printemps.
I raccolti più puri hanno radici in un suolo
che non esiste. Eliminata la gratitudine,
sono debitori solo con la primavera.
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111
La lumière a été chassée de nos yeux. Elle est enfouie
quelque part dans nos os. A notre tour nous la chassons
pour lui restituer sa couronne.
Bandita dai nostri occhi, la luce si è nascosta
da qualche parte nelle nostre ossa. La cacciamo
a nostra volta, per restituirle la corona.
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Nous sommes pareils à ces crapauds qui dans l’austère
nuit des marais s’appellent et ne se voient pas, ployant
à leur cri d’amour toute la fatalité de l’univers.
Somigliamo a quei rospi che nell’austera
notte delle paludi si chiamano e non si vedono,
piegando al loro grido d’amore
tutta la fatalità dell’universo.
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165
Le fruit est aveugle. C’est l’arbre qui voit.
Il frutto è cieco.
Solo l’albero ha occhi.
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203
J’ai vécu aujourd’hui la minute du pouvoir et de
l’invulnérabilité absolus. J’étais une ruche qui
s’envolait aux sources de l’altitude avec tout
son miel et toutes ses abeilles.
Oggi ho vissuto l’istante della potenza
e dell’invulnerabilità assolute.
Ero un alveare che migrava
verso le sorgenti del cielo
con tutto il suo miele e tutte le sue api.
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221
La carte du soir.
Une fois de plus l’an nouveau mélange nos yeux.
De hautes herbes veillent qui n’ont d’amour qu’avec
le feu et la prison mordue.
Après seront les cendres du vainqueur
Et le conte du mal;
Seront les cendres de l’amour;
L’églantier au glas survivant;
Seront tes cendres,
Celles imaginaries de ta vie immobile sur son cône
d’ombre.
La carta della sera.
Una volta ancora l’anno nuovo ci confonde gli occhi.
La veglia è di alte erbe che non hanno amore
se non col fuoco e la prigione che mordono.
Poi saranno le ceneri del vincitore
e il racconto del male.
Saranno le ceneri dell’amore.
La rosa selvatica
che sopravvive a presagi di morte.
Saranno le ceneri,
immaginarie, di te, della tua vita immobile
sul suo cono d’ombra.
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237
Dans nos ténèbres, il n’y a pas une place pour la
Beauté. Toute place est pour la Beauté.
Non c’è spazio, nelle nostre tenebre, per la Bellezza.
Tutto lo spazio è per la Bellezza.
16
La rose de chêne
Chacune des lettres qui compose ton nom, ô Beauté, au
tableau d’honneur des supplices, épouse la plane simplicité du
soleil, s’inscrit dans la phrase géante qui barre le ciel, et s’associe
à l’homme acharné à tromper son destin avec son contraire
indomptable: l’espérance.
La rosa di quercia
Ognuna delle lettere che compongono il tuo nome, Bellezza,
nel posto d’onore dei supplizi, sposa la distesa semplicità
del sole, s’iscrive nella frase immensa che copre il cielo,
e si accompagna all’uomo impegnato a ingannare il destino
col suo opposto indomabile: la speranza.
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Da À une sérénité crispée
[A una serenità contratta]
(1952)
18
Les actions du poète ne sont que la consequence des
énigmes de la poésie.
Le azioni del poeta non sono che la conseguenza
degli enigmi della poesia.
19
Le poète se remarque à la quantité de pages insignifiantes qu’il n’écrit pas. Il a toutes les rues de la vie
oublieuse pour distribuer ses moyennes aumônes et
cracher le petit sang dont il ne meurt pas.
Il poeta si distingue per il numero di pagine
insignificanti che non scrive.
Egli possiede tutte le strade
della vita smemorata, per distribuire
le sue povere elemosine
e sputare quel poco di sangue
che non lo farà morire.
20
Les yeux clos et dans l’effort de m’endormir, je vois
luire au fond de mes paupières une braise qui est l’âme
obstinée, l’épave clignotante du naufrage glorieux de ma
journée.
