Candy Country - traduzione di Veronica Gozzi
Transcript
Candy Country - traduzione di Veronica Gozzi
CANDYLAND di LOUISA M. ALCOTT Traduzione di VERONICA GOZZI «Prenderò l'ombrello da sole rosso di mamma, fa così caldo. E poi nessuno dei compagni di scuola ne avrà uno simile,» disse, un giorno Lily, uscendo di casa. «Il vento è molto forte. Prenderai il volo, se ti porti dietro quella cosa enorme,» strillò dalla finestra la bambinaia, mentre l'ombrello rosso, con sotto una bambina, scendeva ondeggiando il vialetto del giardino. «Come lo vorrei. Ho sempre sognato di volare in mongolfiera,» rispose Lily, mentre, con fatica, apriva il cancello. Tutto procedette bene finché non arrivò al ponte e si fermò a guardare, da sopra la ringhiera, l'acqua scorrere con forza, e le tartarughe che prendevano il sole sui sassi. A Lily piaceva tirare sassi alle tartarughe. Era così divertente vederle ruzzolare, capovolgersi e finire in acqua con un tonfo. Così, quando ne vide tre vicine, si chinò per raccogliere un sasso, e proprio in quell'istante un colpo di vento quasi le strappò l'ombrello di mano. Lily vi si aggrappò e, sollevata come un seme di soffione, sorvolò il fiume e la collina, case e alberi, sempre più veloce, finché iniziò a girarle la testa, non ebbe più fiato, e dovette lasciarsi andare. Il caro ombrello rosso volteggiò via come una foglia, e Lily cadde e cadde, finché atterrò rumorosamente su un albero che cresceva in un posto così curioso da farle dimenticare lo spavento. Seduta, si guardava intorno, chiedendosi in quale parte del mondo potesse trovarsi. L'albero sembrava fatto di vetro o di zucchero colorato. Si poteva vedere attraverso il rosso delle ciliegie, il verde delle foglie e il marrone dei rami. Un profumino piacevole le arrivò al naso e Lily, da buona bambina, esclamò: «Odore di caramelle!» Colse una ciliegia e la mangiò. Che buona era! Solo zucchero e niente nocciolo. La scoperta successiva fu così deliziosa che per poco non cadde dal ramo, perché, assaggiandolo qua e là, si rese conto che tutto l'albero era dolce. Pensate che divertimento, starsene seduti a strappare ramoscelli di zucchero di canna, ciliegie candite e foglie che sanno di menta e sassafrasso! Cullandosi sui rami, Lily mangiò fino a finire la cima del piccolo albero. Poi scese e iniziò a guardarsi intorno, e ogni scoperta era più sorprendente e piacevole della precedente. La neve sotto i suoi piedi era fatta di zucchero bianco, le rocce erano pezzi di cioccolato, i fiori erano di tutti i gusti e colori, e sui deliziosi alberi crescevano frutti di ogni tipo. Presto comparvero piccole case bianche, dove vivevano gli squisiti abitanti di Candyland, tutti fatti dello zucchero migliore, e dipinti come persone vere. Cari ometti e donnine, simili a quelli delle torte nuziali o fatti di bonbon, si aggiravano nei loro allegri vestitini di zucchero, parlando e ridendo nelle loro dolcissime voci. Piccoli bocconcini di neonati venivano dondolati nelle loro culle, e bambini e bambine di zucchero giocavano con i loro giocattoli di zucchero, come fosse la cosa più naturale del mondo. Le carrozze, trainate da cavalli rossi e gialli di caramello, percorrevano strade lastricate di gelatine, e uccellini di zucchero cantavano sugli alberi. Lily tese l’orecchio, e subito afferrò le parole della loro canzone: «Cip, cip Vieni qui! Canta in coro, Riccioli d'oro Qui troverai Ciò che tu vuoi Su di ogni ramo Un ginevrino In ogni valle Le caramelle Su tutti i tetti Piovon confetti Scorre il miele Dentro al fiume Posi i piedini Su zuccherini Sulla tua testa Mandorla rossa Gigli e rose Son buone cose Sia da odorare Che d'assaggiare E che dolcezza Ogni carezza Che lascia miele Sulla tua pelle! Tutta la gente Sempre e comunque È dolce e aulente Come croccante. Bella bambina Niente melina Vai dove credi Mangia e eccedi È sempre festa A destra e sinistra Se partirai Dire potrai “Sono saziata Di cioccolata Ne posso