Voglio un dio! - Fondation Fellini
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Voglio un dio! - Fondation Fellini
4 Grazie Federico GIOVEDÌ 31. OTTOBRE 2013 ONORE AL MERITO Felliniani A Sion lo amano tanto Altro che Rimini CELEBRAZIONI Voglio un dio! Per onorare il genio guardate uno dei suoi film, è ovvio. In calce, un libro pieno di belle rivelazioni. In cui Federico dialoga direttamente con l’Altissimo: «cosa c’entra con i pasticci che combiniamo?» Credo di avere avuto la fortuna di seguire abbastanza presto la mia vocazione Penso di essermi trovato inserito, fortunatamente e senza tanto merito personale, nell’inclinazione naturale di chi vuole raccontare delle storie Le ho raccontate attraverso il cinema probabilmente perché questo era il mezzo a me più congeniale Federico Fellini P er commemorare Fellini, per rendergli onore, la miglior decisione è concedersi il 31 ottobre lo spazio per rivedere un suo film, anche pescando a caso tra i DVD, con la certezza di trovarvi una sorpresa, un messaggio ‘personale’. Oppure seguiamo Papa Francesco che ha indicato “La Strada” come il suo film preferito, il più francescano. “La Strada” infatti narra la scoperta della vita attraverso gli occhi di una creatura innocente. Gelsomina, in ostaggio all’energumeno Zampanò, il saltimbanco da cui è stata comprata come fosse un animale, scopre grazie alle parole del Matto che ognuno su questa Terra serve a qualcosa, e che un piccolo sasso raccolto dalla strada è altrettanto importante delle stelle che brillano in cielo, anche se non sappiamo perché. “La Strada” è l’improvvisa ‘agnizione’ dell’anima, di un principio divino che ospitiamo dentro di noi; e che indurrà persino Zampanò a crollare in ginocchio sulla spiaggia, singhiozzante, con gli occhi rivolti al firmamento. “La Strada” è lo sgomento per la cacciata dall’Eden, l’ingresso nella brutalità del mondo, che però a saperlo guardare conserva intatto il fascino del Paradiso perduto. “La Strada” è il film più misterioso del regista riminese, per ignoti arcani che forse sono riaffiorati e che ho provato a raccontare nel mio libro “Segreti e bugie di Federico Fellini”. Ma non è il solo film da vedere, qualsiasi altro va bene, a seconda della nostra predisposizione. Afferma Pierre Etaix: «Non posso preferire un film di Fellini! E’ come se mi chiedessero quale tela di Van Gogh preferisco, perché amo tutto Van Gogh». E’ proprio così. Un artista riversa il suo mondo in ogni opera, anzi nel frammento di ogni opera, e quanto più il tempo lo allontana da noi, tanto meno riusciamo a fare distinzioni di valore nella globalità della sua espressione. “Otto e mezzo” resta tutta- via il film forse più magico di Federico, capace di creare vocazioni, passioni profonde, stati di ebbrezza, perché permette allo spettatore di affacciarsi nel recinto sacro, nel tabernacolo dell’autore. “Otto e Mezzo” è un sogno che ci riguarda singolarmente e grazie al quale ci è facile compiere quello stesso passo fatato con cui Alice attraversa lo specchio nella favola di Lewis Carroll. Il superamento del confine provoca quel particolare stato di estasi nel quale i santi percepiscono la fusione con Dio. Questa è la ragione per cui si è scritto tanto su “Otto e Mezzo” e continuano a uscire libri senza interruzione. La citazione di Pierre Etaix per esempio è tratta da un volume d’arte firmato da David Parenti per la Don Quijote Editore, che si intitola “Fellini, 8 e mezzo & altri sogni”; una esplicita dichiarazione d’amore in cui l’autore raccoglie, insieme ai testi di alcuni “felliniani”, il risultato della sua incessante rielaborazione di immagini del Maestro. Per i veri appassionati è inoltre prescritto, imperdibile, il libro fotografico stampato da Cinemazero di Pordenone: “8 e mezo. Il viaggio di Fellini. Fotografie di Gideon Bachmann”; dove tra l’altro viene riportato alla luce il finale ‘scomparso’ del film. Fellini aveva girato la prima conclusione della sceneggiatura in un vagone ristorante ricostruito naturalmente in teatro, con tutti gli interpreti riuniti in una sorta di viaggio immaginario, o forse iniziatico, verso l’ignoto. Ma sia la pellicola positiva che il negativo erano letteralmente svaniti, e non si avrebbe più avuto testimonianza concreta della sequenza se non fossero saltati fuori questi scatti di Gideon Bachmann nascosti fra le 3000 foto di scena da lui realizzate. Un’autentica leccornia filologica, ma non soltanto; anche una vertiginosa immersione