A occhi chiusi e nello sforzo di prendere sonno,
vedo brillare, sul fondo delle mie palpebre,
una brace: è l’anima ostinata,
il relitto lampeggiante
del naufragio glorioso del mio giorno.
21
J’aime l’homme incertain de ses fins comme l’est, en
avril, l’arbre fruitier.
Amo l’uomo incerto dei suoi fini.
Come lo è, in aprile, l’albero da frutto.
22
Cet instant où la Beauté, après s’être longtemps fait
attendre, surgit des choses communes, traverse notre
champ radieux, lie tout ce qui peut être lié, allume tout
ce qui doit être allumé de notre grebe de ténèbres.
Proprio l’istante in cui la bellezza,
dopo essersi fatta lungamente attendere,
sorge dalle cose consuete,
attraversa il nostro campo rigoglioso,
lega tutto ciò che può essere legato,
illumina tutto ciò che deve essere illuminato
del nostro retaggio di tenebre.
23
Mais qui rétablira autour de nous cette immensité,
cette densité réellement faites pour nous, et qui, de toutes
parts, non divinement, nous baignaient?
Chi ripristinerà intorno a noi quell’immensità,
quella densità realmente nate per noi, e che, da ogni parte,
umanamente ci lambiscono?
24
J’ai cherché dans mon encre ce qui ne pouvait être
quêté: la tache pure au-delà de l’écriture souillée.
Ho cercato nel mio inchiostro
ciò che non poteva essere chiesto:
la macchia di purezza
al di là della scrittura insozzata.
25
Dans le tissu du poème doit se retrouver un nombre
égal de tunnels dérobés, de chambres d’harmonie, en
même temps que d’éléments futurs, de havres au soleil,
de pistes captieuses et d’existants s’entr’appelant. Le
poète est le passeur de tout cela qui forme un ordre. Et
un ordre insurgé.
E’ nel tessuto del poema che bisogna ritrovare,
in egual numero, gallerie nascoste, stanze armoniche,
e, nello stesso tempo, lembi di futuro, portici al sole,
sentieri insidiosi ed esistenze che si riconoscono alla voce.
Il poeta è il traghettatore di tutto ciò che plasma un ordine.
Un ordine insorto.
26
Da Le rempart de brindilles
[Il bastione di fuscelli]
(1953)
27
Le dessein de la poésie étant de nous rendre souverains
en nous impersonnalisant, nous touchons, grâce au
poème, à la plénitude de ce qui n’était qu’esquissé ou
déformé par les vantardises de l’individu.
Les poèmes sont des bouts d’existence incorruptibles
que nous lançons à la gueule répugnante de la mort,
mais assez haut pou que, ricochant sur elle, ils tombent
dans le monde nominateur de l’unité.
Se il fine della poesia è renderci sovrani
spersonalizzandoci, solo così possiamo attingere,
grazie al poema, la pienezza di quanto
era appena abbozzato o deformato
dalle nostre millanterie di individui.
I poemi sono frammenti d’esistenza incorruttibili
che noi gettiamo nella gola ripugnante della morte:
ma dall’alto, affinché, rimbalzandovi,
possano cadere
nel mondo che dà nome all’unità.
28
Ne cerche pas les limites de la mer. Tu les détiens.
Elles te sont offertes au même instant que ta vie évaporée.
Le sentiment, comme tu sais, est enfant de la matière; il
est son regard admirablement nuancé.
Non cercare i confini del mare.
Sono già in te.
Ti sono stati dati
in uno con la tua vita che svapora.
Il sentimento, lo sai, è figlio della materia:
ne è lo sguardo mirabilmente
vanescente.
29
Hors la poésie et ses phrases passionnées, il te faut quelquefois prendre garde aux mots que tu écris, aux panacées que tu prononces, auxquels ton esprit confère une
infaillibilité de longue haleine et la faculté de fine manœuvre. Qui sera ton lecteur? Quelqu’un pratiquement
que ta spéculation arme mais que ta plume innocente.
Cet oisif, sur ses coudes, à sa fenêtre? Ce campeur imprudent? Ce criminel encore sans objet? Tu ne sais pas.