avere Fino a star male” Cip! Cip! Vieni qui! Trallallà! Vieni qua!» «È la canzone più interessante che abbia mai sentito,» disse Lily, battendo le manine appiccicaticce mentre avanzava volteggiando verso un bel palazzo bianco di caramelle fondenti, con colonne tortili di zucchero e menta ed un tetto glassato che lo faceva apparire come il Duomo di Milano. «Vivrò qui, e mangerò caramelle tutto il giorno, senza la fatica della scuola né il patchwork a guastarmi il divertimento,» decise Lily. E corse su per le scale di cioccolato fino alle graziose stanze, dove tutte le sedie e i tavoli erano fatti di caramelle di diversi colori, e i materassi di zucchero filato. Da una fontana sgorgava limonata, mentre pavimenti di gelato perenne evitavano che le persone e le cose s'incollassero le une alle altre per il troppo calore. Per un bel pezzo Lily fu contenta di andarsene in giro ad assaporare così tanti tipi diversi di caramelle, a parlare con quelle personcine così amabili e a scoprire così tante cose insolite su di loro e sulla loro terra. I neonati erano fatti di solo zucchero, ma gli adulti erano di diversi gusti. Le signore sapevano di violetta, rosa e arancio. Solitamente i signori avevano un ripieno di liquore, come scoprì mangiandone qualcuno di tanto in tanto, di nascosto, per poi sentirsi la lingua pizzicare dal gusto forte e caldo, come per una sorta di castigo. Gli anziani sapevano di menta piperita, chiodi di garofano e altri gusti rassicuranti e consolatori. Ma le vecchie signorine erano ripiene di limone, marrubio, radice di calamo e di tutti i sapori aspri e amari... perciò non ne mangiava molte. Presto Lily imparò a riconoscere il carattere dei suoi nuovi amici al primo assaggio, in alcuni casi per non toccarli mai più! I cari neonati le si scioglievano in bocca, ma le sue preferite erano le giovani donne dagli aromi delicati. Il Dottor Zenzero fu mandato a chiamare più d'una volta, quando tutto quello zucchero le faceva dolere i denti. Un ometto a dir poco irascibile, ma a Lily piaceva perché le faceva passare il dolore. Un bambino agli agrumi e una bambina rosa ai frutti di bosco erano i suoi compagni di gioco preferiti. Insieme si divertivano a grattugiare i sassi per farne torte di fango o miscelarne la polvere con il miele delle vicine sorgenti. E le torte si potevano anche mangiare, non si era costretti a buttarle come Lily doveva fare a casa. Spesso ci si riuniva per preparare insieme le caramelle e si costruivano altalene con lunghe stringhe di toffee. Nei nidi gli uccellini deponevano uova di mandorla, da cui nascevano pulcini che cantavano dolcemente. Si giocava a calcio con boli reali come palloni, si navigava con piccole barche di zucchero su fiumi di melassa che finivano in laghi di sciroppo, e si girava per tutto il paese in groppa ai cavallini di caramello. Lily scoprì che non pioveva mai, ma nevicava zucchero bianco. Non c'era il sole, perché avrebbe fatto troppo caldo, ma una grossa pastiglia gialla faceva da luna, e confetti rossi e bianchi erano le stelle. Tutti vivevano di zucchero, e non si litigava mai. Nessuno si ammalava, e se ci si rompeva qualcosa, come poteva accadere a creature tanto fragili, si riattaccavano insieme i pezzi, e tutto andava a posto. Invecchiando le persone si assottigliavano sempre più, fino quasi a svanire. Poi gli amici mettevano il vecchio in una graziosa bara e lo trasportavano alla grande urna d'oro del tempio principale, sempre piena di uno sciroppo speciale, e lo inzuppavano e inzuppavano, finché non era di nuovo forte e robusto, e poteva tornare a casa, come nuovo, a godersela ancora per lungo tempo. Lily lo trovava molto interessante, e andò a molti funerali. Ma i matrimoni erano ancora meglio, perché le tenere sposine bianche erano così dolci che Lily aveva voglia di mangiarsele tutte. Le feste erano deliziose, e tutti indossavano i loro vestitini migliori e ballavano fino a scaldarsi così tanto