nella più intima storia felliniana che viene ripercorsa in ogni fase della lavorazione, sul set e in rapidi ‘fuori scena’ ancora più golosi. Sembra proprio di stare accanto a Federico, o meglio che egli stesso in un Papa Francesco predilige “La Strada”, la pellicola dell’agnizione Ma è “Otto e mezzo” a creare l’ebbrezza più magnetica ultimo insperato regalo, ci abbia convocato a partecipare al ‘grand barnum’ del suo capolavoro. In ogni immagine aleggia la grande magia che Andrea Crozzoli e Mario Sesti ben descrivono nella presentazione; e poi ci sono gli appunti di diario e le interviste d’epoca di Bachmann che riservano squarci emozionanti. Come questa dichiarazione di Fellini, che va dedicata idealmente a tutti coloro interessati a comprendere il suo rapporto con il trascendente e con il sentimento religioso della vita: «Io non sono pessimista, credo che ci sia una lentissima evoluzione verso una riconquista divina dell’universo, verso la riconquista di quel lato divino che è in noi (passim). Molte volte la gente sprovveduta dice: “Dio non esiste, perché se Dio esistesse non potrebbe tollerare queste ingiustizie”. Ma questo è un modo di ragionare da galline, perché con un pochino di buona volontà e di pazienza si potrebbe risalire e ritro- vare le cause di certi disastri che noi viviamo, che cosa c’entra Dio, cosa c’entra con i pasticci che combiniamo? (passim) Io credo che il disegno finale della storia dell’umanità porti a un traguardo di armonia, di felicità e di ricongiungimento con qualcosa che abbiamo perduto. (passim) In certi momenti di grazia e di ispirazione, quando siamo invasi da un misterioso senso di pace – e questo ci accade non possiamo negarlo – in quei momenti abbandonando le nostre paure e le nostre tensioni, facciamo un salto, ci togliamo da quello che è il mondo del divenire, condizionato al tempo, e confusamente abbiamo la sensazione di essere inseriti in qualche cosa di estremamente pacifico e armonioso». Ecco una riproposta con i fiocchi per penetrare con occhi sgombri da pregiudizi la poetica di Fellini e la sorprendente profondità del suo il cinema. Gianfranco Angelucci La Fondazione Fellini per il Cinema, creata a Sion in Svizzera nel 2001 da Stephane Marti (www.fondation-fellini.ch), un professore di latino strenuo appassionato del Maestro riminese, organizza due importanti appuntamenti, uno in casa propria e l’altro al Ludwig Museum di Coblenza. In Germania in occasione del ventennale della scomparsa, è stata inaugurata una mostra che esplora il lavoro creativo del regista attraverso 300 documenti originali, di cui non pochi assolutamente inediti, relativi alla lettura di sei film: “La Strada”, “La dolce vita”, “Otto e mezzo”, “Amarcord”, “Casanova” e “E la nave va”. Il tema centrale è una ‘indagine visiva’ sul dialogo tra le molteplici arti che confluiscono nell’opera dell’autore. Documenti, fotografie, manifesti, testi annotati, disegni, bozzetti, copioni e altro materiale sorprendente di recente acquisizione. Nella data fatidica del 31 ottobre, oggi, viene poi inaugurata al Centro Culturale di Sion (www.maisondudiable.ch) una seconda mostra dal titolo “Fellini un artista del XX secolo”, in diretta corrispondenza con l’esposizione di Coblenza. Il Direttore del Centro, Nicolas Rouiller, si sofferma in particolare sullo sguardo, spesso profetico, che Fellini ha avuto riguardo ai grandi temi della sua epoca. Il magazine interattivo per iPad creato per questa occasione presenterà, come del resto il catalogo della mostra al Ludwig Museum, le interviste a Fellini raccolte sul set di “E la nave va” (1983) dallo stesso Stéphane Marti, a quel tempo giovane giornalista universitario. Rimini avrebbe potuto ospitare queste esposizioni, generosamente proposte durante l’estate dalla Fondazione Fellini di Sion, anche nella prospettiva di creare un ponte culturale tra la Svizzera e l’Italia e un eventuale programma di collaborazione per iniziative e scambi. L’esplicito disinteresse degli amministratori locali le hanno dirottate altrove, verso città europee meno letargiche. In dodici anni di attività la Fondazione Fellini di Sion ha raccolto quasi 10.000 documenti originali del maestro, ha collezionato oltre cinquanta partnership, ha realizzato 50 mostre, 25 libri/cataloghi, e ha ottenuto il Patrocinio del Presidente della Repubblica Italiana Carlo Alberto Ciampi (2003) e dell’attuale Presidente Giorgio Napolitano in occasione della mostra a Venezia del 2012. (G.A.)