Prends garde, quand tu peux, aux mots que tu écris.
Fuori dalla poesia e dai suoi versi appassionati,
stai attento qualche volta alle parole che scrivi,
ai rimedi che consigli e ai quali il tuo spirito
attribuisce un’infallibilità di lungo respiro
e la facoltà di abili manovre. Chi sarà il tuo lettore?
Praticamente uno che la tua mente arma
ma che la tua penna rende innocente.
Un ozioso appoggiato sui gomiti alla finestra?
Un campeggiatore imprudente?
Un criminale ancora senza reato?
Non puoi saperlo.
Stai attento, quando ti è possibile, alle parole che scrivi.
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Vers l’arbre-frère aux jours comptés
Harpe brève des mélèzes,
Sur l’éperon de mousse et de dalles en germe
– Façade de forêts où casse le nuage –,
Contrepoint du vide auquel je crois.
Verso l’albero fratello dai giorni contati
L’arpa breve dei larici
sullo sperone muschioso di lastre in germe
– fronte delle foreste dove frange la nuvola –,
contrappunto del vuoto nel quale credo.
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Da La bibliothèque est en feu
[La biblioteca è in fiamme]
(1955)
32
Comment me vint l’écriture? Comme un duvet d’oiseau sur ma vitre, en hiver. Aussitôt s’éleva dans l’âtre
une bataille de tisons qui n’a pas, encore à présent, pris
fin.
Come venne a me la scrittura?
Come piumaggio d’uccello
sul vetro della mia finestra,
d’inverno.
Immediatamente,
si accese nel camino
una battaglia di braci
che, ancora oggi, non si sono
spente.
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Il n’y a que mon semblable, la compagne ou le compagnon, qui puisse m’éveiller de ma torpeur, déclencher
la poésie, me lancer contre les limites du vieux desert
afin que j’en triomphe. Aucun autre. Ni cieux, ni terre
privilégiée, ni choses dont on tressaille, ne le peuvent.
Torche, je ne valse qu’avec lui.
Non c’è che il mio simile, la compagna
o il compagno, che possa svegliarmi
dal torpore, far scaturire la poesia,
slanciarmi contro i confini del vecchio deserto
affinché io li superi. Nessun altro.
Né cieli, né terra promessa,
né cose che fanno trasalire, lo possono.
Torcia, è solo con lui che io danzo.
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On ne peut pas commencer un poème, sans une parcelle d’erreur sur soi et sur le monde, sans une paille
d’innocence aux premiers mots.
Non si può cominciare un poema
senza una particella di errore
su di sé e sul mondo,
senza un filo d’innocenza
alle prime parole.
35
Pouquoi poème pulvérisé? Parce qu’au terme de son
voyage vers le Pays, après l’obscurité pré-natale et la
dureté terrestre, la finiture du poème est lumière, apport
de l’être à la vie.
Perché poema polverizzato?
Perché al termine del suo viaggio
verso il Paese, dopo l’oscurità
prenatale
e la durezza dei giorni,
la finitudine del poema è luce,
apporto dell’essere alla vita.
36
Le poète ne retient pas ce qu’il découvre; l’ayant
transcrit, le perd bientôt. En cela réside sa nouveauté,
son infini et son péril.
Il poeta non trattiene a sé ciò che scopre.
Non appena lo trascrive, subito lo perde.
In ciò risiede la sua novità,
il suo infinito,
il suo pericolo.
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Parfois la silhouette d’un jeune cheval, d’un enfant
lointain, s’avance en éclaireur vers mon front et saute
la barre de mon souci. Alors sous les arbres reparle la
fontaine.
Talvolta il profilo di un puledro,
di un bambino in lontananza,
s’avvicina a esplorare il mio sguardo,
scavalca il muro del mio timore.
E’ allora che, sotto gli alberi,
riprende a mormorare
la sorgente.
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Arrêtons-nous près des êtres qui peuvent se couper
de leurs ressources, bien qu’il n’existe pour eux que peu
ou pas de repli. L’attente leur creuse une insomnie vertigineuse. La beauté leur pose un chapeau de fleurs.