da appiccicarsi insieme a mezze dozzine, così dovevano essere portati nella stanza del gelato per raffreddarsi. Alla fine gli sposini se ne andavano su una bella carrozza trainata da cavalli bianchi alla volta di un nuovo palazzo in un’altra parte del paese, e così Lily aveva un altro posto piacevole da visitare. Ma mano a mano, dopo che aveva visto tutto, e dopo aver mangiato così tanti dolci da desiderare un po' di semplice pane e burro, il suo umore iniziò a peggiorare, come succede ai bambini che vivono di sole caramelle. E anche i piccoli abitanti di Candyland desideravano che se ne andasse, perché avevano paura di lei. E non c'era da stupirsi, visto che poteva accadere che prendesse un caro bebè di zucchero e se lo mangiasse, o che riducesse in briciole una rispettabile vecchia nonna solo per averla rimproverata dei suoi modi impertinenti. Lily si era anche seduta sulla chiesa principale appiattendola completamente e un giorno aveva addirittura cercato di tirare giù la luna dal cielo. Il re le ordinò di tornare a casa, ma lei rispose «No e no!» e gli staccò la testa con un morso, corona e tutto. Quest'azione riprovevole causò un tale malumore che Lily dovette fuggire dalla città per paura che qualcuno le avvelenasse le caramelle, che erano il suo unico cibo. «Suppongo che se continuo a camminare arriverò da qualche parte. E di certo non rischio di morire di fame, anche se non ne posso più di vedere questa robaccia terribile,» disse tra sé e sé, mentre attraversava di fretta le montagne della Rocca di Gibilterra, che dividevano la città di Saccarissa dal grande deserto di zucchero di canna sull'altro versante. Lily avanzò, coraggiosamente, ancora a lungo, finché non vide un gran fumo nel cielo, sentì un odore speziato e percepì un vento caldo che soffiava nella sua direzione. «Mi chiedo se ci siano selvaggi di zucchero, qui, che arrostiscono e mangiano qualche povero viaggiatore come me» disse, pensando a Robinson Crusoe e altri esploratori in terre sconosciute. Avanzò furtivamente finché non vide un insediamento fatto di piccole capanne molto simili a funghi, costruite usando biscotti posati su zollette di zucchero di canna. E poi c’erano bizzarre persone che sembravano fatte di pan di zenzero e lavoravano alacremente intorno ad alcuni forni che cuocevano torte a ritmo serrato. «Mi avvicinerò di soppiatto per capire che tipi sono, prima di farmi vedere,» disse Lily, infilandosi in un bosco di alberi di spezie, e sedendosi su un sasso, che scoprì essere un panino dolce all'uvetta. Prontamente, uno degli uomini più alti corse verso gli alberi con una teglia, probabilmente alla ricerca di spezie e, prima che Lily potesse scappare, la vide. «Ehilà, cosa vuoi?», le chiese, fissandola con i suoi occhi di uvette, mentre, con sveltezza, strappava la corteccia da un albero di cinnamomo. «Sto viaggiando, e vorrei sapere che posto è questo, per favore,» rispose Lily, molto educatamente e un po' spaventata. «Cakeland. Da dove vieni?» chiese l'omino di pan di zenzero, con una voce asciutta. «Il vento mi ha portato fino a Candyland, e ci sono rimasta a lungo. Ma mi sono stancata, e sono scappata per cercare di meglio.» «Bambina giudiziosa!» e l'omino sorrise fino a che le guance quasi gli si sbriciolarono. «Ti troverai meglio qui con noi Brownie che con i pigri Bonbon, che non lavorano mai e sono solo apparenza. Fanno finta di non conoscerci, anche se siamo tutti parenti per via dei nostri nonni, Zucchero e Melassa. Quando ci incontrano alle feste storcono il naso e non ci rivolgono la parola, perché noi siamo gente laboriosa, e loro solo povere creature dolci, sciocche e inconsistenti! Mi fanno pena.» «Potrei farvi visita? Mi piacerebbe vedere dove vivete e cosa fate. Dev'essere interessante,» disse Lily, risollevandosi dopo un capitombolo... infatti aveva così fame che si era mangiata quasi tutto il sasso. «Sicuro che lo è! Coraggio! Posso parlare mentre lavoro» e il