Fermiamoci accanto agli uomini
che possono privarsi dei loro beni,
nonostante non esistano, per loro,
che scarsi o inesistenti ripieghi.
L’attesa
scava in loro un’insonnia vertiginosa.
La bellezza gli pone sul capo
una corona di fiori.
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Da Retour amont
[Ritorno sopramonte]
(1965)
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Lutteurs
Dans le ciel des hommes, le pain des étoiles me sembla
ténébreux et durci, mais dans leurs mains étroites je
lus la joute de ces étoiles en invitant d’autres: émigrantes
du pont encore rêveuses; j’en recueillis la sueur dorée,
et par moi la terre cessa de mourir.
Lottatori
Buio mi sembrò, e raffermo,
nel cielo degli uomini
il pane degli astri.
Eppure nella stretta delle loro mani
scoprivo la fatica di quelle stelle
che ne chiamano a raccolta altre
mentre migrano al di là del ponte
ancora trasognate.
Ne ho raccolto il sudore splendente
e nel mio gesto la terra
ha smesso di morire.
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Faction du muet
Les pierres se serrèrent dans le rempart et les hommes
vécurent de la mousse des pierres. La pleine nuit portait
fusil et les femmes n’accouchaient plus. L’ignominie
avait l’aspect d’un verre d’eau.
Je me suis uni au courage de quelques êtres, jai vécu
violemment, sans vieillir, mon mystère au milieu d’eux,
j’ai frissonné de l’existance de tous les autres, comme
une barque incontinente au-dessus des fonds cloisonnés.
Vigilanza silenziosa
Si strinsero in cinte rocciose, le pietre,
e gli uomini si nutrirono di muschio.
Profonda era la notte, e in armi.
Le donne non partorivano più.
L’ignominia
aveva il volto di un bicchiere d’acqua.
Mi sono unito al coraggio di alcuni uomini
e ho vissuto con furore,
senza invecchiare, il mio mistero
in mezzo a loro. Vibravo
dell’esistenza di tutti gli altri
come una barca sfrenata, riemersa
da fondali sbarrati.
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Servant
Tu es une fois encore la bougie où sombrent les
ténèbres autour d’un nouvel insurgé, Toi sur qui se
lève un fouet qui s’emporte à ta clarté qui pleure.
Ancella
Ancora una volta sei il lume
dove s’inabissano le tenebre
intorno a un nuovo insorto –
Tu, sotto la sferza che incrudelisce
al tuo piangente chiarore.
43
Le banc d’ocre
Par une terre d’Ombre et de rampes sanguines nous
retournions aux rues. Le timon de l’amour ne nous
dépassait pas, ne gagnait plus sur nous. Tu ouvris ta
main et m’en montras les lignes. Mais la nuit s’y haussait.
Je déposai l’infime ver luisant sur le tracé de vie. Des
années de gisant s’éclairèrent soudain sous ce fanal
vivant et altéré de nous.
Il banco d’ocra
Tornavamo alle strade
per terre d’ombra e rampe di sangue.
Il timone dell’amore non ci sorpassava,
non ci precedeva più.
Aperta la tua mano,
me ne hai mostrato le linee:
vi sorgeva la notte.
Vi ho deposto una minuscola lucciola
affinché brillasse sul solco della vita:
anni di rinunce s’illuminarono di colpo
sotto quella lampada vivente
infatuata di noi.
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Cours des argiles
Vois bien, portier aigu, du matin au matin,
Longues, lovant leur jet, les ronces frénétiques,
La terre nous presser de son regard absent,
La douleur s’engourdir, grillon au chante égal,
Et un dieu ne saillir que pour gonfler la soif
De ceux dont la parole aux eaux vives s’adresse.
Dès lors réjouis-toi, chère, au destin suivant:
Cette mort ne clôt pas la mémoire amoureuse.
Corso delle argille
Guardali, custode vigile, da un mattino all’altro,
lunghi, che si attorcigliano, i mobili rovi,
la terra che ci preme col suo viso assente,
il dolore che si addensa, grillo dal canto uguale,
e un dio che emerge solo per gonfiare la sete
di quanti alle acque vive la parola rivolgono.