buffo omino di pan di zenzero trotterellò verso la sua cucina, piena di teglie, mattarelli e brocche di melassa. «Siediti. Avrò un po' di tempo per te non appena quest’infornata sarà cotta. Ci sono ancora un po' di persone sagge da queste parti, che apprezzano il pan di zenzero, come puoi vedere» disse, rimbalzando qua e là, mescolando, stendendo la pasta marrone e schiaffandola nelle teglie, che faceva guizzare così velocemente dentro e fuori dal forno che, Lily ne era certa, sotto ci doveva essere qualche magia. Di quando in quando le tirava un biscotto caldo di forno. Le piaceva questo strano tipo, e iniziò prontamente a parlare, anche perché questo paese la incuriosiva molto. «Come ti chiami, signore?» «Ginger Snap.» Lily pensò che fosse proprio indicato, perché forte e veloce, proprio come sapeva essere lui. «Dove vanno tutte queste torte?» chiese Lily, dopo aver osservato tutte le altre cucine piene di operai, tutti di pasta diversa, ognuno che impastava gli stessi ingredienti di cui era fatto. «Te lo mostrerò mano a mano» rispose Ginger Snap iniziando a impilare un gran numero di dolci su un piccolo carrello che correva su un binario, probabilmente per portarli in qualche magazzino segreto, pensò Lily. «Non ti stanchi mai di fare sempre la stessa cosa?» «Sì, ma voglio una promozione. E non l'avrò finché non avrò fatto il mio dovere e non avrò vinto il premio.» «Oh, raccontami! Qual è il premio? E come fanno a promuoverti? È una scuola di cucina, questa?» «Sì. Il premio per il miglior pan di zenzero è un panetto di lievito concentrato, che mi darà un'anima. E comincerò a crescere finché non potrò oltrepassare le colline laggiù e raggiungere la divina terra del pane, dove sarò una di quelle creature sane, felici e indispensabili, senza le quali il mondo non sarebbe lo stesso.» «Oddio! È la cosa più bizzarra che abbia mai sentito. Ma non mi sorprende che tu voglia andartene. Io stessa sono stanca di dolci, e desidero tanto un buon pezzo di pane, anche se a casa desideravo solo dolci e caramelle.» «Oh, mia cara, imparerai molto, qui, e sei davvero fortunata a non essere finita nelle grinfie del Gigante Dispèpsia, che cattura tutti quelli che mangiano quella spazzatura e disprezzano il pane, che è così salutare. Quando me ne andrò perderò lo zenzero e diventerò bello, tondo e bianco, vedrai! Noi della famiglia Gingerbread non siamo mai stati stolti come altre famiglie di dolci. Quelle dei matrimoni sono le torte peggiori: tutte quelle cose stravaganti con il vino, la frutta e le spezie. Impensabile. E così difficili da magiare, una volta che sono pronte! Non mi stupisce che dopo la gente stia male. Peggio per loro!» e Snap sbatté una teglia così forte che Lily ebbe un sussulto. «Ma il pan di Spagna non è male, vero? La mamma me lo lascia mangiare, anche se a me piace di più il plum cake glassato,» disse Lily, osservando la cucina accanto, dove si glassavano montagne di plum cake. «Roba povera. Nessuna sostanza. I savoiardi possono anche andare bene per i neonati, ma il plum cake è troppo pieno di burro per essere sano. Lascia perdere. Mangia i biscotti, o il pandolce, mia cara. Bene, vieni, ho finito,» e Snap spinse via il carrello carico a gran velocità. Lily gli corse dietro per raccogliere qualunque cosa ne cadesse. Camminando si guardava intorno, perché non voleva perdersi nessuna delle bizzarrie del paesaggio: laghi di uova sbattute e sorgenti calde di bicarbonato che sgorgavano spumeggianti qua e là, già pronte per l’uso, terra fatta di zucchero di canna e di spezie macinate... e poi gli unici frutti erano uvetta, frutta secca e bucce di cedro e limone. Pareva anche un posto estremamente attivo: tutti erano sempre indaffarati a cucinare, e non sbagliavano mai e non sembravano mai stanchi, anche se talvolta faceva così caldo che dovevano indossare solo abiti fatti di fogli di carta. Ce n’erano cumuli, da mettere sulle torte in modo che non bruciassero