Rallegrati, dunque, mia amata, del destino che segue:
non disperderà la morte la memoria amorosa.
45
Nota del traduttore
[Per i testi di René Char ho utilizzato l’edizione francese delle opere complete, curata da
Jean Roudaut, Paris, Gallimard, “Bibliothèque de la Pléiade”, II ed., 1990 (I ed., 1983)
[Feuillets d’Hypnos, pg. 175-233; A une sérénité crispée, pg. 747-761; Le rempart de brindilles, pg.
359-361; La bibliothèque est en feu, pg. 377-381; Retour amont, pg. 421 e sg.
Non sempre è stato possibile riportare, per ragioni di impaginazione, le spaziature e gli
altri accorgimenti grafici presenti nel testo originale.
Il termine francese poème è praticamente intraducibile in italiano. Analogo all’inglese poem,
è stato reso, seguendo l’esempio di grandi traduttori (i citati Caproni e Sereni, in primis)
con poema. Va inteso, comunque, nella accezione elementare di “componimento poetico,
lungo o breve”.]
[Tratto da RebStein, 1 marzo 2008]
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La bestia di Lascaux
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Nota del traduttore
I testi di René Char sono tratti da La paroi et la prairie (1952), poi in La parole en
archipel (1962), ora in Oeuvres Complètes, 1991 (I Ed., 1983), Paris, Gallimard,
“Bibliothèque de la Pléiade”, pag. 351-353.
I passi in prosa sono tratti da Maurice Blanchot, La bête de Lascaux, Montpellier, Fata
Morgana, 1982. Il saggio, che reca in esergo il testo di La bête innommable, contiene una
profonda riflessione sul linguaggio, il tempo e la parola poetica a partire dallo specifico
dell’opera di Char.
.
49
“Le langage en qui parle l’origine, est essentiellement prophétique. Cela ne signifie pas
qu’il dicte les événements futurs, cela veut dire qu’il ne prend pas appui sur quelque
chose qui soit déjà, ni sur une vérité en cours, ni sur le seul langage déjà dit ou vérifié. Il
annonce, parce qu’il commence. Il indique l’avenir, parce qu’il ne parle pas encore,
langage du futur, en cela qu’il est lui-même comme un langage futur, qui toujours se
devance, n’ayant son sens et sa légitimité qu’en avant de soi.”
Maurice Blanchot, La Bête de Lascaux
Il linguaggio in cui l’origine parla è essenzialmente profetico. Ciò non significa che esso
predice gli avvenimenti futuri, ma che non parte da qualcosa che già c’è, né da una verità
in corso, né dal solo linguaggio già detto e verificato. E’ un linguaggio che annuncia,
poiché comincia. Indica l’avvenire, poiché non parla ancora, come un linguaggio futuro,
e in quanto tale assume senso e valore solo innanzi a sé.
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HOMME-OISEAU MORT ET BISON MOURANT
Long corps qui eut l’enthousiasme exigeant,
À présent perpendiculaire à la Brute blessée.
Ô tué sans entrailles!
Tué par celle qui fut tout et, réconciliée, se meurt;
Lui, danseur d’abîme, esprit, toujours à naître,
Oiseau et fruit pervers des magies cruellement sauvé.
UOMO-UCCELLO MORTO E BISONTE MORENTE
Lungo corpo che ebbe l’entusiasmo esigente,
perpendicolare, ora, alla Bestia ferita.
Oh ucciso senza viscere!
Ucciso da colei che fu tutto e, riconciliata, muore.
Lui, danzatore d’abisso, spirito, sempre pronto a nascere,
uccello e frutto perverso di magie, crudelmente salvato.
51
Il lungo corpo che ebbe slancio potente,
perpendicolare, ora, alla Bestia ferita.
Ucciso senza pietà!
Ucciso da colei che fu tutto e, appagata, se ne muore.
Lui, acrobata d’abisso, spirito, ogni volta rinato,
uccello e frutto perverso di riti, crudelmente esposto.
[Questa versione nasce da una serie di suggestioni ricavate dalla lettura di Georges Bataille, La peinture
préhistorique, Lascaux ou la naissance de l’art, Paris, Flammarion, 1980 (I ed., Albert Skira, 1955), ora
in Oeuvres complètes, vol. IX, Paris, Gallimard, 1970-1988.]
52
“Dans chacune des oeuvres de René Char, nous entendons la poésie prononcer le
serment qui, dans l’anxiété et l’incertitude, l’unit à l’avenir d’elle-même, l’oblige à ne
parler qu’à partir de cet avenir, pour donner, par avance, à cette venue, la fermeté et la
promesse de sa parole.”
Maurice Blanchot, op. cit.
In ogni opera di René Char sentiamo la poesia pronunciare il giuramento che, nell’ansia e
nell’incertezza, la lega al suo avvenire, la obbliga a parlare solo partendo da questo
avvenire, per donare in anticipo a questo avvento la fermezza e la promessa della sua
parola.
53
LES CERFS NOIRS
Les eaux parlaient à l’oreille du ciel.
Cerfs, vous avez franchi l’espace millénaire,
Des ténèbres du roc aux caresses de l’air.
Le chasseur qui vous pousse, le génie qui vous voit,
Que j’aime leur passion, de mon large rivage!
Et si j’avais leurs yeux, dans l’instant où j’espère?
I CERVI NERI
Le acque parlavano all’orecchio del cielo.
Cervi, avete attraversato lo spazio millenario
dalle tenebre della roccia alle carezze dell’aria.
Il cacciatore che vi incalza, il dio che vi guarda:
quanto mi è cara, dalla mia ampia riva, la loro passione!
E se avessi i loro occhi, nel momento della speranza?
54
“Toute parole commençante, bien qu’elle soit le mouvement le plus doux et le plus
secret, est, parce qu’elle nous devance infiniment, celle qui ébranle et qui exige le plus: tel
le plus tendre lever du jour en qui se déclare toute la violence d’une première clarté, et
telle la parole oraculaire qui ne dicte rien, qui n’oblige en rien, qui ne parle même pas,
mais fait de ce silence le doigt impérieusement fixé vers l’inconnu.”
Maurice Blanchot, op. cit.
Ogni parola iniziale, quantunque sia il movimento più dolce e segreto, è quella che
sconvolge ed esige di più, perché infinitamente ci supera: come il più lieve sorgere del
giorno in cui si manifesta tutta la violenza di un primo chiarore; come la parola
dell’oracolo che non detta niente, che niente impone e neppure parla, ma fa di questo
silenzio il dito imperiosamente puntato verso l’ignoto.
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LA BÊTE INNOMMABLE
La Bête innommable ferme la marche du gracieux troupeau,
comme un cyclope bouffe.
Huit quolibets font sa parure, divisent sa folie.
La Bête rote dévotement dans l’air rustique.
Ses flancs bourrés et tombants sont douloureux,
vont se vider de leur grossesse.
De son sabot à ses vaines défenses,
elle est enveloppée de fétidité.
Ainsi m’apparaît dans la frise de Lascaux,
mère fantastiquement déguisée,
La Sagesse aux yeux pleins de larmes.
LA BESTIA INNOMINABILE
La Bestia innominabile chiude la marcia del grazioso gregge
come un ciclope buffo.
Otto lazzi le fanno da corona, dividono la sua follia.
La Bestia rutta devotamente nell’aria campestre.
I suoi fianchi grassi e cadenti sono dolorosi,
vanno a svuotarsi della gravidanza.
Dallo zoccolo alle vane difese, è tutta avvolta di fetore.
Così mi appare nel fregio di Lascaux,
madre fantasticamente travestita,
la Saggezza dagli occhi pieni di lacrime.