e da usare per farne cappelli bianchi e grembiuli per i cuochi, ed erano veramente carini. Un grande orologio, fatto di un pancake basso, chiodi di garofano a marcare le ore e due stuzzicadenti come lancette, indicava i tempi di cottura. E poi c’era un muro di glassa costruito intorno a un lago di burro, da tagliare secondo bisogno. «Eccoci. Stai lontana mentre li mando giù,» disse Snap, fermandosi infine davanti a una buca dove lo aspettava un montavivande con su scritto un nome. Tutto intorno era pieno di buche e di montavivande, ciascuno col suo nome, e Lily fu sorpresa di leggere “Weber”, “Copeland”, “Dooling” e altri nomi che conosceva molto bene. Su quello di Snap c’era scritto “Newmarch”, e Lily disse «Ma è dove mamma compra i biscotti di pan di zenzero. E Weber è dove prende il gelato! Siete voi a preparare le torte per loro?» «Sì, ma non lo sa nessuno. È uno dei segreti del commercio. Cuciniamo per tutti i pasticceri. La gente pensa che tutte queste buone cose vengano dalle cantine sotto i loro negozi di lusso. Bella questa, no?» E Snap rise finché il collo quasi gli si spezzò, e poi tossì. Lily era così sorpresa che dovette sedersi su una calda torta regina che stava giusto da quelle parti, e stette a guardare Snap mentre mandava di sotto, carico dopo carico, il pan di zenzero per i bambini, che lo avrebbero apprezzato molto di più, se solo avessero saputo da dove veniva. Mentre stava lì seduta, dal buco più vicino, marcato “Copeland”, le giungevano il rumore di tanti cucchiai, il profumo di diversi pranzi e il suono di molte voci che dicevano «Una vaniglia, due fragole e una torta charlotte,» «Tre stufati, un caffè, pane tostato,» «Pollo arrosto e mela senza.» «Povera me! Sembra quasi di stare lì,» disse Lily, che aveva una gran voglia di buttarsi giù, ma temeva la caduta. «Sono pronto. Vieni, ti riporto indietro» disse Snap, lanciando l’ultimo biscotto nel montavivande mentre questo scompariva lentamente dalla vista con il suo succulento carico. «Vorrei che m’insegnassi a cucinare. Sembra molto divertente, e mamma vuole che impari. Solo che la nostra cuoca non ama che le stia intorno a pasticciare. Ed è talmente bisbetica che non mi va neppure di provarci,» disse Lily, mentre tornava indietro, inciampando qua e là. «È meglio che aspetti di arrivare fino a Breadland, e impari a fare il pane. È una vera arte, e vale la pena di conoscerla. Non perdere il tuo tempo con le torte, anche se a dire il vero non è male avere in casa un po’ di pan di zenzero. T’insegnerò in un batter d’occhio, a meno che l’orologio non suoni prima la mia ora,» rispose Snap, aiutandola a scendere. «Quale ora?» «Ma quella della mia libertà! Non saprò di avere compiuto il mio dovere finché non sarò chiamato dalle campane e potrò andare a prendere la mia anima,» disse Snap, guardando ansiosamente l’orologio con i suoi occhi d’uvetta. «Spero che tu abbia tempo» e Lily lo desiderò ancora di più, dopo che Snap le ebbe fatto indossare un cappellino di carta ed un grembiule come i suoi. Non era difficile, perché quando stava per fare un errore una scintilla saltava fuori dal fuoco e la bruciava in tempo per ricordarle di guardare la ricetta: un foglio di pan di zenzero in una cornice di pasta frolla appeso di fronte a lei, su cui le istruzioni erano state scritte quando era ancora morbido, ed erano poi state impresse con la cottura. Il terzo impasto che fece uscì dal forno saporito, leggero e scuro e Snap, dandogli un colpetto, disse «Va bene. Ora sai come si fa. Ecco la tua ricompensa.» E le porse un libro di ricette fatto di sottili pagine di pan di zenzero dolce tenute insieme da una legatura di gelatina, con il suo nome impresso sul retro e ogni foglio che si piegava con un tagliadolci, in modo veramente elegante. Lily ne rimase affascinata, ma non ebbe tempo di leggerne tutto il contenuto, perché, proprio in quel momento, l’orologio iniziò a battere le ore, e le campane a suonare.