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“La nature est puissante sur cette oeuvre, et la nature, ce n’est pas seulement les solides
choses terriennes, le soleil, les eaux, la sagesse des hommes durables, ce n’est pas même
toutes choses, ni la plénitude universelle, ni l’infini du cosmos, mais ce qui est déjà avant
tout, l’immédiat et le très lointain, ce qui est plus réel que toutes choses réelles et qui
s’oublie en chaque chose, le lien qu’on ne peut lier et par qui tout, le tout, se lie. La
nature est, dans l’oeuvre de René Char, cette épreuve de l’origine, et c’est dans cette
épreuve où elle est exposée au jaillissement d’une liberté sans mesure et à la profondeur
de l’absence de temps que la poésie connaît l’éveil et, devenant parole commençante,
devient la parole du commencement, celle qui est le serment de l’avenir.”
Maurice Blanchot, op. cit.
La natura distende la sua potenza su quest’opera, una natura che non è solo le solide
cose terrene, il sole, le acque, la saggezza degli uomini immortali, e non è nemmeno la
totalità, la pienezza universale, né il cosmo infinito, ma ciò che è già prima di ogni cosa,
l’immediato e l’estremamente lontano, ciò che è più reale di ogni realtà e in ogni cosa si
oblìa, il legame che non si può legare e attraverso il quale tutto, il tutto, si lega. La natura
è, nell’opera di René Char, questa prova dell’origine, e proprio in questa prova, in cui è
esposta allo zampillare di una libertà senza confini e alla profondità dell’assenza di
tempo, la poesia conosce il risveglio e, divenendo parola che inizia, si trasforma nella
parola dell’inizio, quella che è promessa di futuro.
57
JEUNE CHEVAL À LA CRINIÈRE VAPOREUSE
Que tu es beau, printemps, cheval,
Criblant le ciel de ta crinière,
Couvrant d’écume les roseaux!
Tout l’amour tient dans ton poitrail:
De la Dame blanche d’Afrique
À la Madeleine au miroir,
L’idole qui combat, la grâce qui médite.
GIOVANE CAVALLO DALA CRINIERA VAPOROSA
Quanta bellezza in te, primavera, cavallo
che trapassi il cielo con la tua criniera
e di schiuma ricopri i canneti.
Tutto l’amore dimora nel tuo petto:
dalla Dama bianca d’Africa
alla Maddalena allo specchio,
l’idolo che combatte, la grazia che medita.
58
Da Le Nu Perdu
[Il nudo perduto]
(1964-70)
59
Effacement du peuplier
L’ouragan dégarnit les bois.
J’endors, moi, la foudre aux yeaux tendres.
Laissez le grand vent où je tremble
S’unir à la terre où je croîs.
Son souffle affile ma vigie.
Qu’il est trouble le creux du leurre
De la source aux couches salies!
Une clé sera ma demeure,
Feinte d’un feu que le coeur certifie;
Et l’air qui la tint dans ses serres.
Annientarsi del pioppo
Devasta i boschi, l’uragano.
Io cerco di placare la sua collera,
la folgore dagli occhi teneri –
lascio che la tempesta che mi scuote
penetri nella terra fino alle mie radici.
Il suo respiro aguzza la mia vista –
la libera dal torbido
che inganna la sorgente
scaturita da fondali di fango.
Un verso sarà la mia dimora:
illusione di un fuoco
di cui è certo il cuore – e il vento
che lo tenne stretto nella sua morsa.
60
Devancier
J’ai reconnu dans un rocher la mort fuguée et mensurable, le lit ouvert de ses petits comparses sous la retraite
d’un figuier. Nul signe de tailleur: chaque matin de la
terre ouvrait ses ailes au bas des marches de la nuit.
Sans redite, allégé de la peur des hommes, je creuse
dans l’air ma tombe et mon retour.
Predecessore
Ho riconosciuto su una roccia
tracce della morte in fuga, misurabili,
i sepolcri aperti di piccole creature
riparati dagli alberi.
Nessun segno del tagliapietre –
il mattino, come sempre,
apriva le ali sulla terra
risalendo dal fondo della notte.
Ho quanto mi serve:
libero dalla paura degli uomini,
scavo nell’aria la mia tomba
e il mio ritorno.
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Le nu perdu
Porteront rameaux ceux dont l’endurance sait user
la nuit noueuse qui précède et suit l’éclair. Leur parole
reçoit existence du fruit intermittent qui la propage en
se dilacérant. Ils sont les fils incestueux de l’entaille et
du signe, qui élevèrent aux margelles le cercle en fleurs
de la jarre du ralliement. La rage des vents les maintient
encore dévêtus. Contre eux vole un duvet de nuit noire.
Il nudo perduto
Porteranno rami, coloro che, pazienti,
sfrondano la notte nodosa
che precede e segue il lampo.
La loro parola si fa vita
dal frutto intermittente che la propaga
lacerandosi. Sono i figli incestuosi
dell’incisione e del segno, loro
che innalzarono fino agli orli
il cerchio fiorito della brocca del raduno.
La furia dei venti ancora li denuda.
Incontro a loro
vola una lanugine di ombre notturne.
62
Bout des solennités
Affermi par la bonté d’un fruit hivernal, je rentrai
le feu dans ma maison. La civilisation des orages gouttait
à la génoise du toit. Je porrai à loisir haïr la tradition,
rêver au givre des passants sur des sentiers peu vétilleux.
Mais confier à qui mes enfants jamais nés? La solitude
était privée de ses épices, la flamme blanche s’enlisait,
n’offrant de sa chaleur que le geste expirant.
Sans solennité je franchis ce mond muré. J’aimerai
sans manteau ce qui tremblait sous moi.
Fine delle solennità
Ristorato
dalla bontà di un frutto invernale,
ho riportato il fuoco dentro casa.
La civiltà degli uragani
gocciolava
dal cornicione del tetto.
Ora potrò, secondo il mio volere,
odiare la tradizione,
vagheggiare la brina dei passanti
su sentieri liberi da insidie.
Ma a chi potrò affidare
i miei figli mai nati?
La solitudine
aveva perduto le sue spezie,
la fiamma bianca lentamente
si spegneva,
altro il suo calore non offriva
che un respiro morente.
Senza solennità
mi inoltrai in quel mondo murato,
amando senza segreti
quanto sotto di me
tremava.
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Le gaucher
On ne se console de rien lorsqu’on marche en tenant
une main, la périlleuse floraison de la chair d’une main.
L’obscurcissement de la main qui nous presse et nous
entraîne, innocent aussi, l’odorante main où nous nous
ajoutons et gardons ressource, ne nous évitant pas le
ravin et l’épine, le feu prématuré, l’encerclement des
hommes, cette main préférée à toutes, nous enlève à la
duplication de l’ombre, au jour du soir. Au jour brillant
au-dessus du soir, froissé son seuil d’agonie.
Il mancino
Di niente ci consola, camminando, tenere
stretta una mano, la pericolosa
fioritura della carne di una mano –
l’oscurarsi della mano che ci preme
e ci trascina, anche innocente,
la mano odorosa che ci infonde
e conserva vigore, che non ci evita
il baratro e la spina, il fuoco prematuro,
l’assedio degli uomini –
la mano più di tutte amata
che ci strappa al moltiplicarsi delle ombre,
al giorno della sera –
al giorno che risplende sopra la sera,
infranta la sua soglia d’agonia.
64
Faction du muet
Les pierres se serrèrent dans le rempart et les hommes
vécurent de la mousse des pierres. La pleine nuit portait
fusil et les femmes n’accouchaient plus. L’ignominie
avait l’aspect d’un verre d’eau.
Je me suis uni au courage de quelques êtres, j’ai vécu
violemment, sans vieillir, mon mystère au milieu d’eux,
j’ai frissonné de l’existence de tous les autres, comme
une barque incontinente au-dessus des fonds cloisonnés.
Guardia silenziosa
Si strinsero in cinte rocciose, le pietre
e gli uomini si nutrirono di muschio.
La notte fonda armava le sue ombre
e le donne non partorivano più.
L’infamia aveva l’aspetto di una brocca d’acqua.
Ho fatto mio il coraggio di pochi simili
e ho vissuto con furore il mio mistero
in mezzo a loro, senza invecchiare.
Sussultavo per l’esistenza di ognuno
come una barca sfrenata sopra fondali sbarrati.
[Tratto da RebStein del 28 marzo 2011]
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